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Il Piave mormorava...


Ospite galland

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Ospite galland

Il 24 maggio del 1915 l'Italia entrava in guerra contro l'Austria ed i nostri nonni, o bis, partivano per la IV guerra d'indipendenza. Me ne sono ricordato per caso dando un'occhiata al calendario...

Mettiamoci al lavoro; ricordi, articoli vecchie foto, libri.

Ciascuno posti qualcosa, io ho già in mente di presentare un libro interessante... o anche più!

Vi aspetto, come sempre...

Modificato da galland
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Breve panoramica sulle vicende belliche incentrata sul significato del Piave come "fiume sacro" alla patria e come oggetto di un canto arcinoto (tra l'altro il suo autore E. A. Mario era un "imboscato", nel senso che non combattè mai al fronte, ma era un semplice impiegato delle poste a Napoli):

 

Fortunato Minniti, Il Piave, Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 148.

 

Per chi invece è di Roma (o ci va suggerisco) la mostra al Vittoriano, realizzata però in funzione del 90° anniversario della vittoria.

 

Per concludere, dei miei famigliari so solo che il mio bisnonno materno partecipò alla prima guerra mondiale come sergente maggiore chirurgo (nella vita di tutti i giorni era l'equivalente di un attuale infermiere professionale) negli alpini, dopo aver trascorso sempre in questo corpo un periodo da soldato combattente, ricevendo anche una baionettata in pieno volto che gli lascio una cicatrice sulla guancia.

Modificato da gobbomaledetto
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In primo luogo, ascoltiamolo, questo nostro bellissimo inno, con le immagini del Fiume Sacro:

 

http://www.youtube.com/watch?v=xZ-Ru6YQFu4...feature=related

 

 

Poi un doveroso tributo ai soldati sardi, che si coprirono di gloria, vera gloria, in quella guerra:

 

 

 

ed infine, consentitemi, in onore di mio nonno, colonnello dei fanti piumati, durante la Grande Guerra:

 

Modificato da picpus
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bellissima la canzone del piave!!c'ho un compagno di corso che ogni tanto la canticchia..e appassionato degli alpini..che mito ^^"

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Un interessante episodio del tempo che riguarda un pilota con cui ho in comune il luogo di nascita: S.Donà di Piave.

 

Il pilota è il Ten. Giovanni, detto "Giannino" Ancillotto, ed il brano è tratto dal libro "Giannino Ancillotto - un'eroe sandonatese" di M.Perissinotto.

 

"IL DRAGO DI RUSTIGNE

Si é detto più sopra della distruzione di un "drachenballon" a Levada, tra Ponte di Piave ed Oderzo.

Lo si era immediatamente rimpiazzato, ed il nuovo “drachenballoon" era stato posto a Rustigne, un paesetto posto un chilometro piu a nord.

Ogni movimento italiano veniva scoperto ed ostacolato od impedito dai tiri di artiglieria che i suoi osservatori sapevano dirigere con grande efficacia.

L'equipaggio al suolo era veramente in gamba, ed aveva già scapolato almeno un paio di attacchi nei giorni precedenti.

All'alba del 5 dicembre 1917 il drachen era gia in quota, a circa 400 metri; i due ufficiali nella cesta-abitacolo avevano individuato i movimenti di una brigata italiana e vi dirigevano il tiro delle artiglierie imperiali.

A Marcon intanto quattro velivoli stavano scaldando iloro motori sul campo erboso, dove a tratti spiccava il biancore della brina.

Tre erano Spad: i migliori velivoli da caccia della forza aerea italiana.

Sulle fusoliere spiccava l’emblema della "Settantasette": un asso di cuori rosso sullo sfondo di un cerchio bianco. Uno si distingueva per alcune insegne personali: sui fianchi era dipinto lo stemma della citta di Tortona dove era nato il suo pilota, mentre sulle ali le coccarde avevano al posto del cerchio rosso una granata fiammeggiante, fregio dell'Arma dei Carabinieri. Il pilota declinava così le sue generalita: vicebrigadiere dei carabinieri Ernesto Cabruna. Era già un asso ed il partner preferito di Ancillotto nelle pattuglie. Cabruna era noto tanto per il suo coraggio (aveva affrontato da solo tredici avversari, abbattendone uno e mettendo in fuga gli altri), quanto per il suo rigore di vita e di stile davvero consono ad un appartenente alla Benemerita. Questa rettitudine lo porterà nel primo dopoguerra a chiudere prematuramente la sua carriera pur di non avallare l'adozione di un velivolo insicuro.

Gli altri aviatori erano i sottotenenti Carabelli e Degli Espositi.

Ancillotto era ai comandi di un vecchio Nieuport 11 asmatico, che ormai aveva l’unico pregio di essere predisposto al lancio dei razzi Le Prieur. Dopo qualche minuto i quattro velivoli si allinearono sulla pista e con una breve corsa staccarono le ruote da terra.

Gli Spad erano buoni arrampicatori, ma il ‘“Bebe" di Ancillotto saliva più lentamente, ostacolato anche dal carico che ne frenava la corsa; per raggiungere una quota valida e comporre la formazione occorsero parecchi minuti.

Il Ni.11 si teneva a bassa quota per non essere scorto facilmente. Più in alto ed indietro procedeva la scorta, in formazione a triangolo con Cabruna davanti ed i due ufficiali in linea d‘ala dietro a lui per coprirlo. I tre sviavano così l'attenzione di eventuali osservatori dal biplano argenteo sottostante, potendo tuttavia sernpre controllarlo ed intervenire in sua difesa.

La navigazione non era difficile. Un occhio alle bussole per tenere l'ago fra i 60 ed i 65 gradi, ma erano i piccoli paesi di campagna a fungere da marcatori di di rotta: Quarto d'Altino, Roncade, Monastier, mentre sulla destra si avvicinavano gli argini, la terra sconvolta, il fronte.

Ai quattro biplani occorsero una ventina di minuti per giungere al Piave; passarono le linee tenendo sulla destra l'ansa di Zenson e puntando verso Sant'Andrea di Barbarana e Ponte di Piave, i due paesi gemelli nati dove la vecchia via Postumia oltrepassava il fiume.

Ora li guidava il loro obiettivo: il pallone, sollevato a quattrocento metri di quota, era visibile ad occhio nudo da diversi chilometri. Passato il fronte, presero a seguire la strada Postumia, preparandosi per l'attacco; Ancillotto puntò direttamente all'involucro argenteo, i suoi compagni intensificarono il controllo forse sollevandosi di quota per ingannare il sistema di avvistamento.

La scorta trovo immediatamente da fare: tre caccia proteggevano il drachen volteggiandovi sopra.

Immediatamente gli Spad gli si lanciarono contro: il confronto era alla pari e neutralizzava la principale arma difensiva austriaca.

Il Nieuport aveva ora una chance per attaccare e colpire: ma doveva superare il tiro contraereo e soprattutto anticipare il recupero.

Ancillotto conosceva bene i pregi ed i limiti degli ordigni "Le Prieur"; decise di lanciare in una sola volta i sei ordigni dopo essersi portato a distanza ravvicinata per non mancare un bersaglio tanto importante.

Si lanciò in picchiata, seguito dai tiri della contraerea leggera e pesante.

Attese mentre la sagoma argentea gli ingrandiva di fronte, sino a divenire incombente.

Arrivato a ridosso del bersaglio ed essendogli leggermente piu basso richiamò e premette l’interruttore per l'innesco dei razzi.

Quando lanciò la salva, distava solo qualche diecina di metri dalla tela rigonfia di idrogeno.

Si rese conto di essersi lasciato prendere dalla foga dell'assalto; di non avere piu spazio per manovrare e di dovere per forza andare a collidere con l'involucro; insomma di essere un uomo morto.

Spense meccanicamente il motore, chiuse gli occhi e si rassegnò alla fine.

Le cose andarono in fretta: i razzi accellerarono istantaneamente, colpendo la tela quando l'aereo le distava qualche metro e detonarono immediatamente.

L‘idrogeno a sua volta esplose in una gran fiammata, facendo a brandelli il pallone ed aprendo in qualche modo la strada al velivolo.

Il Nieuport passò miracolosamente in questa enorme fiammata, forò forse i due strati di tela, ed uscì malconcio ma sostanzialmente integro.

Ancillotto riaprì incredulo gli occhi: l'aereo stava lentamente avvitandosi a motore spento, perdeva quota, ma nonostante tutto volava ancora.

Provò a riavviare il motore: si riaccese, girando regolarmente.

Diede uno sguardo rapidissimo alle ali, alla fusoliera; dai montanti e dai cavi pendevano grossi brandelli di tela argentea e si sentivano scricchiolii poco rassicuranti.

Tirò a se la cloche ed il Bebe iniziò lentissimamente a salire, mentre da terra la difesa contraerea lo bersagliava con raffiche di mitragliatrice e colpi di fucile.

Sulle Argentee ali si aprirono dei fori sfrangiati: tiri andati a segno.

I lembi bruciacchiati d'involucro del drachen, che il vento del volo incollava all'aereo, ne frenavano la corsa. La struttura del velivo1o era lesa e l'ala superiore, spezzata in due, era tenuta assieme solo dal supporto della mitragliatrice.

L'urto aveva anche deformato l'albero attomo a cui girava il complesso elica-motore; ogni rotazione era una vibrazione che si ripercuoteva sulla fusoliera.

Ma quell'assieme di tela, legno e tiranti si ostinava a volare comunque.

lntanto lentamente la massa ardente che era stata un drachen-ballon si adagiava al suolo; la sua caduta aveva travolto anche i due osservatori, uccidendoli.

I sei cacciatori italiani ed austriaci impegnati nel duello si erano subito resi conto di quanto era accaduto; gli attaccanti iniziarcno lo sganciamento per proteggere il Nieuport in ritirata.

Un pilota austriaco li anticipò e puntò sul "Bebe" che arrancava verso Ovest: un bersaglio perfetto, lento e quasi inerme all'apparenza.

Ancillotto lo vide ed ebbe una reazione incredibile: trovandosi in quelle condizioni cabrò e lo attaccò.

La Lewis fissata sull'ala superiore lasciò partire una breve raffica e il Nieuport puntò a sua volta il muso verso l'aggressore che sconcertato rinunciò all'azione.

Il ritorno al fiume, il passaggio del Piave ed il volo sino a Marcon avvennero senza altre insidie.

Ancillotto aveva qualche lieve scottatura, le sopracciglia bruciacchiate, ma era vivo, incolume.

La formazione prese terra: la missione assegnata era compiuta.

La testa di Ponte di Zenson resistette agli assalti italiani uu altro intero mese, grazie soprattutto al continuo appoggio dell'artiglieria austriaca.

Gli austriaci si ritirarono dalla riva occideutale del Piave il primo gennaio 1918"

:adorazione::adorazione::adorazione:

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Ospite galland

Bene! Domani posto il mio contributo, ciascuno ha messo qualcosa di interessante! complimeti!

Mi trovavo in trasferta di lavoro ed ho acquisito materiale... vedrete... vedrete...

a presto!

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Ospite galland

Storia della guerra italiana

1. Il primo anno di guerra

2. La “Strafexpedition”

3. Gorizia 1916

4. Isonzo 1917

5. La battaglia dell’Ottobre 1917 (Caporetto)

6. La riscossa (Altipiani - Grappa – Piave)

7. Giugno 1918

8. Vittorio Veneto

9. La guerra in alta montagna (Adamello – Tofane – Ortigara)

10. La guerra marittima dell’Italia (Riconoscimenti stranieri)

11. La guerra nell’aria

12. L’esercito italiano in Francia e in oriente

13. La condotta politica della guerra

14. I capi, le armi, i combattenti

15. I servizi logistici della guerra

Edizioni Corbaccio di Milano

 

Si tratta, come evidente dall’elenco, di un’opera che vuole fornire una panoramica della partecipazione italiana al primo conflitto mondiale.

Dei 15 volumi sono in possesso del secondo, che tratta della Strafexpedition, la spedizione punitiva realizzata dagli austriaci in Trentino ed a stento contenuta .

L’autore è il capitano Gianni Baj-Macario, ufficiale alle dirette dipendenze Badoglio e, successivamente storico militare (Un suo studio è stato recentemente ripubblicato dalla Libreria Editrice Goriziana). Attenzione e scrupolo nella trattazione della materia ce lo rivelano le cartine con cui è accompagnata la narrazione e le due ampie, suggestive viste frontali del campo di battaglia.

 

Da qualche ora, al termine di un raid presso la libreria Ares dispongo anche dell’undicesimo volume, dedicato alla guerra aerea e curato da un chiaro nome della nostra Aereonautica Militare: il Generale Felice Porro, negli anni della II Guerra Mondiale comandante della V Squadra Aerea in Libia.

 

Riporto il resoconto di alcune giornate della battaglia di Vittorio Veneto:

“L’inizio della battaglia (1° giornata – 24 ottobre)

La battaglia ebbe inizio alle ore 3 del 24 ottobre con l’attacco della IV Armata nella regione del Grappa sostenuto da azioni concomitanti della VI e XII Armata.

La preparazione d’artiglieria durò quattro ore. Alle ore 7,15’, su tutto il fronte, mentre la nebbia mattinale si risolveva in pioggia dirotta ed anche in neve, le fanterie passavano all’attacco. Purtroppo, le cattive condizioni atmosferiche, mantenutesi tali durante tutta la giornata, impedirono all’aviazione di effettuare tutti i bombardamenti preordinati. Le squadriglie da ricognizione tentarono di assolvere i loro compiti esplorativi, ma la scarsissima visibilità e le nubi basse non permisero di effettuare tale servizio.

II giornata (25 ottobre)

Il 25 ottobre il tempo migliorò, specie nella pianura. La Massa Caccia entrò in funzione, con le sue attive crociere ed in tal giorno compì 254 voli.

Il tenente Ernesto Cabruna, nonostante la grave ferita al braccio destro non fosse ancora guarita, lasciò l’ospedale, ed in condizione di evidente inferiorità volle partecipare alla battaglia; con tenacia e splendido ardire sostenne ripetuti combattimenti riuscendo ad abbattere altri due apparecchi. La ricognizione eseguì 96 voli segnalando l’andamento dei tiri, i movimenti sulle rotabili e compiendo anche numerose azioni offensive mediante mitragliamenti e lanci di spezzoni e piccole bombe sui vari bersagli.

La massa da bombardamento nella mattinata effettuò due azioni offensive, una sopra parchi e baraccamenti nei pressi di Tezze, su depositi, sulla stazione di Grigno, sui baraccamenti nei pressi di Ospedaletti; l’altra sulla strada a fondo Valle Cismon. Le azioni del mattino furono ripetute nel pomeriggio sugli stessi obiettivi. Undici apparecchi SVA nella giornata bombardarono baraccamenti, carreggi e treni in Val Sugana causando danni e panico.

Il concetto della massa si faceva strada, l’impiego razionale, nello spazio e nel tempo, dell’offesa aerea si affermava.

Anche la 1 Squadriglia Navale S.A. avrebbe dovuto partecipare alla battaglia bombardando obiettivi vati nella zona di Fonzaso. Per guasti ai motori, però, un solo apparecchio potè compiere l’operazione.

Nella notte il dirigibile F5 bombardava la stazione ferroviaria di Conegliano e l’M11 quella di Caldonazzo.

III giornata (26 ottobre)

Il 26 la Massa Caccia interveniva direttamente nella battaglia con azioni di mitragliamento, con lancio di piccole bombe sulle trincee nella zona dei Solaroli; in unione agli apparecchi della IV Armata, in numerosi combattimenti abbatté velivoli avversari. Nella stessa giornata un gruppo di SVA bombardò, in due successive incursioni, la strada Feltre – Fonzano ed obittivi nella zona Col del Gallo – Monte Roncon – Monte Tomatico. Sei triplani Caproni eseguivano il bombardamento degli impianti della stazione ferroviaria di Conegliano lanciando 4200 kg. di bombre

Il dirigibile M11 bombardava, nella notte, la stazione di Levico sorprendendola in piena attività.

Migliorate le condizioni atmosferiche e scemata la violenza della corrente del Piave, la sera del 26 si iniziavano i lavori per gettare ponti attraverso il fiume.

 

IV giornata (27 ottobre)

Il 27 mattino, sulla zona montana nubi basse, vento e visibilità cattiva, ostacolavano le operazioni aeree. Sul Piave invece le condizioni discrete permisero all’aviazione una fortissima attività. Undici apparecchi e tre palloni osservatori nemici furono abbattuti in questa giornata di lotte aeree implacabili e vivacissime.

Gli aviatori da ricognizione, compiuti gli indispensabili voli di esplorazione intervennero nella battaglia con bombe e mitragliatrici lanciandosi in ripetute azioni d’offesa a bassa quota. Ricognizioni aeree, eseguite nella giornata, avevano rilevato e fotografato considerevoli movimenti di truppe e carriaggi lungo le comunicazioni del solco Fellina – Val Mareno. In conseguenza il Comando Superiore d’Aereonautica dava immediatamente disposizione affinché tutti gli apparecchi disponibili della VI Armata e gli SVA del XXII Gruppo con bombe e mitragliatrici ostacolassero tali movimenti. L’azione ebbe luogo alle ore 16 ed ottenne effetti assai considerevoli.

Le squadriglie di SVA ompirono ricognizioni strategiche ed in più azioni bombardarono i depositi ed impianti ferroviari di San Stino di Livenza, di Sacile, di Pordenone, il campo di aviazione di Portobuffolè, baracche, carreggi, e truppe in movimento nella zona Col Fosco, Colle della Tombola, Torrente Ruggia, Colle di Guarda, nella zona Cison di Valmarino, Lago di Santa Maria.

Le squadriglie Caproni riunite in masssa eseguirono successivamente azioni offensive sul deposito di munizioni di Vittorio Veneto, sul deposito munizioni di Sacile, sui campi di aviazione della zona di Portobuffolè, nel contempo la prima squadriglia S.A. bombardò depositi ed ammassamenti di truppa nella zona tra Sacile e Fontanafredda.

Nella notte, sfidando venti fortissimi, cinque dirigibili tentarono compiere azioni di bombardamento. Tre di essi furono costretti a rientrare per avarie causate dalla difficile navigazione in queste cattive condizioni atmosferiche. Solo due aeronavi, l’ M14 e l’!(, rovesciarono il loro carico di bombe sulla stazione di Motta di Livenza e su intensi movimenti stradali nei pressi di San Stino.

Fra i gloriosi caduti in questa giornata di febbrile attività bellica, ricordiamo i due aviatori americani Tenenti James Bahl e Dewit Coleman, in servizio presso una delle nostre squadriglie Caproni. Attaccati da cinque apparecchi nemici, sostennero violentissimo combattimento e dopo averne abbattuti due, l’apparecchio venne incendiato dalle raffiche delle mitragliatrici avversarie e precipitava al suolo.

Alla memoria dei due eroici americani venne decretata la medaglia d’oro al valor militare.

Nella giornata del 27 furono eseguiti 342 voli della caccia, 148 della ricognizione e 63 del bombardamento; cifre che rendono evidente l’intensa attività bellica dell’arma aerea.

L’attività aerea del nemico in questa giornata fu molto intensa per quanto limitata solo alle prime linee. Nel pomeriggio undici apparecchi da bombardamento austriaci lanciarono, in due riprese, bombe su Newrvesa, Ponte della Priula, Ponte di Piave e Candelù.

[…]

VIII giornata (31 ottobre)

Il giorno 31 le condizioni atmosferiche furono avverse, nubi basse, foschia intensa su tutto il fronte limitarono l’attività aerea.

Gli aviatori da caccia, approfittando di momentanei miglioramenti, riuscirono a compiere, di sorpresa, azioni di bombardamento e mitragliamento di colonne di truppe, lungo la rotabile Pordenone – Casarsa.

Il tenente colonnello Pier Ruggero Piccio, comandante la Massa Caccia, partito a capo di una forte pattuglia, per una azione di mitragliamento, fu costretto ad atterrare in territorio nemico avendo avuto il motore colpito da una fucilata.

Il compagno di pattuglia lo seguì sin presso il suolo, per disperdere, a colpi di mitragliatrice, i soldati austriaci accorrenti verso l’apparecchio disceso, permettendo così al Comandante dei Falchi d’Italia di scomparire tra i cespugli.

Dopo cinque giorni avventurosi il Capo dei nostri cacciatori, “la folgore alata”, ritornava tra i suoi piloti esultanti di gioia.

La massa della caccia ritrovava il suo Capo, il suo animatore: la ricompensa per tutta l’azione svolta nella battaglia, per tutte le aspre e combattute vittorie.

 

IX e X giornata (1 e 2 novembre)

Malgrado le persistenti avverse condizioni atmosferiche, l’attività delle squadriglie fu intensa anche nelle giornate del 1° e 2 novembre, e continuarono reiterate le azioni di bombardamento contro le truppe nemiche. L’infuriare della lotta, la certezza della grande vittoria e del trionfo,esaltava ed infiammava gli aviatori che, pur di colpire con sicurezza gli obiettivi agivano da quota sempre più bassa. Nella notte sull’1, il dirigibile M11 riusciva, con tiri precisi, ad arrestare e sconvolgere l’ingente movimento in Val Sugana e l’intenso traffico ferroviario alle stazioni di Borgno e Strigno.

 

XI e XII giornata (3 e 4 novembre)

Le condizioni atmosferiche del 3 novembre furono ancora peggiori; la visibilità pessima e perciò la nostra attività aerea pressoché nulla.

Il 4 novembre i voli di collegamento con le truppe avanzanti furono ripresi e continuati sino alle ore 15. A tale ora le ostilità aeree contro le truppe ed i territori dell’Austria – Ungheria venivano sospese su tutto il fronte contemporaneamente all’arrestarsi dell’avanzata delle nostre truppe e delle operazioni terrestri e navali.

La battaglia contro la Monarchia Austro – Ungarica era finita con la nostra vittoria.

Il comando Superiore d’aereonautica, in conformità a quanto predisposto con l’ordine del 10 ottobre, rapidamente ordinava l’occupazione dei nuovi campi, tra i quali uno a Trento, onde essere in condizione di partecipare, con le proprie forze aeree, all’azione degli eserciti alleati contro la Germania.”

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Bellissimo topic Galland, complimenti davvero a te e a tutti per il materiale che avete postato; Blue Sky la prima pagina del corriere mi mette i brividi...

 

Bisogna sempre rispolverare questi eventi!

 

Aspetto altre fonti :adorazione:

 

CIAO A TUTTI!!!!!!!!

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  • 2 settimane dopo...

Ecco il mio contributo.

 

Alcuni libri:

 

1) Mario Isnenghi e Giorgio Rochat, La Grande Guerra 1914-1918, Milano, La Nuova Italia, 2000.

 

A mio avviso, semplicemente fondamentale per conoscere bene la Grande Guerra degli italiani.

 

2) Heinz Von Lichem, La guerra in montagna 1915-1918, Il fronte dolomitico da Rovereto al Passo Monte Croce Comelico, Bolzano, Athesia, 1993.

 

Uno dei non moltissimi libri tradotti in italiano da autori di lingua tedesca; consente di comprendere e capire strategia e modalità sul come è stata condotta la 1^GM sul fronte italiano dalle truppe austro-ungariche, nel testo proposto: dal Pasubio alle Dolomiti. Dello stesso autore esistono altre opere che descrivono altri settori dell'intero fronte italiano. Un utile strumento che consente, previo adeguato confronto con testi analoghi di fonte italiana, di farsi un idea più veritiera e bilanciata degli eventi realmenti accaduti.

 

3) Mario Ceola, a cura del Museo Strorico Italiano della Guerra, Dalle trencee alle nubi 1915-1918, Rovereto, Osiride, 1997.

 

Per gli appassionati di storia dell'aviazione, il libro autobiografico narra il percorso comune a molti altri, che ha portato l'autore da ufficiale di artiglieria e volontario di guerra, a passare in servizio sugli aerei come osservatore.

Sopravvisuto a numerose azioni di guerra e ad incidenti di volo è stato decorato con la medaglia d'argento V. M.

 

4)A cura di Gianlugi Fait, Sui campi di Galizia (1914 -1917), Rovereto, Museo storico italiano della Guerra.

 

Una chicca per chi cerca qualcosa di poco conosciuto fuori dall'ambito locale: la storia e le vicende belliche degli oltre 40.000 soldati trentini che hanno combattutto come Kaisejager sul fronte orientale.

 

Più in generale consiglio una visita sul sito www.museodellaguerra.it sito del Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto :adorazione: .

Sul sito un infinità di info sulla 1^GM (ma non solo), sulle iniziative previste per il novantesimo anniversario della fine della Grande Guerra e tantissimo altro.

Per chi passa fisicamente da Rovereto una visita al Museo rimane un esperienza interssantissima. Nelle esposizioni: dalle munizioni più varie a numerosi pezzi di artiglieria, dalle uniformi alle cucine da campo, per gli appasionati di aviazione la possibilità di vedere un Nieuport 10 etc etc etc etc

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