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Filippo Facci e Antonio Di Pietro


picpus

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Partecipanti più attivi

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Noto che ilGiornale insiste invece mentre Feltri ha dato bandiera bianca...

 

Poco male, con un partito che cresce così tanto servono sempre più sedi, sta bon che paga il giornale :rotfl: :rotfl:

Dal mio precedente messaggio (come sempre non letto), riposto:

 

" ...

Di Pietro, all’uscita del libro di Imposimato, tanto per non smentirsi, annunciò querela. «La sto ancora aspettando. Né io né la mia casa editrice Koiné abbiamo mai ricevuto querele, citazioni o richieste di rettifica da Di Pietro o da suoi rappresentanti», rivela Imposimato al Giornale.

... "

 

Se le querele sono tutte di tal genere!!!

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se dovesse far causa a ogni fabbricatore di falsità sul suo conto

 

Quanto alla provenienza dei fondi per acquistare gli appartamenti di Busto Arsizio, non me ne voglia ma lei dovrebbe ricordarla bene essendo stata una delle persone che vi hanno in qualche modo contribuito (ricorda i 400 milioni di lire che l'editore de "II Giornale" (ove egli faceva all'epoca il direttore responsabile) mi versò, a titolo di risarcimento danni con assegno circolare?

 

e come detto plurimi risarcimenti danni ricevuti ( da me e dai miei familiari) per circa 700'000,00 euro negli anni in relazione alle varie diffamazioni subite nel tempo
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se dovesse far causa a ogni fabbricatore di falsità sul suo conto

...

Cominciamo allora con lo spiegare, a chi l'ignora, chi è Ferdinando Imposimato e la sua opera "Corruzione ad Alta Velocità"; ecco alcuni link:

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Ferdinando_Imposimato

 

http://ferdinandoimposimato.blogspot.com/ [video, INTERESSANTISSIMO (si parla ed in che termini, anche di Prodi) di presentazione del libro da parte dello stesso autore].

 

 

Dal link http://www.notavtorino.org/documenti/Sintesi-Imposimato.pdf

 

riporto (pag. 17 del documento pdf):

 

" ...

Ferdinando Imposimato, ex magistrato ed ex deputato del Pds, autore del libro "Corruzione ad

Alta Velocità " del quale stiamo proponendo le parti salienti, si domanda come sia stato possibile

che un personaggio come Pierfrancesco Pacini Battaglia sia potuto passare sotto le forche

caudine dei magistrati milanesi Di Pietro e Colombo sin dal 1993 nell'inchiesta Enimont senza

che costoro, dopo averlo interrogato, non ne abbiano tratto nulla di interessante.

Tanto più che, nello stesso anno, il finanziere Sergio Cagnotti, ora presidente della Lazio Calcio e

all'epoca amministratore delegato di Enimont e amico di Raul Gardini, aveva confessato di aver

ricevuto cinque miliardi dalla Tpl (Tecnologie, Progetti, Lavori) società in apparenza creata per

assegnare consulenze in materia di progettazione ma in realtà una sorta di contenitore occulto di

mazzette che finivano nelle tasche di Necci, presidente delle Fs.

Questa mazzettona, secondo Cagnotti, sarà spartita tra costui, Gardin e Pacini.

Ma i magistrati di Milano, dice lmposimato, invece di confrontare le tesi di Pacini e di Cragnotti,

evitano di procedere.

Nel 1998, i magistrati di Brescia accuseranno Di Pietro di aver omesso di sviluppare le indagini in

questa faccenda. Secondo i pm bresciani, Di Pietro avrebbe favorito Pacini e Necci evitando di

indagare. Ma il gip bresciano Di Martino assolverà Di Pietro per "non aver commesso il fatto".

... "

 

 

 

Picpus se vuoi iniziare una nuova indagine ti consiglio dell'Utri, così vai sul sicuro di beccare un criminale vero ... occupati degli indagati per mafia che stanno dalla parte di quelli che hai contribuito da mettere al goveno invece di cercare di scoprire se magari Di Pietro si è dimenticato di pagare una multa, perchè siamo a quel livello li.

Come vedi non si tratta certo di una multa e la denuncia viene da una personalità di rilievo e di sinistra!!!

Modificato da picpus
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per puro spirito di bontà ti informo che DiPietro è sempre stato assolto dal tribunale di brescia per ogni accusa strampalata o seria che abbia ricevuto per Mani Pulite (mi pare ben 63 procedimenti, sempre assolto)

 

Il fatto che sia di sinistra non è poi una garanzia di affidabilità

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per puro spirito di bontà ti informo che DiPietro è sempre stato assolto dal tribunale di brescia per ogni accusa strampalata o seria che abbia ricevuto per Mani Pulite (mi pare ben 63 procedimenti, sempre assolto)

 

Il fatto che sia di sinistra non è poi una garanzia di affidabilità

1) Del tuo spirito di bontà ne faccio volentieri a meno; tu utilizzalo come meglio ritieni opportuno!

 

2) Che il capo riconosciuto della casta dei magistrati, sia stato assolto da alcuni magistrati, è tutto, fuorché rilevante!

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Strano, la pensavi in un altro modo un tempo

 

http://www.aereimilitari.org/forum/index.p...mp;#entry179542

 

O forse il fatto di essere un fuorilegge cambia a seconda di chi è l'imputato ... :asd:

La penso sempre allo stesso modo, anche se la magistratura italiana è quella dei numerosi e paradossali casi, di cui si parla al topic al link seguente:

 

http://www.aereimilitari.org/forum/index.php?showtopic=8130

 

 

Per non parlare della vicenda, di stretta attualità, relativa allo scontro tra le Procure di Salerno e di Catanzaro, che è sintomatica dello stato attuale della magistratura italiana!

 

 

EDIT

 

 

Peraltro, il mio post da te riportato, si riferiva ad una decisione del massimo organo della magistratura amministrativa (il Consiglio di Stato), che nulla ha a che vedere con la magistratura ordinaria, penale e civile, la cui crisi di credibilità è sotto gli occhi di tutti!

Modificato da picpus
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no quà serve un chiarimento... o per te non hanno valore sentenze/atti e co o hanno valore.

 

Non puoi dire: assolvono DiPietro, quindi non hanno valore, ma la condanna di Travaglio allora si.

Prescrivono Berlusconi e Andreotti , condannano Previti e Dell'Utri e gli altri 40 pregiudicati che ha il PDL in parlamento NON VA BENE, ma se aprono un inchiesta * sui fondi IDV va bene.

 

Solo quando ti fa comodo.

 

Tra l'altro la "guerra di procure" non è esistita, è una storia molto diversa da come il regime mediatico l'ha definita, e di certo l'unica cosa che ha bisogno la magistratura e l'autorità giudiziaria é:

- fondi decenti

- Revisione del codice di procedura penale, per diminuire la durata dei processi e non per allungarli come è stato fatto fin'ora

-Revisione del codice penale per portare alla certezza della pena

-mandare a casa il peggior CSM mai esistito

Non certo le riforme Vetrusconiane

 

 

 

 

 

* completa assoluzione per tutta l'IDV. Dopo, gli atti sui fondi IDV tornarono alla procura che rinvio a giudizio il denunciante per calunnia e falsa testimonianza.

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Ancora?

non è indagato nessuno dell'IDV.

...

L'inizio della fine o, meglio, il crollo di un mito (per alcuni, ovviamente!)!

 

 

Dal link http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...40087girata.asp

 

riporto:

 

16/1/2009 (7:14) - L'INCHIESTA SU MAUTONE

 

I due Di Pietro, il giorno più lungo

 

Indagato il rampollo del leader dell’Idv. Il padre va dai pm: ho chiarito le cose

 

GUIDO RUOTOLO

INVIATO A NAPOLI

 

È indagato, Cristiano Di Pietro. La Procura di Napoli lo ha iscritto per corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio nell’ambito della inchiesta «madre» (il cui esito è allo stato imprevedibile) che riguarda il malaffare gestito dall’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise, Mario Mautone. E’ indagato da tempo il figlio di Tonino, l’ex pm oggi leader di Italia dei Valori, che proprio ieri è stato interrogato per tre ore dal procuratore aggiunto Franco Roberti e dai sostituti D’Onofrio, Falcone e Filippelli. Ai giornalisti, il leader di IdV ha assicurato che nulla sa (o ha chiesto) della posizione del figlio, dichiarandosi «orgoglioso», come cittadino, politico, leader di IdV, di aver dato il suo contributo per «individuare le responsabilità», portando «fatti e circostanze» utili alla lotta «alla corruzione». E’ vero, anche per la procura le dichiarazioni di Di Pietro senior sono state utili a dissipare i dubbi sulla «fuga di notizia» pilotata che lo portò, da ministro per le Infrastrutture (è il luglio del 2007) alla sostituzione di Mautone, richiamato a Roma.

 

Antonio Di Pietro ha spiegato che quando si insediò al ministero istituì una commissione amministrativa che produsse una istruttoria che si concluse con una serie di cambi di poltrone interne. E, dunque, che Mautone finì in quella «lista nera» sulla base della sua inchiesta. Di Pietro ha convinto la Procura che lui non si è fatto ricattare e che, se solo avesse avuto sentore di questo ricatto, avrebbe fatto arrestare i suoi protagonisti. Resta il fatto che Cristiano Di Pietro è indagato, come lo sono altri esponenti politici dell’IdV e di altri partiti, come il senatore di An Gennaro Coronella, nell’ambito della inchiesta «madre» della Procura di Napoli. I reati ipotizzati vanno dalla corruzione all’abuso d’ufficio e alla turbativa d’asta. E’ indagato anche il senatore IdV Nello Di Nardo, che quando Di Pietro era ministro faceva parte della sua segreteria politica. Nel rapporto della Dia, depositato nell’ambito del filone «Global Service», quello di Alfredo Romeo, vi sono accenni a decine di intercettazioni telefoniche e ambientali. Non tutte quelle agli atti dell’inchiesta, naturalmente. Di Nardo parla con Mautone e sponsorizza l’affidamento di incarichi a due architetti: «Mi raccomando, sono due amici di Cristiano ai quali non bisogna far prendere collera...». E già, le raccomandazioni. E non solo.

 

Per esempio l’allora capogruppo al Senato di IdV, Nello Formisano - Mautone ad altri confida: «Il senatore è amico mio» - anche dopo che Di Pietro lo ha fatto fuori, il 3 novembre del 2007 parla con l’ex provveditore di Napoli. Mautone gli ricorda «di non dimenticarsi della situazione di Russo (un dirigente del Provveditorato di Napoli da promuovere, ndr)». Non sono solo le «raccomandazioni» a mettere in difficoltà Cristiano Di Pietro perché, secondo il rapporto degli investigatori, «vi sono suoi interessi anche in alcuni appalti e su alcune forniture». Quando Mautone gli dice che per i lavori per la Chiesa «è arrivata la richiesta dell’impresa “Gentile"», Cristiano commenta: «Perfetto!». Di Pietro junior, il senatore Di Nardo. E poi il sindaco di Recale, Caserta, parlamentare di IdV, Americo Porfidia. Che si scopre essere indagato per camorra. Sembra una maledizione, quella che si è abbattuta sul partito campano di Di Pietro.

 

Molto effervescente e dilaniato da guerre intestine. Che, per esempio, il parlamentare Franco Barbato ha denunciato pubblicamente, chiamando in causa due consiglieri regionali di IdV in odore di contiguità con la camorra. Colpisce, nella lettura delle «carte» della Procura anche l’utilizzazione di Mautone in chiave politica interna. C’è un consigliere regionale della Campania, Francesco Manzi, che scalpita, forse vuole uscire dal gruppo parlamentare regionale. Il cugino del senatore Nello Formisano spiega al provveditore Mautone che proprio il senatore «vuole dare un segnale a quello scemo di Manzi», e dunque che Mautone deve promuovere un sopralluogo nei cantieri per due chiese «i cui lavori stanno a cuore di Manzi».

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Vediamo cosa ne pensa Filippo Facci, degli ultimi sviluppi della vicenda giudiziaria che coinvolge Di Pietro figlio!

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=321192

 

riporto:

 

venerdì 16 gennaio 2009, 07:00

 

TRATTAMENTO DI FAVORE

 

di Filippo Facci

 

L’uomo che è stato interrogato dalla Procura di Napoli, ieri pomeriggio, non era un cittadino qualsiasi: era il perpetuo amico delle toghe, l’ex magistrato a vita, il difensore di ogni pubblico ministero dello Stivale, il politico giustizialista secondo il quale l’inquirente più squilibrato deve comunque «andare avanti» e ovviamente «senza guardare in faccia a nessuno».

Non era un uomo: era un testimonial di categoria e, anche alla luce di passate vicende, senz’altro il cittadino più protetto del Paese. Altrimenti non gli avrebbero riservato un’accoglienza così sontuosa: giornalisti e fotografi, ieri, sono stati allontanati dall’ingresso della procura grazie a una disposizione ad horas del procuratore generale, provvedimento personalizzato e senza precedenti che ha sollevato ovvie proteste da parte di taccuini e telecamere.

Sono stati i cronisti a far notare che l’altro giorno, in occasione dell'interrogatorio di Italo Bocchino, che è solamente vice-capogruppo del Pdl, le cose erano state ben diverse: era mancato solo che i giornalisti fossero fatti entrare direttamente nella stanza dell'interrogatorio. Mentre ora, a protezione, mancavano solo i dobermann: e Di Pietro sembrava lui, quello dei bei tempi; parliamo dell’uomo che aveva «annusato» l'inchiesta napoletana un anno e mezzo prima che fosse resa nota; è l’uomo che a Brescia evitò ogni processo a suo danno (prestiti, Mercedes, case eccetera) incassando una serie di «non luoghi a procedere» che per qualsiasi altro cittadino, statistiche alla mano, si sarebbero tradotti in automatici rinvii a giudizio; è l’uomo che in Tribunale, ambiente suo, vince ogni querela anche se scritta in molisano; è l’uomo che nel periodo di Mani pulite entrava nei negozi preceduto dai mitra spianati della scorta, l’uomo il cui figlio Cristiano, da 22enne, ottenne di fare l’esame di maturità completamente da solo, per «motivi di sicurezza».

Il cittadino più protetto d’Italia, ufficialmente, è stato ascoltato a proposito di quella che in precedenza aveva definito «una grandissima puttanata»: la fuga di notizie, cioè, che a partire dal 29 luglio 2007 l’aveva già messo al corrente che il provveditore delle Opere pubbliche della Campania, Mario Mautone, uomo suo, era indagato a Napoli. Chi era stata la talpa? Querelato e snobbato, il Giornale gliel’aveva chiesto per settimane. Una faccenda «ambigua», scrissero gli investigatori. Ripetiamola per la centesima volta, anche per tutti quei giornali che non l’hanno scritta mai: la Dia ha scritto di circostanza «inquietante» perché Di Pietro e suo figlio, e un po’ tutta l’Italia dei Valori, improvvisamente, smisero di parlare a Mautone come se fosse appestato, cioè indagato; Di Pietro disse che aveva trasferito Mautone a Roma «perché sapevo dell’indagine», poi ha corretto e ha specificato che dell’indagine aveva appreso da agenzie di stampa: e non era vero neanche questo. Poi più nulla, zero, silenzio: sino a una non-spiegazione fornita sulle colonne di Libero per una questione appunto definita «una puttanata mostruosa». Ora chissà se l’arcano sarà stato svelato: non è detto che i magistrati già non sapessero come certe notizie siano uscite dal loro ufficio.

 

Di Pietro, comunque, è stato interrogato per quasi quattro ore, verbalizzazione compresa: ed è uscito con l’aria pur sfatta di chi l’indagine la stava conducendo, più che subendo. È mestiere. Aveva raccontato che si era recato spontaneamente in procura per rendere delle dichiarazioni (mascheratura del fatto che i magistrati avevano convocato lui) e alla fine dell'interrogatorio si è offerto ai giornalisti con lo stile inceppato e burocratico che è tipico dei suoi momenti difficili: «Ho messo in condizione la procura di ricostruire le ragioni per cui Mautone è stato trasferito insieme a decine di funzionari». Traduzione: ha risposto alle domande. Poi: «Non solo io, ma anche altri ministri abbiamo ritenuto di trasferire questi funzionari». E qui è come ai tempi delle inchieste bresciane: ha chiamato in corresponsabiltà più gente possibile (come fece col Pool di Milano, ai tempi) così da relativizzare il proprio ruolo.

Poi i giornalisti gli hanno ripetutamente chiesto di Cristiano, il figliolo, il consigliere provinciale che raccomandava i suoi amici al provveditore Mautone. E c’è da tradurre anche qui: «Non vogliamo ci sia alcuna riserva per parenti, figli compresi, e esponenti di partito», ha detto Di Pietro.

Significa, se vi fidate, che Cristiano è indagato. «I magistrati non mi hanno detto null’altro, di quello che lo riguarda». Significa: è indagato, ma non sarò io a dirvelo. Provvediamo noi. Povero ragazzo.

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Ci si avvia, trionfalmente :adorazione: , verso la dissoluzione dell'Armata Brancaleone dell'ex-Inquisitore del Sant'Uffizio!!! :rotfl:

 

Dal link http://www.loccidentale.it/articolo/i+topi...+tonino.0064946

 

riporto:

 

L'uovo di giornata

 

I naufraghi della nave di Tonino

 

21 Gennaio 2009

 

Fa notizia se l’unico consigliere comunale dell’Italia dei Valori di Roma lascia Di Pietro per approdare tra le braccia di Alemanno? In teoria no, visto che si tratta di episodi locali, al massimo da destinare alle pagine di cronaca. Una piccola notizia solo se affrontata in maniera superficiale. In pratica quanto accaduto potrebbe dare il “la” a qualcosa di più grande. Questo perché il tutto succede a Roma, città che meglio di altre rappresenta quel laboratorio politico italiano citato ad ogni occasione buona. E questa è una di quelle. E’ Roma il terreno dal quale partono segnali che non si possono sottovalutare.

 

All’ombra del Colosseo avvenne lo sdoganamento di Fini, da qui si costruì la candidatura di Rutelli alla Presidenza del Consiglio, fu proprio partendo dal Campidoglio che Veltroni ha tentato la scalata a Palazzo Chigi. Questo consigliere comunale si chiama Gilberto Casciani, uno che a forza di fare politica a livello territoriali è invecchiato. Non è quindi un pivellino. Torna in mente quindi la storiella del topolino pronto ad abbandonare la nave prima che affondi. D’altronde siamo nella città dei Palazzi e certe cose si percepiscono prima che a Montenero di Bisaccia.

 

Insieme al valoroso Casciani abbandonano l’’Idv anche una piccola truppa di consiglieri impegnati nei municipi e il vice segretario della Federazione Romana. Tutti stufi a quanto pare di tradurre la loro azione politica in mera“ raccolta di firme referendarie”. A Roma, l’Italia dei Valori sta andando in frantumi. Un terremoto, piccolo quanto volete, ma indicativo, molto indicativo sul pessimo momento che vive il partito dell’ex Pm, ed infatti, se alla perdita del piccolo plotone romano ci si aggiungono le ambiguità del patrimonio immobiliare di Tonino, le ombre sui rapporti con l’ex provveditore Mautone e il discutibile operato del figliolo, il risultato è un calo elettorale di circa due punti, come è emerso dagli ultimi sondaggi.

 

A forza di seminare zizzania antiberlusconiana ecco spuntare nel campo di Tonino della gramigna frutto delle sue malefatte. Ora, considerata la sfrenata passione per l’agricoltura, la semina e i raccolti, a di Pietro non resta che montare sul suo trattore ormai scarburato e dare inizio a questa raccolta molto particolare. Ne avrà di cascine da riempire.

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Dal link http://www.affaritaliani.it/politica/di-pi...lori210109.html

 

riporto:

 

Tu quoque Italia dei Valori?

 

Sabato 24.01.2009 10:09

 

Di Matteo Lazzaro

 

 

E' dal 1992 che l'Italia ha smesso di stupirsi in modo sincero delle inchieste che vedono coinvolti politici ma quanto sta accadendo a Napoli in questi giorni ha qualcosa di diverso rispetto alla prassi. L'inchiesta condotta dalla Procura partenopea sembra destinata ad allargarsi a macchia d'olio e come nella migliore tradizione giudiziaria i suoi confini stanno giungendo ben al di là del capoluogo campano per irrompere nel cuore del potere: i palazzi romani.

 

Chi sta risultando peggiormente colpito da questa bufera giudiziaria non è certamente la giunta Iervolino la cui credibilità si era volatilizzata ben prima delle indagini con la vergognosa questione dei rifiuti della scorsa estate, ma bensì il partito dell'ex pm Antonio Di Pietro, l'Italia dei Valori, che dall'inchiesta Global Service sta uscendo macchiato da quelli che per ora sono sospetti ma che agli occhi dell'elettorato potrebbero suonare come sentenze.

Il primo nome a venire alla ribalta è stato quello di Cristiano, figlio del segretario dell'Idv, che appresa la notizia e con un gesto di coerenza ha lasciato il partito paterno, ma non la poltrona di consigliere provinciale.

 

A seguire Di Pietro jr nell'iscrizione al registro degli indagati altri tre esponenti di spicco del medesimo partito: il deputato Americo Porfodia (uscito dall'Idv e approdato dopo le accuse nel gruppo misto) e due nuove entrate: il senatore Nello Di Nardo e il deputato Nello Formisano. Le indagini si svolgono nel contesto dei presunti appalti pilotati a favore dell'imprenditore napoletano Alfredo Romeo e da quanto si è appreso dalla stampa e dalle intercettazioni rese note tre degli indagati, Di Pietro, Di Nardo e Formisano avrebbero fatto pressioni all'ex Provveditore ai lavori pubblici di Napoli Mario Mautone per l'assegnazione di incarichi di diverso titolo a persone di fiducia. Favori che a quanto pare venivano ricambiati a Mautone sistemando, tramite Formisano, persone di sua indicazione all'interno del Ministero delle infrastrutture nel precedente esecutivo il cui dicastero era retto proprio da Antonio Di Pietro.

 

La questione è una patata molto bollente per l'ex pm che rischia di vedere vanificato il lavoro di opposizione dura e intransigente proprio mentre questo stava per dare i suoi frutti in termini elettorali. La storico risultato in Abruzzo alle ultime regionali e i sondaggi che danno l'Idv in "pole position" per le elezioni europee rischiano di subire un ridimensionamento, anche in presenza di un elettorato, quello "dipietrino", decisamente sensibile alle questioni relative a giustizia, corruzione e clientelismo.

 

Si tratta solo di indagini e nel nostro ordinamento vige il principio della presunzione di non colpevolezza per cui un indagato non è ritenuto colpevole se non dopo una sentenza. Il problema però non è solo di colpevolezza o innocenza, il problema rischia di diventare una specie di questione morale interna alla stessa Italia dei valori e del resto le intercettazioni lasciano poco margine a fraintendimenti. L'impostazione del partito, gli slogan, il passato da magistrato del leader e il necessario giustizialismo (più o meno esplicito) di chi si è votato a non fare nessuna concessione al governo in nome del conflitto d'interessi rischiano di trasformarsi in un boomerang pesantissimo da incassare. Anche il tempismo della vicenda non gioca a favore dell'ex magistrato: accade proprio nel momento in cui la credibilità diventa ingrediente necessario per trasformare una forza politica di dimensioni modeste in un partito veramente importante a livello nazionale, succede tutto alle porte di elezioni europee importanti per definire meglio le posizioni di forza nell'arena politica.

 

L'unica carta che potrebbe permettere a Di Pietro di "cadere in piedi" è quella delle dimissioni; non le sue ovviamente ma quelle degli indagati, se non dagli incarichi politici perlomeno dal quel partito che per "codice genetico" certe leggerezze proprio non se le può concedere. Dimissioni non consigliate o lasciate all'arbitrio degli interessati, ma imposte dal vertice come soluzione di polso indispensabile per non insospettire un elettorato che mai come oggi pretende decisioni forti. Se così non sarà la sentenza spetterà certamente ai votanti e con buona pace sia dell'Italia che dei valori la pena, a lungo andare, potrebbe essere il ritorno nel limbo del 2%.

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  • 1 mese dopo...

Oggi, chissà come e perché, mi va di ripescare vecchi topic!!! :asd:

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=333113

 

riporto:

 

mercoledì 04 marzo 2009

 

Di Pietro finge d’indignarsi ma è il "re dello scrocco"

di Filippo Facci

 

«C'è bisogno di interventi di buoncostume!». Eh? «Questa è la vera vergogna italiana!». Ma chi è che urla? «Così si dà il cattivo esempio, ed è chiaro che poi diventano tutti bulli!». Ma che succede? Che bulli? «Con i bulli che abbiamo in Parlamento e al governo, così succede!». Ah, è Di Pietro.

 

Tranquilli. È normale. I punti esclamativi li abbiamo aggiunti noi, il resto corrisponde a una dichiarazione rilasciata ieri dal leader dell'Italia di se stesso: una delle tante snocciolate ogni giorno nella speranza che i giornali ne riportino almeno una. Ieri la schermata del computer ne riportava una su Angelo Rizzoli che dovrebbe «accendere un cero a Silvio», una sulla legge elettorale «che è schifosa e va cancellata», una su «i ricchi che non pagano le tasse», una che diceva «i politici condannati non devono essere ricandidati», una «Berlusconi ha scelto l'impunità invece che la lotta al crimine», e ancora «L'Italia dei valori non vuole crescere sulle spalle del Pd», «bisogna far chiarezza sull'archivio Genchi», «il governo invece di affrontare la crisi opera per limitare i diritti dei lavoratori». Neppure una parola sulle balene spiaggiate in Tasmania.

 

Una, comunque, sui giornali è passata: è quella dei bulli. Sarebbero i parlamentari che hanno visto ribassarsi del 20 per cento i prezzi del bar e del ristorante del Senato. Ora il caffè costa 42 centesimi, un tramezzino ne costa 96 e un piatto di tortellini è passato da 1,80 a 1,50: da qui l'uscita su quei bulli che stanno in Parlamento. Perché proprio i bulli? È una delle tecniche minimal usate da Di Pietro per rastrellare presunti consensi; si sarà chiesto: chi è incazzato oggi? E avrà pensato che lo fossero le mamme degli scolari che hanno rimediato il 5 in condotta. Lettura: mamme, i bulli sono loro, vota Idv alle Europee. L'avrà pensato scofanandosi panini alla buvette del Senato come fa sempre, vincendo la ripugnanza per quei prezzi oltraggiosi. I questori hanno detto che il ribasso dei prezzi non incide sulle casse pubbliche, perché è dovuto all'unificazione dell'appalto per bar e ristorante. C'è semplicemente un nuovo gestore che fa prezzi più bassi: ma spiegaglielo a quello lì, che intanto avrà già fatto nuove dichiarazioni sugli infortuni di Kakà e sulla guerra civile in Angola.

Stiamo parlando, non dimentichiamolo, del principe della rendita, il sovrano dello sbafo, l'imperatore dello scrocco. Che scandalo la buvette del Senato: poi eccolo lì che s'ingolfa. Che scandalo mio figlio che chiede favori a Mautone: però non dimetterti dal Consiglio provinciale e dallo stipendio, figliolo. Che scandalo le pensioni dei parlamentari: poi scopri che il suo carnet previdenziale ne fa titolare di almeno tre pensioni, ovviamente tutte statali, perché Di Pietro con il privato non ha lavorato mai. Dal 1979 segretario comunale nel Comasco, dal 1980 vicecommissario di Polizia, dal 1981 magistrato dimessosi non appena maturata la nomina in Appello, nel 1995, così che la pensione fosse più alta. Poi europarlamentare. Poi parlamentare. E quando non lo elessero, tipo il 2001, ecco il suo pensiero: «Quell’estate, i partiti fanno una legge davvero sporca: riconoscono il diritto ad avere il rimborso elettorale anche ai partiti che nel 2001 non avevano raggiunto il quattro per cento, ma avevano superato il due per cento. Dovevano dare una mano ai tanti partitini, che avevano allevato all’interno delle loro coalizioni, che si erano indebitati fino al collo. L’Italia dei valori, che non si era alleata con nessuno, conoscendo i propri limiti, aveva fatto una campagna elettorale oculata e all’insegna del risparmio, pagandola con una fideiussione bancaria personale, mia e di altri candidati». Parole sue nel libro Il guastafeste. Dettaglio: i soldi della legge sporca, cinque miliardi di lire, poi li prese lo stesso. Li mise nella cassa centrale, non li diede ai candidati che si erano autofinanziati: così pure, oggi, la periferia del Partito è interamente autofinanziata e dalla cassa non vede un soldo. Ma poi: di chi stiamo parlando? Dobbiamo ripeterlo ancora? Di quello che da Giancarlo Gorrini scroccò cento milioni, una Mercedes sottocosto poi rivenduta, pratiche legali per la moglie, ombrelli, agende, penne e cartolame, stock di calzettoni al ginocchio, viaggi in jet privato, impiego del figlio. Di quello che da Antonio D'Adamo scroccò cento milioni, periodiche buste di contanti, Lancia Dedra per sé e la moglie, utilizzo di garçonnière dietro piazza Duomo, utilizzo di suite al Mayfair di Roma, vestiario di lusso, telefono cellulare per sé, altro telefono cellulare, biglietti aerei, appartamento per il suo collaboratore, consulenze legali per la moglie, una libreria, senza contare la casa dietro piazza della Scala elargita dal Fondo pensioni Cariplo. Di chi stiamo parlando? Ah, è Di Pietro. Tranquilli. È normale.

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  • 2 settimane dopo...

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=337553

 

riporto:

 

venerdì 20 marzo 2009

 

I diktat di Tonino che Tonino non rispetta

di Filippo Facci

 

Luigi De Magistris è quello che è: ma Di Pietro? Il problema è sempre lui, chi la candidatura l’ha proposta: un omone che ha sullo stomaco il pelo di King Kong ed è pronto a cavalcare qualsiasi piagnonismo che possa nascere da una disperazione vera o presunta. L’altro ieri l’omone era nelle Marche già in campagna elettorale (lo è sempre) e si accompagnava a quel pover uomo di un Salvatore Borsellino, secondo il quale a De Magistris «hanno fatto peggio che a mio fratello» mentre la Seconda Repubblica «è nata sulle stragi del ’93 e su accordi occulti». Alle scorse politiche, per dire, incassato un primo no attendista di Luigi De Magistris, Di Pietro aveva ripiegato su una delle madri di Rignano Flaminio, un’arroventata accusatrice stagliatasi in quel tripudio forcaiolo di linciaggi, facilonerie investigative, intercettazioni, fiaccolate, comitati e psicologi da talk show: e chi se ne frega se financo la Cassazione aveva spiegato che contro le maestre non c’erano neppure indizi: quelli, appunto, non c’erano neppure per le indagini di De Magistris. Poi ci sarebbe da interrogarsi anche su altri candidati, dalla visionaria Sonia Alfano al collega Carlo Vulpio, l’unico giornalista della storia italiana ad aver lamentato censure e vessazioni padronali senza esser stato però mai difeso dal cdr del Corriere, che nel caso difenderebbe anche Josef Fritzl. Detto questo, e posto che il partito di Antonio Di Pietro dice fondarsi su valori e moralità, vediamo che cosa ne è rimasto.

 

1) Di Pietro diceva che non avrebbe mai candidato inquisiti pur modulandosi secondo circostanza: no agli inquisiti, anzi, no ai rinviati a giudizio, anzi, solo ai condannati, ma no, anche gli inquisiti, eccetera. Luigi De Magistris è inquisito, punto: Di Pietro lo sapeva benissimo e ha annunciato con anticipo la sua candidatura per far paventare come una conseguenza ciò che pure era dovuto e inevitabile. Che Di Pietro potesse non sapere è impensabile: si parla dell’uomo che a partire dal 29 luglio 2007 risultava già informato che il provveditore Mario Mautone, uomo suo, sarebbe finito nei guai un anno dopo a Napoli. Va detto che di inquisiti, ormai, nell’Italia dei valori ce n’è più d’uno: a cominciare dal figliolo, Cristiano, che pure continua a prendere uno stipendio per niente morale, più gli altri.

 

2) Di Pietro diceva, per bene che andasse, che i condannati anche in primo grado dovevano lasciare il Parlamento, figurarsi quella passati in giudicato: in qualsiasi caso non ci avrebbe mai avuto a che fare. Ecco perché deve ancora spiegarci come mai, per il senatore della Margherita Enzo Carra, condannato oltretutto grazie a lui, abbia fatto eccezione. Di passaggio, ora che per le amministrative si è alleato con le liste di Grillo, potrà anche spiegare se le condanne inflitte al comico (diffamazione e omicidio colposo plurimo) siano compatibili col suo slancio etico.

 

3) Di Pietro diceva che un politico non deve candidarsi per più di due mandati: lo si legge al punto 7 del suo programma, seconda riga: «Limitazione dell’elezione a parlamentare per massimo due legislature». Perfetto: Di Pietro ne ha già accumulati personalmente cinque, di mandati. A meno che per mandati intendesse legislature intere di cinque 5 anni: ma non cambia niente, perché lui in politica dal 1997, e fanno 12 anni. A proposito, e Leoluca Orlando? E il raffinato intellettuale Pino Pisicchio?

 

4) Di Pietro diceva e ha detto, in ogni circostanza, che occorre rispettare sempre e comunque le decisioni della magistratura: però è stata proprio la magistratura in tutti i gradi possibili ad aver disconosciuto tecnicamente oltreché deontologicamente l’operato del suo candidato De Magistris: Csm, Cassazione, gip, gup, procuratori aggiunti, procuratori capi, giudici, Associazione magistrati, anche un certo capo dello Stato. Questo a ogni livello. Senza contare che l’inchiesta più pompata di tutte, la demenziale «Why not», quella dei contatti dell’imprenditore Saladino, annovera tra i famigerati contatti anche quelli con un certo Di Pietro più altri due esponenti dell’Italia dei valori. I due si videro e frequentarono. Che ha da dire De Magistris?

 

5) Di Pietro dice cose terribili contro la Casta e i suoi privilegi, ma vediamo lui: ha cooptato la famiglia in politica, ha il figlio indagato, la moglie in tesoreria e il cognato in Parlamento. Ricordiamo che il partito appartiene a lui per statuto (anche i finanziamenti pubblici) laddove si prevede che lui, presidente, non possa decadere mai come neppure Chavez in Venezuela. Poi: lui, ex poliziotto e dipendente comunale e ministeriale, è andato in pensione dopo 13 anni scarsi da magistrato e ora denota un carnet previdenziale che lo farà titolare della somma o dell’incrocio di tre pensioni. Tanti che continuano a macerarsi sul perché Di Pietro decise di dimettersi proprio nel dicembre 1994 (in realtà, formalmente, maggio 1995) seguitano a ignorare che il 14 ottobre precedente, dopo averla celermente chiesta, aveva ottenuto la nomina a magistrato d’Appello che gli permise di elevare la soglia di pensione minima. Poi c’è stata la pensione da europarlamentare, giacché si fece eleggere una seconda volta, e ora attende la terza, così che l’europensione non languisse. In definitiva: a partire dai finanziamenti pubblici, definiti «porcata» e tuttavia incassati personalmente anche nel 2001 quando pure non fu eletto, resta da conoscere anche solo un privilegio a cui Di Pietro abbia rinunciato.

 

6) Perché, serve altro?

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riprendo questo thread pieno secondo me di articoli-spazzatura solo per segnalare che il buon Facci, visto che la sua pagina su wiki è stata corretto (non è vero che ha sempre vinto in tribunale contro DiPietro, primi post) ha minacciato Wiki di denuncia la quale ha oscurato la pagina.

 

Se andate su http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Facci la pagina è oscurata, ma si sa da quelle parti la censura è una virtù e, in conseguenza, la libertà una cosa negativa.

 

Filippo Facci

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 

 

Questa pagina è protetta

Attenzione: questa pagina è stata oscurata e bloccata a scopo cautelativo a seguito di minaccia di azioni legali contro i redattori della voce e/o Wikimedia. Verrà eventualmente ripristinata alla fine della vicenda che la riguarda.

 

1194983714761092458lucchetto_ottone_archite_01.svg.hi.png

Modificato da Leviathan
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1) Se hanno oscurato la pagina, evidentemente, Facci, con la sua minaccia di azione legale ha colto nel segno e Wikipedia si vuol parare il c***!!!

 

Saranno c**** amari per chi ha corretto la pagina!!!

 

 

2) Se quelli inseriti in questo topic fossero articoli-spazzatura, qualcuno sarebbe in grado di smontarli!

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mi basterebbe confrontare l'ultimo articolo con il nuovo statuto IDV ma ha poco senso se ogni articolo contro Di Pietro che trovi nel WEB lo posti qui in continuazione, e non ho tutto questo tempo da perdere quindi preferisco lasciarti solo nelle tue campagna d'odio (ma non erano l'italia dell'amore :rotfl: :rotfl: ?)

 

Faccio solo n esempio

Di passaggio, ora che per le amministrative si è alleato con le liste di Grillo, potrà anche spiegare se le condanne inflitte al comico (diffamazione e omicidio colposo plurimo) siano compatibili col suo slancio etico.

E in quale e quanti comuni sono alleati? Tenendo conto che Grillo le organizza ma non si candida da nessuna parte!

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mi basterebbe confrontare l'ultimo articolo con il nuovo statuto IDV ma ha poco senso se ogni articolo contro Di Pietro che trovi nel WEB lo posti qui in continuazione, e non ho tutto questo tempo da perdere quindi preferisco lasciarti solo nelle tue campagna d'odio (ma non erano l'italia dell'amore :rotfl: :rotfl: ?)

 

Faccio solo n esempio

 

E in quale e quanti comuni sono alleati? Tenendo conto che Grillo le organizza ma non si candida da nessuna parte!

 

non so se è stato scritto su questo post ma Facci ha scritto un'autobiografia non autorizzata su di pietro.

per quel libro non ha ricevuto denunce (se non da lucibello per un appellativo a suo parere troppo ridicolo)

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non so se è stato scritto su questo post ma Facci ha scritto un'autobiografia non autorizzata su di pietro.

per quel libro non ha ricevuto denunce (se non da lucibello per un appellativo a suo parere troppo ridicolo)

 

Ma ora, visto che il mèchato naturale ci tiene tanto, mi corre l’obbligo di rinfrescargli la memoria. Il suo casellario giudiziale non riporta “un modesto risarcimento”. Riporta una condanna penale definitiva per il reato di diffamazione per il libro “Di Pietro, biografia non autorizzata” (Mondadori), a 500 mila lire di multa e 10 milioni di provvisionale, più le spese, decisa dalla Cassazione il 20 novembre 2002. Dunque il Facci che l’altro giorno mi dava del “pregiudicato” (falsamente: la mia condanna è solo in primo grado) è, lui sì, un pregiudicato. Quanto al “modesto risarcimento”, Facci non pagò i 25 milioni di provvisionale inflittigli in primo grado, anzi scrisse sul Foglio che li avrebbe spesi “in droga, orge, donne, financo uomini, piuttosto che darli a Lucibello”. Così si vide pignorare pure il Bancomat. E, nella successiva causa civile persa in primo grado, dovette pagare (lui o, più probabilmente la Mondadori, cioè Berlusconi) altri 50 mila euro all’avvocato diffamato, più 10 mila di spese legali e riparazione pecuniaria. Alla faccia del “modesto risarcimento”.

 

secondo post di questa discussione...

(dove in pratica scrive solo qualcuno)

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Ma ora, visto che il mèchato naturale ci tiene tanto, mi corre l’obbligo di rinfrescargli la memoria. Il suo casellario giudiziale non riporta “un modesto risarcimento”. Riporta una condanna penale definitiva per il reato di diffamazione per il libro “Di Pietro, biografia non autorizzata” (Mondadori), a 500 mila lire di multa e 10 milioni di provvisionale, più le spese, decisa dalla Cassazione il 20 novembre 2002. Dunque il Facci che l’altro giorno mi dava del “pregiudicato” (falsamente: la mia condanna è solo in primo grado) è, lui sì, un pregiudicato. Quanto al “modesto risarcimento”, Facci non pagò i 25 milioni di provvisionale inflittigli in primo grado, anzi scrisse sul Foglio che li avrebbe spesi “in droga, orge, donne, financo uomini, piuttosto che darli a Lucibello”. Così si vide pignorare pure il Bancomat. E, nella successiva causa civile persa in primo grado, dovette pagare (lui o, più probabilmente la Mondadori, cioè Berlusconi) altri 50 mila euro all’avvocato diffamato, più 10 mila di spese legali e riparazione pecuniaria. Alla faccia del “modesto risarcimento”.

 

secondo post di questa discussione...

(dove in pratica scrive solo qualcuno)

 

immagino che l'autore sia travaglio...

ad ogni modo...

...Il libro non fu mai querelato da Di Pietro (che pure mi querelò in

moltissime altre occasioni) nonostante lui l'avesse più volte annunciato.

Ho avuto una sola querela dall'avvocato Giuseppe Lucibello in virtù della

comica descrizione che ne ho fatto. La Mondadori gli diede 30 milioni.

 

io non sono nella condizione di controllare il casellario giudiziaro di Facci.

onestamente ho anche colto in fallo travaglio almeno 4 volte e dunque...

 

per dirla con una metafora: siamo ai piedi del fico

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  • 1 mese dopo...

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=350661

 

riporto:

 

mercoledì 13 maggio 2009, 07:00

 

Idv, in arrivo un’altra pioggia di milioni Finiranno di nuovo nelle sue tasche?

di Redazione

 

Ma a chi vanno i milioni dei rimborsi elettorali che spettano all’Idv? La domanda è ancora la stessa e riguarda le famose (e fumose) vicende dell’«Associazione» Idv (e dei suoi conti bancari, dove sono confluiti i fondi pubblici) ben distinta dal «movimento politico» dell’Idv (quello che elegge i parlamentari). Domanda che torniamo a fare perché un chiarimento vero non c’è stato e poi perché abbiamo dato un’occhiata al calendario. Sta infatti per arrivare una cascata di soldi pubblici nelle casse del partito di Di Pietro (e, beninteso, di tutti i partiti) entro due mesi circa.

 

Il prossimo 31 luglio è la scadenza entro cui le tesorerie di Camera e Senato effettueranno un bonifico a molti zeri per «rimborsare» (ovvero per finanziare) l’Idv e gli altri partiti in ragione di tre distinte voci: i soldi per le elezioni europee, i soldi per l’attuale legislatura e poi (sembra assurdo ma è così) quelli per la legislatura precedente. Sì, quella finita l’anno scorso: la paghiamo ancora, e grazie a una modifica legislativa del 2006, continueremo a pagarla per altri quattro anni, fino alla fine, come se il governo Prodi fosse vivo e vegeto. Miracoli della Casta. In sostanza dunque paghiamo l’Idv (e gli altri partiti) come se lavorassero il doppio, una legislatura al prezzo di due. Un mucchio di soldi. Per questo è il caso di tornare alla vicenda che riguarda l’Idv e lo sdoppiamento tra associazione e partito rispetto ai finanziamenti pubblici.

 

Di Pietro dirà: ma che c’azzecca, ho già spiegato tutto. In realtà il presidente dell’Idv è ancora in debito di chiarimenti. Dopo che il Giornale sollevò la questione a gennaio (e solo dopo l’inchiesta) Di Pietro si sentì in dovere di rispondere (a Libero, non a noi) e di modificare lo statuto del partito per togliere ogni dubbio su dove finissero i soldi del rimborso elettorale. In quell’occasione il leader parlò dell’atto notarile che sanciva la modifica statutaria. Ma quell’atto non è mai stato reso pubblico, mentre sul sito internet compare solo una copia in pdf del nuovo statuto. Eppure i dubbi potrebbero essere sciolti solo dalla lettura dell’atto depositato da un notaio di Bergamo. Chi dell’Idv ha firmato quell’atto? In altre parole, le modifiche allo statuto del partito da chi sono state approvate? Da un organo del partito o sempre dai membri dell’Associazione Idv, distinta dal partito? Risposte che solo il documento notarile potrebbe svelare.

 

Non avendo le carte e ragionando solo per supposizioni, se è vero come è vero (direbbe Di Pietro) che la modifica è stata fatta il 9 gennaio, si affaccia subito qualche dubbio. Primo: il vecchio statuto prevede che le modifiche statutarie possano essere fatte (art. 4) solo dall’«Assemblea dei soci» dell’Associazione. Ma da chi era composta l’Assemblea dei soci? Da tre persone: Di Pietro, l’onorevole Silvana Mura e Susanna Mazzoleni, moglie di Di Pietro. È dunque ipotizzabile che la modifica allo statuto dell’Idv, per sanare il dualismo tra associazione e partito e spogliare l’associazione del potere di approvare i rendiconti, sia stata fatta dall’associazione di famiglia? Se così fosse, obietta l’avvocato Francesco Paola, legale del Cantiere di Occhetto, Veltri e Giulietto Chiesa (in causa con Di Pietro), l’atto «non avrebbe evidentemente nessun valore giuridico per il partito». Un rompicapo, un gioco di scatole cinesi con molte ombre. Per capirci, è come se Franceschini, sua moglie e un altro esponente del Pd scrivessero a casa loro lo statuto del Partito democratico. Qualcuno avrebbe certamente da obiettare, nell’Idv invece no.

 

Diverso però sarebbe se quella modifica fosse stata firmata da un organo del partito, da un’assemblea degli iscritti, insomma da qualche organismo che non coincida con l’associazione. Anche qui servirebbe l’atto del notaio per sapere come stanno le cose (e sarebbe gentile Di Pietro se volesse fornirlo per chiarire una volta per tutte questo punto). Ma se si ragiona ancora per supposizioni arrivano altri dubbi. Perché nel giro di sette giorni, dal 2 al 9 gennaio (dalla pubblicazione del nostro articolo alla modifica statutaria) è difficile che Di Pietro abbia radunato un’assemblea di iscritti per deliberare le modifiche. Più probabile che la cosa sia stata risolta «in casa». Tanto è vero che è lo stesso Di Pietro, nella risposta di allora, a dire «ho oggi stesso disposto la modifica dello Statuto», parlando in prima persona. In sintesi: Di Pietro ha fatto da solo una modifica allo statuto per «dimostrare» che il partito non è cosa sua? Se così fosse, somiglierebbe a una contraddizione in termini...

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Evvai, altra sentenza ... altro risarcimento! :rotfl: :rotfl: :rotfl:

 

Filippo Facci condannato per diffamazione

Il giudice Geo Orlandini del Tribunale civile di Brescia ha condannato per diffamazione la Società europea di edizioni (proprietaria del quotidiano Il Giornale) Maurizio Belpietro (all’epoca direttore) e Filippo Facci (autore della diffamazione) a 50 mila euro di risarcimento nei confronti di Alfredo Robledo, Sostituto procuratore al Tribunale di Milano.

Nella sentenza si legge che il giudice “accerta la natura diffamatoria ai danni del dott. Alfredo Robledo, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, dell’articolo a firma di Filippo Facci dal titolo “Gli ultimi saranno gli ultimi” pubblicato in data 18/02/2006 sul quotidiano “Il giornale”.

 

Filippo Facci dovrà pagare a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12 legge 47/48 10 mila euro e in solido con i convenuti a rifondere le spese processuali per 9.500 euro, oltre al rimborso forfettario ex art. 15 ed accessori di legge.

Il giudice obbliga che la sentenza sia pubblicata una volta a caratteri doppi del normale, sulla pagina de “Il giornale” che ospita la cronaca giudiziaria, nonché sui quotidiani “La Repubblica” e “Corriere della sera” entro 60 giorni dalla comunicazione con addebito ai convenuti predetti delle relative spese.

La sentenza è stata emessa il 20 febbraio scorso. Il Corriere l’ha pubblicata soltanto ieri 14 maggio. Dopo che di giorni ne sono passati 82.

 

Non so se quei soldi li pagherà di tasca propria Filippo Facci o per lui Paolo Berlusconi, proprietario del Giornale. Certo è che anche negli anni 2000 diffamare o calunniare, come recitava uno degli 11 princìpi del propagandista nazista Joseph Goebbels, degli anni ‘30 “qualcosa resterà.”

Filippo Facci è uno di quelli che ha le spalle al muro. Per i suoi padroni risarcire i calunniati e i diffamati come Antonio Di Pietro è comunque un investimento. Soprattutto in campagna elettorale perché quel “qualcosa che resterà” è proprio la confusione che l’italiano medio televisionaro e disinformato ha, nell’associare tutti i personaggi della politica sullo stesso piano. Votando spesso i partiti di Berlusconi.

Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale citati nell’articolo diffamatorio su commissione erano i pm che avevano chiesto il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi per corruzione in atti giudiziari nei confronti di David Mills, quest’ultimo guarda caso, condannato a 4 anni e mezzo di galera. Unico corrotto della storia giudiziaria mondiale che paga senza corruttore (Silvio Berlusconi). Filippo Facci, nel suo appunto in prima pagina a libro paga di Berlusconi, aveva dipinto i 2 magistrati tipi di cui non fidarsi. Pensa un po’ che bufala!

 

Del resto le frasi diffamatorie di Filippo Facci ai danni di persone incensurate o comunque oneste non si contano più. Tanto per ricordarne alcune, Filippo Facci è quello che sulle prime pagine del Giornale ha recentemente dato dell’animoso coglio*e a Marco Travaglio, dell’eccentrico pederasta a Gianni Vattimo ed è colui che ha intimato ai redattori di Wikipedia di oscurare la sua pagina personale sotto la minaccia di denunce.

 

Evidentemente troppo onesto e coerente il Facci. Lo stesso che da giovane cronista d’assalto attaccava i politici disinvolti - per non dire ladri - sulle colonne di un giornale locale. Un talento venduto all’ortodossia craxiana che nei primi anni ‘90, spinto da opportunismo e voglia di emergere, lo trasformarono in confidente habitué del latitante socialista nella sua villa di Hammamet. La sua mossa vincente assieme al dare addosso al pool di Mani pulite e a tutta la magistratura, perché resero il Filippo Facci odierno con le mèche l’attendente ideale da traghettare nello spoils system del piduista.

Vita, notorietà e guadagni da quegli anni cambiarono per Facci. Dalla fame alle diffamazioni. Che progresso!

Modificato da typhoon
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