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Yuri Gagarin

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Risposte pubblicato da Yuri Gagarin

  1. 14 minuti fa, Flaggy ha scritto:

    Non è un caso se l’articolista si chiedeva se il brevetto Boeing coprisse anche lo scarico caldo.

    Evidentemente no, ma non perché il pezzo lo produce CFM (che sicuramente avrà avuto il suo peso anche flusso freddo e in generale sull’integrazione del motore nella cellula), ma solo perché Boeing evidentemente poteva blindare con brevetto solo quello freddo, visto che probabilmente è GE a detenere quello allo scarico caldo.

    che è quello che avevo ipotizzato io nel mio primo messaggio, "forse il motorista ha la licenza", che poi la detiene di suo o tramite uno dei suoi fornitori poco importa.

  2. Quote

    Le autorità svedesi sono impegnate in un programma specifico volto a sviluppare un nuovo aereo da combattimento entro il 2035, e la partecipazione svedese al programma FCAS potrebbe essere "limitata" allo sviluppo di mattoni tecnologici comuni tra i due velivoli. La Svezia potrebbe così essere direttamente coinvolta nello sviluppo di componenti strategiche, come il sistema di combattimento, il radar o il motore, in modo da non dipendere da componenti importati come il reattore F414 del Gripen E / F.

    Ma questa strategia potrebbe dare al programma FCAS un grande vantaggio, soprattutto contro lo SCAF franco-tedesco, nelle prossime competizioni internazionali. Infatti, se effettivamente la Svezia dovesse sviluppare il proprio velivolo su una base tecnologica identica a quella di Tempest, il programma avrà una gamma di aerei da combattimento di nuova generazione senza alcun concorrente in Occidente, consentendo ai futuri acquirenti di hanno un aereo da combattimento pesante con molto probabilmente un tropismo dedicato al combattimento aereo, il Tempest, e un caccia leggero, più economico e più versatile, a costituire il corpo principale della forza.

    Il programma Tempest assume una dimensione europea

  3. 55 minuti fa, TT-1 Pinto ha scritto:

    Attualmente il "cosmodromo galleggiante Sea Launch" non è in funzione ... l'ultimo lancio è avvenuto quasi sette anni fa ...

    sembrerebbe che il Sea Launch sia un progetto fallimentare dal punto di vista economico non essendoci un mercato tale da giustificarne i costi e visto che in russia i cosmodromi non mancano.

    per l'italia diventare del tutto indipendenti nell'accesso allo spazio potrebbe anche essere più importante dell'aspetto economico.

    55 minuti fa, TT-1 Pinto ha scritto:

    Quanto a Nave Garibaldi ... qualora si intendesse utilizzarla anche per il lancio di vettori classe Vega ... ritengo dovrà essere sottoposta a modifiche imponenti ...

    infatti sembrerebbe che, per motivi di sicurezza, il razzo verrebbe espulso fuori da un sistema a pressione, e solo quando arrivato a distanza di sicurezza verrebbe acceso il primo stadio.

    io preferirei un sistema tipo Sea Launch con una piattaforma ed utilizzare il garibaldi solo per il trasporto, anche perchè così potrebbero lanciare vettori di dimensioni maggiori.

  4. https://www.limesonline.com/mediterraneo-adriatico-italia-albania-libia-turchia/121791

    Quote

    Nel Mediterraneo è in corso una guerra ibrida. È ora che l’Italia reagisca

    Carta di Laura Canali - 2020

    Carta di Laura Canali – 2020.

    11/01/2021

    Ci ostiniamo a vivere in un sogno irenico, rifiutando di comprendere che nel mare nostrum è in atto una partita geopolitica senza esclusione di colpi che coinvolge tutti i principali attori regionali. Dopo la Libia, la Turchia ci sostituisce anche in Albania.

    Una vignetta dei tempi andati rappresentava re Vittorio Emanuele III tirato per l’orecchio dall’ombra di suo nonno, che lo strappava alla contemplazione della collezione di monete e lo ammoniva ingiungendogli: “Piantala un po’ di fare il numismatico e guarda ciò che avvien nell’Adriatico!”.


    Un’ammonizione che suona terribilmente attuale anche adesso: non più Vittorio Emanuele III ma l’Italia tutta farebbe bene a prenderlo molto sul serio. L’attenzione italiana non dovrebbe poi concentrarsi unicamente su quel mare interno, tanto dominato da vele italiane nel passato da meritarsi per secoli l’appellativo di Golfo di Venezia. Dovrebbe invece estendersi all’intero Mediterraneo, teatro in questo momento di scontri feroci fra nuovi e antichi protagonisti, tutti tesi a ritagliarsi zone d’influenza e di potenziale sfruttamento in un bacino al quale vari fattori stanno conferendo almeno parte dell’antica centralità.


    È infatti innegabile come nel corso degli ultimi decenni la progressiva, tumultuosa crescita del commercio fra l’Asia e l’Europa abbia contribuito a rendere all’area mediterranea un’importanza di cui non godeva più dalla fine del XV secolo.


    A ciò si sono poi aggiunti gli effetti del ripensamento strategico statunitense degli ultimi vent’anni, con il conseguente ritiro delle forze americane dall’area e la momentanea creazione di un vuoto di potere che non ha mancato di sollecitare l’immediata attenzione di pretendenti dai denti lunghi. Infine, a tutto questo si è sommata la cupidigia suscitata da una serie di scoperte che hanno evidenziato come il bacino mediterraneo abbia una potenzialità energetica, soprattutto in termini di riserve di gas, non ancora esplorata a fondo.


    Nell’assordante silenzio di un’Unione Europea assolutamente incapace di intraprendere azioni collettive nell’area, alcuni dei suoi membri si sono così sentiti liberi di muoversi di propria iniziativa. Spesso con risultati disastrosi, come ad esempio la destabilizzazione della Libia innescata da inglesi e francesi. In questo quadro complessivo, sullo sfondo di acque solcate da flotte russe e cinesi che non esitano a scegliere il Mediterraneo come area di esercitazione in attesa di disseminarlo di basi navali, nonché in presenza di una aggressiva politica turca che ci ha già umiliati e danneggiati in Libia e rischia ora di destabilizzare l’Egeo e forse anche l’Adriatico, noi italiani non siamo stati capaci di reagire in alcun modo.


    Siamo così passati, oltretutto nella quasi assoluta indifferenza della nostra opinione pubblica, da un’umiliazione all’altra. Non riuscendo mai ad assumere alcuna iniziativa che non fosse quella di indire conferenze di riconciliazione fra protagonisti che non avevano alcuna intenzione di riconciliarsi e dimostrando un’assoluta incapacità di reazione anche in episodi come quello dei pescatori siciliani arbitrariamente sequestrati dal generale Khalifa Haftar.


    Carta di Laura Canali - 2020

    Carta di Laura Canali – 2020


    Tra le altre cose adesso stiamo anche seguendo senza intervenire le trattative in corso fra Ankara e Tirana per la concessione ai turchi di una base navale sul Canale d’Otranto, probabilmente a Valona o Saseno, con il rischio ipotetico di vederci intralciare la libertà di navigazione nel nostro “Golfo di Venezia”. Non ci muoviamo e non facciamo nulla al riguardo, malgrado l’Italia negli ultimi decenni si sia tanto spesa per l’Albania da poterne pretendere la riconoscenza per i prossimi cento anni. E nonostante il fatto che disponiamo della Marina Militare più potente del Mediterraneo.


    Ci sarebbe da chiederci a questo punto perché ci sveniamo con costose “leggi navali” per potenziare uno strumento che in realtà non siamo più capaci di usare. O che forse non abbiamo mai saputo usare al livello delle sue reali potenzialità, come dimostra il fatto che tanto nella prima quanto nella seconda guerra mondiale buona parte delle capacita di cui disponevamo in ambito navale siano state sottoutilizzate o addirittura sprecate. È una colpa che di norma si tende a imputare alla politica, come alla politica – e più che a essa ai “politici” – si tende ad attribuire la responsabilità per la nostra inerzia nell’ambito di quel mare nostro da cui veniamo allontanati ogni giorno di più senza riuscire a maturare la capacità di reagire, di imprimere una svolta a un andazzo che per noi presenta soltanto conseguenze negative.


    Accusando di tutto la politica e i politici, però, non facciamo altro che scaricare su un comodo capro espiatorio responsabilità che sono in realtà condivise, quindi in buona parte anche nostre. Del resto, se proviamo a ragionarci a mente fredda appare chiaro come una guerra in realtà non la perdano un governo, una classe politica, le Forze armate o la diplomazia. La guerra la vince o la perde un paese intero, destinato ad accollarsi e a sopportare per un lungo numero di anni le eventuali conseguenze di una vittoria o di una sconfitta.


    Sarebbe dunque ora, se non è già troppo tardi, che comprendessimo che quella in corso nel Mediterraneo è una guerra ibrida che ci contrappone a una lunga serie di altri competitori e che si gioca, come è tipico di questo genere di conflitto, su un gran numero di tavoli differenti fra loro. La Cina, la Russia e la Turchia lo hanno già capito, come forse la Francia. I paesi arabi del Nord Africa, del Medio Oriente e della Penisola Arabica lo stanno comprendendo. I Balcani stanno seguendo, pronti a produrre di nuovo – come hanno sempre fatto nei secoli – più storia di quanta ne possano digerire.


    E noi? Fino a quando continueremo a ostinarci a vivere in un sogno irenico e a non comprendere come la sicurezza sia qualcosa da conquistare ogni giorno su una scacchiera su cui ogni giocatore muove i suoi pezzi con lucida durezza e dove non esistono amicizie e inimicizie permanenti ma soltanto momentanee coincidenze di valori e interessi?


    Quando smetteremo di cercare di sopravvivere ricorrendo a quel vecchio detto – ormai una vera e propria vergogna nazionale – per cui “venga la Francia, venga la Spagna, basta che se magna”?

     

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