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Libia - Discussione Ufficiale


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  • 4 settimane dopo...

LIBIA-NIGERIA PASSANDO DAL MALI: BENVENUTI NEL GHEDDAFISTAN

 

“Va a finire che rimpiangeremo di avere catturato Seif al Islam, il figlio di Gheddafi: fosse libero nel suo ‘Gheddafistan’, almeno avremmo di fronte una leadership politica; così invece è un caos, una esplosione di focolai di guerra e di terroristi incontrollabile, ingestibile”. Questa profezia volutamente paradossale è di un alto ufficiale Nato di nazionalità francese reduce da una riunione in cui a Bruxelles si è tentato – invano – di fare il punto sulla esplosione del Sahel provocata dalla caduta di Gheddafi. Questa valutazione è condivisa da un leader politico del Mali, Bajan Ag Hamatou: “Gli occidentali non volevano Gheddafi e hanno creato problemi per tutti noi. Lo hanno cacciato in quel modo barbaro e hanno fatto nascere altri dieci Gheddafi. L’intera regione del Sahel sahariano è diventata invivibile”. Una miriade di bande – composte da ex militari di etnia tuareg al soldo di Gheddafi, con eccellente preparazione professionale e un consistente bottino di guerra di armi leggere e pesanti – comandate da piccoli e grandi “signori della guerra ha già disintegrato il fragile Mali, in un disordinato muoversi, allearsi e combattersi che contagia tutto il Sahel. Una spirale di micro eserciti in movimento ingovernata e ingovernabile: è una situazione speculare al quadro politico interno della Libia. L’unica sostanziale differenza è il solido impianto a Tripoli, sotto l’ombrello della Nato, di un governo centrale (tutti ex fedelissimi di Gheddafi) che gode sostanzialmente del “potere di firma” sui contratti petroliferi ed energetici. Da Abdel Jalil in giù sono infatti loro, e soltanto loro, gli interlocutori riconosciuti sul piano internazionale. Ma sotto questo vertice politico che governa il paese in apparenza si muove in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan un’altra spirale di nuovi “signori della guerra”, speculare a quella dei “gheddafiani” che scorrazzano per il Sahel. Questi signori della guerra hanno distrutto il secolare equilibrio dei capi tribù e capi clan libici, che oggi ben poco possono nei confronti dei loro stessi uomini in armi. Questa situazione dà spazio alle tensioni centrifughe: oltre alla Cirenaica, anche il Fezzan (ricchissimo di petrolio), secondo quanto riportato dai giornali algerini, preme per la sua indipendenza da Tripoli.
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  • 2 settimane dopo...
  • 3 settimane dopo...

British pilots flew armed US drones in Libya, MoD reveals

 

RAF pilots flew armed US drones as part of Nato's military effort in last year's Libyan conflict, the Ministry of Defence has revealed.

 

The disclosure, slipped out in a parliamentary answer, comes 10 months after the end of a campaign in which the UK government had insisted no British drones, or Unmanned Aerial Vehicles (UAVs), were involved.

 

Though that remains true, the MoD has admitted RAF personnel on an exchange programme in the US flew American Predator drones, which were a key component of the air campaign.

 

The US announced last April it was deploying two patrols of armed UAVs above Libya and they launched numerous missile strikes against buildings, tanks and other military equipment being used by forces loyal to Colonel Gaddafi.

 

Between April and October the Predators conducted 145 air strikes in Libya, the Pentagon said. It is not known how many missions were flown by the British, or how many targets were destroyed by them.

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  • 1 mese dopo...

Libia, attacco al consolato: a Bengasi uccisi ambasciatore Usa e tre funzionari

 

L'ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Chris Stevens, è stato ucciso a Bengasi. La dinamica dei fatti è ancora confusa. Secondo l'agenzia Reuters, che cita una fonte libica, l'ambasciatore e tre cittadini americani stavano viaggiando in auto per trovare un luogo più sicuro dopo l'assalto notturno al consolato quando il loro mezzo è stato centrato da un razzo. In precedenza un altro funzionario del consolato a Bengasi era rimasto ucciso, ed è morto per asfissia, nell'attacco alla rappresentanza diplomatica

 

 

U.S. ambassador to Libya killed in Benghazi attack

 

The U.S. ambassador to Libya and three other embassy staff were killed in a rocket attack on their car, a Libyan official said, as they were rushed from a consular building stormed by militants denouncing a U.S.-made film insulting the Prophet Mohammad.

 

U.S. Ambassador to Libya Is Killed

 

The circumstances surrounding the death of Ambassador Stevens and Mr. Smith weren't immediately clear. Two Libyan security officials in the capital Tripoli gave conflicting reports of the events that occurred several hundred miles away. One said that the ambassador's convoy had been hit by a rocket-propelled grenade. Another said that the diplomats died of smoke inhalation.
Modificato da Andrea75
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America Under Attack: Pictures Of Assault On US Consulate In Libya

 

U.S. officials: DoD moving 2 warships to Libya

 

The Pentagon ordered two warships to the Libyan coast in the aftermath of the attack in Benghazi that killed the U.S. ambassador and three others, U.S. officials said Wednesday.One destroyer, the Laboon, moved to a position off the coast Wednesday, and the McFaul is en route and should be stationed off the coast within days. The officials said the ships, which carry Tomahawk cruise missiles, do not have a specific mission. But they give commanders flexibility to respond to any mission ordered by the president.

Pentagon spokesman George Little said: “Without commenting on specific ship movements, the United States military regularly takes precautionary steps when potential contingencies might arise in a given situation. That’s not only logical in certain circumstances, it’s the prudent thing to do.”

There have been four destroyers in the Mediterranean for some time. These moves will increase that to five.

The officials spoke on condition of anonymity because they were not authorized to publicly discuss troop movements.

 

Libia, ambasciatore ucciso: Washington manda due navi da guerra

 

Un attacco pianificato in anticipo da Al Qaeda. Questo quanto emergerebbe dalle prime indagini sull'attacco al consolato Usa di Bengasi nel corso del quale è stato ucciso l'ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, Chris Stevens. È quanto riferisce la Cnn, citando fonti americane. L'attacco alla sede Usa era «stato pianificato da al Qaeda» e il film su Maometto «è stata una diversi» scrive la Cnn.

 

NAVI DA GUERRA VERSO LA LIBIA - Il Pentagono intanto sta muovendo due navi da guerra verso le coste libiche, secondo quanto affermato da ufficiali americani all'agenzia Ap. Un cacciatorpediniere, l'Uss Laboon, si è spostato davanti alla costa, mentre l'Uss McFaul dovrebbe arrivarci in pochi giorni. Alle navi - che trasportano missili Tomahawk e con equipaggio di 300 persone - non è stata assegnata una missione specifica: sono state predisposte per dare ai comandanti la flessibilità necessaria per rispondere agli ordini del presidente. Ad ogni, secondo fonti del Pentagono, la missione viene qualificata a scopo «preventivo»

 

OBAMA: «ATTENTO EGITTO» -Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto che il governo egiziano non è né alleato né amico degli Stati Uniti ed ha messo in guardia contro un «vero grande problema» nel caso in cui il Cairo non sarà in grado di proteggere l'ambasciata americana nella capitale egiziana. Obama ha dichiarato a un'emittente Usa: «Non penso che li consideriamo alleati, ma neppure nemici. Si tratta di un nuovo governo che sta cercando di trovare la sua strada. È stato eletto democraticamente».

 

LA RICOSTRUZIONE - Secondo la prima ricostruzione l'ambasciatore e tre cittadini americani stavano viaggiando in auto per trovare un luogo più sicuro dopo l'assalto notturno al consolato quando il loro mezzo è stato centrato da un razzo. Mentre per altri fonti il diplomatico sarebbe morto per asfissia nel consolato. Oltre a Stevens, 52 anni, sono morte altre tre persone, tra i quali due uomini della sicurezza (due marines), che accompagnavano Stevens da Tripoli. Un quarto morto è un impiegato del consolato. Quattordici i feriti. I quattro cadaveri sono stati trasferiti all'aeroporto di Bengasi, per poi essere spediti in una base in Germania. Il presidente del Congresso generale Nazionale Mohamed al-Megaryef in una conferenza stampa: «Presentiamo le nostre scuse agli Usa, al popolo americano e al mondo intero».

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Segnalo questo articolo in cui un amico di Sean Smith, l'ufficiale del Dipartimento di Stato USA, morto anche lui nell'attentato, descrive che durante una partita ad un gioco online egli gli abbia scritto:"Spero di non morire stanotte, ho appena notato una guardia di polizia fare foto".

Se l'aspettava. Rip.

 

Chiedo scusa, capisco che è un'argomento discutibile, ma continuo a trovare link alla sua passione per Eve, in cui svolgeva proprio il ruolo di un diplomatico e a quanto pare era molto apprezzato per la rete di contatti che era riuscit oa creare in questo mondo virtuale.

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Fonte: theage.com

Modificato da -{-Legolas-}-
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Drones may already be flying over Libya hunting insurgents who attacked the U.S. consulate in Benghazi

 

CNN’s Pentagon correspondent Barbara Starr reported that the proposal for use of drones could be approved shortly by the DoD and the White House, however, ISR (intelligence surveillance reconnaissance) have continued to take place over Northern Africa, where U.S. spyplanes, most probably looking for terrorists camps and smuggled weapons travelling towards Egypt, have been reported (and spotted) months after Operation Unified Protector had ended.

 

Since the first drones to operate in the Libyan airspace during 2011′s Air War were the U.S. RQ-4Bs belonging to the 9th Operations Group/Detachment 4th of the US Air Force, based at Naval Air Station Sigonella, in Sicily, the main operating base of the NATO Air Ground Surveillance Global Hawk program, it is quite likely that, if not already flying high-altitude surveillance flights over eastern Libya, these will be the first UAS (Unmanned Aerial Systems) to seek and hunt insurgents.

 

U.S. amphibious assault ship to be moved into position to support Noncombatant Evacuation Operation in Libya?

 

U.S. Policy in Mideast Challenged by Assaults

Modificato da Andrea75
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Purtroppo per l'ambasciatore il consolato di Bengasi, un'abitazione molto curata ed indubbiamente fornita di molti comfort, non era "fortificato" come l'edificio dell'ambasciata a Tripoli e fra le finestre e la strada non vi è un grande spazio. E' possibile che ,oltre al membro delle forze di polizia che scattava fotografie in maniera sospetta, nella zona ci fossero osservatori vicini ad Al qaeda che, in qualche modo, hanno notato i veicoli americani che arrivavano in città (cosa non difficile, visto che sono SUV di marca americana in un Paese dove non circolano quasi auto private americane) e che il consolato era abitato; è del pari possibile che qualche membro locale abbia approfittato della manifestazione di protesta inscenata da molti musulmani del louogo contro i film blasfemi (!) per far confondere fra la folla gente armata ed avvicinarsi all'edificio senza essere scrorti.

Se non ricordo male è la prima volta dal 2001 che una personalità importante degli Stati Uniti subisce un attentato per di più in una zona, la Cirenaica che era contro Gheddafi, che in molti credevano non ostile

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Il discorso (credo) sia abbastanza complesso. Tento un post. Farò alcuni riferimenti "sensibili" verso politica e religione cercando di mantenere un equilibrio tra cronaca dei fatti, riseptto delle regole del forum e rispetto verso gli altri. Nel caso vi siano alcuni spunti ritenuti inappropiati (secondo il comune sentire) i moderatori hanno ampia facoltà di intervento.

 

Azzardando una prima e sommaria analisi di quello che è accaduto noto che si sovrappongono molteplici situazioni e istanze:

- islamismo radicale

- la tensione verso la democrazia - o anche il rigetto dei vecchi regimi - che ha realizzato la primavera araba

- paesi nuovi e "non ancora avvezzi" ad una maggiore libertà di movimento, di espressione, di azione

- possibili infiltrazioni di stati o entità stranieri che hanno utilizzato l'occasione ed il suolo libico per scopi propri

- politica interna americana (elezioni)

- e tante altre possibilità che sicuramente ho dimenticato (il mio elenco non ha la pretesa di essere esaustivo e non intende offendere nessuno)

 

A supporto cito Dall’11 settembre alla Libia

 

Il primo elemento da contestualizzare è l’islamismo radicale. La furia islamista esiste a prescindere da chi siede alla Casa Bianca, nel bene e nel male. Anni fa furono le sedi diplomatiche danesi ad essere attaccate per la questione delle vignette. Oggi tocca alle sedi americane. Undici anni fa furono le torri gemelle. L’islamismo, però, rimane una minaccia. In tutte quelle aree geografiche caratterizzate da stati deboli, legami tribali alla base dei rapporti politici e, in generale, elevato analfabetismo, è difficile che la situazione possa cambiare. Non saranno guerre “liberatrici” ad estirpare l’islamismo come non basteranno discorsi pacificatori al Cairo. Le identità etniche e religiose sono radicate e, soprattutto, non ragionano, non dialogano, né si possono pacificare o democratizzare nel giro di mesi e neppure di anni. D’altronde, se le guerre religiose, in Europa, sono durate all’incirca un secolo, dall’inizio del ’500 fino alla fine della Guerra dei Trent’anni, non si capisce per quale ragione la minaccia dell’islamismo radicale dovrebbe durare meno.

...

Il problema è che il solo abbattimento di regimi dispotici non implica la costruzione immediata di solide istituzioni politiche né, tanto meno, l’emancipazione dei popoli prima soppressi.

Piuttosto è vero il contrario. La libertà, senza ordine, è anarchia. La democratizzazione, senza istituzioni politiche solide e senza un livello minimo di alfabetizzazione, significa aprire la strada alle passioni umane più primordiali: appunto, il fondamentalismo etnico o religioso. Abbattere dei regimi dispotici sperando che fiorisca una democrazia in stile Westminister non è solo sbagliato, è suicida. La Libia doveva essere l’esempio perfetto: evidentemente non lo era. Non resta che preoccuparsi da cosa potrebbe avvenire in altri Paesi per via di una rapida democratizzazione.

Certo – e qui arriviamo al terzo punto – i Paesi occidentali possono accompagnare le transizioni democratiche. Il problema è che manca la voglia. Possiamo usare belle parole, piene di retorica, ma “accompagnare” la democratizzazione significa mandare truppe di fanteria a mantenere l’ordine dove questo manca. I casi iracheno e afghano mostrano che questa opzione non solo è difficile ma ha anche ben poco appeal tra i vari popoli dell’Occidente.

La guerra in Libia si è basata su una grande illusione – o ipocrisia: l’idea che i libici avessero diritto di scegliere autonomamente il loro corso. Certo: hanno questo diritto. Ieri hanno scelto per esempio di ammazzare l’ambasciatore americano. Ad un certo punto, è necessario tirare una linea tra il loro diritto e la loro libertà e i nostri interessi e la nostra sicurezza. Non sarà possibile mettere d’accordo tutti.

Un’ultima considerazione, infine, sul modo con cui guardiamo al mondo e valutiamo le nostre azioni e opzioni. Quando lo scorso anno il regime di Gheddafi è caduto, Anne-Marie Slaughter, docente a Princeton e membro di primo livello nella politica estera di Obama, scrisse un articolo su Financial Times criticando gli scettici verso la guerra in Libia. A suo modo di vedere, chi dal primo momento aveva sostenuto l’abbattimento di Gheddafi vedeva le sue ragioni vendicate. Gli scettici – a suo dire – finivano di nuovo dal lato sbagliato della storia.

Questi ultimi sviluppi, e in particolare la morte dell’ambasciatore americano in Libia, ci ricordano che il corso della politica internazionale è lungo e disordinato. Pertanto, misurare gli effetti delle proprie azioni nel breve periodo è semplicemente miope, così come è pensare che tutto ciò che accade sia il prodotto della propria forza e volontà.

Anne-Marie Slaughter scriveva lo scorso ottobre e decretava il successo dell’operazione in Libia. A gennaio veniva fuori che una quantità spropositata di armi era andata perduta, in seguito alla guerra e al collasso del regime, a favore di islamisti, terroristi, ribelli e mercenari. A febbraio c’è stato un colpo di stato in Mali, favorito dagli sviluppi libici. Neppure un anno dopo, la Libia diventa un Paese inospitale agli Stati Uniti. Pochi giorni fa è emerso che alcuni membri del governo sono stati torturati in passato dalla CIA per via dei loro legami ad al-Qaeda. Ieri bande legate ad al-Qaeda hanno ucciso l’ambasciatore USA.

L’11 settembre 2001 ci ha ricordato che, nell’era della globalizzazione, non esisteva una sintesi perfetta e duratura tra giustizia e ordine, democrazia e stabilità. L’11 settembre 2012 ci ha ricordato che questa sintesi non ci può essere. Con Obama o con Bush, con invasioni dell’Iraq o liberazioni dela Libia, l’islamismo esiste e resiste, a prescindere.

 

Questo attentato è già entrato nella campagna elettorale USA per le presidenziali: U.S. Policy in Mideast Challenged by Assaults

 

"The United States needs to send a clear signal to other countries that this barbaric behavior will not be tolerated," Rep. Michael McCaul (R., Tex.) said of Tuesday's attacks, calling for the freezing of aid for Egypt and Libya. "To attack our homeland and kill our citizens is outrageous, deplorable and it must have severe consequences."

The Obama administration is in the final stages of organizing a $1 billion package to ease the rising debt burden of Mr. Morsi's government. The U.S. also gives Egypt $1.3 billion a year in military aid.

While the Obama administration was critical of Egypt's response to the unrest, senior officials said Washington should continue providing assistance to the emerging governments in the Middle East, particularly Libya, because it was in Washington's long-term interest.

"We are as committed today as we have ever been to a free and stable Libya," said a senior U.S. official. "We are going to continue to help them get the future that they deserve."

President Hamid Karzai of Afghanistan, another big recipient of U.S. aid, issued a statement that condemned the video but didn't condemn the killings in Libya or call for restraint. Mr. Obama then called Mr. Karzai, the White House said.

 

Ora il Commander in Chief si trova in una situazione scomoda perchè:

 

- ha impostato una politica di apertura nei confronti del modo mussulmuano, in contrasto con la politica del suo predecessore Bush jr. (discorso di Obama all'università di Al-Azhar, ha appoggiato le rivolte della primavera araba)

- i suoi avversari politici proveranno a dimostrare che questa politica non ha funzionato

- gli USA devono dare una risposta (al momento in cui scrivo è stato deciso l'invio di 2 navi da guerra con missili e marines), che dovrà essere adeguata: una risposta troppo morbida sarà attaccata sul fronte interno come sintomo di debolezza, ed al contrario una troppo muscolare verrà criticata dal fronte internazionale che ha già pronto il repertorio (imperialismo, guerrafondai, ecc.). Con sincerità dico: non vorrei essere nei panni Obama!

 

Abusando della pazienza di chi legge aggiungo una ulteriore personale considerazione sul video che "avrebbe" scatenato questa reazione. Apro con una premessa: sono contrario alle offese gratuite, sia che riguardino le persone, sia che riguardino le religioni. Credo nella libertà: di religione, di espressione. Credo nel rispetto, auspicando - magari - la reciprocità.

Ciò premesso mi permetto di notare che alcuni (non tutti, ma alcuni) mussulmani sono forse un pò troppo suscettibili e un pò troppo incluni alla violenza.

Mi fermo.

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Mia personale considerazione, Obama non c'entra nulla (se non per essere il presidente pro-tempore) e in Medio Oriente si sono rotti i maroni degli USA che da 50 anni bastonano a destra e manca e appoggiano alcuni fra i regimi peggiori della zona, fra cui i principati della Penisola Arabica.

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U.S. amassing Special Operations planes, gunships in the Mediterranean area

 

Along with a Fleet Antiterrorism Security Team (FAST), a couple of destroyers equipped with Tomahawk cruise missiles, and, most probably the USS Iwo Jima and its MEU (Marine Expeditionary Unit), Washington may have decided to move into position several Special Operations planes.

...

a dozen Special Operation Hercules (MC-130Hs, HC-130Ns, HC-130Ps and AC-130Us) are currently in the process of crossing the Atlantic Ocean eastbound.

A pre-planned deployment? Hard to say. For sure it seems more than a coincidence that such variety of Special Ops planes is on the move hours after the deadly attack on the U.S. Consulate in Benghazi and protests have erupted in Israel, Gaza, Libya, Egypt, Yemen, Sudan, Tunisia, Morocco, Iraq, Iran and among Muslims in the Indian-controlled region of Kashmir.

Although their final destination is unknown, they will probably be deployed to Sigonella, in Sicily, or Camp Lemonnier, Djibouti, or wherever such special operations planes may be useful to support infiltration, exfiltration of ground forces, resupply, escort and anything needed to protect U.S. diplomatic missions in Africa and the Middle East, where protesters have been gathering in a wave of anger and outrage sparked by an American film.

The presence of AC-130U Spooky gunships could be a sign that the Pentagon wants consistent firepower to perform force protection missions should the need arise.

This plane’s primary missions are close air support, air interdiction and armed reconnaissance. The U model is an upgraded version of the H and is equipped with side firing, trainable 25 mm, 40 mm, and 105 mm guns.

 

Heads up-several SF AC/MC-130 eastbound across the Atlantic

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From Gadhafi to Benghazi

 

The events of last week represent unintended and indirect consequences of the removal of Gadhafi. Gadhafi was ruthless in suppressing radical Islamism, as he was in other matters. In the absence of his suppression, the radical Islamist faction appears to have carefully planned the assault on the U.S. Consulate in Benghazi. The attack was timed for when the U.S. ambassador would be present. The mob was armed with a variety of weapons. The public justification was a little-known video on YouTube that sparked anti-American unrest throughout the Arab world.

...

The problem of Libya was not that it did not understand Western values, but that a significant part of its population rejected those values on moral grounds and a segment of the population with battle-hardened fighters regarded them as inferior to its own Islamic values. Somewhere between hatred of tyranny and national self-determination, NATO's commitment to liberty as it understood it became lost.

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  • 2 settimane dopo...

In revision, U.S. intelligence believes Libya attack a terror assault

 

The U.S. intelligence community has revised its assessment of the deadly attack on the American consulate in Libya, saying it now believes it was a deliberate terrorist assault.

 

In an unusual statement on Friday, the Office of the Director of National Intelligence sought to explain how it has revised its view of the September 11 attack on the diplomatic post that killed Ambassador Christopher Stevens and three others.

 

The assessment moves away from the initial belief the Benghazi attack began spontaneously following a protest over an anti-Muslim film. The intelligence community now believes it was "a deliberate and organized terrorist assault carried out by extremists" affiliated or sympathetic with al Qaeda.

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Ci sarebbero delle voci che affermano che dietro l'uccisione di Gheddafi ci siano i servizi segreti francesi.

 

Sembra che Gheddafi avesse minacciato Sarkozy di rivelare l'appoggio finanziario dato per le elezioni francesi a causa della posizione francese sull'intervento in Libia.

 

Gheddafi, dal suo rifugio, avrebbe tentato di mettersi in contatto con un cellulare satellitare con dei suoi fedelissimi scappati in Siria.

 

Il presidente siriano Bashar Assad avrebbe passato ai servizi segreti francesi il numero del satellitare del dittatore libico in cambio di un allentamento della pressione internazionale sulle vicende siriane.

 

Corriere della Sera

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Bengasi, la Cia ha un colpevole

 

Al termine di oltre due settimane di esitazioni è stata la Direzione nazionale dell’Intelligence a definire l’assalto a Bengasi, in cui vennero uccisi l’ambasciatore Chris Steven e altri tre americani, «un deliberato e organizzato attacco terrorista realizzato da estremisti».

Sebbene l’Fbi non abbia ancora messo piede a Bengasi e la Cia l’abbia evacuata, le informazioni raccolte dall’Intelligence Usa portano a identificare il mandante in Muhammad Jamal Abu Ahmad. Si tratta di un egiziano nato circa 45 anni fa nel quartiere di Shobra, popolato anche da cristiani copti, e divenuto uno dei più aggressivi leader della Jihad islamica guidata da Ayman al-Zawahiri - odierno capo di Al Qaeda - che negli Anni Ottanta lo mandò a combattere l’Armata Rossa in Afghanistan, dove divenne esperto di esplosivi. Tornato in Egitto, rifiutò nel 1997 di sottoscrivere la tregua della Jihad con il presidente Hosni Mubarak e venne imprigionato nel 2000 trasformandosi in un detenuto ribelle che insultava le guardie e violava i regolamenti. Testimonianza raccolte dalla «New America Foundation» e pubblicate dal Wall Street Journal parlano di lunghi periodi di isolamento in celle a cielo aperto, dove la polizia egiziana tentava di piegarne la resistenza esponendolo alle intemperie come alla presenza di cani e insetti aggressivi.

Muhammad Jamal Abu Ahmad è stato liberato nel febbraio 2011, a seguito del rovesciamento di Mubarak, e da quel momento si è dedicato alla creazione di cellule estremiste definite dai servizi di intelligence occidentali come il Network di Jamal. Ad aiutarlo sarebbe stato Mohammed al-Zawahiri, fratello minore di Ayman e protagonista del recente assalto all’ambasciata Usa al Cairo, e Murjan Salim, anch’egli jihadista reduce dall’Afghanistan, a cui avrebbe affidato i campi di addestramento in Libia dove adoperati per preparare l’assalto al consolato di Bengasi

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US weighing drone strikes in North Africa

 

The White House may extend its campaign of drone strikes against Al-Qaeda to target the desert bases of the group’s north African arm, the Washington Post reported Tuesday.

A spokesman for President Barack Obama’s National Security Council would not confirm details of the debate, which The Post said involved officials from the Central Intelligence Agency, the State Department and the Pentagon.

But NSC spokesman Tommy Vietor told AFP: “The president has been clear about his goal to destroy Al-Qaeda’s network and we work toward that goal every day.

“It shouldn’t come as a surprise that the White House holds meetings on a variety of subjects, including a number of counterterrorism issues,” he added.

 

Terrorism Tradecraft

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FBI Team Reaches Libya Attack Site

 

U.S. investigators visit Libya compound where ambassador was killed

 

A team of U.S. investigators travelled for the first time to the eastern Libyan city of Benghazi on Thursday to analyze the crime scene where the U.S. ambassador was killed in an attack last month, Libyan and U.S. sources said.

 

FBI visits site of attack in Libya

 

e, riguardo ad Al Qaeda, Al Qaeda threat in Northern Africa spreading

 

Al Qaeda is determined to make the fragile African nation of Mali and safe haven and the terrorist threat from the network's affiliate in that country, al Qaeda in the Islamic Maghreb, "is spreading while we speak," a senior European official said Wednesday.

 

"We know the hard way that if al Qaeda fighters have a free zone they'll try to attack us all over the place," the official said. "We consider AQIM the growing, and maybe the leading, threat against us."

The official's concerns echoed worries of American national security officials. The al Qaeda affiliate has gotten increased scrutiny after the recent deadly attack on the U.S. Consulate in Benghazi, Libya. U.S. officials have said there are signs extremists responsible for the attack were affiliated with or inspired by AQIM.

The official, who spoke to reporters in Washington, compared Mali to Afghanistan under the Taliban, describing Mali as a "failed state." The official spoke on background because of the diplomatic sensitivity of the issue.

The country is being referred to as "Sahelistan," a reference to the Arabic word used to refer to the broad swathe of land in the north of African stretching between the Atlanta Ocean and the Red Sea.

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Attack on U.S. mission in Libya presents legal, policy dilemma for Obama administration

 

The Obama administration is confronting a legal and policy dilemma that could reshape how it pursues terrorism suspects around the world as investigators try to determine who was responsible for the Sept. 11 attack on the U.S. mission in Benghazi.

Should it rely on the FBI, treating the assaults on the two U.S. compounds like a regular crime for prosecution in U.S. courts? Can it depend on the dysfunctional Libyan government to take action? Or should it embrace a military option by ordering a drone strike — or sending more prisoners to Guantanamo Bay?

President Obama has vowed to “bring to justice” the killers of Ambassador J. Christopher Stevens and three other Americans. But nearly one month later, the White House has not spelled out how it plans to do so, even if it is able to identify and capture any suspects.

Each of the options is fraught with practical obstacles and political baggage. An unproductive, slow-moving investigation is complicating matters, with the FBI taking three weeks to reach the unsecured crime scene. Meanwhile, the administration has given contradictory assessments, initially suggesting the attack was committed in the heat of the moment by a mob and more recently saying it was planned by terrorists affiliated with al-Qaeda.

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Before attack on U.S. mission in Libya, State Dept. concluded risk of violence was high

 

Less than two months before the fatal attack on the U.S. diplomatic mission in Benghazi, Libya, the State Department concluded that the risk of violence to diplomats and other Americans in Libya was high and that the weak U.S.-backed government in Tripoli could do little about it.

 

“The risk of U.S. Mission personnel, private U.S. citizens and businesspersons encountering an isolating event as a result of militia or political violence is HIGH,” a State Department security assessment from July 22 concludes.

...

“The [Libyan government] was overwhelmed and could not guarantee our protection,” former regional security officer Eric A. Nordstrom wrote Oct. 1. “Sadly, that point was reaffirmed Sept. 11 2012 in Benghazi.”

“There was a clear disconnect between what security officials on the ground felt they needed and what officials in Washington would approve,” the committee chairman, Rep. Darrell Issa (R-Calif.), said Tuesday. “Reports that senior State Department officials told security personnel in Libya to not even make certain security requests are especially troubling.”

 

 

U.S. official sought more security for Benghazi post

 

The State Department's top security official in Libya asked for extra security for the consulate in Benghazi in the months before the diplomatic post was overrun in a deadly attack but received no response from superiors, according to documents obtained by CNN.

The disclosure comes ahead of a congressional hearing on Wednesday on the armed assault that killed Ambassador Christopher Stevens and three other Americans on September 11. U.S. intelligence believes the incident was a terrorist act.

Modificato da Andrea75
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Militant Link to Libya Attack

 

U.S. Tracks Egyptian Operative Freed From Prison in Wake of Arab Spring.

The revolutions that swept the Middle East and North Africa also emptied prisons of militants, a problem now emerging as a potential new terrorist threat.

Fighters linked to one freed militant, Muhammad Jamal Abu Ahmad, took part in the Sept. 11 attack on U.S. diplomatic outposts in Libya that killed four Americans, U.S. officials believe based on initial reports. Intelligence reports suggest that some of the attackers trained at camps he established in the Libyan Desert, a former U.S. official said.

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