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"Campini Caproni"


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"Campini Caproni" L'Avventura Italiana nella corsa alla propulsione a reazione

Campini Caproni CC.2 (Museo storico di Vigna di Valle)

“I cinquecento chilometri all'ora, ormai superatissimi, diverranno fra pochi anni comuni a tutti gli aeroplani. Noi ne siamo tanto convinti che guardiamo ancor più lontano e studiamo, non solo sulla carta, le strabilianti possibilità del volo ad alta quota.” Dietro la dichiarazione un po’ oscura fatta da Italo Balbo al Senato il 19 maggio 1931 si celano le origini del Campini-Caproni, il candidato italiano nella gara per la propulsione a reazione scatenatasi sul finire degli anni Venti e giunta a compimento oltre un decennio dopo.
Nel gennaio 1931 il Ministero dell’Aeronautica aveva infatti ricevuto dall’ing. Secondo Campini (Bologna 1904- Milano 1980) una relazione su di un nuovo propulsore che prometteva di dare agli aerei quote e velocità molto alte. In estrema sintesi, Io schema proposto da Campini prevedeva prima la captazione e la compressione dinamica spontanea dell’aria per effetto del moto relativo; poi una seconda compressione meccanica; poi il riscaldamento dell’aria compressa; e infine, l’espansione dell’aria e il suo rilascio per generare la spinta.
Laureatosi in ingegneria civile nel 1928 e autore nel 1930 di studi sulla propulsione a reazione apparsi sulla rivista L’Aeronautica, nel 1931 Campini costituì a Milano la ditta “Velivoli e Natanti a Reazione” (VENAR), depositando brevetti per aviogetti nel gennaio e luglio 1932. Il primo frutto concreto dei suoi studi fu un “motoscafo a reazione”, realizzato con la società milanese Costruzioni Meccaniche Rìva che vantava una lunga esperienza nel settore idraulico.
I risultati delle prove effettuate a Venezia nei primi mesi del 1932 dimostrarono che il sistema Campini, azionato da un motore d’aviazione Asso 200, dava prestazioni non inferiori a quello classico. Ciò indusse l’Aeronautica a stipulare il 5 febbraio 1934 con la VENAR un contratto di lire 4.500.000, poi registrato al N° 12 di repertorio, per la fornitura entro il 31 dicembre 1936 di due aerei più una fusoliera di prova “con propulsione a reazione sistema ‘Campini”. Per la costruzione, Campini, che non disponeva di officine, raggiunse un accordo con I’ing. Gianni Caproni, al quale sin dal 29 gennaio 1931 aveva esposto i princìpi del suo sistema propulsivo. Per oltre un decennio il lungimirante ing. Caproni avrebbe sostenuto questo e gli altri progetti di Campini con un’ampiezza di risorse tecniche e finanziarie ben superiori a quelle contrattualmente previste.
Costituito presso la Aeroplani Caproni di Taliedo il Centro Sperimentale Campini, i lavori iniziarono a fine 1934. Pur prevedendo la possibilità di azionare i compressori con motori a scoppio o a turbina, nella pratica Campini preferì non affrontare le sfide metallurgiche della turbina a gas, scelta che si rivelò fortemente limitafiva nel lungo termine. Nel maggio 1935 Campini richiese un motore Isotta Fraschini Asso XI R: essendo questo in fase sperimentale, la Direzione Generale delle Costruzioni Aeronautiche (DGCA) offrì invece un Asso 750R, con il quale furono effettuate nel 1936 prove a punto fisso. La scelta di realizzare subito l’aereo completo (del quale al momento del contratto esisteva solo uno schema di massima) dilatò tempi e costi. Ciò costrinse Campini a chiedere il 9 luglio 1937 al sottosegretario Valle di differire la consegna e concedere una revisione del prezzo del 25-30% a copertura dell’analogo aumento dei costi verificatosi nel corso della costruzione. Il contratto fu quindi modificato con atto aggiuntivo N° 551 del 27 dicembre 1937, portando la data al 31 dicembre 1938 ed il corrispettivo a lire 5.220.000 (+16%). Anche la nuova data si rivelò ottimistica, ed i ritardi accumulati da Campini consentirono all’Heinkel He. 178V1 tedesco di diventare il 27 agosto 1939 il primo jet della storia. Il suo turboreattore HeS.3b da 450 kg di spinta era stato progettato da Hans von Ohain, che nell’aprile 1936 aveva avviato la costruzione di un prototipo che costò circa 1.000 marchi e girò al banco già nel marzo 1937.

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Nel marzo 1940 giunsero infine a Taliedo gli Asso L.121 RC40 da 900 CV con architettura di 12 cilindri a V, visibilmente diversa dai 18 cilindri a W dell’Asso 750. Il motorista Casalini iniziò le prove a terra il 28 giugno ed il 26 luglio Campini segnalò alla DGCA che i due apparecchi erano “pronti per essere sottoposti alle prove contrattuali”. Come collaudatore fu ingaggiato il celebre Mario De Bernardi, che effettuò la prima uscita sul campo di Limite l’8 agosto:
i 60’ di rullaggio servirono per mettere a punto il carrello e stimare la corsa di decollo Alla seconda prova, svoltasi alle 19.35 del 27 agosto, De Bernardi decollò: i 10’ di volo segnalarono una tendenza a picchiare. Diminuita l’incidenza dello stabilizzatore, il 16 settembre fu effettuato il primo volo prova contrattuale. Giorni dopo, De Bernardi cadde nell’ascensore in albergo, fratturandosi un tallone e bloccando i voli per diverso tempo. Dopo una pausa durante la quale furono effettuate solo prove a terra, i voli ripresero l'11 aprile 1941. Circa un mese più tardi, il 15 maggio, volava il Gloster E.28/39 britannico, propulso da un turbogetto W-1 da circa 385 kg di spinta, progettato da Frank Whittle. Da questa tecnologia, esportata in America su richiesta del gen. Arnold, sarebbero scaturiti i motori a getto statunitensi: pur avendo sviluppato turbocompressori avanzatissimi, i tecnici americani non si erano infatti accorti della stretta parentela tra questi ed i turbogetti.

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Heinkel He 178

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Gloster E.28/39

Il 1° giugno il Campini-Caproni effettuò il sesto volo, della durata di appena 5’, per una presentazione al sottosegretario Pricolo in visita a Taliedo nell’ambito di una più ampia ispezione delle industrie aeronautiche del nord Italia. Avendo dato noie, nel corso dell’estate 1941 il motore fu sostituito, ma nei primi voli (19-20 ottobre) anche quello nuovo fece purtroppo registrare scoppi e vibrazioni. Revisionati carburatori, punterie e moltiplicatori di giri, De Bernardi trasportò i primi passeggeri di jet al mondo, Ving. Pedace (5 novembre) e il comm. Guasti (29 novembre).
Il volo del 5 novembre, di ben 60’, servì per verificare la possibilità di trasferire il prototipo a Guidonia in volo. Essendosi deciso lo sfruttamento promozionale dell’evento, furono convocati i crono metristi ufficiali e i fotografi dell’Istituto LUCE. Pedace, appassionato di filatelia, ottenne l’annullo postale speciale e creò il primo trasporto di posta con velivolo a reazione. Il Campini-Caproni decollò da Linate alle ore 14.47 48” del 30 novembre 1941 ed atterrò a Guidonia alle 16.58’ 42”, coprendo quindi i 475,554 km tra i due scali in 2h 11’ 24” ad una velocità media di 217,147 km/h. La distanza effettiva fu in realtà maggiore, in quanto il maltempo impose un dirottamento su Pisa, naturalmente senza atterraggio. Un anno dopo, il gen. Federico Zapelloni, presidente della RUNA, comunicava a De Bernardi che la Federazione Aeronautica Internazionale aveva iscritto il volo nella lista ufficiale delle “prove controllate”. Per il riconoscimento del primato, aggiunse Zapelloni, si sarebbe dovuto àttendere che la Commissione Sportiva potesse riunirsi per deliberare l’istituzione dell’allora inesistente categoria “aerodine a reazione”.

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Il primo trasporto di posta al mondo fatto con aerei a reazione si effettuò in Italia. Un altro bel record per il Campini Caproni, ai cui comandi c'era il pilota Mario De Bernardi.

Presso il centro sperimentale di Guidonia il Campini-Caproni fece solo pochi voli per il rilievo delle caratteristiche, modeste in conseguenza della formula motoristica e della mole. Accantonato in hangar, fu poi fatto saltate dai tedeschi in data imprecisata. Il 18 giugno 1944 il suo relitto fu esaminato dallo Squadron Leader F.E. Pickles, inviato dal Ministry of Aircraft Production britannico presso l’intelligence della MAAF per riferire sullo stato della propulsione a reazione in Italia. Pickles compilò un rapporto preliminare e curò l’invio del relitto al RAE di Farnborough, dove giunse nell’ottobre 1944. Nel gennaio 1946 fu immagazzinato per uso museale, ma nel novembre 1947 se ne decise l’alienazione a causa della corrosione oramai avanzata. Fu quindi trasferito sulla base RAF Newton e ivi demolito nel 1949. Parti della fusoliera e della sezione compressore furo furono notate nel 1951 presso un demolitore di Nottingham: è l'ultima segnalazione certa.
Impiegato per le prove statiche, il secondo Campini-Caproni uscì dall’officina nel 1941 ed effettuò poche prove a terra e poi un volo contrattuale il 31 agosto 1941. Mai inviato a Guidonia, sopravvisse alla guerra in ottime condizioni ed è oggi esposto al Museo Storico dell’Aeronautica quale testimonianza di una scommessa tecnologica, affascinante anche nella sfortuna.

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Immagini relative al volo Linate Guidonia del 30 novembre 1941

Gli altri Campini

Sebbene impegnato nella costruzione del suo primo velivolo, Campini non rinunciò a concepire anche altre macchine, Il 17 dicembre 1935 ottenne un brevetto americano, rimasto senza esito, per un aereo a reazione con compressore centrifugo bistadio azionato da un motore radiale. Nel marzo 1939 propose alla DGCA i progetti per i bombardieri trimotori d’alta quota CS.3 e CS.4, incontrando però un atteggiamento di prudente attesa dettato dai forti ritardi accumulati nella costruzione del Campini-Caproni: in pratica, la decisione di rinviare tutto a dopo il completamento delle prove sull’aereo già ordinato, Nel febbraio 1942 seguirono le propostie per caccia e bombardieri bimotori, respinte sia nelle versioni convenzionali che in quelle con unità Campini. Nello stesso anno l'ing. Campini progettò anche due mini sommergibili monoposto, su commissione della Regia Marina, azionati da idrogetti con una potenza di 1000 cv e un dislocamento di 7 tonnellate per una velocità prevista di 30 nodi e autonomia di 1000 km; i prototipi ultimati con i propulsori già collaudati andarono distrutti nel 1944 per ragioni belliche. Durante la guerra Campini studiò anche l’elicottero a reazione siglato CS.5/CS.6 (1940) e una turbina a gas da 350 CV con compressore centrifugo a 8 stadi e turbina a 9 stadi, da abbinare a un’elica (ordinata nel 1942 in due esemplari, si arrestò per gli eventi armistiziali dopo la costruzione di pochi pezzi sperimentali). Dai principi Campini i giapponesi trassero il motore Tsu-11, azionato da un motore a pistoni da 100 CV e destinato alla bomba volante pilotata Okha 22, che non vide però impiego operativo. Riportato a Milano il proprio ufficio tecnico, nel 1945-46 Campini studiò, sempre con il sostegno della Aeroplani Caproni, una turbina a gas di tipo industriale ed un’auto-elicottero con motore alternativo CNA da 120 CV o una turbina Campini. Su richiesta del Governo Americano disegnò un turbogetto da 6000 kg di spinta a grande autonomia, studiò la sostituzione dei 4 motori a elica del bombardiere Northrop YB-35 con dei turbogetti e la costruzione del bombardiere strategico B-49. L'Ing. Secondo Campini si spense a Milano il 7 febbraio 1980.


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Dati Tecnici

Monoplano sperimentale ad ala bassa, completamente metallico. Fusoliera, di forma pressochè cilindrica, con struttura a ordinate e correntini e doppio rivestimento in alluminio, consistente in quattro sezioni (presa d’aria; condotto e alloggiàmento del compressore; tronco centrale, con motore e cabina stagna; sezione di coda con camera di combustione), l’ultima delle quali foderata internamente in acciaio inossidabile. Abitacoli indipendenti in tandem, con doppi comandi e tettucci individuali scorrevoli all’indietro; strumentazione normale per la condotta del volo.
Ala in un solo pezzo, di forma ellittica e profilo spesso, nel quale si retraevario verso l’esterno le gambe del carrello con ammortizzatori oleo-pneumatici e freni pneumatici. Due longheroni, al 15% e al 59% della corda; centine a traliccio in profilati con fori di alleggerimento. Ipersostentatori in quattro sezioni.
Piani di coda bilongherone. Timone ed equilibratore compensati dinamicamente Deriva e stabilizzatore collegati alla fusoliera con tre attacchi ciascuno. Ruotino posteriore reso retrattile dopo i primi voli. Unità propulsiva Campini con compressore assiale a tre stadi retorici e tre statorici, ciascuno rispettivamente con 15 palette a passo variabile idraulicamente in volo e 16 palette a passo variabile a terra, azionata da un motore alternativo mediante moltiplicatore di giri sostitutivo del riduttore e completata in coda da un vaporizzatore-bruciatore e spina Pelton mobile a comando idraulico per variare le dimensioni dell’ugello di scarico. Raffreddamento del motore tramite radiatore posto dietro il compressore.



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Conclusioni sul Campini Caproni

Come il colpo di un fucile che "reagisce" rinculando all'azione del suo proiettile che esce a forte velocità, nei motori a reazione (o motori a getto) la spinta propulsiva viene ottenuta grazie all'eiezione ad alta velocità della massa dei gas di scarico ma anche dalla espansione dell'aria scaldata e che viene espulsa a una velocità maggiore rispetto all'entrata (d'altronde anche le normali eliche funzionano allo stesso modo, accelerando all'indietro la massa d'aria che ne attraversa il disco delle pale in rotazione).
Il motoreattore di Secondo Campini è da considerarsi più un ibrido che un vero e proprio propulsore a getto: un motore a combustione interna di tipo alternativo, nel nostro caso un Isotta Fraschini L. 121/R.C. 40 da 900 CV faceva funzionare un compressore composto da 2 eliche intubate, seguite da una elica raddrizzatrice del flusso per renderlo il più possibile privo di turbolenze; degli iniettori disposti su un anello (bruciatori) immettevano kerosene, la cui combustione aumentava il volume della massa gassosa e la velocità di scarico.
Era una soluzione tecnologicamente interessante, ma strutturalmente diversa rispetto ai turboreattori tedeschi come il Messerschmitt Me-262, che al posto del motore alternativo avevano un compressore azionato da una turbina posta sul getto di uscita dopo la camera di combustione.
Inoltre in questo tipo di motori il riscaldamento dell'aria sotto pressione non avviene direttamente tramite gli iniettori, ma attraverso più camere di combustione che riscaldano l'aria per conduzione, soluzione piu' efficace. Inoltre nei turbogetti il rendimento aumenta al crescere di quota e di velocità, mentre i motori alternativi endotermici (come quello di Campini) hanno il loro miglior rendimento al livello del mare e hanno bisogno di un ulteriore compressore per operare ad alta quota, data la rarefazione dell'aria. Il motore progettato da Campini aveva molti altri difetti, quali il peso, l'ingombro, la complessità del tipo di motore impiegato per azionare il compressore, il basso rendimento del bruciatore (comunque vicino al limite tecnologico per il suo tempo) e la potenza notevolmente limitata. (Info Tratte da Ali D'Italia (Giorgio Apostolo) - www.museoscienza.org)


Contributi Video

Secondo Campini
Campini-Caproni CC-2

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Ospite intruder
O Regiofili (amanti della Regia Aeronautica, nda), quando vi metterete in testa che:

-Questo aereo non era un vero jet.

-Questo aereo era un bidone.

 

 

Quoto. Il CC assomiglia alla Fauna di Ediacara, un esperimento che è finito lì perché non aveva sbocco.

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O Regiofili (amanti della Regia Aeronautica, nda), quando vi metterete in testa che:

-Questo aereo non era un vero jet.

-Questo aereo era un bidone.

Kometone, Kometone, mi mancavano i tuoi commenti al vetriolo...

Come darti torto d'altre parte...L'aereo italiano s'è rivelato un esercizio di progettazione privo di sbocchi...

Il difficile nel fare un turboreattore efficiente era soprattutto in quello che nel Campini non c'era: la turbina.

Anche fare un compressore efficiente non è assolutamente cosa facile...e in effetti a bordo c'era una specie di ventola intubata a 3 stadi più che un vero e proprio compressore...Anche il bruciatore non era molto avanzato...

Comunque è da apprezzare lo sforzo e l'inventiva italiana nell'affrontare i problemi in modo...alternativo.

 

Scrivi più spesso però e non fare il desaparecido! :P

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In effetti la propaganda fascista lo ha fatto passare alla storia come un velivolo a reazione, a me sembra solo un aereo con eliche intubate...

 

Come dice il buon Flaggy, detto il furbo, fu un buon esercizio di tecnica, sempre da ammirare l'inventiva di un ingeniere. :adorazione:

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O Regiofili (amanti della Regia Aeronautica, nda), quando vi metterete in testa che:

-Questo aereo non era un vero jet.

-Questo aereo era un bidone.

 

Allora, prima di tutto voglio porgerti i miei più sinceri saluti, fa piacere vedere che tra una caldaia ed un'altra trovi il tempo di elargire le tue preziose gemme di saggezza; seconda cosa se avrai letto per bene il topic (Cosa di cui dubito ) ti sarai reso conto che alla fine sono stati riportati tutti i problemi e i limiti tecnici di cui era afflitto il Campini Caproni (Quindi il topic aveva una funzione puramente informativa, non penso che si debba parlare solo degli aerei migliori ), terza cosa, il tuo modo di commentare in modo molto "Costruttivo" fa raccapponare la pelle (Per non dire cose che verrebbero censurate) ed infine dimenticavo di dire per quelli che non ti conoscono che se non si parla di un aereo con le svastiche, non sei contento, quindi evita di leggere i topic non inerenti agli aerei Crucchi!!! ;)

Modificato da Blue Sky
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Saluti a Flaggy e Blue, sarò presente a tratti causa connessione ridicola ed un nuovo hobby domenicale hihi... Beh ma io non parlavo del tuo topic, molto dettagliato come al solito, ma mi rivolgevo a quelli che lo esaltano nonostante fosse, obiettivamente, un progetto sbagliato. Che tra parentesi, sono gli stessi che credono al RE.2007 e magari anche agli ufo della Luftwaffe.

Modificato da Kometone
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