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maverick13

Messaggi raccomandati

Raga,sto facendo un compito x la tesina d'esame,e mi servirebbero degli aiutini in campo aeronautico:

 

mi potete completare i seguenti campi?:

 

L'aviazione russa: .........

Il missile con piu' raggio d'azione: ..............

l'ultimo idrovolante costruito:.............

come funziona la bomba a idrogeno,dove e come e' stata impiegata:.........

qualche episodio di piloti morti per "G"(ammesso che sia successo):........

il miglior pilota mondiale:........

il migliore pilota italiano (preferibilmente moderno o magari contemporaneo:......

 

 

 

:adorazione::adorazione::adorazione:

Modificato da maverick13
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Ospite batterfield

Mi dispiace ma non so risponderti a nessuna domanda se no su quella della bomba ad idrogeno.........

By Encarta:

Armi nucleari Ordigni esplosivi progettati per liberare energia nucleare su grande scala. La prima bomba atomica (o bomba A), che fu sperimentata il 16 luglio 1945 nei pressi di Alamogordo, nel New Mexico, rappresentava un tipo completamente nuovo di esplosivo artificiale.

Prima di quella data, tutti gli esplosivi derivavano la loro potenza dal rapido processo di combustione o di decomposizione di determinati composti chimici e quindi sfruttavano l'energia che si libera per effetto delle transizioni degli elettroni orbitanti tra i livelli energetici periferici, o più esterni, dell'atomo.

 

Diversamente, gli esplosivi nucleari liberano l'energia contenuta nel nucleo atomico: la bomba A sviluppa la sua spaventosa potenza per la rottura, o fissione, dei nuclei contenuti in alcuni chilogrammi di plutonio. Una sfera di uranio o di plutonio dalle dimensioni simili a quelle di una palla da baseball determina un'esplosione paragonabile a quella prodotta da 20.000 tonnellate di esplosivo ad alto potenziale, come ad esempio il trinitrotoluene, noto come TNT. La bomba A fu sviluppata, costruita e collaudata dal Progetto Manhattan, un'imponente impresa iniziata dagli Stati Uniti nell'agosto 1942, durante la seconda guerra mondiale. Molti illustri scienziati, tra i quali i fisici Enrico Fermi, Richard Feynman ed Edward Teller e il chimico Harold Urey, furono coinvolti in quello che rappresentava il maggiore progetto scientifico al mondo, diretto dal generale dell'esercito statunitense Leslie Grooves. Direttore scientifico del progetto, che aveva base a Los Alamos, nel New Mexico, era il fisico statunitense J. Robert Oppenheimer.

 

Dopo la guerra, nel 1946, la Commissione per l’energia atomica (AEC) divenne responsabile della supervisione di tutti i progetti riguardanti lo sfruttamento dell'energia nucleare, compresa la ricerca sulle armi. Furono sviluppati nuovi tipi di bombe con lo scopo di estrarre energia da elementi più leggeri, come l'idrogeno, sfruttando il processo di fusione nucleare, nel quale nuclei di isotopi dell'idrogeno, deuterio o trizio, si uniscono per formare un più pesante nucleo di elio. Questa ricerca produsse bombe di potenza variabile tra una frazione di kiloton (equivalente a 1000 tonnellate di TNT) e molti megaton (1 megaton = 1 milione di tonnellate di TNT). Inoltre, la dimensione fisica della bomba fu drasticamente ridotta, permettendo lo sviluppo di proiettili nucleari tattici per artiglieria e di missili lanciabili dal suolo, dall'aria e utilizzabili anche sott'acqua. I grandi missili possono recare testate nucleari multiple indirizzabili su bersagli differenti.

Nel 1905 Albert Einstein pubblicò la teoria della relatività ristretta, che contiene la celebre relazione di equivalenza tra massa ed energia, espressa dall'equazione E = mc2. La relazione di Einstein afferma che una massa m può essere trasformata in una quantità di energia E uguale al prodotto della massa stessa per il quadrato della velocità della luce nel vuoto, c. Dato l'elevato valore di c, una porzione molto piccola di materia equivale a una enorme quantità di energia. Ad esempio, un chilogrammo di materia, convertito completamente in energia, è equivalente all'energia liberata dall'esplosione di 22 milioni di tonnellate di TNT.

 

Nel 1939, in seguito agli esperimenti dei chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann, che riuscirono a dividere un nucleo di uranio in due parti pressoché uguali tramite bombardamento con neutroni, la fisica austriaca Lise Meitner e il nipote Otto Frisch spiegarono il processo della fissione nucleare. Fu questo il primo passo verso la liberazione di energia dall'atomo.

In una reazione di fissione, un nucleo di uranio o di un altro elemento pesante si scinde, per effetto del bombardamento con neutroni, formando una coppia di frammenti di nucleo e liberando una notevole quantità di energia. Il processo è accompagnato da una rapida emissione di neutroni veloci, uguali a quelli che hanno innescato la fissione del nucleo di uranio; ciò consente l'inizio della cosiddetta reazione a catena, che consiste in una serie autoalimentata di fissioni nucleari: i neutroni che vengono emessi nel processo di fissione possono a loro volta innescare il medesimo processo, con continuo sviluppo di energia. L'isotopo leggero dell'uranio, l'uranio 235, viene facilmente scisso per effetto dei neutroni prodotti durante la reazione di fissione e, scindendosi, emette in media 2,5 neutroni. Per sostenere la reazione a catena è necessario un neutrone per ogni generazione di fissioni nucleari; i neutroni eccedenti possono sfuggire dalla massa del materiale oppure possono essere assorbiti da impurità o dall'isotopo pesante uranio 238, nel caso in cui questo sia presente. Una sostanza capace di sostenere una reazione di fissione a catena è detta fissile.

Una piccola sfera di materiale fissile puro, come ad esempio l'uranio 235, circa delle dimensioni di una pallina da golf, non può sostenere una reazione a catena; troppi neutroni sfuggono infatti dalla superficie della sfera, che è relativamente grande rispetto al volume, e vengono in questo modo sottratti alla reazione. In una massa di uranio 235 delle dimensioni di una palla da baseball, invece, il numero di neutroni persi attraverso la superficie è compensato dai neutroni generati nelle fissioni che avvengono all'interno della sfera.

 

La quantità minima di materiale fissile (di una determinata forma) necessaria per mantenere una reazione a catena è detta massa critica. Incrementando ulteriormente la dimensione della sfera si ottiene una massa supercritica, nella quale le generazioni successive di fissioni aumentano molto rapidamente, conducendo a un'esplosione come conseguenza dello sviluppo estremamente rapido di un'enorme quantità di energia. In una bomba atomica, pertanto, una massa di materiale fissile di dimensioni maggiori del valore critico viene divisa in due o più parti non critiche, che vengono ravvicinate e tenute insieme per circa un milionesimo di secondo, così da costituire istantaneamente la massa critica; ciò consente che la reazione a catena si propaghi prima dell'esplosione della bomba. Un materiale pesante, detto tamper, circonda la massa fissile in modo da prevenirne una disintegrazione prematura e da ridurre il numero di neutroni che riescono a sfuggire.

 

Se in mezzo chilogrammo di uranio ogni atomo dovesse scindersi, l'energia prodotta eguaglierebbe la potenza esplosiva di 10.000 tonnellate di TNT. In questo caso ipotetico, l'efficienza del processo sarebbe del 100%; nei primi test della bomba A, questa efficienza non era neppure lontanamente raggiunta.

 

DETONAZIONE DELLE BOMBE ATOMICHE

 

Per la detonazione delle bombe atomiche sono stati messi a punto vari sistemi, più o meno sofisticati. Nel sistema più semplice, un proiettile di materiale fissile viene sparato contro un bersaglio del medesimo materiale, in modo che le due masse si uniscano in un insieme supercritico. La bomba atomica fatta esplodere su Hiroshima il 6 agosto 1945 era un'arma di questo tipo, della potenza di circa 20 kiloton.

 

Un metodo più complesso, detto a implosione, viene utilizzato in un'arma di conformazione sferica. La parte più esterna della sfera consiste di uno strato di "lenti" di esplosivo comune ad alto potenziale, disposte in modo da concentrare l'esplosione verso il centro della bomba (implosione). Al centro si trova un nocciolo di materiale fissile che viene compresso dalla potente onda di pressione diretta all'interno; la densità del metallo ne risulta aumentata, con conseguente produzione di una configurazione supercritica. La bomba del test di Alamogordo e anche quella sganciata su Nagasaki il 9 agosto 1945, entrambe con una potenza di 20 kiloton, erano del tipo a implosione.

 

Indipendentemente dal metodo usato per ottenere un insieme supercritico, la reazione a catena procede per circa un milionesimo di secondo, liberando enormi quantità di energia termica. La liberazione così rapida di una tale energia in un piccolo volume fa sì che la temperatura salga istantaneamente a decine di milioni di gradi. La rapida espansione e vaporizzazione del materiale stesso che costituisce la bomba dà origine a un'esplosione di estrema potenza.

 

PRODUZIONE DI MATERIALE FISSILE

 

È stata necessaria molta sperimentazione per mettere a punto tecniche adeguate per la produzione di materiale fissile.

 

Separazione degli isotopi dell'uranio

 

L'isotopo fissile uranio 235 rappresenta solo lo 0,7% dell'uranio naturale, che è costituito prevalentemente dal più pesante e stabile uranio 238. Poiché i due isotopi sono chimicamente identici, non esistono metodi chimici che permettano di separare l'uranio 235 dall'uranio 238; per la separazione sono state studiate moltissime tecniche fisiche, che si basano, in linea di principio, sulla lieve differenza di peso fra i due tipi di atomo.

 

Un enorme impianto a diffusione gassosa fu realizzato durante la seconda guerra mondiale a Oak Ridge, nel Tennessee, e venne ingrandito al termine del conflitto; altri due impianti simili furono costruiti a Paducah, nel Kentucky, e a Portsmouth, nell'Ohio.

 

Il materiale di partenza è un gas estremamente corrosivo, l'esafluoruro di uranio, che viene pompato contro barriere che presentano molti milioni di minuscoli fori, attraverso i quali le molecole più leggere, che contengono l'isotopo 235 dell'uranio, si diffondono con velocità lievemente maggiore rispetto alle altre (vedi Diffusione). Quando il gas è passato attraverso migliaia di barriere, risulta notevolmente arricchito nell'isotopo di uranio più leggero e il prodotto finale, contenente oltre il 90% di uranio 235, è di qualità adatta alla produzione di armi.

 

Produzione di plutonio

 

L'isotopo uranio 238 (elemento con numero atomico 92) non è in grado di sostenere una reazione a catena, ma può essere convertito in un elemento fissile mediante bombardamento con neutroni. Quando un nucleo di uranio 238 cattura un neutrone, si trasforma in un isotopo ancora più pesante, l'uranio 239, che si disintegra rapidamente formando nettunio 239, un isotopo dell'elemento di numero atomico 93 (nettunio). Un'ulteriore disintegrazione tramuta questo isotopo in un isotopo dell'elemento con numero atomico 94, il plutonio 239. Quest'ultimo, come l'uranio 235, subisce fissione in seguito ad assorbimento di un neutrone e può essere pertanto usato come materiale per la fabbricazione di bombe nucleari soltanto se si dispone di un'intensa sorgente di neutroni; una tale sorgente può essere fornita ad esempio da una reazione a catena controllata in un reattore nucleare.

 

Durante la seconda guerra mondiale i reattori nucleari furono progettati in modo da fornire neutroni per produrre plutonio. Reattori in grado di trattare grandi quantità di uranio 238 furono messi in funzione a Hanford, nello stato di Washington, e nei pressi di Aiken, nel South Carolina.

 

ARMI TERMONUCLEARI O A FUSIONE

 

Prima che venisse sviluppata la prima bomba atomica, gli scienziati si resero conto della possibilità di sfruttare una reazione diversa dal processo di fissione come fonte di energia nucleare. Invece di utilizzare l'energia liberata dalla reazione a catena di una massa critica di materiale fissile (che si scinde), le armi nucleari possono sfruttare l'energia sviluppata dalla fusione di elementi leggeri, ad esempio gli isotopi di atomi come l'idrogeno, che si uniscono a formarne uno più pesante (per questa ragione le armi basate sulle reazioni di fusione nucleare sono spesso chiamate bombe all'idrogeno, o bombe H). Dei tre isotopi dell'idrogeno esistenti, i due più pesanti, il deuterio e il trizio, sono più instabili e quindi si combinano più facilmente per formare elio. Anche se la quantità di energia liberata per singola reazione nucleare è minore nel processo di fusione che in quello di fissione, 0,5 kg del materiale con peso atomico inferiore contengono un numero di atomi di gran lunga maggiore; pertanto, l'energia liberata da 0,5 kg di un isotopo dell'idrogeno è pari a circa 29 kiloton, ovvero tre volte quella dell'uranio a parità di massa. Questa stima, comunque, presuppone la completa fusione di tutti gli atomi di idrogeno. Le reazioni di fusione nucleare si verificano solo a temperature di molti milioni di gradi e il tasso con cui si svolge il processo aumenta enormemente al crescere della temperatura; pertanto tali reazioni sono denominate termonucleari, ovvero indotte dal calore.

 

Lo sviluppo della bomba a idrogeno sarebbe stato impossibile prima del perfezionamento della bomba A, dato che solo quest'ultima può fornire la quantità di calore necessaria ad avviare la reazione di fusione dei nuclei di idrogeno.

 

Test termonucleari

 

Facendo seguito ai test di sviluppo condotti nella primavera del 1951 presso le isole Marshall, il primo esperimento di esplosione termonucleare coronato da successo fu effettuato il 1° novembre 1952: denominato Mike, produsse un'esplosione di parecchi megaton. L'Unione Sovietica fece detonare un'arma termonucleare da 10 megaton nell'agosto 1953; il 1° marzo dell'anno successivo, gli Stati Uniti sperimentarono una bomba a fusione da 15 megaton, che produsse una sfera di fuoco del diametro di quasi cinque chilometri e un'immensa nube a fungo che rapidamente giunse fino a quote stratosferiche.

 

UNA BOMBA A FISSIONE-FUSIONE-FISSIONE

 

Dopo l'esplosione, tutto il mondo conobbe il fenomeno del cosiddetto fallout radioattivo; la ricaduta di detriti radioattivi dall'immensa nube della bomba rivelò molto sulla natura stessa dell'esplosione termonucleare. Se la bomba H fosse stata un'arma costituita semplicemente da un innesco a fissione e una massa di isotopi di idrogeno (come si pensava prima dell'esplosione), la sola radioattività persistente dopo l'esplosione sarebbe stata quella prodotta dai detriti dell'innesco e quella indotta dai neutroni liberi a contatto con le scogliere coralline e con l'acqua di mare. Invece, la bomba termonucleare che esplose nel 1954 era in realtà un'arma a tre stadi. Ciò si scoprì grazie ad alcuni detriti radioattivi che andarono a ricadere su un peschereccio giapponese che stava solcando le acque a 160 chilometri dal punto dell'esplosione: questa polvere fu analizzata dagli scienziati giapponesi e il risultato dell'analisi dimostrò che l'ordigno doveva contenere qualcosa di più, oltre all'innesco e all'idrogeno. Il primo stadio consisteva di una grande bomba A, che fungeva da innesco; il secondo stadio era la fase di bomba H, risultante dalla fusione del deuterio e del trizio contenuti nell'ordigno (nel processo di fusione si formavano elio e neutroni ad alta energia); il terzo stadio era il risultato dell'impatto di questi neutroni ad alta velocità con il rivestimento esterno della bomba, costituito da uranio naturale, uranio 238. Non si verificava una reazione a catena, ma i neutroni prodotti dalla fusione avevano energia sufficiente per provocare la fissione di nuclei di uranio e quindi un'ulteriore liberazione di energia, ma soprattutto di residui radioattivi.

 

Come nel caso delle esplosioni prodotte dalle armi convenzionali, gran parte del danno provocato agli edifici e alle altre strutture da un'esplosione nucleare risulta, direttamente o indirettamente, dagli effetti dello scoppio. La rapidissima espansione dei materiali che costituiscono la bomba produce un impulso di alta pressione, o più precisamente un'onda d'urto, che si propaga in modo concentrico a partire dal punto in cui è avvenuta l'esplosione. In aria, questa onda d'urto è accompagnata dallo sviluppo di venti violentissimi, assai più potenti di quelli di un uragano, e il danno viene provocato sia dalla pressione dell'aria in prossimità del fronte dell'onda d'urto, sia dai venti estremamente intensi che persistono anche dopo il passaggio dell'onda.

 

L'entità del danno prodotto al suolo dipende dalla potenza dell'esplosione che viene espressa in tonnellate equivalenti di TNT, ma anche dalla quota a cui è fatta esplodere la bomba e dalla distanza delle strutture colpite dal punto zero, vale a dire dal punto che si trovava direttamente sotto l'ordigno all'istante dell'esplosione. Le bombe A da 20 kiloton esplosero sul Giappone a una quota di circa 550 m, poiché era stato calcolato che in corrispondenza di quel valore si sarebbe ottenuto il massimo danno.

 

Assumendo una quota di esplosione tale da rendere più vasta possibile l'area colpita, una bomba da 10 kiloton provocherebbe la distruzione di case poste a una distanza di oltre un chilometro e mezzo dal punto zero e danni moderati fino a due chilometri e mezzo. Il raggio della zona interessata dall'effetto distruttivo aumenta con la potenza della bomba, approssimativamente in proporzione alla sua radice cubica. Ad esempio una bomba da 10 megaton, ovvero 1000 volte più potente di una da 10 kiloton, ha raggio di azione 10 volte maggiore di quest'ultima.

 

Effetti termici

 

Le temperature estremamente alte raggiunte in un'esplosione nucleare risultano dalla formazione di una massa incandescente di gas compressi, detta palla di fuoco, che per un'esplosione in quota della potenza di 10 kiloton ha diametro di circa 300 m; per un'esplosione da 10 megaton il diametro raggiunge invece i 5 km. Dalla palla di fuoco viene emesso un lampo di radiazione termica che raggiunge una vasta area, seppure con intensità che decresce in modo costante. La quantità di energia termica ricevuta a una determinata distanza dal punto zero dipende dalla potenza della bomba e dallo stato dell'atmosfera: se la visibilità è scarsa e l'esplosione avviene al di sopra delle nubi, ad esempio, l'efficacia del lampo di radiazione termica che ne risulta è sensibilmente diminuita.

 

La radiazione termica che colpisce la pelle causa gravi ustioni, in particolare un'esplosione in quota da 10 kiloton può produrre ustioni di secondo grado sulla pelle non coperta, fino a 2,4 km dal punto zero; per una bomba da 10 megaton, la distanza corrispondente è di 32 km.

 

La radiazione termica può provocare lo sviluppo di incendi di materiale combustibile, che successivamente, se le condizioni sono favorevoli, si estendono. I dati raccolti in seguito alle esplosioni atomiche sulle due città giapponesi rivelarono che molti incendi, specialmente nell'area attorno al punto zero, furono provocati da cause secondarie, come cortocircuiti, rotture delle condutture del gas, rottura dei forni e delle caldaie di impianti industriali. L'onda d'urto produsse detriti che contribuirono ad alimentare le fiamme e a ostacolare il lavoro di chi tentava di domarle.

 

In condizioni particolari, quali si verificarono a Hiroshima e non a Nagasaki, molti singoli incendi possono combinarsi a produrre una grande tempesta di fuoco. Il calore dell'incendio causa una forte corrente d'aria ascensionale, la quale a sua volta richiama forti venti verso il centro dell'area interessata; questi venti alimentano le fiamme e nell'area tutto ciò che esiste di infiammabile viene rapidamente divorato dal fuoco.

 

Radiazione penetrante

 

Oltre al calore e all'onda d'urto, l'esplosione di una bomba nucleare ha un effetto del tutto particolare e assolutamente devastante: l'emissione di radiazioni nucleari penetranti che hanno caratteristiche completamente diverse dalla radiazione termica. Quando viene assorbita dai tessuti corporei, la radiazione nucleare può causare danni estremamente gravi anche se, per un'esplosione in quota, questi si manifestano all'interno di un raggio minore rispetto a quello associato a un'onda d'urto e alla radiazione termica. In Giappone, tuttavia, molti individui che non avevano riportato danni letali per l'urto e per il calore, morirono in un secondo momento a causa delle radiazioni.

 

La radiazione nucleare prodotta da un'esplosione atomica può essere distinta in due categorie: radiazione diretta e radiazione residua.

 

Quella diretta consiste di una liberazione istantanea di neutroni e raggi gamma, che sono radiazioni elettromagnetiche ad alta energia simili ai raggi X, su un'area di moltissimi chilometri quadrati. Sia i neutroni sia i raggi gamma hanno la proprietà di attraversare la materia allo stato solido, cosicché per difendersi dalla loro azione occorre essere schermati da spessori consistenti di materiale.

 

La radiazione nucleare residua, generalmente nota come fallout, può rappresentare un rischio per aree molto vaste del tutto indenni dagli altri effetti dell'esplosione. Nelle bombe che traggono energia dalla fissione di uranio 235 o di plutonio 239, per ogni atomo fissile si producono due nuclei radioattivi; questi prodotti di fissione spiegano la persistente radioattività dei detriti delle bombe, dal momento che molti degli atomi hanno tempi di dimezzamento di giorni, mesi o anche anni.

 

Si conoscono due diverse categorie di fallout: precoce e ritardato. Se un'esplosione nucleare si verifica vicino alla superficie, avviene il risucchio dalla superficie stessa di detriti e acqua, materiali che vanno a costituire la nube a fungo e si contaminano con i residui radioattivi della bomba stessa. Il materiale contaminato comincia a ricadere nel giro di pochi minuti e può continuare anche per 24 ore, interessando un'area di migliaia di chilometri quadrati sottovento rispetto al punto dell'esplosione: è questo il cosiddetto fallout precoce, che costituisce un rischio immediato per gli esseri umani. Le esplosioni che avvengono a quota relativamente alta non danno luogo a fallout precoce. Se una bomba nucleare esplode ben lontana dal suolo, i residui radioattivi salgono ad alta quota nella nube a fungo, e ricadono gradualmente su un'area molto vasta.

 

La natura della radioattività e la grande vastità delle aree che potrebbero essere contaminate da una singola esplosione rendono potenzialmente il fallout radioattivo uno degli effetti più micidiali delle esplosioni nucleari.

 

Effetti climatici

 

Oltre ai danni determinati dall'onda d'urto e dalle radiazioni associate a singole esplosioni nucleari, uno scambio di attacchi nucleari su vasta scala tra nazioni potrebbe avere un effetto globale catastrofico sul clima del nostro pianeta. Questa possibilità, ipotizzata in un articolo pubblicato da un gruppo internazionale di scienziati nel dicembre del 1983, acquisì notorietà come "teoria dell'inverno nucleare". Secondo l'opinione di questi scienziati, l'esplosione di meno della metà del numero complessivo di testate in possesso di Stati Uniti e Unione Sovietica avrebbe lanciato nell'atmosfera immense quantità di polvere e fumo, tali da schermare la luce solare per parecchi mesi (particolarmente nell'emisfero settentrionale), distruggendo la vita delle piante e instaurando un clima subglaciale, fino alla dispersione delle polveri. Secondo la teoria, anche lo strato di ozono sarebbe stato interessato dalle esplosioni, così da determinare in seguito danni ulteriori provocati dalla radiazione ultravioletta solare non schermata. Tutti questi effetti, persistendo per un tempo sufficiente, avrebbero potuto anche condurre all’estinzione della razza umana. Da allora la teoria dell'inverno nucleare è stata oggetto di enormi controversie; benché la sua fondatezza sia stata riconosciuta, le politiche di difesa delle maggiori potenze non sono state modificate.

 

Bombe H "pulite"

 

In media, circa il 50% della potenza di una bomba H risulta dalla reazione di fusione termonucleare; il restante 50% è fornito dalla fissione dell'innesco e dell'involucro di uranio. Per bomba H "pulita" si intende un ordigno in cui una frazione significativamente inferiore al 50% dell'energia viene fornita da processi di fissione. Dato che la fusione non dà luogo direttamente alla formazione di prodotti radioattivi, il fallout di una bomba pulita è inferiore, a parità di potenza, a quello di un comune ordigno nucleare. Se una bomba H non avesse rivestimento in uranio, ma solo l'innesco a fissione, potrebbe dirsi relativamente pulita, poiché forse meno del 5% della totale forza esplosiva potrebbe risultare dalla fissione.

 

La bomba al neutrone (bomba N), sperimentata dagli Stati Uniti e da altre potenze nucleari, è una bomba a fusione in cui viene potenziata l'emissione di radiazione diretta, ma non si ha rilascio di prodotti radioattivi persistenti di fissione. Il gran numero di neutroni liberato nelle reazioni termonucleari induce radioattività nel suolo e nell'acqua entro una zona relativamente ristretta intorno all'esplosione; pertanto la bomba al neutrone viene considerata un'arma tattica, e non strategica, dal momento che può causare gravi danni sul campo di battaglia, uccidendo i militari che occupano carri armati e veicoli corazzati, senza provocare il fallout radioattivo che metterebbe in pericolo gli esseri viventi a molti chilometri di distanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BE-103, ho risposto anche al tuo MP in proposito.

 

Attenzione però a non confondere idrovolante e aereo anfibio: sono due cose che in Italia spesso sono usate con lo stesso significato, ma in USA sono molto diverse.

 

Idrovolante è un aereo che ha dei galleggianti che gli permettono di operare sul mare come fosse una pista.

 

Aereo anfibio (come il BE-103) è un aereo che ha proprio una fusoliera galleggiante, quindi è una cosa un tantino diversa.

 

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L'aviazione russa che domanda è esattamente?

 

Il miglior pilota mondiale/italiano è soggettivo.

 

Piloti morti per effetto G.

I primi studi seri sull'effetto G furono quelli del famoso Jimmy Doolittle, nel 1927.

Fu lui a scoprire e calcolare gli effetti dell'accelerazione durante le manovre aeree.

 

Non è facile stabilire se un incidente è dovuto alla perdita di conoscenza per effetto dei G.

Non è facile sapere se un pilota è svenuto per i G o per un altro tipo di malore.

 

Da un rapporto della FAA, che ha analizzato alcune situazioni in cui certamente è stata la forza G (e questa certezza si ha in genere solo per le acrobazie aeree):

 

Obviously, much aerobatic activity takes place without imposing any ill effects on pilots. G incapacitation may be a serious matter in some military aviation activities, but is it of concern in civil aerobatic flying? The following illustrative cases suggest that it is.

a. Case I. A 32 year old pilot was practicing for an airshow. His observer on the ground watched the aircraft complete a Cuban 8 maneuver, make an uncontrolled descent, and crash. The pilot died. Because of the aircraft's movements and since no mechanical problems were found, the accident investigators suspected that the pilot had become incapacitated. An autopsy and toxicological tests showed no condition that might have contributed to incapacitation. However, the medical history indicated the pilot had a chronic heart condition. He had occasionally passed out when his heart underwent a change to very rapid beating. It was ruled that the most probable cause of the accident was the pilot's underlying heart condition, which had made him more susceptible to the G's of aerobatic maneuvers. He had lost consciousness and control of the aircraft.

 

b. Case II. A pilot who survived an episode of unconsciousness in flight reported the incident. As he practiced normal inverted turns, the nose of the aircraft began to drop and outside reference was lost. He applied forward stick pressure, producing 2.1 to 2.3 negative G's. In his last conscious act he reduced power (to idle). He thought he had lost consciousness for 3 to 4 seconds. Regaining consciousness, he found a nose high attitude and the G meter needles were pointing to positive 9 and negative 2.4. Later inspection of the aircraft revealed that most of the metal ribs near the front spar of both wings were deformed and one wing spar brace was bent. Medical records revealed no condition that might have led to loss of consciousness. Had the pilot not regained consciousness in time to control the aircraft, the stated cause of the accident may well have been, "exceeded design stress limits of the aircraft."

 

c. Case III. During a practice flight, an experienced aerobatic pilot completed a series of 18 maneuvers and, after a short rest, began his "free" sequence of 23 maneuvers under the watchful eye of his ground observer, a judge of aerobatic flying. After the 19th maneuver, a three-quarter outside loop followed by 2 1/2 rolls from inverted to upright, the aircraft flew straight and level for a short time, departed from the practice box in a 45° nosedown attitude, and crashed. The pilot was killed. He had not responded to a radio call made just before impact. The events suggest that the pilot had become incapacitated. Postmortem examination did not reveal preexisting disease that could be related to the accident.

 

d. Case IV. In a discussion of G induced loss of consciousness in civil pilots, Art Scholl, an outstanding aerobatic pilot told of a relevant episode. On the day of the incident he was not feeling well. He attempted a vertical 8 "the hard way," an outside loop on the top and an inside loop on the bottom. He completed the top loop and was pulling out of the bottom loop when he imagined he heard the sound of a clock alarm and he had the vague thought that there was some urgency in "getting up," that there was something important to do. When he became fully conscious, the aircraft was flying inverted about a mile away from the practice box. This was his only experience of unconsciousness during an aerobatic maneuver.

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Un altro caso accertato è questo (15 giugno 2000, California):

 

During an aerobatic maneuver, the airplane impacted level terrain while in a descending, steep bank, right turn. On a clear day, the renter pilot acquired a parachute from the flight school and departed with the intent of performing aerobatic maneuvers during his pleasure flight. He had recently received a promotion at work. There were no communications with the pilot after he departed the airport. His route of flight, maneuvers performed, and altitudes utilized could not be determined. The airplane was not transponder equipped. About 50 minutes after takeoff, a witness observed the airplane between 400 and 500 feet above ground level in a medium bank descending right turn. The bank angle increased to about 60 degrees, and the witness lost contact with the airplane when his view became obstructed by ground objects/terrain. The accident site was located the following day. Wreckage was observed fragmented over a 115-foot-long path. The pilot was found lap-belted and shoulder harnessed in his seat with a fully stowed parachute. The cockpit door's emergency release pin assembly, which when utilized separates the entire door from the fuselage, was found seated. No evidence of any preexisting mechanical malfunctions or in-flight part separations were detected during the subsequent wreckage examination. The pilot had no physical limitations or reported physiological impairments. No evidence of drugs was found in toxicological specimens. The airplane was FAA certificated in the acrobatic category and was designed to withstand 6 positive and 5 negative Gs. The adverse effects of acceleration-induced G-force to a pilot's physiology while maneuvering within this range have been documented by the FAA and other organizations. Identified possible impairments include reduced vision to loss of consciousness (G-LOC). The effects of G-LOC may last 30 seconds and result in a loss of airplane control. A pilot who has recently been exposed to elevated G-loads may have increased tolerance to its effect. The pilot's flight record logbook indicated that he had not flown the Decathlon or performed aerobatics in 5 months.

 

Di solito i nomi dei piloti non sono divulgati nelle inchieste FAA/NTSB, per ragioni di privacy.

 

Un sicuro incidente militare dovuto al G-LOC è stato quello che ha coinvolto il 6 luglio del 2001 un F-16C Falcon pilotato dal capitano Mitchell A Bulmann, al largo delle coste della Carolina del Sud.

Si ritiene che sia stato G-LOC perchè era una formazione di F-16 che si addestrava proprio in manovre ad alto numero di G.

A un certo punto l'aereo di Bulmann, al termine di una manovra ad alto numero di G, fu visto picchiare verso il mare a velocità sempre più alta.

I compagni cercarono di mettersi in contatto con il pilota, e quando questo finalmente riprese conoscenza, si lanciò ma troppo tardi.

Il lancio avvenne infatti in un assetto assolutamente incompatibile e il pilota morì per le ferite riportate durante l'eiezione.

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grazie 1000 Jonny!!!!!

 

comunque:

 

 

ho risposto anche al tuo MP in proposito.

 

se dici a me,non mi e' arrivato nessun mp

 

L'aviazione russa che domanda è esattamente?

ad esempio raf x uk, usaf x gli usa,luftwaffe per la germania ecc..

 

 

 

.... :adorazione::adorazione::adorazione:

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