Vai al contenuto

Rick86

Membri
  • Numero contenuti

    3.199
  • Iscritto il

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    1

Tutti i contenuti di Rick86

  1. Rick86

    Marina Cinese

    Qualcuno sta come stanno coi motori? So che la Varyag era completa come scafo, ma priva di motori ed elettronica. E penso sopratutto i primi saranno (o sono stati?) la fonte dei maggiori problemi per i tecnici cinesi che non hanno mai lavorato su qualcosa di neanche lontanamente così grosso.
  2. Speriamo solo che, in tempi migliori, ai 2 G550 SIGINT faccia seguito un ordine per altri 4 G550 CAEW....
  3. A questo punto suggerisco ai moderatori di creare una sola discussione sulla pirateria nella sezione Marina, perchè SFan leggendosela troverà risposta ai suoi dubbi
  4. Rick86

    Bismarck

    Il pezzo è indubbiamente il medesimo, ma il primo link viene dal sito www.regianaveroma.org mentre il secondo link da un sito amatoriale ben fatto: Plancia di comando EDIT: impossibile il link diretto. Il percorso è: Home - Uomini - Saggi e testimonianze - Agostino Incisa della Rocchetta
  5. Penso che 16 celle supplementari abbiano molto più senso di un 127mm sui Doria.
  6. Rick86

    Bismarck

    A proposito della Hood, una delle ragioni del suo immediato affondamento (e quindi del fatto che si salvarono solo 3 persone) fu che, quando la santa barbara venne colpita, le polveri esplosero. Ora, ovvio che saltano in aria, ma in una detonazione la combustione supersonica mentre in una deflagrazione (è il caso della corazzata Roma per esempio) la combustione è subsonica e i danni causati sono minori. Ciò si è tradotto nel fatto che la Roma è rimasta a galla un po di più permettendo ad un terzo dell'equipaggio di salvarsi (un quarto d'ora mi pare) mentre l'Hood si è inabissato in pochissimi minuti nonostante il danno fosse simile (detonazione / deflagrazione della santa barbara).
  7. Vabbè comunque: 1) Stromboli e Vesuvio stanno davvero tirando gli ultimi, non a caso le due JSS sono la priorità della Marina adesso (rispetto alle navi non ancora autorizzate) 2) L'Etna penso che il doppio scafo l'abbia 3) Se domani Dio non voglia capitasse un incidente con una delle due navi dette prima e qualche pacifinto legge questa discussione hanno di che mettere in croce tutta MMI, oltre a farci pagare le rifornitrici future quanto una FREMM 4) Ribadisco che tali regolamenti non si applicano a navi militari (o, per lo meno, non sono obbligatori ma solo facoltativi)
  8. Rick86

    US Navy al posto di USAF

    A ma l'idea è più diffusa di quanto pensate.... L'unico strumento difficilmente attribuibile sarebbero i bombardieri nucleari e gli ICBM (cosa che tra l'altro noi manco abbiamo) ma il problema si risolverebbe alla svelta creando un'arma indipendente all'interno di US Army.
  9. io e Little Bird ne sappiamo qualcosa delle portaerei canadesi Si trattava della HMCS Bonaventura, CVL 22, classe Majestic, quindi una portaerei di scorta più che una portaerei leggera. Dislocava soltanto 16.000 ton eppure i canadesi riuscivano a farci operare gli F-2 Banshee e gli S-2 Tracker Decommissionata nel 1970
  10. Io infatti, e non è questa la prima volta che lo ripeto, sarei favorevole ad un mirato e breve intervento a terra. NON bombardamenti indiscriminati, ne lo sbarco in Normandia. Semplicemente si sbarca, si distruggono tutti i motori fuoribordo, armi, droga e, come giustamente scritto nell'articolo, si sequestrano tutte le banconote da 100 dollari perchè proventi da attività illecite e poi si riparte. Da oltre 2000 anni questo è l'unico modo per debellare la pirateria in un dato luogo Poi si lascia in zona qualche piccolo e discreto team di FS per intercettare tutto quello che i pirati compreranno per sostituire quanto perso. E' fattibile operativamente, nonchè economicamente sostenibile? Indubbiamente si. Una MEU è assolutamente eccessiva, basta una operazione a livello compreso tra la compagnia e il reggimento (a seconda delle dimensioni dell'obiettivo); stabilire dei check point per chiudere ogni via di fuga a terra, rastrellare la zona e poi andarsene. Tempo di permanenza a terra: 48 ore. Quando? A ogni sequestro, dai porti da cui provenivano i pirati. Chi? Due, tre unità di questo tipo (una sicuramente americana, una perchè no, potrebbe benissimo essere una compagnia del San Marco da uno dei Santi). Economicamente lo sforzo è importante per il breve periodo in cui va sostenuto, non più di un mese comunque penso. E' politicamente fattibile? Si, sopratutto se includiamo anche cinesi e russi. Il problema è sentito da tutti e in Somalia non esiste una entità statale. Ovviamente ci vuole una autorizzazione ONU, che già c'è. E' legalmente accettabile? A livello di diritto internazionale si scontrano due istituzioni: quella per cui non si può invadere uno stato estero (seppur nominale e fantasmico com'è quello somalo) e l'altra che garantisce il diritto a contrastare la pirateria. Il fatto che la convenzioni contempli la lotta alla pirateria solo in alto mare però non è da intendersi secondo me limitativa della possibilità di una azione internazionale benedetta dall'ONU contro le basi della stessa. L'unica ragione in fatti per cui la sola pirateria in alto mare è contemplata è che il trattato in oggetto l'alto mare e solo quello riguarda; non a caso si chiama Convention on the High Seas.
  11. Rick86

    US Navy al posto di USAF

    Comunque a livello puramente teorico, bombardieri e ICBM andrebbero a costituire uno strategic command con ampia autonomia all'interno dell'esercito, un po com'era coi carabinieri quando erano subordinati allo SME
  12. Da Information Dissemination riporto quest'articolo. Spero che tutti raffreddino un poco i toni e, dagli attacchi personali tanto sterili quanto inutili, torniamo a parlare di fatti Tactical Options for Fighting Somali Pirates There have been a number of ideas floated regarding options for dealing with the pirate activity around the coast of Somalia. Ultimately, it has been noted that none of the options are really good, and absent a commitment on the ground to change conditions in a society that really hasn't known true domestic governance since the 17th century Ajuuraan Sultanate, the world is picking from a list of difficult choices. Solving the issue of Somalia is going to take awhile, and likely be a feature of the Obama administration whether he likes it or not. The question facing the Obama administration is what level of effort the military is going to be asked to make to coincide with a comparative effort of the State Department. Ideally the Transitional Federal Government, currently in Djibouti after being run out of their country by Islamists, will be stood up with a legitimate government military force and be able to establish some law and order. This won't be easy, the opposition is consolidating their position. Even if that is to happen, the diplomatic activity to create a solution, find funding, and take over meaningful governance is going to take awhile (some say it may not even be possible). This analysis assumes that if the policy regarding the use of military power stays at the current level, which is in essence ineffective despite current record levels of international naval assistance (which will dwindle in the weeks ahead), the problem will get worse as the weather improves over the next few months and the Obama administration will see its leadership credibility globally erode. This is a potentially debatable position, but history does not suggest ineffective action in the face of serious security problems that are only getting worse leads to good things. This raises the question, if we know the diplomatic efforts are going to take a long time to develop, what tactical actions should the Obama administration approve for the military to buy time for the long term Somalia policy to form? This analysis looks at three possibilities: engage from the air, engage on land, and engage at sea. Action from the Air Using air power to bomb or the Navy to cruise missile the bad guy was American small wars policy from the end of the cold war until the Iraqi surge. This limited financial cost approach (comparatively) also came with limited success, and the implementation of air power centric solutions have largely been discredited as a strategic approach to fighting small wars. The entire decade of the 90s was essentially an Air Force campaign in Iraq following Operation Desert Storm, and the fact Iraq was invaded a second time 12 years later suggests that any air power centric approach to fighting piracy on land will almost certainly be ineffective. Due to the competition found in the Somali clan system, the Transitional Federal Government is unlikely to complain too much about US attacks on pirate clans, but even active approval of a clearly flawed strategy does not lead towards a security solution, and may indeed produce larger security problems. From regional air bases or from an aircraft carrier, CIA and special forces operating on the ground can certainly paint targets to bomb, but to what end? Obviously, the air power centric approach to fighting piracy on land is not only the least likely solution, it is the least likely solution to produce any meaningful results towards a strategic end that eliminates piracy. In my opinion, there are no air power centric solutions for Somali piracy. Engage on Land The US military, if working in cooperation with international partners, does have a few limited options for engaging pirates on land. This would not happen immediately, but is certainly possible. Major naval powers globally are currently undergoing a major buildup of naval power centered around the amphibious ship. Nations that have either recently built or in the process of developing new amphibious ship platforms include South Korea, Japan, China, Australia, Singapore, India, South Africa, Turkey, Italy, Spain, France, Great Britain, the Netherlands, Denmark, the United States, Brazil, and Russia. In the 90s, several strategic discussions that led to Marine Corps concepts like From the Sea, and Forward... From the Sea discussed the possibility that in the 21st century, rather than large invasions of other state powers the Marine Corps would be asked to do what some call amphibious raiding operations. These raids, usually conducted at a level consisting of 2 battalions, are rapid insertion of Marines to destroy an enemy capability, capture some bad guys, and essentially rapidly retreat back to sea without leaving a sustained footprint on land. The strategic intent of these raids is similar to military activities the US Marines have conducted in Iraq, including in Fallujah and Baghdad. The way this would work against the pirate cities is for Marines to land forces at key points to cut off supply and prevent retreat from the city, setting up checkpoints and establishing a hold on the high ground. Heavy units would be moved from ship to shore away from the city before moving into the cities, clean out as many weapons as possible, and retreat back to sea. The primary purpose of the sweeps is to raid (and burn down) the property of pirate leaders, gain intelligence, destroy as many weapons as possible, destroy as many drugs as possible, and generally create chaos by targeting illegal goods and targeting pirate leaders. When Marines are pulled back to sea, special forces would establish ambush points for targetting resupply of weapons and leverage intelligence gained to create more problems for pirate leaders. The point is to create enough chaos, confusion, and fear on land in these pirate cities that nobody has time to be a pirate. All American $100 bills would be confiscated for being money stolen through piracy, and high value pirate leaders could be extradited to countries willing to hold major pirate leaders accountable for their crimes. These would obviously be expensive operations, particularly if conducted against the various different cities where individual pirate clans are active. The US commitment would probably be 2 MEUs, and would probably require additional international forces to help secure the ground. Amphibious raiding however, is a way to conduct operations without establishing a footprint, and would almost certainly heavily reduce piracy from these areas to buy time for long term solutions. Engage at Sea There are two ways to escalate military activity at sea that can produce measurable improvements over the status quo: convoys and security detachments on commercial shipping. This strategy is unlikely to actually reduce the dangerous security conditions at sea, but would decrease the number of hijackings. This would also be an expensive solution. First, it should be noted that convoys are already established from the Red Sea to northeast of the Horn of Africa, and this has produced some positive results. Convoys do work, and by reducing the area that needs to be protected by multinational forces the naval power available becomes more effective fighting off pirate attacks. The problem is, a similar such traffic lane is needed along the length of the eastern Somali coast from the Horn of Africa to Kenya. One way to address this is to strategically place amphibious ships and use soldiers under a UN flag for force protection on ships. On the heels of the activities of private consulting companies in Iraq, government troops is just about the only way to do this, and given the multinational nature of the challenge, multinational forces under a UN flag is about the only way to get past several legal problems. By putting an amphibious ship near Djibouti, helicopters can be used to place squads on ships that are entering the Gulf of Aden while retrieving squads from ships entering the Red Sea. The idea would be to use the amphibious ship as a platform for shuffling squads to and from commercial traffic that transits the area, and add force protection to every ship in the region. An US LHD would be stationed somewhere near the Yemen island of Socotra. The LHD would not only add and remove UN squads coming to and from the Red Sea, but also add security teams to ships transiting the east African coast along an established transit lane. Another amphibious ship would then be placed a couple hundred miles off the coast of Kenya, and would be used to add/remove squads from ships heading north and south. There are several issues. First, there is a need to increase the number of ships off the east coast of Somalia to patrol any transit lane, but this is hard to do because it pulls from the number of ships protecting the Gulf of Aden region where pirate activity has been very high. One option would be to use Sea Fighter as a rapid response platform off the east coast supporting UAVs, and surge a handful of Perry frigates to patrol the eastern coast line of Africa. The Perry class was built to protect commercial shipping, why in the world is it not being used in this role when it is commercial shipping that is being targeted? Because there is a possibility that squads could be unbalanced with ships potentially moving in greater numbers in certain directions, there will be a necessity to move squads back to the LHD from the other amphibious ships. This role can be uniquely filled by using the MV-22, which has the range to act as an air shuttle for the squads. By flying the transit lanes used by commercial ships, the MV-22 also becomes an early responder should a ship under attack need an additional squad or two to reinforce a ship being assaulted (a very unlikely scenario btw). If the damn thing had a gun, the MV-22 would be a very nice force multiplier in this situation. Ideally, only the LHD would be a US ship, while the role of the other two amphibious ships in this model being supported by from other nations. The addition to CTF-151 of Singapores LST RSS Persistence (209), for example, would allow the role of the amphibious ship off the coast of Djibouti to be filled by a coalition partner. The Netherlands, Great Britain, France, South Korea, China, Japan, Spain, Italy, or India could potentially be another partner in this model. Under a UN flag, this model would allow any nation to use UN squads for protecting merchant vessels in the threatened area. The squads would ideally be from multiple countries, allowing for several countries who may not be willing or able to send a warship to send soldiers, sailors, or Marines for force protection instead. The addition of security teams to commercial shipping reduces the probability a ship will be taken, thus reducing the necessity for convoy escorts and allows dispersal tactics to be leveraged for the reduced number of warships. Ultimately, these are expensive solutions, but they do buy time for the diplomatic efforts to develop long term solutions on land. For example, the sea solution that leverages UN squads could be a mitigating tactic leveraged while a Somali coast guard solution is developed as a way to be proactive against pirates. I don't advocate for any specific idea, although I am against an air power solution. I am a believer that the current policy is not only bad policy, but dangerous long term as better weather approaches in June. The size of the international naval force gathered to fight piracy will get smaller in the future, so a tactical adjustment must be made. This is a small problem, but allowing it to continue should be seen as an unacceptable option for the Obama administration, because if piracy increases as it continues to do, a perception will develop that suggests the US is either incapable or unwilling to deal with the problem. That comes with a political cost, and more importantly, if a perception develops that the US is not putting out effort, any major disaster will be blamed on the US. The Obama administration foreign policy appears to be designed to create a sense of international partnership for dealing with international challenges. There are huge political gains to be made in US foreign policy by capitalizing on the international partnership opportunities surrounding the Somali piracy activities today, but the policy has to produce a perception of positive results to validate the desired cooperative approach of the administration, otherwise the policy loses credibility both with partners, and at home. ------------------------------------------------------------------------------------------ Per quanti non sappiano l'inglese. L'autore esamina tre modi di combattere i pirati; in entrambi i casi si tratta di soluzioni di breve termine per guadagnare tempo per una soluzione definitiva del problema, che non può essere che politica - usando il potere aereo (la peggiore soluzione possibile, incapace di produrre risultati positivi) - sbarcando a terra, attraverso un intervento chirurgico volto ad eliminare tutti gli asset dei pirati e ad un rapido re-imbarco, unito ad una presenza continuativa di forze speciali sul suolo somalo per intercettare i rifornimenti - l'uso di convogli o il far stazionare due / tre LHD all'inizio e alla fine della rotta pericolosa; ogni nave riceverà, tramite Osprey, una scorta armata a bordo che verrà ritirata terminato il tragitto pericoloso. La base di smistamento di elicotteri e militari sarebbero le LHD L'autore ritiene ugualmente efficaci sia la seconda sia la terza soluzione.
  13. Allora la cosa è certa, sia Londra che Washington hanno dato l'ok. Resto della mia opinione, sarà un incubo per la sicurezza e un parco giochi per i teppisti (ci pensate che spasso per certa gente, sfasciare tutto in una città già semidistrutta dal terremoto?).
  14. Penso (credo) che le disposizioni per le navi civili siano solo facoltative per le navi militari che comunque hanno sistemi di controllo e contenimento dei danni di ben altro livello e spessore
  15. Rick86

    USS ALABAMA

    Ti do una buona notizia in proposito. Le IOWA, che anche io adoro, sono si radiate dal registro delle navi militari americane ma una particolare legge del congresso obbliga chiunque le possegga (al momeno l'Us Navy, in futuro dovrebbero diventare musei) a conservarle in modo che possano se necessario essere reinserite nei ranghi di USN. Per esempio, è fatto obbligo di conservare un certo numero di munizioni da 16 pollici, oltre ovviamente all'obbligo di curarne la conservazione e di non smontare nulla. Sono regole molto simili a quelle delle unità in riserva (come lo sono state per decenni le IOWA). Se necessario si prevede che in 18 - 24 mesi potranno ritornare in linea.
  16. Rick86

    Sukhoi Su-33

    Dunque modifiche particolari (oltre alle solite fatte per un aereo imbarcato) fatte in funzione dell'uso su una PA non mi pare. Decolla non a pieno carico, anche se, pare, possa decollare a pieno carico a/a. Per il resto, ci si riesce grazie alla grandissima potenza dei suoi motori. Il pilota mette i motori a manetta, e solo dopo lascia i freni e decolla. Lo sky-jump dovrebbe aiutare non poco.
  17. Allora Cossiga così scrisse in una sua intervista (Enrico Mannucci: in pace e in guerra): - Un'ultima domanda: da uomo di governo avrebbe mai voluto impiegare appieno questo tipo di reparti (FS e FOS)? - Io mai, ma Craxi si! Quando la Libia lanciò i missili contro Lampedusa, allora il premier avrebbe voluto una operazione speciale per distruggere la base che li aveva fatti partire. Solo per questo intendiamoci! Le operazioni speciali alla fine si fanno solo per non fare la guerra totale
  18. Rick86

    Come abbattere i Raptor?

    Sul fattore umano non ci piove se pensi che alla scuola Top Gun i Tomcat venivano abbattuti freuentemente dagli A-4; e anche il manico di quel pilota di Hornet (che è riuscito ad inquadrare per qualche secondo un F-22) è innegabile. Il vantaggio della macchina però c'è ed è importante
  19. Rick86

    US Navy al posto di USAF

    Questa è grossa per gli equilibri interni tra Us Navy e USAF. Intruder ha sicuramente più memoria di me ma non mi sembra sia mai capitata una cosa simile dalla fine della seconda guerra mondiale
  20. Lev se il ponte venisse fatto io ne sarei fiero ed orgoglioso, nonostante il fatto che per me, adesso come adesso, è una sciocchezza per l'arretratezza della rete viaria e ferroviaria calabrese e siciliana e per la necessità di risparmiare soldi vista l'attuale crisi. Dire che Berlusconi costruirà un ponte che starà in piedi per miracolo e crollerà alla prima scossetta mi pare.... scorretto Ripeto, non considero i nostri ingegneri dei balumba
  21. A quanto pare si vuole spostare il G8 a L'Aquila. Speriamo che vada tutto bene, sarà un incubo garantire la sicurezza in una zona terremotata. E poi c'è anche il problema delle svariate decine di migliaia di no-global, black block e compagnia varia che si troveranno in una specie di parco giochi ideale per dare sfogo ai loro istinti.... Corriere.it
  22. Lev mettere in dubbio l'opportunità politica nel sud Italia di costruire il ponte o la sua inutilità visto lo stato disastrato di autostrada e ferrovia è giusto (anche a me non convince). Mettere in dubbio la capacità tecnica dei nostri ingegneri ed architetti, beh proprio no. Cos'è danesi, svedesi, inglesi e francesi sono capaci di costruire mentre noi siamo dei balumba???????????? Pic, letto l'articolo sui Type 42. In Inghilterra però la questione è diversa, ovvero una guerra stupida, distruttiva ed acerrima tra RN e RAF, guerra che rischia di fare scempio del sistema militare britannico. Il decomissionamento anticipato dei Type 42 si inserisce in questo contesto ed è una scelta obbligata per la Marina che deve far vedere di stare risparmiando. Naturalmente nessuno in UK si sognerebbe di azzerare le risorse per l'addestramento di BA, RN o RAF.......... Esatto Lev, non esiste un libro bianco (come quello dei francesi che sono molto più avanti di noi su queste cose). Ci si limita a tagliare le risorse ab origine, poi sta alla Difesa scegliere cosa salvare e cosa tagliare obbligandola però a pagare enormi spese per il personale
  23. SIGNIFICATO DELLA BATTAGLIA DEI CONVOGLI: UN SUCCESSO ITALIANO La lunga battaglia dei convogli fu dunque un successo per la Regia Marina? Senza dubbio la risposta può essere affermativa: fu una vittoria in termini di risultati quantitativi realizzati. L’affermazione diventa ancora più evidente se si esaminano i dati consolidati dei tre fronti della battaglia dei convogli: quello libico, quello tunisino e quello del Levante (Albania, Grecia e Dodecanneso). Se poi si considera, come potete vedere dalla tabella, che le perdite di materiali in mare furono soltanto il 9,5% del totale (11% per il naviglio mercantile, ma quasi tutto quello trasportato con unità militari arrivò a destinazione salvo poche dolorose eccezioni) mentre quelle del personale solo il 4% su 1.266.172 uomini trasportati ritengo sia giusto affermare che la Marina da guerra italiana vinse la sua battaglia del traffico mediterraneo, assolse in pieno la sua principale incombenza bellica, che era appunto quella di assicurare i rifornimenti ai reparti operanti oltremare. Che poi questi rifornimenti fossero dalla partenza insufficienti, non è cosa da addebitare alla Marina. A questo proposito una cosa salta subito agli occhi guardando i dati consolidati: la maggioranza dei convogli furono quelli destinati ad un teatro a noi assolutamente secondario come quello del Levante. Un’accorta condotta della guerra avrebbe dovuto indurre ad un cosciente dosaggio delle poche doviziose risorse disponibili. Le decisioni velleitarie del vertice politico-militare di mantenere un qualche equilibrio con l’alleato germanico, con azioni autonome e non concertate, contribuirono a sperperare mezzi ed energie sottraendole al teatro principale di guerra. Pur limitando la riflessione alla disponibilità delle risorse, inutili imprese militari quali l’invio di aerei in Belgio, l’infausta campagna di Grecia e quella tragica di Russia, accompagnate dall’allargamento dei fronti di guerra e dei territori da presidiare, quanti cannoni, carri armati, autoveicoli, munizioni, carburante e aerei sottrassero al fronte libico-egiziano? Per nascondere in parte queste verità e le relative responsabilità è stato creato e diffuso il mito di comodo dei convogli che non arrivavano in Libia, dei rifornimenti e dei rinforzi che andavano perduti in mare. Senza sottovalutare le naturali perdite subite lungo le linee di comunicazioni marittime, la verità era ed è un’altra: che quello che c’era di disponibile, in verità non molto, invece di essere inviato e dedicato globalmente dove veniva combattuta la vera guerra italiana andava in parte sprecato in imprese o su fronti per noi non necessari, non nostri, ne tantomeno voluti dall’alleato. Pertanto sarebbe bene ed opportuno per la storia del nostro paese e per noi tutti, che si abbandonassero una buona volta quelle idee errate e costruite ad arte per nascondere altre responsabilità, che per anni hanno convinto l’opinione pubblica a credere ad un Mediterraneo lago britannico, lasciato in balia alle navi e agli aerei nemici, all’impossibilità di mandare un solo convoglio indenne in Africa settentrionale, alla mancanza dei rifornimenti alle truppe perché questi venivano ineluttabilmente persi in mare. La realtà è stata tutta il contrario: ogni giorno le nostre navi erano in mare, quotidianamente le linee di comunicazione erano aperte, i rifornimenti arrivavano nella loro maggioranza, le perdite del nemico nell’attaccare il nostro traffico non erano lievi. E le cose non cambiano di una virgola anche se guardiamo i dati delle rotte sicuramente più pericolose, ma anche più importanti per il nostro sforzo bellico: quelle libiche e poi, in condizioni terribili e sotto continua offesa alleata, quelle per la Tunisia. In conclusione la condotta della nostra Marina nella lunga battaglia dei convogli è degna di essere apprezzata come una vittoria, sia pure fine a se stessa e senza rilievo per l’esito finale del conflitto, ma si trattò senz’altro di una azione continua, senza tregua, che ottenne risultati positivi in mezzo a mille difficoltà, talvolta disperate, certo drammatiche.
  24. CARATTERISTICHE DEI CONVOGLI ITALIANI Innanzitutto è bene che il lettore si tolga dalla mente la composizione dei convogli alleati in Atlantico, costituiti da decine di mercantili. Mediamente, per una serie di limiti intrinsechi alla natura dei porti libici come vedremo poi, un convoglio era composto da due navi mercantili e due navi militari anche se grandi convogli di 6 navi non mancarono nel corso della guerra. Ma soprattutto furono effettuati, per 36 lunghi mesi contro la principale marina mondiale, ben 4385 convogli, ovvero 122 al mese e quindi 4 al giorno, con più di 7 piroscafi mediamente in mare in ogni momento della nostra guerra coperti da circa 6 navi militari. Fare tutto ciò in un mare chiuso e ristretto come il Mediterraneo è una impresa che merita grande apprezzamento, soprattutto alla luce delle navi perse e del tonnellaggio di materiale fatto effettivamente giungere in Libia, in Tunisia e nel Levante come vedremo poi. Ma torniamo indietro: perché non si crearono, come fecero gli alleati nell’Atlantico, grandi convogli di decine di navi magari da scortare con forti aliquote della nostra flotta da battaglia? A causa di un solo, fondamentale, problema, impossibile da risolvere: la capacità logistica dei porti libici. Leggiamo infatti nella storia ufficiale della nostra Marina: Nell’organizzazione dei convogli marittimi per la Libia mentre i criteri operativi consigliavano di riunire i piroscafi da avviare oltremare in convogli costituiti da un grandissimo numero di navi mercantili scortate da convenienti aliquote della forza navale, la logistica richiedeva che in ciascun convoglio fosse riunito soltanto quel numero di piroscafi che potevano essere scaricati contemporaneamente al porto d’arrivo... L’offesa nemica contro il traffico non si esplicava soltanto in mare ma anche nelle zone portuali della Libia e sarebbe stato perciò illogico e pericoloso obbligare piroscafi carichi di preziosi materiali o combustibili liquidi a lunghe soste nei porti o addirittura negli avanporti esposti alla continua minaccia aerea e anche dei sommergibili avversari... anche se qualche volta ciò avvenne.. La potenzialità teorica dei porti libici, impiegando per la discarica anche maone e bettoline, consentiva l’afflusso e lo scarico contemporaneo di navi nella seguente misura: - Tripoli: 5 navi da carico e 4 trasporti truppe - Bengasi: 3 navi da carico - Tobruk: 3 navi da carico e 2 trasporti truppe Le suddette cifre corrispondono alla capacità teorica dei porti nei tempi di pace. Non furono però più corrispondenti alla realtà dei fatti non appena la guerra cominciò distruzioni sempre più vaste nell’attrezzatura dei porti libici. A metà del 1941 le capacità del porto di Tripoli furono ridotte del 50%, mentre Bengasi e Tobruk quando ritornarono nelle nostre mani non furono in grado di accogliere se non 2 - 3 piroscafi. E’ facile notare come il numero delle navi mercantili mediamente in mare (7 - 8) corrisponda quasi alla massima capacità media dei porti libici (7 - 8 più due o tre navi a Tobruk che però fu a nostra disposizione solo per pochi mesi). Quanto alle navi mercantili impiegate, il nostro comportamento fu caratterizzato da un vero e proprio inizio suicida. L’Italia giunse all’inizio della guerra con una eccellente flotta mercantile, che assommava a 786 navi superiori a 500 ton, per un totale di 3.318.129 ton. Indubbiamente una Marina mercantile di grande prestigio e di fruttuosa utilità, che contribuiva efficacemente a fare dell’Italia, nel contesto mondiale, una entità marittima di tutto rispetto. Queste navi erano così ripartite: Superiori a 10.000 ton ----------- 30 navi ----------- 581.072 ton lorde tra 6001 e 10.000 ton ------------ 111 navi ---------- 789.411 ton lorde tra 2001 e 6000 ton -------------- 392 navi ---------- 1.669.803 ton lorde tra 1001 e 2000 ton -------------- 142 navi ---------- 197.763 ton lorde tra 501 e 1000 ton ---------------- 111 navi ---------- 81.080 ton lorde Questa bella e consistente flotta mercantile subì già il primo giorno una dura sconfitta, una sconfitta amara perché non ci fu inflitta dal nemico ma dall’imprevidenza, dalla mancanza di coordinamento, dalla leggerezza di politici e governo. Fu una autentica auto castrazione delle nostre capacità di trasporto marittimo che compromise, e non poco, l’insieme della nostra guerra di traffico. Che cos’era accaduto? Considerazioni politiche e finanziarie, suggerite da una estrema necessità di valuta pregiata, avevano indotto il governo a non richiamare in patria il naviglio mercantile anche quando la guerra era ormai decisa e imminente. L’inizio delle ostilità sorprese così fuori dei porti nazionali italiani oltre un terzo della flotta mercantile, cioè 212 navi per 1.216.637 ton, che furono perdute tutte di un colpo dall’Italia prima ancora che venisse sparato un colpo di cannone. Non solo: buona parte di questo naviglio fu catturato dal nemico che lo impiegò per il proprio traffico. Dunque dopo questa volontaria mutilazione la nostra flotta mercantile si ridusse a 574 navi per 2.101.492 ton. A esse si aggiunsero le navi mercantili tedesche nel Mediterraneo (56 navi) così da arrivare a 630 unità per 2.305.005 ton. Non tutte però furono disponibili per il traffico sia perché alcune avevano scarsa efficienza e bassissima velocità sia perché si doveva garantire al cabotaggio lungo la penisola e ai traffici con la Spagna e i paesi del Mar Nero, soprattutto la Romania (petrolio) sia perché una parte fu requisita dalla Regia Marina per le sue esigenze operative (incrociatori ausiliari, navi ospedale, ecc..). Durante la guerra si costruirono solo 47 mercantili, a fronte di un totale di 225 navi mercantili affondate per un totale di 767.734 ton. Con l’occupazione della Francia di Vichy vennero infine catturate 158 navi, di cui 94 passarono sotto la bandiera italiana. I 5 PERIODI DEI CONVOGLI LIBICI E I CONVOGLI PER LA TUNISIA La lunga guerra dei convogli fu uno stillicidio di piccole azioni giornaliere, di lunghe giornate passate alla ricerca di aerei e sommergibili avversari, di attese durante la notte e di scontri grandi e piccoli tra le nostre navi scorta e i mezzi nemici. Elencarli tutti sarebbe impossibile e noioso, quindi verranno qui esposti l’andamento generale della guerra dei convogli e il quadro strategico aeronavale del Mediterraneo all’interno del quale essi si inseriscono mentre in fondo potrete leggere alcune delle azioni, vittoriose o negative, di questa vera e propria epopea delle nostre Marina militare e Marina mercantile italiane. Primo periodo: 10 giugno - novembre 1940 Al principio della guerra la Gran Bretagna, nella presunzione che Malta fosse subito violentemente attaccata, sgombrò l’isola dai reparti navali ed aerei. Nessuna azione offensiva pertanto partì da quella base e il traffico per la Libia navigò indisturbato. Contro le comunicazioni marittime si verificò qualche minaccia ad opera di sommergibili e di alcune unità navali britanniche provenienti da Gibilterra e Alessandria e di aerei levatisi in volo dalle basi dell’Egitto e della Palestina: non influirono comunque sullo svolgimento delle operazioni italiane di traffico Secondo periodo: dicembre 1940 - maggio 1941 Sul finire dell’Autunno 1940 i britannici, constatato che l’azione offensiva su Malta era stata piuttosto modesta, cominciarono a concentrare nell’isola reparti aerei, sommergibili e qualche unità leggera. Sulle rotte della Libia si registrarono i primi affondamenti. Col gennaio 1941, in concomitanza con lo schieramento dell’Afrika Korps in Libia, il cui trasferimento via mare dall’Italia alla Libia fu felicemente portato a termine senza alcuna perdita, fu trasferito in Sicilia il X CAT (corpo aereo tedesco) della Luftwaffe che iniziò il bombardamento subito il martellamento aereo su Malta. L’efficienza offensiva dell’isola ne fu scossa e le perdite di naviglio mercantile tesero nuovamente a valore zero o poco più in gennaio e febbraio, per subire poi un lieve aumento nei mesi successivi facilitato da un sensibile incremento del traffico. In questo semestre l’offesa britannica si manifestò in prevalenza con sommergibili e navi di superficie, molto meno con attacchi di bombardieri e aereo-siluranti. Terzo periodo: giugno - novembre 1941 Nel maggio il X CAT lasciò la Sicilia e fu inviato ad operare nei balcani e in Unione Sovietica. La pressione su Malta diminuì, e subito le sue capacità offensive furono potenziate. Aumentarono gli attacchi ai convogli e così le perdite che nei mesi dell’autunno raggiunsero le punte più alte di tutta la campagna libico-egiziana. L’offensiva nemica si esplicò soprattutto con sommergibili e aerosiluranti, operando soprattutto nelle ore del crepuscolo e nottetempo quando i convogli erano privi di copertura aerea. Ci fu anche qualche caso sporadico di unità leggere di base a Malta che attaccarono i convogli di notte in navigazione nel Mediterraneo centrale, ma ciò incise poco sui flussi di traffico. Insomma furono sempre i sommergibili a procurarci le perdite maggiori, seguiti dagli aerosiluranti Quarto periodo: dicembre 1941 - luglio 1942: il primo giro di boa Fra dicembre 41 e gennaio 42 il II CAT germanico fu schierato negli aeroporti della Sicilia, in sostituzione del precedente X. Immediatamente fu ripresa l’offensiva aerea per la neutralizzazione di Malta: alle prime avvisaglie della nuova pressione dell’aviazione italo-germanica, le unità di superficie della Royal Navy lasciarono l’isola che in aprile fu addirittura abbandonata anche dai sommergibili e dai reparti aerei. Nel mese di aprile le perdite di rifornimenti avviate in Libia furono praticamente nulle, come lo erano già state in gennaio e febbraio. A partire dalla fine di aprile il II CAT fu intensamente impegnato sul fronte egiziano e quindi costretto ad allentare la morsa su Malta, che quasi all’istante riassunse il suo ruolo offensivo dapprima con i sommergibili e poi con aerosiluranti e bombardieri, che mostrarono anche una maggiore aggressività grazie a tattiche e mezzi più progrediti. A luglio si invertirono ancora le parti: Malta fu di nuovo ridotta all’impotenza e subito la % delle perdite dei flussi di traffico italiano per la Libia si ridussero dal 21% di giugno al 7% di luglio. Nel marzo - aprile 1942 si registrò la contemporaneità tra il massimo livello di pressione aerea su Malta e la massima esigenza di rifornimenti dettati dalla rapida avanzata verso Suez. Questo periodo fu in gran parte caratterizzato da due specifici aspetti: la riduzione delle perdite dei convogli ai livelli minimi registrati dopo il 1940; un aumento dell’invio di rinforzi mezzi, rifornimenti e quindi del numero complessivo di convogli che raggiunsero le punte massime dell’intera guerra. Le poche perdite di questo periodo furono provocate soprattutto dai sommergibili, in minor numero dagli aerei che partivano sia dagli aeroporti maltesi sia da quelli egiziani. Le navi di superficie non fecero che qualche rara apparizione. Quinto periodo: agosto 1942 - gennaio 1943: il secondo e ultimo giro di boa L’offesa aerea contro Malta cominciò a diminuire dall’Agosto del 1942: le situazioni strategiche della Germania sui vari fronti cominciavano infatti a modificarsi, richiedendo una presenza sempre più impellente della Luftwaffe. La pressione su Malta, che aveva all’isola di svolgere un vero pericoloso e continuo ruolo offensivo nei confronti dei movimenti marittimi italiani nei 25 mesi precedenti salvo qualche settimana nell’autunno 1941 e nella primavera 1942, cessò in pratica nel novembre - dicembre in seguito all’avanzata britannica in Libia e a quella delle forze anglo-americane nel nord africa francese. L’isola accrebbe di molto la sua efficienza diventando base per un numero crescente di aerei, sommergibili e unità leggere di superfici, cui si aggiunsero quelle delle basi egiziane e delle appena conquistate basi cirenaiche ed algerine. Le nostre perdite di naviglio mercantile e di scorta raggiunsero % molto elevate finchè, nel gennaio 1943, fu preclusa ogni possibilità di rifornimento alle truppe germaniche e italiane in ritirata con la caduta di Tripoli. I convogli per la Tunisia: novembre 1942 - maggio 1943: la rotta della morte La seconda grande battaglia che la Marina dovette combattere fu quella del traffico colla Tunisia, esempio di una lotta strenua e sanguinosa, combattuta ininterrottamente dal novembre 1942 al maggio 1943. Questa seconda e ultima fase della battaglia dei convogli, combattuta lungo quella che a ragione fu definita “la rotta della morte”, fu affrontata dalla Marina in drammatiche condizioni di inferiorità e sotto continuo attacco aeronavale anglo-americano. La tragica differenza dai convogli libici è data dalle cifre relative all’intensità degli attacchi nemici: in circa 7 mesi di operazioni i convogli subirono 11 attacchi di navi di superficie (1,6 al mese contro lo 0,32 dei convogli libici), 75 attacchi di sommergibili (10,5 contro 6,5) e 167 attacchi aerei (23,8 al mese contro 8,2). Nonostante tutto l’eccezionale cifra del 93% del personale e un buon 71% del materiale arrivò comunque a destinazione, e bisogna quindi riconoscere alla nostra Marina di aver tenuto aperte le vie di comunicazione marittime anche nelle condizioni più estreme e di aver fatto giungere dall’Italia la maggior parte del materiale spedito.
×
×
  • Crea Nuovo...