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Dave97

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  1. Dave97

    World War II Aces

    Primo scontro a fuoco Il 15 giugno tre gruppi da caccia partirono per un'azione combinata di mitragliamento su aeroporti della Provenza. Il 150° Gruppo attaccò alle ore 13 il campo di Cuers Pierrefeu, mentre alla stessa ora il 23° Gruppo proveniente da Cervere eseguì un attacco al suolo sul campo di Cannet des Maures. Il 18° Gruppo proveniente da Albenga si era intanto disposto a copertura. Il sergente Gorrini volava come secondo gregario del capitano Anelli; più avanti si trovava il maggiore Vosilla con due gregari della 83a squadriglia: il maresciallo Francesco Colombo e il sergente maggiore Eduo Parmigiani. A terra, il mitragliamento era iniziato. La contraerea reagiva senza riuscire a disturbare l'azione. Gli aerei francesi cominciavano a esplodere e ad incendiarsi, e dense colonne di fumo si levavano lente verso il cielo. Nel momento in cui Gorrini stava osservando lo svolgersi dell'attacco al suolo, due Dewoitine 520 uscirono come fulmini dalle nubi, e con due precise raffiche incendiarono i caccia di Colombo e di Parmigiani che si trovavano circa sulla verticale della costa. Fece appena in tempo a vedere aprirsi un paracadute, poi un altro; ma subito dopo dovette badare a se stesso perchè altri Dewoitine, in sezioni di due, attaccarono la formazione italiana buttandosi in mezzo agli apparecchi che subito si allargarono per impegnare combattimento. Era giunta l'occasione di mettere in pratica tutto il repertorio dei numeri di acrobazia tante volte provati. Ma il cielo era pieno di aerei: una settantina dei due gruppi in azione, più quelli nemici che non c'era tempo di contare. Trovandosi più allargato nella formazione, venne preso di mira da una raffica che sfrecciò davanti al muso del suo aeroplano. Da che parte doveva difendersi? Quei Dewoitine erano velocissimi e molto maneggevoli oltre che meglio armati (un cannoncino da 20 mm. e quattro mitragliatrici da 7,5 contro le due mitragliatrici da 12,7 del CR 42). Attaccavano da tutte le parti e ormai era nel bel mezzo del calderone. La violenza delle manovre che era costretto a compiere impediva l'afflusso del sangue al cervello provocando disturbi alla vista. Gli italiani avevano lo svantaggio di essersi fatti cogliere di sorpresa, ma dopo il primo momento si erano ripresi. Qualche aereo sprofondava tirandosi dietro una lunga scia di fumo nero. Un francese attaccò dal basso l'aereo del maresciallo Bartolini e con una raffica gli apri uno squarcio di cinquanta centimetri nell'ala superiore; ma il CR 42continuava a giostrare come se nulla fosse stato. Mentre Gorrini stava compiendo una virata, si trovò davanti un Dewoitine che nel corso del combattimento si era portato più basso. La distanza di tiro era molto favorevole, tanto che riusciva a vedere il casco del pilota dentro la cabina. Ebbe la tentazione di sparare, ma esitò. Sentiva che se avesse premuto il pulsante, la raffica avrebbe ucciso il francese che non si era nemmeno accorto di essere a tiro. In quelle condizioni gli sembrava di commettere un omicidio. Sensazioni di un istante, ma in un combattimento aereo, tutto è questione di attimi, e cosi il Dewoitine si porto fuori dalla linea di mira. Quando Gorrini si decise a tirare i suoi primi colpi, l'occasione di riportare la sua prima vittoria al suo primo combattimento era già svanita. Ma dietro a lui un altro CR 42 teneva d'occhio il francese e gli sparò una lunga raffica. Le traccianti si infilarono nel Dewoitine che precipitò lambito dalle fiamme. Poi il carosello rallento il suo ritmo e il combattimento si esaurì. Le formazioni si raccolsero per il rientro. Si cercò di contarsi a vicenda, ma non era facile. Qualcuno dei nostri era andato giù, e Gorrini pensava a Colombo e a Parmigiani che aveva visto scendere col paracadute. Quasi non voleva credere che non fossero più in volo, ma il pensiero che potessero essersi salvati sembrava consolarlo ogni tanto. Sotto di lui sfilavano il paesaggio della riviera nella bellezza dei suoi colori e il mare coi suoi nastri di spuma lungo le coste francesi e italiane uguali tra loro, senza gli apparenti confini che gli uomini avevano tracciato sulle carte. Ma sentiva che l'armonia della natura non aveva significato se doveva essere sovrastata dalla tragedia. Quando atterrò venne preso da un tremito che non riusciva a dominare. La visione dei due apparecchi in fiamme non gli lasciava prendere sonno: il cervello rintronava ancora dello schianto delle esplosioni, del crepitare delle armi e del rombo dei motori. Poco gli importava se in quella azione erano stati distrutti al suolo Quaranta o cinquanta apparecchi nemici. Quello che lo angosciava erano i cinque italiani che erano stati abbattuti in quella operazione, e in particolare l’incertezza sulla sorte dei suoi due amici. Vespa 2, 85° Squadriglia
  2. Dave97

    8 Settembre

    Testo dello Short Armistice firmato dal governo Badoglio con gli Alleati --------------------------------------------------------------------------------- Le seguenti condizioni d'armistizio sono presentate dal generale Dwight D. Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate, il quale agisce per delega dei governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna e nell'interesse delle Nazioni Unite, e sono accettate dal maresciallo Pietro Badoglio, capo del governo italiano. 1) Cessazione immediata di ogni attività ostile da parte delle forze armate italiane. 2) L’ Italia farà ogni sforzo per negare ai tedeschi tutto ciò che potrebbe essere adoperato contro le Nazioni Unite. 3) Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite dovranno essere consegnati immediatamente al comandante in capo alleato, e nessuno di essi potrà ora, o in qualsiasi altro momento essere trasferito in Germania. 4) Trasferimento immediato della flotta italiana e degli aerei italiani nei luoghi che saranno designati dal comandante in capo alleato, secondo le disposizioni sul loro disarmo che saranno da lui descritte. 5) Il naviglio mercantile italiano potrà essere requisito dal comandante alleato per supplire alle necessità del suo programma militare-navale. 6) Resa immediata della Corsica e di tutto il territorio italiano, sia delle isole che del continente, agli alleati, per essere usati come basi di operazioni e per altri scopi, secondo le decisioni degli alleati. 7) Garanzia immediata del libero uso da parte degli alleati degli aeroporti e basi marittime in territorio italiano, senza tener conto dello sviluppo dell'evacuazione del territorio italiano da parte delle forze tedesche. Questi porti ed aeroporti dovranno essere protetti dalle forze armate italiane finchè questo compito non sarà assunto dagli alleati. 8) Immediato richiamo in Italia delle forze armate italiane da ogni partecipazione alla guerra in qualsiasi zona in cui si trovino attualmente impegnate. 9) Garanzia da parte del governo italiano che se necessario impiegherà tutte le sue forze disponibili per assicurare la sollecita e precisa esecuzione di tutte le condizioni d'armistizio. 10) Il comandante in capo delle forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi misura che egli ritenga necessaria per la protezione degli interessi delle forze alleate per la prosecuzione della guerra, e il governo italiano si impegna a prendere quelle misure amministrative o di altro carattere che potranno essere richieste dal comandante in capo, e in particolare il comandante in capo stabilirà un governo militare alleato su quelle parti del territorio italiano che egli riterrà necessario nell'interesse militare delle Nazioni Alleate. 11) Il comandante in capo delle forze alleate avrà pieno diritto di imporre misure di disarmo, di smobilitazione, di smilitarizzazione. 12) Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario,che l'Italia dovrà impegnarsi ad eseguire saranno trasmesse in seguito. 8 Settembre, Mondadori 1973
  3. Dave97

    Un saluto a tutti

    Ciao e Benvenuto !!!
  4. Dave97

    Salve

    Ciao e Benvenuto !!!
  5. Dave97

    mi presento

    Ciao e Benvenuto !!!
  6. Dave97

    Presentazione

    Ciao e Benvenuto !!!
  7. Dave97

    Ciao a tutti

    Ciao e Benvenuto !!!
  8. Dave97

    ciao ragazzi

    Ciao e Benvenuto !!!
  9. Dave97

    Ciao!

    Ciao e Benvenuto !!!
  10. Dave97

    Presentazione

    Ciao e Benvenuto !!!
  11. Dave97

    C'è qualcunooooooooooooo!

    Ciao e Benvenuto !!!
  12. Dave97

    Ciao!

    Ciao e Benvenuto !!!
  13. Dave97

    ciao, mi presento

    Ciao e Benvenuto !!!
  14. Dave97

    Salve a tutti

    Ciao e Benvenuto !!!
  15. Dave97

    Salve a tutti

    Ciao e Benvenuto !!!
  16. Dave97

    Salve

    Ciao e Benvenuto !!!
  17. Dave97

    presentazione

    Ciao e Benvenuto !!!
  18. Dave97

    ciao

    Ciao e Benvenuta !!!
  19. Dave97

    Ciao a tutti

    Ciao e Benvenuta !!!
  20. Dave97

    Salve a tutti

    Ciao e Benvenuto !!!
  21. Dave97

    Salve a tutti, mi presento!

    Ciao e Benvenuto !!!
  22. Dave97

    I Disperati

    Il 26 agosto 1939 Mussolini convoca nella Sala del Mappamondo di Palazzo Venezia i tre capi di Stato Maggiore, per fare il punta sulla preparazione delle forze armate in vista dell'entrata in guerra. Il panorama è impressionante: l'Italia manca di tutto, dal combustibile, all'acciaio, agli armamenti; particolarmente evidente è lo stato miserrimo dell'Aeronautica: in diciassette anni di roboante militarismo il regime ha costruito ben poco. Gianni Rocca racconta qui la tragedia dell'Aeronautica italiana: dai luminosi esordi degli anni Venti - l'eta avventurosa e pionieristica di Balbo, dei raid intorno al mondo, dei primati di velocita - fino alla guerra di Spagna, in cui già si misura la distanza che ci separa dalle altre aviazioni. Quando, nel giugno 1940, l'Italia entra nel conflitto mondiale, la nostra Aeronautica potrà affidarsi soltanto al coraggio dei "disperati": piloti impavidi e determinati che accettano di volare ogni giorno su aerei poco veloci e male armati e inadatti alla navigazione notturna. Una pagina della nostra storia che merita di non essere dimenticata.
  23. Il goffo velivolo trasse le sue origini da una specifica del 1942 sulla base della quale la McDonnell Aircraft Co. sviluppò tutta una serie di progetti che sfociarono nel 1945 nel suo Model 27D. Si trattava di un minuscolo caccia costruito letteralmente intorno ad un turbogetto Westinghouse J34- WE-7 da 1.360 Kg di spinta, armato con quattro mitragliatrici da 12,7 mm e con un'autonomia limitata a circa 30 minuti. L 'ala aveva una freccia di 37° ed era ripiegabile alla radice verso l'alto per permettere lo stivaggio all'interno dell'aereo madre. Per non dover rendere pieghevoli anche gli impennaggi, questi vennero distribuiti in cinque superfici di minime dimensioni. Il simulacro definitivo fu approvato nell'estate 1946 e vennero quindi ordinati due prototipi con la previsione di altri 30 velivoli per l'anno 1949. Mentre il primo esemplare (44-523) venne usato per prove,al naturale in galleria a vento, il secondo (44-524) venne portato a Muroc per i collaudi. Esso compì il primo volo il 23 agosto 1948 sganciadosi dall'aereo madre, l'EB-29B MONSTRO, nelle mani di Edwin Schoch. Tutto andò bene fino al momento del riaggancio che si rivela eccezionalmente complesso soprattutto per la turbolenza provocata dal quadrimotore. Al quarto tentativo il trapezio urta la cabina dell'XF-85 fracassandola e a Schoch, miracolosamente illeso, non resta altro che rientrare a Muroc e atterrare sui rudimentali pattini installati a titolo precauzionale sul prototipo. Il successivo volo avvenne solo il 14 ottobre ed ebbe pieno successo così come i due successivi. Nella quinta missione il gancio retrattile fino ad allora fissato in posizione aperta venne azionato nella sua sequenza completa e si scoprì che il ricettacolo scoperto creava una turbolenza incontrollabile. Dopo aver rotto il gancio in un ultimo disperato tentativo, Schoch fu cosi costretto a rientrare a Muroc. Intorno al ricettacolo vennero poste due carenature metalliche mentre alle estremita alari apparvero altre due superfici ausiliarie per migliorare la stabilita laterale della macchina; con queste modifiche il 18 marzo 1949 fu compiuto un altro volo anch 'esso negativo per la rottura di un elemento del trapezio dell'aereo madre. Si trattò dell'ultimo collaudo del 2° prototipo; il primo esemplare non ebbe migliore destino e compì un unico volo l'8 aprile rientrando a Muroc dopo tre falliti tentativi di riaggancio. A questo punto, per consiglio della stessa ditta costruttrice, l'intero programma venne abbandonato fino alla sperimentazione di un trapezio di nuova concezione, il che non avvenne mai Finì così la storia dello strano GOBLIN su cui inizialmente l'USAF aveva riposto grandi speranze prevedendo la modifica di tutti i B-36 in aereo madre con una capacità singola da 1 a 3 caccia parassiti. Dimensioni e caratteristiche: lunghezza m 4,533; apertura alare m 6,439; superficie alare mq 8,36; altezza m 2,56; peso a vuoto Kg 1.696; peso totale Kg 2.064; velocita max Km/h 1.068. JP4, Marzo 1975
  24. Dave97

    Pilot Reports

    Mustang - il primo amore del “Cacciatore” Il "Mustang" ha cotituito l'equipaggiamento tipo di quasi tutte le aviazioni occidentali del dopoguerra ed anche la nostra aeronautica non ha fatto eccezione a tale regola; consegnati nel 1948, gli ultimi esemplari del P-51D vennero radiati solo nel 1956 lasciando un indimenticabile ricordo in migliaia di piloti e specialisti. Lecce, estate 1953; è un giorno come tanti altri e sull'aeroporto, base della Scuola 3° Periodo dell'Aeronautica Italiana, si succedono i decolli e gli atterraggi di Mustang, G.59 e T-6. Lo spettacolo non pecca di monotonia e tutte le manovre sono seguite attentamente, e molto spesso con trepidazione, dagli istruttori e dal personale di torre. Ed ecco, tra gli altri, un Mustang che timidamente chiede il suo turno per spiccare il volo; in lontananza sembra un bel giocattolo luccicante ma la realtà è ben diversa per il suo pilota, uno spaurito allievo alle prese con una macchina che sprizza potenza da tutti i bulloni e che tra poco lo trascinerà in cielo. Ed è proprio questa tensione che gioca un brutto scherzo al pilota. Ricevuta l'autorizzazione l'allievo entra in pista e si allinea, un'ultimo sguardo agli strumenti e via con la manetta. Il Merlin si scatena e l'asfalto inizia a correre velocemente sotto le ali del caccia; l'accelerazione è esilarante e tutto andrebbe bene se l'allievo non spingesse troppo presto la cloche in avanti. La coda si solleva e l'aereo, divenuto preda della coppia di reazione dell'elica, inizia una costante imbardata verso sinistra; agli occhi atterriti del pilota la corsa di decollo si trasforma in una terribile lotta ed il contrattempo diviene un dramma. Invece di reagire con calma e delicatezza, come consiglierebbe la particolare sensibilità dei comandi del Mustang, egli ricorre ad estremi rimedi e, dato decisamente flettner al timone, spinge la pedaliera destra a fondo corsa con tanta forza da rischiare di sfondare la paratia. Colpito così duramente nella sua sensibilità, il caccia agisce di conseguenza e mentre tutta la base assiste impotente allo strano balletto, il Mustang prende a derapare a rotta di colla dalla parte opposta sempre col motore al massimo dei giri. Il finale è di prammatica: una volta uscito di pista salta prima un carrello seguito subito dall'altro ed un denso polverone ricopre pudicamente il teatro dell 'esibizione. Quando giungono i primi soccorritori, c'e ben poco da fare: il Mustang giace al suolo con l'elica contorta ed il radiatore sventrato e, per dare l'ultimo tacco commovente al quadretto, sull'ala l'allievo piange lacrime di coccodrillo ripetendo di aver provveduto, nonostante tutto, a togliere i contatti .... Effettivamente il Mustang, benchè intensamente usato dalla Scuola del 3° Periodo (Scuole Puglie a Lecce e Scuole Sarde a Elmas) non era l'aereo più adatto a ricoprire l'impegnativo compito didattico a causa del suo spirito "cacciatore" che pur represso poteva esplodere alla minima occasione con conseguenze imprevedibili specialmente in mani inesperte. Fissati nelle viscere di questo "mostro" gli allievi reduci dal T-6 , (solo in un secondo tempo fortunatamente temprati dal passaggio intermedio sui G.59 biposto) giungevano rudemente a contatto col velivolo da guerra, con una macchina creata ed affinata esclusivamente per il combattimento e con caratteristiche tali da interessare anche il fenomeno allora quasi sconosciuto della compressibilità. Il terrore dell'allievo era giustificato e da parte loro gli istruttori si sforzavano di ripetere due raccomandazioni fondamentali per non avere guai col velivolo della North American: tenerlo sempre su tre punti (in decollo e atterraggio,cercare di toccare il suolo con tutte e tre le ruote il più a lungo possibile) e non lasciarsi tentare dalle picchiate. Chi ignorava questi due preziosi consigli e voleva sperimentare tecniche di volo personali non tardava a rendersi conto, purtroppo duramente, che in aviazione l'esperienza non ha prezzo. La preoccupazione era tanta e tale che gli atterraggi senza carrello erano quasi una norma piuttosto che una deprecabile eccezione; impegnati negli ultimi controlli e concentrati nella delicata fase dell'avvicinamento finale gli allievi si dimenticavano della semplice manovra ed eliche e radiatori ne subivano, nel migliore dei casi, le conseguenze. Nella fase di atterraggio l'errore più comune era quello di giungere troppo veloci, in tal caso nel momento della richiamata finale il velivolo riacquistava quota ed il pilota si trovava nella disdicevole situazione di svolazzare a diversi metri di altezza e in condizioni di stallo. Altrettanto imbarazzante era il saltellamento che iniziava generalmente in seguito ad un ritardo nella richiamata; l'aereo, colpita con violenza la pista, rimbalzava in aria e poichè tutte le successive azioni del pilota sul timone di profondità invece di inchiodare a terra il velivolo non facevano che peggiorare la situazione, non restava che dare leggere spuntate di motore alla sommità dei balzi per attutire la caduta e, in caso di pericolo, riattaccare decisamente. Anche un eccesso di zelo poteva causare guai; cosi se al termine di una planata regolare, una volta preso contatto col suolo col solo carrello principale, l'allievo si ricordava del consiglio dei "tre punti" e tentava di forzare in basso la coda tirando a se la cloche, il Mustang obbediva tanto più decisamente quanto più alta era la velocità ed il meravigliato allievo invece di trovarsi fermamente a terra con tutte e tre le ruote scopriva di essere decollato nuovamente mentre preziosi metri di pista scorrevano sotto le ali. Tale era la sensibilità del velivolo e tutto ciò, lo ripetiamo, non costituiva un difetto bensì una utile qualità di un aereo da caccia, purtroppo scomoda per un addestratore. All’ altro estremo della scala della velocità il Mustang si comportava altrettanto bene e nello stesso tempo richiedeva una ben precisa procedura di impiego esulando dalla quale si poteva incorrere a guai grossi come case. La particolare forma penetrante della fusoliera ed il profilo laminare dell'ala lo rendevano particolarmente veloce in picchiate e capace di raggiungere uno dei più alti numeri critici di Mach fra tutti i velivoli a pistoni allora esistenti, in pratica ,il 75% della velocita del suono, prima di entrare in regime di compressibilità. Come noto tale limite varia con la quota e più in alto ci si trova e più presto ci si avvicina alla velocita del suono; col Mustang i limiti per la rimessa da un'affondata erano: 418 Km/h a 12.192 metri 482 Km/h a 9.138 metri 643 Km/h a 6.096 metri 772 Km/h a 3.047 metri 812 Km/h a 1.521 metri Quindi per rimettersi da una picchiata eccessivamente veloce la prima manovra da fare era quella di ridurre motore e di non cercare di richiamare il velivolo finchè non si fosse raggiunta una data quota con una velocità indicata inferiore a quella della tabella precedente. L'esatta perdita di quota e la durata del periodo di compressibilità dipendevano soprattutto dall'angolo di picchiata; solo dopo aver perso abbastanza velocità e quota di usciva dal regime di compressibilità , si poteva riprendere il controllo del velivolo senza rischi di cedimenti strutturali. Generalmente questo discorso si materializzava in una picchiata tra i 2.500 ed i 3.600 metri a seconda delle circostanze, una bella altezza che troppo spesso portava eccessivamente vicini al livello del suolo. Nel Mustang l'ingresso in regime di compressibilità si avvertiva per la poca rispondenza dei comandi seguita da oscillazioni in avanti e indietro della cloche che provocano un caratteristico movimento di beccheggio con ritmo crescente e sempre più violento. Come in tutti i casi era importante conservare la calma, ma soprattutto evitare di trovarsi in simili situazioni. JP4 , dicembre 1976
  25. Dave97

    World War II Aces

    Com.te Luigi Gorrini Sarebbe facile, parlando di un aviatore, dire che fin da ragazzo aveva desiderato volare. Ma non è cosi; a Luigi Gorrini gli aeroplani non interessavano. Non si divertiva nemmeno a far volare quei piccoli aerei di carta che i suoi compagni di scuola costruivano con i fogli di quaderno e che volteggiavano in eleganti figure compiendo, entro certi limiti, tutte le manovre di un aeroplano vero. A Fidenza, Pietro Gorrini, suo padre, aveva aperto un'officina meccanica, e lui passava le ore più belle della sua fanciullezza rovistando alla scoperta di viti, bulloni e pezzi inutilizzabili che raccoglieva e montava dando al tutto una forma che potesse somigliare a una motocicletta immaginaria, imitandone il rumore con la bocca. *** Si era abituato a mangiare velocemente per finire prima dei familiari e poter cosi andare in officina. Una volta, sapendo che il padre si sarebbe trattenuto in casa per il consueto sonnellino pomeridiano, si impossesso della Guzzi e, attraverso strade secondarie, si porto sulla via Emilia in direzione di Alseno (un borgo in provincia di Piacenza ove e nato, e non molto distante da Fidenza). Dopo aver percorso due chilometri, incontrò due motociclisti della Milizia Stradale, che, vedendo un ragazzo in calzoncini corti, alla guida di tanto veicolo, gli intimarono con la mano di fermarsi. Ma il gesto ebbe per lui lo stesso effetto che può avere per un corridore il segnale di partenza in una gara motociclistica. Perciò, via a tutto gas, inseguito dalla pattuglia in un polverone indescrivibile. Buttatosi sulla strada di Vemasca - Bardi che portava a Castelnuovo Fogliani, si diresse a Scipione, sempre tallonato dai militi che non riuscivano ad accorciare le distanze, e giunse presso il torrente Stirone. Ma qui, mentre si aspettava un ponte su cui transitare, si trovò davanti una striminzita passerella di legno costruita per il passaggio dei pedoni. Senza esitazione si diresse sul legname traballante, e con un miracolo di equilibrio si portò sull'altra riva dove prosegui su per i tornanti verso Scipione alto. In una curva si volse a guardare in basso verso i suoi inseguitori. Essi erano Ia, fermi davanti a quelle tavole ballerine, su cui non osavano passare. Gorrini compì il primo volo il 15 dicembre bordo di un CR20, che pilotò come solista dopo soltanto tre ore e quarantacinque primi. Per conseguire il brevetto esegui voli per complessive 25 ore come solo pilota a bordo. La facilità con cui sapeva adattarsi ai comandi di aeroplani diversi coordinando i propri movimenti a seconda delle caratteristiche delle macchine,lo aveva fatto apprezzare non soltanto dagli istruttori, ma gli aveva fatto guadagnare anche la simpatia degli altri allievi benchè fossero tutti del corso precedente al suo; tanto più che, quando si trattava di combinare qualche scherzo, non si tirava mai indietro. Ma se questo ragazzo era cosi terribile a terra, non lo era di meno quando si trovava per aria; e ben lo potrebbero dire quei turisti che mentre stavano godendosi una gita in mare su una barca a vela al largo di Manfredonia, si erano visti salutare troppo da vicino da due CR.20 tanto che temendo di venire investiti dagli aerei, avevano preferito gettarsi in mare. Ma uno era rimasto in piedi sullo scafo, e aveva indirizzato un saluto non molto riverente a Gorrini che in quel momento stava cabrando. Il pilota lo aveva visto benissimo, e con una stretta virata era tornato indietro ed aveva puntato sulla barca cosi basso che, nella richiamata, aveva agganciato la vela con il pattino di coda, e l'aveva letteralmente strappata dall'albero. Sulla via del ritorno, Scarrone aveva cercato in ogni modo di richiamare la sua attenzione ma inutilmente, perchè Gorrini, credendo che lui si complimentasse per la bella esibizione, sorrideva divertito. Se ne accorse soltanto dopo l'atterraggio e dopo che l'istruttore, ostentando la più grande indifferenza, gli aveva chiesto: «Allora, e andato tutto bene?» «Si» «A che quota hai volato ?» «A mille metri» «…E chi ha steso quella biancheria a mille metri ?» L'istruttore sapeva molto bene quali potevano essere le conseguenze per il suo allievo se il fatto fosse stato conosciuto dal coman ante, e si incarico personalmente di far sparire la vela mantenendo il più rigoroso riserbo. **** Gorrini venne affidato alle cure del Serg.Magg. Bortolotti e del Serg. Magg. Ruzzin che era uno spericolato acrobata già ricco dell'esperienza di guerra acquisita nei cieli di Spagna; addestratissimo sotto ogni aspetto, si poteva quasi dire che per lui era più difficile andare a piedi che andare per aria. Da Ruzzin, Gorrini apprese i primi trucchi del mestiere, l'arte di giostrare per tenersi in coda all'avversario e trovarsi sempre a quota superiore, anche se di solo cinque o sette metri, per assicurarsi il più grande vantaggio in combattimento. Alle lezioni di finta caccia spiegata a terra, facevano seguito le prove di finta caccia in volo dove tutte le manovre erano rivolte allo scopo di mantenere la posizione di coda mentre l'avversario doveva cercare di svincolarsi. Una volta Ruzzin lasciò che Gorrini gli si ponesse alle costole, poi tirò su in cabrata inseguito da lui; subito dopo tolse improvvisamente motore e si rovesciò. Gorrini che gli era sotto, se lo vide cadere addosso come un masso e si buttò in picchiata per evitarlo trasformandosi cosi da inseguitore in inseguito. «E' un trucco che riesce coi pivelli» gli spiegò dopo. «Invece di picchiare, avresti dovuto proseguire meno cabrato per portarti fuori dalla linea della mia caduta. In questo modo saresti rimasto in quota, e mentre io avrei dovuto per forza continuare a cadere, tu avresti potuto approfittarne per picchiarmi addosso.» Erano le prime malizie del duello aereo, che dovranno riuscirgli utili in seguito, quando si tratterà di porre in gioco la vita stessa. Tratto da Vespa 2 – 85° Squadriglia
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