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Smersh

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  1. Nella foto qul sopra il pilota 'in carne ed ossa' è certamente prima (o dopo) un volo d'addestramento a quote non stratosferiche, anzi potrebbe essere a quote medio-basse. Niente tuta di riscaldamento/ventilazione VK-3M come indumento esterno, segno che non ce n'è bisogno. Si nota anche la mancanza di salvagente (quindi, nessun transito su zone marittime) e la stessa tuta d'alta quota VKK-6M appare indossata senza troppa preoccupazione di stringere i lacci di regolazione, decisamente - il tutto è un pò troppo 'loose', braccio e torace sono evidenti - e non sarebbe di grande aiuto nel caso di emergenza stratosferica. L'altro personaggio, credo, non dovrebbe lamentarsi ni nulla...
  2. Smersh

    P-38 Lighting

    Trovato e tradotto questo interessante anche se... freddoloso estratto dalle memorie (1980) di Royal .D. Frey, pilota di P-38J del 20th Fighter Squadron / 55th Fighter Group basato in Inghilterra nella 2°G.M. come parte del Fighter Command dell'8th Air Force. Frey effettuò la sua prima missione di guerra il 28 Dicembre 1943, e i voli di scorta ai quadrimotori impegnati sulla Germania si sarebbero susseguiti a ritmo intenso, per quanto potessero permetterlo le innumerevoli difficoltà tecniche e di natura tattica. Il freddo micidiale che affliggeva i piloti dei Lightnings ad alta quota in quel periodo d'inverno sul Nord Europa fu una sorpresa pressochè totale; i loro colleghi che volavano sui P-47 'Thunderbolt' stavano molto meglio quanto a riscaldamento in cabina, quindi è più che presumibile che i reports di questi ultimi possano aver tratto in inganno i 'Lightning jockeys' circa l'agonia che li aspettava lassù a 9.500 metri. Sono narrazioni come questa, le quali solitamente esulano da monografie e/o trattazioni dedicate principalmente alle macchine in quanto tali, che dovrebbero far pensare ad aspetti della guerra aerea troppo snobbati o completamente ignorati. Frey: " Reostati, tubazioni e tutto ciò che doveva fornire al pilota il caldo dai motori Allison valevano poco o nulla, e dopo poco tempo trascorso a 9.200 metri di quota noi avevamo in cabina qualcosa come -47°C... era tremendo, a dir poco. Non potevamo indossare là dentro le pesanti e ingombranti tute in 'shearling' che erano standard per gli uomini dei B-17 e B-24, nè era disponibile per noi dei caccia alcuna vera combinazione di volo studiata appositamente. Quindi ci vestivamo con mutandoni lunghi e maglioni di lana come 'intimo', poi le normali uniformi d'ordinanza (camicia e pantaloni), poi una tuta di volo standard monopezzo (ma era del tipo estivo), poi su questa indossavamo ancora un giubbotto tipico dei carristi e un paio di pantaloni con pettorina... ai piedi, scarpe d'ordinanza per i G.I. e sopra a queste, gli stivali invernali modello A-6. ".. per le mani usavamo guanti leggeri in seta, poi guantoni pesanti in pelle che arrivavano a metà avambraccio (tutta roba della R.A.F.). Pochi di noi nel 55th riuscirono ad avere cuffie di volo dei piloti RAF - materiale già usato, sia chiaro - che apprezzavamo in modo particolare, gli altri si adattavano alle cuffie A.A.F. invernali che non erano il massimo, decisamente. Occhialoni americani e maschere ossigeno AAF A-14 completavano il tutto, ma le maschere tendevano a trattenere la condensa del fiato e il ghiaccio si formava implacabile... guai a dimenticarsi di strizzare il tubo corrugato ogni tanto, e di tener d'occhio il 'blinker' sulla consolle di destra che scandiva ogni singola respirazione. ... niente possibilità di poter usare le tute riscaldate elettricamente, come invece era standard sui quadrimotori. "... non avevamo neppure le sciarpe da avvolgere al collo, indispensabili per non scorticarsi la pelle sull'orlo duro del giubbotto o addirittura del salvagente, così io me ne comprai una privatamente mentre mi trovavo in libera uscita a Stamford. Ma una volta lassù sulla Germania, dopo un paio d'ore di un qualsiasi giorno del Gennaio-Febbraio 1944 io mi convincevo che sarei senz'altro morto assiderato. Paradossalmente il sole diretto dei 9.200 - 10.000 metri di quota ci scaldava la testa.. fin troppo, perciò alcuni piloti dipingevano con vernice bianca un cerchio o un quadrato sulla nuca della cuffia in pelle onde riflettere via un pò di luce e calore. Interruttori elettrici e pulsanti vari erano troppo difficili da manovrare con gli ingombranti guantoni, e la possibilità di combinare disastri era sempre presente - era quasi meglio spostare di poco l'intero braccio, e usare le estremità del dito più vicino all'interruttore in questione. "... e che dire del bisogno di urinare, quel freddo schifoso era ciò che ci voleva per far esplodere la vescica. Trattenere era impossibile, non ci si poteva permettere di avere crampi dolorosi in missione di combattimento a 10 Km. sulla Germania. Ma era altrettanto difficile e complicato passare attraverso i vari strati di giubbotto, pantaloni, tuta di volo, altri pantaloni, e mutandoni per poter usare l'apposito "tubo" per urinare. Non c'è nessuno di noi che non si è pisciato addosso, dall'ultimo Sottotenente fino al Colonnello, praticamente in ogni missione di guerra. Il liquido congelava quasi subito a -40°C, e la cosa allora diventava un misto di esasperante/ridicolo/pericoloso... rimango convinto che quel freddo atroce riduceva del 40% - 50% la nostra efficacia in combattimento, in quelle missioni che arrivavano sovente a 5-6 ore in totale. Ricordo parecchi piloti al ritorno alla base, i nostri specialisti di terra quasi li sollevavano dal seggiolino talmente erano intirizziti dal freddo, e quasi incapaci di parlare scioltamente. E ricordo un collega che stava usando il contenitore per urinare, lui almeno ci era riuscito - doveva averne fatta una quantità incredibile, ma proprio sul 'più bello' una brusca manovra dettata da un concitato grido di avviso per radio gli fece rovesciare il tutto... provate a pensarci, mezzo gallone di urina che si spande sul cruscotto di un P-38 mentre sei su Frankfurt a 30.000' di quota e tieni d'occhio i Messerschmitt nazisti. Bè, all'istante tutta quella schifezza si è congelata sugli strumenti di volo!!! "... vedetevi la scena: il ghiaccio giallastro che copre ciò che è indispensabile per volare e combattere, e tu che cerchi disperatamente di toglierti almeno i guantoni in pelle per grattare via la roba, ti affanni sempre più e dimentichi di dare la puntuale strizzata al tubo della maschera ormai pieno di fiato che è diventato brina gelata... oggi viene da ridere, lassù doveva essere spaventoso. Michael è sopravvissuto quella volta, e tornato alla base abbiamo trovato ad attenderci un bel sole caldo al primo pomeriggio, nonostante si trattasse del mese di Gennaio in Inghilterra. E sotto il tettuccio ancora chiuso tutta la pipì si era sciolta come in una serra, nel frattempo che noi rullavamo per lunghi minuti, prima di fermare i motori del P-38 nell'apposita piazzola di parcheggio".
  3. Qualche utente ha mai assistito all'esibizione del duo "Vikings" su F-104G, MFG-2 Marineflieger di Eggebeck? Sono durati poco, da Maggio 1983 a Settembre 1986. Ho avuto la fortuna di vederli esibirsi, in due giorni consecutivi, nel Giugno 1986 - tre mesi prima del loro scioglimento, quindi abbastanza 'al pelo' considerato che mica erano in tabella ogni fine settimana.. Undici minuti e mezzo di possenza pura e pelle d'oca alta così, da paura. E certamente la cosa più 'tirata' in assoluto che l'F-104 potesse fare volando in presenza ufficiale di pubblico (Mach .96 a 50 metri sopra pista di Sion, durante il display del 15 Giugno). Forse la cosa più entusiasmante di sempre per me (assieme al concerto delle Spice Girls il 20 Settembre 1998, ovviamente.. ). btw, molto probabilmente i due displays del 14 e 15 Giugno 1986 sono stati gli ultimi con i due 104 in mimetica operativa standard. Da fine Giugno all'ultimo show del 27 Settembre, gli aerei sono apparsi in una livrea più vivace e colorata.
  4. Anche se non l'aereo in quanto tale, ritengo possa risultare interessante postare alcune foto e descrizione circa un paio di articoli, originali 2° G.M., usati da un pilota di SB2C 'Helldiver' dell'US Navy nel 1944. Non è facile imbattersi in oggetti aventi dietro di sè un pò di storia verificata, che è poi ciò che dà più valore idealisticamente (il 'valore' ovviamente è una cosa soggettiva) e anche soddisfazione. Il più delle volte oggetti di vestiario ed equipaggiamento rimangono senza... paternità, e il collezionista per forza di cose non ci pensa un secondo più del dovuto. Questa cuffia di volo e occhialoni sono appartenuti al Lt (jg) James W. Barnitz, pilota di Curtiss SB2C 'Helldiver' dello Squadron da bombardamento VB-15 imbarcato nel 1944 sulla portaerei CV-9 Essex. Nelle mie ricerche ho saputo che Barnitz (perlomeno durante una parte del suo servizio) ha avuto in dotazione un minimo di 2 cuffie di volo del medesimo modello, in tela leggera, di cui questa che ho potuto ottenere è equipaggiata con un sistema di porta-auricolari cosiddetto "intermedio" - cioè non erano più del tipo classico dell'anteguerra e primi tempi del conflitto, ma non erano ancora della variante apparsa verso fine 1944. Anche così vi era grandissima flessibilità in questo tipo di cose tra i reparti della Navy, e non è affatto difficile vedere un mucchio di foto che mostrano questi porta-auricolari (e i relativi auricolari, anche) ancora in uso nelle ultime settimane di guerra, estate 1945. J.W. Barnitz fu abbattuto il 24 Giugno 1944 nei pressi di Guam da un caccia giapponese (quasi certamente uno Zero) pilotando l'Helldiver s/n #18464 (un modello SB2C-1C) ma fu tratto in salvo; non sono riuscito a verificare se lo stesso accadde al suo mitragliere. Presumo che questi fosse il ARM3c H. N. Stienkmeyer, USNR, dato che volava in coppia con Barnitz nel periodo Marzo-Maggio 1944 ma non ne sono certo. Certamente cuffia e occhialoni hanno visto azione nella cabina di un Helldiver in quel tumultuoso periodo. Posto le immagini a breve. La cuffia è 'vissuta' nella giusta misura, ma ancora integra nel tessuto. I bordi dei porta-auricolari sono malconci in alcune zone, dove le cuciture che li fissano alla cuffia hanno praticamente 'tagliato' il materiale gommoso (niente roba al silicone ovviamente, parliamo di 72-73 anni fa). La sigla della cuffia è M-450, conosciuta anche come NAF-1092 dal nome della Specifica Navale che l'ha originata. In pratica, la cuffia di volo con cui Navy e Marines hanno iniziato la guerra nel Dicembre 1941 ma con un diversi tipo di ricettacoli per gli auricolari. C'erano diversi fabbricanti - questa qui è della ditta B-G, Inc. Sulla fettuccia posteriore che fa da passante per la cinghietta degli occhialoni e il cavo della fonia radio, è impresso il nome del pilota. I passanti sono tre in totale, e a differenza dele cuffie più recenti non avevano gli 'snaps' per aprirli. Qui sono cuciti sopra e sotto, quindi per poterli usare bisognava sganciare almeno un'estremità della cinghia elastica degli occhialoni. Qui i due ricettacoli non hanno il cosiddetto 'tappo' che chiudeva completamente gli auricolari proteggendoli. A quanto pare parecchi piloti li usavano così, non so perchè - non c'è rischio che escano fuori, comunque. La nomenclatura completa di questi ricettacoli era Earphone Receptacle, Stock Number R 16-R-0439, Contract N288s-9336. Gli auricolari sono il classico Type 'TH 37' della Telephonics Corporation, New York, esclusivo di US Navy e USMC. L'USAAF non li ha mai adottati (aveva il modello R-14). Tra gli appassionati odierni di queste cose, questo modello di ricettacolo è conosciuto generalmente come "Volcano Earcup" perchè quando è completo del 'tappo' di estremità somiglia alla sagoma tronco-conica di un vulcano. Chissà quante comunicazioni concitate, e quante imprecazioni e urla sono passate 72 anni fa attraverso questi auricolari... La giunzione staccabile tra la fonia radio della cuffia M-450 e la prolunga che, di norma, rimaneva nell'aereo. Qui il cavo-prolunga è solo per coreografia, e comunque non era tra gli oggetti di Barnitz. Un altro pezzo favoloso, date anche le condizioni in cui si trova: il classico occhiale di volo AN-6530, una vera icona del pilota Navy/USMC della 2°G.M. (ma anche dell'USAAF, in misura minore). Derivato strettamente dal modello AAF B-7, e distribuito a cominciare forse dall'Ottobre 1942. Qui con lenti di colore rosse-ambra ma erano disponibili anche quelle verdi, incolori, e blu scurissimo. Si sono conservati in modo sorprendente, considerato com'era delicato il 'cuscino' di imbottitura (una sorta di gomma-piuma) e suscettibile specialmente al calore. Questo esemplare è stato fabbricato dalla American Optical Co. La fettuccia ha perso il 90% di elasticità, ma è ancora praticamente integra. Con queste lenti "amber" sono appetibili esattamente quanto la cuffia, perlomeno a mio gusto personale. Cuffia e occhiale AN-6530 se potessero parlare avrebbero da raccontare qualcosa di interessante, senza alcun dubbio...
  5. Si trattava di una mentalità tipica di tutta la popolazione giapponese che negli anni '40 del Novecento non era ancora cambiata da quella sorta di Medioevo, durato più di 20 secoli. E si estendeva, come modo di concepire l'intera vita e le sue situazioni più disparate, anche ai non-militari - i civili, i borghesi del Giappone erano a tutti gli effetti, sotto questo profilo, anch'essi una specie di 'samurai' temprati in un modo di ragionare che un Occidentale non si sarebbe mai sognato, neppure nei suoi incubi più masochistici. Un pilota da caccia del Sol Levante senza più munizioni avrebbe benissimo potuto trovare più che naturale, quasi doveroso speronare il nemico per trascinarlo con sè, anche se non necessariamente quello era un B-29 sofisticatissimo e con a bordo 12 uomini - non mancano reports di cacciatori Americani che narrano del tentativo giapponese di investire l'F4F o il P-51, fracassandolo con lo Zero che non era mica danneggiato. E non lo era nè gravemente nè lievemente, anzi manovrava che era una meraviglia. Il loro concetto di 'onore' era impossibile da comprendere, a certi livelli. Il pilota di Wildcat dei Marines che decollava due-tre volte al giorno da Guadalcanal, semi-demolito dalla malaria e con 50% di probabilità di ammazzarsi mentre partiva (certe piste di decollo in quei luoghi erano specie di paludi schifose..) aveva il senso dell'onore a livelli altissimi, ma non si sarebbe mai maledetto da solo per non aver 'brillato' in combattimento - e meno che mai si sarebbe tuffato in mare con l'aereo per non sopravvivere alla vergogna. L'aereo era ancora buono per l'indomani... e lui, anche.
  6. Certamente non usavano le tattiche di mutuo supporto così tenute in gran considerazione dagli americani, oppure non le usavano quando si precipitavano all'attacco?... mi verrebbe da dire, 'in tipico stile Giapponese'.. e altrettanto certamente c'erano ancora gli ultimi veterani, a questo punto pochissimi e praticamente inutili - questo sì. Il punto da parte mia, per l'importanza che può avere è che troppo sovente (ma anche si adatta per il discorso sulla Luftwaffe degli ultimi periodi della guerra) è un diffuso assioma tra molti appassionati secondo cui, se l'Hellcat o il Corsair vincevano contro il 'George' significa soltanto che il pilota Giapponese non era esperto; o se lo era, si trovava 'cornered' da almeno 10 Americani che facevano la parte del cattivo di turno. Allora a questo punto si passa ad analizzare le schede tecniche con le caratteristiche e prestazioni degli aerei, e troviamo che il 'Frank' o il 'George' non erano inferiori ai loro nemici; significa anche che erano superiori ? Mica necessariamente, basta compararli. Ho anche sentito dire da una persona indignata, che era "troppo facile" (?) per un P-47 arrivare giù come un bolide sfruttando picchiate micidiali per "fregare" il Giapponese, senza "degnarsi" di duellare con lui... nel qual caso lo yankee, avrebbe davvero visto le streghe. Lo stesso potrei replicare io, citando la facilità con cui uno Zero girava all'interno di un fazzoletto... forse che il samurai non giocava secondo le proprie regole? Troppi miei conoscenti ragionano in questi termini, anche se oggi non mancano sistemi un pò più robusti per farsi un'idea che sia anche valida.
  7. Il libro "Genda's Blade: the 343° Kokutai, Japan's Squadron of Aces" di H. Sakaita e K. Takaki tratta in profondità lo Stormo 343° e i caccia Shiden. Il libro "Whirlwind: the Air War against Japan" di Barrett Tillman tratta principalmente l'epopea dei B-29 contro il Giappone, ma fornisce interessanti dettagli sulle incursioni tattiche anche della Navy, come le azioni del 19 Marzo 1945 su Kure. Il numero 166 della rivista 'Storia Militare Magazine' (Luglio 2007) contiene un articolo di F. Galbiati sulla suddetta battaglia del 19 Marzo. Necessariamente stringato, ma ben fatto e interessante. I moderatori mi perdoneranno per un ultimo (tecnicamente parlando ) o.t., il topic in effetti è per lo Zero, posto ancora un episodio che ha per protagonisti gli Hellcat contro un paio di modelli avanzati di caccia Giapponesi. Il 28 Luglio 1945 una formazione di 8 Hellcat - due 'divisions', nel sistema tattico US Navy- dello Squadron VF-16 (portaerei CV-15 'USS Randolph') furono assaliti da una grossa formazione mista di caccia KI-84 'Hayate' e K1N2 'Shiden-Kai' poco prima di giungere sul campo d'aviazione di Ozuki, Honshu. I piloti americani riportarono il numero in 'circa 20'. Lo scontro durò probabilmente non più di quattro minuti, comunque una quasi-eternità (stima del Lt. John W. Bartol) e vide precipitare 12 'Hayate' e 1 'Shiden', senza perdite da parte americana. Il Lt. Bartol da parte sua abbattè un Ki-84, il Lt. Cleveland R. Null distrusse altri 3 Ki-84. Filando poi a pelo del mare gli americani si sganciarono dalla mischia, col carburante ormai basso e stimarono almeno 6-7 giapponesi ancora in aria. Lo scontro era terminato in un 13 - 0 a favore degli Hellcat, pur in netto svantaggio sia di numero sia di situazione tattica all'inizio del combattimento. Molti episodi simili, praticamente sconosciuti entro il più ampio settore della guerra aerea trattata molto genericamente, smentiscono il ritrito discorso della solita, onnipresente 'superiorità schiacciante degli Americani, sovente in misura di 10 contro 1 oppure anche 12 contro 1' (?!!?). Non scherziamo per cortesia, certamente erano in superiorità numerica genericamente parlando, ... ..ma se in un pezzo di cielo teatro della battaglia ci sono anche soltanto 20 caccia Giapponesi (forse di più, ma facciamo soltanto 20), davvero contro di essi troviamo nello stesso pezzo di cielo qualcosa come 200 - 240 americani? Il discorso che si può applicare a queste brevi ma feroci battaglie aeree quando c'erano di mezzo F4U 'Corsairs' o F6F 'Hellcat' contrapposti ai cosiddetti "Frank" o "George", è che probabilmente ben pochi piloti US Navy a quest'epoca erano veramente esperti di combattimento (non fosse altro che per il sistema di rotazione americano, che impediva ad un pilota di consumarsi in anni di continua azione), ma tutti erano ottimamente addestrati - una cosa tecnicamente diversa dall'essere esperto. Ed erano aggressivi e pieni di iniziativa, il che poteva compensare per lo svantaggio di trovarsi davanti ad un veterano del Sol Levante. Probabilmente la consapevolezza di cosa li aspettava se arrivavano vivi in mano al 'comitato di ricevimento' su territorio metropolitano giapponese - bersaglio per il tiro con le balestre, o vivisezionati, o bruciati vivi legati ad un palo - li spingeva a battersi fino ai limite estremo.
  8. La mia impressione è differente: il fatto di essere finiti in parità è stato portato a conoscenza soltanto in tempi relativamente recenti grazie a pubblicazioni che riportano le ricerche di autori come B. Tillman e H. Sakaida, magari poi ripresi da F. Galbiati e pochissimi altri. Quindi, per un bel pò di tempo la 'batosta' era tale poichè praticamente dappertutto (enciclopedie, riviste, monografie, racconri in ambito d'aviazione etc.) si è dato credito ai resoconti originali, e questi davano una cinquantina di Hellcat e/o Corsairs eliminati da una 'manciata' di piloti giapponesi ai comandi degli 'Shiden' e 'Shiden Kai'. Chi leggeva, poteva benissimo crederci - questo non lo nego. La realtà era diversa, e dirò di più: se si guarda attentamente ad alcuni dettagli bisogna ammettere che questi piloti Giapponesi indubbiamente esperti, che pilotavano gli Shiden-Kai, NON riuscivano ad ottenere alcunchè di notevole... che meriti realisticamente l'aggettivo 'notevole'. E' questo che i lettori per parecchio tempo non conoscevano: il primo gruppo di 22 Shiden (407° Hikotai, secondo B. Tillman) che arriva di sorpresa da quota superiore su una formazione di Hellcat, un giapponese subito si schianta in collisione con un Hellcat, un altro Hellcat è abbattuto dalla contraerea di Kure, e a scontro finito gli Americani hanno perso in totale 8 Hellcat - togliendo questi due F6F, quelli realmente abbattuti a cannonate rimangono non più di 6.. contro altrettanti Shiden perduti (6 - 6 ). Poco più in là, tre F4U Corsairs (il loro # 4 è sparito) di ritorno alla USS 'Bunker Hill' vengono assaliti dagli Shiden-Kai ma si difendono in modo eccezionale, con 3 Giapponesi abbattuti e un altro danneggiato (risultati comprovati dai combat films, in pratica 4 - 0). E altri episodi simili. In pratica, secondo me l'esatto opposto di cosa ci si potrebbe attendere da un robusto attacco portato da caccia giapponesi che, una volta tanto fossero proprio loro ad avere iniziativa e un grande vantaggio tattico - non roba da poco.
  9. Sì è uno di quelli che contengono le ricostruzioni con uso di CG. Tratta le azioni del 19 Marzo '45 su Kure in quella che probabilmente non è la prima prova in combattimento del Kawanishi N1K, ma dovrebbe essere la prima circostanza di un considerevole numero di caccia Shiden - circa 45-47 impegnati tutti assieme, anche se non tutti erano la variante potenziata N1K2-j "Kai" (molti erano esemplari leggermente inferiori, siglati N1K1). Tutti appartenenti al Kokutai 343°, all'epoca il cosiddetto 'Genda's Blade' - "la lama di Genda", dal nome del comandante di stormo. Il numero di vittorie aeree reclamate dai Giapponesi fu di 51-52, in realtà si trattava di 14 caccia tra Hellcat e Corsairs + 12 bombardieri-siluranti tra Helldiver e Avengers, = 26 aerei (tra cui almeno 3 per opera della contraerea). In pratica meno della metà di quelli reclamati. Le perdite giapponesi effettive furono 11 tra A6M 'Zero' e KI-84 'Hayate', e 15 N1K 'Shiden' con almeno 13 piloti - in tutto 26 aerei. Una perfetta parità in quanto a perdite, anche se una parte di letteratura, inspiegabilmente (o forse no) ha sempre considerato quel 19 Marzo 1945 una batosta durissima per i cacciatori dell'US Navy.
  10. Grazie Cipy per il link, il canale lo conoscevo già, in particolare mi aveva interessato il video della giornata del 19 Marzo 1945 su Kure. Soltanto quello, ma come pensavo mi pare troppo di parte e troppo verso la moda di trattare con snobbismo i risultati americani, considerandoli semi-falsati lungo il tempo - o qualcosa di simile. Personalmente tendo a credere che gli altri video, anche, seguano la medesima linea idealisticamente parlando. Forse per i primi 35-40 anni vi è stato l'opposto da parte americana, questo è vero, dopodichè ha preso piede la tendenza dei supposti macelli di caccia USA ad opera di pochi eletti nelle file giapponesi. Leggenda dura a morire e che si è alimentata principalmente con biografie varie di piloti famosi o ultra-famosi (Sakai per esempio) o storpiando episodi rivelatisi in seguito frutto di propaganda nipponica (il combattimento di Kinsuke Muto, le gesta di piloti senza una mano, o privi di un occhio, o che 'rendevano' al 100% in mezzo ai duelli aerei quando pieni zeppi di sakè, oppure protagonisti di cose che onestamente contraddicono il buon senso e le leggi della fisica). Purtroppo per la verità storica (ma non lo affermo soltanto io) si era installata una mentalità in stile "una massa di cow-boy dell'aria, che stanno in volo per misericordia e ottengono qualcosa solo perchè sono in 50 contro 1".. e questo valeva sia se erano in azione contro i piloti da caccia Tedeschi sia quelli Giapponesi. Nessun filmato di cinepresa giapponese o altre prove oggettive, mentre non mancava l'auto-esaltazione fanatica e il sistema di attribuire al reparto la serie di vittorie che ogni pilota desiderava reclamare (reclamare, non comprovare). Ho conosciuto ancora di recente appassionati che NON intendono leggere che nel 1945, non poche volte le circostanze tattiche hanno visto in azione (a 8.000 metri di quota, mica in fase di atterraggio... ) 9-10 Messerschmitt 262 dello stormo JG 7 contro 4 P-51 Mustang, risolte con vittorie di questi ultimi o comunque senza perdita alcuna di caccia USA. Oppure che nei combattimenti a Guadalcanal dell'8 Agosto 1942, a fine giornata le vittorie giapponesi reclamate contro gli F4F Wildcat erano pari al numero di Wildcat presenti in azione l'8 Agosto su tutte le portaerei dell'US Navy. sempre con riferimento a quella giornata su Guadalcanal, dopo una rapida 'revisione' da parte Giapponese le vittorie reclamate dai piloti degli Zero erano scese a qualcosa come 40 - 41. In quella serie di azioni l'US Navy in realtà aveva perduto 16 F4F Wildcat assieme a 6 piloti (Squadrons da caccia VF-5 e VF-6), pìù 1 SBD Dauntless. E non avevano agito male, considerando che non erano tornati a casa (questo da fonti giapponesi di Rabaul) un totale di 5 'Betty', 2 A6M Zero, e tutti i 9 'Val' mandati in missione.
  11. L'imbragatura paracadute-seggiolino IPS-72 della foto precedente mostra un preciso sistema di aggancio di stampo prettamente Occidentale, costituito dalla classica cintura toracica (orizzontale) e due cinghie che dall'inguine salgono su separatamente, per poi unirsi - sempre con moschettone + anello - alla parte addominale. Come già detto, il pilota la indossa prima di salire a bordo e sedersi sui seggiolini eiettabili K-36 o K-36D fabbricati dalla ditta Zhvezhda. Questo qui è invece il sistema di chiusura classico Russo e Cinese dell'altra imbragatura, usata su aerei ormai non più in servizio: la PSU-36 tipica dei seggiolini KM-1 e KM-1M della ditta Mikoyan. Questo modello NON veniva indossato dal pilota a terra; era piuttosto una parte integrale del seggiolino, e l'aviatore la trovava pronta sul sedile. Il sistema di bloccaggio/sbloccaggio 'a scatola' permetteva di liberarsi dalle cinghie in un istante, con un unico movimento di apertura del dispositivo.
  12. Smersh

    B-2 spirit

    Probabilmente in aerei con più spazio per muoversi, c'è qualcosa di simile ad una minuscola latrina - alcune imprese sono strabilianti, anche senza pensare necessariamente alle missioni 'Chrome Dome' dei B-52 negli anni '60. Un C-130 Hercules della RAF (# XV179) alle Falklands, 18/19 Giugno 1982, è rimasto in aria per 28 ore e 4 minuti. Nell'Ottobre 1997 una coppia di Hercules dell'USAF (variante 'cannoniera' AC-130U) hanno volato non-stop per 36 ore e 9 minuti, riforniti in volo per sette volte, da Mary Esther in Florida fino a Daegu in Sud Corea.
  13. Smersh

    B-2 spirit

    Grazie per la delucidazione. Alcune cose non quadravano, altre da me stimate con un pò do logica si avvicinavano di più alla realtà (41 ore invece di 44), ma mancavo decisamente di riferimenti attendibili. Stralci di infos prese da più parti - le 73h. 18' di missione totale, la 'poco più di 30 ore' per il ritorno etc. - non erano poi gran cosa. Quanto al sorvolare la Russia mi ero spinto a pensare che AVREBBE potuto essere fattibile in tempi già al di fuori della Guerra Fredda (e cooperazione contro il terrorismo internazionale), ma forse era... pretendere troppo. Addirittura una seconda puntata sul bersaglio, di questo ero davvero all'oscuro. A questo punto potrebbe essere vicino ai 32.000 Km. il tragitto della prima tratta, se divido per 44h. e 15' mi dà circa 720 Km./h di media. Più che credibile considerando tutto.
  14. Smersh

    B-2 spirit

    A proposito di quelle lunghissime missioni operative del B-2 che potrebbero aver stabilito dei record di durata (ovviamente con più rifornimenti in volo, s'intende), lungo gli anni avevo letto quasi un pò di tutto sul web, incluso il parere di un paio di ex-piloti militari. Altre notizie pur di fonte ufficiale (dell'USAF, o del Pentagono, o delle 'Forze Armate') davano a volte dettagli apparentemente contrastanti tra di loro, oppure sembravano fuorvianti. Finchè 3-4 anni fa ho trovato il report di un giornalista americano (il website, non riesco più a rintracciarlo) che con l'occasione di fare un volo da 'guest' sul B-2 rilasciava qualche dettaglio proprio di quella missione, poichè di una sola si tratta - perlomeno, tirata a tali estremi. Avevo fatto bene comunque a segnarmi da parte i particolari più eclatanti, e incrociandoli poi con altri presi da differenti provenienze - ma sempre abbastanza affidabili, secondo me - e andando per logica, ho tirato le seguenti somme. In pratica: si tratta della missione di bombardamento di un singolo B-2 iniziata il 7 Ottobre 2001: partenza dalla Whiteman AFB in Missouri, destinazione un obiettivo in Afghanistan Occidentale, poi deviazione fino all'atollo di Diego Garcia in pieno Oceano Indiano con un breve scalo tecnico, poi ritorno a Whiteman AFB, è durata 73 ore e 18 minuti... la cosa è strabiliante, e pare incredibile. Più precisamente, a Diego Garcia la fermata è durata "circa 75 minuti" con rifornimento di carburante e cambio di equipaggio, ma i motori sono sempre rimasti accesi, sempre. Ora, una fonte ufficiale USA aveva dichiarato che sono 44 le ore 'non stop' trascorse in aria dal B-2, ma neppure così io non avevo trovato dettagli più esatti - era la prima tratta? Era il volo di ritorno? Ovviamente non poteva essere l'intera missione, se nel 1991 i B-52 con volo non-stop Louisiana - Iraq - Louisiana avevano impiegato circa 35 ore. E qui addirittura si parla di Missouri - Kabul (o giù di lì) - Diego Garcia - Missouri. In effetti, il tempo di volo all'andata non è stato detto con precisione; anzi, non è stato detto proprio. Però mi ero segnato quello di ritorno, Diego Garcia - Whiteman AFB, "a bit more than 30 hours". Quindi il mio ragionamento: facciamo 31 ore, o 31 ore e mezza? Tanto, non è quello che fa una reale differenza... allora ecco i miei calcoli: * totale missione 73 ore e 18 minuti, meno 75 minuti di scalo, = circa 72 ore trascorse in aria . * circa 72 ore in aria, meno il ritorno da Diego Garcia a Whiteman AFB (31 ore?), = resterebbero 41 ore in aria per l'andata Whiteman - Afghanistan - Diego Garcia. Ci potrebbe stare l'andata più lunga del ritorno, vista la differenza delle due tratte. Il 'problema' è che l'andata, calcolata abbastanza correttamente con l'ausilio di un computer e una persona competente, fa circa Km. 16.345 da Whiteman AFB a Kabul e poi a Diego Garcia - e dividendo per 41 ore, darebbe una velocità media di circa 398 Km./h . Chiaramente non ha senso. Qualcuno ha più informazioni, o più acume di me?
  15. Un articolo che pur nella sua grande semplicità, ha sempre 'intrigato' non poco gli appassionati di seggiolini eiettabili e di F-104 sono senz'altro i cosiddetti "spurs", letteralmente tradotto 'speroni', per i piloti di quegli Starfighter equipaggiati col seggiolino Lockheed C-2. In realtà, anche per chi volava su aerei della famiglia 'Blackbird' (A-12, YF-12 e SR-71) nonchè i primi modelli di Lockheed U-2. Posterò foto e una descrizione un pò dettagliata di questi oggetti, scattate quando li avevo ancora in collezione. In pratica, lo'sperone' vero e proprio è un'appendice posta dietro alla struttura; questa è in lega leggera, e comprende una sorta di carenatura che copre il retro del tallone e una (molto) parziale 'suola' - lo stivale poggia su di essa non più del tacco, + la metà posteriore del piede. Può variare il sistema di cinghie che assicurano la struttura allo stivale. Questi delle foto hanno quello che dovrebbe essere (secondo ricerche abbastanza accurate) lo schema originale, costituito da due separate 'strips' in tessuto sintetico con relative fibbie. Altri speroni arrivati in seguito avevano la sola cinghia posteriore, che tramite una specie di "Y" si estendeva e faceva anche il lavoro della cinghietta anteriore; era possibile vederli usati da aviatori di SR-71 e U-2/TR-1. Ma in sostanza, la struttura metallica non cambiava. Nella feritoia degli 'spurs' andava ad infilarsi il tipo di attacco conosciuto come "ball and socket" posto all'estremità di quel cavo metallico che all'attimo dell'eiezione, avrebbe tirato senza troppi complimenti i piedi contro il seggiolino onde evitare lesioni gravi - infatti la distanza delle gambe dal cruscotto e specialmente dal telaio del parabrezza era minima quando il C-2 si sollevava verso l'esterno seguendo le proprie rotaie di scorrimento, e dovevano assolutamente rimanere aderenti alla parte bassa del seggiolino per poter passare pulitamente senza sbattere contro ostacoli. Questi speroni non sono più stati usati quando la maggior parte degli F-104G, e tutti gli F-104S sono stati equipaggiati col nuovo e più sofisticato seggiolino 'zero-zero' fabbricato dalla ditta inglese Martin-Baker. Tuttavia il loro lavoro andava pur sempre eseguito da altri dispositivi, visto che il pericolo per le gambe ancora persisteva; quindi sono poi arrivate le cosiddette leg restraints, cioè le cinghie per ritegno-gambe. Nelle foto gli 'spurs' in configurazione di cinghie originale. Questo paio dovrebbe datare dei primissimi anni '60 ed era in ottime condizioni, ricordo che avevo impiegato non pochi anni per trovarli che non fossero dei rottami. Qui come si presentano indossati. Praticamente solo metà del tacco, più una strettissima fetta della suola davanti al tacco poggiano sulla struttura. Il resto dello stivale è libero. ************************************************************************** E per finire, avendole menzionate, queste sono le cinghie ritegno-gambe originali che i piloti di F-104S ( e quelli dei G modificati negli anni '60), indossavano per lo stesso motivo che faceva indossare gli 'spurs'. Le cinghie più corte, azzurrine erano per le caviglie (LOWER), le altre più lunghe e biancastre erano per la zona del ginocchio/bassa coscia (UPPER). Negli anelli si faceva passare una cordicella di tessuto sintetico che all'atto pratico funzionava come il cavo metallico del vecchio seggiolino C-2, tirando verso l'indietro la parte bassa delle gambe.
  16. L'imbragatura seggiolino-paracadute, sigla IPS-72, tipica dei seggiolini eiettabili K-36 e K-36D fabbricati dalla Zhvezhda (i più vecchi KM-1 e KM-1M erano della Mikoyan). I piloti di Su-24, Su-25, Su-27, Su-30, Su-34, MiG-31, e Tu-160 (e quelli dei MiG-29 - ma polacchi, non so perchè) salgono a bordo già indossandola - in pratica, l'equivalente delle 'Torso Harness' di stile americano PCU-15/P. Per i Su-11, Su-15, MiG-21, MiG-23, MiG-25, Tu-22 (e MiG-29 non polacchi) c'era un modello differente.
  17. Purtroppo non di grande qualità, ma come già in altri posts si tratta di alcune foto fatte stampare anni fa da diapositive e poi, ri-fotografate in digitale. Mercoled' 16 Agosto 1989, questo E-3 'Sentry' da Geilenkirchen, in Germania, ha fatto almeno 6-7 'touch-and-go' alla RAF Bentwaters-Woodbridge in Inghilterra. Noi eravamo incollati alla rete perimetrale per osservare il decollo di alcuni F-16 "cattivi" del 527th Aggressor Squadron (lì traslocato dalla ex-base di Alconbury), ma il bestione ha monopolizzato tutta l'attenzione - nonchè tutta la pista..
  18. Anche se la qualità non è eccelsa (immagini digitali scattate a foto cartacee, a loro volta stampate da diapositive molto tempo fa) possono essere interessanti queste due foto di F-5E 'Aggressors' del glorioso 527th TFTAS - Tactical Fighter Training Aggressor Squadron, basato a RAF Alconbury in Inghilterra negli anni '80 - fino al 1987 incluso, nel 1988 vi erano già i primi F-16. Qui mi trovo appunto alla RAF Alconbury, domenica 16 Agosto 1987. Una giornata vergognosamente favorevole per un Air Show, e una marea di aerei che oggi purtroppo non è più possibile vedere in volo (inclusi TR-1, Buccaneer e Phantom RAF, e il passaggio del BAC Lightning a Mach 0.9)... btw, al di là dell'eccitazione di trovarsi quel giorno a 12-15 metri di distanza dai Tigers in rullaggio sul raccordo (dopo aver così tanto letto e... fantasticato (perchè no) riguardo ai leggendari piloti Aggressors, la dimostrazione in volo era stata piuttosto deludente in un certo senso. Sei - sette (mi sembra di ricordare) F-5 in fragoroso decollo abbastanza 'tirato', poi alcuni passaggi in formazione nel massimo della normalità. Dopodichè atterraggio, rullaggio alle piazzole di partenza, operazioni di routine post-flight, e infine un pò di coreografia tra piloti e specialisti come "gestualità" a beneficio del pubblico. Ma almeno abbiamo fatto ancora in tempo a vederli dal vivo.
  19. Sbaglierò, ma non so se sono tanti i Giapponesi (parlando di gente 'comune') odierni che sanno qualcosa della 2° G.M. .. , nel senso che possano essere interessati anche soltanto per lo 0,5% all'impresa di J. Doolittle compiuta 74 anni fa, chi ha visto quella guerra avendo all'epoca anche solo vent'anni (se è ancora vivo) è vicino al secolo di età, diversamente la popolazione ha rimosso oppure non ha saputo o voluto conoscere quelle cose. La fine del conflitto, volenti o no, ha significato per il Giappone uscire da un medioevo che per loro durava da secoli. * Takeo Yoshikawa, la super-spia giapponese senza la quale NON sarebbe mai stato possibile l'attacco a Pearl Harbor (l'incredibile lavoro di informazioni e fotografie da lui mandate da Honolulu al Giappone è durato dal 27 Marzo al 6 Dicembre 1941) ha passato il dopoguerra chiedendo l'elemosina in patria nonchè un pò di pensione, sempre negata dal governo. Evitato dai compatrioti come un appestato e disprezzato ai massimi livelli, sopravviveva modellando vasi di terracotta; e guai a spiegare a qualche 'nuovo' giapponese ciò che aveva fatto per la sua patria di allora, permettendo che la Marina Imperiale eseguisse un attacco rimasto leggendario... "..Pearl Harbor? Che cosa sarebbe, scusi... Cosa?!?? Ma lei dev'essere pazzo".
  20. Alla fine, il tubicino all'estrema sinistra dell'ORK-2 (qui non collegato a nulla) è quello che si connetterà alla valigetta, tramite quel segmento di tubo leggermente curvo già presente su quest'ultima.
  21. Il raffronto tra l'ORK-2 così come si trova, intero, quando è innestato nel piedistallo (quest'ultimo solidale al seggiolino eiettabile), e la parte superiore che si staccherà al momento della separazione uomo-seggiolino, rimanendo assieme al pilota onde assicurare i vitali collegamenti con la 'valigetta' menzionata più sopra: Da come ho capito: quando l'aviatore si separa dal seggiolino, delle specie di 'ghigliottine' azionate da molle chiudono istantaneamente gli interni dei vari connettori che fuoriescono dalla parte superiore, evitando così che l'atmosfera esterna interferisca col funzionamento. In pratica a questo punto, nessuna delle 6 prese è ancora attiva - l'ossigeno di quella valigetta d'emergenza arriva al pilota tramite un tubicino completamente estraneo al dispositivo ORK-.
  22. Sarebbe grande... thanks very much !!! Anzi, "spasiba bòlshoje"
  23. Questo è il B-1B proveniente dalla Dyess A.F.B., TX, fotografato nel Luglio 1991 al Fairford International Air Tattoo. Un Sabato mattina caratterizzato dal tipico ripugnante (per noi 'spotters') tempo in British-style, almeno per la nostra - o mia - mentalità dell'epoca quando sembrava che la cosa più importante del mondo doveva per forza essere un 'bottino' di diapositive Ektachrome da portare a casa... bah, ripensandoci oggi faccio un bel pò di fatica a capacitarmene. Eppure non c'è verso, allora funzionava veramente così. I miei ex-compagni di (dis)avventure la pensano nello stesso modo. p.s. Ricordo che la dia conteneva anche il carrello anteriore, ma era semi-nascosto da una disordinata (se pur multicolore) folla - ragione per cui in fase di stampa su carta scelsi di farla eliminare dall'inquadratura. Questo ovviamente ha comportato anche un taglio nell'altro senso, onde far rimanere il tutto sempre nella proporzione di 2/3.
  24. Nell'ultima foto del precedente post, il segmento di tubo che punta orizzontalmente (verso sinistra) andrebbe a collegarsi, in un seggiolino eiettabile operativo, a questa 'valigetta' che si trova sotto il cuscino del pilota - in pratica, sotto il sedere del pilota tra cuscino e 'kit' di sopravvivenza. All'interno ci sono 13 piccole bombolette d'ossigeno ad altissima pressione (150 atm.) che opportunamente ridotto, consente al pilota di sopravvivere in emergenza dopo un lancio nella stratosfera - serve sia alla respirazione, sia al gonfiaggio della tuta pressurizzata (la quale infatti per questo scopo usa NON aria, bensì ossigeno proveniente dalla stessa fonte). La valigetta è davvero piccola: cm. 32 x cm. 36 x cm. 3, e infatti il volume totale utile delle bombolette è appena 0,873 litri (!!!). Tuttavia, essendo il gas pressato a 150 atm. la vera capacità rspiratoria equivale a 131 litri di ossigeno gassoso. E qui, schematizzato, il come funziona l'intero impianto ossigeno (impianto di bordo + interfaccia ORK + kit di sopravvivenza) siglato KKO-5 tipico dei dei caccia MiG e Sukhoi. Indubbiamente "incasinato", ma ho capito abbastanza le cose principali ed era alla fine, ciò che maggiormente m'interessava. Il rimanente è tremendo a dir poco, ho provato a tradurre qualcosina dal testo che accompagna gli schemi ma si rischiano.. le emicranie 'a grappolo'..
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