-
Numero contenuti
4224 -
Iscritto il
-
Ultima visita
-
Giorni Vinti
3
Tutti i contenuti di picpus
-
CVN "Charles de Gaulle" - discussione ufficiale
picpus ha risposto a typhoon nella discussione Marina Militare
La portaerei "Charles de Gaulle" è uscita dal bacino!!! Eccovi il link al video: http://www.corlobe.tk/article10136.html ed il link ad una serie di foto: http://www.corlobe.tk/article10135.html Come viene detto nel video, "una nave più nuova che nuova"!!! -
Come e per gli stessi motivi del francese; infatti l'art. 38 dello Statuto della Valle d'Aosta dispone: "Nella Valle d'Aosta la lingua francese è parificata a quella italiana."!!! Che poi il tedesco sia una lingua più diffusa del francese, tra gli esseri umani (cioé, escludendo le "persone non umane" come vengono definiti, da noi cinofili, i cani!) nell'ambito dell'Unione Europea, sarebbe necessario che fosse adeguatamente dimostrato!
-
Si parla già di "taglietti" alla difesa?
picpus ha risposto a typhoon nella discussione Discussioni a tema
Grazie, dal 2° link si apprende, ad esempio, che vi sono 40.000 sottufficiali in esubero (e, ti prevengo, non c'entra niente col modello di difesa a 190.000 o a 160.000 effettivi!)!!! A che percentuale del bilancio della Difesa, corrisponde la somma degli stipendi versati a costoro? -
Si parla già di "taglietti" alla difesa?
picpus ha risposto a typhoon nella discussione Discussioni a tema
Entrare nel merito dell'articolo da me linkato, no, vero?!?!?! -
Todaro in missione in Atlantico per sei mesi.
picpus ha risposto a davidecosenza nella discussione Marina Militare
Dal link (in francese): http://www.corlobe.tk/article10128.html un aggiornamento sull'attività del "Todaro". Eccovi anche un link in inglese: http://www.news.navy.mil/search/display.asp?story_id=39249 -
Dal link (articolo+video): http://www.euronews.net/it/article/20/08/2...reign-minister/ riporto il testro dell'intervista al Ministro degli Esteri georgiano: Il ministro degli Esteri georgiano Eka Tkeshelashvili è chiara: Mosca ha pianificato l’offensiva militare in Ossezia del Sud. I suoi soldati sono entrati nella regione separatista prima che Tblisi bombardasse Tskhinvali. Il capo della diplomazia georgiana ha espresso fiducia nei confronti di un futuro processo che, col sostegno internazionale, ristabilisca l’integrità della Georgia. euronews: Cosa pensa di ciò che è accaduto nelle ultime due settimane? Eka Tkeshelashvili: Nelle ultime due settimane c‘è stata una serie incredibile di eventi nel mio Paese. Non avrei mai creduto che nel ventunesimo secolo, in una comunità moderna, civile, in Europa, il mio Paese sarebbe stato invaso da un Paese vicino, la Federazione russa. E’ quello che è accaduto. Non si è trattato solo di offensive deliberate da parte dei regimi separatisti, ma di un’operazione militare pianificata di vasta portata. Con questa ci hanno messo nella condizione di rispondere o di arrenderci all’esercito russo. La notte degli scontri su ampia scala alcuni villaggi georgiani sono stati bombardati, carri armati e mezzi corazzati sono arrivati in massa dal nord attraverso il tunnel di Roki. E’ stato un attacco molto duro, con sempre più vittime, per questo abbiamo deciso di rispondere. euronews: Sta dicendo che le forze russe sono entrate in territorio georgiano prima che Tskhinvali fosse attaccata dai vostri soldati? Eka Tkeshelashvili: Sì e lo hanno fatto attraverso il tunnel di Roki, nel nord della regione dell’Ossezia del sud. Questa è la principale via di collegamento tra la Russia e l’Ossezia del sud. Attraverso questo tunnel sono arrivati tutti gli armamenti. Il 7 agosto è cominciato un’operazione su ampia scala: carri armati e mezzi corazzati sono penetrati nel territorio dell’Ossezia del sud. euronews: La Russia nega questa versione e sostiene di aver reagito solo un giorno, un giorno e mezzo dopo l’inizio del bombardamento di Tskhinvali Eka Tkeshelashvili: In base a informazioni raccolte non solo dalla Georgia, ma in base anche a immagini satellitari scattate da servizi segreti di altri Stati si è visto chiaramente che il giorno prima c’erano già seimila soldati russi sul territorio dell’Ossezia del sud. euronews: Perchè è stata attaccata Tskhinvali e non il tunnel di Roki da cui secondo lei è entrato l’esercito russo? Eka Tkeshelashvili: Innanzitutto la nostra è stata una risposta alle minacce contro i villaggi georgiani. Poi la minaccia è arrivata dai bombardamenti con artiglieria da Tskhinvali. E questo ci ha spinto a rispondere con le armi. Quanto al tunnel di Roki, so che eravamo in grado di danneggiare un ponte lì vicino, ma i russi sono riusciti ad aggirarlo e sono penetrati con armamenti pesanti. euronews: Le forze georgiane hanno usato lanciarazzi multipli e altre armi di assalto contro aree residenziali a Tskhinvali come sostiene la Russia? Eka Tkeshelashvili: Gli obiettivi delle forze georgiane erano legittimi, era l’artiglieria usata dall’altro lato. E’ deplorevole che in alcuni casi la loro artiglieria fosse collocata in aree residenziali. Chi usa armi ha la responsabilità di installarle al di fuori di luoghi abitati da civili. Quest’obbligo, non collocare armi in aeree residenziali, è valso per le forze georgiane, per evitare che una risposta della parte opposta colpisse obiettivi civili. euronews: E’ stato così? Fonti dell’esercito russo dicono che a Gori c’era artiglieria georgiana Eka Tkeshelashvili: E’ del tutto falso. Sono stata a Gori varie volte durante gli scontri, nel centro della città non abbiamo collocato nulla. Invece i russi non hanno causato danni collaterali ai civili, ma hanno attaccato direttamente obiettivi civili. euronews: La Russia sostiene di aver compiuto un’operazione di imposizione della pace dopo che l’attacco a Tskhinvali ha fatto centinaia o perfino migliaia di vittime, in gran parte civili e di nazionalità russa. Si tratta di tesi concrete? Eka Tkeshelashvili: Se ci fosse bisogno di imposizione della pace in qualsiasi parte del mondo, sarebbe il Consiglio di sicurezza dell’Onu a deciderlo in base al capitolo 7 della Carta, è suo compito specifico. Nessuno Stato può unilateralmente assumersi il ruolo di far rispettare la pace. Quanto alla propaganda di cui la Russia sta facendo ampio utilizzo, Human Rights Watch è stata in grado di valutare la situazione sul campo e di raccogliere informazioni. La sua conclusione è stata abbastanza chiara: l’informazione russa è priva di fondamento. Non ci sono prove che confermino il numero di vittime e l’entità dei danni che la Russia indica come pretesto per l’invasione militare della Georgia. Se la Russia ha prove la cosa migliore che può fare è mostrarle. euronews: La Russia sostiene che ristabilire l’integrità della Georgia ora è impossibile. Mosca sembra pronta a riconoscere l’indipendenza delle repubbliche separatiste. Vede altre vie d’uscita? Eka Tkeshelashvili: I piani dei russi sono chiari: hanno voluto destabilizzare la Georgia, provocare lo scontro con la Georgia e fare in modo che la Georgia non possa mai essere uno Stato indipendente dalla Russia. Questo è il loro obiettivo finale. Per questo mirano a un cambiamento di regime. E non pensiamo che vi rinunceranno facilmente, per questo ci sarà un periodo molto teso e dovremo essere uniti per far fronte alle ambizioni della Federazione Russa. euronews: Ha speranze nella risoluzione del conflitto territoriale? Eka Tkeshelashvili: Sì. Se saremo capaci di stabilire un quadro internazionale di negoziati e sicurezza sul campo, sono più che fiduciosa che poco a poco saremo in grado di avviare un processo in cui la reintegrazione di queste regioni sarà completa, a vantaggio di tutti coloro che vi vivono. In quel caso saranno parti floride di una Georgia florida. euronews: Ci sono state dichiarazioni su un futuro ingresso della Georgia nella Nato. E’ una questione che la spinge a risolvere questi conflitti territoriali? Eka Tkeshelashvili: Ora, dopo quello che è accaduto in Georgia credo che tutti comprendano che bisogna risolvere questi conflitti velocemente, in modo rapido ed efficace. Altrimenti resteranno sempre dei mezzi che la Russia utilizza per manovrare la situazione in queste regioni. E questo mette a rischio la stabilità della Georgia e la sua ulteriore integrazione nelle democrazie occidentali. In questo modo i russi stanno tentando di riguadagnare influenza in altre parti del mondo.
-
Si parla già di "taglietti" alla difesa?
picpus ha risposto a typhoon nella discussione Discussioni a tema
Come ci si può lamentare dei tagli al bilancio della Difesa, quando si consente che avvenga quanto emerge dall'articolo al seguente link: http://www.difesa.it/Sala+Stampa/Rassegna+...amp;pdfIndex=17 -
Ma è così difficile, per te, capire che, PURTROPPO, la Georgia non fa parte della Nato e, quindi, PURTROPPO, la Nato non può far nulla per la Georgia?!?!?!
-
Si, se ne parla da quando esisteva l'Unione Sovietica!!! Mandammo la portaerei "Garibaldi" con i suoi "AV-8B HARRIER II PLUS" che operarono sill'Afghanistan; vedi il link seguente, a fondo pagina: http://lupidimare.altervista.org/?page_id=11 Dal link indicato nella risposta a "Falcon1", riporto: "Nel 2001 la componente del GRUPAER imbarcata sulla GARIBALDI partecipa in AFGHANISTAN alla Operazione multinazionale ENDURING FREEDOM (Libertà Duratura), in assoluto la più complessa operazione militare aeronavale a cui finora ha partecipato la Marina Militare Italiana. Articolo 5 del "Trattato del Nord Atlantico" (per gentile concessione della "Rivista Marittima", Agosto-Settembre 2004) In applicazione dell'Articolo 5 del N.A.T.O. (North Atlantic Treaty Organisation, letteralmente "Trattato del Nord Atlantico"), alle ore 15.00 del 4 Ottobre 2001, l'Italia entra in guerra a fianco degli Stati Uniti d'America e di tutte le Nazioni Alleate che hanno aderito alla Coalizione Antiterrorismo costituitasi in risposta agli attentati talebani dell'11 Settembre 2001. L'11 Settembre 2001 due aerei di linea vengono dirottati da alcuni terroristi e vengono fatti schiantare contro le due Torri Gemelle del World Trade Center di New York, che crollano poche ore dopo uccidendo diverse migliaia di persone; altri due aerei di linea vengono dirottati dai terroristi sul Pentagono, a Washington, e sulla Pennsylvania uccidendo altre decine di persone. A meno di sei mesi di distanza dai due attentati si assiste alla disfatta del regime talebano e dell'organizzazione terroristica Al-Quaeda capeggiata dallo sceicco Bin Laden. L'11 Settembre 2001 rimane tutt'ora considerata dagli storici la giornata più tragica dalla Seconda Guerra Mondiale in poi."
-
Afghanistan: 10 soldati francesi uccisi
picpus ha risposto a picpus nella discussione News Aviazione
Anche per il loro sacrificio, un ricordo ed una preghiera, sono doverosi! __________ Al link che segue, le immagini della solenne Cerimonia funebre per i soldati francesi: http://www.lefigaro.fr/actualite-france/20...afghanistan.php -
Con riferimento e facendo seguito ai post di cui ai seguenti link: http://www.aereimilitari.org/forum/index.p...st&p=169194 (messaggio n° 527) http://www.aereimilitari.org/forum/index.p...st&p=169323 (messaggio n° 555) eccovi i link ad alcuni topic di un altro forum, riguardanti i riflessi e gli sviluppi "navali", dell'aggressione russa alla Georgia: http://www.militaryphotos.net/forums/showthread.php?t=140066 http://www.militaryphotos.net/forums/showthread.php?t=140306 http://www.militaryphotos.net/forums/showthread.php?t=140319
-
Traduco con l'ausilio del programma indicato, perché, sinceramente, non mi va, facendo io la traduzione, di digitare, parola per parola, tutto l'articolo! Comunque correggo le (numerose) sbavature, almeno le più rilevanti, della traduzione automatica. Mar Nero: gli Stati Uniti potrebbero neutralizzare la flotta russa Dal redattore principale Pubblicato il 21 agosto 2008, ultimo aggiornamento il 21 agosto 2008. Navi da guerra americane potrebbero venire in aiuto alla Georgia, cosa che neutralizzerebbe completamente la flotta russa del Mar Nero, si legge mercoledì nel quotidiano RBC Daily. Secondo lo stato maggiore generale russo, l'US Navy potrebbe entrare in Mar Nero entro la fine del mese d'agosto. In questo caso, la Georgia si troverebbe sotto la protezione dei sistemi imbarcati di difesa antiaerea americani, e tutto il Caucaso del Nord sarebbe anche alla loro portata. Negoziati tra Ankara e Washington sul passaggio di navi di guerra americane per gli stretti del Bosforo e dei Dardanelles sono in corso almeno da una settimana. Da un lato, i dirigenti della Turchia, che controlla questi stretti, sono un po' contrariati contro gli Stati Uniti a causa del loro sostegno ai separatisti kurdi. Dell'altro, Ankara resta un alleato di Washington nell'ambito dell'alleanza atlantica, e non dovrebbe fare trascinare l'affare troppo a lungo. Secondo la convenzione di Montreux, le navi di guerra dei paesi che non hanno accesso diretto al Mar Nero hanno il diritto di restarvi durante 21 giorni al massimo, a condizione che il loro dislocamento totale non superi 30.000 tonnellate. Formalmente, ciò impedisce alla VI flotta americana in Mediterraneo di inviare una portaerei in Mar Nero. Tuttavia, secondo l'esperto militare Konstantin Makienko, anche un incrociatore moderno con molti destroyers basterebbe a neutralizzare completamente la flotta russa del Mar Nero: "Oggi è soltanto una raccolta eterogenea di materiale semiobsoleto". In teoria, Mosca potrebbe inviare in Mar Nero navi delle altre flotte, ma in realtà non c'è nulla da inviare. " La flotta del Nord è specializzata nella dissuasione nucleare, ha richiamato il sig. Makienko. La flotta del Pacifico si trova troppo lontano e non dispone di forze adeguate per tale missione". Essendo la flotta russa del Baltico, al contrario, abbastanza compatta ed equilibrata, possiede le risorse necessarie, ma le sue navi sarebbero vulnerabili agli attacchi della NATO bene prima del loro arrivo in Mar Nero." Se gli americani si avvicinano a Poti e Batoumi, ci rimarrà soltanto da ritirare le nostre navi, ha spiegato una fonte nell'ambito della flotta del Mar Nero. Il mandato delle forze di pace ci permette di restare nelle acque dell'Abkhazia, tanto più che tra i mesi a venir la situazione vi resterà calma. Ma tale prossimità sarebbe tuttavia pericolosa: provocazioni sono completamente possibili". Esperti militari ritengono che la Russia non abbia il tempo di ricostruire la sua flotta, e dovrebbe dispiegare nella regione un gruppo aereo. " Il Mar Nero non è un oceano, l'aviazione può intervenirvi facilemente". Inoltre, la Russia dovrebbe rafforzare rapidamente gli eserciti dell'Abkhazia e dell'Ossezia meridionale, ed anche sviluppare i suoi sistemi di comando, di ricognizione e di comunicazione. " Se l'Ossezia meridionale avesse avuto un esercito forte, il nostro intervento avrebbe potuto limitarsi ad un sostegno aereo, ritiene Konstantin Makienko. Il primo confronto con un esercito straniero tuttavia lungi dall'essere fra i migliori ha mostrato che gli aerei, i carri ed i sistemi di comunicazione georgiani erano migliori. E se avessero avuto aerei da caccia ed una difesa antiaerea moderna? Abbiamo avuto la fortuna che il morale delle truppe georgiane sia stato rapidamente colpito". La prevalenza delle forze nucleari deve essere corretta urgentemente, concludono numerosi specialisti. Quest'articolo è tratto della stampa e non ha nulla da vedere con la redazione di RIA Novosti.
-
C'era già un topic al seguente link: http://www.aereimilitari.org/forum/index.php?showtopic=8949
-
Dal link: http://www.corlobe.tk/article10117.html riporto: Mer Noire : les Etats-Unis pourraient neutraliser la flotte russe Par Rédacteur en chef Publié le 21 août 2008, dernière mise à jour le 21 août 2008. Des navires de guerre américains pourraient venir en aide à la Géorgie, ce qui neutraliserait complètement la Flotte russe de la mer Noire, lit-on mercredi dans le quotidien RBC Daily. Selon l’Etat-major général russe, l’US Navy pourrait entrer en mer Noire d’ici la fin du mois d’août. Dans ce cas, la Géorgie se retrouverait sous la protection des systèmes embarqués de défense antiaérienne américains, et tout le Caucase du Nord serait également à leur portée. Des pourparlers entre Ankara et Washington sur le passage de navires de guerre américains par les détroits du Bosphore et des Dardanelles sont en cours depuis au moins une semaine. D’un côté, les dirigeants de la Turquie, qui contrôle ces détroits, sont quelque peu fâchés contre les Etats-Unis à cause de leur soutien aux séparatistes kurdes. De l’autre, Ankara reste un allié de Washington au sein de l’Alliance atlantique, et ne devrait pas faire traîner l’affaire trop longtemps. Selon la convention de Montreux, les navires de guerre des pays qui n’ont pas d’accès direct à la mer Noire ont le droit d’y rester pendant 21 jours au maximum, à condition que leur tirant d’eau total ne dépasse pas 30.000 tonnes. Formellement, cela empêche la VIe flotte américaine en Méditerranée d’envoyer un porte-avions en mer Noire. Toutefois, selon l’expert militaire Konstantin Makienko, même un croiseur moderne avec plusieurs destroyers suffiraient pour neutraliser complètement la Flotte russe de la mer Noire : "Aujourd’hui, ce n’est qu’une collection hétérogène de matériel à demi obsolète". En théorie, Moscou pourrait envoyer en mer Noire des navires des autres flottes, mais en réalité il n’y a rien à envoyer. "La Flotte du Nord est spécialisée dans la dissuasion nucléaire, a rappelé M. Makienko. La Flotte du Pacifique se trouve trop loin et ne dispose pas de forces appropriées pour une telle mission". La Flotte russe de la Baltique, au contraire, étant assez compacte et équilibrée, possède les ressources nécessaires, mais ses navires seraient vulnérables aux attaques de l’OTAN bien avant leur arrivée en mer Noire. "Si les Américains s’approchent de Poti et de Batoumi, il ne nous restera qu’à retirer nos navires, a expliqué une source au sein de la Flotte de la mer Noire. Le mandat des forces de paix nous permet de rester dans les eaux de l’Abkhazie, d’autant plus que dans les mois à venir la situation y restera calme. Mais une telle proximité serait cependant dangereuse : des provocations sont tout à fait possibles". Des experts militaires estiment que la Russie n’a pas le temps de reconstruire sa flotte, et devrait développer dans la région un groupement aérien. "La mer Noire n’est pas un océan, l’aviation peut y intervenir facilement". De plus, la Russie devrait renforcer rapidement les armées de l’Abkhazie et de l’Ossétie du Sud, et également développer ses systèmes de commandement, de reconnaissance et de communication. "Si l’Ossétie du Sud avait eu une armée forte, notre intervention aurait pu se limiter à un soutien aérien, estime Konstantin Makienko. La première confrontation avec une armée étrangère pourtant loin d’être parmi les meilleures a montré que les avions, les chars et les systèmes de communication géorgiens étaient meilleurs. Et s’ils avaient eu des avions de chasse et une défense antiaérienne moderne ? Nous avons eu de la chance que le moral des troupes géorgiennes ait été rapidement atteint." La prédominance des forces nucléaires doit être corrigée d’urgence, concluent de nombreux spécialistes. Cet article est tiré de la presse et n’a rien à voir avec la rédaction de RIA Novosti. © RIA Novosti Per l'eventuale traduzione, eccovi il seguente link: http://it.babelfish.yahoo.com/
-
Guarda che non aspettavo di certo il tuo consenso: avevo già postato, nell'altro topic, l'articolo al seguente link: http://www.aereimilitari.org/forum/index.p...st&p=168212 (messaggio n° 142)
-
Dal link: http://www.corriere.it/esteri/08_agosto_20...44f02aabc.shtml riporto una significativa ed intensa testimonianza di Bernard-Henri Lévy: Georgia nuova Cecenia «Questa è terra russa» Sono stati uccisi padri davanti ai figli, figli davanti ai padri La prima cosa che colpisce appena si esce da Tbilisi è l'inquietante assenza di qualsiasi forza militare. Avevo letto che l'esercito georgiano, sconfitto in Ossezia, poi sbaragliato a Gori, aveva ripiegato sulla capitale per difenderla. Ebbene, giungo nei sobborghi della città. Avanzo di 40 chilometri sull'autostrada che taglia il Paese da Est a Ovest. Di questo esercito che si ritiene essersi concentrato per opporre una resistenza accanita all'invasione, quasi non si vede traccia. Qui c'è un posto di polizia. Più lontano, un gruppo di soldati in uniformi troppo nuove. Ma non un'unità combattente. Non un pezzo di difesa antiaerea. Nemmeno quel paesaggio di blocchi e sbarramenti che, in tutte le città assediate del mondo, dovrebbero ritardare l'avanzata del nemico. Un dispaccio annuncia che i carri armati russi si dirigono verso la capitale. L'informazione, ritrasmessa dalle radio e alla fine smentita, crea un disordine incredibile e fa sì che le rare automobili che si erano avventurate fuori della città tornino indietro. Ma il potere, stranamente, sembra aver abbassato le braccia. Forse l'esercito georgiano c'è, ma è nascosto? Pronto a intervenire, ma invisibile? Siamo in una guerra dove l'astuzia suprema è, come nelle guerre dimenticate d'Africa, di apparire il meno possibile? O il Presidente Saakashvili ha scelto di non combattere, come per mettere europei e americani davanti alla proprie responsabilità e alle proprie scelte («pretendete d'essere nostri amici? Ci avete detto cento volte che con le nostre istituzioni democratiche e il nostro desiderio d'Europa il nostro governo — in cui siedono (fatto unico negli annali) un primo ministro anglo-georgiano, ministri americano-georgiani, un ministro della difesa israelo-georgiano - era il primo della classe occidentale? Ebbene, è il momento di provarlo»)? Il fatto è che la prima presenza militare significativa nella quale ci imbattiamo è un lungo convoglio russo, almeno cento veicoli, giunto tranquillamente a rifornirsi di benzina in direzione di Tbilisi. Poi, a quaranta chilometri dalla città, all'altezza di Okami, ecco un battaglione, sempre russo, appoggiato da un'unità di blindati che ha il compito di impedire il passaggio ai giornalisti in una direzione e ai profughi nell'altra. Uno dei profughi, un contadino ferito alla fronte ancora inebetito dal terrore, mi racconta la storia di questo villaggio, in Ossezia, da dove è fuggito a piedi tre giorni fa. I russi sono arrivati. Sulla loro scia, le bande di osseti e cosacchi hanno saccheggiato, violentato, assassinato. Come in Cecenia, hanno raggruppato giovani uomini e li hanno imbarcati in camion verso destinazioni sconosciute. Sono stati uccisi padri davanti ai figli. Figli davanti ai padri. Nelle cantine di una casa fatta saltare con bombole di gas, si è scoperta una famiglia che è stata depredata di tutto quello che aveva tentato di nascondere, si sono fatti mettere gli adulti in ginocchio prima di giustiziarli con una pallottola in piena testa. L'ufficiale russo, responsabile del check point, ascolta. Ma se ne infischia. Ha l'aria di chi ha bevuto troppo e se ne infischia. Per lui, la guerra è finita. Nessun pezzo di carta — cessate il fuoco, accordo in cinque o sei punti — cambierà nulla alla sua vittoria. E quel poveraccio di profugo può raccontare quel che vuole. Vicino a Gori, la situazione è diversa e improvvisamente diventa tesa. Ai margini della strada, jeep georgiane nei fossati. Più lontano, un tank carbonizzato. Ancora più lontano, un check point più importante del precedente, che blocca il gruppo di giornalisti al quale ci siamo uniti. Soprattutto, ci dicono chiaramente che ora non siamo più i benvenuti. «Siete in territorio russo — abbaia un ufficiale gonfio d'importanza e di vodka —. Può andare avanti solo chi è accreditato dalle autorità russe». Per fortuna, sbuca un'auto del corpo diplomatico. È dell'ambasciatore dell'Estonia. A bordo, oltre all'ambasciatore, c'è il Segretario del Consiglio Nazionale di Sicurezza, Alexander Lomaia, che ha l'autorizzazione di andare a cercare i feriti dietro alle linee russe, e accetta di farmi salire in macchina insieme alla deputata europea Isler-Beguin e a una giornalista del Washington Post. «Non posso garantire la sicurezza di nessuno, previene. È chiaro?». È chiaro. E ci stringiamo nell'Audi che si dirige verso Gori. Dopo altri sei check point, arriviamo a Gori. Non siamo al centro della città. Ma dal punto in cui Alexander Lomaia ci ha lasciati prima di ripartire, da solo, per recuperare i feriti, possiamo vedere incendi a perdita di vista. I razzi illuminanti che, a intervalli, rischiarano il cielo e sono seguiti da brevi detonazioni. Ancora il vuoto. Odore di putrefazione e di morte. Poi, l'incessante rimbombo di blindati e auto civili piene di miliziani riconoscibili dalla fascia bianca attorno al braccio e dai capelli trattenuti da una bandana. Gori non appartiene a quell'Ossezia che i russi pretendono di essere venuti a «liberare». È una città georgiana. Ebbene, l'hanno bruciata. Saccheggiata. Ridotta a città fantasma. Svuotata. «È logico, spiega il generale Vyachislav Borisov, mentre nel fetore e nella notte aspettiamo in piedi il ritorno di Lomaia. Siamo qui perché i georgiani sono degli incapaci, la loro amministrazione è crollata e la città era in preda ai saccheggiatori. Guardate...». E su un cellulare mi mostra alcune foto di armi, di cui sottolinea pesantemente l'origine israeliana. «Credete forse che potevamo lasciare questo bazar senza sorveglianza?». Nell'accendersi una sigaretta fa sussultare il piccolo carrista biondo che si era addormentato nella torretta. «Abbiamo convocato a Mosca il ministro degli Esteri israeliano. Gli è stato detto che, se continuava a rifornire i georgiani, noi avremmo continuato a rifornire Hezbollah e Hamas». Avremmo continuato...Che confessione! Passano due ore. Due ore di sbruffonate e di minacce. Finché torna Lomaia e ci affida un'anziana signora e una donna incinta che ha portato via dall'inferno incaricandoci di accompagnarle a Tbilisi. Il presidente Saakashvili, affiancato dal suo consigliere Daniel Kunnin, ascolta il mio racconto. Siamo nella residenza presidenziale di Avlabari. Sono le due del mattino, ma i suoi consiglieri sono efficienti come in pieno giorno. È giovanissimo. Di una giovinezza rivelata dall'impazienza dei gesti, lo sguardo febbrile, i bruschi scoppi di risa. Del resto, tutti sono molto giovani. Ministri e consiglieri sono borsisti di fondazioni tipo quella di Soros, i cui studi a Yale, Princeton, Chicago sono stati interrotti dalla Rivoluzione delle Rose. È francofilo e francofono. Appassionato di filosofia. Democratico. Europeo. Liberale nel duplice senso — americano ed europeo — della parola. Di tutti i grandi Resistenti che ho incontrato nella mia vita, di tutti i Massud o Izetbegovic di cui ho preso le difese, è quello più evidentemente estraneo all'universo della guerra, ai suoi riti, ai suoi emblemi, alla sua cultura. Ma vi fa fronte. «Lasciatemi precisare una cosa, mi interrompe con improvvisa gravità...Non bisogna lasciar dire che siamo stati noi a iniziare la guerra...Siamo al principio di agosto. I miei ministri sono in vacanza. Io mi trovo in Italia, per una cura dimagrante e sono sul punto di partire per Pechino. Ecco che, sulla stampa italiana, leggo: «Preparativi di guerra in Georgia». Ha capito bene: sono lì, tranquillo, in Italia e leggo che il mio Paese sta preparando una guerra! Sentendo che c'è qualcosa che non va, torno subito a Tbilisi. E cosa vengo a sapere dai miei servizi segreti? Che i russi, nel momento stesso in cui riempiono le agenzie stampa di queste chiacchiere, stanno svuotando Tskhinvali dei suoi abitanti, ammassano truppe, trasporti di truppe, addetti al rifornimento di nafta in territorio georgiano e fanno passare colonne di carri armati attraverso il tunnel Roki, che separa le due Ossezie. Allora, supponga di essere responsabile di un Paese e di apprendere tutto questo. Che fare?». Si alza, risponde a due cellulari che suonano contemporaneamente, ritorna, stira le gambe. «Al centocinquantesimo carro armato posizionato di fronte alle vostre città, si è obbligati ad ammettere che la guerra è cominciata e, malgrado la sproporzione delle forze in campo, non si ha più scelta...». Con l'accordo dei suoi alleati, gli chiedo? Avvertendo i membri di quella Nato di cui le hanno sbattuto la porta in faccia? «Il vero problema è quel che è in gioco in questa guerra. Putin e Medvedev cercavano un pretesto per invaderci. Perché? Primo: siamo una democrazia e quindi incarniamo, per quanto riguarda l'uscita dal comunismo, un'alternativa al putinismo. Secondo: siamo il Paese dove passa il Btc, l'oleodotto che collega Baku a Ceyhan via Tbilisi; di modo che, se cadiamo, se Mosca mette al mio posto un impiegato di Gazprom, voi europei sarete dipendenti al cento per cento dai russi per l'approvvigionamento energetico. Terzo: guardi la mappa. La Russia è alleata dell'Iran. Anche i nostri vicini armeni non sono lontani dagli iraniani. Immagini che a Tbilisi si installi un regime favorevole alla Russia. Avremmo un continuum geostrategico che andrebbe da Mosca a Teheran. Spero che la Nato lo capisca. Venerdì mattina. Con Raphaël Glucksmann, Gilles Hertzog, la deputata europea, decidiamo di tornare a Gori che, a seguito dell'accordo di cessate il fuoco redatto da Sarkozy e Medvedev, i russi avrebbero cominciato a evacuare e dove noi dovremmo raggiungere il patriarca ortodosso di Tbilisi e dove sembra che centinaia di morti siano abbandonati a cani e porci. Ma il patriarca è introvabile. I russi non hanno sgombrato. E stavolta siamo bloccati a venti chilometri da Gori, quando una vettura davanti a noi viene presa di mira da una squadra di irregolari che, sotto l'occhio placido di un ufficiale russo, fanno scendere i giornalisti e strappano loro cineprese, soldi, oggetti personali e il loro veicolo. Notizia falsa, quindi. Il solito balletto di notizie false, nella cui arte gli artefici della propaganda russa sembrano decisamente essere diventati maestri. Ci dirigiamo verso Kaspi, a metà strada fra Gori e Tbilisi, dove l'interprete della deputata ha la propria famiglia e dove la situazione appare più calma. In realtà, ci aspettano altre due sorprese. Prima di tutto, le distruzioni. Ma distruzioni che, ora, non prendono di mira prioritariamente le case e le persone. Che cosa, allora? Il ponte. La stazione. La ferrovia, che un gruppo di addetti alla logistica sta già riparando, guidati dalla sua stanza dal capo meccanico, gravemente ferito all'anca. Il sistema di comando elettronico del cementificio Heidelberg, a capitali tedeschi, colpito da un missile a guida laser. «Lì c'erano 650 operai, mi dice il direttore della fabbrica Levan Baramatze. Oggi, solo 120 di loro sono potuti venire. Il nostro apparato produttivo è a pezzi». A Poti, i russi hanno affondato la marina georgiana. Hanno colpito in tre punti l'oleodotto Btc. Qui, a Kaspi, hanno appositamente colpito i centri vitali di un'economia da cui dipende, indirettamente, quella della regione e del Paese. Terrorismo mirato. Volontà, ancora, di mettere il Paese in ginocchio. Poi, seconda sorpresa, i carri armati. Siamo alle porte della capitale. Condoleezza Rice, in questo momento, sta tenendo una conferenza stampa. Ecco che improvvisamente appare, volando a bassa quota sopra gli alberi, uno degli elicotteri da combattimento il cui arrivo è sempre un cattivo segno. Subito dopo, gli abitanti rimasti a Kaspi si ritrovano per la strada, davanti alle case e vengono velocemente imbarcati nelle vecchie Lada. Tutti urlano, a chi vuole ascoltare e in particolare al nostro autista, che i russi arrivano e che bisogna fuggire. Dapprima non ci crediamo. Invece, i carri armati ci sono. Sono esattamente cinque. Oltre ad un'unità del genio che comincia a scavare trincee. Il messaggio è chiaro. Rice o no, qui i russi sono a casa loro. Si dispiegano in Georgia come su un terreno di conquista. Non è esattamente come l'invasione di Praga. È la sua versione XXI secolo: una versione lenta, a colpi di umiliazioni, intimidazioni, panico... L'incontro avviene alle quattro del mattino. Saakashvili ha trascorso la fine della giornata con la Rice. La vigilia con Sarkozy. All'una come all'altro si dice grato per i loro sforzi, per il loro interessamento e per la loro amicizia. Il Presidente ha un'aria malinconica. Forse si interroga sullo strano atteggiamento dei propri amici. Per esempio, sull'accordo di cessate il fuoco che ha ottenuto l'amico Sarkozy e che è stato redatto a Mosca, a quattro mani, con Medvedev. Saakashvili rivede col pensiero il Presidente francese, qui, in questo stesso ufficio, così impaziente di farlo firmare. Lo sente alzare la voce, quasi gridare: «Non hai scelta, Misha, sii realista; quando i russi arriveranno per destituirti, nessuno dei tuoi amici alzerà un dito per salvarti». E che strana reazione quando lui, Misha Saakashvili, ha ottenuto che chiamassero comunque Medvedev, il quale ha fatto rispondere che stava dormendo. Erano solo le 9, ma dormiva ed era irraggiungibile fino all'indomani mattina: anche il Presidente francese si è infuriato; l'amico francese non ha voluto aspettare. Fretta di rientrare? Troppo sicuro che l'essenziale fosse di firmare, qualsiasi cosa, ma firmare? Non è così, pensa Misha, che si negozia. Non è così che ci si comporta con gli amici. Ho visto questo documento. Ho visto le annotazione manoscritte dei due presidenti, georgiano e francese. Ho visto il secondo documento, sempre firmato da Sarkozy e affidato a Condi Rice, a Brégançon, affinché lo consegnasse a Saakashvili. Ho visto infine il memorandum di note redatte in serata da parte georgiana e giudicate vitali. Rice ha ottenuto — e non è un dettaglio — che fosse cancellata qualsiasi allusione al futuro «statuto» dell'Ossezia. Ha ottenuto — e non è trascurabile — che fosse precisato che il «perimetro ragionevole» — all'interno del quale le truppe russe erano autorizzate, nel primo documento, a continuare il pattugliamento per garantire la sicurezza dei russofoni della Georgia — divenisse un perimetro di «qualche chilometro». Ma dell'integrità territoriale della Georgia non si parla in alcun documento. Quanto al legittimo aiuto portato ai russofoni, tremiamo all'idea dell'uso che ne sarà fatto quando saranno i russofoni dell'Ucraina, dei Paesi Baltici o della Polonia a ritenersi minacciati a loro volta da una volontà «genocida»... È l'americano Richard Holbrooke, diplomatico di grosso calibro e vicino a Barak Obama, ad avere l'ultima parola: «In questa vicenda aleggia un cattivo odore di pacificazione forzata e di accordi di Monaco». O siamo capaci di alzare veramente la voce e di dire, in Georgia, basta a Putin. Oppure, l'uomo che è andato, secondo le sue stesse parole a «inseguire fin nei cessi» i civili ceceni, si sentirà in diritto di fare la stessa cosa con qualunque suo vicino. È così che si devono costruire l'Europa, la pace e il mondo di domani? (traduzione di Daniela Maggioni) Bernard-Henri Lévy 20 agosto 2008
-
Inizio OT La mia auto ... ovviamente ... una Renault Mégane marcia come un orologio svizzero, da 12 anni!!! Fine OT
-
Notizia, se vera, sensazionale!!! Dal link: http://www.corlobe.tk/article10109.html riporto: Le croiseur lance-missiles Moskva aurait été endommagé en Georgie Par Rédacteur en chef Publié le 20 août 2008, dernière mise à jour le 20 août 2008. Un certain nombre de navires de la flotte russe de la mer Noire, qui ont participé aux opérations en Georgie, ne sont toujours pas rentrés à Sébastopol parce qu'ils doivent réparer les dégâts infligés par l'artillerie côtière georgienne, indique une agence de presse ukrainienne. Un correspondant de l'agence privée ukrainienne UNIAN a appris cette information de militaires impliqués dans les opérations. Cette source ajoute qu'actuellement, une équipe de généraux et de hauts gradés de l'état-major général russe et de l'état-major de la marine travaillent sur les navires de la flotte de la mer Noire. A ce jour, la marine russe a signifié à l'Ukraine que ces navires ne rentreraient pas avant le 22 aout. Selon des sources internes rapportées par la télévision de la marine ukrainienne, les résultats de la mission en Georgie de la flotte russe de la mer Noire seraient les suivants : "Une frappe de missiles par des navires russes a coulé le bateau lance-missiles Tbilisi et sérieusement endommagé un autre. L'artillerie côtière georgienne a répliqué. Les frappes d'artillerie ont mis hors service le petit croiseur lance-missile Mirazh et le petit navire de lutte ASM Murometc." "8 membres d'équipage russes ont été tués et 10 autres blesses. Des informations non-confirmées indiquent que le croiseur lance-missiles Moskva a aussi été endommagé." Le Moskva est le bâtiment amiral de la flotte de la mer Noire, quartier-général du contre-amiral Aleksandr Kletskov, et de son état-major. La télévision de la marine ukrainienne n'avait aucune information sur des marins georgiens tués au combat. Source : UNIAN Vi metto il link per la traduzione: http://it.babelfish.yahoo.com/ __________ La Turchia fa già parte della NATO: forse ti confondi, non fa parte dell'UE!
-
Sai, a volte, la Storia si ripete! Capitò la stessa cosa alla Cecoslovacchia nel 1938, quando alla Conferenza di Monaco, la Francia e l'Inghilterra, sebbene alleate della predetta nazione, ne permisero lo smembramento a favore della Germania di Hitler, nell'illusione che fosse l'unico mezzo per evitare la guerra e salvare la pace! Dopo appena un anno, scoppiò la 2^ Guerra Mondiale! Dai uno sguardo ai link seguenti: http://it.wikipedia.org/wiki/Conferenza_di_Monaco http://cronologia.leonardo.it/ugopersi/acc...ordo_monaco.htm
-
Guarda la 2^ bandierina, , partendo da sinistra: la lingua di Molière è, da sempre, la lingua della diplomazia!!! Peraltro, trovo molto sgradevole e poco elegante, dover parlare tenendo sempre una patata bollente in bocca, come è necessario fare, per utilizzare l'idioma dei sudditi di Sua Maestà!!! Non amo neanche la lingua che usa correntemente il mio barboncino, come tutti gli altri cani, d'altronde: comunque, Rikis, il barboncino in argomento, mi è molto utile e mi fa sempre da interprete, quando incontro un turista teutonico!!!
-
E no, se parli di lingue "maggiori", ti dai la zappa sui piedi e fai il gioco di chi vuole imporre il trilinguismo: inglese, francese e tedesco!!! L'unica alternativa al predetto "trilinguismo" è, ed a questa fa riferimento infatti Berlusconi, l'utilizzo delle 23 lingue ufficiali dell'unione europea, vedi link che segue: http://europa.eu/abc/european_countries/la...es/index_it.htm Quanto sia pratico, poi, utilizzare 23 lingue per qualsiasi operazione in ambito europeo, lo lascio decidere a voi!!! P.S. La mia opinione non è neanche il caso che la esponga, per chi mi conosce, no?!
-
Capisco che sono tutte parole sprecate, comunque, mi sentirei di chiedere a codesti parlamentari russi (se si sentono di rappresentare il popolo russo, sicuramente saranno stati eletti alla Duma, magari nel partito di Putin!) come mai tutti, TUTTI, nessuno escluso, i popoli dell'Est europeo, anche quelli, come i baltici, che avevano l'onore di far parte dell'URSS, tanto beneficati dai russi, dal dopoguerra fino alla caduta del Muro di Berlino, come mai, dicevo, TUTTI questi popoli odiano i russi!!! E lo so per esperienza personale e familiare diretta (mia moglie è lituana ed io, personalmente, ho viaggiato parecchio nell'Europa dell'Est, sia all'epoca dell'URSS, sia recentemente).
-
Afghanistan: 10 soldati francesi uccisi
picpus ha risposto a picpus nella discussione News Aviazione
D'accordissimo con te!!! Sostengo Sarkozy da anni e anni (quando qui, in Italia, era del tutto sconosciuto ai più) e da anni e anni Sarkozy, nel suo partito, ha fatto la fronda a Chirac ed al suo gruppo di potere: alla fine l'ha spuntata ed alla grande!!! -
Dal link: http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...35740girata.asp riporto: 19/8/2008 (7:21) - INTERVISTA AL PRESIDENTE GEORGIANO Saakashvili: "Putin preparava da mesi l'attacco" «Prima dell'invasione rifatta una ferrovia per i rifornimenti» UWE KLUSSMANN TBILISI Presidente Saakashvili, il suo Paese ha perso una guerra nel giro di pochi giorni. Perché ha cominciato queste operazioni militari contro la provincia ribelle dell’Ossezia del Sud? «Metà Ossezia del Sud è sempre stata sotto il controllo georgiano. Ma non è questa che interessa Mosca, bensì l’intera Georgia. A giugno i russi hanno rinnovato una linea ferroviaria nella provincia ribelle dell’Abkhazia e lì hanno portato quantità enormi di carburante. Adesso sappiamo che serviva per le loro truppe». Avevate altri segnali di un’imminente azione militare russa? «All’inizio dell’estate abbiamo avuto l’informazione che i russi volevano portare 200 carri armati in Abkhazia e che nel Nord del Caucaso tenevano sotto osservazione tutti i georgiani. All’inizio di agosto i separatisti dell’Ossezia del Sud hanno cominciato a sparare sulle nostre truppe di pace, uccidendo due uomini e ferendone sei. Ciò nonostante io ho dato l’ordine di non rispondere al fuoco. Il 7 agosto abbiamo saputo che 150 carri armati russi avanzavano dall’Ossezia del Nord verso l’Ossezia del Sud. Puntavano ai villaggi georgiani controllati da noi, dietro ai quali c’è la capitale dell’Ossezia del Sud, Zkhinvali. Di lì avrebbero potuto procedere verso la Georgia in qualunque direzione». La sua descrizione dei fatti è molto controversa. I russi sostengono di aver dovuto proteggere la loro gente dalle truppe georgiane. Quello che è certo, è che avete usato l’artiglieria pesante facendo soffrire la popolazione civile. «Volevamo fermare le truppe russe prima dei villaggi georgiani. Mentre i nostri carri armati avanzavano verso Zkhinvali, i russi l’hanno bombardata. Loro, non noi, l’hanno ridotta in macerie. Noi abbiamo distrutto solo tre edifici: il Parlamento, da dove avevano sparato, il Ministero della Difesa e il palazzo del governo della cosiddetta Repubblica dell’Ossezia del Sud». Lei pensa che, dopo questa guerra, osseti e abkhazi vogliano avere ancora qualcosa a che fare con la Georgia? «La questione non è se loro torneranno da noi, ma se noi andremo da loro. Quei posti sono della Georgia. Che ne è delle centinaia di migliaia di profughi? I russi fanno pulizia etnica. E poi Tskhinvali è distrutta, lei pensa che gli osseti del Sud possano tornare a viverci?». Putin vuole ricostruire la città con mezzi russi. «Questo è cinismo». Lei pensa che Putin voglia far cadere il Presidente della Georgia? «Sì. I leader russi hanno detto sia al presidente francese Sarkozy sia al segretario di Stato Usa Condoleezza Rice che senza il mio ritiro non ci sarà accordo per la soluzione del conflitto. Ciò significa che, se Saakashvili vuole salvare la testa, deve rinunciare all’Abkhazia e all’Ossezia del Sud. Ma io non rinuncerò a territori georgiani per restare in carica». Il presidente Bush ha assicurato il suo appoggio al vostro Paese. Questo la aiuterà a resistere a Mosca? «La presa di posizione di Bush è stata molto forte e per molti versi non ha precedenti. Ma anche questa situazione è senza precedenti. Non avrei mai pensato che i russi sarebbero penetrati in Georgia con le loro truppe in questa misura». Quali ulteriori aiuti si aspetta dagli americani? «Il segnale più importante è che ci aiutino a tenere aperti i porti e gli aeroporti, i russi hanno cercato di bloccare il nostro accesso al mare». Che cosa voleva ottenere Mosca con l’invasione? «Il collasso economico della Georgia. Vuole scatenare il panico per trovare poi qualche elemento politico nel Paese che dica: il Presidente deve andarsene, perché dobbiamo soffrire a causa di quest’unico uomo? La Russia è di nuovo diventata forte e vuole prendersi quello che a suo giudizio le spetta. Ma noi combatteremo fino alla fine, finché l’ultimo soldato russo non ha lasciato il suolo georgiano. Non capitoleremo mai». Molti in Occidente pensano che adesso sarà difficile per la Georgia entrare nella Nato. «In questo momento ho altro cui pensare. Devo salvare il mio Paese»
-
Afghanistan: 10 soldati francesi uccisi
picpus ha risposto a picpus nella discussione News Aviazione
Dal link: http://www.ilfoglio.it/soloqui/902 riporto: 20 agosto 2008 Dottrina Sarkozy Tbilisi, Mosca e Kabul. Così l’Eliseo anticipa l’Europa che vorrebbe La Francia ha subito le sue più gravi perdite dall’inizio della guerra in Afghanistan, ma la morte per mano dei talebani di dieci soldati di Parigi non ferma la “totale determinazione” di Nicolas Sarkozy. Il presidente francese ieri ha annunciato il suo arrivo nella capitale afghana per assicurare ai militari che “la Francia è al loro fianco” e dimostrare la volontà di proseguire l’impegno per sconfiggere il terrore. Nessun piagnisteo, perché la guerra è guerra, anche se è asimmetrica o fatta di imboscate e attentati. Nessun nascondersi dietro missioni di pace: i soldati sono in Afghanistan per combattere i talebani e sono stati uccisi compiendo “il loro dovere fino al sacrificio supremo”. Nessun vociferare di ritiro o di riduzione del contingente, ma la conferma della promessa fatta al vertice della Nato di Bucarest in aprile che un battaglione in più sarà presente per rafforzare la missione Isaf. “La Francia è risoluta nel proseguire la lotta contro il terrorismo, per la democrazia e per la libertà”, ha detto ieri Sarkozy: “La causa è giusta, ne va dell’onore della Francia e delle sue forze armate di difenderla”. In altre parole, sostenere l’Afghanistan nel suo abbozzo di democrazia e stabilizzazione rende necessaria questa guerra, per quanto lunga, dolorosa e drammatica. Come ha più volte spiegato Sarkozy, “è dovere di tutti i democratici aiutare il popolo afghano. La sua vittoria è la vittoria di un mondo libero” contro il totalitarismo islamista e a favore di un islam di pace e tolleranza. Volando immediatamente a Kabul, come a Mosca dieci giorni fa per interrompere l’aggressione russa contro la Georgia, Sarkozy accenna all’Europa che non c’è: gli Stati Uniti d’Europa con obiettivi geostrategici chiari, valori davvero universali e la schiena dritta. Mentre Germania, Italia e Spagna si trincerano nelle regioni pacifiche in Afghanistan, i francesi, i britannici e gli est europei combattono – e muoiono – al fianco degli americani nel sud e nell’est afghani. Mentre a Berlino si litiga sulla politica russa, Roma è in vacanza alle Maldive e Madrid se ne infischia, Sarkozy strappa un cessate il fuoco alla Russia, Londra minaccia le relazioni con Mosca e la Nuova Europa corre in soccorso a Tbilisi. L’Europa e la sua politica estera rimarranno uno sogno fino a quando tutti i suoi membri non capiranno che, in questo mondo di nuove potenze e persistente islamismo, ci vuole una leadership coraggiosa come quella di Sarkozy.