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Smersh

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  1. Ti riferisci alla quota sostenuta o alle 'zoomate'? Tieni presente che da sempre desideriamo prove da parte degli 'addetti ai lavori' e possibilmente con tanto di riferimenti attendibili, altrimenti (a ragione, probabilmente) uno potrebbe scrivere di tutto su un Forum, qui abbiamo le testimonianze di un pilota che cita sè stesso e un collega in volo da Tyndall AFB a Homestead AFB portando una valanga di dati utili e precisi, inclusi i commenti e le constatazioni dei radaristi del GCi, quindi può essere verissimo (e senz'altro lo è). Personalmente non trovo da eccepire. Quanto alle 'zoom climbs' quelle sono fattibili da chi sappia pilotare con esperienza un F-104 e tornare a terra vivo e in un solo pezzo. Nel Dicembre 1959 un F-104C era arrivato a circa 31.000 metri. Nei primi anni' 80 un pilota RAF di Lightning ha raggiunto 26.850 metri (si conosce anche la matricola del suo F3, XR749). Come ricorda un pilota di F-104C, Thomas Delashaw (che sarebbe poi diventato un pilota di Starfighter di enorme esperienza in Vietnam) quote di 28.000 - 28.500 metri erano regolarmente raggiunte da alcuni piloti - di reparto - sui loro F-104C di serie rischierati a Hahn AFB in Germania, nei primi anni '60. Il reparto era il 479th TFW del Tactical Air Command. Per cui (a livello più generico) io rimango dell'idea che forse inevitabilmente, per molto tempo, anche gente più a contatto 'fisico' e continuativo con l'ambiente dell'aviazione militare non ha potuto avere accesso a una certa quantità di dati/informazioni che avrebbero chiarito parecchie cose le quali, invece, sono rimaste come sui libri cartacei le si leggeva da decenni. Inevitabilmente, non c'è probabilmente una vera "colpa" da attribuire a uno o all'altro. Quindi, possiamo figurarci il giornalista aeronautico che doveva scrivere un qualcosa di nuovo - non c'era, semplicemente, niente di veramente nuovo e solo sempre cose ritrite e prese per buone. E allora a maggior ragione il 'semplice' appassionato di cose d'Aviazione Militare... figuriamoci anche lui. Ha dovuto arrivare Internet (dopo alcuni anni di 'rodaggio') ma anche, perchè no, i sempre bellissimi libri di carta ... ma stavolta con archivi tecnico-storico aperti e una nuova stirpe di ricercatori. Faccio un paio di esempi ma sarebbero tanti che lo meritano. * L'F-104C in Vietnam, sempre considerato poco più che spazzatura e ovviamente detestato dai piloti, inutile bidone volante che non ha portato nulla di valido nella scorta agli strikers... la verità è diversa: i piloti lo apprezzavano moltissimo, e risulta da documentazione Nordvietnamita (più di così...) che era maledettamente temuto dai piloti di MiG-21 i quali non hanno mai voluto impegnarlo in combattimento. Inoltre, sovente i piloti degli F-105 preferivano lo Starfighter (invece del Phantom..) per il lavoro di scorta. * Missioni sempre troppo corte per gli F-104C, duravano qualche ora (cosa vuol dire?Quante ore? Ditelo più chiaramente, no?) anche con rifornimento in volo. Di nuovo, verità differente: missioni di 7 - 7,5 ore non erano rare... e talvolta anche fino a 8,5 - 9 ore. Ripeto, altri esempi ce n'è tanti. F-104A Scramble a Homestead !!! http://www.916-starfighter.de/Large/Contrails/contADC319scr.htm Il pilota indossa una tuta di volo K-2B colore "Indian Orange", un paio di occhiali HGU-4/P (si vedono le stanghette dorate), un pantalone anti-G (dovrebbe essere un modello CSU-3/P Series 1, data l'epoca) e si intravedono i cosiddetti "speroni" (perlomeno, traducendo dall'inglese "spurs " sotto forma di un qualcosa argenteo che contrasta sugli stivali neri. C'è anche del giallo, e si tratta delle cinghie di fissaggio. Comìè noto questi servivano sui F-104 dei modelli equipaggiati con seggiolino eiettabile Lockheed C-2. Prendendo spunto dalla foto del precedente link, un dettaglio che ovviamente si presta anche a piloti (e aviatori più in genere) non solo da caccia. Abbiamo notato tra parecchi appassionati di queste cose, che negli anni '60 e fin verso la metà degli anni '70 era molto diffuso l'indossare come indumento 'everyday' la tuta di volo color arancio - le cosiddette "Indian Orange", e più tardi "International Orange" con differenze di tonalità appena percettibili tra le due (e comunque solo e sempre se osservate bene da nuove). Non è vero che questo colore era scelto soltanto da aviatori che volavano più che altro sul mare o in prossimità di luoghi coperti di ghiaccio, anche se è comunque vero che era ed è il colore ottimale per l'alta visibilità in caso di emergenza. Pare veramente che in periodi successivi questa abitudine è andata scemando velocemente e così da un bel pò di tempo anche in madrepatria e in tempo di pace è ormai il classico "SageGreen" il colore standard (desidero precisare che di ... "Sage" vero e proprio non c'è più niente in quel particolare tipo di brutto coloraccio Verdastro, ma la denominazione è rimasta). Le differenze delle tute di volo odierne o comunque moderne con quelle dello stesso colore arancio degli anni '60, oltre alla tonalità stessa (più viva e marcata in quelle di una volta) sono due: * Le vecchie K-2B erano in cotone; quelle successive sono in Nomex sintetico con proprietà ignifughe. * Le K-2B non cambiavano parti della sigla in base al colore; quelle moderne invece, appartenenti alla categoria CWU- (introdotte, credo per la primissima volta nel 1969 - 1970) variano la numerazione e così abbiamo CWU-27/P per quelle in tonalità di Verde, CWU-28/P per l'Arancione, CWU-73/P per il Navy Blue, e così via. Sempre riguardo alla foto del pilota del 319th, è evidente che non indossa il paracadute (rigorosamente di tipo dorsale) mentre corre verso il '104 in allerta. Sia che si tratti di una cosiddetta "posed photo" (non improbabile), o di una partenza su simulato allarme (molto probabile), oppure un vero allarme (non impossibile, ma un pò meno probabile) trattandosi di uno Starfighter dotato di seggiolino C-2 della Lockheed quest'ultimo non conteneva il paracadute integrale alla struttura, com'è ovvio. Il pilota poteva scegliere di indossarlo subito prima di salire a bordo oppure di lasciarlo sul seggiolino, già in posizione. In questo caso avrebbe poggiato la schiena contro di esso - il 'pacco' dorsale, grossomodo rettangolare rimaneva diritto contro un apposito incavo nello schienale del C-2 - e si trovava automaticamente seduto già sulle cinghie inferiori (cosce/inguine). Altri preferivano lasciarlo sopra l'ala del '104, mentre il casco era invariabilmente poggiato sopra il parabrezza. Ovviamente non aveva senso farsi di corsa il tratto fino all'aereo, portandosi appresso il peso di un paracadute modello BA-18 - circa 13 Kg. compresa la bomboletta ossigeno d'emergenza contenuta all'interno. Qui alcune viste del BA-18, personalmente lo considero uno dei più interessanti (e rari, quando completi) modelli di paracadute in Jet Age. La "Green Apple" comandava l'apertura manuale dell'ossigeno in emergenza. Il moschettone in colore rosso anodizzato, qui NON agganciato alla maniglia per l'apertura manuale della calotta, fa parte della "Zero-Delay Lanyard System" che permetteva al pilota di spravvivere ad un lancio entro i minimi parametri di quota/velocità (quota zero, ma velocità almeno 225 Km/h.). Dimenticarsi di agganciarlo prima del decollo e subito prima dell'atterraggio poteva significare guai mortali - a quote estremamente basse, senza questo vitale collegamento puramente meccanico non c'era nulla che aprisse la calotta quasi istantaneamente, visto che il dispositivo automatico interno (timer + barometro) rimaneva sempre regolato su un certo numero di secondi per l'apertura in quota. Perciò ci voleva un qualcosa che tirasse via 'di brutto' la maniglia bypassando tutto il sistema automatico, e questo qualcosa era il moschettone rosso.
  2. Salve, mi farebbe piacere conoscere se qualche utente colleziona, o ha collezionato, oppure progetta in futuro di collezionare caschi di volo, equipaggiamenti ossigeno, vestiario/uniformi/equipaggiamenti di survival usati dagli aviatori dell'ex-URSS, Russia, e più in generale da forze aeree dell'ex-Patto di Varsavia. Un campo affascinante e che mi ha, già da tempo ormai, ribaltato l'immagine semi-negativa che più o meno si potrebbe avere (forse non più in tempi recenti) di tante cose made-in-Russia a livello di concezione, soluzioni tecnologiche. aspetto esteriore, finiture, funzionalità etc. Posterò delle foto di alcune cose che ho tuttora in collezione appena potrò, per certi aspetti (anche solo dal punto di vista collezionistico e 'coreografico) possono risultare persino più interessanti di tutto il materiale ormai stravisto e super-conosciuto che è tipico delle aviazioni occidentali - prima fra tutte quella Americana. Thanks
  3. Grazie GianVito, non sapevo dei B-29. Tutte le foto di P-47N del 318th che ho visto lungo gli anni (libri, web) mostrano sempre esemplari con 8 armi, ma nessuna didascalia che possa discriminare se e quali avevano le M3. Lo stesso per gli -M in Europa. Avevo letto qualcosa (su Internet) circa le armi ridotte a 6, ma visto solo e sempre foto di esemplari operativi alla base di Boxted in Inghilterra (Marzo - Aprile 1945) che sfoggiano chiaramente 8 mitragliatrici. Nè alcun report di piloti e/o specialisti che dicano della novità. E' vero che le 'fissazioni' di parecchi piloti circa gli accorgimenti per guadagnare una manciata di Km/h in più di velocità erano sovente qualcosa... di notevole , come rimuovere il sempre utile specchio retrovisore oppure far trascorrere ore allo specialista che togliesse la verniciatura al solo bordo alare, più 3 applicazioni di polish e cera - neanche si trattasse di eseguire delle gare di velocità in volo orizzintale, cronometrate. A questo punto il peso di un nastro da 450 colpi (52,5 Kg) + il peso di una mitragliatrice (29 Kg.) = neppure 82 Kg. sbarcati da ognuna delle ali... se il motivo era questo, come presumo, l'aereo alleggerito di 'ben' 163 Kg. significava praticamente nulla. Perlomeno, questa è la mia sensazione.. Inoltre - sempre a quanto mi risulta - nessuna fonte precisa se sono stati soltanto i P-47M di Boxted a impiegare nelle ultime 5-6 settimane di operazioni una nuova munizione altamente incendiaria, siglata T-48, che a quanto sembra era stata pensata per accendere senza difficoltà il cherosene a bassa gradazione dei Me-262 tedeschi. L'impressione nasce dal fatto che, su alcuni libri, grande enfasi è posta sui micidiali attacchi contro i campi d'aviazione sferrati dal 56th Fighter Group in quel periodo e culminati nel 'macello di Eggebeck' del 13 Aprile 1945 (quasi 100 aerei della Luftwaffe annientati al suolo, contro un solo P-47 perduto; 78.070 colpi sparati in 339 passaggi di mitragliamento). Soltanto questo reparto di P-47 viene citato quando si menziona la cartuccia T-48 che si impiegava in queste missioni di mitragliamento, perciò è quasi automatico fare 2+2 = 4. Però se la logica serve ancora, viene da pensare che NON dovrebbe essere così. E' vero che negli ultimi 4 mesi di guerra soltanto il 56th impiegava ancora i Thunderbolt, ma allora una munizione pensata contro i jet tedeschi (attivi in discrete quantità fin da Ottobre 1944) doveva andare per forza a finire anche su tutti i reparti dotati di P-51 - quasi una quindicina. Mi viene da pensare che in qualche modo una 'riserva' di P-47D-30 doveva essere disponibile a Boxted in quei primissimi mesi del 1945, sennò con tutti i guai davvero gravi che il motore dell'M causava di continuo, il 56Th F.G. non avrebbe più volato dai primi di Gennaio fino a metà Marzo... Alla fine questa 'sprint variant' del Thunderbolt non ha fatto praticamente differenza nei combattimenti aerei - è già tanto se hanno potuto impiegarlo in modo più o meno regolare e continuativo per circa cinque settimane prima che l'8th Air Force terminasse le operazioni (25 Aprile). Questo fantastico P-47D-28 con i colori del 78th Fighter Group, 8th Air Force apparteneva alla 'Flying Machines Company' con sede al Duxford Airfield nel 1992 (tra l'altro, proprio lo stesso campo dove il 78th aveva la sua base quasi 50anni prima), qui l'ho fotografato il 16 Giugno 1992 a Boscombe Down durante il biennale 'Air Tattoo'.
  4. La cosa interessante è che faceva super-faville anche ma soprattutto in volo, ... cose fantastiche, io non l'avrei detto fino a simili livelli. Ripeto, roba da riscrivere una buona parte dei valori presenti sulle schede tecniche che sovente si trovano da poter consultare quà e là. Evidentemente il motore non pativa più di tanto pur trovandosi dentro una cellula rimasta non-modificata. Quel pilota del website descrive velocemente quest'aspetto, non l'ho capito molto bene in realtà. Ma quei quattro link sono vitali per poter vedere cosa 'combinava' un F-104A del 319th. Giusto alcuni passaggi degni di nota circa le prestazioni dell'aereo, in voli compiuti da questo pilota durante la sua permanenza al 319th. * Decollo in 'combat configuration' (carburante interno al completo, 725 colpi per il Vulcan, 2 AIM-9B, ma null'altro appeso esternamente): 45 secondi dal rilascio freni a Mach 1, rimanendo 'a pelo terra'. * 'solo' Mach 1,25 (1.530 Km/h. ) a 30 metri di quota fatti da lui personalmente, non di più per prudenza (suggerisce che in effetti qualche collega li ha superati) Per l'F-104G si cita Mach 1,14 da non superare mai per la stessa quota. * Mach 2,25 raggiunti personalmente a 40.000' di quota, senza voler spingere troppo 'per prudenza' - un altro pilota è arrivato a Mach 2,5 a 50.000' (quindi la cellula POTEVA VERAMENTE permettersi questi valori, che su parecchie fonti sono negati come possibili da raggiungere per l'F-104). Alcune fonti indicano come massima velocità in assoluto per l'-A quella raggiunta in un volo-record del 1958, Mach 2.14. * Al decollo in 'combat weight', 90 secondi dal rilascio freni a 45.000' (13.700 metri) in salita subsonica, mantenendo sempre Mach 0.97 (!!!)... peccato che non descrive le due-tre prove di salita in regime supersonico fino alla stessa quota. Cita soltanto per queste ultime un decollo a tutto A/B e 1.120 Km/h. subito raggiunti in volo livellato a pochi metri dal suolo, poi la salita a questa velocità costante fino ad arrivare a Mach 2. Peccato per i tempi, non cronometrati. * Volo in crociera a 73.000' (22.300 metri) e velocità di 2.125 Km/h. (effettiva, rispetto al suolo) durante un trasferimento da Tyndall AFB a Homestead. A quella quota, la velocità all'aria così come indicata dall'anemometro era... 583 Km/h. (personalmente non avrei mai pensato che a quella quota degna di un MiG-25 in crociera, un F-104 potesse tranquillamente andarsene a zonzo consumando una quantità di JP-4 veramente ridotta). * 'Normale routine' (!!!!!) nel raggiungere la quota di circa 28.500 - 29.000 metri durante 'zoom climbs' praticate al 319th FIS, con i valori riportati via radio ai piloti dal G.C.I. - l'altimetro di bordo si fermava a fondo-scala su 86.000' (26.300 metri). Al culmine della parabola, la velocità relativa all'aria segnata dall'anemonetro era circa 230 Km/h. Il pilota riporta 0 G a quel punto, nonchè la sua abilità nel lasciar fluttuare una matita davanti agli occhi così in modo pressochè perfetto.. A questo punto mi viene da pensare ca**... volo, (e cosa sennò... benedetti gli asterischi ).
  5. Non lo sapevo. Avevo letto a suo tempo che alcuni tipi di generi di sostentamento erano stati forniti al Kon-Tiki dall'US Army, magari potrebbe essere come dici - forse l'autore dell'articolo che ho letto anni fa può aver messo assieme materiali dell'Army propriamente detta con qualcosa della Navy, chi può escluderlo. piccolo o.t. - mentre mi è stato abbastanza facile mettere assieme tra le altre cose anche una raccolta di almeno un esemplare per ogni modello di sea dye marker (pacchetti contenenti fluorescina, che colorano di iridescenza verde l'acqua marina) dal 1942 al 1995, ho posseduto soltanto due esemplari di shark chaser e solo per il dopoguerra. Quelli che usavano gli aviatori US Navy dalla primavera 1944 all'estate 1945 sono ultra-rari. L'articolo è davvero il solo ed unico (ma tutto sommato, non così determinante) pezzo di equipaggiamento che manca sul manichino full-size di pilota navale di F6F Hellcat, che ho completato qualche anno fa - per il resto, completissimo al 100%. Alla fine si può dire che il Thunderbolt modello N ha avuto nel settore del Pacifico settentrionale una parte di importanza pratica, simile a ciò che il modello M ha avuto in Europa settentrionale in ambito di battaglie aeree: cioè, di pochissimo rilievo in genere se si esclude il 318th Fighter Group, che da solo ha abbattuto 116 aerei Giapponesi confermati. Ma gli altri tre Groups con questa versione non arrivano, messi assieme, neanche alla metà di una cifra simile. Ovviamente il 318th aveva cominciato l'attività fin da metà Maggio 1945 e la 'selvaggina' era (relativamente parlando) ancora abbondante, pensando a quanti Giapponesi si avvicendavano nei cieli attorno a Okinawa. Per il P-47M in Europal ancor meno combattimenti sostenuti, e pochissime vittorie. I tantissimi problemi al motore avevano portato via quasi tre mesi di attività al 56th Fighter Group (unico ad averli in Europa) e questo si traduceva in quasi 100 giorni di assenza dalla scena - perlomeno con l'M. Il reparto aveva senz'altro ancora una parte dei -D 30, precedenti la variante -M.
  6. Una precisazione, se ricordo bene il processo di rimotorizzazione con i turboreattori -19 è cominciato nella primavera 1967 più o meno, e credo che non si saranno precipitati a modificare 26 aerei in pochissimi giorni. Senz'altro avrà richiesto un pò di tempo, e considerando che il 319th ha operato con l'F-104A fino a Dicembre 1969 si può dire che questo 104 'sprint' ha visto servizio operativo forse per due anni e mezzo. Negli anni precedenti lo Squadron operava con l'F-104A normale di serie. Questi stessi aerei col vecchio motore li aveva anche l'unico altro reparto dell' ADC che conservasse lo Starfighter in un periodo così tardo, il 331st F.I.S. sulla Webb A.F.B. (grosso modo contemporaneamente col 319th di Homestead), e non li ha mai sostituiti con F-104 dotati di -19. Quindi si tratta di una sotto-sotto variante non così importantissima in ambito generico F-104/A.D.C., ma come dicono gli anglosassoni 'speaks volumes' circa le vere capacità della cellula così come da progetto, se 'tirata' veramente fin dove poteva portare. Verrebbe quasi da dire che prima (ma soprattutto con varianti successive) l'aereo mostrasse più che altro le potenzialità.
  7. Vorrei solo richiamare l'interesse dei (veri) appassionati dell'unico, PURO Starfighter che tale non è più stato dopo la variante -A Oppure, dopo la -C (in effetti dopo aver letto interessanti testimonianze di piloti del T.A.C. su F-104C si può pensare che fossero quasi gemelli nelle prestazioni e comportamento). Tante cose sbagliate e/o trattate troppo alla leggera sono state messe giù dalla stampa specializzata lungo mezzo secolo circa la variante -A, e perdipiù il tutto veniva regolarmente liquidato in modo sommario citando le solite eterne constatazioni: ... "... l'hanno usato poco o pochissimo, un aereo pasticciato e alla fine quasi inutile, non aveva una precisa collocazione, poco manovriero, poca autonomia, troppe restrizioni durante il volo, ma cosa se ne facevano, bara volante, pericolosissimo da pilotare, il cannone di bordo valeva ciò che valeva quindi quasi zero, i piloti lo detestavano, era 'inebriante' sì ma nulla di più, anche con motori più adeguati e potenti la musica mica cambiava di tanto... "etc etc. Alcune di queste (poche) erano pure veritiere - ma alla fine quasi... che p***le. Anche se sono certo che più di un appassionato ha già scoperto (mica solo io) l'interessantissimo sito dedicato eslusivamente allo Starfighter nella sua interezza, voglio postare qui i link alle testimonianze di un pilota del 319th FIS, Aerospace Defense Command che ha pilotato il nostro coso nel 1967 con base ad Homestead, Florida. E' vero che si tratta di quegli F-104A (26 esemplari in tutto mi sembra, inclusi alcuni biposto) che hanno ricevuto il turboreattore J-79 GE- 19 cioè lo stesso degli F-104S Italiani e Turchi, e quindi... cose strabilianti per una cellula che è rimasta quella basica e leggera dei normali -A, ma allora a maggior ragione poteva meritare, già decenni fa, che un qualche ricercatore/giornalista aeronautico ci facesse un pensiero sulle caratteristiche di volo di una macchina così unica. Ripeto, cose impressionanti che ribaltano in buona parte giudizi e commenti - anzi, persino le 'tabelle tecniche' che per forza di cose, finiscono con l'essere sovente la verità assoluta. Buona lettura per chi ancora non conoscesse queste cose. Frank. PS: per motivi che non conosco non riesco nel modo più assoluto a postare i singoli links che interessano - per cui questo qui è, piuttosto, il link alla pagina che contiene tutte le avventure/testimonianze dei piloti. Conteggiando dall'alto verso il basso dell'intero elenco, quelli a cui mi riferisco sono rispettivamente: il 7° il 17° il 34° il 38° http://www.916-starfighter.de/tallyho.htm
  8. Smersh

    HE-219

    Anche se soltanto 'di striscio' con l'He-219 in quanto tale, io ho posseduto :D per qualche tempo il salvagente Luftwaffe pneumatico (originale e autentico, proprio il suo) che aveva indosso il 'Gefreiter' Werner Perbix (2/ NJG 1) durante la missione della notte 11-12 Aprile 1944 dopo il decollo con un He-219 'Uhu' dalla base di Venloe, in Olanda. Il bimotore tedesco fu abbattuto da un Mosquito da caccia notturna dello Squadron 239 (si schiantò presso il paesino di Weert, sempre in Olanda), e Perbix per quanto se ne sa a tutt'oggi, divenne il primissimo aviatore di He-219 (e di conseguenza, il primissimo in assoluto) a salvarsi usando il famoso deggiolino eiettabile ad aria compressa in missione bellica operativa. Quindi un bell'oggetto con una bella storia alle spalle. In grande stato di conservazione, e con ancora la riparazione 'alla buona' sullo strappo prodotto dalla scheggia di plexiglass del tettuccio che lo forò all'incirca sull'addome - una vulcanizzazione con un pò di gomma nerastra, spalmata a caldo. Quello sì che era un pezzo di collezionismo... Aggiungo alcuni particolari interessanti a quanto ho scritto sopra, visto che non si inciampa esattamente tutti i giorni in dettagli inerenti l'uso dei seggiolini eiettabili durante la 2° G.M., la prima (le prime due, anzi) eiezioni in assoluto dovrebbero essere quelle avvenute il 6 Settembre 1943 ma NON in missione operativa - evidentemente un incidente o un'emergenza tecnica. L'He-219-O apparteneva alla 3/ NJG 1 e a bordo c'erano il pilota Struning e il W/O Bleier, entrambi si eiettarono con successo. Ho trovato anche il s/n dell'aereo e i suoi marchi di fusoliera: 190010 G9+FB Questi due sono in assoluto i primi due aviatori di He-219 ad avere impiegato in emergenza i seggiolini Heinkel, ma NON in condizioni di combattimento. Come scritto prima invece, le due primissime eiezioni da uno Uhu - e quindi le primissime nella storia dell'aviazione - durante un volo bellico sono avvenute la notte dell'11-12 Aprile 1944, quando un 'intruder' notturno Mosquito MK II dello Squadron No. 239 (decollato dalla base RAF West Raynham) colpì e incendiò l'He-219 con a bordo il pilota Werner Perbix e il W/O H. Herter della 2/ NJG 1, decollati poco prima da Venlo. I due si salvarono pressochè incolumi e poterono tornare in azione in tempi brevissimi, l'aereo si schiantò nei pressi di un villaggio di nome Weert. Io avevo in collezione, appunto, il salvagente mod. 10-30 B2 che Perbix indossava durante quella missione. In condizioni ottime, 'vissuto' nella giusta misura, col suo nome riportato ad inchiostro, e una riparazione all'involucro nella parte anteriore.
  9. Smersh

    Buongiorno al Forum

    Grazie Vorthex !!
  10. Too kind... Dal diario del Lt. Urban "Ben" Drew, 414th F.G., Iwo Jima (oltre i tre groups di P-47- N basati su Ie Shima, un altro si trovava anche ad Iwo Jima assieme ai P-51D): 'decollavamo con i nostri Jugs della variante -N consumando più di un miglio di pista, con tre serbatoi esterni (2 ali, + 1 pancia) e tutta la benzina contenuta internamente si arrivava a un carico totale di quasi 800 galloni (* volendo essere pignoli 794 galloni, pari a 3.020 litri), mi domandavo ogni volta se ce l'avremmo fatta... per fortuna la nostra pista ad Iwo finiva verso uno strapiombo che ci lasciava 'spanciare' un pò mentre acquistavamo più velocità (* comunque inferiore ai circa 125 metri dello strapiombo di Ie Shima). "... da quel momento in poi ogni cosa era mirata a conservare carburante, pur con la quantità che l' -N poteva trasportare. Un circuito completo sopra la base era sufficiente a metterci in formazione ordinata, poi cominciavamo un profilo di salita poco cabrato fino a raggiungere i 20.000' (circa 6.100 m.) Era la quota ottimale per il consumo, più in alto non serviva perchè ormai non si scortava più alcun bombardiere in quella ultimissima fase di guerra - perlomeno, non noi nel Luglio 1945 partendo da Iwo Jima. " Per il decollo mettevamo SEMPRE il selettore carburante sul serbatoio principale di fusoliera. Poi si passava al serbatoio esterno centrale (appeso sotto al ventre) e in seguito ai due esterni subalari, consumando alternatamente per tenere l'aereo bilanciato più che potevamo, "... nei circa 16 - 18 minuti necessari per arrivare a 20.000' il P-47N consumava praticamente tutto il serbatoio centrale esterno, qualcosa come 110 galloni !! (* sarebbero quindi, circa 415 litri. Sembra pazzesco!). "...e raggiunti i 20.000' ci stabilizzavamo in crociera a velocità I.A.S. 185 MPH (* 300 Km/h) e direzione 355°, e arrivati alla costa del Giappone anche gli altri due esterni coi loro 325 galloni (* circa 1.250 litri) erano già stati svuotati e sganciati. Sotto di noi nient'altro che l'oceano all'andata e al ritorno. In pratica noi si arrivava sopra il territorio giapponese con ancora 355 galloni (* circa 1.350 litri) contenuti internamente, e quelli dovevano bastare per la 'sweep', l'eventuale combattimento aereo, e il viaggio di ritorno a Iwo Jima..." Personalmente mi viene da considerare che sì, in effetti in quelle zone di guerra gli ultimi mesi potevano riservare agli Americani meno combattimenti aerei e quindi meno rischi diretti di quanto invece gli ultimi mesi sulla Germania potevano comportare. Ma al solo immaginare il paesaggio e i rischi secondari, indiretti mi mette i brividi. In pratica un monomotore con 12 o 18 pistoni che non dovevano fermarsi mai, la vita appesa al salvagente che si portava assicurato sul torace subito sotto le cinghie del paracadute, e un canotto gonfiabile già all'avanguardia per allora - ma solo e sempre un canotto. Duro come la pietra finchè era impacchettato e faceva da sedile per il pilota (uno striminzito cuscino messo tra natiche e canotto non alleviava di granchè), dopodichè una volta gonfiato in acqua conteneva esattamente un uomo e il suo carico di preoccupazione. * Domanda di curiosità - io ho impiegato un bel pò a capirlo, nonostante avessi messo le grinfie su un canotto originale: Perchè il canotto che una volta gonfiato era di un bel colore giallo acceso all'esterno (visibilità per i soccorritori), era invece di color azzurro-celeste da sotto? * La risposta riflette la realtà che un aviatore sperduto nell'Oceano si trovava ad affrontare: si supponeva che il colore celeste si mimetizzasse col colore del cielo così come visto da sotto il pelo dell'acqua... e uno squalo, forse, avrebbe saltato un pasto a base di 'Aviatore Americano' (!!) ps, nonostante gli sforzi enormi e ammirevoli del US Material & Research Department nel fornire agli aviatori il meglio del meglio, è chiaro e comprensibile che a volte si andasse un pò 'a tentoni'. Nessuno forse ancora oggi ha capito se gli squali vedono i colori oppure no, magari non li distinguono ma l'intuizione di 70+ anni or sono è di per sè, secondo me, niente male. Lo stesso dicasi per i cosiddetti pacchetti 'Shark Chaser' - letteralmente 'che manda via lo squalo', ma in tempo di guerra non si è ben capito (nonostante molti esperimenti) se quella particolare sostanza avrebbe davvero tenuto alla larga i pesciolini, una volta sparsa a chiazza attorno alla persona. Per la verità c'era in realtà un modo certo al 100% per saperlo... ma forse non avranno trovato il volontario ( :whistling: ) Un piccolo O.T.: Urban 'Ben' Drew il 7 Ottobre 1944 volando su un P-51D del 361st Fighter Group (8th Air Force) distrusse due Me-262 a reazione che stavano prendendo velocità dopo il decollo dalla base di Achmer-Hesepe in Germania. Una cosa curiosa è che, nonostante lui abbia sempre sostenuto di aver visto distintamente entrambi i caccia schiantarsi ed esplodere (i serbatoi erano pieni di cherosene) per colmo di sfortuna la cinepresa quel giorno non aveva funzionato - nè vi erano colleghi in grado di convalidare. Dopo quasi quarant'anni, tuttavia, un pilota redesco che quel giorno vide da terra l'intera azione si offrì di confermare il tutto e le due vittorie gli sono state riconosciute. Il pilota tedesco era Georg Peter Eder, del 'Kommando Nowotny'
  11. Peccato un paio d'anni trascorsi senza più posts sul P-47, il mio preferito tra i caccia/cacciabombardieri dell'USAAF (l'aereo che in assoluto preferisco è il Corsair nella variante F4U-4, usato dai Marines nella primavera 1945 ad Okinawa). Ce ne sarebbe da dire, non fosse altro che per raddrizzare alcune delle solite e ormai ritrite (fino a diventare stantie) affermazioni che si comincia a leggere all'età di 13 anni su qualche 'Enciclopedia degli aerei della 2à G.M.', e proseguono poi fino ad arrivare, probabilmente, a ritrovarsi ... sessantenni con ancora molta fede in cose che lasciano perplessi. Visconti è stato abbattuto dal Lt. Eddy del 350th F.G., 12th Air Force, su P-47D il 24 Marzo 1945 e si è salvato a fatica rimanendo ferito -in modo non grave comunque - ma la cosa che avrebbe scandalizzato probabilmente qualche legione di 'nostalgici' e specialmente gli irriducibili del Me-109G è che per una volta (ma NON erano poche volte tutto sommato..) un qualcosa come 16 Me-109 della RSI hanno attaccato col vantaggio dell'iniziativa qualcosa come 4, non di più, P-47D. I piloti americani hanno reagito in modo eccezionale, o forse non tutti quelli Italiani erano in quel frangente super-esperti (un motivo per perdere la guerra alla fine ci vuole - inutile stare a girarci intorno) e hanno abbattuto immediatamente un Me-109G uccidendo il suo pilota. Un danno non troppo grave al motore ha poi costretto un Americano ad allontanarsi, scortato da un collega; i due rimasti hanno danneggiato seriamente un secondo Me-109 che ha dovuto scendere in emergenza, dopodichè Visconti stesso ha scelto di attaccare frontalmente un P-47 (Lt. Eddy) che non ha rinunciato alla 'sfida'. Le raffiche hanno centrato in pieno il Me-109 pur da questa non facile posizione d'attacco (velocità sommate che salgono in modo impressionante) e Visconti ha dovuto lanciarsi. I due americani si sono poi sganciati in picchiata e sono tornati alla loro base di Pisa, dove gli altri due colleghi erano già arrivati Ok poco prima. Quindi un signor risultato: combattimento di 4 vs. 16, due avversari distrutti e uno seriamente colpito (un pilota morto e due feriti) contro il danno di 1 colpo cal. 20mm a segno su un P-47. Esempi così ce n'è mica pochi (quello del successivo 2 Aprile 1945 è qualcosa di clamoroso, nonchè rimasto totalmente frainteso e riportato nei modi più sbagliati possibile lungo quarant'anni) per tacere di quelli verificatisi sulla Germania. E sul Giappone, perchè no. Piloti del 318th F.G. basati a Ie Shima (appena al largo di Okinawa) nel periodo Maggio-Agosto 1945 sono stati più volte in inferiorità numerica in certe situazioni tattiche decisamente critiche - formazione sparpagliata dovendo attraversare tempeste tropicali che arrivavano a 7.000 metri, carburante ormai basso, serbatoi sganciatisi in modo irregolare ed aereo completamente sbilanciato mentre gli 'Hayate' giapponesi decidevano quando e come e se attaccare, trovandosi d'altronde a casa propria - e riuscivano a fare meraviglie con la variante -N del Thunderbolt... Ferro da stiro probabilmete, e infatti ne ha 'stirati' un sacco... Proprio il P-47 modello N, credo, potrebbe bessere quello su cui sono state spese meno parole dalla cosiddetta stampa specializzata. Secondo me immeritatamente, visto che ha compiuto ben più di qualcosa pur se arrivando ad essere operativo in zona di guerra ormai decisamente tardi, e con (relativamente) poche unità. Questo bolide che poteva arrivare a decollare, in casi estremi, con pesi fino a 9,6 tonnellate (!!!!!!) era veloce quasi come la 'sprint version' P-47M del teatro europeo, nonchè dotato di autonomia praticamente come il Mustang. Il 318th Fighter Group si installò su Ie Shima a fine Aprile 1945, appena l'isoletta fu dichiarata sicura e sgombra da difensori Giapponesi - poche miglia più in là, Okinawa era nel mezzo dei combattimenti più forsennati di tutto il Pacifico. Una volta riadattato il campo d'aviazione ex-giapponese lo stormo cominciò l'attività bellica vera e propria il 13 Maggio, quindi circa 95 giorni di guerra in cui sorprendentemente (o forse no?) i piloti USA riuscirono a scontrarsi con quantità non indifferenti di caccia giapponesi, sia della Marina che dell'Esercito - un mix di parecchi modelli. Provo a postare alcuni dettagli forse poco conosciuti. Tra il 13 e il 17 Maggio ogni pilota operativo del 318th aveva compiuto almeno un decollo da Ie Shima con il P-47N. Come diceva un pilota, ogni partenza per una missione era qualcosa di 'agghiacciante'. Invece dei 1.800 metri di asfalto liscio e asciutto necessari per staccare con sicurezza dalla pista i loro mostri pesanti 96 quintali (tra cui sempre, come minimo, 2.600 litri di benzina e magari di più, e 10 razzi HVAR + 3.600 colpi per le mitragliatrici) i piloti si trovarono con una pista di soli 1.130 metri e superficie in roccia corallina triturata e compressa - ma pur sempre roccia, e sovente bagnata. Gli incidenti in fase di decollo non si fecero aspettare troppo, e risultavano quasi sempre letali. Se a Iwo Jima i più celebrati P-51D Mustang (Fighter Groups 15th, 21st, e 506th) dovevano in certe condizioni staccarsi dalla pista con pesi fino a 5,8 tonnellate, a Ie Shima i P-47N Thunderbolts si sono trovati in certi casi a portare fino a tre serbatoi esterni, con un pazzesco totale di benzina (interna + esterna) pari a 3.020 litri. Un pilota al suo primissimo decollo tagliò l'estremità ad un paio di alberi, ma riuscì per un pelo a staccarsi da terra. Come raccontava il Maj. Paul Fotjik: Ci si piazzava all'estremità assoluta di inizio-pista per sfruttare ogni possibile pollice di corsa di decollo... davamo gas al 100%, pieno turbo compressore, ma anche l'iniezione d'acqua (per la surpotenza di emergenza ad alta quota) quindi una bestialità a terra, ma non c'era altro modo. Speravamo sempre di non disintegrare qualcosa nel motore. '...appena la coda si sollevava, ancora da fermi (!!) mollavamo i freni, una cosa da rabbrividire. Flaps abbassati, motore che urlava i suoi 2.400 HP, ma con 10 razzi e due enormi serbatoi sotto le ali ci vedevamo sempre TROPPO lenti, una cosa eterna e angosciante... '...dopo aver evitato un grande terrapieno presente all'altra estremità, per fortuna Ie Shima aveva uno strapiombo di circa 125 metri sul mare, in direzione Nord. Come dire che potevamo permetterci una bella e inevitabile spanciata di un centinaio di metri, almeno, giù in basso verso l'Oceano Pacifico mentre il Jug cercava disperatamente di prendere sempre più velocità. Quante scie hanno lasciato parecchi di noi sull'acqua, quando quasi la toccavamo con l'elica...' E alcuni di noi, in più, hanno lasciato anche qualche traccia di pneumatici su quel maledetto terrapieno.' Mentre mi ricordo - e questa è DAVVERO una cosa che conoscono magari 1 su 10.000 del pubblico generico, purtroppo non si legge praticamente mai neppure su pubblicazioni anglosassoni ben fatte - il 318th Fighter Group della 7th Air Force potrebbe essere l'unico reparto dell'USAAF nella 2° G.M. ad aver fatto in tempo a usare operativamente la M3, l'allore ultima e nuovissima variante della mitragliatrice Browning cal. .50., AN/M2 per uso aereo. Non ho trovato conferma se tutti i P-47 di Ie Shima ne sono stati retrofittati a partire da inizio Giugno 1945, o soltanto una parte di essi. Risulta dai documenti dell'Ordnance Department che "only some 2,400 M3s were completed before September 1945..." , il primissimo prototipo aveva passato i bestiali tests delle varie prove nella tarda estate - autunno 1944, e verso fine Aprile 1945 (siglato T25E3 ) era praticamente stato ufficializzato come M3 . La velocità di sparo era un favoloso 1.160 - 1.200 colpi al minuto contro i circa 840 - 860 della normale AN/M2. In pratica la quantità di colpi sparati in una data raffica era esattamente come per gli Hurricane e Spitfire della Battaglia d'Inghilterra, ma con una portata ed effetti distruttivi ben diversi. In ogni caso, almeno una parte dei Thunderbolt del 318th ne fu dotata. E così il già potente P-47 si trovava a poter sparare qualcosa come circa 310 colpi in 2 secondi... pazzesco, e forse persin controproducente come durata ragionevole della riserva munizioni. Non vi è conferma che ogni arma abbia avuto la dotazione massima che la scatola porta-munizioni poteva contenere, cioè un nastro da 500 cartucce - in pratica come da progetto originale, per la verità; probabilmente no, ma se anche fosse stato poteva significare al massimo 25 o 26 secondi di fuoco, mica di più. Per curiosità, un ulteriore sviluppo della M3 tentato dalla ditta Frigidaire (ma non standardizzato dai militari) siglato T36 è riuscito nell'autunno 1945 ad arrivare, per brevi periodi prima del surriscaldamento, a 1.460 colpi ciclici al minuto. In pratica, 24 colpi al secondo. Sempre per curiosità, nell'ipotesi che il Thunderbolt modello -N in dotazione al 318th Fighter Group abbia davvero operato con la massima quantità di munizioni trasportabili nelle ali (500 colpi x 8 = 4.000 colpi) dopo aver ricevuto le nuove mitragliatrici M3, la lunghezza totale dei nastri di cartucce sarebbe stata qualcosa come... quasi 98 metri. E il loro peso, circa 520 Kg. Qualche ulteriore cosina relativa al 318th F.G. della 7th A.F., se ancora gli utenti non si sono stancati.. :whistling: - ritengo che un pò di giustizia si dovrebbe fare a favore di teatri operativi meno 'blasonati' che non quello Europeo, da sempre più o meno ben coperto dall'editoria. La pista in roccia corallina alla base di Ie Shima fu progressivamente allungata dai 1.130 metri originali (e tragicamente insufficienti) fino a ben... 1.280 metri, ovviamente si decollava ancora con parecchi rischi; l'elevata temperatura ambientale non aiutava, anzi. Per un sicuro distacco da terra con dei mostri pesanti fino a 9,7 tonnellate bisognava disporre di almeno 1.800 metri e questo era impossibile. Non pochi incidenti dall'esito fatale hanno tormentato, in pratica, il tour operativo del reparto ancora attraverso Giugno e fin verso la fine di Luglio, anche se almeno le soddisfazioni in termini di combattimenti aerei non sono mancate - anzi, il 318th è stato il più 'fortunato' in questo senso, dei tre Groups di P-47N presenti a Ie Shima (gli altri due però, giunti lì proprio nelle ultime settimane di guerra). Dal primo combattimento di notevoli proporzioni il 24 Maggio fino all'ultimo del 14 Agosto, il 318th Fighter Group ha abbattuto (confermati) 116 aerei Giapponesi più parecchi altri registrati come 'danneggiati' ma che, oggettivamente, potevano anche non essere più rientrati alle basi metropolitane data la distanza da percorrere al ritorno sopra l'oceano. Il grosso comunque si è avuto tra il 24 Maggio e il 10 Giugno 1945, dopodichè le condizioni meteo sovente orrende e la progressiva riduzione di bersagli utili hanno marcato un deciso calo nelle vittorie dei Thunderbolts. La giornata campale si era avuta il 25 Maggio. (segue) Quel 25 Maggio 1945 28 piloti del 318th erano in volo per i campi d'aviazione Giapponesi situati in Kyushu, da cui partivano le formazioni di Kamikaze e i caccia che li scortavano diretti verso Okinawa. Trovarono però condizioni meteo proibitive e dovettero alleggerirsi almeno delle bombe (ognuno ne portava due da 460 Kg.) sganciandole in mare. I P-47 che avevano a bordo razzi aria-superficie HVAR da 5" li conservarono, ma al ritorno verso Ie Shima gli Americani si trovarono nel bel mezzo di un raid di kamikaze di impressionanti proporzioni, avente come bersagli le numerosissime unità dell'US Navy stazionate al largo di Okinawa (l'isola stessa si trova a qualche miglio da Ie Shima). I piloti Americani trovarono una massa totale di aerei giapponesi che poteva avvicinarsi a 400 unità, tra Kamikaze veri e propri e monomotori da caccia che cercavano di proteggerli, in ogni caso andarono all'attacco da quota superiore sfruttando i passaggi di mitragliamento ad alta velocità onde non farsi coinvolgere in 'dogfights' con gli Zero - forse erano presenti anche alcuni 'Shiden-Kai'. Nella battaglia aerea con il 318th furono confermati abbattuti 34 Giapponesi, contro nessuna perdita da parte americana. L'intercettazione scompaginò la formazione giapponese che arrivata in prossimità di Okinawa trovò comunque, allertate, le difese contraeree navali e soprattutto caccia F6F e F4U presenti in quantità. In particolare il Lt. J. Anderson del 318th riuscì ad eliminare da parte sua 6 caccia giapponesi, consumando nell'azione 3.185 colpi di mitragliatrice su 3.400. Frank. Invece, un altro reparto su P-47N sempre a Ie Shima - il 507th Fighter Group - fu quello che combattè per l'USAAF l'ultma battaglia di proporzioni degne di nota nella 2° G.M. (gli ultimissimi scontri del 15 Agosto videro impegnati aerei dell'US Navy). Il giorno 13 Agosto il 507th partì da Ie Shima per una lunghissima 'sweep' di caccia libera ('Mission 507 - 35') verso la Corea occupata, in cerca di aerei Giapponesi da impegnare in combattimento; si prevedeva un volo totale di almeno 8 - 8 1/2 ore. Dopo più di quattro ore in aria e a circa 9.200 metri di quota i 38 piloti rimasti in formazione (come al solito qualche 'abort' per cause tecniche non mancava mai) arrivarono su Seoul, all'epoca Keijo, in tempo per ingaggiare battaglia contro una cinquantina di caccia giapponesi dell'Aviazione dell'Esercito che erano partiti per intercettarli. Dai documenti d'epoca rinvenuti da parte giapponese si è risaliti alle due unità impegnate: i 'Sentai' #22 e 'Sentai' #85 basati non lontano da Keijo, che volavano in maggioranza col monomotore Ki-84 'Hayate' (in codice Alleato, 'Frank'). Le varie squadriglie erano comunque a non più di 2.500 metri circa di quota quando i Thunderbolts gli arrivarono addosso, e 22 'Hayate' furono distrutti contro un solo P-47 perduto (il pilota rimase prigioniero due giorni...). La missione durò in tutto 8 ore e 22 minuti. Stranamente i reports da parte Giapponese menzionano i caccia Americani come 'Mustangs'. Tra i piloti rimasti uccisi, anche il comandante del Sentai #85.
  12. WOW... splendidi. O per meglio dire (IMO), il primo sopra è un mostro terrificante. L'altro non mi dice moltissimo..
  13. Sì, lo conosco - un gran bel website per chi ama la 'roba' moderna o comunque, dal 1950 circa in poi. Gli oggetti raffigurati sono interessantissimi specialmente gli esemplari dei modelli rimasti 'experimental' in ambito US Navy (periodo d'oro, fine anni '50 - metà anni '60). Avevo impiegato quasi vent'anni per mettere assieme una bella raccolta, alcune decine di teste moderne - o comunque in ambito Jet Age - complete al 100%. Certamente vi sono oggetti che nessun collezionista ancora nella 'normalità' potrà mai pensare di ottenere - e se sì, magari dovrebbe rassegnarsi a spendere dei capitali. Comunque niente batte il fascino degli oggetti 2à G.M. ed è lì che mi ero indirizzato più volentieri. Ho portato a termine il mio progetto degli equipaggiamenti completi per un pilota di F4U Corsair (o F6F Hellcat, non cambia praticamente nulla) ma non comincio neppure a pensare ad un pilota di Zero... anche se sarebbe affascinante poter avere i due manichini uno di fronte all'altro, 70 anni dopo. ps, e comunque sarebbe il principio di un'ennesima tentazione. Completati i due piloti vorrei avere, giustamente, anche un Corsair e poi uno Zero... :whistling:
  14. Thanks very much!!! Cito ora un aspetto secondario del volare con uno Zero in missione di guerra, forse una cosa insolita ma proprio per questo è interessante almeno quanto discutere delle velocità iniziali di un'arma da fuoco.. Probabilmente gli appassionati di queste cose non riescono a 'vedersi' un pilota di A6M Zero che vola indossando la maschera ad ossigeno. Neppure io ci riesco, anzi proprio non riesco... a vederla veramente nella realtà una cosa come questa, pur essendo da più di vent'anni nell'ambito del collezionare 'aviators' headgear' vari ed equipaggiamenti ossigeno di mezzo pianeta. Quindi un più che raro pezzo di equipaggiamento, ancora ben di più che l'altro irrangiungibile articolo aviatorio del Sol Levante nella 2° G.M. - il malefico, famigerato paracadute del pilota giapponese. Qualche volta gli Zero avranno pure volato ad alta quota, magari per poco tempo ma sopra i 6.500 metri l'ossigeno era prudente se non proprio obbligatorio. L'aspetto un pò (un pò tanto, direi) 'povero' e ridotto all'osso dell'aviatore giapponese da caccia contrasta in modo preoccupante con la miriade di articoli ed equipaggiamenti estremamente sofisticati disponibili agli Americani - sarebbero notevoli ancora oggi, figuriamoci 70-72 anni fa. Ne ho posseduti ed esaminati a dozzine, e mi hanno sempre estremamente affascinato. Saburo Sakai cita personalmente l'uso dell'ossigeno di bordo a proposito di alcune intercettazioni ad alta quota (intorno ai 9.000 m. se ricordo bene) eseguite nel cielo della Nuova Guinea, tarda primavera 1942. Quindi i giapponesi non erano sprovvisti del dispositivo, e questo giustamente. Non lo erano neppure gli aviatori dell'US Navy, ma neppure di loro si hanno molte foto mentre indossano le maschere in missione operativa. Invece ne esistevano ben tre tipi che hanno visto l'impiego, e di queste la più moderna e sofisticata (la A-14 della ditta Ohio Chemical Co.) era la stessa identica che invece vediamo così sovente usata dai colleghi dell'USAAF. Sono sempre stato dell'idea che la maschera ossigeno fa la differenza fondamentale tra un display buono e uno super-ottimo nel caso di cuffie di volo + occhialoni di volo, quando montati sulla classica testa di polistirolo. Dovrebbe essere così anche per il pilota di A6M Zero, ma è una cosa che risulta quasi misteriosa ancora oggi quanto a notizie attendibili.
  15. Sì, alla fine penso fosse comunque un buon armamento. Arrivando da dietro e non dovendo praticamente fare i conti con 'deflections' o 'millsrad' vari, ovviamente un pò di roba andava a segno. Se ricordo bene andando a mente, la variante -3 dell'Hellcat (ma penso anche la -5) aveva più o meno 218 Kg di protezioni passive, non so però se include anche il meteriale che avvolgeva i serbatoi - forse sì, o forse no. Chiaro però che per eventuali grossi squarci causati alla cellula non c'era blindatura che tenesse.
  16. Il fatto è che se io ho la cinepresa e l'altro non cel'ha, il mio sistema sarà sempre (molto) più affidabile, per forza. E non pensiamo mai che le dozzine e dozzine di caccia Giapponesi trattati come 'danneggiati' magari non cel'hanno fatta a tornare a casa - quindi, possono benissimo compensare per le inesattezze pur delle cineprese. Mi ricordo la discussione su un Forum americano tra un 'tifoso' del P-38 e un altro appassionato invece dello Zero - e ancor più dell' 'erede mancato' dello Zero, il Kawanishi N1K-J, ancor meglio nella variante migliorata 'Shiden-Kai'. Il tutto si era spostato sul particolare discorso dell'armamento. Al 'pro-Zero' sembrava poco plausibile che alcuni autori - che in tempi più recenti avessero meglio analizzato i vari reports dei piloti da caccia US Navy (qualche pilota USAAF anche, ma pochissimi per forza di cose) - sostenessero il non particolarmente egregio comportamento di 4 cannoni da 20 mm. in battaglie a distanza ravvicinata contro aerei a stelle e strisce... ... sembrava quasi che il lodevole proposito di fare più luce su episodi 'mitizzati' lungo un mezzo secolo, fosse controbilanciato dal voler fare prevalere il solito Hellcat anche contro lo Shiden-Kai. Il 'pro-Lightning' ha fatto notare che, giustamente, un pilota di P-38 abile e con la giusta dose di esperienza poteva stare quasi certo di tagliare a metà un caccia giapponese con la batteria di armi raggruppate nel muso. La dispersione era praticamente nulla, e se la mira era buona voleva dire (in 2 secondi di raffica) circa 20-21 colpi da 20 mm. e circa 110 colpi da .50". Se anche solo 2/3 andavano a segno, per il Giapponese non vi era scampo pur senza esplosione vera e propria dell'aereo. Tra l'altro il proiettile esplosivo di un Hispano MK II del P-38 che pesava 131 gr. ne conteneva circa 13,6 di esplosivo, che è davvero tanto per una 'shell' fabbricata in modo tradizionale (e non come le 'Minen' utilizzate dai Tedeschi). I quattro 20 mm. 'Type 99' pur nella variante (leggermente migliorata, ma mica di chissà quanto) MK 2 piazzati sullo Shiden-Kai, invece sparavano 65 colpi in 2 secondi - un pò poco, vuol dire che ogni arma spara 8 colpi al secondo (contro gli 11 al secondo dell'unico cannoncino del Lightning). Però: * la munizione esplosiva dell'arma Giapponese non era eccelsa - 128 gr. di peso, ma soltanto 9,8 di esplosivo contenuto. D'altronde era un quasi-clone dell'Oerlikon-Mauser MG/FF tedesco. * quattro armi da 20 mm. ma distribuite sulle ali, quindi poca concentrazione se non nel punto di convergenza ottimale (e non si poteva sempre chiedere ad un Hellcat, o chi per esso, di farsi trovare in quel preciso punto come un fatto di cortesia..). Questo per il caccia Kawanishi; ancor peggio quindi per lo Zero pur se A6M5, dotato con due soli Type 99 da 20 mm. nelle ali. La realtà di quelle feroci, pur se relativamente rapide battaglie aeree degli ultimi dodici mesi di guerra è che il cacciatore Giapponese pur se pilotando un Kawanishi -Kai doveva, più che altro, sperare in eventuali errori del rivale Americano - addestrato finchè vogliamo, ma non sempre necessariamente esperto (sono due cose diversissime). L'americano seduto in un Hellcat o un P-51D era invece motivatissimo ed ugualmente coraggioso come il giapponese (non si sarebbe trovato lì, diversamente) ma contava su una batteria di 6 armi alari che fungevano da 'seghe a disco', con una valanga di 240 colpi in 3 secondi di raffica. A questo punto, con una simile cadenza di tiro (ma soprattutto in nastri di munizioni contenenti TRE proiettili incendiari ogni cinque colpi) il discorso della dispersione era, per l'Americano, decisamente meno preoccupante.
  17. Buongiorno, mi riaggancio al topic pure se dopo parecchi mesi dall'ultimo commento che se n'è scritto. Penso che anche 10 pagine non basterebbero per mettere d'accordo tutti visto che inevitabilmente la 'simpatia' per un aerep più che per altri giuoca un ruolo, e a maggior ragione la bravura dei piloti che lo porta(vano) in battaglia. A questo proposito ho visto che Sakai viene citato più volte come fonte indiscutibile essendo una leggenda aviatoria conosciuta da tutti, ma potrrebbe non essere così. Col tempo molte cose vengono ridimensionate, archivi aperti a ricercatori 'ex-avversari' collaborano sempre più assieme nel mettere in giusta luce episodi che hanno sempre lasciato dubbi estremi (ma prima non era possibile contraddire, d'altronde sembra che un'autobiografia sia sempre il 'Vangelo' allo stato puro) - basta vedere ciò che all'incirca dal 1987 - 89 si è appurato con precisione sulle notevolissime gesta di piloti USAAF del 350th Fighter Group sul Nord Italia a Marzo-Aprile 1945, quando sorprendentemente erano loro a trovarsi alcune volte in inferiorità /1 a 3 oppure 1 a 4) contro i cacciatori della RSI. Si può stabilire che: * lo Zero era pericoloso anche il giorno della resa Giapponese, se in mano a piloti veramente esperti - ma allora il Wildcat era mortale anche nel Novembre 1942 contro gli stessi Zero, se un pilota dei Marines motivato a dovere e incazzato (pur se stremato dalla malaria) lo pilotava a dovere. * Sakai ha avuto nel suo libro meno parte in causa di ciò che può sembrare. Il giornalista americano e co-autore Martin Caidin ha volutamente 'pompato' troppi aneddoti per fare sensazionalismi, a quanto pare suscitanto lo scontento di Sakai stesso che però ha dovuto cedere. * Troppi episodi assurdi che sfidano il buon senso sono presenti quando si parla di assi Giapponesi a bordo dello Zero, pur riconoscendo che il pubblico lungo quarant'anni non aveva altra scelta se non credere ai protagonisti. Nessun combat film portato come prova (essendo i caccia del Sol Levante sprovvisti di cineprese) mentre USAAF e US Navy erano severissimi nel dividere in 'destroyed', 'damaged', 'probable'; Sakai stesso cita il pilota Kensuke Muto come ai comandi di uno Zero nel combattimento contro 12 Hellcat nel Febbraio 1945 mentre in realtà pilotava uno 'Shiden Kai'. * In anni recenti con l'aiuto di ricarcatori del Sol Levante più onesti di altri si è appurato che è stata una grande bugia della propaganda Giapponese quella versione della battaglia di Muto (uno contro 12, quattro vittorie di Muto e i rimanenti Americani che scappano). Lo stesso potrebbe risultare circa l'incredibile combattimento di Sakai del 24 Giugno 1944 contro 15 Hellcat che, sinceramente, ha meno che senso. In effetti leggermente O.T. e non va ad inficiare le caratteristiche positive e negative dell'aereo - o forse sì, in quanto un pilota decide sovente le sorti del combattimento in modo inaspettato. Ma bisogna sfoltire la leggenda dalle assurdità, quando queste sono davvero troppe. Basti pensare che nei combattimenti dell'8 Agosto 1942 a Guadacanal il numero dei Wildcat perduti nell'intera giornata per tutte le cause è inferiore al totale rivendicato da due piloti Giapponesi (!!!). ** Motivo? I ruolini presentati a fine giornata dai reparti imbarcati sulle portaerei US Navy non mentono circa gli aerei non più presenti sulle navi (e perchè dovrebbero, in effetti). Viceversa le fantasie che si leggono su alcune biografie (specialmente autobiografie) vanno a briglia sciolta. Così veniamo a sapere che una quindicina di buontemponi a bordo di F6F Hellcat impiegano venticinque minuti nello spararsi addosso a vicenda col rischio anche di collisioni in volo, forse in tutto più di 1200 colpi sparati, e senza dare agli specialisti di terra la misera soddisfazione di trovare un foro (1 foro, UNO di numero) nello 'Zero' di Sakai... la tentazione è di farne uno di nascosto usando magari un trapano??! Non ci crederò mai, ovviamente. Comunque solo per precisare che troppo sovente è inscindibile l'associazione di questo tipo di cose con la macchina nuda e cruda di per sè - e forse questo spiega perchè per quasi 70 anni dopo la guerra nessuno del pubblico generico, credo, è mai andato in visibilio per le gesta degli assi dei P-40 o P-39 (sì, c'erano anche loro) protagonisti, invece, di avventure eroiche proprio contro gli Zero. Frank. ** dettagli come questo, per esempio, saranno a conoscenza di almeno 5 appassionati su 1.000? Oppure altre considerazioni sullo Zero che ancora resistono in libri o websites anche recenti, e che non rispondono a realtà. * Il famoso A6M2 trovato dagli Americani pressochè intatto su un'isola delle Aleutine ai primi di Luglio 1942 e che avrebbe fornito agli avversari la chiave per scoprire pregi e difetti, al punto che l'F6F Hellcat si basò su queste 'dritte'. Ovviamente no, quest'ultimo aveva volato già un mese prima e il progetto era ovviamente ancor più anteriore. * L'armamento dei primi tempi di guerra non era precisamente 'letale', come sovente si legge - se si vuole intendere la giusta cosa con questo aggettivo. I due 20 mm. erano derivativi degli Oerlikon di concezione europea (Svizzera per la precisione) e virtualmente non diversi da quelli montati sui caccia della Luftwaffe nei primissimi anni di guerra. Certamente non erano i Mauser MG-151/20, bensì parenti strettissimi della classe MG/FF con munizioni a v/o relativamente bassa, e spoletta che troppo sovente non consentiva l'entrata in profondità nella cellula nemica prima di esplodere. Molti P-40 e Wildcat sono sopravissuti ai colpi da 20 mm. con danni non gravissimi. Addirittura la blindatura dorsale dei caccia americani poteva sopportare questo tipo di impatto, poichè il 20 mm. esplosivo sparato dallo Zero del 1942 non faceva meraviglie contro 14 mm. di acciaio. * Per contro le leghe metalliche dello Zero contenevano non poco magnesio, e questo decretava la fine del Giapponese quando il contenuto dei serbatoi prendeva fuoco. Uno Zero in quelle condizioni era descritto dai piloti americani come ' un globo di fuoco', mentre un P-40 o un F4F che precipitavano in fiamme lasciavano, piuttosto, una scia di benzina infuocata (ma non necessariamente era anche la struttura in fiamme). In effetti era una struttura non particolarmente debole e fragile, come invece sovente ancor oggi è riportato quà o là in qusti precisi termini. Presa come cellula a sè stante era, invece, sorprendentemente robusta e certamente non meno di quella del Wildcat - ma era 'troppo' leggera (come peso specifico del metallo usato) e contribuiva alla non alta velocità raggiungibile in picchiata, motivo in più per cui anche le versioni successive non avevano scampo se si cercava la salvezza in questo modo. * L'armamento di F6F, F4U e P-51D (165-170 colpi da .50" in 2 secondi) e P-47 (225 colpi in 2 secondi) non lasciava scampo, se concentrato come si deve, neppure ad altri aerei Giapponesi ben più protetti dello Zero. Quindi andrebbe ridimensionata questa cosa della grande vulnerabilità. Certamente era vulnerabile, ma i reports di molti piloti USAAF o US Navy dicono chiaramente che in pratica uno 'Shiden Kai' o un 'Hayate' non tornavano a casa se colpiti anche solo da un tiratore medio. I proiettili API 'silvertip' delle AN/M2 americane foravano una piastra d'acciaio da 12 mm. a 500 metri di distanza, quindi possiamo figurarci cosa capitava alle parti di acciaio o ghisa di un motore o allo schienale del seggiolino durante un combattimento a distanze più ravvicinate... probabilmente la maggior parte dei piloti giapponesi sono morti sul colpo, o quasi, piuttosto che bruciati vivi in mezzo alla carcassa incandescente. Ne consegue che il rischio del fuoco era maggiore per un Americano - magari paradossalmente, si direbbe, eppure era così. Lo Zero può vantare, questo sì, di essere il modello di caccia che ha aperto e concluso, letteralmente, la 2° G.M. sul fronte del Pacifico - tralasciando il fronte Cinese prima del 7 Dicembre 1941. A Pearl Harbor c'erano gli A6M2 quel funesto giorno; e il 17 Agosto 1945, ancora alcuni Zero erano in aria per combattere. Perchè il 17 Agosto? Perchè ancora due giorni dopo la dichiarazione ufficiale dell'Imperatore, quattro quadrimotori B-32 'Dominator' appena entrati in servizio attivo nell'USAAF (386th B.S., 5th Air Force, basati allo Yontan Airfield di Okinawa) in volo di ricognizione sulla zona di Tokyo furono attaccati da un mix di Zero e 'Shiden Kai' - uno degli Zero avendo come pilota, a quanto riporta lui personalmente, nientemeno che Saburo Sakai. I Giapponesi decollarono ugualmente per combattere nonostante sapessero ovviamente dell'armistizio, e misero in grave difficoltà uno dei Dominators che rimase danneggiato in modo molto serio (e con morti e feriti a bordo), ma volando a regime massimo e sfiorando il mare potè allontanarsi e tornare ad Okinawa. Sakai ammette di aver visto questo ultimissimo modello di bombardiere USA alcuni giorni prima, e di averli scambiati per B-29 Superfortresses vedendoli da terra. Questo fu veramente l'ultimissimo combattimento aereo sul fronte Pacifico-Asiatico, e ovviamente anche l'ultimo della 2° G.M. In ambito di ostilità ancora ufficialmente aperte, invece, gli ultimi combattimenti contro gli Zero dovrebbero essere quelli della tarda mattinata del 15 Agosto, quando piloti di F6F 'Hellcat' degli Squadrons VF-31 (portaerei USS 'Belleau Wood'), VF-49 (USS 'San Jacinto') e VF-6 ne abbatterono in totale 16 nell'area di Sagami Bay. In quell'occasione gli Hellcat non riportarono perdite ad opera degli A6M Zero (e quindi ne uscì un 'punteggio' di 16 a 0 per gli Americani), mentre negli stessi minuti gli Hellcat del VF-88 (USS 'Yorktown') furono sorpresi da quota superiore e da un numero maggiore - per una volta - di Ki-84 'Hayate' e J2M 'Raiden', non lontano dalla grande base aerea giapponese di Atsugi. Ciononostante si difesero in modo eccezionale, con un risultato finale di 5 Hellcats e 9 Hayate abbattuti.
  18. Smersh

    Buongiorno al Forum

    Salve a tutti, riprendo dopo un lungo (fin troppo) periodo di tempo il mio interesse per l'aviazione militare, dopo che inconvenienti e impegni vari me ne hanno allontanato quasi completamente. Maggiormente impegnato ed entusiasta nel campo degli abbigliamenti ed equipaggiamenti di volo da collezionare, cosa che mi ha richiesto anni di apprendimento e approfondimenti se si volevano fare le cose per bene - e c'è praticamente sempre da imparare, visto che informazioni nuove e sorprendenti saltano fuori regolarmente. Poi i gusti cambiano (e qualche difficoltà sopraggiunge), e così poco per volta ho ceduto la maggior parte del materiale cercato e ottenuto faticosamente lungo gli anni interagendo con gente 'fanatica' di mezzo pianeta - soltanto i set completi (casco di volo + maschera ossigeno) erano quasi 40, uno diverso dall'altro e appartenenti a nove nazionalità. Non dico il magone.. Ma va bene così, la passione per gli aerei c'è sempre e nel Forum ci sarà senz'altro il modo di discuterne. Ciao a tutti.
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