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Frencio

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  1. Per quanto interessante, il Ta-154 rimase cmq un velivoli di nicchia (50 esemplari in Germania) I Giapponesi avevano aerei di costruzione lignea?
  2. In risposta ad una richiesta indetta dal Ministero dell'Aeronautica del 1938 per un velivoli da ricognizione tattica con capacità di combattimento, l'ingegnere Cesare Pallavicino, della Costruzione Aeronautiche Bergamaschi (CAB), sussidiaria della Caproni, inizia lo studio di una macchina denominata Ca.331 O.A. (Osservazione Aerea). Esso si presentava come un velivolo da ricognizione a 4 posti e da bombardiere leggero. Il prototipo vola per la prima volta il 31 agosto 1940, pilotato dal capo collaudatore della CAB, Ettore Wengi. Il "Raffica" è un triposto da ricognizione propulso da due Isotta-Fraschini Delta RC.40, sviluppanti 770 cv. a 4.000 metri; nel muso, completamente vetrato, vi è il posto di pilo­taggio ed immediatamente dietro è sistemato il mitragliere addetto alla torretta Lanciani con­tenente l'arma da 12,7 mm, per la difesa superiore del velivolo; oltre vi è l'abita­colo per il marconista-armiere della 12,7 mm spa­rante nel settore inferiore, verso la coda. L'ar­mamento si completa con due Breda-SAFAT fis­se da 12,7 mm, alla radice delle ali, e nella pos­sibilità di trasportare in una stiva interna sino a 1.000 kg. di bombe. Il Ca.331 è un velivolo significativo, in quanto è la prima realizzazione della CAB interamente metallica, con struttura a guscio e rivestimento completo in duralluminio. L'aereo è ordinato dal­la Regia Aeronautica nella forma dei tre pro­totipi MM.426/7/8. I primi voli danno subito risultati di rilievo: nonostante la bassa potenza installata, l'aereo raggiunge i 480 km/h a 5.100 metri, molto meglio della serie di bimotori prodotti dalla Caproni Taliedo, e questo grazie ad una cellula aerodinamicamente molto curata e riu­scita. Le valutazioni militari, che vedono come collaudatore Mario De Bernardi, si svol­gono nella primavera 1941 con prove di volo a Guidonia e, nell’estate dello stesso anno, di tiro presso il poligono di Furbara. Nonostante i buoni risultati, la Regia Aeronautica non concretizzò il suo interesse, nemmeno ordinando la serie “zero” e si espresse a sfavore della sua produzione di massa, in quanto "l'aereo aveva una costruzione inusuale". Il giudizio era fondamentalmente viziato dal fatto che l'apparecchio era costruito, in molte parti, in duralluminio, materiale molto scarso in Italia e che doveva essere importato dalla Germania. Così il Ca.331 ritorna in. Ditta, a Ponte S. Pietro, ove viene esaminato da una missione tedesca, che lo prova in volo e ne riporta impressioni molto favorevoli. Ne consegue l'invito per un ciclo di prove a presso il Centro Sperimentale della Luftwaffe, a Rechlin. Nell’estate del 1942, Gianni Caproni e Cesare Pallavi­cino raggiungono questa località con al seguito un Ca.331 ed un Ca.314. Al termine delle valutazioni la Luftwaffe formula un ordine per mille esemplari del Ca.313 G, versione destinata all'addestramento dei pi­loti alla navigazione aerea ed alla guida dei plurimotori. L’interesse per il Ca.331 non si materializza a causa della soluzione costruttiva con largo impiego di leghe leggere, che pone gravi problemi di approvvigionamen­to (lo stesso motivo che aveva fatto desistere l'interesse della RA). Il futuro della macchina era destinato (apparentemente) a cambiare, in quanto il moltiplicarsi, dalla seconda metà del 1942, delle incursioni diurne e notturne sul territorio nazionale fece crescere le esigenze di disporre di moderne macchine per contrastarle. Il Ministero dell’Aeronautica richiede pertanto la trasformazione del velivolo in bimotore da caccia pesante, con possibilità di impiego notturno. Il secondo prototipo, il MM.428, divenne così un caccia notturno, poi designato con il codice Ca.331B. Il muso vetrato fusiforme viene sostituito con uno solido a gradino con nella parte inferiore quattro armi fisse da 12,7 mm e una di identico calibro alla radice d’ogni semiala, per un totale di ben sei mitragliatrici pesanti. Mario De Bernardi e Cesare Pallavicino riportano nell’autunno 1942 il ve­livolo a Furbara per un nuo­vo ciclo di prove di tiro. Il Ca.331 B presenta unità motrici Isotta-Fraschini Delta, ulteriormente sviluppate ed eroganti 825 cv. a 5.700 metri. L’adozione di un nuovo tipo di eliche, porta a un incremento della velocità massima, che raggiunge 505 km/h a 5.300 metri. L'esito è pienamente soddisfacente e, all'inizio dell'offensiva alleata nel 1942, fa quindi seguito un ordine da parte della Regia Aero­nautica per ben 1000 esemplari.La produ­zione si basa sulla realizzazione di parti stac­cate, presso diversi complessi industriali, con successiva operazione di assemblaggio dei com­ponenti: la parte anteriore della fusoliera pres­so la Caproni-Taliedo, la rimanente parte di fusoliera e le gondole motrici complete di carrello, presso la Caproni Aeronautica Bergamasca, gli impennaggi presso la Caproni-Trento, l'ala presso la Reggia­ne. L'organizzazione di un simile apparato ri­chiede ovviamente tempi lun­ghissimi, data la grave situazione generale degli inizi del 1943, tanto che, alla data dell'armistizio infatti, dalle varie catene di montaggio non erano uscite neppure le teste di serie. Nel frattempo, nel corso del '43, erano state avanzate diverse proposte di miglioramento del velivolo: già nel 1942 si è pensato di installare unità motrici più potenti, nella forma degli Isotta­ Fraschini Zeta RC.42 da 1.250 cv. ma i ri­tardi nell'approntamento di questo motore, par­tano alla cancellazione del programma. L'even­tuale adozione di motori quali i Daimler Benz DB.605 da 1.475 cv. Avrebbe portato invece a velo­cità ancora maggiori, nell'ordine dei 640 km/h (stima progettuale), pienamente possibili per la struttura e la robustezza dell'aereo. Altri interventi riguardano il potenziamento del volume di fuoco. Nell'agosto del 1943, si realizza la sosti­tuzione dell’armamento fisso in caccia, con quattro cannoni Mauser da 20 mm., con 200 colpi per arma. Mentre su un altro prototipo si avvia l’istallazione di un contenitore ventrale con sei cannoni Ikaria da 20 mm. Venne anche progettata una versione d'assalto, con un cannoncino da 37 mm. Al momento della capitolazione dell'Italia, presso la fabbrica Ponte San Pietro della Caproni Bergamaschi si lavorava a pieno regime alla produzione dell'apparecchio. I prototipi terminati vennero trasportati in Germania, dove poi se ne persero le tracce, probabilmente demoliti dai tedeschi. Scheda tecnica: Caproni Ca.331 O.A./ Ca.331 C.N. motore: Isotta-Fraschini Delta RC.40/Isotta Fraschini Delta IV potenza: 2 x cv. 770 a 4.000 m/cv. 825 a 5.700 m. apertura alare: 16,40 m lunghezza: 11,74 m altezza: 3,18 m superficie alare: 38,50 mq peso a vuoto: 4.600 kg peso a carico massimo: 6.800 kg velocità massima: 480 km/h a 5.100 m/ 505 km/h a 5.300 m. velocità minima: 130 km/h tempo di salita: 14'50" a 6.000 m tangenza massima: 8.100 m autonomia: 1.810 km armamento: quatto mitragliatrici Breda-SAFAT da 12,7 mm (una in torretta Lanciani; due alla radice delle ali; una per la difesa inferiore) e 1.000 kg di carico di caduta/ 6 mitragliatrici Breda-SAFAT da 12,7 mm. fisse in caccia, 1 da 12,7 mm. dorsale, 1 da 12,7 mm. ventrale progettista: Cesare Pallavicino pilota collaudatore: Ettore Wengi primo volo del prototipo: MM. 427 il 31 agosto1940/ MM.428 nell'estate del 1942 località: Ponte San Pietro (Bergamo) (Fonti: Dimensione Cielo - Caccia Assalto Vol.2)
  3. Non sapevo che il Ta-154 fosse di legno! Comunque immagino fosse un ripiego di fine-conflitto...
  4. Mi devo esser espresso male per quanto riguarda l'URSS; non intendo come qualità dei velivoli in se, quanto piuttosto dei materiali impiegati, tutto a danno della loro efficienza, oltre a non essere aiutati di sicuro dalle temperature proibitive del clima russo.. Cmq, quali erano i velivoli tedeschi di costruzione lignea?
  5. Per quanto riguarda la disponibilità delle risorse quello è vero, l'Italia importava pressapoco tutto...c'è anche da dire però che una più razionale organizzazione industriale avrebbe solo che giovato; non si parla di cifre di produzione statunitensi, ne che le industrie italiane sarebbero potute diventare come quelle tedesche. il discorso è che con un po' più di coscienza il nostro Stato Maggiore e le nostre industrie avrebbero potuto investire di più e sicuramente farlo da prima verso un processo che avrebbe portato ad un'ottimizzazione della produzione bellica. Le colpe di tutto ciò vanno ricercate: - nell'incapacità dello SM a non sistematizzare gli ordini per i velivoli di diverso impiego cercando di evitare al massimo la presenza di più linee di produzione, anche per velivoli della stessa categoria. Il risultato fu di adottare, per quanto riguarda i caccia, sia la formula biplano che monoplano, in un periodo in cui eravamo già in ritardo rispetto alle nazioni coeve per l'adozione di quest'ultimo, di cui fu "inevitabile" adottarne almeno due per serie con lo stesso motore(G.50/C.200; MC.202/Re.2001; Mc.205V/G55/Re.2005); di utilizzare bombardieri sia in legno, in tela o in metallo; di dispensare ordini per motivi politici, come quello di ordinare centinaia di bimotori Caproni per salvare l'azienda che in quel periodo era particolarmente in crisi, col risultato di avere dei ricognitori mediocri invece di dare la licenza di costruzione del CR.25. -nel ritardo cronico con cui le industrie italiane hanno tentato di sistemarsi e di ottimizzare la produzione di mezzi; leggendo la storia di velivoli come il G.55, lo Z.1018 o il Ca.331 si viene a sapere come le industrie italiane, a partire dal '42, abbiano iniziato ad organizzarsi per la vera produzione di massa, razionalizzando le linee, coinvolgendo ogni azienda appartenente al gruppo corrispondente e richiedendo l'appoggio di funzionari specializzati tedeschi. La domanda quì è come ciò sia avvenuto solo a 3 anni dall'inizio della guerra. Con ciò non voglio dire che avremmo vinto la guerra o cose simili; sto solo dicendo che anche nelle condizioni sfavorevoli in cui non solo noi ma anche tutta l'Asse si trovava, avremmo innanzitutto assistito a più di 10.000 aerei prodotti in cinque anni...(quanti prodotti dall'Inghilterra nel '40); anche l'URSS aveva un'industria assai arretrata (nell'ambito delle produzioni aeree) rispetto a UK, USA o alla Germania, eppure è stata in grado di produrre decine di migliaia di velivoli che, per quanto scadenti all'inizio, hanno dato un pesante contributo alla vittoria finale. P.S. anche gli aerei tedeschi volavano a 87 ottani, Marseille e pochi altri a parte...
  6. Da questo punto di vista allora si più tranquillamente dire che nessuna delle nazioni partecipi alla IIGM abbiano avuto una vera e propria standardizzazione; La Francia produceva MS.406, D.520, MB.150/1 e VG.33; lo UK Hurricane, Spitfire, Defiant, Typhoon, Tempest; Gli USA P.38, P.39, P.40, P.47, P.51; l'URSS le famiglie Lavocktine, Yakovlev e Mikoyan-Gurevich... Solo i tedeschi, oggettivamente, riuscirono a limitare al massimo le linee di produzione, senza modificare le macchine da loro prodotte, ma garantendole sempre un grow potential che li permettesse di restare in produzione pur continuando ad assolvere i compiti che via via si presentavano alla Luftwaffe. gli unici due monomotori che hanno avuto in servizio per tutta la durata del conflitto ne sono la prova: il Bf.109 era dotato di motore in linea e l'Fw.190 era quello con il motore radiale; più che una questione di ruoli, è una questione di motori. ai bombardieri i Jumo, ai caccia puri i Daimler-Benz e al caccia di Tank il BMW...tutto ciò per potere continuare a produrre un gran numero di macchine senza doversi fermare per aspettare i motori, appositamente selezionati in base alle richieste sulle macchine stesse. In Italia quello che mancò veramente è l'autentico grow potential che ogni altra nazione è riuscita a garantire alle proprie macchine; l'unica forma di linearità che abbiamo avuto nella RA era la famiglia Macchi: C.200 --> MC.202 --> MC205V. quest'ultimo destinato a chiudere la fila, in quanto l'Orione era un bidone. Il Folgore ed il Veltro dimostrano (cosi come la famiglia Reggiane) che lo sfruttamento del potenziale di crescita di un velivolo ne consente un'adeguata capacità di produzione, così come di prestazioni. Per questo motivo, se ci chiedessimo quali dei tanti monomotori progettati in Italia avrebbero potuto garantire una continuità costante delle linee produttive, a mio avviso (per quanto mi reputi uno dei pochi a sostenerlo), la mia risposta si posa sulla famiglia di caccia dell'ingegnere Gabrielli: il G.50 fu il primo monoplano interamente metallico a volare in Italia, quasi un anno prima del Saetta ed oggetto di studio e di progetti di rinnovamento fin dal primo '38: ne hanno studiato versioni con motore da 1.000 cv, (il Fiat A.76), da 1.175 (DB.601), anche se non superarono mia la forma di prototipi, per poi proseguire verso quelli che sono stati definiti "i migliori caccia dell'Asse", ovvero G.55 e G.56... Visto che siamo nel topic dei "se", SE il G.50 avesse avuto un motore da 1000 CV come il PXI nel '39 ed il DB601 nel '41 (entrata in servizio), avremmo avuto risultati sicuramente migliori, in quanto garantiti dalla grande capacità di produzione degli stabilimenti FIAT.
  7. Concordo con quanto detto da papo90, infatti per questo mi rifaccio alla FIAT come unica industria che potesse un minimo garantire una qualche forma di produzione similare con quelle estere. Comunque, tornando ai velivoli da addestramento, è vero che la nostra era una delle scuola più prestigiose a livello mondiale (almeno per la maneggevolezza e la teatralità), ma c'è anche da dire che avere solo aerei biplani (per quanto riguarda la caccia) come Ba.25 e Ro.41 per il primo periodo, CR.30-32 per il secondo, non può che produrre piloti con una base, se non lontana, assai diversa da quella di un pilota di monoplano, tanto che l'introduzione del G.50 e C.200 fu ritardata proprio per l'incapacità dei nostri piloti ad adattarsi ad una formula nuova che richiedeva una diversa preparazione, in cui le formazioni erano più ampie e si doveva far affidamento soprattutto sulla velocità, piuttosto che nella manovrabilità, rischiando così di crollare pericolosamente in vite (e di far entrare fra le file della RA il CR.42!). In sostanza la mia idea era quella di anticipare di 3 anni la nascita di un velivolo come l'Fc.12, un monoplano interamente ligneo, con il carrello a modi Ro.51 e motore di CR.32, cosa a mio avviso tutt'altro che infattibile, anche nel '36, no?! in tal modo, avere un tale aereo in servizio (anche in Spagna) dal '37 e nelle file degli addestratori nel '39 avrebbe di sicuro permesso una maggiore dimestichezza dei nuovi piloti con le successive macchine monoplano, in un periodo in cui le altre nazioni potevano avvalersi di velivoli come il Miles M.9 Master e l'Arado Ar.96!
  8. A mio avviso questo mondo "dei se" andrebbe fatto partire non dal '41, ma dal '36. Se in un anno come questo fosse uscito un aereo come il CANSA FC.12 (il cui progetto reale è di diversi anni dopo), un monoplano interamente ligneo che sfruttava gli stessi motori ed alcuni componenti del CR.32, ed impiegato in Spagna prima e nelle scuole caccia dopo, si sarebbe creata una condizione in cui i nostri piloti avrebbero avuto alle spalle una grande esperienza con queste nuove macchine monoplane, tanto da non dover dilatare gli studi su velivoli come G.50 e C.200 fino al '39 e, sopratutto, dare ragione alla RA di adottare il CR.42. Per quanto riguarda la produzione, io avrei dato molta importanza alla FIAT, ancora di più di quanta ne sia stata effettivamente data, visto la quantità di velivoli che sia stata in grado di sviluppare in ogni campo (BR.20 x i BT, CR.25 per l'OA, G.50 per la CT, RS.14 per il BM, ecc.), e sopratutto il potenziale di crescita che ha cercato di garantire ad ogni sua macchina (il G.50, per quanto mediocre, ebbe decine di tentativi di miglioramento, cosa questa che, se fossero stati realizzati, avrebbe permesso al velivolo fiat di sorpassare anche il C.200 e successivi, proprio come il G.55 fece con il Veltro). è proprio in questo che secondo me va ricercato uno dei più grandi malus dell'industria aeronautica italiana del tempo; il fatto che, per ogni velivolo selezionato, non esistesse un vero "grow potential" come vi fu invece in altre nazioni coeve, ma solo ordini esagerati dello STA che non hanno fatto altro che dilatare i tempi di produzione e messa in efficienza. Giusto per fare un esempio, all'inizio del topic si parlava di G.55 &co. nel '41; in quell'anno sarebbe stato già tanto vedere in linea Folgori o Falchi (re.2001). Secondo me invece sarebbero dovuti entrare in servizio delle versioni di caccia come G.50 e/o C.200 muniti di motore Piaggio P.XI, così da garantire 1000 cv invece che i soliti 840, come farà poi il Re.2000. in tal modo vi sarebbe stata una certa continuità fra velivoli in produzione. Per farla breve: G.50 e/o C.200 nel '38, G.51 e C.201 nel '40, G.52(G.50V) e/o MC.202 nel '41/42, ecc. In tal modo saremmo entrati in guerra con macchine che avrebbero facilmente avuto la meglio con caccia come Hurricnae MkI e Gladiator, o almeno eguagliato l'Hurricnae MK.II ed il P.40, e, soprattutto, in un numero realmente consistente.
  9. Io ti chiedevo invece alcune informazioni su quello che davvero può essere definito il primo tentativo di produrre un bombardiere strategico quadrimotore italiano: il Piaggio P.50, ed, in particolare, nella sua forma P.50 II, quella in formula standard. Su internet si trovano solo dati approssimativi e di scarso contenuto, a parte alcune foto..
  10. Frencio

    SAI Ambrosini S.S.4

    Io ne ho elencato i vantaggi; non ho mai detto che per questi il S.S.4 sia il migliore dei velivoli e così via. Sono perfettamente conscio dei limiti di questa macchina e della sua formula (che si dimostrerà efficace solo in un contesto più moderno), così come sia d'accordo con la scelta del Ministero di scartarlo, in quanto, nel '39, le prestazioni che avrebbero permesso un cambio delle linee di produzione (intente a fornire G.50, C.200 e CR.42) erano quelle del Bf.109 E, ben lontane dai nostri modelli proposti, anche dal tanto esaltato R.2000. Ritengo comunque questo aereo un velivolo degno di nota, in quanto rappresenta un progetto innovativo per l'epoca e che può dar lustro alla storia della nostra aeronautica, sebbene esso debba per forza essere rilegato fra i tanti prototipi scartati dallo SMA. P.S.: per quanto palesemente inferiore ai "primi della classe" della USAAF, il P.39 si è dimostrato un ottimo velivolo a bassa quota, così come uno dei primi a sostenere lo sforzo bellico americano insieme al P.40 e non (chiedilo ai russi!). Più di 9.500 macchine prodotte potrebbero dimostrarlo...il P.119 rimane sempre un progetto interessante, per quanto sfortunato ed afflitto da problemi...
  11. Frencio

    SAI Ambrosini S.S.4

    A mio avviso, il vero vantaggio della formula canard non andrebbe cercato nelle prestazioni o in un alto potenziale di crescita (che comunque rimanevano più che accettabili, confrontandole con i caccia coevi): essa garantiva il muso completamente libero da unità motrici, assicurando così un'ottima visuale (anteriore, visto che quella posteriore era invece assai limitata) e offriva la possibilità di montare un potente arsenale tutto in caccia, consentendo una discreta capacità offensiva (come avvenne per il P.119 o il P-39, sebbene essi montassero il motore al centro della fusoliera, mantenendo una formula comunque tradizionale).
  12. Frencio

    SAI Ambrosini S.S.4

    Caratteristiche Motore: Isotta Fraschini Asso XI RC.40 Potenza: cv. 960 a 4000 m. Apertura alare: m. 12,32 Lunghezza totale: m. 6,74 Altezza totale: m. 2,48 Superficie alare: mq. 17,50 Peso a vuoto: kg. 1.800 Peso a carico massimo: kg. 2.446 Velocità massima: km/h. 540 Velocità minima: km/h. 120 Tempo di salita:- Tangenza massima: - Autonomia: - Armamento: 1 cannone da 30 mm. e 2 da 20 mm. nel muso (probabilmente 1 cannone da 20 mm. e 2 mitragliatrici da 12,7 mm., di cui solo quest'ultime montate sul prototipo) Progettista: Sergio Stefanutti Pilota collaudatore: Ambrogio Colombo Primo volo prototipo: MM. 387 il 7 marzo 1939 a Castiglione del Lago Info. provenienti da: "Dimensione Cielo" & da "Caccia Tattici in Azione".
  13. Frencio

    SAI Ambrosini S.S.4

    La SAI Ambrosini di Passignano sul Trasimeno non era certo tra le ditte aeronautiche più famose e dalla maggiore produzione, eppure nel febbraio del 1939 mandò in aria uno dei caccia più innovativi mai tentati nella storia dell'aviazione italiana: l'S.S.4. Il suo progettista, Sergio Stefanutti (da cui la sigla S.S.), non sarebbe stato destinato a lasciare una traccia importante al pari di molti suoi colleghi di altre ditte più blasonate; eppure era un grande interprete degli studi di aerodinamica avanzata, come dimostrò con le sue realizzazioni. In quel periodo Stefanutti era un ufficiale ingegnere del Genio Aeronautico che focalizzò molta della sua attenzione sull'aerodinamica in modo da ottimizzare le prestazioni. Egli fu fra i primi a dedicarsi ad una realizzazione a formula aerodinamica ad impennaggio anteriore, chiamata canard per la somiglianza dell'assetto di volo degli uccelli acquatici; nata con i velivoli in tela e bambù (fra cui ricordiamo il Wright Flyer), della fase pionieristica dell'aviazione, essa è stata ripresa, prima e durante la seconda guerra mondiale, per tentare di realizzare velivoli da caccia con caratteristiche particolarmente avanzate. La propensione per questa impostazione architettonica è determinata per la linea architettonica particolarmente efficiente, dall'ottimo rendimento del propulsore (la scia dell'elica, non avendo ostacoli posteriori, è completamente libera), dall'efficienza degli impennaggi che, essendo anteriori, non possono mai entrare nell'ombra aerodinamica della fusoliera o dell'ala, la risposta pronta ai comandi e la rapidità di decollo. Con la disposizione del motore alle spalle del pilota, si ha inoltre un'ottima visibilità anteriore, caratteristica mancante nei caccia coevi, specialmente se dotati di unità motrici radiali. Altra possibilità insita nella formula, è quella della sistemazione ottimale dell'armamento, che può essere disposto nel muso, senza dover ricorrere a quel procedimento di sincronizzazione del tiro attraverso l'elica, che limita la cadenza di fuoco e che, per particolari condizioni di volo, non evita forature all'elica. Stefanutti non progettò lo S.S.4 da zero: Il primo stadio fu la realizzazione di due moto veleggiatori S.S.2 (chiamati “Anatre”), nel 1935, presso lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche del Centro Sperimentale di Guidonia: il motore istallato è un Keller, a due cilindri contrapposti, raffreddato ad aria ed erogante 16 cv. Le prove, condotte dal maggiore Umberto Nannini sull'aeroporto di Guidonia, non rivelano inconvenienti e permetto di accertare che il velivolo si mantiene in volo a velocità nell'ordine dei 50 km/h. Nel 1937 una di queste due cellule viene modificata in biposto in tandem, ad abitacolo chiuso: l'S.S.3 è munito di motore C.N.A. da 38 cv., inizialmente frenato a 26 cv. il primo volo avviene ad opera del capitano Fulvio Padova, alle ore 16 di sabato 2 ottobre 1937. Nell'occasione il velivolo è trasferito da Guidonia, al vicino aeroporto dell'Urbe. La mattina successiva, alle prime luci, Padova e Stefanutti decollano con l'S.S.3. Giunti nella zona di Perugia e rilevando irregolarità nel funzionamento del motore, atterrano prudenzialmente nell'area del costruendo aeroporto di S. Egidio. Dopo un controllo molto sommario, decollano nuovamente ed iniziano un laboriosissimo volo di attraversamento degli Appennini, in direzione di Rimini. Il maltempo, il vento contrario, le violentissime turbolenze, collaudano ottimamente il moto veleggiatore con l'unico inconveniente, per i piloti, di galleggiare per due ore a 30 km/h. Una volta superate le montagne, l'S.S.3 si dirige verso la meta di Milano. Atterrato al Forlanini si provvede alla sollecita sistemazione della macchina nel Palazzo dello Sport, nella cornice del II Salone Internazionale dell'Aeronautica (2-17 ottobre 1937). Dopo questo secondo, lungo volo, l'S.S.3 è provato estesamente da Fulvio Padova, sino a quando non se ne decide il trasferimento all'aeroporto di Castiglione del Lago. Intanto a Guidonia, i piloti del Centro fanno a gara per volare con l'S.S.2 ed approfittano delle assenze del loro colonnello comandante, per concedersi qualche voletto in più, sulla contesissima macchina. Ma questi moto veleggiatori altro non sono che modelli volanti, per quanto l'ingegner Stefanutti ha in animo di realizzare. L'esperienza maturata e lo studio dell'aerodinamica gli consentì di ideare una nuova versione, questa volta da utilizzare per compiti operativi: intercettazione e superiorità aerea. La configurazione base del nuovo modello manteneva il propulsore a elica spingente installata nella parte posteriore, le alette canard e il carrello d'atterraggio triciclo che era già stato messo a punto con i precedenti S.S.2 e S.S.3. Con l'assenso dell'ingegner Ambrosini, il titolare dell'azienda, il nuovo modello venne costruito tra il 1938 e il 1939 e denominato S.S.4. Presso la S.A.I. Ambrosini di Passignano sul Trasimeno, viene così costruita la macchina definitiva: la sua struttura scintillava nella finitura grigio argenteo, probabilmente non c'era affatto vernice, dato che le dolci acque del Trasimeno non causano la corrosione tipica dell'ambiente marino. Forse l'aereo venne caricato sulla ferrovia che ancora oggi passa proprio radente agli stabilimenti della vecchia SAI, che confinano con la locale stazione; e venne da lì portato al primo volo dato che a Passignano presumibilmente non c'è mai stato un vero aeroporto. Ma poco male, perché era ed è presente un'ampia superficie di volo nella vicina Castiglione del Lago, dove aveva sede l'aeroporto 'Eleuteri', uno dei più grandi disponibili nella penisola, anche se con funzioni di scuola. Era attivo già dagli anni '20 ed era ricco di palazzine realizzate con molto gusto, tanto che persino la centrale elettrica sembrava un edificio abitativo. La presenza di quest'aereo deve avere impressionato molto chi lo vide. L'SS.4 era un monoplano con struttura interamente metallica, particolarmente piccolo, a causa della sua configurazione, che necessitava di un muso aerodinamico e privo di motore per un controllo ottimale. Il flusso aerodinamico si dirigeva verso la parte posteriore dove era installato il motore e doveva essere deviato dal movimento degli elevoni, cioè appendici che fungono allo stesso tempo da elevatori e da alettoni. In queste condizioni, i comandi di volo sarebbero risultati molto pesanti da manovrare e la precisione di controllo difficile. Per correggere questo inconveniente, il motore venne spostato il più indietro possibile e questo rese necessario abolire le strutture di coda convenzionali. Gli stabilizzatori verticali vennero raddoppiati e installati sulle ali, che a loro volta vennero spostate verso il retro della fusoliera per consentire ai timoni di coda di operare più efficacemente. La presenza del propulsore in posizione arretrata forzò il progettista dell'aereo ad adottare un carrello triciclo per evitare l'urto tra il suolo e le pale dell'elica. Infatti, altri aerei in configurazione spingente come il Do.335 hanno avuto complicazioni simili nel progetto. Davanti all'ala, erano posti i canard, molto grandi e dotati di superfici di controllo in grado di compiere grosse escursioni. Iniziavano dal muso e si estendevano fino a dietro l'abitacolo. L'insieme di tutte queste caratteristiche innovative portò ad avere un progetto non convenzionale e diverso da qualsiasi standard dell'epoca. Il motore era un Isotta-Fraschini Asso IX potenziato a circa 960 hp, con elica tripala metallica e due prese d'aria laterali sulla fusoliera a mò di aviogetto, sopratutto per raffreddarlo. L'aereo aveva un muso basso e corto, che forniva una eccellente visibilità al pilota, che era ulteriormente migliorata dal fatto che il tettuccio aveva una struttura semplice e con l'unica parte metallica sopra la testa. La caratteristica costituiva una grossa differenza rispetto ad altri caccia convenzionali dell'epoca, dotati di un grosso muso necessario per ospitare i motori a configurazione trainante, a terra rivolti verso l'alto a causa del carrello d'atterraggio. Il progetto prevedeva che l'aereo fosse armato con due cannoni Mauser da 20mm e un cannone da 30mm sistemati nel muso del caccia (anticipando di 4 anni l'impiego nella Regia Aeronautica di armi da 20mm ed oltre), anche se, sembra oramai appurato che, in realtà, fossero un cannone da 20mm e due Breda-SAFAT da 12,7mm, di cui solo queste ultime armi davvero istallate . Era inoltre rilevante il fatto che tutti i pezzi montati sul velivolo non dovevano essere sincronizzati con elica posta anteriormente, favorendo così una più alta cadenza di colpi da parte dell'arma. La visibilità non era disturbata dai controlli canard, che erano posizionati in basso, né dall'armamento che sarebbe stato installato nel muso, sebbene, in realtà, la doppia coda e l'alta fusoliera erano molto più problematiche per la visione posteriore. Insomma, un velivolo rivoluzionario, nonostante fosse nient'altro che la riedizione di un vecchio concetto. Il programma di collaudo del MM.387 viene concordato con l'ingegner Ambrogio Colombo che aveva svolto voli di ambientamento sull'S.S.3. Il caccia era destinato ad effettuare il ciclo di prove sul vasto campo di Aviano; ciononostante, prima del trasferimento su questo aeroporto, da effettuarsi per via terrestre, Colombo compì un primo breve volo a Castiglione del Lago. Il velivolo si comporta normalmente ed il collaudatore se ne dichiara soddisfatto, tanto da chiedere di poter rinnovare la prova il giorno successivo. Dopo circa tre quarti d'ora, poco prima del rientro, avviene improvviso l'incidente. Colombo, per motivi imprecisati, è costretto ad effettuare un atterraggio di fortuna. Purtroppo la manovra riesce solo in parte, in quanto l'aereo finisce la corsa contro un filare di alberi ed il pilota rimane schiacciato tra l'ostacolo e l'unità motrice (8 marzo 1939 - un monumento a ricordo dell'incidente è ancora visibile in prossimità di una delle strade nella zona dove avvenne lo schianto). La successiva inchiesta determinò la causa dell'incidente nella perdita di un alettone. Il motore, istallato direttamente sulla cellula, comunicò queste vibrazioni molto accentuate: come concausa venne accertato uno scorretto montaggio dell'alettone stesso. Appurato che l'accaduto fu indipendente dall'impostazione progettuale, si prese in considerazione l'eventualità di costruirne tre ulteriori esemplari, ma, di fatto, questa formula rivoluzionaria non era tanto gradita e le sorprese nella messa a punto, dalle vibrazioni al surriscaldamento, sarebbero state notevolmente spiacevoli (come sperimentarono anche giapponesi e americani quando tentarono un approccio simile). Inoltre la visibilità, ottima anteriormente (ma non verso il basso), era limitata alle spalle, svantaggio tattico non da poco, così come, per abbandonare la macchina, o si tentavano atterraggi d'emergenza correndo i rischi di cui sopra, oppure si saltava col paracadute, ma senza il seggiolino eiettabile si rischiava grosso con l'elica posteriore se ancora in movimento (per questo i sedili eiettabili vennero installati sul tedesco Do.335). All'approssimarsi degli eventi bellici, il piano vene abbandonato e gli indirizzi progettuali della S.A.I. si concentrano sulla realizzazione di caccia leggeri, costruiti impegnando materiali non strategici, quali il SAI 207 e il “Dardo”.
  14. Frencio

    RE 2001 - Falco II

    Mi permetto di aprire una digressione sul modello Bis: Mi sono sempre domandato su quali fossero le cause del fatto che esso sia sempre rimasto tra i tanti prototipi in carico alla Regia, invece di diventare operativo, dato che, almeno dalle cifre a noi pervenute, le prestazioni di quest'ultimo si siano dimostrate nettamente migliori rispetto al modello di base al prezzo di una modifica minima, tanto da porlo agli stessi livelli del suo collega e rivale, il Folgore. In questo (stupendo) Topic si allude agli studi fatti sul più prestante Re.2005, sebbene ciò mi lasci perplesso, in quanto le linee di produzione del Re.2001 si siano interrotte ad un solo mese dall'armistizio, periodo in cui il Sagittario era gia da mesi in produzione. Tutto ciò per dire che, a mio avviso, avere a disposizione un bel centinaio di queste macchine ci avrebbero fatto decisamente comodo, contando le minime modifiche che l'adozione di questo modello avrebbero comportato, senza perciò intaccare le linee di produzione. Qualcuno saprebbe darmi una spiegazione?
  15. Frencio

    Programma R

    un favore che chiedo a MC72 e con cui spero di non andare off-topic: ho letto, riguardo al G.50, che il modello iniziale comprendeva 2 mitragliatrici da 12,7mm, 1 cannoncino da 20mm e una spezzoniera in fusoliera. visti i tuoi meravigliosi disegni e tutto il materiale che sei riuscito a reperire su macchine che in (quasi) tutta internet sono dei tabù, non saresti in grado di trovare un'immagine che lo ritragga prima delle modifiche imposte dal Ministero agli inizi del '36?
  16. Frencio

    Fiat G.50V

    Compiendo un'analisi puramente oggettiva, mettendoli a confronto, quale mezzo prediligereste, il "Folgore" o il velivolo FIAT? (G.50V)
  17. Frencio

    Prima di Monaco...

    Conosco bene la nostra situazione pre-bellica... purtroppo!. Con il senno di poi mi chiedevo se un paragone con una nazione comunque giovane (per l'epoca) ma agguerrita e ben organizzata fosse potuto divenir un termine di paragone eun motivo di analisi introspettiva, così da poter usufruire a tempo debito di progetti mal sfruttati e caratterizzati da consistenti ritardi sia di concezione che di produzione e impiego. Come l'L6, le cui basi furono poste nel '36 e che quindi se preso più seriamente sarebbe potuto entrare in produzione anche l'anno successivo e con un obice d'accompagnamento fanteria da 37mm invece che la breda da 20; l'M11, figlio del '37 il quale poteva a sua volta esser meglio progettato con le armi assolutamente invertite e prodotto (nel '38 e non nel '40) in numeri maggiori, così da facilitare gli studi e ridurre le modifiche del successivo "figlio", l'M13, del quale avremmo potuto così vedere diversi esemplari consegnati ai reparti già dalla primavera del '40. Infine il tanto agognato P40, il quale, se vi fosse stato maggiore interesse e di sicuro maggiori finanziamenti sarebbe potuto entrare in produzione assolutamente prima, magari nella versione precedente a quella definitiva a cui siamo abituati noi, in cui sembra il "cugino grasso" di un carro M, utilizzando lo stesso motore del Pkw.IV prodotto su licenza. Non è tanto, ma di sicuro per il giugno del 1940 sarebbe stato meno demoralizzante di dover montare i Solothurn sulle "scatole da cipria". Allo stesso modo poteva essere fatto in ambito d'Artiglieria, con più soldi, maggiore razionalità e magari un tocco di modernità in più con 75/32, 105/40 e 149/40....e nell'aeronautica, anche se lì bisognerebbe iniziare il discorso già dal '35... Stesso discorso sulla modalità d'impiego dei mezzi a propria disposizione e della preparazione fatta, soprattutto per quanto riguarda la coesione (ceca) fra le diverse forze nazionali....
  18. Frencio

    Prima di Monaco...

    Salve a tutti! volevo aprire una nuova discussione per quanto riguarda le forze armate Cecoslovacche prima dell'intervento nazista. Ho avuto modo di leggere, sebbene in via del tutto eccezionale e priva di specifiche, diversi elogi avanzati nei confronti di tali forze, soprattutto per quanto riguarda la preparazione e l'utilizzo di materiale moderno (per l'epoca, 1935-'38). So che l'esercito Ceco contava 35 divisioni di fanteria, armate di ottime bocche da fuoco, fra le migliori al mondo, nonché di validi carri armati (tutto grazie all'industria Skoda; lo testimoniano il largo impiego di mezzi come il panzer (38t) utilizzato dai tedeschi e diverse artiglierie che noi usammo su cessione tedesca, quale l'ottimo cannone AA da 75mm) e, soprattutto, dalla grande cooperazione delle forze di terra con quelle dell'aviazione (ho avuto modo di osservare una foto in cui alcuni fanti avanzano dietro a dei carri, durante un'esercitazione, coperti da cortine fumogene rilasciate da alcuni biplani). Arrivando al succo, vi chiederei se foste in grado di offrirmi una descrizione quanto più dettagliata possibile sulla composizione di ambo le forze armate, esercito ed aeronautica, nonchè di quali mezzi impiegassero, dalle armi individuali, artiglierie ai mezzi meccanizzati quali carri, veicoli e velivoli; in sostanza, tutto quello che potete dirmi su questo valido ma spessissimo trascurato paese. Dulcis in fundo, avanzavo una domanda piuttosto particolare: a parer vostro, l'organizzazione militare di questa piccola repubblica dell'europa centrale sarebbe potuta divenir un esempio anche per il Regno d'Italia, nel periodo in cui correva al riarmo, vista la grande similitudine di veicoli e di mezzi di produzione? così magari da giungere un po' più preparata ad una guerra moderna come è stata la II°GM?
  19. Frencio

    amiot 351

    L'Amiot 351 fu uno dei due soli membri della famiglia Amiot.350 ad entrare in servizio con l'Armée de l'Aire prima della Battaglia di Francia. Dopo l'assai sgraziato Amiot 143 della fine deglia nni '20, i progettisti dell'Amiot si concentrarono su un modello elegante, il quale divenne poi i bell'aereo postale a lungo raggio Amiot 341. Da qui si sviluppò il prototipo per il bombardiere Amiot 340 e dopo vari fasi di sviluppo si giunse alla serie 350 come la conosciamo. Esso era un elegante (forse il "più elegante") bombardiere bimotore che compì il suo primo volo il 21 Gennaio del 1939. I modelli scelti per rappresentare questa serie furono il 351 e il 354 B.4, rispettivamente bi- e mono-deriva, entrambi muniti di una coppia di Gnome-Rhône 14N-48 da 1.060 cv cadauno. Essi ebbero il fastidioso onere di sostenere a fianco del LeO.451B.4 tutto il peso della rimodernizzazione dei reparti da bombardamento dell'AdA; nonostante tutto, furono ordinati in un numero piuttosto esiguo. Diversamente dagli 880 bombardieri Amiot compresi nel contratto del Ministero dell'Aria Francese dell'1 Dicembre 1939, il 354 ottenne solo 40 ordini e il 351 ne ottenne 140. la produzione proseguì molto lentamente: 5 nel Gennaio 1940, 17 a Marzo e a Maggio solo 37 di tutte le centinaia ordinate era stato prodotto. Nonostante i bassi numeri di aerei disponibili, il Groupement de Bombardament No.9 cominciò a convertirsi alla nuova macchina, al fianco dei Bloch 210. I G.B. I/34 e G.B. II/34 ricevettero i primi velivoli il 7 Aprile, e il G.B. I/21 e G.B. II/21 le loro 6 macchine il 10 Maggio, all'inizio delle manovre tedesche nel territorio francese. Ulteriori veicoli furono forniti durante la Battaglia di Francia e quando, il 22 di Giugno, fu ordinato ad ogni velivolo che fosse in grado di compiere la trasvolata di recarsi in Africa Nordoccidentale, ad Orano si potevano contare 37 apparecchi; solo 7 furono lasciati in Francia (tot. 44 velivoli). Dei 61 aerei accettati dall'AdA, furono quindi 17 le perdite, tra cui 3-4 persi in azione, 10 in incidenti durante l'addestramento ed i rimanenti probabilmente persi a terra o durante la Trasvolata a sud. In seguito all'Armistizio essi non figurano fra le fila dell'Aeronautica di Vichy; furono invece usati come aerei da trasporto veloce, spesso battendo le rotte dalla Francia metropolitana e le colonie aficane, completamente disarmati. 4 Furono sottratti dalla Luftwaffe. Amiot 354 B.4 Sistema Propulsore: due motori a doppia stella a 14 cilindri Gnome-Rhone 14N-48/49 da 1.060 hp. Equipaggio: 4 (pilota, bombardiere/navigatore, mitragliere dorsale, operatore radio/mitragliere ventrale) Prestazioni: velocità massima 480 km/h; salita a 4.000m in 8'42"; tangenza operativa 10.000m; autonomia di 2.500 km a pieno carico, 3.500 km con un carico di 800 kg. Pesi: a vuoto 4.725 kg; a pieno carico 11.300 kg. Armamento: - 1 cannone Hispano-Suiza HS 404 da 20 mm brandeggiabile facente fuoco verso la coda; - 2/3 mitragliatrici MAC 1934 da 7,5mm (una brandeggiabile in avanti nel muso; una ventrale) - 1.200 kg di carico bellico Spero di essere stato abbastanza esaustivo nel caso caccia un'occhio a questo link se vuoi di più: http://www.pilotfriend.com/photo_albums/timeline/ww2/Amiot%20350%20Series.htm
  20. Frencio

    Programma R

    Mi permetto di dissuadere. Innanzitutto, non puoi paragonare la produttività del Bf.109 con non solo quella dei nostri caccia, ma nemmeno con quelli di altra nazionalità; esso rappresentava infatti, da quel punto di vista, il non plus ultra, frutto da una parte del genio di Billy Messerschmitt e dall'altra della capacità produttiva e dall'efficienza industriale tedesca. è vero che i nostri G.50, C.200s e Re.2000 impiegavano fra le 18.000 e le 22.000 ore di lavoro per ogni singola macchina, ma non pensare che per uno Spitfire ci volesse di meno, anzi, ce ne volevano 25.000! e questo non lo rende una macchina inferiore al Messerschmitt, cosa che ha più volte dimostrato sui cieli dell'Inghilterra. la differenza sta nel fatto che i nostri progettisti dovevano tener conto di diverse "peculiarità nostrane", quali ad esempio la bassa potenza erogata dai nostri motori e l'inadeguatezza della nostra industria. il risultato erano dei velivoli che spesso erano fatti di materiali "scadenti", quali legno e/o tela, con tempi di produzione dilatati da un'industria quasi ancora su base familiare, ma dalla forma aerodinamica assai curata, al fine di garantire le massime prestazioni col materiale che ci si trovava fra le mani. i caccia "serie 0" rappresentano un primo esperimento da parte dei progettisti italiani per quanto riguarda i monoplani, paragonabili a quei caccia di prima generazione quali il Bf.109 B o il MS-406 C.1, anche loro di forma sgraziata. solo con l'avvicinarsi o il proseguimento del conflitto si poté assistere ad una rifinizione delle linee, così come un miglioramento per quanto riguarda l'ottica della produttività. l'evoluzione dei caccia dalla "serie 0" alla "serie 5" lo dimostra, in particolare con il G.55; se poi queste macchine hanno avuto dei problemi, c'è anche da dire che la qualità industriale del '43 era per forza inferiore a quella di qualche anno prima, in cui non avevamo ancora i B-24 sopra la testa. Inoltre non puoi non tenere conto dei teatri operativi in cui le macchine si confrontavano: i nostri velivoli, per quanto inadeguati nei confronti dei "primi della classe" nel resto dell'Europa, risultavano perfettamente adeguate alle macchine coeve dislocate in regioni coloniali lungo le coste del Mediterraneo, quali le sabbie del Nord Africa o nel Medio Oriente, dove duellavano G.50, C.200 e C.R.42 contro Hurricane Mk.I, Gladiator Mk.II e Blenheims. Per farti un esempio, i nostri Folgore erano più avvantaggiati degli Spit Mk.V sulle calde sabbie del deserto, il tutto grazie ai migliori filtri per la sabbia nei radiatori che permettevano agli aerei dell'asse di avere prestazioni praticamente uguali a quelli in luoghi ottimali come i cieli della Francia, piuttosto che quelli della RAF i quali erano fortemente impacciati dai pesanti filtri che rallentavano il loro velivoli. A mio avviso il maggiore problema non solo per i piloti ma anche per tutte le forze armate italiane nella seconda guerra mondiale vanno ricercate nelle erronee decisioni intraprese dagli Stati Maggiori, vista l'incapacità di adattare le proprie forze ad una guerra moderna e a garantire una certa continuità produttiva a livello industriale. La decisione di basare la caccia nazionale sulla "tradizionale" manovrabilità ha visto la decisione di dotare le nostre squadriglie di caccia come il C.R.42 come aerei di punta, proprio per continuare le false interpretazioni della guerra di Spagna, da cui i nostri aviatori tornavano parlando di modernissimi monoplani metallici ad ala bassa.
  21. Frencio

    Velivoli esteri nella R.A.

    Quali (e quanti) furono i principali aerei esteri "donati" dai Tedeschi o frutto di preda bellica che militarono fra le fila della R.A.?
  22. Frencio

    Caproni Ca.165

    Salve a tutti; vorrei saperne di Più su questo biplano, diretto concorrente del ben più famoso CR42 nel concorso per i caccia della Regia nel '38.
  23. Frencio

    Fiat G.50V

    Verissimo, perchè ormai la tempistica volgeva molto di più a favore del Centauro che del "nuovo Freccia". Il mio discorso era più ampio, magari anche per fantasticare ad un suo possibile impiego al posto o al fianco di Folgore e FalcoII/ArieteII...se solo avesse volato nell'estate del '40....
  24. Frencio

    Fiat G.50V

    questo sito (http://www.aerei-italiani.net/SchedeT/aereog50v.html) sembra metter giù una bella tabella con diversi valori del G.50V, i quali ci permettono almeno di avere un contatto più "a pelle" con il velivolo fiat. Spero che i valori ivi indicati possano esser veritieri e basati su fonti (quali?) attendibili, e non messe per "riempire gli spazi vuoti" Ne approfitto per porre una domanda: il nome ufficiale sarebbe stato G.52?
  25. pinguino, legger i tuoi commenti è sempre un piacere..!
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