AIM-54 Phoenix

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Dopo la cancellazione del progetto F6D Missileer e del previsto missile AAM-N-10 Eagle, l’esigenza di un’arma adatta ad intercettare su lunghe distanze i bombardieri nemici si era fatta  pressante. Verso la fine degli anni ’60  iniziò così lo sviluppo dell’AAM-N-11, utilizzabile col nuovo sistema di controllo del fuoco AWG-9. Esisteva un progetto precedente adatto allo scopo, l’AIM-47 Falcon, già impiegato dall’intercettore sperimentale YF-12. Il nuovo missile era però più grande e pesante pur ricalcando le linee classiche della famiglia Falcon. Lo sviluppo del vettore previsto, l’F111B, venne interrotto, sostituito dal nuovo F-14 Tomcat. Il progetto del missile proseguì con la nuova sigla AIM-54. Nel 1965 iniziarono le prove e l’arma raggiunse la capacità operativa iniziale nel 1974.

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L’AIM-54A Phoenix, soprannominato “Buffalo”, è un missile di grandi dimensioni, circa 4 metri con una apertura alare di 92 cm ed un diametro di 38 cm, pesante 447 kg. Il motore è un Rocketdyne MK 47 a stadio singolo con una durata di combustione di 27 secondi in grado di assicurare una velocità massima di 3,8 Mach a quote medie. Può essere lanciato da aerei in volo fino a 1,6 mach, 15000 metri di quota e in fase di manovra fino a 6G. Il tempo di lancio è di soli 3 secondi. La portata nominale, vero punto di forza, è di 161 km (efficace 136), con una quota di tangenza di 25000 metri. L’F-14 può lanciare fino a 6 Phoenix. Il sistema di controllo del fuoco, l’AN/AWG-9 a impulsi Doppler, in modalità TWS può tracciare fino a 24 bersagli contemporaneamente, selezionando i 6 più pericolosi per poi attaccarli simultaneamente entro un raggio di 96 km. Per i lanci a lunga distanza il missile adotta una traiettoria “loft” in cui l’autopilota dirige il missile in salita ad altissima quota. Qui il Phoenix raggiunge velocità di oltre 4 mach (un AIM-54 è stato telemetrato a 4,4 mach a 24000 metri), data la minima resistenza aerodinamica, e prosegue il volo in crociera. La batteria interna ha una durata di circa 3 minuti. Il sistema AN/DSQ-26 riceve aggiornamenti periodici via data-link sulla posizione del bersaglio attraverso la guida semiattiva (SARH). Non è necessaria l’illuminazione continua: il sistema inerziale mantiene i parametri per 14 secondi. Quando il Phoenix è giunto a 18 km dal previsto punto d’impatto, attiva il radar interno ad impulsi Doppler e si autoguida sul bersaglio. Nel caso di ingaggi a breve raggio (da un minimo di 3,9 km di distanza) il missile attiva subito il radar e salta la fase intermedia. La testata è massiccia: una Mk82 “continuous rod” da 60 kg con raggio di efficacia di 15 metri, attivata da spolette multiple di prossimità radar, IR e ad impatto. Disegnato per la difesa a lungo raggio contro bombardieri ad alta quota, può essere impiegato anche contro missili da crociera poco manovrabili come i Kipper, Kangaroo e Kitchen. Secondaria è la possibilità contro caccia. Vantaggi: i modelli più vecchi di RWR non segnalano la modalità TWS e quindi non allertano il pilota dell’attacco in corso. Il tipo di traiettoria rende il missile stesso difficile da localizzare visivamente. Ne sono stati prodotti circa 2600 fino alla fine degli anni’70, dei quali 284 per l’Iran privi di alcuni “modi”di funzionamento e con minori ECCM.

Durante la produzione sono stati introdotti diversi miglioramenti volti ad incrementarne l’efficacia contro bersagli a bassa quota sul mare (RID=Reject Image Device), contro bersagli veloci ad altissima quota (HAP=High Altitude Performance) ed è stata migliorata la resistenza contro le ECM (EAG=Extended Active Gate).

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Nel 1977 è stata prodotta la variante AIM-54B, di più semplice, economica fabbricazione, con alette a struttura laminare invece che a nido d’ape e sistema di condizionamento termico/idraulico differente.

Le prove del missile costituiscono una pietra miliare nella storia dei missili aria-aria. Il Phoenix nel corso di lunghi test si è dimostrato in grado di attaccare bersagli singoli o multipli, ad altissima quota come al livello del mare, contromanovranti, con impiego di ECM, a distanze di oltre 100 km. Nel corso delle prove, su 76 AIM-54 lanciati, i bersagli colpiti sono stati 57 (11 test non validi): una percentuale di successi dell’88%. Fino al 1980 erano stati lanciati 155 missili con una percentuale di successi salita al 92%.

Nel test contro bersaglio singolo alla massima distanza, un Phoenix è stato lanciato da 203 km di distanza contro un bersaglio simulante un Backfire in avvicinamento a mach 1,55 e 16000 metri di quota, equipaggiato con ECM. Il bersaglio è stato distrutto dopo che il missile aveva percorso ben 134 km.

Nella famosissima prova del 1973, volta a dimostrare la possibilità multibersaglio, un F-14 lanciò una salva di 6 AIM-54 in 38 secondi contro 6 bersagli (2 dei quali a velocità supersonica) a distanza di oltre 80 km a quote e velocità differenti. Uno dei bersagli ebbe un malfunzionamento e non venne considerato. Dei 5 restanti 4 vennero centrati (80%).

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L’AIM-54 si dimostrò capace di impegnare bersagli Bomarc in volo a 2,8 mach fino a 25000 metri di quota e missili da crociera a soli 15 metri. Le capacità nel dogfight vennero testate contro un QF-86 in virata a 6G. L’AIM-54 lo centrò dopo aver eseguito una manovra a 16G.
Le ditte coinvolte (Grumman e Hughes) avevano così dimostrato le capacità dell’aereo e del missile ed ottenuto le commesse previste. Il missile aveva reso l’F-14 Tomcat il caccia più temuto dall’Unione Sovietica, i cui pianificatori dovevano ora affrontare un problema insolubile.

Una analisi obiettiva dei test avrebbe potuto evidenziare, però, diverse anomalie.

Il missile AIM-54 accelera molto lentamente e la massima velocità viene raggiunta solo al termine della combustione. Nei lanci a distanze elevate la salita alla massima quota implica un avvicinamentro al bersaglio piuttosto lento e la scia è visibile a molte decine di km di distanza. Nel test l’autopilota venne modificato per far salire il missile a ben 31500 metri per ridurre la resistenza aerodinamica al minimo. Il missile, lanciato da 203 km, ha richiesto ben 157 secondi dal lancio per raggiungere i 134 km. Una velocità media di appena 2,9 Mach. Nonostante il fatto che fosse stato lanciato dall’F-14 a 1,45 mach e alla quota di 13400 metri. Il BQM-34E bersaglio era in avvicinamento frontale a 1,5 Mach. Se avesse impostato una variazione di velocità, rotta, quota o si fosse perso nel clutter ?

Il test multibersaglio era stato, a dir poco, addomesticato. I bersagli sono stati disposti ad arte, in coppie cadenzate con velocità tali da presentarsi tutti “all’appuntamento” coi missili in volo, al punto di convergere verso l’F-14 per non rischiare di uscire dal cono di scansione e annullare la prova. Le quote, le distanze, le velocità erano calibrate con le capacità del sistema di controllo del fuoco, con separazioni massime in quota di soli 1500 metri. Nonostante tutte le precauzioni, uno dei missili ha mancato un BQM34 a causa di un guasto all’antenna. Degli altri 5, uno è passato nel raggio letale e tre sono stati presi in pieno (2 QT33 e 2 BQM34). Il bersaglio più veloce (BQM34E a 1,2 mach) è uscito di rotta ed è sparito dal cono di scansione. Il missile non è riuscito a seguirlo. Il ritardo nella scansione e nell’aggiornamento dati implicava che l’F-14, in un attacco reale, sarebbe stato ben all’interno della portata delle armi nemiche ed avrebbe dovuto interrompere l’attacco, mancando quasi tutti i bersagli.

Il fascio semiattivo (SARH) viene diretto per un tempo limitato sul bersaglio (spot lighting), poi passa al successivo e così via. Dopo aver fatto questo per tutti i bersagli, ritorna sul primo nella nuova posizione “stimata”dal computer. Il problema è evidente: se il bersaglio cambia rotta, il radar non lo trova e il missile non può essere aggiornato. Una virata di soli 30° e una variazione di quota verso il basso provocano immediato “break-lock”(beaming manouever). Una maggiore separazione verticale dei bersagli obbliga a modificare il campo di scansione del sistema AWG-9. Velocità più alte rendono difficile il tracciamento a causa del “timeshare” della guida SARH. Non ci è voluto molto prima che i piloti degli F-15 ed F-16, in esercitazioni congiunte, prendessero l’abitudine di “ignorare i lanci dei Phoenix“.

L’esperimento venne ripetuto nel 2003: su 6 missili 2 non partirono proprio, 1 ebbe un malfunzionamento al motore e solo 3 funzionarono come previsto.

La prova di “dogfight” è stata eseguita contro un QF-86 a 0,8 mach da 17 km di distanza. Il missile ha acceso subito il radar di autoguida. 4 secondi dopo il lancio, il bersaglio ha iniziato una violenta virata a 6G verso il basso (da 4500 a 2700 metri di quota) tentando il break-lock. Il missile lo ha raggiunto dopo che aveva già virato di quasi 180°. Il Phoenix era a motore attivo e in piena accelerazione. L’F-86 non è un caccia in grado di sostenere manovre estreme senza perdita di velocità. Come si sarebbe comportato il missile dopo 100 km a motore spento contro un Mig-29 in virata a 9G ? L’AIM-54 è in grado di sostenere fino a 20G a bassa quota ma la configurazione è simile a quella del Falcon e, unita al peso, preclude una manovrabilità elevata. L’attacco in picchiata migliora le prestazioni terminali ma complica la geometria di attacco e i problemi di clutter. A bassa quota il missile non è nel suo ambiente naturale. La resistenza aerodinamica è molto alta e una manovra correttiva finale a pochi metri dal suolo può risultare impossibile.

Oltre a tutto ciò, il peso di 6 missili con i lanciatori arriva a 3600 kg impedendo non solo un atterraggio sicuro ma pure il decollo in condizioni di motore in avaria. La resistenza aerodinamica, soprattutto quella generata dai piloni alari è altissima, tanto da impedire il superamentro di 1,2-1,3 Mach e penalizzare enormemente l’accelerazione, la velocità di salita, l’autonomia ed imporre l’uso del postbruciatore nel corso di ogni manovra di attacco. Così il Phoenix è stato quasi sempre trasportato in soli due esemplari, vanificando almeno in parte le capacità multibersaglio. L’affidabilità dei missili impiegati nei test, non ha trovato riscontro nella produzione successiva. Si stimava nel 40% la percentuale di missili funzionanti. Un rapporto al congresso del 1980 indicava, nelle simulazioni, una probabilità di successo non superiore al 50%. A fronte di un costo che ha superato il mezzo milione di dollari, con punte di oltre un milione. La tecnologia del tempo (la stessa dello Sparrow) rendeva i missili troppo sensibili all’ambiente marino e di manutenzione difficoltosa. Spoletta e motori risultarono inaffidabili. Contro bersagli a bassa quota le capacità erano modeste. Nel 1980, si stimava un SSKP del 5% contro missili antinave e del 10% contro velivoli. La dotazione di missili, infine, era sufficiente per armare ogni F-14 con solo 4 missili e per una sola volta.

L’AIM-54A Phoenix in combattimento.
E’ quasi incredibile che un missile di tali capacità non abbia quasi mai trovato impiego in combattimento, ma le ragioni sono evidenti. Trasportato solo dall’F-14, non ha mai trovato i bersagli per cui era stato concepito. Le regole di ingaggio e il problema dell’identificazione sicura dei bersagli ne hanno impedito l’impiego sulle lunghe distanze. E a corto e medio raggio i missili AIM-7 e AIM-9 erano più leggeri, efficaci e meno costosi. Così l’impiego maggiore è avvenuto con l’aeronautica Iraniana. Per lungo tempo si è sostenuta la versione ufficiosa (ma passata per ufficiale) secondo cui i tecnici della Grumman avevano manomesso i missili e il sistema radar degli F-14, prima di lasciare il paese. Vi sono varie versioni della stessa storia, ma poche prove concrete. Vi sono invece prove del lancio e trasporto dei missili durante la guerra contro l’Iraq. Le cifre degli abbattimenti sono sicuramente esagerate (oltre 60, in un caso un missile avrebbe centrato 4 caccia in formazione serrata!), ma il missile è stato apprezzato ed è diventato l’incubo dei caccia iracheni, al punto che il semplice avviso di “aggancio“ degli RWR era sufficiente a provocare la fuga. Gli iraniani secondo le stime disponevano al massimo di una cinquantina di missili operativi. I successi reali durante la guerra Iran-Iraq restano indeterminati. In almeno un caso, l’abbattimento di un Tu-22 sarebbe stato seguito da un AWACS.

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La seconda generazione: l’AIM-54C
Il missile necessitava di un miglioramento. L’evoluzione della minaccia richiedeva ora di affrontare bombardieri tattici, caccia e missili da crociera a bassa quota. L’arrivo del regime islamico in Iran e la conseguente compromissione dei segreti dell’arma avevano aggravato ulteriormente il problema. Nel 1977 era iniziato lo sviluppo dell’AIM-54C Improved Phoenix, secondo le previsioni 4 volte più potente del precedente e molto più affidabile. La produzione è partita nel 1982 con test operativi eseguiti l’anno dopo. Già nel 1984 la marina americana ha dovuto rifiutare una fornitura per pessima manifattura e carenze nei controlli di qualità e 150 missili sono stati ricostruiti a spese della Hughes. Come conseguenza, ancora nel 1985, vi erano solo 66 AIM-54C in inventario. La capacità operativa iniziale (IOC), conseguita nel 1986, non trovava riscontro nei continui ritardi che l’arma accumulava. I difetti erano a carico della spoletta, del motore, dell’elettronica interna. Di 318 AIM-54C prodotti nel 1982-83, 240 (75%) risultarono avere spolette inaffidabili. Diversi errori erano imputabili anche al personale. Solo nel 1987, risolti i problemi principali, è partita la produzione in grande serie. Il prezzo troppo elevato, secondo il Pentagono 3 volte superiore al reale, ha portato nel 1986 alla scelta di una seconda ditta fornitrice (Raytheon): il prezzo è calato col tempo da 800.000 a 500.000 $.

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L’AIM-54C è dotato di elettronica solid state, di un nuovo sistema di guida digitale WGU-11/B, un processore di segnali digitale programmabile e un nuovo autopilota con sistema di navigazione inerziale strap-down. Questo consente una guida a comando-inerziale più precisa, simile a quella dell’AIM-120 e migliori prestazioni contro bersagli multipli ravvicinati e veloci ad alta quota. Il nuovo missile dispone del motore Aerojet MK 60, sempre a stadio singolo, con minori emissioni di fumo e più potente. La velocità massima arriva a 4,5 Mach (oltre 5 Mach ad alta quota). La quota di lancio arriva a 18000 metri. La portata efficace è superiore, da un minimo di 3,5 a oltre 148 km con una tangenza operativa di 30500 metri. Le ECCM sono migliorate con l’introduzione della modalità HOJ per autoguidare il missile contro le sorgenti di disturbo. E’ possibile anche il lancio fin dall’inizio in tale modalità, senza aggiornamenti intermedi, su rilevamento JAT (jam angle track) con minore precisione. Dal 1983 è dotato di una nuova testata di 60 kg WDU-29/B a frammentazione controllata del 20-25% più efficace, in una cellula dal peso superiore, 458-462 kg (a seconda del modello). Il radar è dotato di un nuovo trasmettitore TWT derivato dall’apparato dell’AIM-120, con ridotti lobi laterali, scansione su 120°, maggiore portata ed è in grado di tracciare meglio bersagli in “beam aspect”. Le prestazioni nel “dogfight”sono migliorate grazie ad un rilevatore DSU-28/B Doppler più preciso anche in presenza di chaff/ECM e contro bersagli più piccoli (0,5 mq) e a bassissima quota, anche su terra e in avverse condizioni meteo. Nel 1984 è stato provato con successo contro un RGM-84 Harpoon. Il missile è di nuova produzione o ricavato per conversione dei precedenti AIM-54A. Dotato di sistema di autodiagnosi (BIT), presenta il 15% di componenti in meno ed è di più facile manutenzione.

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L’AIM-54C+ (Sealed o Dry Phoenix), prodotto dal 1986 , ha risolto il problema del riscaldamento aerodinamico dei missili trasportati, con un sistema di compensazione interna della temperatura. Precedentemente era lo stesso F-14 a fornire il liquido necessario ad evitare il danneggiamento dell’elettronica.

Nel 1988, il modello è stato dotati di migliori sistemi ECCM e ridefinito AIM-54C ECCM/Sealed. L’affidabilità complessiva era garantita del 66% superiore all’AIM-54A.

Dal 1990 al 1992 i Phoenix sono stati forniti di parte dei miglioramenti previsti per il modello D. Hanno memorie riprogrammabili elettronicamente, che permettono le modifiche al software senza smontare l’intero missile. Prima il rimpiazzo richiedeva un anno. Le nuove memorie rimpiazzano 45 chip sostituendoli con 6 ultraveloci, in metà spazio, con doppia memoria. Ricavati per modifica dei missili esistenti. Sono talvolta indicati come AIM-54C++

L’AIM-54D avrebbe costituito un notevole miglioramento, con memorie riprogrammabili, miglioramenti alle spolette, trasmittente radar TWT a più alta potenza con raggio d’azione molto superiore. Provato con successo nel 1990 in un attacco frontale, non ebbe seguito.

L’AIM-54C in combattimento
Nel 1999 il missile AIM-54C è stato per la prima volta impiegato dagli Stati Uniti in combattimento. Nella prima occasione 2 F14D hanno lanciato da 100 km 2 Phoenix contro una coppia di Mig-25 in volo a Mach 2 che hanno virato subito allontanandosi fuori portata. Nella seconda, due lanci alla massima distanza contro un Mig-23 (o 25) sono anch’essi andati a vuoto.

La produzione è terminata nei primi anni ’90 con oltre 5000 pezzi (metà dei quali AIM-54C), a fronte di 7000 richiesti. L’elettronica era ormai “datata” e il missile vecchio. Diverse cricche scoperte nei motori avrebbero potuto provocare l’esplosione del missile al momento dell’accensione. Anche i modelli più recenti avevano ormai oltre 10 anni. Il missile ha lasciato il servizio nel 2004, prima ancora dell’F-14. E’ stato proposto invano per armare i P-3 Orion giapponesi e persino i bombardieri B-1. Anche la proposta per un F-15 modificato non ha lasciato i tavoli da disegno. Alcuni esemplari hanno ritrovato, di recente, nuova vita per ricerche aerodinamiche.

AIM-54 Phoenix 09

AIM-54 Phoenix 10

by Gian Vito
2010

 

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