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Iraq, l’alternativa alla guerra anti-partigiana è


Dominus

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Leviathan, io non ho mai votato sinistra, ma se devo essere sincero ho sempre avuto delle riserve sull'intervento in Iraq, sia americano (più nei metodi che nel intervento in se stesso), sia sulla successiva partecipazione italiana.

 

Mi son reso conto fin da subito che le scelte del governo, che anche io avevo votato, erano orientate a favore dell'asse Washington - Londra.

 

Cosa che condivido, ma non del tutto, visto che sono un europeista convinto e credo che l'Italia debba seguire una linea più continentale.

 

Tra tutte le persone di sinistra che ho conosciuto... nessuna di queste si è mai detta favorevole alla missione in Iraq, sia per le ideologie storiche pacifiste, sia per un antiamericanismo assai diffuso nel centrosinistra (non dovunque).

 

Leggendo questo forum ho notato che alcuni utenti hanno una posizione di centrosinistra, ma allo stesso tempo sono favorevoli all'intervento in Irak, in maniera molto più consistente di quanto credessi.

 

Il mio non era un attacco a queste persone, ma una semplice curiosità.

 

Cioè come sia possibile sostenere la sinistra (considerando le sue frange estreme sempre pronte a mettere il veto) e contemporaneamente l'intervento in Iraq, tutto qui.

Modificato da Bisness
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  • 4 settimane dopo...
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Partecipanti più attivi

Ehm,forse sono un po' OT,ma non volevo aprire un altro topic.. centra sempre e comunque l'Iraq e il terrorismo.

Preso da Pagine di Difesa, http://www.paginedidifesa.it/2006/durante_060614.html

 

Elementi per una distinzione tra guerriglia e terrorismo

 

In genere l’opinione pubblica non ha un’idea ben precisa di quella che è la triste realtà del terrorismo e sovente, soprattutto per quanto riguarda il contesto iracheno, tende a confondere tale pratica con le attività di guerriglia o di resistenza a un invasore straniero. Il concetto di guerriglia, infatti, è spesso utilizzato per definire fenomeni molto diversi tra loro e in alcuni casi corrispondenti a quello che correttamente deve essere definito terrorismo. Considerando lo scenario geopolitico mondiale attuale è molto importante stabilire una distinzione tra il concetto di guerriglia e quello relativo al terrorismo, onde evitare di fornire giustificazioni demagogiche a chi pone in essere atti di violenza politica e religiosa con l’esclusivo scopo di sovvertire un ordinamento democratico. Prendendo spunto dal manuale sulla “Guerra di guerriglia” scritto nel 1960 da Ernesto Guevara, emblema della rivoluzione cubana, si vogliono di seguito indicare alcuni elementi base per individuare la natura e i presupposti di un atto di guerriglia e distinguerlo da un’azione terroristica.

Un atto di guerriglia può essere definito tale se contraddistinto dallo specifico contesto nel quale si realizza, da un particolare metodo operativo, dalla base di massa su cui poggia, dalla tipologia del nemico e dalle specifiche motivazioni che lo attivano. Partendo dall’analisi del contesto, la guerriglia può essere definita come una fase specifica della guerra e pertanto va condotta secondo le leggi che la guerra comporta. Pertanto la guerriglia si attiene alla Convenzione di Ginevra e rispetta le norme che regolano i conflitti bellici decretate nel 1949. Inoltre, la guerriglia comprende una serie di leggi accessorie relative al dislivello di forza esistente tra le parti in conflitto e alle particolari condizioni geografiche e sociali di ciascun Paese, che determinano nello specifico il modo e le forme degli atti di guerriglia. In genere essi sono improntati agli attacchi “mordi e fuggi” e agli agguati. C’è in questa strategia una tendenza alla ritirata, al non affrontare combattimenti frontali, ma ciò è coerente con l’obiettivo finale della guerriglia e cioè l’annientamento del nemico. Precisiamo però che solo per quanto riguarda le tecniche operative esiste una qualche similitudine tra le attività guerrigliere e quelle terroristiche.

 

Il nemico dei guerriglieri è costituito da un nucleo oppressore e dal suo agente, in genere impersonato da un esercito professionale, longa manus di un governo non democratico e despota. Pertanto, qualora un governo sia salito al potere attraverso qualche forma di consultazione popolare e mantenga almeno un’apparenza di legalità costituzionale, non è possibile parlare di guerriglia riferendosi all’azione dei suoi dissidenti, in quanto non tutte le possibilità di lotta politica sono esaurite. La base su cui si struttura l’azione di guerriglia è il popolo. Infatti, è importante sottolineare che la lotta guerrigliera è una lotta di massa e di popolo: la guerriglia come nucleo armato è l’avanguardia combattente di questo e la sua grande forza ha radice nelle masse della popolazione. Il guerrigliero fa affidamento totale sull’appoggio della popolazione oppressa. Ragionando in termini ‘democratici’, se la maggioranza della popolazione non appoggiasse gli atti di violenza politica commessi contro un governo – seppur non democratico - non potrebbe parlarsi di guerriglia. Questo a dimostrazione del fatto che il fulcro della guerriglia risiede nella volontà del popolo di appoggiarla.

 

La guerriglia è pervasa da un’ottica di riforma sociale ed è attuata per rispondere alla protesta del popolo contro i suoi oppressori, con lo scopo di trasformare un regime sociale e politico che mantiene gli individui nell’impotenza e nella miseria. Inoltre, la guerriglia si contrappone alle particolari condizioni delle istituzioni di un Paese, in un dato contesto storico, e si dedica ad annientare le forme di tali istituzioni. Da questi assunti esplicati nel manuale citato del ‘guerrigliero rivoluzionario’ per antonomasia emerge chiaramente quali differenze esistano tra la guerriglia e il terrorismo. Se analizziamo - ad esempio - la situazione in Iraq, è facile rendersi conto di quanto sia improprio applicare il concetto di guerriglia agli attacchi che vengono realizzati contro i civili, le Forze militari alleate e in particolare contro quelle italiane.

 

Innanzi tutto, gli attacchi contro cittadini inermi o contro Istituzioni civili – ad esempio gli attacchi kamikaze contro moschee o altri luoghi frequentati da civili – contravvenendo agli articoli 3 e 4 della Convenzione di Ginevra non possono essere considerati atti di guerriglia, in quanto questi ultimi - come già detto - rispettano le norme da essa decretate. Il nemico degli pseudo-guerriglieri iracheni non è un nucleo oppressore in quanto in Iraq esistono istituzioni democraticamente elette e costituite. Inoltre un governo come quello Iracheno, essendo democratico, ammette la figura di un’opposizione politica e pertanto non tutte le forme di lotta politica sono esaurite.

 

La popolazione irachena non appoggia nel modo più assoluto gli atti terroristici commessi nel proprio territorio. Ricordiamo che la popolazione irachena è divisa principalmente tra sciiti (la maggioranza) e sunniti dallo scisma avvenuto circa 1.400 anni fa. Gli atti terroristici sono realizzati principalmente da esponenti di al-Qaeda, organizzazione vicina alla corrente wahabita, avversa alla dottrina sciita e pertanto contrapposta alla maggior parte della popolazione. Se fosse confermato, inoltre, il contributo della popolazione irachena nella recente individuazione e uccisione di Abu Musab al-Zarqawi avvenuta a sud di Bagdad, sarebbero fugati molti dubbi sul presunto ripudio da parte del popolo della Terra tra i due fiumi delle attività terroristiche di al-Qaeda.

 

Tra gli obiettivi dei terroristi iracheni non rientrano scopi di riforma sociale, anzi l’unico scopo è quello di assoggettare la popolazione al fondamentalismo religioso e al potere di un ristretto gruppo di uomini attraverso la prevaricazione e l’oppressione delle libertà. Il fine dei terroristi iracheni è quello di ampliare il potere della leadership di al-Qaeda che perdendo un altro territorio fertile per la diffusione del suo germe, vedrebbe indebolire ulteriormente la sua posizione internazionale e il suo ascendente sul mondo musulmano. Che Guevara nel suo manuale non spiegò solo le tecniche della guerriglia, ma soprattutto l’anima della guerriglia, la motivazione che spinge gli uomini a sacrificare la propria vita per la libertà di un popolo e la conquista di tale libertà non rientra nel modo più assoluto tra gli obiettivi dichiarati e occulti dei terroristi islamici iracheni. Per questo coloro che hanno ucciso anche i nostri militari in Iraq devono essere chiamati con il loro vero nome: Terroristi.

Modificato da Taigete
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Certo che sono atti terroristici quando sono mirati ai civili. Io posso capire quando gli iracheni uccidono gli americani e alleati (lo farei anch io se fossi nella loro situazione) - questa e rsistenza all'occupazione. Ma quando a rimetterci sono i propri concittadini - questo certo e terrorismo puro.

 

Comunque mi e' piaciuto questo articolo su Newsweek (in inglese) che espone un punto di vista molto interessante.

 

Exporting Chaos

America talks about building democracy in the Middle East. In fact, it fosters mainly violence and failed states.

http://www.msnbc.msn.com/id/13007826/site/newsweek/

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Interessante anche questo:

 

http://www.msnbc.msn.com/id/13393232/site/newsweek/

 

(i talibani cercano di impedire che le donne si istruiscano)

 

 

e questo:

 

http://www.msnbc.msn.com/id/13209764/site/newsweek/

 

(l'uccisione di Al Zarkawi potrà smantellare le reti terroristiche in Europa).

 

Newsweek scrive tante cose...

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