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L'attacco a Panama.


Kometone

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Oh che bello inauguro io la sezione B-)

 

Questo articolo l'avevo già pubblicato sul forum italiano di Ubisoft, ma lo ripropongo qui. Esso è tratto dai vecchi volumi "La storia illustrata".

 

Estate 1943. L’AMT VI (sezione per il servizio informazioni all’estero dell’RSHA, l’ufficio principale di sicurezza del Terzo Reich) è anelante di effettuare un colpo grosso. Un colpo tale da far invidia a quelli dell’Abwehr, il servizio segreto dell’Alto Comando germanico, e da scuotere il prestigio dell’ammiraglio Canaris che lo dirige. L’RSHA è una creazione di Heydrich, ucciso a Praga dai partigiani cecoslovacchi. Ora l’intera organizzazione è diretta da Ernst Kaltenbrunner, un uomo rozzo e collerico che a differenza di Heydrich non può in alcun modo impensierire il potente capo della Polizia di Stato e delle SS, Himmler. Quanto all’AMT VI la sezione opera agli ordini di Walter Schellenberg. In questo ambiente prende corpo l’”Operazione Pellicano”, una delle più ardite imprese studiate durante il secondo conflitto mondiale: l’attacco al canale di Panama. Un colpo di mano mirante a conquistare Gibilterra si è appena concluso con un fiasco solenne; occorre far presto con “Pellicano” per sbalordire il mondo, e soprattutto, per sbalordire Hitler. Schellenberg viene mobilitato da Himmler, ed è lui a trovare l’uomo che fa al caso: è Erich Gimpel, sfortunato protagonista, più tardi, dell’”Operazione Elster”, messa in atto per carpire agli Stati Uniti i segreti nucleari del “Progetto Manatthan”. Una missione, “Elster”, che porterà Gimpel, sbarcato da un U-boot sulle coste statunitensi, a due passi dalla sedia elettrica.

 

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L’elemento prescelto per “Pellicano” sa il fatto suo. È vissuto per molti anni in Perù, conosce bene il Sud america, ha attraversato più volte il canale di Panama (quando già lavorava per l’Abwehr), è soprattutto “inquadrato” da tempo nell’AMT VI dove ha reso preziosi servigi. Ma quando gli spiegano l’obiettivo, Gimpel si sente drizzare i capelli in testa. Attaccare Panama? Ma è un’impresa pazzesca! Ma in poco tempo egli si rende conto di quanto potente sia diventata l’RSHA e soprattutto la sua sezione esteri. Può infatti iniziare un’accurata preparazione segreta nella quale vengono progressivamente coinvolte la marina e l’aviazione, senza che nessuno, né alla Kriegsmarine né alla Luftwaffe, sospetti minimamente la natura delle esorbitanti richieste di Gimpel. Lo stesso Doenitz, interpellato sui retroscena dell’”Operazione Pellicano”, ha francamente confessato di non averne mai saputo niente per il semplice motivo che egli fu messo da parte. Gimpel, come vedremo, potrà disporre a suo piacimento di denaro, sommergibili, aerei e uomini senza mai doverne rendere conto a nessuno del suo operato. Intoppi burocratici e difficoltà d’ogni genere saranno superati come per incanto. Ma per far saltare le chiuse di Panama (è questo l’obiettivo originale) e rendere inutilizzabile la via d’acqua per le squadre navali alleate, occorre trovare qualcuno che conosca a fondo la struttura del canale. Gimpel rintraccia l’uomo giusto: l’ingegner Hubrich di Breslavia che era andato a cercare la grande avventura della sua vita nell’America Centrale, alla fine dell’ottocento, e l’aveva trovata diventando uno dei maggiori tecnici del canale di Panama. Da buon tedesco egli ha conservato tutti i disegni originali dell’imponente costruzione. L’incontro tra i due avviene in un lussuoso ristorante; un rapido scambio di battute e l’ingegnere arriccia il naso. “Colpire il canale? Sì, è possibile. Ma non certo attaccando le chiuse, che sono facilmente riparabili nonostante misurino 330m di larghezza a 36m di larghezza. È la diga di Gatun che bisogna colpire”.

 

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“La diga?” ribatte Gimpel. Hubrich con schizzi rapidi svela a Gimpel i segreti della via d’acqua. “Stia bene attento. Questa è la diga del lago Gatun: uno sbarramento, che consente il deflusso dell’eccedenza che, per quanto sia costruito in solidissimo materiale non potrà resistere ad un attacco aereo (perché non esisteva l’attacco aereo stesso, visto che l’anno era il 1907). Non so se lei ha un’idea della quantità d’acqua che si trova nel Canale di Panama e soprattutto della pressione che questa massa esercita sulla diga. Le dirò soltanto che con l’acqua di una sola chiusa si potrebbe sopperire alla necessità giornaliera di una metropoli come Boston. Ora, anche se capisco poco di attacchi aerei, so per certo che i danni arrecati ad una chiusa potrebbero essere riparati in un paio di giorni e vi sareste sobbarcati per nulla in una difficile impresa. Facendo invece saltare in aria la diga accadrebbe quanto segue; l’acqua trattenuta nel lago Gatun eromperebbe dalla diga e si riverserebbe in mare; il Canale ha infatti una forte pendenza. La principale difficoltà che incontrammo durante la sua realizzazione fu proprio questa: opporsi all’acqua che tendeva a spingersi in mare. Spazzando via la diga, non ci sarà più niente e nessuno che possa opporsi al flusso idrico. A mio avviso, prima di rimettere iun funzione il canale occorrerebbero almeno un paio d’anni”. Gimpel s’infiamma di botto; l’iniziale riluttanza a prendere sul serio l’operazione cede il passo all’entusiasmo. Hubrich fa di più: trascina Gimpel nella propria abitazione e s’immerge in calcoli complicatissimi. Accerta infine la forza dirompente necessaria per far saltare la diga; un’indicazione indispensabile per preparare il contingente da inviare in missione. Gimpel è ora divorato dalla “febbre del canale”; comincia a bombardare di richieste la Luftwaffe e la Kriegsmarine: vuole infatti due Stuka, due piloti provetti (volontari), un gruppo di meccanici e due sommergibili. Ecco il suo piano. Gli Stuka, smontati in casse, devono essere caricati su due U-boot classe IX-C da grande crociera. Affidandosi delle accurate ricognizioni effettuate dagli U-boot nei Caraibi (dove i “lupi grigi” di Doenitz hanno operato a lungo contro le navi cisterna alleate) i due comandanti devono attraccare in un’isola deserta, prossima alla zona del canale (nelle Antille Colombiane non ne mancano). Qui in due giorni i meccanici devono rimontare gli aerei che poi decolleranno dalla spiaggia armati ciascuno con due bombe alari ad alto potenziale; sarà un viaggio senza ritorno ma che importa? Il gioco vale la candela e poi i due velivoli possono sempre atterrare in una nazione neutrale come il Costarica o la Colombia e farsi internare. Erich Gimpel ottiene tutto sollecitamente: gli aerei, i sommergibili, i due volontari, i tecnici ed il resto. Tecnici specializzati mettono a punto le bombe richieste; ufficiali di Marina studiano accuratamente la rotta ed individuano gli attracchi più promettenti. Viene persino ricostruito lungo la riva del Wansee (subito recintata come zona militare) un Canale di Panama in miniatura con le chiuse e la diga. I due piloti intanto s’allenano a decollare ed ad atterrate su di una spiaggia con i pesanti Stuka, ulteriormente più appesantiti dal carico bellico. Poi attaccano la finta diga, almeno una decina di volte al giorno. Da parte loro i meccanici compiono un piccolo miracolo; a furia di provare riescono a rimontare gli apparecchi in meno di quarantotto ore. Si congettura anche l’attacco con un solo aereo, per timore della perdita di uno dei due sommergibili da parte delle forze alleate. Nel mese di novembre del 1943 l’”Operazione Pellicano” è a punto. Due U-boot dondolano nel porto di Kiel; gli Stuka, smontati in casse, sono al loro interno. I piloti, i meccanici e lo stesso Gimpel sono pronti al grande balzo; poi di colpo la doccia fredda: “Operazione Pellicano sospesa. Presentarsi immediatamente a Berlino” è il testo del messaggio. Erich Gimpel pensa d’istinto al peggio; e pensa anche al denaro, alla fatica, alla tensione nervosa spesa nella preparazione dell’impresa. A Berlino i suoi timori trovano conferma; c’è stata una fuga di notizie e gli alleati attendono i due U-boot nel mare del nord, al varco. In questo modo, con un nulla di fatto, si concluse il progetto tedesco di attaccare il continente americano del suo punto strategicamente più importante e vulnerabile. Non si trattava di un’azione dimostrativa; i tedeschi miravano al sodo. Volevano mettere fuori uso il Canale di Panama per un lungo periodo, senza avventurarsi inutilmente conto le sei chiuse della via d’acqua; se la diga fosse saltata, le imponenti squadre navali statunitensi sarebbero state costrette ad una diversione di ben dodicimilacinquecento chilometri, attorno alla rotta “tradizionale” di Capo Horn. Ma c’è di più; al Canale di Panama non pensarono solo i tedeschi. Anche a Tokyo si stava progettando un raid analogo puntando su un solo vettore sottomarino e su aerei con ali ripiegabili, comodamente sistemati in un hangar. Naturalmente gli Stati Maggiori interessati, a Berlino ed a Tokyo, mai pensarono di consultarsi fra loro in merito a questi progetti offensivi contro il continente americano, nemmeno a livello informativo. La marina nipponica confidava anch’essa sull’impiego di un sommergibile “avvicinatore”. Ma si trattava di ben altro che di un battello da mille tonnellate o poco più, come l’IX-C tedesco. L’ I-400 (e le unità similari della stessa classe) dislocavano 4550 tonnellate a carico normale. Erano cioè i maggiori battelli subacquei costruiti da tutti i belligeranti durante la seconda guerra mondiale. Potevano trasportare due idrovolanti-bombardieri sistemati in un hangar ricavato a poppavia della torretta. Obiettivo designato dai giapponesi: le chiuse di Miraflores, dalla parte del Pacifico. Per andare a colpo sicuro, i giapponesi allestirono un battello di dimensioni ancora maggiori con un dislocamento di 5222 tonnellate ed in grado d’imbarcare tre idrovolanti-bombardieri ad ali ripiegabili. Questo battello presentava il ponte e la torretta sul lato sinistro, mentre il grande hangar, lungo 34 metri, era piazzato a mezza nave. Lo scafo interno, al fine di conciliare un limitato pescaggio con una larghezza adeguata alla stabilità, era costruito da due sezioni cilindriche riunite a forma di otto. I tre idrovolanti, lanciabili mediante una catapulta situata sul castello di poppa, potevano imbarcare 4 siluri, oppure tre bombe da 800Kg, oppure ancora 12 bombe da 250Kg. L’azione contro le chiuse di Miraflores non venne mai tentata; ma quando nell’agosto del 1945, dopo la capitolazione del Giappone, gli americani si recarono ad esaminare il sommergibile-portaerei I-402, essi restarono attoniti di fronte al gigantesco battello, ed allora si poterono rendere veramente conto dell’immane pericolo che avevano corso.

 

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