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Pete57

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  1. Chuck Yeager ne aveva un'opinione tutt'altro che bassa, e non mi pare che, come pilota, lui fosse esattamente una schiappa...
  2. Su questo non c'è dubbio, volevo semplicemente far notare che il Meteor non era poi quel brocco che io, per primo, avevo pensato fosse: diciamo che ne ho voluto un po' "recuperare la figura"
  3. Ammetto che, per quello che riguarda il Meteor come minaccia per il Me-262, anch’io la vedevo come Kometone, tuttavia delle informazioni che ho trovato recentemente sul Gloster Meteor, ed in particolare sull’ultima versione del periodo bellico, mi hanno portato ad un giudizio un po’ più “mitigato” sui limiti della macchina. Diciamo, innanzitutto, che “l’apparenza inganna”, nel senso che ciò che parrebbe un po’ stonare con l’alta velocità sembrerebbe essere la velatura del velivolo, con la sua grande ala e le ampie superfici di coda che gli danno un aspetto quasi da “bombardiere medio”, mentre in realtà, l’ala contribuisce al problema in misura molto più ridotta di quello che verrebbe a pensare, ed il vero copevole è invece la forma scelta per le gondole motori, grosse e tozze, che ne limitava il numero di mach critico al valore di 0.79. La ragione di questa scelta stava probabilmente nel fatto che, al fine di evitare di ridurre la già scarsa spinta dei turbogetti del tempo, il progettista, George Carter, aveva scelto una configurazione che comportava una presa d’aria ed un condotto il più possibile corti onde evitare perdite dovute a sfregamenti. Come curiosità, questa è la ragione per cui la De Havilland scelse – con migliori risultati – la configurazione a travi di coda per il contemporaneo DH100 “Spidercrab”, il futuro Vampire, la cui unica gondola motore, dotata di brevi condotti d’adduzione e scarico, fungeva anche da fusoliera del velivolo. I tecnici del RAE (Royal Aircraft Establishment) erano, comunque, riusciti presto ad “isolare il colpevole” ed, a tal fine, il secondo Meteor F. MK. I di serie, matricola EE211/G, che era stato destinato esclusivamente alle prove aerodinamiche, venne dapprima dotato di due propulsori Power Jets W2/700 e quindi modificato, inizialmente mediante un estensione della parte anteriore delle gondole e, sucessivamente, il 30 Novembre 1944, anche di quella posteriore. Il risultati dei test, eseguiti dal Flt Lt. Philip Stanbury, che si protrassero fino al Marzo 1945, dimostrarono la bontà della modifica che portava ad un aumento della velocità di 96km/h al livello del mare e di 80km/h a 1200mt e, soprattutto, ad un innalzamento del numero di mach critico al valore di M0.84, che però poteva venire raggiunto dal pilota solo in affondata, a causa dell’insufficiente potenza dei propulsori: a questa velocità la macchina diventava pesante di coda rendendo impossibile proseguire l’affondata stessa nel tentativo di aumentare ulteriormente la velocità, prerogativa questa che rendeva il velivolo molto sicuro in questo tipo di collaudi. Le gondole motori allungate verranno introdotte sulla linea di produzione per ultimi 15 esemplari dell’ MK.III, matricole EE479-EE493) e retrofittate ad alcuni, precedenti esemplari. La versione MK. IV del velivolo riuscirà infine, mediante l’installazione di propulsori che gli forniranno una spinta totale decisamente elevata per i tempi (il prototipo, EE360, un MK.III retrofittato con le gondole allungate, volerà nell’estate 1945), a portare la velocità orizzontale ad un valore molto prossimo a quello del mach limite della macchina. E’ interessante poi un memorandum del 9 Gennaio 1945, firmato dal futuro AVM J.D.Breakey, in cui vengono descritte le velocità, al livello del mare ed a 9000mt, del Mk.III in funzione dell’evoluzione dei propulsori B.37 (RR Derwent) installati, e con la versione da 1090kg/s, prevista per il Giugno/Luglio 1945, le velocità previste erano, rispettivamente, di 812km/h ed 836km/h. Scrive inoltre Breakey: “...until the modified engine nacelles can be introduced (in august, according to present estimates), the Meteor III will be subject to a speed limitation of 500 m.p.h. (indicated) up to a height of 6,500ft. reducing proportionately to 300 m.p.h. (indicated) at 30,000ft. Every effort is being made to expedite the introduction of the new engine nacelles, but I think it is doubtful whether the firm will best the estimated date of august. …” La versione Derwent IV (o Derwent Series IV) da 1090 kg/s, sviluppato nella primavera del 1945, verrà effettivamente installata su alcuni esemplari del MK.III. Tutto questo per dire semplicemente che, se è vero che i Meteor III dell’inizio del 1945 erano ben lungi da impensierire un pilota di 262 che li avesse incontrati, lo stesso non si sarebbe potuto affermare, nella ucronica primavera/estate del 1945, con la versione del Meteor III, dotata di gondole allungate e propulsori Derwent IV, che avrebbe potuto portare le proprie prestazioni velocistiche a valori sufficientemente prossimi a quelli del 262 tanto da poter venire considerato ora come una possibile minaccia. E’ pur verosimile che anche il 262 sarebbe poi stato adattato, in tempi abbastanza brevi, allo Jumo 109-004D-4 da 1050kg/s, riaprendo il divario, ma in tempi altrettanto brevi sarebbe poi arrivato il Meteor IV, che, con 941km/h al livello del mare e 885km/h a 9000m si sarebbe rivelato una seria minaccia, però qui l’ucronia si spinge, a mio avviso, decisamente avanti...
  4. Pete57

    amerikabomber

    Non ci sono neanche prove che il MiG-15 o il Lavochkin La-15 siano ispirati al Ta-183, la cui "incarnazione" (seppure migliorata) fu invece il Pulqui II. Un esauriente "myth debunking" lo puoi trovare a questo link http://warbirdsforum.com/showthread.php?t=204
  5. L'idea di usare un sistema d'arma intelligente la cui velocità la renda di difficile intercettazione è tutt'altro che stupido, quello che era, rimane e rimarrà di difficile comprensione per la nostra mentalità Occidentale, è ciò che rendeva il sistema di guida "intelligente": un essere umano che commetteva suicidio per portare l'arma sul bersaglio! Ne' non si poteva chiedere alle truppe che si trovavano a ricevere gli attacchi dei Kamikaze di cercare di capire il principio che stava dietro tale dottrina d'impiego! L'efficacia dell'Ohka, quand'anche il velicolo-madre fosse riuscito a superare lo schermo protettivo degli intercettori (ed era un evento piuttosto raro!), era ridotta dalle sua velocità che, virtù per quello che riguarda la sua immunità dalla difesa antiaerea, ne era anche il tallone d'achille in quanto riduceva i tempi del pilota per acquisire un bersaglio (per non parlare di un bersaglio alternativo, nel caso il primo non si fosse rivelato adatto perchè poco "lucrativo", troppo lontano o quant'altro) e soprattutto causava fenomeni di "indurimento" dei comandi (che, per ovvie ragioni, non erano servo-assistiti) limitando la possibilità di correzioni all'ultimo momento, tutto questo unito ad un addestramento piuttosto "sommario" (e qui, credimi, sono magnanimo) dei piloti, la rendeva un sistema d'arma tutt'altro che efficace e per questo venne denominata dal personale Alleato "Baka" cioè stupida! Non seve tirare in ballo teorie quasi "complottistiche" riguardanti percentuali di centro modificate ad arte, pubblicate dopo il conflitto dalle FFAA USA: l'arma era tutt'altro che efficace ed esasperava i difetti della teoria di impiego con quelli dei fenomeni poco noti del volo ad alta velocità, uniti ad uno scarsissimo addestramento del personale! Quanto alle ragioni che portarono USN e USSAF (USAF dal 1947) a perseguire programmi di sviluppo di sistemi d'arma antinave a guida intelligente (e non a guida "umana"), queste sono molto più "antiche" dell'esordio operativo dell'Ohka, come già descritto qui
  6. Pete57

    Yp-80

    Grazie a tutti... Se pensate possa essere interessante - ma dovete darmi un po' di tempo (mia moglie è in doce attesa e, giustamente, richiede le mie attenzioni) - posso aggiungere informazioni sulle due versioni del 1945 (il P-80A-1/A-5 ed il P-80B-1). PS: con il P-80B-1 siamo già al confine dell' off topic
  7. Pete57

    Yp-80

    Una prima prova comparativa è stata condotta usando XP-80 (il prototipo sottopotenziato col DH Goblin) contro un 262A-1a: il risultato a favore dello Schwalbe era scontato! Qualcuno nel Warbirds Forum, in occasione di un post simile, mi aveva confermato che era a conoscenza di almeno altre tre prove condotte usando YP-80A/P-80A-1 ed i risultati davano invece il margine allo Shooting Star. C'è poi un rapporto fatto nel 1945 in cui l'USAAF esprime preoccupazioni per il fatto che il Mach critico del 262 risultava essere superiore a quello dell' YP-80a/P-80A-1 e persino dell'XP-84. Ho trovato il fatto molto curioso, soprattutto alla luce dei dati pubblicati sul seguente sito della NASA http://www.hq.nasa.gov/office/pao/History/SP-468/app-a3.htm Ne ho parlato con il figlio dell'allora Maj. LaClare, uno dei piloti del 1st FG a Lesina, che aveva lì compiuto il passaggio sull'YP-80A e questi (ex operativo CIA) ha confermato il mio sospetto che questo fosse dovuto a due ragioni: 1. L'inviluppo di volo dei due velivoli USA non era ancora stato esplorato in modo soddisfacente. 2. Per potere ottenere fondi, nel programma di "austerity" che era seguito al conflitto, l'USAAF faceva il gioco dello "spauracchio" adducendo ragioni, se necessario, non proprio fondate (come veniva fatto, durante la guerra fredda per i velivoli Sovietici). Ho plottato le curve di velocità max. orizzontale alle varie quote, desunte da prove del RAE Britannico per il 262 e dell'USSAF Test Center per il P-80A-1, ed i risultati sono molto simili (appena ho un po' di tempo cercherò di postarle), sto inoltre facendo lo stesso lavoro per quello che riguarda il rateo di salita. Così a caldo, si può dire che il 262 godeva di un leggero vantaggio nel mach critico, mentre il P-80 godeva di un leggero vantaggio nella velocità orizzontale, quota di tangenza e di un notevole vantaggio in maneggevolezza, grazie anche agli alettoni servoassistiti che gli davano un rateo di rollio molto più elevato anche di quello di molti velivoli a pistoni del tempo. Vorrei però reiterare quello che sia Kometone che io abbiamo più volte affermato e cioè che il 262 era stato costruito allo scopo di distruggere i bombardieri ed era perciò uno Zerstörer nella migliore tradizione Tedesca, e come tale non necessitava tanto di maneggevolezza quanto piuttosto di velocità e di un "heavy punch" e, da questo punto di vista, il velivolo fu un indubbio successo, mentre lo Shooting Star era, nella miglior tradizione USA, un air-superiority fighter, destinato ad eliminare la minaccia aerea avversaria e, se il conflitto si fosse prolungato di altri 6 mesi/1 anno si sarebbe rivelato una seria minaccia per i 262 che, appunto, non era stato pensato come un air-superiority fighter e questo rende il confronto un po' il classico paragone fra mele e arance. Il sito che ho citato qui sopra da, di entrambi i velivoli, un giudizio che rende, a mio giudizio, molto bene i reciproci meriti delle macchine: "The data in -- omissis -- show a high performance for the 14 000pound Me 262, particularly in view of the low thrust-to-weight ratio. The speed of 540 miles per hour at 19 685 feet was about 100 miles per hour faster than that of the North American P-51, one of the best of the propeller-driven fighters of the war. The Me 262 seems to have been a carefully designed aircraft in which great attention was given to the details of aerodynamic design. Such attention frequently spells the difference between a great aircraft and a mediocre one. The Me 262 was employed as both a day and night fighter, as well as for ground-attack and reconnaissance operations. Depending upon the mission, it appeared in both single- and two-seat versions. As a fighter, named the Schwabe, it was armed with four 30-mm cannons located in the nose. First encounter with an enemy aircraft was on July 25, 1944. About 1400 Messerschmitt Me 262 aircraft, including all versions, were constructed. Fortunately for the Allies, only a small percentage of these saw action, and effective tactics designed to exploit the performance of the aircraft were not developed in a systematic and consistent way in the various operating squadrons. Follow-on Messerschmitt fighter aircraft, including one with about 40° of wing sweep, were being studied when termination of hostilities put an end to all German aircraft development." "Although the P-80 was conventional in appearance, the aircraft was the result of a careful synthesis of weight, size, and thrust parameters, as well as close attention to aerodynamic refinement. As a consequence, it had performance far superior to that of the P-59A although the thrust-to-weight ratio of the earlier aircraft was actually about 12 percent greater than that of the P-80A. For example, the maximum sea-level speed of 558 miles per hour was 145 miles per hour greater than that of the maximum speed of the P-59A, which occurred at 30 000 feet. As seen in -- omissis --, the climbing performance of the P-80A was also far superior to that of the earlier aircraft; the much smaller wing and resultant drag area of the P-80A no doubt played a significant role in ensuring the higher performance of the Shooting Star. In comparison with the drag area of the famous World War II Mustang, the drag area of 3.2 square feet of the P-80A was about 15 percent lower than that of the earlier propeller-driven aircraft. "
  8. Pete57

    Yp-80

    Non ho trovato informazioni specifiche nemmeno sul 44-83030 mentre i 44-83031, 44-83032, 44-83033 e 44-83034 vennero consegnati al 31st FS del 412th FG, basato a Bakersfield, California. Il 44-83032 compì un atterraggio d’emergenza il 26 Marzo 1945 a 10km a sud del Muroc Flight Test Center, con Donald C. Craig ai comandi. Il velivolo venne riparato e si incidentò di nuovo, sulla pista di Muroc, l’11 Aprile 1945, con Charles F. Hale ai comandi. Alcune immagini degli YP-80A del 412th, prima e dopo la loro consegna al reparto, si noti l’estetica del velivolo specialmente nell’immagine che lo ritrae dall’alto e spiega perchè fosse uno dei velivoli, al tempo, più fotografati si noti inoltre, come tutti sano già stati modificati con le piastre per la separazione dello strato limite all’interno delle prese d’aria Sebbene l’ultimo YP-80A fosse stato terminato nel Dicembre 1944, non potè essere consegnato prima del 21 Febbraio 1945, a causa della cannibalizzazione degli esemplari negli USA resasi necessaria per mantenere in condizioni di volo i 4 velivoli inviati nei fronti Europeo e Mediterraneo, col Project Extraversion; nello stesso mese il primo P-80A-1-LO venne accettato dall’USAAF e nel mese sucessivo la macchina era in piena produzione.
  9. Pete57

    Yp-80

    I quattro velivoli seguenti, vennero assegnati in blocco al Project Extraversion, di cui ho già parlato nel mio post sugli aviogetti in Italia nella II GM. Alcune immagini dei due YP-80A in Italia, prima della consegna al 1st FG. I velivoli sono stati fotografati in occasione della loro presentazione al Gen, J.T.McNarney, Supreme Allied Commander MTO da parte del Lt.Col. J.H.Carter del Wright Field Test Center, (forse uno dei piloti assegnati) apparentemente su una delle basi nella zona di Foggia, come evidenziato dai B-24 visibili in distanza nella foto che ritrae le opeazioni di rifornimento. Queste foto sono pubblicate online sul sito del G.M.S., Gruppo Modellistico Sestense Ed ora qualche parola sui due velivoli assegnati al Teatro d’Operazioni Europeo (ETO) I due velivoli, S/N’s 44-83026 e 44-83027, furono caricati su di una nave ed lasciarono gli USA il 15 Dicembre 1944, giungendo alla base BAD 1, Burtonwood, Regno Unito, il 30 Dicembre 1944. Ci volle poi un mese, a causa soprattutto del tempo inclemente, per riassemblare i due velivoli e prepararli alle operazioni di volo. I due piloti del Wright Field Air Service Command assegnati al progetto, il Maj. Frederic Austin Borsodi ed il Col. Marcus Cooper, giunsero invece a Burtonwood nel Gennaio 1945, mentre il primo volo venne effettuato da Cooper, il 27 Gennaio 1945, sul 44-83026. Il giorno dopo, Borsodi decollò alle 11:40 col medesimo velivolo; dopo un veloce decollo il pilota lasciò il circuito di traffico in salita, giungendo al limite della zona di controllo, in un circuito a sinistra a 2500-3000m, dove il pilota effettuò quattro o cinque tonneaux, col velivolo che appariva sotto perfetto controllo. Dopo circa venti minuti di volo, il velivolo si trovava a circa 8km ad ovest del campo e ad una quota di 1200-1500m quando si videro del fumo nero e fiamme uscire dalla parte posteriore della fusoliera seguiti dall’immediata disintegrazione dell’impennaggio destro. Il velivolo, fuori controllo, si schiantò in assetto orizzontale, alle 12:01, su un campo nei pressi di Bold: Borsodi non si lanciò e perì nell’incidente. Entro un’ora, la radio Tedesca dava un comunicato dell’accaduto, specificando il tipo del velivolo ed il nome del pilota! Il rapporto preliminare dell’Aircraft Accident Committee, diede la colpa al cedimento in tensione della flangia del condotto di scarico, che aveva permesso ai gas roventi di penetrare in fusoliera causando la fusione della copertura isolante del condotto di scarico, della base delle superfici mobili e di parte del rivestimento posteriore della fusoliera, portando alla disintegrazione dell’impennaggio. Il recupero dei rottami, sparsi praticamente in linea retta su una distanza di 800m circa, portò anche alla scoperta del distacco di diverse palette della turbina dal disco: il turbogetto era praticamente esploso causando il distacco della parte posteriore della fusoliera. Sopra. Borsodi fotografato a bordo di un YP-80A, forse il 44-83026 a Burtonwood. Sotto. I resti del velivolo dopo l’incidente, si noti la parte anteriore del J-33 apparentemente priva della turbina Del 44-83027 non ho trovato molte informazioni, tranne che venne ceduto alla RAF che aveva manifestato interesse per il P-80 come velivolo di riserva in caso di fallimento del proprio Gloster Meteor e venne, in seguito, ceduto alla Rolls Royce per le prove in volo del turbogetto B-41, il futuro Rolls Royce Nene, rimanendo distrutto in un atterraggio forzato, causato da una piantata del propulsore, il 14 Novembre1945.
  10. Pete57

    Yp-80

    Due parole sui propulsori. L’I-40, che sarebbe poi divenuto il J-33, si poteva definire un “Rolls Royce Derwent che aveva assunto steroidi”, nel senso che l’architettura ricordava molto da vicino quella del propulsore che la Rolls Royce stava sviluppando dal Rover B.26, originariamente, e senza successo, sviluppato dalla Rover, ma di dimensioni e spinta notevolmente superiori a quelle di quest’ultimo.Questo era, a sua volta, uno sviluppo del B.23, il propulsore che nei piani del Ministry Of Air Production (MAP) Britannico la Rover avrebbe dovuto produrre su progetto di Whittle.La Rover invece di perseguire quanto stipulato, decise, all’insaputa di Whittle, di svilupparne una versione propria in cui la camera di combustione, invece di avere il flusso all’uscita invertito di 180° rispetto al flusso all’entrata, prevedeva una una camera di combustione in cui il flusso all’entrata ed all’uscita seguiva la stessa direzione.Questa soluzione era stata seguita anche dal Maj. Frank Halford nel disegno del De Havilland-Halford H.1 ed era quella prevista nel brevetto per il turbogetto depositato da Whittle: la ragione per cui l’altra ed apparentemente più complicata soluzione venne invece scelta da Whittle era il fatto che la soluzione dei due flussi a 180° dava in quel momento (siamo all’inizio dello sviluppo del turbogetto) migliori garanzie di combustione completa riducendo i tempi di sviluppo (Whittle era il pragmatismo fatto persona).Schema relative al Rolls Royce “Welland”. si noti come l’aria entri nella camera di combustione in una direzione e ne esca in direzione oppostaPrendendo questa strada, la Rover mise in grave pericolo l’intero programma di sviluppo del turbogetto Inglese e solo l’intervento della Rolls Royce che rilevò lo stabilimneto di Barnoldswick, in cambio della cessione alla Rover della propria fabbrica per motori di carri armati a Nottingham, salvò la situazione.Il B.23 venne messo a punto riuscendo finalmente a fornire la spinta progettuale e venne messo in produzione come RR W2B/23 e W2B/23C “Welland” così come il B.26 che divenne il W2B/37 Derwent, e nella versione “Derwent IV” del 1945 giungerà quasi a radoppiare la spinta dei primi “Wellands”.La principale differenza fra il De Havilland H.1B e l’I-40 (ed il “Derwent”) stava nel fatto che l’ultimo aveva il compressore centrifugo palettato su entrambi i lati.Sopra. Il De Havilland Goblin.Sotto. Il General Electric I-40. Si noti la differente configurazione del compressore centrifugo, palettato solo anteriormente nel Goblin ed in entrambi i lati sull’I-40Il 2 Febbraio, il contratto venne modificato fornendo i fondi per la costruzione di due esemplari del velivolo modificato e venne accettato dalla Lockheed il 10 Febbraio facendo sì che i lavori agli Skunk Works riprendessero a pieno ritmo; due giorni dopo, infine, Arnold diede la propria approvazione a procurare una serie di 13 velivoli + 1 velivolo per le prove statiche, propulsi dal turbogetto I-40, denominati YP-80A per un costo totale di $4,190,424.00 più un addizionale del 4% per la Lockheed, la data prevista per la consegna dell’ultimo esemplare era Marzo 1945, ma Johnson, come il solito, riuscì a ridurre i tempi, consegnando l’ultimo nel Dicembre 1944. L’XP-80AL’XP-80A differiva significativamente dall’XP-80 essendo più lungo di 51cm, e, sebbene l’apertura alare fosse stata aumentata di 60cm, la superficie alare era stata diminuita passando dai 22.29mq del XP-80 a 21.80mq per l’XP-80A, il carrello era molto più robusto anche perchè il peso al decollo era aumentato notevolmente passando da 4044kg a 6250kg.Esternamente, le modifiche più visibili erano la nuova forma delle estremità delle ali, degli impennaggi e della deriva, molto più arrotondate rispetto a quelle del prototipo (sebbene anche quest’ultimo le ricevesse in seguito), le prese d’aria erano state accorciate e la colorazione passava dal Medium Green/Neutral Grey dell’ XP-80 (la ragione per cui il Medium Grey sia stato usato al posto dell’Olive Drab prescritto non è mai stata spiegata in modo soddisfacente) ad un Aircarft Grey (ANA 512) molto lucido per diminuire il più possibile la resistenza parassita.Il primo velivolo, S/N 44-83021, Lockheed C/N 141-1001, batezzato “The Grey Ghost” venne completato e provato a terra in 138 giorni dall’inizio del progetto compiendo il primo volo il 10 Giugno 1944, pilotato da Tony Le Vier; il primo volo però fu tutt’altro che di buon auspicio poichè, dopo 35 minuti, il velivolo rientrava col flap destro completamente abbassato ed il sinistro completamente alzato: impossibilitato a rimediare alla situazione, Le Vier dovette lottare per mantenere le ali livellate e riuscì ad atterrare ad una velocità sensibilmente superiore a quella prescritta, fortunatamente senza danni alla macchina od al pilota. Il sistema venne modificato onde impedire il ripetersi della situazione, ma il velivolo aveva dimostrato anche una tendenza a “rimbalzare”, dovuta al fatto che il cg veniva ad essere troppo arretrato dalla mancanza di installazione dell’armamento e relative riserve di munizioni, necessitando la temporanea installazione di zavorra nel muso.Un’altro problema che non venne immediatamente rettificato era un getto d’aria molto calda che entrava nell’abitacolo e, durante il terzo volo, procurò vesciche da scottatura all’avambraccio sinistro di Le Vier.Questo problema venne inizialmente rimediato dalla sostituzione di una valvola di pressurizzazione difettosa, ma la sua eliminazione avverrà solo con la progettazione e realizzazione di un sistema combinato di presurizzazione e raffreddamento dell’abitacolo.Il Grey Ghost al decollo per il suo primo voloLe prove iniziali del Grey Ghost portarono alla luce due nuovi fenomeni; il primo venne denominato “duct rumle” ed era dovuto al fatto che lo stato limite, relativamente lento, della fusoliera veniva aspirato dalle prese d’aria causando un suono, simile a quello di un organo, che, in determinate condizioni, poteva essere udito anche dal personale a terra. A volte, questo creava flussi diversi all’interno delle due prese d’aria portando a fenomeni di “serpeggiamento” del velivolo. Il fenomeno verrà in seguito eliminato con l’installazione di apposite “piastre” all’interno della presa d’aria che deviavano lo strato limite all’esterno, sopra e sotto le prese d’aria stesse.Il secondo fenomeno venne denominato “Aileron Buzz” ed avveniva a velocità prossime a quelle di Mach limite del velivolo, cioè M0.80, manifestandosi come una vibrazione degli allettoni con ampiezza minima di 1cm in entrambe le direzioni. Questo fenomeno venne ampiamente investigato anche dalla NACA con prove sia in galleria del vento che in volo, e la soluzione si rivelò quella di aumentare la tensione dei cablaggi degli alettoni portandola a 158kg e di ridurre, in tutte le condizioni di volo, la velocità del velivolo all’apparire del fenomeno.Il Grey Ghost viene preparato ad un volo. Si notino i freni aerodinamici abassati, dietro l’antenna posta sotto la presa d’aria sinistra. Le ultime due cifre del S/N sono dipinte, in nero, sul musoIl Grey Ghost terminò la propria carriera, in modo violento, il 20 Marzo 1945.Quel giorno, Le Vier aveva portato il velivolo in un volo di prova di routine; il velivolo si trovava a 3000m di quota e ad una velocità di 900km/h, quando il pilota avverì una vibrazione ed immediatamente dopo il velivolo mise il muso verso il basso, derapando contemporaneamente a sinistra, il velivolo compì quindi diversi avvitamenti e manovre incontrollate, mentre il pilota si rendeva conto che l’intera sezione di coda si era staccata.Le Vier riuscì, per vero miracolo, ad uscire dal velivo ed aprire il paracadute alla quota di 300 metri, vedendo con i propri occhi ciò che aveva sospettato: la sezione posteriore del velivolo era completamente mancante!I resti del velivolo rientrano a MurocLa commissione investigativa giunse alla conclusione che il disco della turbina aveva ceduto e, come una sega circolare, aveva tranciato la sezione di coda. Il cedimento era stato causato dal fatto che le scorie, durante il processo di preparazione dei lingotti usati per il metallo, tendevano a salire, essendo più leggere, verso la parte superiore del crogiolo e vi si accumulavano abassandovi la purezza del metallo.La soluzione temporanea, in attesa della correzione del processo, fu di non utilizzare la metà superiore dei lingotti.Fu invece un altro miracolo il fatto che Le Vier riuscì a cavarsela “solo” con una vertebra fratturata, nondimeno l’episodio lo tenne lontano dall’attività di volo per un periodo. Doppio post unificato. Il secondo XP-80A, S/N 44-83022, Lockheed C/N 141-1002, venne completato il 27 Luglio, 3 giorni prima della data stipulata, ma due settimane rispetto al programma Lockheed poichè venne deciso di installare, dietro il posto di pilotaggio, un secondo abitacolo per un ingegnere/osservatore. Il velivolo venne consegnato privo della colorazione Pearl Grey, in metallo naturale, per verificare la differenza in prestazioni che l’eliminazione della vernice comportava e venne pertanto soprannominato “The Silver Ghost”. Questi test fecero evidentemente pendere l’ago della bilancia a favore della verniciatura, poichè anche questo velivolo, in tutte le foto che ho avuto modo di esaminare, ha la consueta colorazione in Pearl Grey.Il primo volo avvenne il 1 Agosto 1944, sempre con Le Vier ai comandi ed il velivolo venne impiegato come banco di prova per verificare le prestazioni del velivolo e dei propulsori e, pertanto, era dotato di diverse apparecchiature di prova, sarebbe inoltre stato impiegato in valutazione contro un P-51D Mustang per determinare le prestazioni dei jet in combattimento contro i velivoli allora convenzionali.In un volo di prova, nel tentativo di detrminare le ragioni del duct rumble, il posto del passeggero venne occupato da nientemeno che Johnson stesso, che, al verificarsi del fenomeno, sentendo le vibrazioni lungo la fusoliera diagnosticò corretamente le cause.Ogniqualvolta se ne presentasse l’occasione, Johson era più che contento di salire su una delle proprie creazioni per un volo di prova, ed in seguito, durante un’intervista ebbe a commentare questa sua filosofia con le seguenti parole: “Decisi presto che, a meno che non mi fossi preso uno spavento coi fiocchi almeno una volta all’anno, non avrei potuto avere l’equilibrio psicologico richiesto per progettare un nuovo velivolo di qualsiasi tipo.”Il “Silver Ghost” verrà in seguito usato per le prove in volo del turbogetto assiale Westinghouse J-34, destinato allo sviluppo del P-80 con ala a freccia, bireattore e capace di velocità supersonica in picchiata: il Lockheed XF-90.Le Vier ed il Silver Ghost. Curiosamente, anche dall’immagine in bianco e nero si evince come il velivolo non sia “Silver” ma “Pearl Grey”! E’ però possibile che il velivolo abbia ricevuto la colorazione in un secondo momento e questo fattosembrerebbe ulteriormente dimostrato dalla presenza delle piastre di separazione dello strato limite all’interno delle prese d’ariaE’ qui necessario aprire un’altra parentesi di “myth debunking”.Diverse fonti citano come l’installazione dei freni aerodinamici sia iniziata con la versione P-80A-1-LO, mentre in realtà l’evidenza fotografica mostra come entrambi gli XP-80A ne fossero dotati; un altro mito riguarda l’ala, che sarebbe stata cambiata con il P-80B e seguenti, adottando un profilo più sottile ed usando un rivestimento più spesso, con risultati esterni non visibili. In realtà Kelly Johnson stesso ha categoricamente affermato che l’ala di tutti i P-80, tutti i T-33 e persino quella dell’F-94A erano uguali ed intercambiabili tra di loro ed il profilo era il NACA 65 (1) 213.L’ YP-80AL’ “YP” era una versione di preserie del P-80A-1 da cui differiva per dettagli interni.I velivoli erano, in parte, costruiti a mano e vennero loro assegnati i S/N’s compresi fra 44-83023 (Lockheed C/N 080-1002) e 44-83035 (Lockheed C/N 1014).Il primo esemplare, 44-83023, fu il primo a volare, il 13 Settembre 1944, ed il volo durò 45 minuti; il giorno dopo, il velivolo venne trasferito a Moffet Field per l’installazione della strumentazione di prova e venne preso in carico dalla NACA.Il secondo esemplare, 44-83024, venne modificato per la ricognizione e designato XF-14. L’armamento venne rimosso e sostituito da una fotocamera con un’unica apertura davanti al carrello d’aterraggio.Questo velivolo venne perduto il 6 Dicembre 1944, ai comandi di Perry B. Claypool, del 4144th BU, mentre conduceva test notturni per determinare la particolare forma dello scarico, visibile di notte solo in determinate condizioni, in tests volti ad aiutare l’identificazione dei futuri piloti dei caccia notturni. L’esperimento venne condotto con un B-25, pilotato da Henry M. Phillips, del 421st BU ed entrambi i velivoli, per ragioni sconosciute, volavano con le luci di posizione spente, venendo in collisione con la perdita di entrambe le macchine e degli equipaggi, a 10km S-SW di Randsburg, California.Sopra. L’XF-14 a terra.Sotto. Il velivolo in voloIl terzo esemplare, 44-83025, volò per la prima volta, il 20 Ottobre 1944, con Milo Burcham ai comandi per il suo primo volo su di un YP-80A, che prevedeva la salita a 7500m per condurvi test di manovrabilità e terminò in tragedia.I testimoni videro il velivolo salire normalmente, ma i flaps ed il carrello sembravano rientrare più lentamente del normale, indicazione questa di una possibile perdita di pressione all’impianto idraulico azionato dal turbogetto. Giunto a circa 100m di quota il velivolo virò di 90° a destra, quindi radrizzò ed in volo planato si schiantò su una cava, espodendovi.Johson sospettò giustamente la rottura dell’asse di una pompa carburante, complicata da un guasto al governor che doveva limitare il numero di giri del motore.Se Burcham avesse avuto più familiarità col velivolo forse si sarebbe ricordato di tenere premuto il pulsante di accensione che comandava anche la pompa elettrica d’emergenza; questo dispositivo non era installato sull’XP-80 e la mancanza di dimestichezza del collaudatore con questa “novità” dell’ YP-80A gli costò la vita. Doppio post unificato. Ti ringrazio Come vedi, però sto anche avendo dei problemi col sito a caricare correttamente immagini e didascalie! :furioso:Qualcuno può sistemare il tutto?
  11. Pete57

    Yp-80

    OK, come promesso ecco alcune informazioni sui velivoli fino alla pre-serie YF-80A. Le origini. Sin dall’inizio delle sperimentazioni sulla propulsione a reazione mediante turbogetto, nel Regno Unito, fu deciso di condividere tutti i dati e le tecnologie con gli USA. L’alleanza dei due paesi aveva radici salde e, sebbene ancora non in stato di belligeranza, gli USA fornivano armamenti (apertamente) e personale volontario (con nazionalità Canadese, di “coperura”) alle FF.AA. Britanniche. Nell’ Aprile 1941, il Gen. H.H. “Hap” Arnold, dell’USAAC ebbe modo di assistere, presso la Gloster Aircraft Co., in Inghilterra, ai rullaggi ad alta velocità del primo velivolo a turbogetto Britannico, il Gloster G.40, costruito secondo la specifica E.28/39 (28° velivolo sperimentale dell’anno 1939) che avrebbe compiuto il suo primo volo il mese successivo. Arnold, lungimirante, comprese subito le potenzialità del progetto ed, in base all’accordo summenzionato, riuscì a fare sì che un set completo di disegni tecnici del Whittle W.2B (il motore di seconda generazione, progettato da Frank Whittle, l’inventore del turbogetto, che sarà alla base di tutti i turbogetti a compressore centrifugo Britannici) insieme ad un esemplare del W.1X, il turbogetto usato per le prove di rullaggio dell’ E.28/39, venissero trasferiti negli USA per essere studiati dalla General Electric. La GE produsse un proprio turbogetto, denominato I-A che avrebbe propulso per il primo volo, il 2 Ottobre 1942, il Bell XP-59 Airacomet, primo velivo a getto USA. Il P-59 era un velivolo molto pesante e nel progettarlo la Bell aveva scelto una configurazione che non era adatta alle alte velocità, questo e la potenza decisamente “anemica” dell’I-A e dei suoi sviluppi, l’ I-16 e l’ I-20 ( “I” era la designazione dei turbogetti e la cifra che seguiva, la spinta progettuale in centinaia di libbre) che sarebbero divenuti, rispettivamente, i J31-GE-3 e J31-GE-5, impedirono all’ Airacomet (questo il nome del velivolo, in linea con la tradizione Bell di dare nomi che incominciavano col prefisso “Aira”) di raggiungere prestazioni competitive rispetto a quelle raggiungibili dai velivoli a pistoni contemporanei. Gli unici campi in cui il velivolo eccelleva erano la quota di tangenza (nel Dicembre 1943, uno dei collaudatori della Bell, Jack Woolams, stabilì un record, non ufficiale, di 14500m) di facilità di pilotaggio e di manutenzione, qualità queste che lo rendevano ideale come velivolo per preparare i piloti e gli specialisti alla nuova forma di propulsione. L’XP-59 a Muroc: si noti l’aspetto molto convenzionale della macchina In tale veste, il velivolo prestò servizio, ad iniziare dalla fine del 1943, con il 412th Fighter Group ed il suo contributo si può senz’altro riassumere nelle parole del Gen. Laurence C. Craigie che, col grado, allora, di colonnello fu la seconda persona a volare sul prototipo XP-59 il 2 Ottobre 1942: “In its optional testing which occurred al Muroc under the supervision of the US Engineering Board, the P-59 lost out in simulated combat to both the P-47D and the P-38J piston-powered and propeller-driven fighters. The board turned the P-59 down as an operational fighter, and simultaneously, relegating it to jet pilot and transition duties.” Non vi è dubbio che l’USAAC fosse delusa delle prestazioni del primo jet indigeno, soprattutto alla luce di quanto stavano scoprendo i servizi di spionaggio: anche la Germania nazista stava per mettere in servizio un proprio velivolo a getto e le sue prestazioni sembravano essere superiori a qualsiasi cosa gli Alleati potessero opporgli! Anche alla Bell erano pienamente consci che le prestazioni del loro velivolo lasciavano molto a desiderare, ma i tecnici non erano rimasti con le mani in mano e stavano studiando un nuovo velivolo propulso da un solo turbogetto, di potenza adeguata, che permettesse quel salto di qualità che il P-59 non era riuscito a compiere. Ad onor del vero, bisogna anche considerare due fatti: 1. l’intera progettazione e sviluppo del velivolo erano talmente segreti che la Bell aveva dovuto rinunciare ad adeguate prove di modelli e simulacri nelle gallerie del vento (es. Langley) 2. I turbogetti sviluppati dalla GE fornivano una spinta inferiore agli omologhi Britannici poichè la ditta aveva mal interpretato ed applicato i dati del W2B originale. La Bell sperava molto nel nuovo velivolo, che venne, provvisoriamente, denominato XP-59B, ma tali speranze sarebbero state, presto, infrante: il 15 Giugno 1943, ad una conferenza a Wright Field, cui partecipava anche Larry Bell (il fondatore della ditta) venne deciso che, entro 60 giorni, ogni lavoro di sviluppo del velivolo dovesse terminare: un colpo dal quale la Bell non seppe riprendersi e che li mise praticamente fuori al business dei velivoli ad ala fissa. Lo sviluppo del P-80 La Lockheed Aircraft, aveva tentato di proporre all’ USAAC, ancora nel 1940, un futuristico caccia, in configurazione canard, che avrebbe dovuto essere propulso da due turbogetti assiali, anch’essi sviluppati dalla Lockheed. Il velivolo, denominato L-133 era, per i tempi, troppo avveniristico per i decision-makers dell’USAAC ed alla Lockheed venne bonariamente raccomandato di occuparsi dello sviluppo del P-38, nondimenno la lungimiranza e le capacità creative della ditta non passarono inosservate e bene se ne rammentarono le alte sfere quando si decise di sviluppare un nuovo, competitivo caccia a reazione. Un’anticipazione di come sarebbe stato l’L-133 Con queste premesse, la Lockheed venne invitata, nel Maggio 1943, a proporre il progetto di un caccia a reazione, monomotore che sarebbe dovuto essere propulso da una versione del turbogetto Inglese De Havilland-Halford H.1B (il futuro Goblin) da costruirsi, su licenza, dalla Americana Allis-Chalmers (nota produttrice di...trattori!) poichè, a quel tempo, questo era l’unico propulsore Alleato che sviluppava una potenza sufficiente da poter essere preso in considerazione, in un unica unità propulsiva, per un velivolo da caccia equipaggiato, ed infatti a questo stava lavorando la De Havilland con il progetto DH100, costruito secondo la specifica E.6/41, che sarebbe diventato il Vampire, primo caccia a getto monomotore Britannico. LZ548/G, il prototipo del Vampire, il DH100 “Spider Crab”, sul campo in erba della ditta ad Hatfield. La “G” nell’immatricolazione stava ad indircare che il velivolo doveva avere una guardia quando si trovava a terra, per ragioni di segretezza I disegni e le specifiche preliminari della Lockheed, per il Model L-140, che vennero presentati dal leggendario progettista della Lockheed Clarence “Kelly” Johnson, ad un meeting il 15 Giugno 1943, piacuero molto all’USAAF che li designò “Project MX-409”. Due giorni dopo, l’USAAF propose un contratto da 495,210.00 Dollari del tempo, per un velivolo, designato XP-80 che doveva essere pronto nell’incredibile tempo di 180 giorni! Due fattori giocarono a favore della Lockheed, il primo fu la relativa semplicità strutturale del progetto e la seconda, le capacità manageriali di Johnson che creò una struttura apposita, separata da quella principale dell’impianto produttivo di Plamadale, California, e denominata “Skunk Works”. Il personale che vi lavorava (128 persone – 23 ingegneri e 105 operai), rispondeva direttamente e solamente a Johnson, eliminando o riducendo al minimo i problemi di burocrazia e possibili fughe di informazioni; il velivolo venne costruito, in turni di 10 ore giornaliere, 6 giorni la settimana e venne completato e trasferito, su autocarri, a Muroc, l’8 Novembre 1943 (il 13 Novembre, secondo altre fonti). Il giorno dopo venne montato e provato il propulsore acquistato direttamente dalla De Havilland, tutto questo nell’incredibile tempo totale - se si considera che l’XP-80 era, probabilmente, il più avanzato velivolo da caccia Alleato del tempo - di 143 giorni, il che la dice lunga sulle capacità di Johnson! Il peso del velivolo risultò essere di soli 3kg superiore a quello di progetto e questo a causa delle modifiche strutturali che si erano rese necessarie per adattare la cellula al propulsore (durante la progettazione e la costruzione, erano disponibili solo i disegni di quest’ultimo) che avevano aggiunto un totale di 17kg, una differenza su cui, viste le circostanze, l’USAAF sorvolò senza problemi. Un immagine dell'installazione del Turbogetto H.1B sull'XP-80 Il 16 Novembre, le prove a terra presso il Materiel Center Flight Test Site si potevano dire terminate ed il velivolo venne preparato per il primo volo: il magico traguardo dei 150 giorni dall’inizio della costruzione al primo volo sembrava ormai a portata di mano quando “il diavolo ci mise lo zampino”... Duante l’ultima prova a terra per la messa a punto del propulsore, entrambi i condotti d’adduzione collassarono e vennero aspirati dal turbogetto che venne immediatamente spento ed esaminato. I danni c’erano ma, sorprendentemente, non erano dovuti a questo paricolare episodio: una delle palette del compressore mostrava segni di “incepient crack” dovuto a difetti di lavorazione ed il motore non poteva essere riparato. Bisogna, altresì, ammettere che non tutto il male venne per nuocere: cosa sarebbe successo, infatti, se il compressore si fosse invece disintegrato (e, probabilmente, sarebbe successo) durante la fase critica del decollo? Non c’è da escludere che un tale incidente avrebbe potuto ritardare notevolmente, se non compromettere, l’intero progetto. Sopra. L’XP-80 durante le prove aterra del propulsore che si concluderanno con il cedimento dei condotti. Sotto. Dettaglio della presa d’aria destra che mostra chiaramente l’implosione del condotto Un nuovo H.1B non era immediatamente disponibile poichè gli esemplari costruiti erano tutti impegnati nel programma del DH.100 Vampire, che aveva volato per la prima volta nel Settembre 1943. Qui bisogna aprire una piccola parentesi per un piccolo lavoro di “myth debunking”: diversi siti, e non solo Inglesi, riportano come la generosità Britannica verso i “cugini” d’oltreoceano fosse così smisurata da far sì che la De Havilland rallentasse il proprio programma di prove del DH100 per “donare” l’unico H1B rimasto, destinato al prototipo, che pertanto finì per volare soltanto il 20 o 26 Settembre 1943 (la data dipende dalle fonti consultate) onde permettere alla Lockheed di non rallentare ecessivamente il proprio programma di collaudo. Senza voler sminuire il già citato contributo Britannico alla creazione ed allo sviluppo della propulsione a getto negli USA, si evince facilmente come questa sia chiaramente una bufala, visto che persino il primo H1B (quello che si scoprì danneggiato in seguito all’implosione dei condotti d’adduzione) era giunto negli USA nel Novembre 1943, quindi oltre un mese dopo il primo volo del prototipo del Vampire (!!!). Tornando all’XP-80, il 28 Dicembre giunse a Muroc il nuovo propulsore che venne disimballato ed installato su “Lulu Belle”, come il prototipo era stato battezzato. Seguirono interminabili prove a terra del propulsore e di verifica dei condotti d’adduzione che erano stati, nel frattempo, sostituiti da due nuovi, rinforzati. La sera del 6 Gennaio il velivolo venne pronunziato pronto al volo, ma il 7 Gennaio il primo volo non potè ancora essere compiuto poichè c’erano ancora sul lago salato grossi accumuli di acqua dovuti ad un inverno particolarmente piovoso. Alle 9.10 del freddo ed umido mattino dell’8 Gennaio 1944, il collaudatore Milo Burcham spinse al massimo il Goblin ed il velivolo cominciò ad acellerare sul lago salato, quando l’anemomentro raggiunse le 110mph, il pilota fece dolcemente staccare il velivolo...cinque minuti dopo, fra la costernazione generale, Burcham posava di nuovo le ruote sul lago salato: il pilota non era riuscito, innanzitutto, a far rientrare il carrello ed inoltre gli allettoni si erano dimostrati troppo sensibili! Con il problema del carrello prontamente risolto e la rassicurazione da parte di Johnson che gli allettoni (a servocomando idraulico) dovevano dare esattamente quella risposta ai comandi, Burcham riavviò il propulsore, si riallineò sulla pista ridecollando alle 10.00. Questa volta tutto andò bene e la macchina si dimostrò talmente a punto che Burcham compì divesi passaggi a bassa quota, ad alta velocità e diversi tonneaux. Sopra. L’XP-80 viene preparato al primo volo. La persona in soprabito scuro e pantaloni chiari davanti all’ala destra è “Kelly” Johnson. Sullo sfondo, si possono vedere in cima alla collinetta i dipendenti della Lockheed e personale militare che presenziano lo storico primo volo. Sotto. Il decollo del velivolo con Burcham ai comandi Il progetto aveva dimostrato di essere un successo e si poteva ora considerare di avviare la produzione: purtroppo la produzione del Goblin su licenza da parte della Allis-Chalmers non procedeva con lo stesso successo e non tutte le cause erano da imputarsi all’inesperienza della ditta nella costruzione di propulsori aeronautici. Sopra. Due immagini del velivolo durante le attività a Muroc. Si noti come le estrimtà alari e dei piani di coda siano state modificate, dando loro un aspetto più simile a quelle dei velivoli sucessivi. Sotto. Due immagini durante l’attività col 412th: il velivolo ha ora il S/N dipinto, in giallo, sulla deriva e le due ultime cifre ripetute sul muso, sostituite in seguito dal numero “18” il cui significato non mi è però molto chiaro. Si noti anche l’estensione dell’ugello di scarico, rispetto alla configurazione iniziale Per fortuna, il giorno seguente a quello del primo volo dell’XP-80, la General Electric aveva già provato al banco l’I-40, uno sviluppo del W2B, richiesto dall’USAAF, con una spinta di progetto di 4000 lb (1800kg) che dimostrò di poter essere installato in una versione leggermente modificata del velivolo che venne denominata XP-80A.
  12. Pete57

    Yp-80

    Posso garantire circa l'autenticità delle foto e di fatti narrati in quanto "Pete1957" è il mio nickname sull'Army Air Forces Forum, da cui il 1st FG ha tratto le informazioni (dopo avermi chiesto il permesso). Il P-80 è uno dei miei velivoli preferiti (basta guardare il mio avatar! ) Dell'YP-80A in Italia ne avevamo già parlato qui Sto postando dall'ufficio e perciò non posso farti, al momento, una storia, per quanto breve del velivolo: se hai un po' di pazienza... Dati per il Lockheed YP-80A e P-80A-1-LO Shooting Star. Apertura alare: 11.81m Lunghezza: 10.49m Altezza: 3.43m Superficie alare: 22.07mq Peso a vuoto: 3592kg Peso massimo: 5307kg Peso Max al decollo: 6350kg Velocità max. in volo orizzontale: 881km/h a 800m (Memorandum Report on the P-80A-1 AAF No. 44-85123, del 3 Dicembre 1946) Velocità max. 898km/h Mach critico 0.80 Rateo di salita max. 3730ft/m a 10000ft Autonomia: 1255km (2300km con serbatoi ausiliari) Armamento: 6 mitragliatrici Browning M-2 da 12.7mm
  13. Ho trovato qualcosa al link http://www.cc.e-mansion.com/~bunny/william.html: "...F6F-3 Hellcat. The first 100 F6F-3s almost certainly had Bronze Green interiors. The rest had FS 34151 cockpits. The engine cowling and the fuselage interior including the area behind the cockpit where the small windows are located was Light Gray FS 36440 (Grumman Gray). Remember on all of these a/c the general rule is that the wheel bays, landing gear struts, wheel centers, landing flap bays, etc. are the under surface color. The area ahead of the main spar in the wheel bay was interior green. This area was unmasked and so may have had some white over spray. Interior Green should be the dominant color. F6F-5 Hellcat. Cockpit: FS 34151. Later a/c with BuNo's higher than about 80000 had the interior above the consoles in black Any F6F with the rear windows will have the rear fuselage in Light Gray. (Grumman Gray Take note: those building David McCambell's Minsi III.) The inside of the engine cowling could be Light Gray, Interior Green, or Zinc Chromate Yellow FS 33481, respectively according to production batch. Later F6F-5's may have had a Flat Black cowling interior ahead of the baffle seal between the front and rear cylinder banks. The remainder was Interior Green. This was most likely done at overhaul. The inside of the fuselage on the F6F-5 without the windows would normally be FS 33481 ZCY. Very late a/c with BuNo's in the 94000 range had Interior Green fuselage interiors and black upper cockpits. This is exactly like the USN specs. at the time. All other areas of the airframe that were exposed to weather were painted Glossy Dark Sea Blue, ANA 623. Remember on all of these a/c the general rule is that the wheel bays, landing gear struts, wheel centers, landing flap bays, etc. are the under surface color. There should be no Interior Green visible on the exterior of any factory finished F6F-5. Note: ANA 623 is not FS 15042. FS 15042 is a Korean War color and is an FS 595 color that is close too, but not the same as ANA 623 color used during WWII. Although the variation is very slight they are different. ..." Se hai bisogno della traduzione, fammelo sapere
  14. Ho ricevuto un' e-mail da un dipendente della KLM, a Schiphol, con cui ho rapporti di lavoro, alle 14.19, in cui mi comunicava: "A few hours ago a a/c of Turkish Airlines crashed near the airport. Nine people didn’t survive." Quindi, c'è effettivamente la possibilità che le vittime siano ora adirittura nove...
  15. Quoto pienamente! Forse il regista aveva sentito parlare degli esperimenti Tedeschi, sulle Alpi col Focke-Achgelis Fa-223 Drache (un filmato al seguente link: ) e ha inserito l'elicottero per rendere più "drammatica" la scena. Nel forum http://www.britmovie.co.uk/forums/your-fav...e-1968-a-2.html uno degli utenti (che sembra abbia lavorato per la MGM UK) dice che nelle intenzioni originali non doveva essere un elicottero ma bensì un autogiro, solo che...non riuscirono a trovarne uno! Comunque non so se un autogiro avrebbe fornito una maggiore veridicità storica, visto che l'unico autogiro da collegamento, il Focke-Wulf FW-186, venne costruito in due esemplari e presto abbandonato, probabilmente a causa dello sviluppo avanzato degli elicotteri veri e propri che garantivano migliori prestazioni.
  16. Da "US Air Commando!" di Ian Padden, pagina 68:" During the later stages of the war in Europe, the Special Operation group in the Mediterranean area, under the auspices of the OSS, are known to have used YR-4s for various tasks, the most notable of which was the landing of agents in the Balkans." Ho precedentemente postato questa informazione in altri forum di lingua Inglese, senza però riuscire ad avere pareri definitivi. In generale, il terreno dei due fronti Europei (ETO ed MTO) si prestava abbastanza bene all'uso dei velivoli da collegamento (L-1, L-4 ed L-5) al punto da non rendere necessario l'invio di macchine ad ala rotante, a differenza invece delle condizioni nei fronti Asiatici, Cina/Idia/Birmania e le Filippine che, a causa delle ridotte dimensioni delle zone d'atterraggio che la giungla permetteva di creare, resero il loro impiego, anche se pionieristico (non dimentichiamo che i Sikorsky R-4 erano velivoli di preserie, YR-4), quasi obbligatorio. Certo che, se consideriamo che l'OSS era il predecessore della CIA, beh tutto è possibile, anche che avesse ottenuto alcuni esemplari di YR-4 per uso in "black missions"!
  17. Sì, ed ogni colpo conteneva la mirabolante cifra di 0.8 grammi di pentrite! Da wiki (http://en.wikipedia.org/wiki/Breda-SAFAT_machine_gun): "...Despite the availability of high explosive shells, Italian pilots preferred in general the armor-piercing and incendiary ammunitions to the weak destructive capability of a mere 0.8 grams of explosives. It is untrue that other countries did not adopt high explosive 12.7–13mm caliber shells. Almost all did so, but they rated this ammunitions too weak to justify its cost and did little damage to metal structures. On top of this, they were not effective against armor. Even so, the 12.7×99 or 12.7×108 had 2.5–3 grams of payload, much higher than the Breda's ammunition and not so different than some 20mm shells. But still, high explosive shells were only common with guns in caliber 20mm and over. British experts called the high explosive smaller calibres "ridiculous" and the U.S. used only few series of HE 12.7mm ammunitions. ..."
  18. In realtà il 262 non è stato rimesso in condizioni di volo, ma costruito ex-novo, in una piccola serie, usando i piani originali ed in modo talmente fedele che la Messerschmitt ha assegnato un piccolo batch di Werk Nummer per "avvallarne" la frdeltà. I motori originali sono stati sostituiti con dei GE CJ-610, versione civile del J-85, da 1400kg/s che permettono un aumento di spinta totale del 56% circa e soprattutto un'affidabilità infinitamente maggiore (penso che nessun pilota, sano di mente, al giorno d'oggi prenderebbe in considerazione di volare su un 262 con gli Jumo originali e senza un seggiolino eiettabile! ). Mentre, un jet originale della II GM, e con i motori originali, è prossimo ad essere rimesso in condizioni di volo e, quando ciò avverrà, sarà il più vecchio jet al mondo a volare. Il Bell YP-59A della collezione di Chino, CA, del 1943-44: Fine OFF-TOPIC!
  19. Bellissimo Blue! Per coincidenza, ho visto proprio ieri sera, sull' History Channel e rigorosamente in lingua originale, la replica della puntata di "Dogfight" (Nel Centro Del Mirino ) riguardante l'esordio operativo del Jug; è incredibile la parte riguardante il primo combattimento di Robert S. Johnson e come sopravvisse all'attacco di due FW-190, antrambi determinati ad abbatterlo (e la determinazione Teutonica è leggendaria! ) eppure, contro ogni previsione, il P-47 non solo sopravvisse ad entrambi, ma riportò addirittura Johnson a casa. Insuperabile la computer-grafica del programma che ricostruisce questo combattimento meglio di qualsiasi libro od articolo possano mai fare: da vedere! Un ultimo dettaglio che forse non viene immediatamente in mente è che il P-47 era un "cugino" dei Reggiane in quanto il capostipite di questi ultimi, il Re.2000, era una "rielaborazione" del Seversky P-35: provate a confrontare l'ala ed i piani di coda del Re.2005 e del P-47...
  20. Peppe Manca una versione importante, il P-51H, che, derivato dalle versioni alleggerite XP-51F e G, risultava costruito in 555 esemplari al VJ Day, ed era, con una velocità max. di 784 km/h, la più veloce versione prodotta in serie del Mustang e forse il più veloce velivolo a pistoni prodotto in serie, preferito da diversi piloti alle versioni D e K per l'aumento in manovrabiltà offerto dal peso ridotto (per amore di cronaca, bisogna ugualmente citare il fatto che altri piloti gli preverivano i D e K per la loro maggiore robustezza). Alcune fonti ne citano l'impiego operativo alla fine della campagna contro il Giappone, ma in realtà ciò non avvenne rendendo il P-51H l'unica versione del Mustang mai impiegata in guerra. Il velivolo ha un altro primato (sebbene la sua veridicità possa dar luogo ad accese dicussioni): sarebbe il primo velivolo ad essere stato abbattuto da un UFO! Un P-51H, della Kentucky ANG, era infatti il velivolo pilotato dal Cap. Thomas Mantell, il 7 Gennaio 1948, nell'inseguimento di un oggetto volante circolare che si concluderà con lo schianto del velivolo e morte del pilota; citare oltre sarebbe troppo perciò consiglio, a chi fosse interessato ad approfondimenti, di passare la parola a Google.
  21. Pete57

    Le Wonder Weapons USA

    Grazie a tutti per i complimenti... La trattazione per quello che riguarda la II GM si può dire completa, si potrebbero aggiungere forse i Project Aphrodite e Project Anvil, che, provati in Europa, avevano una filosofia d'impiego simile a quella dei TDR ma...molto più costosa! Prevedeva infatti di usare B-17 dell'USAAF o PB4Y-1 (B-24) dell'USN con molte ore operative, convertiti in drones denominati "Weary Willies" mediante la rimozione dell'abitacolo, sostituito da uno aperto su cui prendevano posto due piloti i quali, dopo aver fatto decollare il velivolo ed averlo messo in crociera, si lanciavano con il paracadute, lasciando all'operatore a bordo del velivolo-controllore il compoito di pilotarlo tramite comandi radio e controllo mediante sistema televisivo. I velivoli erano caricati con 9000kg di torpex (!!!) e venivano fatti schiantare su obiettivi selezionati. L'uso operativo si dimostrerà un fallimento non solo a causa della non ancora perfetta messa a punto dei sistemi (ved. TDR) ma vergognosamente anche a causa delle diatribe e gelosie sorte fra l'USAAF e l'USN. Il risultato più noto è l'esplosione prematura di uno dei B-17, con l'equipaggio ancora a bordo, che comprendeva Joseph Kennedy, figlio dell'ambasciatore USA a Londra, e fratello di John F. Kennedy, futuro presidente USA. La successiva inchiesta non riuscirà a determinare la causa dell'esplosione, ma i più punteranno il dito su una delle "scatole nere", pomo della discordia fra le due forze armate. Nonostante la tragedia, i voli operativi proseguiranno con scarsi successi, il più vicino ad un vero successo sarà la missione in cui uno dei drones mancherà di appena 15 metri i ricoveri degli U-boot ad Heligoland: e quei 15 metri si riveleranno forse la scure del boia che decreterà la fine del progetto.
  22. Pete57

    Le Wonder Weapons USA

    Tuttavia, le navi Giapponesi, arenate o meno, erano diventate una merce rara e pertanto l’attenzione degli attacchi dovette focalizzarsi su bersagli di diverso genere quali ponti, centri di sussistenza, installazioni antiaeree e costruzioni in generale ed il fatto che molti di questi obiettivi fossero seminascosti dalla vegetazione non sembrava, di primo acchito, porre problemi insormontabili, invece le limitazioni del “Block” si paleseranno in tempi brevi, come ebbe a confermare un operatore, Norm Tengstrom: “(Il sistema) Funzionava bene quando il bersaglio si stagliava nettamente, ad sempio una nave sull’acqua – bersaglio perfetto – ma quando l’orizzonte non era netto le cose diventavano difficili”. Un problema comune che si manifestò fu il fatto che, durante la traiettoria finale, una giungla, praticamente monocromatica visualizzata su di uno schermo monocromatico, riusciva a rendere invisibile anche il bersaglio più prominente. Nonostante tutti questi problemi, le operazioni furono costellate di bersagli colpiti o mancati di poco: durante un attacco venne ordinato a Tengstrom ed al suo radio-pilota, Murray Reiter, di distruggere un ponte sul fiume Foresei, nella parte meridionale di Bugainville; dopo che Reiter ebbe messo il TDR in volo livellato sopra la cima degli alberi, perse il bersaglio dallo schermo TV e mentre cercava di ritrovare l’orientamento qualcosa malfunzionò nel drone, forse colpito dall’antiaerea o forse con un giroscopio bloccato, che improvvisamente saettò verso l’alto ad un elevato angolo di salita; Reiter provò diverse manovre ed alla fine riuscì a mettere in picchiata il velivolo che impattò il suolo: “Colpì sicuramente qualcosa – disse Tengstrom ridendo – un deposito di carburante o qualcos’altro di grosso perchè fu la più grossa esplosione che avessi mai visto!” Il sistema mise anche in luce la sicurezza che forniva agli “utenti” come ebbe a testimoniare Thomas: “ Sì, sono stato abbattuto una volta o due. In un caso, mentre mi avicinavo all’obiettivo fui colpito dall’antiaerea: non avevo più controllo del drone ma l’immagine era ancora sullo schermo e, ad un certo punto, mi trovai a guardare verso il basso e non c’era proprio niente che potessi fare, ma – aggiunse Thomas – sapete qual’è la cosa più bella? Era che io ero lontano dall’obiettivo, l’operazione non metteva a rischio le vite del personale; se fossero stati velivoli pilotati, invece, vi sarebbero stati dei funerali!” Immagini operative dei TDR. Nella prima gli specialisti compiono manutenzione sul campo del “Block”, nella seconda, “Available Jones” è pronto all’azione e nella terza “Edna III” viene preparato all’azione Alcuni brevi resoconti dal diario di combattimento dello STAG-1. 1 Ottobre: attacco da parte di quattro TDRs armati di bombe da 2000 libbre ad installazioni antiaeree sulle isole di Ballale e Peperang: un drone abbattuto tre fatti schiantare in prossimità delle postazioni. Nel pomeriggio altri quattro usati contro bersagli posti nella parte meridionale di Bugainville: uno ha colpito in prossimità delle postazioni, due bombe non sono esplose ed un drone è precipitato lungo la rotta. 5 Ottobre: attacco di quattro drones sul deposito di rifornimenti in grotta a Karavia Bay, Rabaul. Due drones perduti lungo la rotta di avvicinamneto, uno esploso sulla porzione meridioinale dell’aerea dove sono situate le grotte, il quarto esploso nelle vicinanze. 9 Ottobre: attacco di quattro TDRs al ponte sulla Matagi Island a Simpson Harbor, Rabaul. Drones numero uno, due e tre abbattuti abbattuti dal fuoco antiaereo con l’esplosione del carico bellico in zone occupate dalle postazioni antiaeree, numero quattro precipitato lungo la rotta. 18 Ottobre: attacco da parte di tre TDRs al faro di Cape St. George, New Ireland. Drone numero uno schiantato fra il faro e l’installazione radar, ma il carico bellico non è esploso, numero due schiantato a circa 9 metri dalla base del faro con esplosione del carico bellico, il terzo drone, invece, perduto a causa di un guasto meccanico. Il 26 Otobre il reparto compì l’ultima missione rivisitando il faro di Cape St. George con l’intenzione di compiervi “lavori di restauro”. Lungo la rotta, uno dei drones cominciò ad avere problemi col segnale televisivo e fenne intenzionalmente fatto schiantare su postazioni antiaeree poste su un isola nelle vicinanze, gli altri proseguirono: il primo a raggiungere il faro si schiantò direttamente sulla struttura, demolendola completamente e gli altri due completarono il lavoro schiantandosi sulle macerie e terminando così, in modo spettacolare, l’attività del reparto ed un riconoscimento indiretto del timore che suscitava fra i Giapponesi dai commenti riguardanti i “Kamikaze Americani” di “Tokio Rose”: i Giapponesi non avevano compreso che i velivoli non erano pilotati!. Tirando le somme, in un mese circa, i VK-11 e VK-12 lanciarono in combattimento 46 TDRs, di questi, 37 raggiunsero il bersaglio ed almeno 21 eseguirono con successo attacchi di precisione; era un lavoro di cui chiunque sarebbe andato fiero che Jones sperava potesse esorcizzare lo spettro dello scioglimento del reparto, ma pochi o forse nessuno fra le alte schiere verrà a conoscere gli exploits del reparto ed al ritorno a Banika Jones dovrà assistere con disgusto al caricamento di tutti i TBD modificati a bordo di una chiatta che, trasportatili al largo, a Reynard Sound, li avrebbe gettati senza cerimonie fuoribordo ed anche fra il personale, nonostante alcuni fossero stati riassegnati a reparti imbarcati ed altri a reparti in madrepatria per ulteriori “sviluppi”, prevaleva la sensazione che stesse avvenendo uno spreco di talenti. Bisogna però considerare che il dominio dell’aria Alleato sopra il Giappone era, a quel punto del conflitto, tale per cui non esistevano più obiettivi che non potessero essere sistemati dai velivoli pilotati, convenzionali, questi erano i velivoli che stavano vincendo il conflitto e volevano sbrigarsi a farla finita e perciò, mentre l’ultimo anno di guerra iniziava, la decisione di non impiegare ulteriormente i TDR si dimostrava sensata: nonostante le distruzioni arrecate dai bombardamenti con bombe incediarie, con le sue infrastrutture ormai all’orlo della distruzione totale, il Giappone non era ancora disposto alla resa ed, alla luce di questo fatto, l’impiego di sistemi d’arma per attachi di precisione non aveva senso, solo un arma – l’arma nucleare – avrebbe potuto costringere - ed in effetti costringerà - il Giappone alla resa. Nondimeno l’impiego del TDR porrà le basi per la dottrina di impiego dei drones da combattimento moderni, un sistema d’arma in cui gli Stati Uniti sono tuttora al vertice del know-how tecnologico certamente anche grazie all’esperienza acquisita nel secondo conflitto mondiale coi TDRs dello STAG-1. Gli USA avevano già messo a punto, o erano prossimi a farlo, anche altri avanzati sistemi d’arma che comprendevano sistemi di guida all’infrarosso, a contrasto televisivo o che si dirigevano sulle onde radar trasmesse dai sitemi avversari (predecessori dei moderni missili “antiradiazioni”) ma diversi di questi sistemi non troveranno impiego neanche nel sucessivo conflitto in Corea, nel 1950-1953, dovendo attendere, per il proprio esordio operativo, il sucessivo tormentato conflitto nella penisola Vietnamita 20-25 anni dopo; nondimenno non si può evitare di prendere atto della genialità e lungimiranza degli scienziati e dei militari che li svilupparono e si batterono per la loro acquisizione ed impiego.
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    Drones da attacco Come l’US Navy, anche la Royal Navy cominciò a predere coscienza della minaccia che i nuovi velivoli, con la loro velocità a maneggevolezza, rappresentavano per la flotta e della nuova enfasi che andava pertanto posta sulla difesa antiaerea delle unità. Molto pochi nella sezione difesa antiaerea presero seriamente tale minaccia, anche se, per esplicita ammissione degli stessi, le esercitazioni, condotte con alianti trainati, non potevano simulare accuratamente un attacco compiuto da bombardieri in picchiata. Per ovviare a tale mancanza, fu commissionato alla De Havilland lo sviluppo di un bersaglio telecomandato, basato sull’uso di biplani obsoleti. Il risultato fu il “Queen Bee” (Ape Regina), un biplano radiocomandato da un operatore posto a bordo di un altro velivolo o da una delle unità stesse. L’uso di questo velivolo permise lo sviluppo di nuove tattiche ed, allo stesso tempo, mise in luce deficienze anche gravi in quelle correntemente in corso: in un caso un Queen Bee riuscì a sorvolare, a 85 kt, in volo livellato e senza mai compiere alcuna manovra evasiva, la Mediterranean Fleet senza venire mai colpito! Nel 1936, l’ Adm. William H. Standley, Chief of Naval Operations dell’US Navy, durante una visita in Inghilterra, assistette ad un’esercitazione che comportava l’impiego di un Queen Bee, rimanendone fortemente impressionato e decidendo che anche l’U.S.Navy si sarebbe dovuta dotare di un dispositivo simile. Gli Stati Uniti avevano già lavorato a dei “velivoli senza pilota” durante la 1a GM ma le macchine che erano state sviluppate, come ad es. il “Flying Bug” di Charles Kettering o la “Flying Bomb” di Elmer Sperry si erano rivelate dei fiaschi a causa delle limitazioni tecnologiche dell’epoca. Pertanto, su raccomandazione di Standley, il capo del Bureau of Aeronautics, il Rear Adm. Earnest J. King, scelse il Lt. Cdr. Delmar S. Fahrney per dirigere il progetto per la realizzazione di velivoli controllati a distanza. Fahrney, un uomo di grande statura e dalla personalità silenziosa e ponderativa, diede prova di essere un ecellente pensatore con “un pizzico di visionarietà” ed oggi è considerato dai più come il “Padre del missile guidato”. Egli supervisionò la modifica di di due addestratori Curtiss e di due Stearmans in “drones”, un termine da lui stesso coniato, e per Ottobte 1937 il primo Curtiss venne fatto volare con il controllo a distanza e lo stesso Fahrney a bordo in qualità di “pilota di sicurezza”; sotto la sua guida, vennero sviluppati diversi sistemi di supporto che includevano, fra gli altri, un sistema che permetteva di passare alla guida da parte di un altro velivolo o da terra ed un sofisticato autopilota che permetteva il pilotaggio in modalità automatica.. Nel 1938, iniziarono le prove dei velivoli in missioni simili a quelle già svolte dai Queen Bee Inglesi, che, similmente, rivelarono carenze nelle tattiche impiegate dal personale dell’antiaerea a bordo delle unità: nondimeno, questo stesso fatto fece balenare nella mente di Fahrney l’idea di usare i drones per compiti più “offensivi”. A tal fine, egli arrangiò una missione in cui uno dei drones si sarebbe diretto in picchiata contro la corazzata Utah: a metà della picchata, una salva dell’antiaerea ben piazzata colse il velivolo che esplose precipitando in mare. “L’operazione ha avuto successo – commentò Fahrney, nel proprio diario – ma il paziente è morto!” Sebbene il concetto di Fahrney trovasse dei “supporters”, i detrattori facevano notare un ovvio problema: a meno di un’incredibile breakthrough tecnologico, la vita dei piloti che controllavano i drones era comunque a rischio, dovendo il velivolo-madre volare ad una distanza non eccessiva dal drone stesso, che non lo rendeva completamente immune alla reazione antiaerea e dei caccia avversari. Fahrney tuttavia non vacillò, essendo incappato – così disse ai colleghi – in un’invenzione che sembrava uscita da un romanzo di fantascienza: un’inimmaginabile avanzamento tecnologico chiamato televisione! Questo metodo per trasmettere le immagini aveva compiuto il suo debutto ai giochi olimpici di Berlino del 1936, e nel 1939, il padiglione della Radio Corporation of America (RCA) alla New York World’s Fair, presentò questa moderna meraviglia al pubblico generale. Già nel 1934 il brillante scienziato Russo, emigrato negli USA, Dr. Vladimir Zworykin, che era a capo del team di ricerca della RCA, e colui cui sarebbero state in seguito riconosciute le invenzioni della televisione e del microscopio elettronico, contattò l’U.S.Navy affermando di essere in grado di produrre un “occhio elettronico” da usarsi su di un “siluro volante”. Poichè, a quel tempo, però, un tale “siluro volante” non esisteva, la Navy decise di non perseguire l’idea, nondimeno l’invenzione venne attentamente vagliata ed infine adottata per un compito ben meno glorioso: rimandare le immagini dei pannelli strumenti dei velivoli in collaudo agli ingegneri a terra. Anche Zworykin però non era uno che si dava facilmente per vinto e, prima di approdare alla RCA, aveva dovuto combattere gli scettici alla Westinghouse che consideravano la sua tecnologia non praticabile, così quando venne messo in contatto con Fahrney, fu come un “unione voluta dal destino”. Fahrney arrangiò prontamente un contratto e, poco tempo dopo, i laboratori della RCA consegnarono il primo di una serie di sistemi televisivi, sperimentali per uso a bordo di velivoli: un prototipo del peso di 154kg che venne soprannominato “Jeep” dal nome di un popolare personaggio della serie di fumetti “Popeye” (Braccio di Ferro) di E.C.Segar, Fahrney lo dimostrò con successo a bordo di un velivolo. Allo stesso tempo, Zworykin era al lavoro per realizzarne una versione migliorata denominata "Block-1." Il "Block-1" era costituito da una telecamera e da un trasmettitore che riuscivano ad essere contenute in una “scatola” dalle dimensioni (per il tempo) incredibilmente compatte di 15.24cm x 15.24cm x 66.04cm, e da questo veniva il nomignolo “block”. Il peso era di 44kg , l’immagine consisteva di 350 linee (circa la metà di quelle di un televisore moderno) che si muoveveno alla velocità di circa 40 frames/secondo (circa il 50% in più di quella di un televisore moderno) su di un tubo catodico verde per ragioni di massimo contrasto. L’attacco Giapponese a Pearl Harbor, diede un enorme impulso all’idea del drone da attacco e la Navy lanciò un programma di sviluppo su larga scala ("Project Option."), nominandone come supervisore il Commodore Oscar Smith. Nell Aprile 1942, un silurante trasformato in drone compì con successo la prima prova di lancio di un siluro (inerte) contro il cacciatorpediniere Aaron Ward; il siluro passò sotto il centro dell’unità nonostante questa viaggiasse a15 nodi e compisse continue manovre eveasive, nel frattempo l’aereo-controllore volava in circuito a 12km di distanza, invisibile alla nave! I filmati di questo attacco simulato persuasero completamente l’Amm. King, nominato nel frattempo da Roosvelt a Comandante in Capo della Navy, che il "Project Option” dovesse ricevere la massima priorità, con la produzione di 5000 drones da distribuire ad 18 squadrons, sotto l’egida della "Special Air Task Force" (SATFOR). Il risultato fu un velivolo che impiegava, il più possibile, materiali non startegici (legno) che venne costruito dalla Naval Aircraft Factory e designato TDN-1. Il TDN-1 era un velivolo bimotore ad ala alta, dotato di un alto carrello d’atterraggio e di un abitacolo rimovibile su cui prendeva posto un pilota per trasferire il velivolo da una località ad un’altra; il velivolo dimostrò buone caratteristiche ma aveva due grossi difetti: i tempi di costruzione erano lunghi ed i costi erano troppo elevati, perciò i cento circa di esemplari prodotti vennero impiegati come bersagli, compiendo anche decolli dalla USS Sable, un’unità classe Great Lakes convertita in “portaerei”, nell’Agosto 1943. A questo punto l’intero programma cominciò a sembrare, se non moribondo, almeno agonizzante ma Fahrney e Smith avevano anticipato possibili problemi già durante lo sviluppo iniziale del TDN e misero in atto il “Piano B”: venne contattata la Interstate Aircraft Company, di Los Angeles, California, con la richiesta di produrre un velivolo simile al TDN-1, ma più semplice ed economico. La Interstate si mise al lavoro e sub-contrattò i componenti in legno a diverse ditte specializzate inclusa la produttrice di pianoforti Wurlitzer Musical Instrument Company, che aveva un enorme esperienza e know-how nella produzione di forme in legno relativamente complesse, mentre l’assemblaggio finale avveniva in una fabbrica di pianoforti a DeKalb, Illinois. La fusoliera era completamente lignea con una struttura centrale in tubi metallici, costruita dalla fabbrica di biciclette Schwinn e praticamente ogni altro componente era in legno, legno pressato o plastica. Come propulsori vennero scelti due Lycoming O-435-2 da 220 hp l’uno che conferivano al velivolo una velocità di crociera di 225 km/h e, sebbene il velivolo risultasse sottopotenziato, l’ala di generosa superficie lo rendeva molto difficile da stallare e permetteva una velocità di decollo e di avvicinamento di 60 nodi. Billy Joe Thomas, uno dei controllori che ebbe modo di “pilotarlo” ebbe a dire: “Si poteva fargli compiere manovre che avrebbero fatto stallare la maggior parte dei velivoli convenzionali, ma lui era quasi infallibile” Il velivolo venne denominato TDR-1 e, come il suo predecessore, aveva la predisposizione al pilotaggio “convenzionale” per i voli di trasferimento con gli strumenti essenziali al volo ragruppati in un piccolo pannello, mentre quelli per il motore erano stati montati esternamente, sul lato interno dei motori stessi, per ridurre i costi. Un TDR-1 conservato in un museo Lo Special Task Air Group One (STAG-1) Squadron VK-12, venne segretamente creato a Clinton, Oklahoma, e posto sotto il commando del Lt. Commander Robert F. Jones, già comandante di uno dei reparti di drones di Fahrney, ed ora vice di Oscar Smith, addestrandosi al “pilotaggio” di monoplani Vultee convertiti in drones, con Beechcrafts, ex-civili, come aerei-controllori. Presto i Vultee vennero sostituiti dai TDR ed i Beechcraft dai General Motors TBM-1c Avengers. Questi ultimi erano stati modificati con due set di comandi per il pilotaggio dei drones, uno nella parte anteriore del velivolo e l’altro in quella posteriore, dotato, quest’ultimo, anche di un apparato televisivo “Block” mentre le antenne di tutti tre gli apparati erano contenute in un radome retrattile nella parte inferiore della fusoliera. Uno dei TBM-1c usati come aereo-controllore per i TDR-1. Si noti il radome sotto la fusoliera Al decollo, il “pilota” anteriore pilotava il drone a vista, mantenendolo in una formazione aperta col velivolo-madre; giunti in prossimità dell’obiettivo, il controllo passava all’operatore posteriore che, oscurata la propria postazione con una tenda nera, controllava il drone mediante il proprio set di comandi, affidandosi alle immagini trasmesse dalla telecamera del drone stesso. Una “scatola” con una “rotella” del tipo usato dai telefoni del tempo, veniva usata per inviare segnali numerici che corrispondevano a comandi quali “sgancia il carrello”, “arma la bomba”, ecc; il limite del sistema era che, essendoci solo quattro canali disponibili, non potevano essere controllati più di quattro drones contemporaneamente senza rischio di inerferirsi a vicenda, inoltre, il “Block” basato su valvole, non era il massimo dell’affidabilità e, come se questo già non bastasse, occasionalmente i giroscopi si “rovesciavano” facendo compiere al drone violente manovre: tutto questo faceva sì che i controllori non potessero mai “rilassarsi”, dovendo mantenere una continua vigilanza per l’intera durata della missione. La scatola con la rotella di tipo telefonico Decollo di un TDR Controllore e drone in volo in formazione L’intero programma veniva visto con ostilità da diverse personalità, anche influenti, della Navy, in paricolare dal Rear Admiral John H. Towers, che apertamente osteggiava l’idea di inviare al fronte un sistema d’arma non completamente testato, ma la caparbietà di Fahrney e Smith fece sì che Towers non riuscisse a prevalere e, nel Gennaio 1944, Smith riuscì ad avere un colloquio con l’ Adm. Spruance, Comandante della 5th Fleet, che accettò di usare i drones in appoggio alla Campagna di assalto alle Isole Marshall. Sfortunatamente l’attuazione dell piano venne posticipata al punto che lo stesso venne cancellato ed allora Smith cercò di assicurare al reparto un imbarco su una delle portaerei di scorta: senza successo. Alla fine la sorte mutò e Smith ricevette l’ordine di recarsi dal Rear Admiral E.L. Gunther, Commander of Aircraft South Pacific, che gli offrì una posizione per lo STAG-1 nelle Russell Islands, vicino a Guadalcanal: il 18 Maggio 1944, gli Squadroni VK-11 e VK-12 si imbarcarono sulla portaerei di scorta USS Marcus Island alla volta del Pacifico del Sud, seguita in convoglio dal trasporto Frederick C. Ainsworth e dal cargo Morning Light nelle cui stive erano stati caricati dozzine di TDR nei propri contenitori. All’arrivo a Banika Island, lo STAG-1 scoprì che i SeaBees stavano ancora lavorando al campo che doveva ospitarli, nondimeno, a tre settimane dal loro arrivo, le operazioni poterono iniziare dal Sunlight Field ed il reparto iniziò voli di prova nell’attesa degli ordini di combattimento che sembravano non arrivare mai.. Per un mese, i TDR compirono attacchi simulati, voli di sorveglianza sulle isole adiacenti (diventando così i ponieri dei drones di sorveglianza), stendendo cortine fumogene simulando operazioni di appoggio ad operazioni anfibie ed il tutto, eccetto per piccoli incidenti capitati ai TBM, si svolse nella sicurezza più assoluta. Il 30 Giugno, con l’ Admiral Gunther, il Marine Major General Ralph Mitchell ed il Commodore Smith come ospiti d’onore, 4 TDR vennero usati per una dimostrazione delle capacità del sistema d’arma e Smith, comprendendo che questa era la migliore occasione per se’ ed i suoi uomini, fece giungere una troupe cinematografica per filmare, a colori, l’evento. Quattro TBMs decollarono da Sunlight Field, seguiti da due TDRs; ad un terzo TDR cedette il carrello anteriore durante la prova motore, distruggendo le eliche il legno, ed il personale lo tolse prontamente di mezzo. Presto un’altro TDR lo sostituì e venne fatto regolarmente decollare, seguito da un quarto. Due immagini tratte dal filmato a colori voluto da Smith. Nella prima un TDR viene preparato al decollo, nella seconda, un altro TDR (o forse lo stesso) ripreso dopo il cedimento del carrello anteriore Gli otto velivoli si misero in formazione sopra Banika Island diretti verso l’obbiettivo: un cargo Giapponese, lo Yamazuki Maru, incagliato presso Cape Esperance e lì abbandonato. Ad 11km dall’obiettivo, gli operatori posteriori, abassata la tenda, presero controllo dei drones che guidavano tramite le immagini trasmesse dalle telecamere poste sul muso dei TDRs. I drones si avvicinavano all’obiettivo ed il primo, “pilotato” da Billy Joe Thomas picchiò sulla Yamazuki Maru esplodendovi con un lampo accecante mentre la detonazione quasi sollevò il relitto dall’acqua, pochi secondi dopo, arrivò il secondo che, mancato l’obiettivo di una decina di metri, si infranse su una macchia di giungla e la sua bomba non esplose, il terzo si schiantò molto vicino alla nave ma la mancata esplosione anche di questa bomba fece sì che i danni arrecati fossero ridotti, il quarto però più che compensò le mancanze dei due precedenti, producendo un’enorme palla di fuoco mentre si schiantava contro lo scafo. Sebbene i risultati non fosero stati perfetti, Smith era giubilante e volle congratularsi personalmente con Thomas per il centro perfetto! La Yamazuki Maru sotto attacco Smith passò il comando a Jones onde recarsi a Pearl Harbor e mostrare il proprio film ai “grandi papaveri”; lì giunto però scoprì con rammarico che gli ordini per richiamare lo STAG-1 erano già ststi emessi:l’Adm. Toweres ed i suoi seguaci avevano vinto ed il progetto, già costato diversi milioni di dollari, stava per essere cancellato. Un sentimento simile prevaleva a Banika Island, dove il reparto aveva dovuto sopportare due duri mesi di giungla, ma la determinazione prevalse ancora una volta e, dopo aver perorato duramete alla radio e per posta, Jones ottenne finalmente 30 giorni di deroga per il ritiro del reparto. Il 19 Settembre, lo STAG-1 venne diviso in due Squadrons: il VK-12 si trasferì sullo Stirling Field, sulle Treasury Islands, al largo della costa meridionale di Bugainville, mentre il VK-11 si portò a Green Island, a nord di Bugainville: dal 27 Settembre al 26 Ottobre 1944, i due reparti intrapresero una serie, senza precedenti, di attacchi. Per l’apertura delle ostilità, Jones, scelse un bersaglio particolarmente lucrativo per il VK-12: un mercantile arenato che era stato trasformanto in postazione antiaerea e, che solo pochi giorni prima, aveva abbattuto un C-47 con la perdita di tutti i suoi occupanti. Per la missione erano decollati dal Stirling field quattro TBM e quattro TDR che fecero rotta su Bugainville; problemi tecnici, lungo la rotta, fecero cadere in mare uno dei TDR, ma gli altri tre si avventarono come furie sugli ignari Giapponesi. Billy Joe Thomas, ricorda distintamente l’eccitazione mentre guardava lo schermo verde, granuloso ed a volte disturbato da statiche, mentre il drone si avvicinava al bersaglio. Ad un certo punto lo schermo si riempì di punti neri portando Thomas a pensare, per un momento, che il monitor stesse funzionando male; presto però si rese conto che ciò che stava vedendo erano i grappoli di scoppi dell’antiaerea, cui passò, incurante, nel mezzo controllando il muso del drone che continuava a sobbalzare, al fine di mantenere il bersaglio al centro dell’immagine. “Corressi un po’ la deriva per compensare il vento e gli scoppi dell’antiaerea, continuando a lavorarci fino a che...boom!...Improvvisamente colpì la nave esplodendovi” All’ultimo secondo, la telecamera mostrò un immagine incredibile, un primo piano del ponte della nave...poi statiche! Il TDR aveva colpito il centro dell’unità e probabilmente ucciso all’istante tutti coloro che si trovavano a bordo. Come assicurazione, un secondo TDR colpì il quadrante di sinistra esplodendovi, ma il quarto si schiantò a lato del vascello e la sua bomba non esplose; nondimeno l’azione aveva ampiamente dimostrato l’efficacia del sistema d’arma. Fotografie delle immagini mostrate, durante gli attacchi dagli schermi televisivi
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    Bombe a guida radar L’impiego da parte della Luftwaffe delle Fritz X e delle HS-293 stimolò lo studio di armi similari, di quel tipo, denominate “bomb gliders” ed il primo risultato fu la LDB-1 (in seguito KSD-1) “Gargoyle” Questa, dotata di un booster a razzo, e di guida radio da parte di un operatore a mezzo di un joystick, era concettualmente molto simile all’ispiratrice Tedesca, tuttavia, sebbene ne fosse stata ordinata la non indifferente cifra di 395 esemplari, alla Mc Donnell, nel Settembre 1944, il suo sviluppo procedette a rilento e fra l’Ottobre 1944 ed il Luglio 1945, vennero effettuati solo 14 lanci di cui nessuno operativo cosicchè la fine del conflitto ne provocò la rapida cancellazione, anche se il programma procedette fino al 1947. Ad un certo punto del conflitto, il Bureau of Ordnance (BuOrd) dell’U.S. Navy cominciò a designare le armi guidate con il nuovo acronimo di SWOD (Special Weapons Ordnance Device) ed iniziò a lavorare allo sviluppo di una nuova serie di bombe guidate, plananti. L’U.S. Navy non era molto entusiasta del fatto che la guida radio costringeva il velivolo-guida ad una traiettoria piuttosto “rigida”, cosa che lo rendeva piuttosto vulnerabile alle difese avversarie ed, indubbiamente, l’impiego operativo delle armi Tedesche, non fece altro che confermarne i timori. Venne provata la guida televisiva, ma questa, in quel momento specifico, dimostrò di necessitare ancora di tempo prima di potere essere operativa e l’interesse si spostò pertanto sulla guida a mezzo radar. Venne pertanto realizzato il “Pelican” o SWOD Mk.7, che, concepito per la guerra contro i sottomarini, era una bomba planante, dotata di carica di profondità ed un sistema di guida radar semi-attivo. Il cessare della minaccia degli U-boot, decretò la fine di questo progetto, nondimeno la Navy non aveva alcuna intenziore di sprecare gli studi e le risorse investiti ed alcuni Pelicans vennero usati come bersagli, denominati “Vultures” mentre altri vennero dotati di un sistema di guida radar passivo e vennero denominati “Moths”, non c’è tuttavia evidenza alcuna del loro impiego operativo. Verso la metà del 1943 si decise pertanto di sviluppare ulteriormente l’arma dotandola di un sistema di guida attivo, sviluppato dalla Western Electric. La nuova arma, denominata SWOD Mk.9 “Bat”, iniziò i collaudi nell’estate del 1944 ed in quattro prove compiute contro navi-besaglio partendo dalla Naval Air Station New York, vennero affondate due unità. Nella sua forma finale, il Bat – in seguito designato ASM-2 ed ASM-N-2 – era una bomba da 2000 libbre, con ali dotate di elevoni, e di doppia deriva ed era giro-stabilizzata nella planata da un sistema realizzato dalla Bendix Aviation mentre le superfici mobili erano mosse da piccoli generatori azionati dal vento. Un ASM-2 Bat conservato in un museo L’arma era dotata di un radar proprio, che, per i tempi, era un gioiellino di mianiaturizzazione ed era il primo vero sistema “fire-and-forget” in quanto l’arma era in grado di dirigersi, in modo completamente autonomo ed automatico, sulla fonte che provocava il più forte ritorno radar. Dettagli dell’installazione radar del Bat Il primo successo operativo avvenne il 28 Aprile 1945, quando i PB4Y-2 Privateer, modificati per il trasporto e lancio di due ordigni ciascuno e denominati PB4Y-2B, del VPB-109, decollati da Palawan, nelle Filippine, affondarono due trasporti Giapponesi a Balikpapan, nel Borneo. Sfortunatamente, il sistema di guida che si dirigeva sull’eco più intenso fece sì che un ordigno colpisse la raffineria di Pandansari, che era un bersaglio proibito in quanto i suoi proprietari Olandesi, nella speranza di riprendere le attività al termine del conflitto, avevano esplicitamente richiesto che venisse risparmiato. In un’occasione, un sottomarino od un’unità da gurra di superficie Giapponese (dipende sempre dalle fonti consultate) venne affondata alla notevole (per il tempo) distanza di 37km! Un Bat viene preparato e poi appeso alla semiala destra di un Privateer Due immagini di Privateers con Bat-Bombs, al decollo ed in volo La versione antinave SWOD MK.9 Mod.0, venne seguita dalla versione SWOD MK.9 Mod.1, con un radar adattato agli attacchi contro bersagli terrestri e derive triangolari invece che circolari, ed anche questa trovò impiego contro bersagli Giapponesi in Birmania.
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    Bombe a guida radio La bomba Azon (AZimuth Only) era una bomba da 1000lb cui era stato applicato un governale ottagonale che permetteva aggiustamenti della sua traiettoria verticale in due piani; era girostabilizzata e le modifiche avvenivano mediante segnali radio (il sistema aveva 5 canali) al suo sistema di guida che era dotato di batterie con una vita di 3 minuti, sufficienti a guidarla per il tempo che impiegava a raggiungere terra dalla quota di sgancio, intorno ai 5000m e, onde permettere all’operatore di poterla seguire nella propria traiettoria, era dotata di un flare da 600000 candele sulla coda. La designazione ufficiale era VB-1 (Vertical Bomb) ed era stata progettata dal Maggiore Henry J. Rand e da Thomas J. O'Donnell come risposta alle difficoltà di colpire e distruggere i ponti di legno della Burma Railway costruita dai Giapponesi. Ne venne sviluppata anche una versione da 2000lb denominata VB-2. Il maggiore difetto della VB-1/VB-2 era il fatto che la sua traiettoria poteva essere modificata solo sul piano laterale, rendendo i ponti, con la loro lunghezza, una bersaglio preferenziale, se non una scelta forzata. La VB-1 vista da dietro. Si noti il flare in primo piano Dettaglio della parte posteriore e schema dei componenti Dettaglio delle antenne per il radio-controllo della Azon montate sul velivolo Venne omologata per il lancio da parte di B-24 opportunamente modificati e, per Novembre 1944, ne erano stati prodotti 15000 esemplari. Il 458th BG dell’ 8th AF le usò per attaccare i ponti sulla Senna in Francia, depositi di munizioni a Kropp ed il ponte ferroviario a Ravenstein, in Olanda; nella 15th AF, venne usata per attaccare i ponti sul Danubio e per distruggere, il 25 Marzo 1944, il viadotto di Avisio che collegava l’Italia all’Austria, tagliando così una delle vie di rifornimento alle truppe Tedesche, mentre la 10th AF la impiegò in Birmania distruggendo 27 dei ponti della Burma Railway, con il lancio di 493 ordigni. In quest’ultimo teatro per diminuire la vulnerabilità all’antiaerea Giapponese, furono modificati come velivoli-guida dei Lockheed P-38 Droop Snoot che, più agili dei B-24, permettevano a questi ultimi di iniziare manovre evasive subito dopo il lancio. Per ovviare ai problemi delle VB-1/VB-2, verrà sviluppata la VB-3 dotata ora di un completo sistema di guida; alcuni esemplari verranno inviati in Birmania, poco prima della fine del conflitto, ma non verranno usati in azione, dovendo attendere, per l’esordio operativo, il conflitto Coreano del 1950-1953 Siluri a guida acustica. Nel 1943 divenne palese che i Tedeschi si accingevano ad impiegare un siluro, che gli Alleati avevano denominato GNAT (German Naval Acoustic Torpedo), a guida terminale che si dirigeva sul rumore emesso dal bersaglio. L’Intelligence Alleato era già da tempo al corrente degli studi Tedeschi e, già dal 1940, il National Defense Research Committee (NDRC) sponsorizzò un progetto volto alla realizzazione di un’arma simile. La Western Electric venne messa a capo del progetto, il sistema di guida venne sviluppato dalla Bell Telephone Laboratories e dalla Harvard Underwater Sound Laboratory, mentre il siluro vero e proprio, denominato Mine Mk.24 (“Mine”, per sviare possibili spie nemiche) venne sviluppato alla Western Electric Co., Kearney, N.J. e dai General Electric (G.E.) Engineering and Consulting Laboratories, Schenectady, N.Y. . Dopo la positiva valutazione dei prototipi, la produzione iniziò nel 1942, presso la Western Electric Co., Kearney, N.J. e la G.E. Co., Erie Works, cui si aggiunse, in seguito, la G.E. Co., di Philadelphia, Pa, con la designazione di “Mine Mk.24” ed il nome in codice di “Fido”. L’ordinativo iniziale era di 10000 esemplari, ma la cifra venne presto ridotta in ragione dell’alta efficacia dimostrata dall’arma che rendeva necessario un numero minore di lanci rispetto al previsto. Il debutto operativo avvenne nel Settembre del 1943 (due mesi prima del Zaunkönig T-5 Tedesco) con l’affondamento del sommergibile Tedesco U-160, nell’Atlantico. Per inciso, secondo alcune fonti (es. http://www.hnsa.org/doc/jolie/part1.htm#page036 ) la prima vittima sarebbe stata l’U-657, in data il 14 Maggio 1943, ad est di Cape Farewell, Groenlandia, ad opera di un Catalina del VP-82 dell’US Navy. Nel conflitto, vennero lanciati, dalle forze Alleate, un totale di 340 Mk.24, di questi, 204 vennero lanciati contro bersagli sottomarini portando alla distruzione di 37 U-boats (18%) ed al danneggiamento di altri 18 (9%). L’US Navy, in particolare, eseguì 142 attacchi contro gli U-boats, distruggendone 31 (22%) e danneggiandone 15 (10%), questo grazie al migliore addestramento specifico del personale. Nell’impiego dai velivoli si evidenziò che, quando i bersagli sottomarini venivano impegnati con le cariche di profondità, il rateo di successo si dimostrava essere del 9.5%, mentre con il Mk.24 questo saliva al 22%! http://www.hnsa.org/doc/jolie/part1.htm#page036 Il “Fido” aveva un calibro di 480mm, una lunghezza di 2.13m, pesava 308kg di cui 41 erano costituiti dall’esplosivo della testata; il motore elettrico, a 48V, sviluppava 5hp ed era alimentato da batterie che gli fornivano 15 minuti di autonomia a12 nodi. Immagine e dettagli del siluro MK.24 All’incirca nello stesso periodo, venne iniziato lo sviluppo, sempre alla Western Electric, di un siluro da usarsi contro il naviglio di scorta. Adattato dal Mk.24, questo venne denominato Torpedo Mk 27 Mod 0, o "Cutie", ed iniziò ad essere impiegato fra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, nel Pacifico. Una novità che il Mk.27 aveva rispetto ai siluri che l’avevano preceduto, stava nel fatto che i motori elettrici venivano avviati quando l’arma si trovava ancora all’interno del tubo lanciasiluri, uscendo mediante autopropulsione, e diminuendo quindi la segnatura acustica del lanciatore. Vennero effettuati 106 lanci che portarono all’affondamento di 24 navi (22%) ed al danneggiamento di 9 (8%), un risultato notevole se si considera che lo Zaunkönig T-5, che venne impiegato tattiche molto simili (venne soprannominato dai sommergibilisti Tedeschi “Zerstörerknacker”, cioè “spacca cacciatorpediniere”) , venne lanciato in 640 esemplari ottenendo la distruzione di 45 di essi, cioè un molto più modesto 3%! http://en.wikipedia.org/wiki/G7es_torpedo Due immagini del siluro MK.27 Lo sviluppo succesivo fu il Mk.28, costruito dalla Westinghouse Electric Corp., di Sharon, Pa. ,che rispetto al predecessore, era ora un siluro di dimensioni normali (6.40m di lunghezza e 530mm di calibro), girostabilizzato su di una rotta pre-selezionata per i primi 900m e con una portata di 3600m, anche la carica esplosiva venne notevolmente aumentata arrivando a circa 270kg. Ne furono lanciati 14 esemplari durante il conflitto con un rateo di successo del 28% (4 andati a segno) molto inferiore alle aspettative, ma dovuto alla inadeguata preparazione specifica del personale che tendeva a considerare la guida acustica come la panacea a tutti gli errori di lancio. Nondimeno il Mk.28 dimostrò come fosse possibile includere il sistema di guida acustica anche ai siluri di dimensioni normali.
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