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Guerra di Corea


Lussi

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ho usato la funzione cerca ma non ho trovato nulla!!

 

potreste illuminarmi su questa guerra combattutta dagli americani??

 

e anche i motivi di questa guerra!

 

grazie!!

Edited by Lussi
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ho usato la funzione cerca ma non ho trovato nulla!!

 

potreste illuminarmi su questa guerra combattutta dagli americani??

 

e anche i motivi di questa guerra!

 

grazie!!

 

Sulle cause ti traduco una parte della pagina 8 di "The Korean Air War" di Robert F. Dorr e Warren Thompson.

 

"...Se la causa del conflitto Coreano è da attribuirsi ad una persona, questa persona non è ne' Stalin, ne' Kim Il Sung ma piuttosto un diplomatico Americano di buona famiglia, di nome Dan Acheson. In un discorso al National Press Club di Washington, il 12 Gennaio 1950, il segretario di stato parlò della minaccia del comunismo e degli interessi che gli Americani erano disposti a difendere. Aristocratico e distaccato, Acheson proclamò (senza troppa evidenza a sostegno delle sue afffermazioni) che gli Americani erano disposti a spargere il proprio sangue e dare la propria vita a difesa dei paesi amici che fossero stati attaccati dagli agressori Comunisti, facendoli seguire da una lista di luoghi per i quali gli Americani sarebbero stati disposti a versare appunto il proprio sangue. Nella frase principale Acheson pose il perimetro difensivo degli Stati Uniti nell'Estremo Oriente "Dalle Aleutine al Giappone, Okinawa, fino alle Filippine". Acheson tralasciò la parola Corea del Sud, infatti la stessa parola "Corea" non apparve affatto nel suo discorso: in poche occasioni - forse mai nella storia - l'omissione di un termine ebbe conseguenze così catastrofiche.

Non è altresì vero, come affermato da alcuni, che Acheson tralasciò intenzionalmente la parola "Corea" o che la sua fosse un'affermazione conscia e ragionata sull'attuale politica del tempo, la verità invece era ben peggiore: come Acheson ebbe in seguito a dire ad uno degli autori (del libro - ndt) la sua omissione dal discorso della parola "Corea" fu un errore e, come ebbe in seguito ad affermare il ministro degli esteri Nordcoreano Ho dam, il discorso di Acheson fu l'equivalente di "un poliziotto addetto al traffico che mostrasse una paletta verde", rendendo così la Corea del Sud un bersaglio legittimo. Avesse il segratario di stato proclamato invece che gli Stati Uniti avrebbero difeso la Corea del Sud, è molto probabile che l'attacco non si sarebbe mai materializzato. ..."

 

Difficile dire se i comunisti siano stati, in questo caso, troppo ingenui o piuttosto, troppo sicuri di se'...

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Tre anni di guerra e 2 milioni di morti e alla fine i confini fra le due coree non si spostarono di una virgola ... :blink:

Il che non era esattamente quanto si proponeva chi il 25 Giugno 1950 invase la Corea del Sud.

Certo , MacArthur ne avrebbe voluti altri ancora , ma anche non rendere pagante l' attacco al Sud fu un risultato significativo per togliere certe tentazioni.

Negli stessi anni il destino di Trieste era molto dubbio , ora , quando porto imiei figli nella mia terra di origine , andiamo in piazza Unita' d' Italia.

Senza i morti di corea , forse , il nome sarebbe ora diverso ( Titov Trg ? Stalin Trg ? )

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  • 3 weeks later...

Ti posso dire che nei cieli sembrava di essere sulla salerno reggiocalabria...

 

 

Corea del Nord: circa 200 aerei

 

Il-2 Shturmovic

Il-10

Lavochin La-7

Yakovlev Yak-3

Yakovlev Yak-9

Yakovlev Yak-11

Tupolev Tu-2

Polikarpov Po-2

Yak-18

Yak-15

 

Corea del Sud

 

T-6 Texan

 

Alleati:

 

F-51 Merlin

B-26

B-29

F-82 Twin Mustang

F-80C

Fairey Firefly Mk.5

F-4U-5N Corsair (c'era anche la versione da attacco al suolo F-4AU-1)

AD-Skyraider

B-17G

Grumman F9F-5 Panther

F-86 Sabre

Meteor F Mk.8

RB-45 Tornado

F-84G Thunderjet

F-7F-2N Tigercat

Douglas F3D

Martin-Mariner PBM-5

Grumman AF-2S Guardian

Cessna L-19A Bied Dog

F2H-4 Banshee

F-94B Starfire

Consolidated PB4Y-2 Privateer

 

URSS:

 

Mig-15

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ma perche gli USA intervennero in questa guerra????

 

e non riesco a capire perche gli USA intervengono in quasi tutte le guerre di oggi(iraq-afghanistan-ecc)

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al tempo avevano la dottrina truman ovvero intervenire in ogni dove una nazione possa diventare comunista.

 

La corea del nord attacco quella del sud per la riunificazione da qui l'intervento americano e appena essi arrivano al fiume che fa da confine con la cina segui l'intervento cinese che respinse le forze ONU nei confini ante-guerra

 

O ancora il vietnam

e tanti esempi

 

attualmente la motivazione ufficiale è guerra alle nazioni che proteggono terroristi anti-usa

Edited by Leviathan
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attualmente la motivazione ufficiale è guerra alle nazioni che proteggono terroristi anti-usa

 

allora vorranno attaccare anche il venezuela??!!......non ha terroristi,però in questi giorni sembra un pò anti-USA

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18 paesi dell' ONU (1950) sono stati autorizzati da un mandato di quest'ultima ad intervenire militarmente per la liberazione della cora del sud a seguito di azioni militari contro di essa.

 

Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte[1] nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanità, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole

 

Dallo statuto delle Nazioni Unite

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non penso in quanto l'URSS era (e la Russia di oggi è ancora) un membro permanente del consiglio di sicurezza dell'ONU con diritto di veto (e quindi può bloccare qualsiasi risoluzione).

Esatto.

Riguardo alla RISPOSTA militare USA / UN ( vale per Corea e arriva in A.stan ) mi viene in mente un proverbio francese : "quel chien méchant , on l' attache et il se défend ! "

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Ti posso dire che nei cieli sembrava di essere sulla salerno reggiocalabria...

E non solo , alla coda al casello erano molti altri , anche.

I primi che mi vengono in mente :

Grumman Avenger

Convair PB4Y Privateer

Hawker SeaFury (R.N.)

Fairchild C 119

C 47 Dakota (obviusly!)

Da notare il primo uso organico di elicotteri:

Bell HTL ( medevac )

Sikorsky HO3 ( SAR/ CombatSAR )

Sikorsky HRS 2

Dall' altra parte dello Yalu molto probabile uso temporaneo di LA 15 ( e questo meriterebbe un approfondimento come gia' proposto da Pete57 )

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Ti posso dire che nei cieli sembrava di essere sulla salerno reggiocalabria...

Corea del Nord: circa 200 aerei

 

Il-2 Shturmovic

Il-10

Lavochin La-7

Yakovlev Yak-3

Yakovlev Yak-9

Yakovlev Yak-11

Tupolev Tu-2

Polikarpov Po-2

Yak-18

Yak-15

 

Corea del Sud

 

T-6 Texan

 

Alleati:

 

F-51 Merlin

B-26

B-29

F-82 Twin Mustang

F-80C

Fairey Firefly Mk.5

F-4U-5N Corsair (c'era anche la versione da attacco al suolo F-4AU-1)

AD-Skyraider

B-17G

Grumman F9F-5 Panther

F-86 Sabre

Meteor F Mk.8

RB-45 Tornado

F-84G Thunderjet

F-7F-2N Tigercat

Douglas F3D

Martin-Mariner PBM-5

Grumman AF-2S Guardian

Cessna L-19A Bied Dog

F2H-4 Banshee

F-94B Starfire

Consolidated PB4Y-2 Privateer

 

URSS:

 

Mig-15

 

Il-2, Yak-3 e La-7 sono improbabili e quasi sicuramente dovuti ad identificazioni inesatte, rispettivamente, di IL-10, Yak-9P ed La-9/La-11 il cui impiego in Corea è altresì confermato da parte comunista.

In generale, gli storici "post-sovietici" accusano i piloti dell'ONU di scarsa conoscenza delle macchine sovietiche e pertanto di diffusi errori di identificazione.

Quest'accusa era innegabilmente fondata per quello che riguarda l'inizio del conflitto coreano (come lo era per le prime fasi della II GM) e per alcuni supposti incontri di Lockheed F-80C e/o North American F-86, relitti dei quali, catturati, non vennero mai impiegati dalle aviazioni comuniste ma semplicemente inviati in URSS per studi, mentre simili accuse riguardanti l'incontro di esemplari di La-15 o Yak-15 sono da considerarsi invece puramente speciose

 

Lo Yak-15 merita una descrizione un po' più ampia.

In Cina erano presenti esemplari di Yak-17UTI, che venivano usati per il passaggio dei piloti Cinesi e Nordcoreani sui velivoli a getto, in Occidente, però, non si sapeva ancora che lo Yak-17 e/o la sua versione da addestramento avessero ricevuto una designazione separata, ma si pensava che il velivolo fosse semplicemente una versione più avanzata dello Yak-15.

Pertanto, quando intorno alla mezzanotte del 2 Novembre 1952, il Douglas F-3D-2 Skyknight pilotato dal Magg. William T. Stratton e l'operatore radar, Serg. Hans Hoglind, appartenenenti al VMF(N)-513 dell' USMC, abbattè uno Yak-17UTI, questo venne da essi (e correttamente per le conoscenze di allora) identificato come uno "Yak-15".

Diversi storici, anche Occidentali, (ad es. Robert Jackson, per citarne uno famoso) tendono a liquidare velocemente il tutto attribuendo l'identificazione ad un errore dell'equipaggio ed il velivolo abbattuto come un MiG-15 od uno Yak-9 (non si capisce poi perchè escludano gli La-9/La-11 che erano molto più attivi nella funzione di caccia notturni degli Yak-9)

In realtà gli equipaggi dei caccia notturni Alleati, già dalla II GM erano stati addestrati ad identificare i velivoli, di notte, dalla posizione e disposizione degli scarichi e, vista la configurazione particolare dello scarico del propulsore dei primi jet Yakovlev (detta "stepped" in Inglese) sono personalmente convinto della corretta identificazione da parte di Stratton ed Hoglind.

Piuttosto, quello che è strano, è cosa facesse un addestratore in una zona decisamente "calda" come quella in cui venne appunto abbattuto il velivolo.

 

I post-sovietici, in una rara concessione, affermarono, all'inizio, che il velivolo fosse pilotato dall'Ispettore Generale del 64° IAK (che, per la cronaca, venne considerato come MIA) che - viene da supporre - stesse ispezionando i reparti al fronte; ma se le cose fossero state, effettivamente così, allora il buon generale era un incosciente, un eroe o un suicida, visto che un addestratore, disarmato e privo di radar, come lo Yak-17UTI poche speranze avrebbe avuto contro predatori specializzati quali appunto lo Skyknight.

In seguito, i post-sovietici "corressero il tiro" con l'affermazione che il generale stava cercando di disertare e che era stato abbattutto contemporaneamente dallo Skyknight e da uno dei MiG-15 dei reparti da caccia notturna della VVS.

Se uno va a guardarsi l'autonomia dello Yak-17UTI, circa 350km, si rende presto conto che la teoria della defezione non è molto credibile, inoltre se il velivolo di dimensioni relativamente modeste quale appunto lo Yak-17UTI, fosse stato colpito dal fuoco combinato di 4 cannoni da 20mm, 2 da 23mm ed uno da 37mm, si sarebbe istantaneamente polverizzato nel cielo mentre Stratton ed Hoglind affermarono di averlo colpito due volte vedendolo quindi scendere in fiamme e perdendo pezzi...

 

Su questo particolare episodio ho una mia, personale teoria: i radar per la guida degli intercettori ed dell'artiglieria antiaerea comunisti si trovavano ad avere un efficienza ridotta a causa dell'intervento dei Boeing RB-50 in missioni ECM (chiamate "Ferrett") e se è vero che la formazioni di B-29 in missione di bombardamento potevano essere individuate e seguite dai riflettori (sebbene anche le loro prestazioni fossero ridotte dalla ridotta efficienza dei radar usati per guidarli), non si poteva dire lo stesso per quel che riguardava lo stabilire la quota dei bombardieri: dato questo necessario per lo spolettamento delle granate dell'antiaerea!

Robert Jackson, riporta l'uso di bombardieri Tupolev Tu-2 dotati di radar per questo specifico scopo ed è possibile che ciò sia avvenuto (gli RB-50 captarono in un solo caso un emissione attribuibile ad un radar AI - Airborne Interceptor), però considerazioni quali la velocità massima ed il rateo di salita avrebbero reso l'uso dei Tu-2 poco più di un escamotage temporaneo, mentre non è da escludere che i comunisti abbiano tentato di usare un altro velivolo, relativamente abbondante, e con la possibilità di portare a bordo un osservatore che si sarebbe rivelato utilissimo in questo particolare compito, e con velocità e rateo di salita più adeguato di quelli del Tu-2, in un esperimento che, in quella particolare notte, si rivelò un fallimento e venne quindi terminato (non vi furono più incontri, di notte, con aviogetti Yakovlev).

 

Un altro velivolo Yakovlev che trovò diversi impieghi fu lo Yak-11, che fu quasi certamente il primo velivolo Norcoreano a venire abbattuto da un caccia Alleato nel conflitto (dal North American F-82 Twin-Mustang di Hudson e Frazier, il 27/06/1950) e che venne inoltre usato, oltre che nell'ovvio ruolo di addestratore, per missioni di disturbo notturno denominate dagli Alleati Bedcheck-Charlie

 

Un altro aviogetto presente in Manciuria era il bombardiere medio Ilyushin Il-28 e due di essi compirono un passaggio dimostrativo lungo lo Yalu nel 1952.

La loro presenza rappresentò un costante grattacapo per l'ONU che temeva un loro attacco contro le proprie installazioni in Giappone conscia che gli F-3D-2 pur avendo un armamento adeguato, erano altresì carenti nella velocità massima, mentre i Lockheed F-94B, sebbene adeguati in termini di prestazioni, erano fortemente carenti in termini di armamento (4 mg. da 12.7mm!).

Gli unici intercettori adeguati, in termini di armamento e prestazioni, erano quindi i pochi Mc Donnel F-2H-3 Banshee (gli H-4 non furono mai inviati), dell'US Navy, presenti in Giappone e solo nell'autunno del 1953 (a conflitto terminato), con l'invio di 52 NA F-86D Sabre Dog in Giappone che gli Alleati avrebbero avuto a disposizione di un valido strumento per neutralizzare la minaccia.

C'è anche da ricordare che la sua forma, molto simile in distanza a quella dell' RB-45C Tornado, presente nel conflitto, portò in più di un caso al quasi abbattimento di quest'ultimo da parte dei piloti dell'USAF o dell'USN.

 

Tornando al Mc Donnel Banshee, le versioni impiegate in Corea furono l' F-2H-2, F-2H-2B (con capacità di trasporo di ordigni nucleari, presente solo in Giappone), l'F-2H-2P da ricognizione ed il già visto F-2H-3 da intercettazione, mentre un'altro velivolo dell'USN che vide il primo impiego bellico nel conflitto fu il Lockheed PV7 Neptune.

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  • 2 weeks later...
Guest galland

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Quindici anni fa la guerra di Corea

 

 

UN ANNO DI FUOCO AL 38° PARALLELO

 

Nel giugno 1951 terminava il conflitto che aveva tenuto anche l'Europa

 

sull'orlo della III Guerra Mondiale.

 

I dodici mesi dell'inferno coreano, le cause politiche e le ragioni che indussero

 

americani e comunisti all'armistizio, sono rievocati da un esperto militare

 

in un quadro completo e rigorosamente obiettivo.

 

 

IGINO GRAVINA

 

 

Il 25 giugno del 1950 era domenica. Alle 4 del mattino, truppe dell'esercito nord-coreano oltrepassavano improvvisamente il 38° parallelo, che divideva le due Repubbliche della Corea, ed attaccavano impetuosamente in direzione sud, investendo le unità sud-coreane schierate sulle posizioni di copertura ad immediata difesa della linea di confine. Quasi contemporaneamente una formazione di guerriglieri ed elementi corazzati nord-coreani sbarcavano sulla costa orientale della penisola nella zona di Samchok, 80 Km. a sud del 38° parallelo.

 

Si trattava di una massa di attacco di circa 90.000 uomini, due terzi dell'intero esercito nord-coreano. A tale forza d'invasione si contrapponevano 4 divisioni di fanteria ed un reggimento non indivisionato sud-coreani, senza carri né aviazione. Le altre 4 divisioni di fanteria che facevano assommare ad 8 le divisioni di fanteria dell'intero esercito sud-coreano, erano dislocate nelle zone retrostanti a presidio dell'intero territorio del Paese.

 

L'attacco, sferrato senza una dichiarazione dì guerra, colse di sorpresa le esigue forze sud-coreane che presidiavano la zona di frontiera, sicché esse, premute di fronte da forze superiori e minacciate ai fianchi, furono in parte sommerse ed in parte costrette a ripiegare rapidamente verso sud.

 

Alle 9,30 la città di Kaesong, sulla linea ferroviaria Pyongyang (capitale della Corea del Nord) - Seul (capitale della Corea del Sud), alcuni chilometri a sud del confine, cadeva in mano dell'aggressore. Due giorni dopo si combatteva già nei sobborghi di Seul e il. Governo sud-coreano si affrettava ad abbandonare la capitale, trasferendosi dapprima a Taegu (circa 110 km. a nord-ovest di Fusan) e più tardi, in seguito all'incalzare degli avvenimenti, nella stessa base marittima di Fusan, all'estremo lembo meridionale della penisola.

 

Alla notizia di sì gravi avvenimenti, che suscitarono comprensibile apprensione nell'opinione pubblica di tutto il mondo occidentale, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite Si riuniva immediatamente : approvava la sera stessa del 25 giugno una mozione, presentata dagli Stati Uniti, con la quale si intimava perentoriamente al Governo nordcoreano l'immediata cessazione del fuoco e il ritiro delle truppe d'aggressione a nord del 38" parallelo.

 

Qualche ora più tardi il presidente Truman convocava d'urgenza il segretario del dipartimento di Stato, Dean Acheson, e i suoi principali consiglieri militari. La riunione si concludeva con l'emanazione di una serie di disposizioni tendenti ad assicurare l'incolumità e il tempestivo sgombero dei civili americani dalla Corea del Sud e a predisporre le prime misure militari difensive.

 

Sicuri della solidarietà e dell'incondizionato appoggio russo e cinese, sotto i cui auspici l'aggressione era stata perpetrata, i nord-coreani non solo ignorarono l'ingiunzione dell'ONU, ma intensificarono vieppiù le operazioni militari.

 

Il giorno 27, Truman autorizza le forze aeronavali americane dell'Estremo Oriente a fornire immediata protezione alle truppe della Corea del Sud aggredita, battendo gli obiettivi militari dislocati a sud del 38° parallelo; fa trasferire la 7° Flotta nelle acque di Formosa, invitando contemporaneamente la Cina nazionalista di Ciang Kai-shek ad astenersi da ogni azione militare contro la terraferma; ordina che siano rinforzate le guarnigioni statunitensi nelle Filippine e sia accelerato l'invio di aiuti militari alle forze francesi in Indocina. Successivamente, affida al comandante in capo delle forze armate americane in Estremo Oriente, generale MacArthur, che aveva il Quartier Generale a Tokio, il comando delle operazioni in Corea.

 

A questo punto è opportuno aprire una parentesi per ricordare quali fossero gli accordi fra le Potenze alleate durante il secondo conflitto mondiale che, nel loro insieme, costituiscono l'antefatto della crisi coreana.

 

coreacartadu0.pngLe due Coree ed il 38° parallelo, forse l'ultima frontiera della "Guerra fredda"

 

 

Alla conferenza di Potsdam (17 luglio-2 agosto 1945) fu concordato dagli alleati, in conformità della risoluzione assunta alla conferenza del Cairo (novembre 1943) da Roosevelt, Ciang Kaishek e Churchill, che l'intera Corea, già sotto la dominazione giapponese dal 1910, riacquistasse la sua autonomia ed indipendenza.

 

Fu convenuto, inoltre, che l'Unione Sovietica, che a Yalta (febbraio 1945) si era impegnata con gli anglosassoni a intervenire in guerra contro il Giappone, dovesse accettare la resa di tutte le truppe giapponesi a nord del 38° parallelo, mentre gli americani si sarebbero comportati analogamente a sud di tale linea.

 

Assolto il loro compito, tutte le truppe straniere sarebbero state ritirate dalla Corea e sarebbe stato consentito al paese di assurgere al rango di nazione libera ed indipendente, non appena il popolo avesse deciso la forma di governo preferita.

 

Il 15 agosto 1945 il Governo del Mikado si arrendeva agli americani senza condizioni e i russi iniziavano l'occupazione della Corea a nord del 38° parallelo, dove stabilirono subito una « cortina di ferro ». Fu evidente che i sovietici intendevano trasformare la temporanea « linea di resa » del 38° parallelo in una linea di frontiera che dividesse permanentemente e definitivamente la Corea in due zone separate ed indipendenti.

 

Nel novembre del 1947 le Nazioni Unite istituirono una « Commissione temporanea dell'ONU » per la Corea che ebbe il compito di controllare lo svolgimento delle elezioni che dovevano essere indette in tutto il paese.

 

Ma l'Unione Sovietica, sostenendo la singolare tesi che l'ONU non poteva né doveva immischiarsi in una faccenda che interessava esclusivamente le due Coree, boicottò le elezioni che, pertanto, si svolsero soltanto nella zona americana (10 maggio 1.948).

 

L'assemblea eletta si riunì immediatamente ed il 15 agosto venne proclamata ufficialmente la Repubblica di Corea con capitale Seul, e Syngman Rhee ne divenne il primo presidente. Il 9 settembre le autorità militari sovietiche, come contromossa alla istituzione della Repubblica di Corea, proclamarono a Pyongyang la Repubblica democratica popolare di Corea.

 

Con il 10 gennaio 1949 tutte le truppe sovietiche d'occupazione, secondo una dichiarazione di Mosca, erano state ritirate dalla Corea. Gli ultimi soldati americani, invece, lasciarono la Corea il 29 giugno 1949, tranne circa 500 uomini, tra ufficiali e militari di truppa, lasciati in posto come consulenti dell'esercito sud-coreano, che a quell'epoca aveva una forza complessiva di 65.000 uomini.

 

Le forze armate americane, in seguito alla frettolosa smobilitazione del dopoguerra, contavano appena 592.000 uomini in confronto agli 8.290.000 del maggio 1945. L'esercito aveva una consistenza organica complessiva di appena 14 divisioni, di cui solo la divisione dislocata in Europa era al completo in mezzi ed effettivi.

 

Delle altre 13 divisioni, 4 erano dislocate in Giappone (7a, 24a, 25a di fanteria e 1a di cavalleria) e formavano l'VIII armata, al comando del generale Walton H. Walker,

 

Intanto, mentre in campo diplomatico si intrecciavano note di accuse e di contro accuse, di condanne e di proteste, l'offensiva dei nordisti si sviluppava rapidamente in profondità. Occupata Seul il 28 giugno, punte corazzate della 105a brigata corazzata raggiungevano il fiume Han, dove si attestavano in attesa del sopraggiungere della fanteria per proseguire successivamente lungo il fascio stradale e ferroviario Suwon-Taejon-Taequ Fusan, che costituiva l'asse di gravitazione dello sforzo principale dell'attacco.

 

Il 1° luglio un gruppo tattico di battaglione della 24a divisione di fanteria americana venne trasferito per aviotrasporto dal Giappone in Corea ed avviato alla linea di combattimento nel punto focale della battaglia per dare un primo appoggio alle esauste forze sud-coreane che reggevano a mala pena alla forte pressione dell'attaccante. Il 5 luglio, nella zona di Osan, a sud di Suwon, avveniva il primo contatto fra lo scaglione avanzato della fanteria statunitense e le forze nordiste. Il gruppo tattico americano, che più tardi sarà battezzato Task Force Smith, dal nome del suo comandante, tenente colonnello Smith, veniva rapidamente sommerso dall'avversario insieme con i reparti sud-coreani nel cui schieramento si era inserito.

 

Il 10 luglio già si combatteva aspramente sulla linea del fiume Kuni, dove intanto si era inserita nello schieramento difensivo delle truppe sud-coreane, a cavallo della rotabile all'altezza di Taejon, l'intera 24a divisione americana, al comando del generale William Dean. Ma anche tale linea di resistenza ad oltranza veniva superata dall'attaccante che, dopo dieci giorni di duri ed accaniti combattimenti, riusciva il giorno 20 ad occupare l'importante nodo di comunicazioni di Taejon.

 

Verso la fine della battaglia, conosciuta con il nome di « battaglia del triangolo » (perché combattuta nella zona, grosso modo triangolare, racchiusa fra l'ampio saliente del fiume Kum, a nord, ed il tratto rotabile-ferroviario Taejon-Kanggyong, a sud) il valoroso generale Dean, ch'era stato l'anima della resistenza, veniva inopinatamente fatto prigioniero sulla linea di combattimento. Svenuto, in seguito ad un ruzzolone in un burrone, quando riaprì gli occhi si avvide ch'era circondato da soldati nemici.

 

Assunto il 7 luglio, su designazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, il comando dì tutte le forze delle Nazioni Unite in Corea, il generale MacArthur informava i capi di Stato Maggiore delle forze armate americane a Washington che egli intendeva arrestare l'avanzata dell'avversario con l'impiego di ulteriori forze terrestri, sfruttare al massimo il dominio del mare e del cielo e quindi, per mezzo di operazioni anfibie, vibrare colpi alle spalle delle truppe nemiche così da provocarne la disintegrazione. Per la realizzazione di tale piano, egli decise di far intervenire subito sul campo di battaglia anche altre due divisioni (la 25a di fanteria e la 1° di cavalleria), dell'8° armata, il cui comando si trasferì in Corea il 12 luglio.

 

Nonostante l'affluenza sul campo dì battaglia di tali rinforzi, alla fine di luglio l'armata nordcoreana conservava ancora una indiscussa superiorità numerica sulle forze della difesa che, dopo aspri combattimenti, furono costrette a ripiegare sulla linea Yongdok - Andong-Kumchon-Ko- chang-Chinju. La situazione dello schieramento difensivo cominciò a migliorare sensibilmente quando giunsero in Corea anche la 2a divisione di fanteria americana e la 1a brigata provvisoria di Marines, entrambe provenienti dagli Stati Uniti, che iniziarono gli sbarchi nel porto di Fusan rispettivamente il 31 luglio e il 2 agosto.

 

In tutta la prima quindicina di agosto è un susseguirsi di attacchi e di contrattacchi su tutto il fronte. Nel settore nord i nordisti, in un supremo sforzo, riescono a piombare sul porto di Pohang, mentre l'aeroporto di Yonil, 12 chilometri a sud, rimane in mano degli americani. Nel settore nord-occidentale, le forze comuniste raggiungono di un balzo il fiume Naktong, l'attraversano in alcuni punti, minacciando la cittadina di Taequ. Nel settore meridionale, i Marines, passati al contrattacco, ributtano l'avversario sulle colline di Chinju, dopo che esso si era spinto sin quasi all'insenatura di Masan.

 

Ma i nordisti, dopo breve sosta, riprendono l'attacco. Il 15 agosto 7 divisioni nord-coreane, concentrate davanti a Taequ su un fronte di 35 chilometri, minacciano seriamente la capitale provvisoria, precipitosamente abbandonata dal Governo di Syngman Rhee, che si insedia a Fu-san; il giorno successivo, un centinaio di « Superfortezze » americane lanciano un migliaio di tonnellate di bombe su quattro divisioni ammassate nel ristretto spazio di una cinquantina di chilometri quadrati.

 

Fallito il tentativo di aprirsi la strada verso Fusan lungo l'asse stradale - ferroviario Taequ-Fusan, i nord-coreani sferrano ulteriori, rabbiosi attacchi su tutto l'arco difensivo senza conseguire alcun successo di rilievo di fronte alla vivace reazione della difesa. Il 1° settembre la battaglia divampa, aspra e violenta, lungo tutto il perimetro della « scatola » di Fusan.

 

Con l'accorciamento dello schieramento difensivo, ridotto ormai a poco più di 200 chilometri, contro i 350 di fine luglio, e grazie all'arrivo di altri rinforzi, la difesa riesce a conseguire una netta superiorità tattica e numerica sull'attaccante e per la prima volta la radio comunista di Pyongyang parla di « eroica difesa contro le frenetiche cariche degli americani ». La ritirata, condotta con grande maestria dal generale Walker, aveva consentito alle forze della difesa, mediante l'alterno avvicendarsi di strenue resistenze su posizioni prestabilite e di cauti e dosati movimenti retrogradi sino al perimetro difensivo di Fusan, di guadagnare il tempo necessario e previsto per l'approntamento e il trasferimento in Corea di un forte corpo di spedizione statunitense, il cui sbarco nel porto di Jnchon avrebbe costretto le forze comuniste d'aggressione, minacciate nelle proprie linee di comunicazione, di ripiegare rapidamente verso nord e consentito così all'8a armata, rinserrata nel ridotto difensivo di Fusan, di passare decisamente alla controffensiva.

 

Il 14 settembre un convoglio di 262 unità americane, attraversato il Mar Giallo, si presentava davanti all'isoletta di Wolmi, che sbarrava l'entrata del porto di Jnchon. Preceduto da un terrificante martellamento aereo e da un massiccio cannoneggiamento della flotta, lo sbarco avvenne dapprima sull'isola di Wolmi, conquistata d'impeto dai Marinec, e successivamente in terraferma.

 

Con l'inizio degli sbarchi nel porto di Jnchon da parte del X corpo d'armata americano (1a divisione Marines e 7a divisione di fanteria) si determinava un capovolgimento della situazione generale e si apriva così la seconda fase delle operazioni militari in Corea, che dovevano portare le forze delle Nazioni Unite fino al 38° parallelo e di qui, risalendo la penisola, sino al fiume Yalu. Occupato il grande aeroporto di Kimpo, ad ovest di Seul, il 19 settembre la la divisione dei Marines e 2 battaglioni sud-coreani forzavano il passaggio del fiume Han, tenacemente difeso dall'avversario, ed iniziavano l'avanzata verso la capitale, mentre la 7a divisione di fanteria si spingeva verso sud in direzione di Suwon.

 

In stretta coordinazione con le operazioni di sbarco a Jnchon, il16 settembre l'8° armata, in adesione al piano programmato, lanciava un poderoso attacco per rompere la cintura difensiva di Fusan, dov'era rinserrata, sboccare in campo aperto e proseguire in direzione nord, al fine di concorrere a tagliar fuori e schiacciare in una morsa, fra le due branche d'attacco (quella della « scatola » di Fusan e quella della testa di sbarco di Jnchon) forti aliquote delle forze nemiche che si fossero attardate nella regione sud-occidentale della penisola a ripiegare verso il 38° parallelo.

 

La resistenza dei nord-coreani fu assai accanita e per diversi giorni si combatté aspramente senza che le truppe delle Nazioni Unite riuscissero a guadagnare terreno; cosicché la manovra, denominata « incudine e martello », non conseguì i risultati sperati.

 

Finalmente, dopo cinque giorni di duri e violenti combattimenti, l'8a armata riusciva a forzare le difese del perimetro di Fusan e ad irrompere in campo libero. La 24" divisione di fanteria, occupata Waegwan, puntava in direzione di Taejon, sulla rotabile per Seul; la 1a divisione di cavalleria, sulla sua destra, effettuava una rapida incursione lungo l'argine orientale del fiume Naktong, l'attraversava il 22 settembre e proseguiva in direzione di Chungju. Quasi contemporaneamente: nel settore ovest del perimetro difensivo le divisioni di fanteria 25a e 2a (IX corpo d'armata americano) puntavano rispettivamente nelle direzioni di Namwun e di Chinju e, di là, verso la costa occidentale della penisola; nel settore settentrionale, il I e il II corpo d'armata sud-coreano si lanciavano in direzione nord all'inseguimento del nemico in piena ritirata.

 

Il pomeriggio del 26 settembre elementi carristi della la divisione di cavalleria ed una pattuglia motorizzata della 7a divisione di fanteria USA, proveniente da Suwon, si incontravano ad una cinquantina di chilometri a sud di Seul, nella zona di Osan.

 

Con il congiungimento dei due fronti di combattimento - quello creato dallo sbarco ad Jnchon e quello del ridotto difensivo di Fusan - e con l'occupazione avvenuta il 28 settembre sia di Seul, da parte della l' divisione Marines, sia dell'importante nodo di comunicazione di Taejon, da parte della 24a divisione di fanteria USA, il primo tempo di questa seconda fase della campagna coreana poteva considerarsi concluso.

 

Gravi, ma non irreparabili, le perdite in effettivi e mezzi subite dall'esercito popolare nordcoreano, il quale, dopo aver imposto una forte e prolungata battuta d'arresto all'iniziativa offensiva delle Nazioni Unite sia a nord, in corrispondenza della testa di sbarco di Jnchon, sia a sud, ai margini della « scatola » di Fusan, riuscì abilmente a sottrarre alla tenaglia architettata da Mac Arthur gran parte delle sue unità, lasciando nel sud Corea numerosi e bene addestrati reparti speciali, che iniziarono una vasta azione di disturbo nelle retrovie delle forze alleate (interruzioni di linee di comunicazione, sabotaggi, vessazioni alle popolazioni locali), costringendo queste ad impegnare in azioni di controguerriglia un intero corpo d'armata americano.

 

Si presentava ora al Governo americano, e soprattutto all'ONU, un grave dilemma: continuare l'avanzata verso nord ed inseguire l'aggressore nel proprio territorio, col rischio di provocare l'intervento della Cina comunista, o limitarsi semplicemente a scacciarlo dalla Corea del Sud ed arrestare le proprie truppe all'altezza del 38° parallelo?

 

Il problema venne dibattuto all'Assemblea dell'ONU che, dopo lunga ed animata discussione, assumeva la determinazione di autorizzare il . generale Mac Arthur a proseguire le operazioni al di là del 38° parallelo. Questi, che già aveva sollecitato l'autorizzazione e fremeva d'impazienza con le armi al piede, l'8 ottobre impartiva gli ordini per l'immediata prosecuzione dell'avanzata in territorio nemico. Obiettivi immediati: la città di Pyongyang, capitale della Corea del Nord, sulla linea, di operazione occidentale, e l'importantissimo porto e centro industriale di Wonsan, sulla linea di operazione orientale. Lungo tale linea l'avanzata fu assai rapida, sicché il 13 ottobre la 3a divisione sud-coreana poté occupare Wonsan. Ad ovest, invece, la progressione in profondità fu inizialmente molto contrastata dai nordisti. Solo una settimana dopo, quando si seppe che l'avversario aveva rinunciato a difendere Pyongyang, si ebbe la maratona di tutto il corpo d'armata verso la capitale nordista, che venne occupata il 19 ottobre.

 

In questo particolare, delicato momento della situazione politico-militare, il presidente Truman ritenne necessario un contatto personale con il generale Mac Arthur, sia per avere informazioni dirette in merito al minacciato intervento della Cina, sia per mettere in chiaro le linee della politica americana in Estremo Oriente.

 

L'incontro ebbe luogo il 15 ottobre all'isola di Wake nel Pacifico. Mac Arthur mostrò di concordare con le linee programmatiche della politica estera di Washington. Poi si discusse sulla Corea. Il generale affermò di essere pienamente convinto che ogni resistenza nemica avrebbe avuto termine entro la fine dell'anno e che pertanto una campagna invernale non sarebbe stata più necessaria. Interpellato sulla possibilità di un intervento cinese, MacArthur affermò:« Non vi è alcuna possibilità che ciò avvenga ».

 

L'indomani, i primi contingenti di volontari cinesi cominciarono ad affluire nella Corea del Nord attraverso il fiume Yalu.

 

Mentre l'avanzata sud-coreana procedeva incalzante verso il nord, il X corpo d'armata americano si raccoglieva nella zona di Seni, in attesa di essere reimbarcato a Jnchon per effettuare un'altra operazione anfibia, questa volta a Wonsan ed a Jwon, sulla costa orientale della penisola.

 

L'operazione ebbe pieno successo. Il 26 ottobre gli americani iniziavano lo sbarco nel porto di Wonsan ed il 29 in quello di Jwon, allo scopo di procedere alla occupazione della: vastissima regione nord-orientale della penisola sino alla frontiera con la Siberia sovietica.

 

Verso la fine di ottobre la situazione era la seguente: la divisione « Capitol » stava per raggiungere Songjin; la 7a divisione americana aveva iniziato lo sbarco nel porto di Jwon; la 1a divisione Marines e 2500 fanti della 7a divisione, concentrati nella zona di Hamhung-Hungnam, si apprestavano a muovere verso il loro obiettivo, rappresentato dall'importante bacino idroelettrico di Chosin; il II corpo d'armata sud-coreano, dopo lunga e difficile marcia attraverso le inospitali regioni della Corea del Nord, compiva l'ultimo sforzo nel tentativo di raggiungere l'obiettivo di Manpojin sul fiume Yalu; i fanti della 6a divisione sud-coreana riuscivano a raggiungere ed occupare il 26 ottobre Chosan, anch'essa sul fiume Yalu, « per lavare - secondo il loro canto di guerra - le loro spade nello Yalu ».

 

La loro euforia fu di brevissima durata. Il giorno successivo, infatti, l'intera divisione veniva rapidamente sbaragliata in seguito ad un violento contrattacco avversario e dei 3552 uomini solo 875 riuscirono a salvarsi.

 

Gli americani della 24a divisione di fanteria e i britannici della XXVII brigata di fanteria raggiungevano la cittadina di Chongju, sulla costa occidentale prospiciente alla Baia di Corea, che conquistarono durante un combattimento notturno. Il Task Force Smith si spingeva profondamente lungo la strada costiera occidentale, raggiungendo il 31 ottobre una località ad appena 26 chilometri da Sinuijn, sul fiume Yalu.

 

Lo stesso giorno, per la prima volta apparvero nel cielo della Corea aerei russi a reazione tipo « MIG-15 », probabilmente con piloti cinesi. Intanto, cinesi e nord-coreani attaccavano e respingevano gli americani e gli inglesi che marciavano in direzione di Sinuijn, riuscendo con un fulmineo balzo offensivo a raggiungere per un lungo tratto il corso inferiore del fiume Chong chon ed a battere con le artiglierie l'importante nodo stradale e ferroviario di Anju.

 

Quasi contemporaneamente, il 6 novembre, lungo la linea di operazione orientale, i nord-coreani attaccavano in forza il fianco sinistro della divisione « Capitol » che, dopo aver sorpassato Songjin, procedeva speditamente in direzione di Chongjin, verso la frontiera della Siberia sovietica. L'azione, breve ma violenta, costringeva la colonna marciante a ripiegare celermente sino alla base di Jwon, ormai saldamente presidiata dalla 7a divisione americana.

 

La presenza di volontari cinesi sul suolo coreano suscitò gravi ansietà negli ambienti politici dell'Occidente. Anche MacArthur, che sino a quel momento non aveva creduto possibile un intervento cinese, rimase sconcertato dalla realtà dei fatti. E così, senza porre indugio, ordinò al generale Stratemeyer, comandante delle forze aeree dell'Estremo Oriente, d'inviare 90 « B-29 » a bombardare i ponti sul fiume Yalu, contravvenendo alle precise direttive di Washington che imponevano l'assoluto divieto di violare con azioni di guerra un solo lembo del territorio cinese.

 

La situazione delle forze delle Nazioni Unite diventa improvvisamente delicata. E già i comandanti americani corrono ai ripari, richiamando in linea le forze delle retrovie, quand'ecco che il nemico rompe il contatto e si ritira verso il confine mancese.

 

A questo punto si deve osservare che, per quanto gli improvvisi contrattacchi dei sino - coreani, avessero determinato qualche perplessità negli ambienti militari americani, questi erano rimasti sempre nella convinzione che - a parte l'estrosità operativa dell'avversario che rinunciava deliberatamente a sfruttare il successo conseguito - ogni velleità reattiva del nemico sarebbe stata rintuzzata e le truppe alleate avrebbero avuto partita vinta.

 

In base a questa convinzione, e allo scopo di creare le premesse più favorevoli al colpo risolutivo, tutto il dispositivo di marcia, dopo l'arretramento e la sosta imposti dai tino-coreani, si rimetteva in movimento.

 

In definitiva, se « la corsa contro l'inverno » non era stata del tutto vinta, esistevano buone prospettive che le forze de'le Nazioni Unite non avrebbero trascorso tutto l'inverno, il terribile inverno coreano, sulle montagne del « Paese del placido mattino ». E questa visione ottimistica dei prevedibili sviluppi delle operazioni militari a breve scadenza era conforme al giudizio di MacArthur, il quale riteneva che la guerra sarebbe terminata entro la fine dell'anno.

 

L'improvviso crollo del fronte delle Nazioni Unite, avvenuto il 26 novembre in seguito all'irruente offensiva sino-coreana, segnò anche il crollo delle speranze di porre fine vittoriosamente alla guerra.

 

Il 24 novembre MacArthur annunciava di aver sferrato sul fronte occidentale un attacco generale (la cosiddetta «offensiva della vittoria ») contro le forze comuniste. Ma appena due giorni dopo, due violenti contrattacchi, uno in direzione di Huichon e l'altro su Tokchon, si rovesciavano sull'ala destra del dispositivo alleato. Investito in pieno, il II corpo d'armata sud-coreano veniva ributtato indietro di oltre 20 chilometri. Quasi contemporaneamente un'altra forte colonna di comunisti irrompeva su Unsan, incuneandosi tra due divisioni americane.

 

La situazione della 2a divisione di fanteria, rimasta isolata, e delle unità del II corpo d'armata sud-coreano, minacciate di essere tagliate fuori dalla loro linea dì ripiegamento, divenne improvvisamente drammatica. Il generale Walker non esitò ad impiegare un'aliquota delle truppe in riserva, lanciando immediatamente nella mischia la brigata di fanteria turca, appena giunta in Corea. Essa ebbe l'ordine di trasferirsi a marce forzate ed attaccare nella zona di Tokchon, sull'ala destra dello schieramento dell'armata, minacciata di avvolgimento. I 5.000 uomini della brigata si batterono valorosamente, subendo perdite assai gravi. L'azione ;ebbe pieno successo, ma i resti della brigata rischiarono di rimanere « intrappolati » dall'avversario se non fossero intervenuti tempestivamente alcuni reparti della 2a divisione americana che riuscirono a svincolarli dalla stretta.

 

Il repentino cedimento iniziale dell'intera ala destra dello schieramento dell'8a armata, determinato essenzialmente dalla sorpresa più che dal numero delle formazioni attaccanti, venne abilmente sfruttato dal comandante cinese Lyn Piao, il quale, senza aviazione, senza preparazione di artiglieria, senza carri, operata la breccia, spinse in avanti tutto quanto aveva sottomano, a cominciare dalla cavalleria mongola montata su piccoli « pony », costringendo le forze dell'8a armata ad una precipitosa ritirata.

 

In concomitanza con l'attacco contro l'8a armata, il comandante cinese lanciava, più ad oriente, un altro massiccio contrattacco contro il fianco sinistro del X corpo d'armata americano, costituito dalla l divisione Marines che presidiava la zona degli impianti idroelettrici di Chosin, mettendo in una difficile situazione anche le divisioni 7a (americana) e « Capitol » (sud-coreana), nella regione nord-orientale della penisola.

 

Il piano operativo cinese apparve in tutta la sua interezza e pericolosità allo Stato Maggiore americano a Tokio, che solo fino a pochi giorni prima era rimasto nel convincimento che grandi masse dell'esercito cinese si sarebbero mosse dalla Manciuria solo se le unità delle Nazioni Unite avessero spinto l'offensiva al di là del fiume Yalu.

 

Profondamente turbato dal capovolgimento della situazione generale - che dava l'avvio alla terza fase delle operazioni - il 28 novembre MacArthur annunciava all'ONU di essere inaspettatamente costretto a fronteggiare « una guerra del tutto nuova » e di trovarsi dinanzi ad ostacoli « senza precedenti nella storia militare... », poiché una massa di circa 200 mila cinesi si era precipitata improvvisamente sulle sue truppe, senza che egli potesse colpire la potenza militare del nuovo nemico. Contemporaneamente prospettava a Washington la necessità di riesaminare l'offerta di impiego in Corea di 33.000 cinesi nazionalisti fatta sei mesi prima da Ciang Kaishek, avvertendo di non poter rispondere dell'esito della guerra se non fosse stato autorizzato a bombardare i concentramenti di truppe comuniste cinesi in territorio mancese.

 

Truman si affrettava a riunire in assemblea straordinaria il Consiglio nazionale di sicurezza. Esaminata la nuova situazione, venuta a determinarsi in Corea, nel corso della stessa giornata del 28 novembre denunciava al Consiglio di sicurezza dell'ONU l'aggressione della Cina e respingeva entrambe le proposte di MacArthur per non offrire il destro all'Unione Sovietica di «intervenire gioiosamente nella danza ».

 

Intanto su entrambi i fronti, l'occidentale e l'orientale, la controffensiva sino-coreana assumeva sviluppi sempre più incalzanti, con spettacolari penetrazioni in profondità.

 

Sul fronte orientale, i Marines della 1 a divisione e i 2500 fanti della 7a divisione, accerchiati nella zona dei serbatoi di Chosin, si battevano disperatamente in una tempesta di neve, riuscendo, dopo strenui sforzi, ad aprirsi la strada verso la ritirata; più ad est, il grosso della 7a divisione fanteria, concentrata nella zona di Kapsan, ripiegava lentamente, mentre la divisione sud-coreana « Capitol » marciava a grandi tappe lungo la strada costiera verso il porto di Hungnam, dove intanto il comandante del X corpo d'armata stava organizzando una testa di imbarco per lo sgombero, via mare, di tutte le truppe del settore orientale.

 

Quando, il 12 dicembre, ebbero inizio le operazioni di reimbarco, il generale Almond disponeva di una solida testa di ponte intorno alle città gemelle Hamhung-Hungnam, Una potente flotta di 193 unità era pronta ad accogliere e proteggere uomini e materiali. Il peggio era ormai passato. E da quel momento si poté assistere, da una parte, ai rabbiosi e reiterati attacchi sino-coreani che si vedevano sfuggire la preda, e dall'altra all'immediata reazione dell'aviazione, dei grossi, calibri della marina e delle truppe a terra delle Nazioni Unite. Imbarcatisi gli ultimi reparti di guastatori, l'operazione si concludeva la vigilia di Natale.

 

Gravi le perdite subite dal corpo d'armata. La sola divisione dei Marines ebbe circa 7.500 uomini fuori combattimento, dì cui la metà a causa del gelo. Imponente fu, altresì, l'operazione di reimbarco, Furono evacuati e trasportati a Fusan: 105.000 uomini tra americani e sud-coreani, 91.000 profughi coreani, 17.500 veicoli e 350.000 tonnellate di armamenti e di materiale vario. Sul fronte occidentale, il movimento di ripiegamento dell'VIII armata ebbe momenti altrettanto drammatici nella fase iniziale. Confusione, intasamenti di autocolonne lungo le strade, gravi sintomi di sfaldamento di alcuni reparti che solo la presenza del generale Walker riuscì a ,contenere. Non fu una manovra in ritirata, ma un riflusso generale e precipitoso di una imponente massa di camion, di carri armati, di cannoni. La II divisione di fanteria americana, in retroguardia, mentre ripiegava su autocarri, cadde in una imboscata nel momento in cui la lunghissima autocolonna transitava attraverso un passo montano nei pressi di Sukchon, a circa 15 chilometri a sud-sud-ovest di Anju. Alla fine della giornata, malgrado una colonna britannica, tempestivamente inviata in loco, fosse riuscita a tenere aperto il varco, circa 3.000 uomini fra morti e feriti rimanevano sul terreno,

 

Il 5 dicembre anche Pyongyang, la capitale della Corea del Nord, veniva sgombrata dagli americani. Il 15 dicembre le truppe dell'VIII armata erano schierate, fronte a nord, su una linea difensiva precostituita che passava poco a nord del 38° parallelo.

 

Il 23 dicembre il comandante dell'8° armata, gen. Walker, rimaneva vittima di un incidente automobilistico a nord di Seul: venne sostituito dal gen. Ridgway, dei paracadutisti.

 

Completato il nuovo schieramento, ristabiliti i collegamenti, fatte serrare sotto le riserve, alla mezzanotte del 31 dicembre i sino-coreani sferrarono la cosiddetta « offensiva di Capodanno » che costituì il secondo tempo della controffensiva generale esauritasi il 15 dicembre quasi a ridosso del 38° parallelo.

 

L'azione si sviluppa incalzante su tutto il fronte. Due colonne d'attacco, muovendo rispettivamente da Kaesong e dal « Triangolo di ferro », convergono in direzione di Seul; una terza colonna più ad est, punta su Chunchon, mentre un'altra ancora procede speditamente lungo la fascia costiera in direzione di Yangyang.

 

Sotto la forte pressione avversaria, le forze dell'ONU, che prevedevano ed attendevano l'attacco, ripiegano a scaglioni " su posizioni retrostanti ingaggiando una serie di combattimenti di arresto tendenti a rallentare la spinta offensiva. Il 3 gennaio Seul cade per la seconda volta in mano dei comunisti; il giorno dopo questi si spingono decisamente lungo la rotabile per Suwon e raggiungono la zona di Osan, dove sono però arrestati.

 

Fallito il tentativo di penetrazione lungo il fascio rotabile e ferroviario Suwon-Taejon, i cino-coreani spostano lo sforzo principale nel settore centrale in direzione di Wonju, importante crocevia, che viene occupato il 16 gennaio dopo strenua resistenza della 2° divisione di fanteria USA e di reparti francesi.

 

La situazione divenne ancora una volta assai grave. Mentre nel mese di dicembre, durante la travolgente avanzata delle forze sino-coreane, si parlava dell'eventuale costituzione di teste di ponte a Jnchon o a Fusan, che avrebbero consentito di mantenere un piede fermo nella penisola, ora non si faceva mistero a Washington circa la possibilità di sgombero di tutte le forze delle Nazioni Unite dalla Corea.

 

Fu in quest'epoca, durante la ritirata americana, che si sparse la voce della « guerra batteriologica ». Per trovare una spiegazione al diffondersi delle epidemie nel Nord, il Governo comunista accusò gli Stati Uniti di usare l'arma batteriologica. Alcuni piloti americani, prigionieri, furono costretti sotto la minaccia di torture a dichiarare alla radio di aver seminato nubi infette. Furono messe in circolazione fotografie di insetti che si diceva fossero stati lanciati dagli aerei. Ma l'impostura fu smentita poco dopo dallo stesso ambasciatore sovietico a Washington, il quale precisò che le accuse agli americani di ricorrere ad aggressivi chimici « erano un malinteso ».

 

Si era a questo punto quando, subito dopo l'occupazione di Wonju, la spinta offensiva dei cino-coreani si esauriva del tutto e per alcuni giorni si ebbe una tregua su tutto il fronte. La crisi era passata, sicché il 17 gennaio, nel corso di una riunione del Consiglio nazionale di sicurezza, il presidente Truman poté assumere la decisione di non abbandonare la Corea.

 

Il 25 gennaio Ridgway dava inizio alla cosiddetta « offensiva ad obiettivi limitati ». Azione lenta, cauta, metodica, preparata da intensi bombardamenti aerei a da poderosi concentramenti di fuoco di artiglieria. Cominciava la quarta fase della guerra di Corea.

 

Il 9 febbraio, la colonna occidentale, che operava in direzione di Seul, occupava senza colpo ferire il porto di Jnchon e l'aeroporto di Kimpo; il 14 marzo pattuglie della 1° divisione sud-coreana penetravano nei sobborghi di Seul, constatando che la capitale era stata abbandonata dall'avversario; il 19 marzo truppe del X corpo d'armata americano occupavano Chunchon ad una quindicina di chilometri a sud del 38° parallelo; quasi contemporaneamente la divisione «Capitol» si spingeva a nord della linea di confine originaria ed occupava Yangyang sulla rotabile costiera orientale.

 

Verso la fine del mese di marzo l'« offensiva ad obiettivi limitati », durante il cui sviluppo si inserì il 7 marzo l'« operazione massacro » (Operation Killer), aveva portato le truppe americane a cavallo del 38° parallelo, dove si attestarono organizzandosi a difesa.

 

Per la seconda volta, dunque, le forze delle Nazioni Unite attraversavano quel Rubicone, il cui superamento era stato oggetto di accese discussioni nell'ambito dell'ONU ai primi di ottobre del 1950. E questa volta, non già allo scopo di « unificare la Corea » né per conseguire « una vittoria totale » sulle forze di aggressione, ma solamente, in conformità alla precisa direttiva politica di Truman, per essere in grado di infliggere il massimo dei danni all'avversario, per scoraggiarlo ad intraprendere ulteriori offensive e, soprattutto, per creare le condizioni più propizie per intavolare trattative di armistizio. Per il conseguimento di tali obiettivi, Truman non esitò a rimuovere dal comando il gen. Mac Arthur, il quale, malgrado le reiterate promesse di sottomissione alle direttive di Washington, aveva continuato a fare dichiarazioni di intolleranza e di bellicismo a oltranza.

 

L'11 aprile 1951 MacArthur veniva destituito. Il suo posto fu preso da Ridgway ed il comando dell'8" armata venne assunto dal gen. Van Fleet.

 

Ma ormai anche le operazioni militari si avviavano verso la fine. Nella notte sul 23 aprile i sino-coreani sferrarono la cosiddetta « offensiva di primavera ». Le forze delle Nazioni Unite non si lasciarono ingaggiare a fondo e, ubbidendo ad un piano preordinato, retrocessero metodica-niente reagendo essenzialmente con poderosi concentramenti del fuoco di artiglieria e con massacranti bombardamenti aerei.

 

Era il canto del cigno: l'attaccante aveva il fiato grosso ed il suo nuovo sforzo si esauriva definitivamente il 3 maggio 1951, ad appena qualche decina di chilometri a sud del 38° parallelo.

 

Poi, il 21 maggio, le forze del inondo libero riprendevano la loro metodica avanzata verso nord, riconquistando gradualmente tutte le posizioni perdute e spingendosi sino al «Triangolo di ferro », il cui lato meridionale Chorwon-Kumhwa (32 chilometri a nord del 38° parallelo) venne occupato il 13 giugno.

 

All'ONU, il segretario generale Trygve Live dichiarò che il tempo era venuto per parlare di pace e fece appello ai russi. Il 23 giugno, all'ONU, il delegato sovietico Jacob Malik dichiarava che cinesi e nord-coreani erano pronti ad intavolare trattative per la cessazione del fuoco in Corea.

 

La guerra era virtualmente terminata. Gli eserciti contrapposti, dopo un anno di dura guerra, si trovavano così sulle identiche posizioni di partenza, del giugno 1950. Né vinti né vincitori, dunque. Ma se nessuno poté cantare vittoria, chi dei due mondi in lizza (Oriente ed Occidente) ha tratto dalla campagna coreana i maggiori vantaggi?

 

Sotto l'aspetto politico, la guerra di Corea fu un monito per l'Unione Sovietica, la quale, dopo aver esercitato forte pressione in Europa fino al 1948 (guerriglia in Grecia, blocco, di Berlino, colpo di Stato di Praga), sì avvide con sorpresa che il riflusso verso l'Asia della sua spinta espansionistica, arrestata ad occidente in seguito alla creazione del Patto Atlantico, trovava questa volta una energica reazione di contenimento degli Stati Uniti, nonché la concorde unità d'azione di tutti i Paesi liberi. La crisi coreana servì ad assicurare i popoli d'Europa e d'Asia che, in caso di aggressione sovietica o cinese, potevano contare d'ora in poi sull'intervento dell'America.

 

Igino Gravina

 

 

 

 

Tra breve una cronologia della guerra e altro materiale

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