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Dave97

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  1. Dave97

    Tecnica del Volo

    Grazie della spiegazione. e ne approfitto per ulteriori richieste di chiarimenti.. Questo concetto lo intuisco se ci riferiamo ad un'ala alta tipo P66C, C172,C182, PA18 mi riesce già più difficile intuirlo su un PA28, Cap10 perchè sono ali basse e il piano orizzontale è leggermente più in alto dell'ala. Mi sembra molto più difficile da capire su un Piper PA38 che è un'ala bassa con il timone di profondità a T(come il 104). Ora trattandosi di aerei che ho avuto il piacere di piltare, posso garantire che tutti alzano il muso quando si estendono i flaps. Se non chiedo troppo,sarebbe possibile avere qualche ragguaglio in più ?
  2. Dave97

    Pavarotti è morto

    condoglianze alla famiglia. Ciao Luciano.
  3. Dave97

    Evoluzione?

    Beh, no! perchè non ero stato io a tirar fuori quella statistica, ma il mio amico NAVigator; che è un'ira di Dio nell'inventarsi situazioni comiche. Non sapevo neanche che fosse stata pubblicata su Focus, che tra l'altro leggo qualche volta. Io avevo ricamato molto sulla storia della security e comunque non aveva nessuna velleità statistica, semplicemente serviva a scaricare la tensione del nostro amico!!
  4. Ho trovato anche l'articolo su volare del gennaio 1999: Titola : PAN x 4 Quattro campioni di acrobazia in volo con le frecce. Sergio Dallan,Giorgio Marangoni, Tommaso Marzetti e Irene Pasini hanno accolto con entusuasmo l'invito delle frecce tricolori.
  5. Dave97

    Tecnica del Volo

    Scusa Flaggy ma trattasi di errore di scrittura ? Se c'è una cosa di cui sono sicurissimo è che subito dopo l'estensione dei flap sul borso d'uscita, l'aereo tende ad alzare il muso, quindi a cabrare. PS: Se non ti fidi, possiamo sempre scommettere un volo. PS2: grazie per i diagrammi allegati..
  6. Dave97

    Evoluzione?

    Questo passaggio mi era sfuggito. Beh, Unholy penso di non sbagliare affermando che una struttura DNA sia più facile da assemblare per un ricercatore Genetico che dal Caos e dalla casualità.
  7. Dave97

    Evoluzione?

    Premetto che sono cattolico, anche se non praticante ed i motivi li ho spiegati in un altro topic. Quindi non vorrei essere frainteso, in questo momento parla il tecnico e non il cattolico. Se partiamo dal presupposto che esista un creatore che sia Dio o un alieno evolutissimo non vedo che differenza possa esserci se non di Definizione. Però’, e l’ho già detto, consideriamo il fatto che nel nostro piccolo, anche noi stiamo cercando di perfezionare macchine che in qualche modo emulano il nostro corpo, anche noi stiamo ipotizzando di (ri)portare la vita su Marte. L’’Ereditarietà è una delle caratteristiche principali dei software evoluti ! PS: Pensa che stavo chiedendomi chi mai fosse l’utente Super moderatore
  8. Dave97

    Tanti auguri!

    AUGURONI AD ENTRAMBI Happy Birthday
  9. Dave97

    Evoluzione?

    Bravo, ed è proprio qui che volevo arrivare. Stimare le probabilità reali ( e non in condizione di Override) che un determinato evento possa verificarsi. Allora partiamo dal fatto che nel nostro universo sconfinato, si stimano qualche miliardata di pianeti, dei quali qualche milionata potrebbero (e sottolineo potrebbero) ospitare forme di vita simili alla nostra, o più evoluta. Perché deve essere considerata più seriamente la possibilità che la nostra forma di vita sia nata per caso , considerando che le probabilità che tutti gli elementi costituenti il nostro DNA possano trovarsi nello stesso posto , in condizioni ottimali , e combinarsi casualmente a formare una struttura così complessa , quando la probablità che questa possa essere stata assemblata altrove è decisamente superiore. Hai fatto l’esempio delle scimmie scrittrici. Bene, lo so che era solo un’esempio. Ma realmente,quante probabilità ci sono affinché che tutto ciò avvenga ? Praticamente Zero. La cosa buffa di questa discussione, è che l’avevo buttata lì senza tante pretese, a furia di leggere esempi basati sulla casualità ed il caos, da tecnico (deformazione professionale) mi sto rendendo conto che è molto più probabile che la nostra forma di vita sia arrivata da altre parti. Comunque è interessante Mi permettete di aggiungere un simpatico aneddoto sulla casistica ? Qualche mese fa, un mio carissimo amico –pilota e collega doveva recarsi in IRAN per sistemare alcuni problemi software su alcune macchine. Era preoccupatissimo. Un paio di sere, prima della sua partenza, ci siamo ritrovati a cena con tutto il nostro gruppo acro. Nonostante l’allegra compagnia, si vedeva che era tesissimo. Allora abbiamo iniziato a ca@@eggiare sulle probabilità che sul suo volo potessero essere imbarcati terroristi armati. Chiaro il tentativo di tranquillizzarlo, facendo leva sulla bassa probabilità che un simile evento potesse verificarsi. Continuando ad estremizzare sulle casistiche, ad un cero punto siamo arrivati alla conclusione che la probabilità che DUE diversi gruppi terroristici possano trovarsi a bordo dello stesso aereo armati di bombe , è praticamente impossibile.. Conclusione, se vuoi davvero essere sicuro che sul tuo volo non vi siano terroristi armati (di bombe) devi salire a bordo dell’aereo con una bomba. Poi la discussione è degenerata decisamente sul ridere, quando abbiamo iniziato ad ipotizzare come spiegare alla security, che tu stai salendo a bordo dell’aereo armato di bomba solamente perché vuoi abbassare le probabilità che qualche altro male intenzionato possa trovarsi sullo stesso volo. Ok, è solamente un’ esempio goliardico, che ha raggiunto perfettamente il suo scopo, far sorridere una persona che era visibilmente preoccupata.
  10. Dave97

    Evoluzione?

    Beh questo è impossibile Uguagliare le performance del cervello umano, è assolutamente impossibile. Almeno fino ad oggi e secondo me anche per i prossimi 10 anni.
  11. Dave97

    Evoluzione?

    Gia!! bello spunto! In definitiva noi (l'uomo) , nel nostro piccolo , stiamo facendo la stessa cosa. Solo che noi siamo partiti con il silicio, qualcun'altro , più evoluto, potrebbe essere partito con il carbonio.
  12. Dave97

    Evoluzione?

    Scusa Wolf, ma questo cosa vuol dire, se io prendo i pezzi di un V8 Ferrari , li piazzo( rigorosamente in modo caotico) in uno scatolone posto su una piattaforma in grado di muoversi su 3 assi per 360° la lascio girare per qualche anno, e mi ritrovo con un V8 F1 perfettamente funzionante ? Sta teoria del Caos mi sembra un po’ troppo fantasiosa. Magari poi sbaglio… Ci sono milioni e milioni di sassi che vagano per l'universo, che uno possa entrare in collisione rientra semplicemente nelle probabilità ( e difatti ce ne sta arrivando un'altro sulla capoccia)
  13. Dave97

    Tecnica del Volo

    Credo che ci sia stato un piccolo malinteso Quando ho scritto che non volevo sporcare l’articolo mi riferivo al fatto che non volevo allegare la mia introduzione e l’articolo in questione nello stesso post. Non era mia intenzione monopolizzare l’intero Topic, e ci mancherebbe altro quindi ben vengano interventi di curiosi, se posso.. in caso contrario ci sono esperti aerodinamici che se la caverebbere sicuramente meglio di me Io ti fornisco la risposta da pilota amatoriale. Allora supponiamo che tu abbia una velocità di 80 kts, sei in arco bianco, in configurazione pulita, e ad un regime di giri ben determinato. Estendi i flap sulla prima posizione (15°). Aumentando la portanza a causa dell’aumento del cp, a pari velocità puoi diminuire l’angolo di incidenza, quindi abbassare il muso. Ovvio che devi tener conto anche dell’aumento della resistenza Quindi: scendere mantenedo gli 80 kts: devi abbassare il muso Livellato mantenendo 80 kts : abbassi il muso e aumenti la trazione fino a compensare l’aumento della resistenza rispetto alla configurazione pulita. Salire mantenendo 80 kts : aumenti la trazione
  14. Dave97

    Tecnica del Volo

    Gli ipersostentatori La prima funzione degli ipersostentatori, come dice il nome, è di aumentare il coefficiente di portanza (Cp) massimo dell' ala, in modo da abbassare la velocità di stallo e da ampliare verso il basso il campo di velocità entro cui far volare l'aereo. La necessità di abbassare la velocità di stallo è particolarmente sentita sui grossi aerei commerciali, senza di essi, il decollo e l'atterraggio di questi aerei richiederebbe velocità proibitive e piste di lunghezza spropositata. L'altra funzione degli ipersostentatori, indissolubilmente legata alla prima e spesso non meno importante, è aumentare il coefficiente di resistenza (Cr) dell' ala, così da permettere la discesa lungo traiettorie più ripide, funzione più sfruttata dagli aerei leggeri. Gli aerei di linea scendono infatti lungo sentieri strumentali che hanno una pendenza di circa 3° e, qualora abbiano necessità di scendere rapidamente durante il volo in rotta, possono ricorrere ai diruttori e agli aerofreni. Gli aerei leggeri, viceversa, vengono più sovente impiegati a vista su piste di natura e lunghezza le più disparate; per l'avvicinamento a certe piste e a certe aviosuperfici devono spesso seguire traiettorie ripidissime che consentano di superare gli ostacoli e contemporaneamente di prendere terra quanto più possibile vicino all'inizio della pista. Per gli aerei leggeri il necessario aumento di resistenza è ottenuto con l'estensione dei flap alla massima angolazione. La maggiore importanza assunta dalla possibilità di aumentare il Cr piuttosto che il Cp di questi aerei è messa in evidenza dal fatto che la riduzione della velocità di stallo ottenuta con i flap alla massima angolazione è contenuta entro valori assai modesti (3+ 15 nodi). I diversi tipi di Flap: plain flap o fIap semplici. costituiti da porzioni del bordo d'uscita dell'ala incernierate in modo da potersi deflettere verso il basso con angolazioni massime comprese tra 40° e 50°. Permettono aumenti di Cp del 50 per cento, ottenuti solo dall'aumento di curvatura del profilo. slotted flap o flap a fessura. Quando vengono estesi, tra il bordo di uscita dell'ala e il bordo di entrata dei flap si apre una fessura di forma ben determinata, che consente a una parte del flusso ventrale a pressione maggiore di passare sul dorso, dove la pressione è decisamente minore. La deviazione del flusso aumenta l'energia dello strato limite sul dorso dei flap. L'aumento di Cp è dell'ordine del 70 per cento, ottenuto in parte per l'aumento di curvatura del profilo e in parte per l'aumento dell'energia dello strato limite. split flap o flap di intradosso, costituiti da due superfici piane incernierate sotto il bordo delle semi ali, che possono essere deflesse verso il basso con angolazione simile a quella dei plain flap. L'aumento di Cp, ottenuto per aumento di curvatura del profilo, è tuttavia leggermente maggiore (circa il 60 per cento) di quello generato dai plain flap grazie al fatto che l'estensione degli split flap lascia intatta la superficie superiore dell'ala. La sostanziale differenza aerodinamica tra i plain flap e gli split flap risiede nella maggiore resistenza generata da questi ultimi anche ai piccoli angoli di estensione. Infatti, quando si estendono dividendosi dal ventre dell'ala ("to split" significa dividere), provocano una separazione tra il flusso dorsale e il flusso ventrale, e creano perciò una scia turbolenta a valle del bordo d'uscita, che si traduce in un aumento di resistenza di forma. Fowler flap (così chiamati dal nome del loro ideatore), quelli aerodinamicamente più efficaci, ma hanno lo svantaggio di essere complicati e costosi. Durante la prima parte dell'estensione scorrono all'indietro, dando luogo a un aumento della superficie alare che genera un considerevole aumento di portanza a fronte di un trascurabile aumento di resistenza (assetto particolarmente adatto per il de collo). Successivamente, oltre a continuare a scorrere all'indietro con conseguente ulteriore aumento della superficie alare, si deflettono anche verso il basso, dando luogo a un aumento della curvatura del profilo, e contemporaneamente aprono una fessura che consente il passaggio di un notevole flusso aerodinamico dal ventre al dorso. Grazie all'effetto combinato degli aumenti di superficie, di curvatura del profilo, e di energia dello strato limite, i Fowler flap permettono incrementi del Cp di circa il 100 per cento. Aumenti di Cp ancora maggiori si realizzano con Fowler flap a doppia o tripla fessura Alette del bordo d'attacco Gli ipersostentatori a controllo dello strato limite sono gli slat o alette del bordo d'attacco. Quando sono retratti, gli slat restano a contatto con l'ala e ne formano il bordo d'attacco; al momento dell'estensione aprono una fessura opportunamente sagomata che costringe parte del flusso ventrale a passare sul dorso, così come succede durante l'azionamento degli slotted flap. Molto usati sugli aerei commerciali, nell'ambito degli aerei leggeri, gli slat furono impiegati sui Morane francesi, ma oggi sono praticamente scomparsi. Consigli d'uso Vediamo ora come e quando è conveniente usare i flap durante le varie fasi del volo con gli aerei leggeri. Rullaggio. Durante il rullaggio e la prova motore prima del decollo, specialmente con aerei ad ala bassa e su terreni a fondo naturale, i flap devono essere retratti, per evitare che possano essere danneggiati da sassi o altro materiale lanciato all'indietro dalle ruote o dall' elica. Decollo. Per i decolli normali da piste asfaltate e di lunghezza esuberante, l'impiego dei flap è generalmente superfluo. Durante i decolli da campi corti e/o a superficie naturale, quando è auspicabile staccare le ruote al più presto per favorire l'accelerazione e superare gli eventuali ostacoli, i manuali di volo suggeriscono di solito di estendere i flap all'angolazione che consente il miglior compromesso tra l'aumento di portanza e l'aumento di resistenza. Dopo il decollo, i flap vanno retratti non prima che l'aereo abbia accelerato alla velocità che consente il sicuro sostentamento anche con l'ala pulita. Salita. Durante la salita, i flap devono normalmente essere retratti, in quanto l'aumento di resistenza indotto dalla loro estensione fa sempre e comunque diminuire l'efficienza dell'ala, e perciò il rateo di salita. Crociera. Durante la crociera normale, i flap devono essere retratti perché l'aumento di resistenza indotto dalla loro anche parziale estensione limiterebbe la velocità e aumenterebbe il consumo. In certe condizioni, però, l'estensione parziale dei flap può diventare conveniente: per esempio, durante il volo a bassa quota con la visibilità vicina alle minime, quando è bene ridurre la velocità in modo da avere più tempo per individuare gli ostacoli e gli elementi che consentono di riconoscere il terreno. La parziale estensione dei flap, oltre ad aumentare la protezione dallo stallo senza aumentare sensibilmente la resistenza, induce anche un abbassamento del muso che consente migliore visibilità anteriore. Un altro caso è l'inversione di rotta da effettuare entro uno spazio angusto, per esempio una valle stretta, quando è necessario ridurre la velocità per ridurre il raggio di virata, e l'estensione dei flap diventa indispensabile per diminuire la velocità di stallo e mantenere su di essa il dovuto margine di sicurezza. Discesa. L'impiego dei flap in discesa risulta utile o controproducente a seconda di come si vuole scendere. Se si deve scendere sfruttando al meglio l'efficienza dell'ala, come quando accadesse di avere il motore in avaria, i flap non devono mai essere usati (in caso di planata con il motore piantato i flap vanno estesi quando si è certi di raggiungere il punto di contatto prescelto). Se invece si desidera scendere lungo una traiettoria più ripida senza acquistare eccessiva velocità, i flap diventano indispensabili. Avvicinamento. Durante i normali avvicinamenti, i flap vanno inizialmente estesi nella prima posizione circa a metà del braccio di sottovento, dopo il rallentamento dell'aereo alla velocità di avvicinamento. Va ricordato che il limite superiore dell'arco bianco dell'anemometro rappresenta la velocità massima permessa con i flap totalmente estesi, per cui la prima tacca può essere estesa anche a velocità maggiori, a volte dichiarate dal costruttore. Una volta iniziata l'estensione, però, la velocità va accuratamente mantenuta entro l'arco bianco, così da evitare indebite sollecitazioni delle strutture dei flap e dell'ala. La posizione in cui portare i flap prima del contatto è essenzialmente funzione della natura della pista e degli ostacoli antistanti. Se la pista è corta e/o ha il fondo poco buono e/o ha ostacoli prossimi alla testata, i flap devono senz'altro essere portati alla massima angolazione. Se invece la pista è di lunghezza esuberante e ha il fondo in buone condizioni, si può tranquillamente atterrare anche con i flap in una posizione intermedia, che però è bene sia di almeno 20°+25°. Atterraggio. L'atterraggio risulta tanto più breve quanto maggiore è l'estensione dei flap, in quanto l'aumento di Cp permette di toccare a bassa velocità, e l'aumento di Cr abbrevia il galleggiamento dopo la richiamata. Il cambio di assetto cui deve essere sottoposto il velivolo al momento della richiamata è tanto maggiore quanto maggiore è l'estensione dei flap. Nel caso in cui la richiamata venga eseguita dopo un avvicinamento con i flap alla massima estensione e con il motore al minimo, data la forte pendenza della traiettoria, la manovra di raccordo va eseguita con precisione perché, richiamando troppo tardi si rischia di non azzerare in tempo il rateo di discesa e di sbattere violentemente, mentre richiamando troppo presto, a causa della repentina diminuzione di velocità provocata dalla forte resistenza, si rischia di portare l'aereo in stallo quando è ancora alto sulla pista. Riattaccata. In riattaccata valgono le stesse considerazioni fatte per il decollo. Dopo aver dato la massima potenza e aver portato il muso sopra l'orizzonte per interrompere la discesa, i flap vanno retratti. La retrazione, pur dovendo essere eseguita quanto più presto possibile per ridurre la resistenza e consentire all'aereo di accelerare e di salire, deve comunque sempre essere subordinata al raggiungimento dei valori di velocità che consentono il sostentamento anche senza flap. . R.Trebbi
  15. Dave97

    Evoluzione?

    Vabbè, se un giorno dovesse capitarti l'occasione di sviluppare algoritmi che emulano alcune delle funzioni elementari del corpo umano (riconoscimento oggetti, sistemi antropomorfi, etc.etc) sono convinto che cambierai idea.
  16. Dave97

    Pilot Reports

    G59 le ali della memoria Fa fresco in questa serata romana di fine maggio. La calma e il silenzio sono finalmente ritornati sull' aeroporto di Pratica di Mare al termine di una delle giornate più intense vissute finora da questa base. Infatti fin dalle prime ore del mattino è stato un crescendo di arrivi inconsueti ed emozionanti. Un'efficientissima organizzazione per il controllo del traffico aereo ne ha cadenzato con cronometrica precisione gli atterraggi. Ora, terminata la frenesia di questo particolarissimo venerdì, sui piazzali e sulle vie di rullaggio è impressionante l'allineamento di centinaia di sagome e coccarde giunte da tutto il mondo per festeggiare, domenica, i 75 anni della nostra Aeronautica. "Eurofighter", "Viggen", "Draken", "Mirage", F-15, F-18, lo' sgraziato ma simpatico "Skyvan", quasi un brutto anatroccolo tra tanti cigni. E ancora pattuglie acrobatiche, elicotteri, AWACS, "Tornado" e moltissimi altri ancora. Ogni sigla, ogni nome, ogni silhouette suscitano emozione, interesse, curiosità. Per me, però, la stella della Giornata dell' Ala è lui: il G.59. L'unico "warbird" dell' Aeronautica Militare ancora in volo. Nel G.59 "pulsa" lo stesso "cuore" dello "Spitfire" e del "Mustang", il famoso motore Rolls-Royce Merlin, accoppiato alla cellula di un aereo dell' Asse. Questo aeroplano rappresenta dunque la sintesi estrema dei caccia che hanno volato nel secondo conflitto mondiale. Fra poco dovrebbe fare la sua comparsa sul cielo di Pratica di Mare: dalla torre mi hanno appena comunicato che è già in contatto con il controllore radar di "Roma Arrivi". Nel silenzio della calma ritrovata dall' aeroporto, tendo l'orecchio per scoprire il brontolio del motore. E' invece il bagliore del sole riflesso dalla sua livrea argentea a tradirne per primo la presenza. Come in una scena d'altri tempi in un attimo il caccia è sul campo, passa veloce, a bassa quota lungo la pista, si impenna, estrae il carrello e con una virata si porta all'atterraggio. A zig zag, per poter vedere davanti a sé, il G.59 rulla e parcheggia al posto d'onore, davanti all'area che domenica ospiterà il Presidente della Repubblica, fra EFA e Blériot, sintetizzando così la storia della nostra Aviazione. Spento il motore il pilota scende. E' Pino Valenti, un simpatico parmigiano consumato dalla passione per il volo e per gli aeroplani. Gli tendo la mano. Mentre ci scambiamo una cordialissima stretta i nostri sguardi si incrociano e Valenti mi deve leggere nel pensiero, perché mi dice: «Forse il direttore della manifestazione vuol vedere in volo con me il programma acrobatico che presenterò domani e domenica?» . Di fronte ad una proposta simile gli occhi mi brillano immediatamente e rispondo entusiasta: «Magari!». «Bene, nei serbatoi c'è ancora carburante sufficiente per il volo, se mi autorizza possiamo decollare tra un quarto d'ora». Il tempo di una telefonata veloce in torre per coordinare l'utilizzo dello spazio aereo sopra Pratica di Mare ed eccomi qua mentre mi infilo nell'abitacolo di questo meraviglioso aeroplano. A dire il vero l'operazione non è delle più agevoli. La cabina è più ampia di quella di un "104", ma l'apertura superiore consente giusto il passaggio delle spalle. Una volta sistemato dentro stringo l'imbragatura del paracadute. Mentre compio queste azioni l'occhio torna a considerare quanto sia angusto lo spazio per uscire dall' abitacolo e a questo punto, come direbbe qualcuno, la domanda sorge spontanea circa l'utilità del paracadute. Ok, non ci pensiamo e andiamo avanti. A forza di passare migliaia di ore seduto ai comandi di aeroplani le cabine di pilotaggio mi sono diventate più familiari della mia stessa casa (come purtroppo sanno mia moglie e i miei figli). Qui però tutto congiura contro questa naturalezza e mi sento fuori posto, a cominciare da quel muso gigantesco puntato dritto verso il cielo che sembra volermi fare un looping già al parcheggio. L'abitacolo è poi un fiorire di leve e levette, interruttori, pannelli, tubi, tubicini e cavi di sapore arcaico. Leva verde per l'acqua, levetta marrone per l'olio Per non parlare infine degli strumenti: alcuni li ho visti al museo o sul G.91, altri li interpreto a fatica. Neanche la prima volta che mi sono seduto in un MiG-21, con le sue scritte in cirillico e con la filosofia tutta russa di disporre gli strumenti ed i comandi, mi sono sentito così fuori posto. Due "cicchettate", contatto; «Via dall'elica!», e quelle enormi pale cominciano a muoversi. Incantato, le guardo e mi tornano in mente le decine di elichette scala 1/72 (1/48 solo nei rari momenti di ampie disponibilità finanziarie) che da ragazzo incollavo delicatamente ai miei modellini. Improvvisamente mi rendo conto che sto per vivere un'esperienza unica che va al di là dei miei sogni di adolescente. Sogni fatti ad occhi aperti davanti ad un'enciclopedia di aviazione, ad un libro di aeronautica, o di nascosto durante le ore dei compiti davanti ad un fumetto della collana "Super eroica” Dopo neanche due giri il motore s'avvia, scuotendo poderosamente G.59. Uno sbuffo di fumo azzurrognolo invade l'abitacolo. Istintivamente cerco la levetta dell'ossigeno per metterla 100%, poi mi ricordo che non ho la maschera. Mi accorgo però che questo fumo non toglie il respiro, al contrario profuma di avventura! Nel frattempo Valenti ha chiesto l'autorizzazione rullaggio: «Dobbiamo accelerare il rullaggio» - mi dice nell'interfono «altrimenti il liquido di raffreddamento si mette a bollire». Entriamo in pista Durante la prova motore il Merlin ruggisce con tutta la potenza dei suoi 1.700 HP. L'aria entra prepotentemente. in cabina; con la manovella faccio scorrere il tettuccio in avanti (non esiste la posizione "bloccato" ), volendo si potrebbe decollare tenendolo aperto Autorizzati al decollo, Valenti porta dolcemente la manetta tutta avanti per non sfidare il mostro che ci romba davanti e che potrebbe portarci in un lampo fuori pista. Avverto il sapiente uso del piede da parte del pilota. A 40 kts prima magia: la coda si alza.Finalmente siamo in linea di volo e il mondo mi sembra più normale. A 90 kts stacchiamo. Su il carrello, acceleriamo ancora e saliamo fino a 3.000 piedi. Valenti aggiusta il motore mi legge i nuovi valori di RPM, PDA e quant'altro, tuttavia gli strumenti davanti a me continuano a rimanere di enigmatica interpretazione. Decido di concentrarmi su altimetro e anemometro per fissare i principali parametri. Picchiamo. La velocità aumenta e il rumore del motore cambia, si fa più intenso e acuto. A 500 ft, a 280 kts tiriamo su per un looping, con top su 3.000 ft. Una sfogata e ci ripresentiamo in rapida sequenza per otto cubano, tonneau in 4 tempi, volo a coltello. Complimenti Pino, una bella mano! Le manovre sono continue, pulite, pennellate. «Si potrebbe fare di meglio» ammette lui con la modestia dei professionisti – «ma far volare il G.59 è così costoso che non riesco a fare più di 20 ore l'anno». Facciamo una bella schneider e quindi, riguadagnati 3.000 ft, mi fa: «Comandante vuol provare lei?» «lo?!» esclamo colto di sorpresa. Subito mi vengono in mente le numerose storie di esperti piloti di jet che sono stati coinvolti in incidenti con aerei a pistoni. Ci penso un istante e poi dico «Ok. Pino, basta che le sue mani restino vicine ai comandi». «Anche i piedi»- risponde lui ridacchiando, «questo aereo si porta anche con quelli». Decido di "assaggiare" questo purosangue poco per volta, senza cercare di domarlo ma piuttosto assecondandolo nelle sue peculiarità. Un' occhiata ad altimetro e manometro mi dicono che siamo a 3.000 ft e 200 kts, la manetta è lì avanti e lì la lasciamo. Cominciamo con una timida sfogata: l'aereo risponde dolcemente. Inclino di più e mi allineo con la pista. A 1.000 ft e 260 kts azzardo una prima manovra verticale. Tiro su decisamente cercando il G-metro. Dov'è? Ma c'è? Comunque il sedere conferma 3 g e mezzo e questo riscontro mi tranquillizza. Rovescio, 3.200 ft, 120 kts: aspetto che il muso scenda sotto l'orizzonte e poi lo giro. Sono almeno 20° disallineato con la pista. Un'altra sfogata accentuata per rientrare in direzione opposta. Ad 80 kts Valenti spinge la cloche in avanti. Ok, ho capito, non più lento di così. Di nuovo sulla pista e giù in picchiata, il motore urla, 500 ft, 270 kts, 3 g e mezzo, cerco il conforto dell' orizzonte artificiale... lasciamo perdere! Prima del rovescio sento i 1.700 HP che tirano l'aereo di lato ed intervengo dolcemente di piede. Giù il muso, punto la pista e, cercando di coordinare piede e cloche, giro in otto cubano. Completo poi l'otto cubano dall' altra parte. Tiro un respirone e sono pronto per il looping. Giù di nuovo il muso per guadagnare qualche nodo in più A 290 tiro i 3 g e mezzo misurati con il solito strumento, lo stesso che mi suggerisce l'intervento di piede. Rovescio, 3.100 piedi, 130 kts, allineati. Arrotondiamo, l'aereo risponde docilmente. La velocità aumenta, lo avverto dal rumore del motore ma anche dal fruscio del vento che ora avverto distintamente. Mi accorgo così che l'orecchio non serve solo ad ascoltare le comunicazioni radio, le sirene di avvettimento o i "warning", ma che diventa anch'esso strumento essenziale per il controllo del volo. Resta il tempo per un paio di tonneaux a botte. Il primo è iniziato a 240 kts e da rovescio il muso tende a scendere un po' troppo; rilascio leggermente in avanti la cloche ricordandomi gli insegnamenti acrobatici basici: il tonneau è potenzialmente sempre più pericoloso del looping, se il muso scende da rovescio mai tirare, ma scaricare e ruotare! Riproviamo a 260 kts e questa volta la traiettoria è più corretta. Il tempo è letteralmente volato, è ora di atterrare. «Lo riprenda lei!» dico a Valenti. Mentre guardo la bella ala dritta con la coccarda tricolore che punta verso il cielo, il sole al tramonto tinge di rosso il maestoso disco dell' elica. Il pilota riduce motore, 20 di PDA, velocità 100 kts. Al flare l'aereo è ballerino, galleggia ed è bravo Valenti a toccare perfettamente allineato. Ridotta la velocità l'aereo si siede sulla coda ed a questo punto è possibile frenare. Siamo fermi dopo pochi metri. Un rapido contropista e poi sempre a zig zag rientriamo al parcheggio dove con un ultimo fremito l'elica si ferma. Nel complesso possiamo dire che le prestazioni del G.59 sono paragonabili a quelle di un MB.339, ma che differenza! Grazie dunque Pino Valenti per questa esperienza unica e indimenticabile, ma grazie soprattutto per avermi fatto riscoprire l'importanza dei sensi nel pilotaggio, quei sensi che le moderne tecnologie ed una certa enfasi addestrativa non fanno più sviluppare nei piloti di oggi. Rivista Aeronautica del giugno 1998
  17. Dave97

    Evoluzione?

    Premesso che nella mia sintetica e semplicistica introduzione, avevo ben specificato che si trattava di una semplice idea provocatoria e non di una rivoluzionaria teoria destinata a sconvolgere tutte le nostre attuali conoscenze. Però…… Esiste sempre un però, anche quando le cose sembrano scontatissime ed in questo caso di scontatissimo non v’è nulla. L’evidenza scientifica - Facciamo un piccolissimo passo Indietro ? Qual’era il modello atomico di riferimento,riconosciuto da tutti gli scienziati sebbene contrastasse con le più semplici (si fa per dire) leggi di fisica meccanica, prima che un Genio di nome Albert Einstain introducesse la rivoluzionaria teoria sulla relatività ? L’esempio ha solamente lo scopo di sottolineare che anche il più illustre degli scienziati, quando si trova di fronte ai limiti imposti dalla nostra (umana) conoscenza , è costretto ad accettare dei compromessi. Comunque devo dire che torniamo al Topic sull’egoismo. Preferisco la teoria fantasiosa che prevede l’innesto dell’uomo sulla terra, piuttosto che pensare ad una teoria basata su caos e casualità solamente perché da tecnico (egoista), mi piace pensare che tutta questa perfezione non sia solo frutto di caos e alla casualità. PS: Comunque grazie a tutti per aver partecipato a questa discussione (provocatoria). Devo confessare che quando Wolf ha aperto questa discussione ero terrorizzato dall'idea di trovare post del tipo "BEVI MENO"
  18. Dave97

    Paura di volare

    ' mazza che fortuna!!!! PS: per questo W.E. stai lontano da Ravenna , per piacere...
  19. Stabilire chi ha sbagliato è difficile senza conoscere la corretta sequenza della manovra. A naso, guardando il video al rallenty, e comparando le posizioni dei velivoli 2 e 3 rispetto al numero 1 che è frontale, mi sembra che il due sia in anticipo rispetto al 3.(bisognerebbe disporre di una differente inquadratura) Ma la cosa che mi lascia più perplesso, e si nota meglio dalla sequenza fotografica, è che nessuno dei tre abbia tentato la benché minima manovra evasiva; anche il terzo aeroplano, quello superstite, passa nella nuvola di rottami generata dall’incidente degli altri due.(magari è solamente un’illusione dovuta all’effetto schiacciamento )
  20. Dave97

    Saluti...

    Benvenuto
  21. Dave97

    salve

    Benvenuto
  22. Dave97

    Salve

    Benvenuto
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