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25 Aprile 2009


Leviathan

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25 aprile, Alemanno rinuncia

 

Rischio incidenti, era pronto l'agguato. E il sindaco evita Porta San Paolo dove i partigiani lo aspettavano per celebrare la Liberazione nel luogo simbolo della Resistenza romana

 

Alla fine Alemanno ha scelto di non andare. Doveva essere un'occasione storica. Ma all'ultimo momento il sindaco di Roma ha scelto di non presentarsi a Porta San Paolo dove i partigiani lo aspettavano per celebrare la Liberazione nel luogo simbolo della Resistenza romana (414 militari e 156 civili il 10 settembre 1943 qui morirono nel tentativo di fermare l'invasione nazista). Quell'atto concreto verso la «memoria condivisa» invocata dal Capo dello Stato non c'è stato. Ieri mattina, alle 9.30, appena terminata la celebrazione con le più alte cariche dello Stato all'Altare della Patria, il sindaco di Roma ha scelto di rinunciare.

 

Una breve consultazione ai piedi del Vittoriano con un funzionario della Questura e poi la decisione: «Mi è stato comunicato che i centri sociali hanno organizzato una mobilitazione a Porta San Paolo contro la mia presenza, pronti a contestarmi anche in modo violento. Come atto di responsabilità e per non turbare la manifestazione rinuncio ad andare». Il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e il governatore del Lazio Piero Marrazzo, appena finita la cerimonia al Vittoriano al fianco di Alemanno, erano già partiti. I partigiani li aspettavano alle 10 a Porta San Paolo. I centri sociali erano già lì, pronti ad «accogliere» il sindaco. Non erano molti.

 

Un ventina di ragazzi appartenenti alla Rete antifascista attrezzati con megafoni, striscioni e un furgoncino. Ma con le idee chiare: «Eravamo pronti a contestarlo e siamo fieri che non sia venuto a casa nostra - hanno commentato soddisfatti - Alemanno voleva venire nella piazza dove è nata la Resistenza romana e per noi un sindaco fascista non è ben accetto». Ma il grosso della piazza era un altro: decine di bandiere di Pd, Italia dei valori e Sinistra (alcune anche con la falce e il martello) e, soprattutto le insegne delle associazioni dei partigiani. Centinaia di persone che attendevano Alemanno per sentire quali parole avrebbe usato. Parole che in quegli stessi attimi il sindaco pronunciava davanti al monumento di Forte Bravetta dove tra il 1943-44 furono fuciliati 77 partigiani: «Se fossi andato a Porta San Paolo - ha detto - avrei testimoniato come questa sia una festa di tutti, la Liberazione è il fondamento della democrazia e della libertà».

 

Ma Alemanno, nonostante non fosse presente, i fischi li ha presi lo stesso: quando il presidente dell'associazione Partigiani (Anpi) Massimo Rendina lo ha ringraziato per «le parole spese nei giorni scorsi sulla Liberazione», dalla folla si sono levati alcuni sibili di protesta. Ma il «veterano» dei partigiani ha avuto anche parole meno concilianti: «Sono preoccupato per la mentalità fascista che ancora si può trovare ai vertici dello Stato». Dopo Rendina ha preso la parola Zingaretti che dal palco ha detto chiaramente «che non ci deve essere la paura di venire in una piazza». Poi è stata la volta di Marrazzo che ha infiammato la folla (è lui che ha strappato l'applauso più convinto): «Bisogna sempre ricordare e non confondere chi combatteva dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata».

 

E a dimostrazione che Alemanno si sarebbe presentato davanti al popolo dei partigiani e della sinistra in una veste inedita lo dimostra il fatto che a Forte Bravetta ha firmato la petizione contro la proposta di legge presentata da alcuni parlamentari del Pdl per l'equiparazione dei repubblichini di Salò ai partigiani. Una volta archiviato «il caso Alemanno», alle 11.30 la manifestazione organizzata dall'associazione Partigiani si è trasformata in un corteo che ha sfilato per le vie di Roma. In testa i collettivi studenteschi e i centri sociali. È allora che sono apparse le bandiere della Palestina, di Cuba e quelle con la falce e il martello. E i cori anti Alemanno sono tornati a farla da padrone. Raggiunta piazza Vittorio, blindata dalle forze dell'ordine, il corteo si è sciolto pacificamente. L'appuntamento è al prossimo anno.

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«Non sapevamo che fosse stato presentato questo disegno di legge che sarà certamente ritirato». Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a proposito del disegno di legge che prevede la parificazione dei partigiani con i repubblichini della Rsi. Il segretario del Pd, Dario Franceschini, ieri ha chiesto a Berlusconi di ritirarlo dopo il suo intervento, a Onna, sulla Resistenza.

 

«Mi sembra che, anche leggendo la stampa, si possa pensare davvero a superare il periodo che abbiamo alle spalle e di andare verso un comune sentimento nazionale» ha detto il presidente del Consiglio. «Ho detto - ha aggiunto Berlusconi, che oggi è giunto in Fiera a Milano per visitare il Salone del Mobile - che il 25 aprile dovrebbe veramente diventare la festa della riacquistata libertà».

 

«In corenza con il passo che ha compiuto il 25 aprile, chiedo espressamente a Berlusconi di venire in aula a dichiarare: "Non cambierò più la Costituzione a colpi di maggioranza"» ha subito controbattuto il segretario del Pd, Dario Franceschini, concludendo il viaggio del treno per l'Europa a Venezia.

 

Sabato Berlusconi ha riconosciuto per la prima volta dopo quindici anni, il «valore fondante della Resistenza». Attutito però dall’accostamento al Risorgimento. Parole studiate nel primo discorso scritto e letto dal premier nel giorno della Liberazione, ma con alcuni omissis: «antifascismo», o «lotta partigiana», «dittatura fascista». E, infine, l’intervento che tronca la parola stessa nel tentativo di appropriazione del 25 aprile: «Sono maturi i tempi perché la festa della Liberazione possa diventare la festa della Libertà», ha detto il premier davanti alle macerie di Onna.

 

Festa della Libertà?

Libertà, parola che si associa facilmente al «suo» Popolo della Libertà, anziché ricordare la lotta di liberazione dal nazi-fascismo. Meglio inglobare il significato, levigando il confine di chi, come gli ricorda Dario Franceschini, «era dalla parte giusta e chi combatteva per una causa drammaticamente sbagliata». Dal palco di a Milano il leader del Pd blocca subito la proposta ambiguamente pacificatoria: «Quel nome l'hanno deciso i nostri padri e non si tocca, la festa della libertà deve essere tutti i giorni per gli italiani, ma il 25 Aprile continuerà a chiamarsi festa della Liberazione». Quel confine tra chi combatteva e chi ha sostenuto i nazisti a Salò è una linea pasticciata dal premier in nome della «pietà» e del rispetto verso «tutti i caduti, anche quelli che hanno combattuto dalla parte sbagliata, sacrificando in buona fede la propria vita a una causa persa». Certo poi ha chiarito, nessuna «neutralità, noi siamo dalla parte di chi ha combattuto per la nostra libertà». Però ha anche «commesso errori» e scritto «pagine oscure». La mattina, dopo aver partecipato per la prima volta alla cerimonia all’Altare della Patria con il presidente della Repubblica, Berlusconi lascia spazio all’ambiguità sull’equiparazione tra chi ha fatto la Resistenza e i fascisti di Salò: «È un tema su cui non ho ancora riflettuto», risponde ai giornalisti, ma lo farà. Franceschini, già a Onna, è indignato, lui nato da un padre partigiano e una madre figlia di un soldato di Salò. Nel pomeriggio invita il premier alla coerenza: «Faccia ritirare la proposta di legge del Pdl che equipara partigiani e repubblichini». Comunque il leader del Pd gli dà atto di aver detto «cose importanti, che la Resistenza dev’essere un valore condiviso. Ma ha avuto 14 anni per dirle e non lo aveva mai fatto».

 

Partigiano solo in foto

Vola alto con l’elicottero sulle case sventrare, il cavaliere partigiano solo in foto, con il fazzoletto che gli anziani della Brigata Maiella gli mettono al collo, ma non escono dalla sua bocca le parole chiave, anche se dà atto a chi «ha scritto una grande pagina della nostra storia» combattendo insieme, «comunisti e cattolici, socialisti e liberali, azionisti e monarchici». Cita Salvo D’Acquisto o chi nascose gli ebrei, ma offre ai giovani una storia anestetizzata, distorcendo materie di studio nel dire «anche la Chiesa fece la sua parte con coraggio» per evitare le persecuzioni razziali. Anche la strage nazista dei 17 abitanti di Onna sembra un errore umano per il «Bignami» di Silvio, colpito da «una ritorsione simile verso chi non aveva fatto nulla». Certo la presenza di Berlusconi il 25 aprile, ignorato dal ‘94 anche da premier, è un cambiamento, segno di un disegno che lo spinge a cercare l’unità, ma per mostrarsi come «il presidente degli italiani» sulle rovine del terremoto. Finché, magari, presidente non lo diventi davvero, previo modifica della Costituzione che ieri ha circoscritto in un «compromesso» fra padri costituenti. Ai quali attribuisce una lacuna: «Non è stata creata una coscienza morale comune», allora prematura, bensì il «valore prevalente fu per tutti l’antifascismo, ma non per tutti l’antitotalitarismo». Passerà lui la gomma sulla storia?

 

http://www.unita.it/news/84239/aprile_la_p...a_di_berlusconi

 

combattenti di Salò = partigiani

 

su alemanno posto:

http://roma.corriere.it/roma/notizie/crona...239661228.shtml

 

Uno così può manifestare per la liberazione??

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Ospite intruder

Lev, non vedo per quale motivo dobbiamo credere a ogni post comunista che dichiara di essere anticomunista dalla culla, tipo Veltroni nato cresciuto pasciuto nel PCI, e non dobbiamo concedere la medesima grazia ai post fascisti, tipo Fini o Alemanno.

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Poi parificare, come combattente, anche chi è stato, senza commettere crimini, dall'altra parte non mi sembra nulla di eccessivo, solo nell'italia avvelenata dal dogma della resistenza non si può neanche parlarne.

Fu una guerra civile, e come in tutte occorre una riconciliazione nazionale.

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Lev, non vedo per quale motivo dobbiamo credere a ogni post comunista che dichiara di essere anticomunista dalla culla, tipo Veltroni nato cresciuto pasciuto nel PCI, e non dobbiamo concedere la medesima grazia ai post fascisti, tipo Fini o Alemanno.

Senza contare, particolare tutt'altro che insignificante, che Fini ed Alemanno, per motivi anagrafici, sono da considerare del tutto estranei, personalmente, al fascismo storico, mentre Veltroni e tutti i principali esponenti del PD, di derivazione DS, PDS e PCI, furono tutti, entusiasticamente, convinti sostenitori della defunta bolscevica barbarie imperialcomunista sovietica!!! :thumbdown:

 

 

 

 

Poi parificare, come combattente, anche chi è stato, senza commettere crimini, dall'altra parte non mi sembra nulla di eccessivo, solo nell'italia avvelenata dal dogma della resistenza non si può neanche parlarne.

Fu una guerra civile, e come in tutte occorre una riconciliazione nazionale.

Quoto :adorazione:

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