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Rommel

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  1. Rommel

    Motovedetta classe Mangusta

    Motovedetta classe Mangusta Un deciso cambio di rotta e la volontà di riunire in una singola imbarcazione i compiti di svariate unità troppo specializzate per ricoprire ogni ruolo. Questi due punti sono la chiave per capire i perchè di una motovedetta costiera tecnologicamente al passo con i tempi e dalle ottime qualità nautiche. La classe Mangusta va a rimpiazzare ben tre classi di pattugliatori costieri, quali: la Zhuk (entrata in servizio nell'armata rossa nel 1961 e dismessa nel 1991), la Stenka (entrata in servizio nel 1967 e ritirata nel 1990) e sostituire progressivamente la classe Svetlyak, in servizio dal 1988. Il deficit dei tre citati pattugliatori fu quello di esseri ben armati e lenti, di fatto classificabili come moto-cannoniere costiere; ruolo che mal si addiceva ai compiti di pattugliamento leggero dato l'eccessivo costo operativo, l'esagerata proiezione di forza nei compiti di patroling del traffico marittimo e le scarse prestazioni, necessarie durante le operazioni di intercettazione (aspetto molto curato dal Border Guard service dell'FSB). Il non facile compito di coniugare la molteplici facce di una sola unità, che soddisfi la marina russa e l'FSB fu affidato alla Vympel, insieme alla Almaz Central Marine Design Bureau nel 2001 con la denominazione di progetto 12150. Il prototipo con compiti operativi ricevette il codice di matricola PSKA-600, seguito da una unità nel 2004, due nel 2005, una nel 2007, una nel 2008, tre nel 2009, nove nel 2010, due nel 2011, sette nel 2012, tredici nel 2013, cinque nel 2014, sei nel 2015, nove nel 2016 e infine sei nel 2017 (anno corrente). Tra i progetti non realizzati figurano la 12151 (motovedetta lanciamissili) e la 12152 (motovedetta disarmata). I compiti nella quale è chiamata ad operare in aree costiere nel monitoraggio del traffico commerciale marittimo, controllo sulla pesca, presidio di aree portuali e SAR. Il primo compito operativo assegnatogli fu il dispiegamento nel dicembre 2009 lungo i confini marittimi dell'Abcasia al largo del porto di Ochamchira in supporto alle autorità locali. Attualmente la classe Mangusta è schierata nella marina russa in tredici esemplari nella flotta del baltico, diciassette unità nella flotta del Mar Nero, un esemplare nella flotta del nord, otto nella flotta del pacifico e dieci nella flotta del Mar Caspio. CARENA E STRUTTURA Lo scafo è formato da una carena planante a V profonda, da 19,45 m fuori tutto, 4,40 m di larghezza con un pescaggio di 0,89 m a vuoto e 1,16 m a pieno carico. La prora si presenta molto slanciata in avanti, con i profili di carena che partono dal dritto di prora all'estrema poppa; Le murate sono raccordate al tagliamare con un notevole affinamento, in virtù delle alte prestazioni, con 3+1 oblò sui masconi,non apribili per l'illuminazione dei locali; sono presenti due respingenti orizzontali appena sopra lo spigolo. La parte inferiore della carena non presenta timoni e flap, mentre nella parte inferiore dello specchio di poppa sono istallati gli organi di controllo idraulici della trasmissione Arneson e gli scarichi motori soffianti, per la ventilazione delle eliche durante la navigazione in dislocamento. Sopra di esse, una lunga pedana sospesa permette le operazioni di imbarco, sbarco e alloggiamento del RIB situato nel ponte poppiero inclinato, quest'ultimo di 4 o 6 m dotato di motore fuoribordo Mercury, allo scopo di eseguire eventuali abbordaggi o compiere operazioni SAR. Il ponte è a sbalzo, dove a prua sovrasta gli alloggio (comunicanti con l'esterno tramite tre boccaporti) e dove sono presenti le bitte per la gestione dell'ancora Bruce, filata dal pulpito di prora. I camminamenti laterali collegano la prora alla poppa tramite brevi scalinate; la piattaforma centrale è rialzata rispetto ai camminamenti (protetti verso l'esterno da due pannellature a prosecuzione delle murate) per consentire maggiore spazio sottocoperta. La piattaforma è utilizzata come deposito per attrezzi di rispetto o molto più spesso come base per l'affusto di sistemi d'arma. Lungo il perimetro esterno, sono presenti tientibene ai giardinetti secondo il profilo discendente della poppa e un tientibene sul pulpito di prua; nella zona dei masconi sono presenti due battagliole raccordate al pulpito. Sul lato di sinistra prodiero inoltre è presente l'affusto dell'antenna MF e HF. Il dislocamento è di 23,6 t a vuoto per tutte le versioni, 27,2 t a pieno carico e 30,8 t per la 12150M. La tuga è incassata, situata in posizione centrale e di dimensioni molto contenute senza contro plance esterne e accessibile tramite due portelli laterali, nel cui tetto è fissato l'albero della suite elettronica. L'interno, cosa rara in imbarcazioni russe destinate a scopi militari, è molto curato e, anche come requisito costruttivo, nella sua progettazione è stata posta particolare attenzione al comfort, sia alla guida che nell'alloggio dei 3-6 operatori. In prora sono presenti le brande, i servizi igienici e un piccolo cucinino, il quale insieme ad un serbatoio d'acqua potabile di 290 l permette un'autonomia di missione di 2 giorni senza rientri in porto. Ulteriori miglioramenti rispetto alle imbarcazioni precedenti sono l'impianto di condizionamento e un elevato isolamento acustico. Al centro dell'imbarcazione sono presenti i serbatoi di carburante, per un massimo stoccabile di 2000 l di gasolio. Nella zona poppiera interna vi è la sala macchine. APPARATO DI PROPULSIONE Il propulsore è posizionato a poppavia dell'imbarcazione in posizione parallela su due linee d'asse. Insolitamente per unità russe, la scelta dei propulsori ricade per due tedeschi MTU 10V2000M93, diesel quattro tempi diesel a V10, alesaggio 135 mm per corsa 156 mm, 22300 cc di cilindrata. La sovralimentazione è bi-turbo sequenziale con intercooler, linea d'alimentazione carburante anti-fiamma, tubazioni “camiciate”, controllo di perdita in linea, iniezione diretta e doppio filtro in ingresso. Il raffreddamento avviene per scambio di calore in fasci tubieri e cassa di compenso, con pompa dell'acqua di mare integrata nel motore; lo scarico è a tripla schermatura a collettore singolo, raffreddato ad acqua; gestione e controllo elettronico del motore e del riduttore tramite ADEC. La potenza erogata è di 1522 cv a 2450 rpm continuativi con un consumo massimo a pieno regime di 288,8 l/h. L'alternativa compatibile di produzione nazionale è uno Zvezda M470 V12. Il riduttore/invertitore è un ZF 2050A, trasferisce il moto in linea d'asse a due eliche in bronzo super cavitanti a passo fisso su trasmissione di superficie Arneson ASD-14. In alternativa per le versioni A e M, sono istallati due idrogetti Rolls-Royce Kamewa FF500. I trim e le accostate di fino sono gestite tramite joystick dal sistema di controllo sviluppato dalla Vector-Stick IIC, operanti in simbiosi con il chart-plotter e navigatore satellitare. È istallato a bordo un gruppo elettrogeno diesel da 16 kw MDKAE, Westerbeke 16.0 BEDA o un gruppo elettrogeno da 26 Kw Westerbeke 26EDE5312. Come prestazioni raggiunge i 50 nodi per un'autonomia di 350 miglia nautiche; 410 miglia nautiche a 36 nodi; 430 miglia nautiche a 35 nodi; la velocità massima raggiungibile è di 52 nodi. SISTEMI DI NAVIGAZIONE Per la navigazione l'imbarcazione si avvale di radar SL-72 (PSKA-601), MR415.1 (PSKA 612 e 615) e Furuno M-1934C-BB (TS-521). Ecoscandaglio, chart-plotter e dotazione radio MF, HF e VHF, ricevitore NAVTEX, tre ricevitori portatili, una radio d'emergenza COSPAS-SARSAT. Tutto ciò è integrato da un unico sistema di controllo, il quale lavora insieme al Global Maritime Distress and Safety System, il tutto presentato in cabina di guida tramite schermi LCD. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO A dispetto della linea pulita, l'unità è stata pensata per fornire fuoco difensivo e di supporto, sia per ingaggi di superficie, aria o subacquei (sebbene tale capacità non sia primaria). Il pezzo principale è costituito da una mitragliera manuale da 14,5 mm MPTU, sostituibile con una 12,7 mm. Sono presenti inoltre due lanciagranate GS-17 da 30 mm, due missili antiaerei spalleggiabili Igla e un lanciagranate con cariche di profondità DP-64. All'interno della stiva è presente una rastrelliera di armi portatili con riserva di munizioni dedicate. http://en.portnews.ru/news/239483/ https://sputniknews.com/voiceofrussia/2010/08/12/15523558.html http://www.homelandsecurity-technology.com/projects/project-12150-mangust-fast-patrol-boats/ https://en.wikipedia.org/wiki/Mangust_class_patrol_boat http://www.vympel-rybinsk.ru/en/mangust-12150.html#tab4 http://russianships.info/eng/borderguard/project_12150.htm http://defense-update.com/products/m/mangust-mirage.htm
  2. Rommel

    Classe Brave

    Classe Brave Potenza, polivalenza e perfetta calibratura di tutti gli aspetti nautici. Se questi tre concetti per molte imbarcazioni belliche (anche odierne) è sempre stato in primis un problema progettuale, per Vosper significarono solamente classe Brave. Il 30 Novembre 1958, l'Ammiragliato inglese comunicò alla stampa:”H.M.S. Brave Borderer, the first of two Brave class patrol boat which will help to keep alive coastal forces techniques in the Royal Navy”. E non a caso, infatti la Brave doveva essere una unità che implementava tutte le soluzioni più audaci a disposizione di un pattugliatore nella praticità di una motovedetta, al fine di diventare un dimostratore punta di diamante nelle aree costiere britanniche. Questo però non avrebbe visto la Brave come un vettore dispiegato e operativo, ma come fonte tecnica per tutta una generazione di imbarcazioni medio-leggere in seno alla Royal Navy; in caso di conflitto però, tutte le linee produttive potevano costruire in pochissimo tempo e con sistemi già collaudati la classe in questione, forti del know-out tecnico e delle risorse necessarie già presenti nei cantieri per la sua realizzazione. Il progetto fu una joint venture fra l'Ammiragliato e la Messrs Vosper Ltd. Con specifiche di attacco in aree costiere nemiche e soprattutto azioni difensive lungo la costa britannica, con una velocità media di 44 nodi con picchi di velocità a 50 nodi. I compiti operativi dovevano spaziare in moto-cannoniera, moto-silurante e getta-mine, il tutto convertibile in massimo sei ore d'approntamento; stesso discorso per la sostituzione degli organi di moto. In quanto all'autonomia, 400 miglia nautiche furono considerate minime a velocità media in molte delle operazioni pianificate, ma con una buona riserva d'autonomia a velocità di dislocamento. Il contratto per la realizzazione fu sottoscritto nel giugno 1954 in tredici differenti studi che avrebbero riunito le richieste precedentemente descritte, nelle maniere più disparate, successivamente vagliate dall'Ammiragliato. Il progetto ufficiale fu approvato nel 1955 e nel gennaio 1958 fu realizzato il primo esemplare (Brave Borderer P1011), seguita dalla seconda (Brave Swordsman P1012) quattro mesi dopo, nei cantieri di Portchester. Le due imbarcazioni, unite ad una moto-silurante del vecchio tipo classe Dark, costituirono lo Special Service Squadron, con base nel porto di Gosport. Dopo un decennio operati come patrol boat e come bersagli ad alta velocità in esercitazioni, furono dismesse nel 1970. Il problema di un'imbarcazione così audace risiedeva nei costi elevati d'esercizio, ingiustificabili in condizioni di pace; fu per questo motivo che la carriera dei due esemplari britannici durò solo 10 anni. venne però costruito un esemplare “a risparmio” dotato di scafo in legno e non metallo, sotto-dimensionato, sotto potenziato in CODOG (due motori diesel per la crociera o due turbine per le planate ad alta velocità) invece della configurazione COGAG precedente. Questa versione chiamata classe Ferocity non andò oltre l'unico esemplare, in quanto non rappresentava un effettivo risparmio in termini di costi, pur mantenendo buona parte delle capacità operative della Brave. La lezione appresa dalla classe Ferocity non fu gettata al vento, da questa infatti furono realizzate versione destinate all'esportazione: alla ex Germania dell'Est in due unità (denominate Type 153) nel 1960; sei imbarcazioni per la Danimarca con il nome di Classe Søløven nel 1963, cedute successivamente al Belgio nel 1990; la Grecia ricevette le due unità tedesche nel 1967, ritirate nel 1976 e 1979; alla Malesia nel 1964 come classe Perkasa e nei Brunei in un unico esemplare; in Libia conosciuta con il nome di classe Susa (ex Scimitar britanniche) in tre esemplari . CARENA E STRUTTURA Lo scafo, realizzato in alluminio a singolo strato, aveva una carena planante a V profonda con una sezione anteriore molto affusolata, collegata alle massicce murate verticali tramite uno spigolo che si estende dal tagliamare alla sezione poppiera. La lunghezza era di 32,3 m fuori tutto 6,4 m di larghezza, un pescaggio di 1,9 m e un dislocamento a vuoto di circa 95 t, 116 t a pieno carico. La linea dello scafo presenta una superficie pulita, senza stabilizzatori, oblò e occhio di cubia. Inferiormente, vi sono tre astucci porta elica seguiti da pari numero di staffe porta elica. Per il governo sono presenti due timoni semi-compensati. Lo specchio di poppa era verticale con l'apparato flap (che descriverò a seguito), una pedana di manutenzione con funzione di supporto e tre portelli d'espulsione dei gas combusti delle turbine. Il ponte di coperta piano, anch'esso realizzato in alluminio, presenta di prora le aperture del gavone alloggio per l'ancora Danforth; davanti alla tuga era presente il pezzo d'artiglieria principale mentre, ai lati lungo i camminamenti, vi sono i supporti per l'alloggiamento e lancio dei siluri (amovibili a seconda del ruolo), di gavoni aggiuntivi o serbatoi supplementari. Lungo il perimetro e solo nelle fiancate, era presente una battagliola che termina nel mascone di prora. La classe Ferocity ebbe uno scafo fuori tutto accorciato a 27,6 m e costruito in legno al fine di risparmiare sui costi di produzione; sulla stessa scia seguirono le unità malesi ma con le dimensioni della Brave originaria; la classe Søløven aumentò la larghezza dello scafo a 2,85 m e il dislocamento a 158 t rispetto alle Brave pur mantenendo il legno come materiale di costruzione. Per tutte le versioni create, la tuga era realizzata in alluminio dalle forme arrotondate e aerodinamiche. A proravia era presente la cabina di comando e navigazione, con dei caratteristici portelli d'accesso incassati ad angolo all'interno della struttura per proteggere l'equipaggio dal controvento e dagli spruzzi delle onde in prora; una contro plancia, carenata e protetta da un basso parabrezza, era posizionata superiormente subito dietro. A poppavia della plancia, la tuga si estende con copertura carenata con quattro oblò, fornendo copertura ai due portelli d'accesso posteriori, ai lati del cofano motore. Il cofano dalla forma allungata e inclinata verso il basso permette l'accesso al vano motori dalla tuga, sopra al quale è presente un traliccio a “Y” che sorregge i segnalamenti luminosi marittimi e funge da supporto per l'antenna radio in testa all'alberatura a base rinforzata sopra la tuga. Tutta l'attrezzatura di utilizzo generico e i dispositivi di salvataggio ed emergenza erano fissati sul cofano motore posteriore. All'interno, da prua, è presente il gavone d'alloggio dell'ancora, seguito dalle cuccette per l'equipaggio, i servizi igienici e la cabina ufficiali, per un totale di 20 operatori a bordo (27 operatori per la classe Søløven). Dalla sezione maestra a poppavia sono presenti quattro serbatoi di carburante e le riserve di acqua dolce, seguito dal vano motore. Strutturalmente, vennero inserite tre paratie longitudinali di cui la principale centrale in asse all'imbarcazione, per garantire una maggior resistenza di prora e una maggior capacità di assorbire l'impatto delle onde durante l'avanzamento in semi-planata o con mare formato. Il sistema di scarico poppiero doveva svolgere due funzioni primarie: espellere verso l'esterno i gas di scarico delle turbine e provvedere al raffreddamento delle turbine medesime. In quest'ultimo punto, l'aspetto da evitare era il pre-riscaldamento dell'aria diretta ai compressori, riscaldamento causato dal calore irradiato dai condotti di scarico nella sala motori. A tal proposito, i tre condotti furono isolati dalla sala macchine tramite una paratia stagna ad isolamento termico a poppavia di quest'ultima, il calore accumulato veniva asportato tramite delle maniche a vento; inoltre aeravano tutti i gavoni destinati al contenimento termico ricavati intorno alla sala macchine. Al fine di prevenire eventuali picchi di calore, tutta l'aerazione alle basse velocità è affidata a compressori elettrici. Con il mare mosso o con la navigazione in planata, era possibile l'ingresso di acqua negli scarichi che poteva giungere alle turbine, stallandole. Ciò fu risolto ponendo nello specchio di poppa tre (o due a seconda della motorizzazione) portelli circolari con apertura a cerniera verso il basso, realizzati tramite sovrapposizione di pannelli in acciaio e silicio, per resistere alle sollecitazioni termiche delle turbine fino a 485°C, i quali si aprivano in base alla pressione esercitata dai gas di scarico. Tali portelli erano vincolati tramite pari numero di aste al flap inferiore in modo da creare un sistema di assetto adattivo, che regoli meccanicamente e in modo semplice il regime del motore con il migliore assetto dello scafo. Onde prevenire il problema sopra elencato, tramite un giunto a gomito, il vincolo tra le aste e i portelli era forzato tramite pari numero di pistoni pneumatici, con azionamento elettro-pneumatico direttamente in console di guida: in situazioni di partenze “scramble”, l'azionamento forzato pneumatico pone il flap alla massima estensione di 35° mentre apre totalmente i portelli, consentendo alle turbine una rapida presa di giri e tenendo il pennacchio d'acqua prodotta dalle eliche lontano dallo specchio di poppa. Tale soluzione resisteva anche a mare formato con onde alte da 60 cm a 1 metro circa. APPARATO DI PROPULSIONE Tra le varie opzioni valutate, erano presenti due turbine a gas da almeno 5000 cv, tre motori diesel, due diesel accoppiati allo stesso riduttore/invertitore o più estremamente, tre turbine di derivazione aeronautica prodotte dalla Bristol Aeroplane Co. Fu scelta l'ultima opzione, in quanto l'unica a soddisfare i requisiti di coppia scaricata alle eliche unita ad una rapida presa di giri su partenze veloci, anche considerando il notevole dislocamento dell'imbarcazione stessa. Fu scelta la propulsione COGAG e le tre turbine designate furono le Bristol Proteus, istallate con inclinazione verso il basso di 5° e scarico diretto intubato verso l'esterno, l'azionamento era indipendente per tutte e tre. La combinazione di potenze da 3500 cv a 11000 rpm di picco massimo e 2800 cv continuativi l'una, unita ad un basso consumo per la sua categoria e all'accurata scelta dei materiali ne fecero una motorizzazione di tutto rispetto per l'impiego nautico: composta da un compressore assiale in primo stadio e da uno centrifugo al secondo stadio, seguito dalle camere di combustione e da quattro turbine. Una caratteristica che conferì notevole compattezza alle Proteus fu la realizzazione di turbine con le varie giranti ed elementi a stretto contatto, senza parti dell'albero assiale scoperte, ciò costrinse al posizionamento delle camere di combustione al di sopra del compressore e convergenti nelle turbine davanti al compressore e ovviamente isolate da esso, ma sulla medesima linea d'asse. L'audace scelta di utilizzare ben tre turbine ad elevate prestazioni comportò notevoli difficoltà progettuali oltre al calore prodotto, come ad esempio l'effetto “salt spray”. La salsedine e l'acqua di mare nebulizzata in sospensione nell'aria, aspirata dai compressori, creava un grave effetto di corrosione dei condotti e della palettatura del compressore, causato dalla formazione ad alte temperature di clorito di sodio e solfati di sodio, in congiunzione con le emanazioni di solfuri dai vapori del carburante; conseguenza di ciò furono rapide perdite di potenza e in gravi casi di stallo. Dopo centinaia di ore di test, emerse che la corrosione e i depositi salini erano maggiori durante i picchi termici delle turbine con temperature superiori agli 880°C, fenomeno che costringeva al costante lavaggio dei propulsori durante le fasi riarmo in porto. La prima soluzione fu la riduzione della velocità in entrata dell'aria destinata alle turbine allargando i condotti, posizionandoli più vicino possibile alla tuga (quindi distanti da eventuali getti d'acqua esterni) approfittando della copertura offerta dalla carenatura che si estendeva fino al cofano. Furono inoltre modificati gli splitter in fibra di vetro sulla bocca delle prese d'aria, originariamente pensati per silenziale il rumore emesso dai compressori, onde evitare l'ingresso accidentale di acqua. Subito dietro agli splitter furono istallate delle camere “drenanti” a tre stadi, le quali garantivano una costante deumidificazione (solamente l'8% dell'acqua nebulizzata penetrava all'interno dei compressori) dell'aria aspirata tramite un effetto depressivo. La trasmissione del moto era una V drive con inclinazione di 10° sull'asse orizzontale, ripartita su tre linee d'asse parallele. Tre alberi collegavano le turbine a tre riduttori/invertitori Messrs W.H. Allen & Sons Ltd; a sua volta collegate a tre eliche tri-pala in bronzo di piccole dimensioni ma dal passo molto accentuato. Nella parte terminale dei due riduttori/invertitori esterni, erano collegate due pompe di presa a mare, per il raffreddamento delle turbine tramite due circuiti ad acqua dolce/acqua di mare. La velocità massima continuativa era di 46 nodi, 52 nodi massimi di spunto. L'autonomia minima era di 400 miglia nautiche. Una variante significativa dei propulsori equipaggiò l'unico esemplare prototipo della classe Ferocity, in configurazione CODOG in tre turbine di produzione Rolls-Royce per un totale di 12750 cv circa da utilizzare come boost durante le planate veloci; per la navigazione ordinaria fu optato per l'adozione di due motori diesel quattro tempi general Motors da 460 cv circa l'uno. Le unità libiche seguirono la configurazione della classe Ferocity, limitando a due le turbine a gas istallate. SISTEMI DI NAVIGAZIONE E ELETTRONICA Sebbene ben progettata dal punto di vista ingegneristico, non venne dotata di particolari strumentazioni elettroniche al di là del VHF e del radar di navigazione; quest'ultimo istallato su una torretta indipendente sopra la tuga sul lato di dritta, dotazione molto variabile tra i vari stati e difficilmente identificabile da fonti ufficiali. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO Contrariamente all'elettronica, l'armamento era vasto e facilmente riconfigurabile. Una costante sulle Brave e su tutte le derivazioni fu il pezzo d'artiglieria principale a proravia della tuga, un pezzo (datato) da 40 mm Bofors L6 con 3 Km di gittata e un rateo di 120 colpi/min, utilizzato dagli USA e dall'Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale. Istallato nella variante MkIII e MkVII, era montato a canna singola con raffreddamento ad acqua, su torretta chiusa e a controllo remoto. Sulle Brave danesi e libiche fu sostituito con un Mk48 dal medesimo calibro ma con un rateo aumentato a 300 colpi/min e aggiunto anche un secondo cannone gemello all'estrema poppa dietro il cofano motore, nelle unità malesi fu aggiunto invece un cannoncino da 20 mm. Oltre ad essere moto-cannoniera, svolse anche il ruolo di moto-silurante, con binari porta-siluri amovibili. Sull'imbarcazione originaria potevano essere armati quattro tubi lanciasiluri da 533 mm e due cariche di profondità alloggiate all'estrema poppa. La variante tedesca dimezzò la dotazione silurante a due tubi, incrementando la mine imbarcate a otto. Le Perkasa malesiane risultarono la configurazione più armata, con due bocche di fuoco, quattro siluri e 10 mine; dal 1971 furono riarmate come moto-missilistiche con otto missili filo-guidati SS-12, con gittata di 8 Km e una testata da 28 kg di esplosivo. Anche le Susa libiche si convertirono al ruolo di moto-missilistiche, sbarcando però la componente silurante. “The development and running of the Brave class fast patrol boat” di Peter Du Cane “The Brave class fast patrol boat” di J.T. Revans e il commandante della Royal Navy A.A.C. Gentry “Storia della Marina; profili, N°10” Fabbri Editore 1978, in collaborazione con lo Stato Maggiore della Marina http://www.worldnavalships.com/vosper_thornycroft.htm http://www.navalhistory.dk/English/TheShips/Classes/Soeloeven_Class(1965).htm https://en.wikipedia.org/wiki/Brave-class_patrol_boat https://www.rcgroups.com/forums/showatt.php?attachmentid
  3. Rommel

    Thales Hawkei

    Qualche novità targata 2017 per l'Hawkei https://www.rockwellcollins.com/Data/News/2017-Cal-Yr/GS/FY17GSNR26-Hawkei.aspx Inoltre la produzione a pieno regime inizierà nel 2018. Finora nessun paese oltre all'Australia ha acquistato la versione da esportazione.
  4. No lo escludo, considerando che il convoglio attraversava paesi soprattutto non allineati con l'Italia e con rapporti ancora peggiori con l'Europa, armi a bordo avrebbero potuto essere fraintese Leggendo ho visto che i carabinieri volontari alla causa umanitaria svolgevano ruoli di navigazione e guida, data la loro esperienza in situazioni politico-geografiche diverse e il loro addestramento in territori climaticamente ostili
  5. Rommel

    Iveco 330.30 "Spedizione Overland"

    IVECO 330.30 “Spedizione Overland” Il progetto Overland Word Truck Expedition (conosciuto semplicemente come “Overland”) nasce nel 1995 con lo scopo di condurre un'esplorazione di tutti i territori del pianeta, esplorazione composta da soli italiani, con mezzi italiani e catena di collaborazioni gestita interamente in Italia. A sostegno di ciò, fu creata una partnership con la rete televisiva RAI1, al fine di rendere il viaggio un racconto a diario, trasmesso successivamente tramite montaggio in studio in 196 puntate totali. La scelta dell'equipaggio era vincolata alla tipologia di ogni mezzo impiegato ma, nella sostanza, contava la presenza di autisti esperti nel fuoristrada e in qualche occasione membri del Reggimento Paracadutisti Tuscania dei Carabinieri; a completamento del gruppo vi sono meccanici specializzati Iveco, fotografi, medici e una troupe televisiva. Overland divenne presto un'organizzazione, la quale si fece ambasciatrice Unicef in tutti i territori dove guerre, fame e povertà minano tuttora la vita delle popolazioni locali. La scelta dei veicoli impiegata fu ardua, in quanto andavano individuati i mezzi migliori per ogni situazione, capaci di interagire in caso di emergenza, sopportare situazioni climatiche e geografiche al limite. L'azienda incaricata fu Iveco-Magirus (sebbene furono di costruzione tedesca, la Magirus fa capo alla casa madre Iveco), la quale mise a disposizione quattro modelli 330.30 ANW 6x6 usati per l'impiego in cava cantiere. Dotati di un ottimo motore e di una scocca che ben sopportava le “frustate” più dure in tutti i terreni, erano equipaggiati con quattro moduli (che descriverò in seguito) attrezzati per garantire la sopravvivenza e l'autonomia di tutto l'equipaggio. Il convoglio però ebbe bisogno anche di mezzi più leggeri per i compiti di assistenza, apri-pista e ricognizione; essi variarono di volta in volta, sia a scopo pubblicitario, sia per esigenze di collaudo delle case sponsorizzatrici, accuratamente elaborati per l'off-road. Successivamente all'era dei “musoni”, furono organizzate spedizioni di soli mezzi leggeri anche di marche estere, ma sempre sotto l'egida dell'organizzazione Overland. Le varie missioni, oltre a portare assistenza medica, attraverso il progetto CinemArena portarono sotto forma documentaristica (utilizzando il fianco di un camion come telone da proiezione) i rischi e la prevenzione delle malattie locali. Per quanto riguarda gli Iveco in questione, la prima missione fu inaugurata nel 1996 con partenza da Roma e destinazione New York (US), passando per i territori siberiani, per lo Stretto di Bering, Alaska, Canada e Stati Uniti. La durata fu di 5 mesi di viaggio per una distanza percorsa di 32000 Km circa e 8 nazioni attraversate. Nel 1997, partendo dalla stessa New York vennero percorsi tutti i territori delle Americhe, attraversando la Foresta Amazzonica, la Cordigliera delle Ande, Terra del Fuoco, Patagonia e infine il Brasile. La distanza percorsa fu di 41000 Km circa in 16 paesi, affrontando le difficoltà tropicali e paludose, lontane dal freddo artico della missione precedente. La parte finale del viaggio nel 1998, senza scalo in madrepatria portò il team in Africa con partenza a Capo di Buona Speranza, costeggiò l'Africa orientale, attraversò il Medio Oriente, risalì l'Europa passando per i Balcani e terminò all'estremo nord europeo: Capo Nord. Furono percorsi 35000 Km circa in 32 stati, un viaggio che mise alla prova i “musoni” in tutte le condizioni climatiche possibili, in un unico raid, correlato oltretutto dal pericolo dei predoni locali, delle guerre e dai problemi burocratici alle dogane. La quarta spedizione segui la Via della Seta, con partenza dal Portogallo (Cabo de Roca) fino in Cina a Pechino, attraversando da ovest a est tutta l'Europa, Ucraina, Russia, Kazakistan, Urzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan. Il viaggio fu di 33000 Km circa, per una durata di di 5 mesi. Ai 4 330.30 furono affiancati due Iveco 40.10 Torpedo. In occasione del decennale sulla Convenzione dei Diritti dei Bambini, Overland rinnovò l'impegno nel sostenere, sia medicamente, sia economicamente tramite raccolte fondi in tutto il mondo, l'Unicef, dando risultati molto soddisfacenti. La quinta spedizione riprese dalla Cina come seguito della quarta spedizione, avviata il 25 agosto del 1999 e conclusasi il 24 dicembre del medesimo anno, vide il ritorno in Italia passando per il sud-asiatico, per circa 27000 Km percorsi. Particolarmente rischioso fu il rientro in Italia a Trieste passando per i territori balcanici, la spedizione temporaneamente arrestata a causa della guerra in Kosovo e dalla chiusura delle frontiere serbe. Di fatto la quinta spedizione fu per la maggior parte condotta in zone di guerra, con i conseguenti rischi che essa comportava; citando Beppe Tenti, capo-spedizione Overland: "Questo è stato veramente il viaggio più difficile tra tutti gli Overland che abbiamo fatto dall'inizio fino al 1999". Nel sesto viaggio, furono attraversati tutti i territori affacciati nel Mar Mediterraneo, per un totale di 35000 Km circa in 6 mesi in 22 stati. Fu la prima spedizione Overland a percorrere tutte le regioni della penisola italiana e la prima che vide un incidente stradale in Egitto, dove alle 23:00 una duna di sabbia invase la carreggiata danneggiando l'unico veicolo Iveco Daily aggiunto al convoglio, ferendo un membro dell'equipaggio. Le missioni continuarono ma senza la storica componente dei 4 Iveco 330.30 ANW, rimpiazzati da molti altri veicoli, ma rimasti nell'immaginario collettivo di Overland e diventandone il simbolo stesso (anche pubblicitario). Nel 2010, due di essi furono aggiornati e riutilizzati nella dodicesima edizione, percorrendo in 6 mesi e più di 50000 Km la costa atlantica africana, con partenza dal Sud Africa e destinazione Italia (Roma). I veicoli che li affiancarono furono un Iveco Daily 4x4 5.5T per il personale medico, un Iveco Trakker 6x6 allestito come officina e due Iveco Massif SW 4x4 in allestimento Grand Raid. Fino ad oggi, questa fu l'ultima spedizione che vide i “musoni” come veri protagonisti di viaggi memorabili intorno al globo. Sarà per il loro colore insolito (ma non scelto a caso), per la strana configurazione della cabina arretrata (molto poco diffusa in Europa) o per l'italianità di imprese così audaci e umanitarie sempre a favore di chi ha perso molto nelle zone più povere e martoriate del pianeta, costituiranno anche nell'avvenire il simbolo di una causa bella come il tricolore impresso nel paraurti frontale, a fianco degli anabbaglianti rinforzati. MOTORE Il motore era collocato in posizione avanzata rispetto alla cabina in posizione longitudinale. Fu un Deutz BF8L513, V8 diesel con sovralimentazione bi-turbo con intercooler, raffreddato ad aria tramite compressore assiale, corsa di 125 mm x alesaggio di 130 mm, 12763 cc di cilindrata, 1170 Nm a 1500 rpm e una potenza massima di 306 cv a 2500 rpm. L'iniezione era diretta e l'aria dell'alimentazione arrivava da due filtri esterni raccordati a due snorkel, posizionati entrambi ai lati della cabina (per una più facile pulizia e sostituzione). Il carburante è contenuto in due serbatoi da 500 l l'uno e sono connessi al motore tramite tubazioni riscaldate in Termolite al fine di evitare il congelamento del carburante stesso a -40/-50°C. CATENA CINEMATICA E TRASMISSIONE Il cambio era un manuale 8 marce più 8 ridotte ZF 4S120GP collegato tramite frizione monodisco a secco ad un differenziale centrale bloccabile. La trazione 6x6 era permanente, a differenza del differenziale anteriore, i due posteriori erano bloccabili manualmente. Tutte le sospensioni erano a balestra adottanti il sistema Cantilevel e tutti i freni avevano un azionamento pneumatico a tamburo. Nel ri-allestimento per la dodicesima spedizione, a due veicoli fu istallato un verricello a comando idraulico posizionato davanti al paraurti e non incassato tra il paraurti e il ponte anteriore come nei quattro allestimenti originali, con un cavo in acciaio da 80 m e tamburo ad innesto diretto sul motore. Il mezzo fu dotato di pneumatici “mono-traccia” Pirelli Pista PS22 14.00R20, specifiche per il fuoristrada estremo e per gli impieghi militari. Come prestazioni, la velocità massima raggiungibile su strada era di 100 Km/h e un'autonomia media di 2000 Km circa; capacità di guado di 1,5 m e pendenze superabili del 60%. ALLESTIMENTO Il telaio aveva una classica geometria a longheroni e traverse, allungato rispetto alla versione industriale. La cabina arretrata ospitava 3 operatori. Ogni veicolo disponeva tra gli assi anteriori e posteriori di due serbatoi di carburante a destra e un quadro elettrico integrato in un cassetto rinforzato sulla sinistra, il quale distribuisce l'energia elettrica prodotta dal gruppo elettrogeno da 15 Kw alle utenze esterne. Nella zona carico erano presenti i moduli abitativi, creati in cassoni rinforzati, ermetici e isolati termicamente, nei quali erano presenti un portello laterale con scaletta d'accesso abbattibile e scorrevole sotto il pianale del mezzo. Il sistema di condizionamento, Webasto e l'apparato elettrogeno erano posti sul retro, insieme alle ruote di scorta. Insieme alla scaletta per l'accesso superiore al mezzo, nel quale vi erano ganci d'ancoraggio per eventuali cinghie ferma-carico. I camion erano allestiti in quattro configurazioni per rendere il convoglio autonomo: dormitorio, mensa, officina e cisterna. I primi due furono fondamentali per l'alloggio del personale in quanto fu considerato poco sicuro e precario il pernottamento sulle locande locali (sempre che vi fossero stati posti dove passare la notte e mangiare). Nel dormitorio erano presenti sei cuccette e uno scompartimento per i servizi igienici, nella mensa era presente un fornello a tre fuochi, un tavolo da dieci posti, un lavello e una toilette. L'officina mobile comprendeva un banco da lavoro con tutti gli attrezzi necessari alle riparazioni “da campo” e un compressore d'aria. Per l'alloggio del personale meccanico erano previste quattro cuccette e toilette con doccia. Infine, nell'allestimento cisterna, era presente una cisterna supplementare di gasolio da 4000 l, sufficiente a rendere autonomo il convoglio per ulteriori 4000 Km circa; lo stesso mezzo era utilizzato per il trasporto dei pezzi di ricambio. Nella dodicesima spedizione vennero utilizzati solamente gli allestimenti mensa e dormitorio; per la ripresa del servizio furono necessari importanti revisioni e aggiornamenti, quali pulizia, verniciatura interna, ripristino dell'impianto elettrico e degli elettrodomestici e sanitari. Esternamente, i Webasto furono aggiornati e dotati di bypass interno per il pescaggio del gasolio, senza la necessità di costanti rabbocchi. La famosa e distinguibile vernice arancione (scelta in quanto ad alta visibilità e “neutrale” per tutti i paesi) fu rinnovata con migliori caratteristiche di resistenza termica e meccanica. Per quanto riguarda le misure, la lunghezza era di 9 m per una larghezza di 2,5 m e un'altezza (senza carico addizionale) di 4 m. L'altezza da terra era di 0,31 m e il passo misurava 4 m x 1,38 m. A pieno carico, scaricava a terra 18 t. Video documentario consigliato: https://www.youtube.com/watch?v=Mi91kdgbgbE http://www.overland.org/chi-siamo/mezzi/i-musoni-33030.html https://it.wikipedia.org/wiki/Overland http://www.construction-engine.com/bf8l513c280330hp.html
  6. Rommel

    Centauro

    Noi tutti stiamo ancora aspettando il tuo video sulle tue idee sperimentali, ma in linea di massima: Ma la finisci di cercare soluzioni a problemi che non esistono? Filosofica-concettuale?? La tecnica militare è questione di logica, calcoli ed un minimo di ragionamento ad ampio spettro, non un poema di Omero. La domanda è: perchè? che vantaggio ti porta? è così difficile guidare una Centauro II da richiedere l'assistenza di fior fior di elaboratori e cablaggi ridondanti? Per quanto riguarda i fari a scomparsa, belli per carità.. ma avrebbe senso? A parte che la Centauro II può usare i visori all'infrarosso di notte, ma all'esercito non mancano i soldi per cambiarsi due lampadine e raddrizzare una placchetta metallica.
  7. Rommel

    Centauro

    Ti "boccio" ben due volte perché le tue "soluzioni" portano a trasformare la centauro in un catorcio ingombrante, rumoroso e auto-distruttivo. Tutto ciò che mi hai detto fa solo fondere i motori di tutto il mondo e a rendere inservibile quel mezzo in guerra. Senti.. io ti ho dato un parere onesto con spiegazioni tecniche. Mi è sembrato corretto. Ora, se non ti piace sentire una contro analisi tecnica e motivata, la cosa non mi riguarda. Parla con vorthex che ha più pazienza di me. Anzi, visto che a delle idee deve sempre seguire un prototipo, combenta il motore della tua macchina con la ceramica e riempi il cofano di ventilatori. Metti nel bagagliaio 8 batterie x lo start & stop e fatti 2 ore in mezzo ai campi arati. Facci il video e se non fondi o se non esplode, noi TUTTI ti chiederemo immensamente scusa, e parlo sul serio. Se è vero che può funzionare, facci il prototipo
  8. Rommel

    Centauro

    Perchè non risolvi il problema, lo sposti solamente. Se prima era il motore da raffreddare, con il tuo sistema non sarà più il motore il problema ma il getto di aria calda che deve uscire dal veicolo. Aria calda a 150°C costante per ore e ore. Se poi aggiungiamo che un compressore così oltre all'aria aspira di tutto (non puoi mettere filtri perchè riducono la portata d'aria, aumentano la temperatura interna e se si intasano fondi il motore) e che per forza dovrai raffreddare con griglie e macchine a pompa di calore il getto d'aria bollente uscente, che cosa hai creato? una centrale termo-elettrica su ruote, rumorosa, ingombrante, ad alta probabilità che esploda da sola e con un condizionatore appeso. a questo punto: ha senso tutto ciò? No. Raffreddare i gas di scarico con il semplice effetto Venturi e lasciare alla scocca il compito di dissipare naturalmente il calore irradiato è economico, facile, leggero, SEMPLICE e affidabile. Per quello tutti i mezzi militari adottano questa soluzione non per altro.
  9. Rommel

    Centauro

    l'idea è buona, ma lo Start&Stop richiede batterie davvero poderose e ne accorcia la vita in modo assurdo (chiunque ha la macchina S&S a casa, la prima cosa che fa è toglierlo per non spendere ogni 6 mesi 70 e più euro di batteria). Batteria che: 1) pesano 2) ingombrano 3) se anche solo leggermente danneggiate, azzoppano il veicolo. 4) costano.. tanto.. più delle nostre anime. e se mai scoppia un conflitto il litio non lo trovi dietro casa Ripeto il concetto, è vero che la ceramica scherma e isola, ma per un certo lasso di tempo, e poi scalda. ciò che proponi (e ripeto, hai ragione ma solo in linea teorica funziona), è come creare una splendida caldaia diesel da esterni RHOSS (semovente), che sviluppa un buon calore costante e pure a risparmio energetico. Pensa che i pannelli ceramici non gli usano neanche i caccia, con turbine che scaldano a 1500°C Un raffreddamento del genere non viene adottato perchè semplicemente i motori militari, quel range di temperature lo reggono benissimo senza aiuti esterni. Tanto per dirti, un Maz 543 degli anni '70 (V12 diesel senza il turbo) si metteva in moto a -40°C solamente grazie ad un combustore a diesel che sparava fumi di scarico dentro le camere dei cilindri. Il bestione, tra l'altro, con le camere cilindri imbrattate di nafta, condensa e residui di carbonio, si metteva in moto già al primo giro di chiave anche avviandolo dolcemente, un compressore centrifugo gira sempre e comunque a 10.000 giri/min. credimi.. fa tanto tanto rumore. Richiederebbe cuscinettature a bagno d'olio e a revisione costante. Una cricca su una o più biglie a 10.000/15.000 giri (e lo so per esperienza) ha lo stesso rumore di una motosega dentro una stanza. In un veicolo militare non si può rischiare così.
  10. Rommel

    Centauro

    In linea puramente teorica ti darei ragione, in linea pratica.. fonderesti qualsiasi motore in 10 min. e ti spiego anche perchè. Circondare un motore con pannelli ceramici si chiama coimbentare; la coimbentazione ceramica ha due terribili difetti: 1) così come scherma il calore verso l'esterno, lo scherma anche verso l'interno, costringendo il motore ad affogare nel suo stesso calore irradiato 2) poniamo la situazione dove la Centauro dopo 3 ore di viaggio si apposta per tendere un agguato. deve essere quanto più possibile invisibile termicamente. avendo un "astuccio" metallico come ora, possiamo scommettere che (essendo il metallo un ottimo dissipatore di calore) il mezzo si raffredderà di circa la metà in 1/2 ora a grandi linee. Con la coimbentazione ceramica, (la ceramica è un pessimo dissipatore e ha la capacità di immagazzinare calore lentamente) la mole di calore verrà rilasciata moooolto lentamente e costantemente, facendo risultare il vano motore ancora bollente dopo 3 ore o più (non per nulla, i caminetti in montagna sono tutti costruiti chiusi da mattonelle e piastre di ceramica), trasformando la centauro in una stufa a diesel di buona efficienza. Ergo, necessiterebbe di un forte sistema di raffreddamento, e ce ne sarebbero di 3 tipi: a circuito aperto ad acqua di mare e fasci tubieri (trasformando la Centauro in una motovedetta costiera degli anni '90), tramite sottrazione di calore esterno (trasformando la Centauro in un Pinguino DeLonghi versione 8x8) o tramite il pompaggio di aria, forzandola non solo nei radiatori ma anche al motore, e qui siamo da punto e a capo. Ti immagini, oltre al rumore di un compressore, la vampata di calore a 150° che uscirebbe dagli scarichi per circa 3 ore in un appostamento? alle lenti di un sensore termico, la Centauro diventerebbe uno scaldabagno blindato in mezzo alla foresta. A conti fatti quindi, l'uso della ceramica peggiorerebbe a livelli distruttivi non solo l'occultabilità, ma la stessa integrità del motore
  11. Rommel

    LeTourneau Overland Train

    LeTourneau Overland Train Ci sono invenzioni difficili da credere, cose realizzate e finanziate dagli stessi governi che sembrano uscite dalla mente di un bambino piuttosto che da esigenze militari e civili ben specifiche. Dagli aerei cargo mostruosamente grandi a piattaforme petrolifere off-shore come palazzi in una metropoli. Ma nessuno avrebbe mai immaginato un treno che corresse fuori dai binari lungo gli spazi sterminati dell'America. O almeno.. nessuno prima del 1950. l'Azienda LeTourneau texana, specializzata in attrezzature pesanti per il movimento terra, ideò nel 1950 la trasmissione diesel-elettrica multi ruota; in poche parole, l'applicazione pratica della trazione ferroviaria a veicoli concepiti per operare al di fuori dei binari. La richiesta di tali veicoli era dettata da diversi fattori: il trasporto pesante via nave era lento e limitato alle destinazioni costiere, il trasporto via treno non era per nulla capillare e suscettibile alle condizioni stagionali e atmosferiche (ghiaccio nei binari, cumuli di neve lungo la linea, tempeste e interruzioni di corrente ecc.) e il trasporto aereo non aveva un'efficienza tale come ai giorni nostri, oltre che al vincolo ferreo dei limiti di peso. Il trasporto di grandi strutture doveva essere frazionato e distribuito tra i vari mezzi fino al raggiungimento della destinazione. L'insieme delle idee portarono alla creazione del primo Overland Train, il VC-12 “Tourna Train”. Fu sviluppato in 3 anni e nel 1953 iniziò la fase di test; conobbe una certa celebrità nelle distese dell'Alaska, dove percorse piste non battute lontane dalla linea ferroviaria, con il medesimo carico di un treno ma con i costi d'esercizio di un'intera flotta di camion. Dopo il successo ottenuto fu presentato ai rappresentanti dell'US Army del TRADCOM (Transportation Corps Research and Denvelopment Command), fu seguito della soddisfazione generale ma il mezzo, costruito in un solo esemplare, non fu scelto dall'esercito sebbene i test proseguirono per tutto l'anno seguente. Nella tecnica, il convoglio era costituito da una motrice (il cuore energetico di tutto il treno di rotolamento), caratterizzata da un chassis a longheroni, una cabina avanzata ospitante 4 persone, un'imponente cisterna di diesel nel retro cabina che andava ad alimentare il gruppo elettrogeno principale. L'elettricità prodotta andava ad alimentare i motori elettrici, posizionati nei singoli mozzi delle ruote, tramite ingranaggi riduttori. I 3 rimorchi che seguivano avevano tutti 2 assi e pesavano 20 t l'uno, essi avevano un ruolo attivo in quanto la trasmissione elettrica alimentava ogni singolo rimorchio nella stessa modalità in cui alimentava la motrice. Il risultato fu che il convoglio iniziale (una motrice più tre rimorchi) lavorava come un unico pianale, garantendo una trazione 16x16 costante senza complessi cardani meccanici e perdite di potenza; ma la genialità del progetto fu che, più rimorchi si potevano agganciare, più la capacità trattiva aumentava, non ponendo limiti ne alla lunghezza ne al numero di rimorchi agganciabili, fatta eccezione per la “sete” di energia elettrica. Alla luce di ciò il VC-12 venne allungato con ulteriori 4 rimorchi e potenziato il gruppo elettrogeno. Il “Tourna Train” definitivo arrivò ad essere un 32x32 capace di trasportare 140 t. Il primo motore utilizzato fu un Cummins VT12 da 500 cv a 1800 rpm, il secondo fu sempre un Cummins portato a 1000 cv. Contemporaneamente venne creata una macchina ottimizzata per l'impiego sulla neve, avente la stessa tecnologia ma senza la trasmissione dell'energia elettrica ai rimorchi, di fatto svolgendo il puro ruolo trattivo. Il modello in questione fu il TC-264 “Sno-Buggy”, di fatto una mostruosa motrice avente 4 ruote maggiorate gemellari, per un totale di 8 pneumatici dal diametro di 3 m dedicati al suolo innevato. Sebbene ingombrante e molto poco maneggevole, fu inviato in Groenlandia per una sessione di test. La trasmissione elettrica rimase invariata rispetto al VC-12, il gruppo elettrogeno venne sostituito con Allison V-1710 a butano. Anch'esso fu proposto, apprezzato ma respinto dalle forze armate, al pari del primo veicolo. L'US Army non restò insensibile all'idea di sviluppare e dotarsi di un Overland Train per vari motivi: durante i primi anni della Guerra Fredda fu istallata la DEW (Distant Early Warning), una catena radar da ben 78 siti in grado di rilevare qualsiasi intrusione aerea o attacco nucleare nel suolo americano e canadese. Tutti i siti in Alaska erano difficili da raggiungere e necessitavano di costanti rifornimenti in ogni condizione climatica, i tratti di mare erano spesso ghiacciati ostacolando i rifornimenti via nave; avere un lanciatore multiplo per i missili Caporal, in grado di spostarsi per il paese senza grandi problematiche geografiche; Un veicolo che recuperasse i natanti da sbarco lungo la costa e li trasportasse in siti manutentivi anche distanti dai porti; avere un trattore capace di recuperare i bombardieri strategici accidentati atterrati fuori dalle piste. Venne deciso il finanziamento alla LeTourneau del programma da parte dell'esercito, più precisamente per un veicolo che sapesse integrare le soluzioni tecnologiche all'avanguardia del VC-12 con la brutale potenza dello “Sno-Buggy”. A pesare sulla decisione ci fu la commissione di un mezzo da parte della Alaskan Freight Lines Inc., a sua volta incaricata per la gestione dei trasporti e rifornimenti dalla Western Electric Co., la prime contractor per la realizzazione della linea difensiva DEW. Il problema consisteva proprio nel far transitare lungo tutto il Canada fino in Alaska 500 t di materiale, necessario alla costruzione degli impianti. I requisiti dettati alla Letourneau combaciavano con le specifiche geografiche del nord-canadese: capacità di trasporto di 150 t nette, affrontare salite montane senza particolare sforzo, guadare corsi d'acqua profondi 1,2 m a temperature di -68°C. Il 17 febbraio 1955 fu realizzato il VC-22 “Sno-Freighter”, dopo soli 43 giorni dalla commessa e con tutte le fasi di verniciatura finite entro il mese. Esso fu il primo veicolo estremamente pesante a raggiungere l'oceano artico partendo dagli Stati Uniti. Noto anche come Cross-Country Freighter, ha servito bene per tutto l'anno finchè, l'anno seguente, si incendiò distruggendo il generatore centrale, a causa di una discesa impostata male dal pilota (senza l'ausilio dei freni, i motori elettrici hanno funzionato da generatori sovraccaricando il sistema; l'inerzia dei rimorchi ha fatto il resto) causandone la distruzione. I resti della motrice furono comprati da un privato (Bobby Miller) nel 1968 per 25000 dollari, successivamente rivenduto ad un altro privato (John Reeves) ed esposto ai turisti. L'unità termica era costituita da due motori da 400 cv Cummins NVH-12BI, con trazione 24x24, 5 rimorchi per un totale in lunghezza di 84 m e 170 t di carico netto. I risultati incoraggiarono l'esercito americano ad andare avanti con i finanziamenti, arrivando a stabilire le prerogative del mezzo che prese il nome ufficiale di LCC-1 (Logistical Cargo Carriers) o YS-1 “Army Sno-Train”. Se la versione precedente poteva avere le fattezze di un mostro su ruote, l'LCC-1 riusciva a far impallidire anche i più audaci monster truck odierni. Allo scopo di aumentare la mobilità (nota dolente di ogni mezzo fin qui costruito) si decise di dividere in segmenti l'unità motrice tramite un giunto cardanico, quello che a posteri verrebbe definito “dumper multi-trailer”. I requisiti iniziali imponevano un trasporto di materiale pari a 45 t in ogni condizione, compresa quella desertica; fu creato nel 1956 e, una volta approvato, fu collaudato nel Michigan e successivamente inviato in Groenlandia fino al 1962, anno della fine dei lavori per la DEW Lines. Il mezzo si componeva di una cabina primaria ospitante 3 operatori con i relativi scomparti per il riposo, cucina (grezza) e servizi igienici. Dall'altra parte del cardano vi erano tutti i gruppi generatori e i serbatoi di carburante. La configurazione a 3 rimorchi prevedeva la trazione 16x16, con le stesse ruote dello Sno-Freighter dal diametro di 3 m uguali per tutta la linea di trasmissione. Per l'aggancio del pesante timone dei rimorchi, la motrice fu dotati di un argano posizionato su un telaio a L, alimentato e comandato dalla cabina. L'alimentazione era fornita da 2 gruppi elettrogeni, costituiti da motori Cummins VT-12 da 600 cv l'uno. Fu abbandonato a fine servizio vicino al polo nord-canadese, ora in mostra al Yukon Trasportation Museum in Canada. La leggenda degli Overland Train però non finisce qui: i requisiti dell'US Army aumentarono chiedendo un mezzo sempre più grande, sempre più lungo e sempre più folle. E la LeTourneau il mezzo più folle glielo diede. Il TC-497 Mark II. Tuttora detentore del record per il mezzo gommato più lungo della storia, fu costruito nel 1958 con modifiche che gli permisero di non avere limiti alla lunghezza e al peso complessivo trainato al costo di 3,7 milioni di dollari. Innanzitutto, la centrale energetica non era più vincolata alla motrice come in tutti i mezzi precedenti: infatti nell'unità di testa vi era la cabina di guida e un gruppo elettrogeno principale. In un rimorchio “tender”, agganciabile in ogni punto del convoglio, c'erano ulteriori 3 gruppi elettrogeni. I 4 gruppi di energia non consistevano più nei classici motori a benzina, diesel o butano, ma in turbine a gas Solar MC-10 (CAT) da 1170 cv l'una. Per raggiungere un buon rapporto di peso e potenza, tutta la struttura fu realizzata in alluminio saldato. L'altra grande innovazione fu il sistema di sterzo: nell'LCC-1 si notò come i rimorchi viravano in maniera passiva, cioè se la motrice schivava un ostacolo era possibile che parte dei rimorchi non seguissero la scia andando a collidere. Nel MKII fu risolto dotando ogni rimorchio, composto da 4 ruote, di 2 organi di sterzo controllati direttamente dalla cabina; questo per consentire a tutto il convoglio di ruotare nel medesimo punto e con il medesimo grado in cui avrebbe virato la motrice, stile “serpente”. Il limite del sistema consisteva nell'effettuare questa manovra a basse velocità e la si poteva attuare solamente in maniera manuale. La motrice ora contava su 6 ruote non articolate, in quanto il complesso sterzo sostituiva in maniera ottimale eventuali collegamenti cardanici. La compattezza dei gruppi elettrogeni permise l'alloggiamento di 6 persone con servizi dedicati, zona notte e cucinino. Essendo studiato per operare nei deserti e nelle lande gelide, particolare cura fu posta nel sistema di climatizzazione/riscaldamento. Data l'imponenza del mezzo, per la navigazione terrestre furono istallate antenne radio e un radar sopra la cabina. La cisterna era divisa tra motrice e tender, per un totale di 30000 l di combustibile e un'autonomia da 560 a 640 Km circa a 32 Km/h (nulla esclude però che altri eventuali rimorchi cisterna potessero essere agganciati al convoglio, togliendo limiti all'autonomia). In quanto a dimensioni, il convoglio presentato possedeva 11 rimorchi, una motrice e un tender, per una trazione 54x54, una lunghezza di 174 m, 300 t di peso più ulteriori 150 t trasportabili. L'esercito confermò le specifiche nel 1960, l'assemblaggio iniziò nel '61 e nel 1962 cominciò la fase di test; venne inserito nell'ambito del progetto LONTRA come “Overland Train Terrain”. Presto sarebbe entrata in servizio una tra le più straordinarie macchine belliche se non che.. il “nemico arrivò dal alto”. In quegli anni infatti, la Sikorsky, nota azienda produttrice di elicotteri, presentò il sorprendente S-64, la cosiddetta “gru volante”. Le sue doti di flessibilità, velocità, potenza, costi ridottissimi di esercizio e (non di meno) la capacità di volare, non solo resero obsoleto l'Overland Train “dal giorno alla notte”, ma segnò nuovi standard per il trasporto pesante tattico anche nei decenni a venire. Il TC-497 fu battuto all'asta ad un privato per 1,4 milioni di dollari, restaurato ed esposto in Arizona; tutti i rimorchi vennero demoliti. Fu così che si concluse la breve ma curiosa storia di questi giganti appartenuti alla fantasia di un tempo in cui nulla poteva ostacolare la corsa al sempre grande, sempre più potente e sempre più folle. Eric C. Orlemann 2001 “ LeTourneau Earthmovers ”, https://it.wikipedia.org/wiki/Overland_train http://www.unusuallocomotion.com/pages/locomotion/letourneau-land-trains.html https://www.warhistoryonline.com/military-vehicle-news/the-gigantic-180-meter-long-us-army-land-trains-of-the-1950s.html/3 http://www.huffingtonpost.com/john-geoghegan/off-the-railspart-ii_b_2450444.html http://www.taringa.net/posts/autos-motos/4080855/LeTourneau-Overland-Train-el-mayor-ferrocarril-con-ruedas.html
  12. Rommel

    Classe Komar

    Classe Komar Un ringraziamento per la gentile collaborazione, Gian Vito. Davide contro Golia. Forse è così che si può immaginare metaforicamente la creazione di questa imbarcazione sovietica, un'unità minore derivata da un'unità antiquata ma che ha saputo tenere sulle spine navi del calibro di un cacciatorpediniere, grazie all'uso di una “fionda” che rivoluzionò il warfare del Patto di Varsavia. Tutto ebbe inizio dopo il 1950 nella marina dell'Unione Sovietica, con la dismissione della motosilurante classe P4 e la progettazione della classe P6 (progetto 183), ottimizzata per l'intercettazione di fregate e cacciatorpediniere. Inizialmente armata con 4 tubi di lancio per siluri Type 53 da 533 mm con l'appoggio di due torrette binate con pezzi da 25 mm 2M3, con l'aggiunta di 12 cariche di profondità o due mine antinave. La produzione fu subito elevata sia in URSS sia nei paesi alleati, arrivando a superare le 622 imbarcazioni. Per quanto ben armate e con discrete prestazioni, risultava chiaro che l'avvento di nuovi radar e il miglioramento prestazionale dell'artiglieria avrebbe reso vana l'azione delle piccole unità, impedendo il lancio dei siluri alle distanze abituali, riducendo drasticamente le possibilità di colpire. L'era d'oro per le motosiluranti sembrava volgere al termine. Ciò che l'Unione Sovietica cercava era un'arma capace di eludere i sistemi radar nemici o, perlomeno, riuscire a tenersi a debita distanza dai cannoni americani, da usare principalmente a scopo difensivo ma con ottime possibilità in attacco. La svolta arrivò con la creazione dei missili da crociera SS-N-2 Styx (P15 Termit) e il loro vasto utilizzo sulle navi della marina. Detti missili, istallati in piccole unità veloci, avrebbero potuto costituire una grande potenza di fuoco dal rapido dispiegamento e dal basso profilo. Nel 1957 venne creata dalla ALMAZ una versione ad hoc della P6 denominata Progetto 183R, successivamente nominata “Komar”, con un armamento ridotto ad una sola torretta binata da 25 mm ma con l'istallazione di due voluminosi case per i missili antinave sulla parte poppiera. Ogni reparto di moto-cannoniere lancia missili comprendeva 6 unità, in quanto venne calcolato in linea teorica che sarebbe servito lanciare 12 missili contro un cacciatorpediniere NATO, con 1 sola possibilità su 3 di colpirla. Secondo un documento de-secretato dagli archivi CIA del 17 novembre 1967 (N°00796/67B) sull'impiego dei missili guidati sovietici, il profilo di ingaggio prevedeva l'identificazione del target da parte di unità maggiori o radar costieri. Seguiva l'invio delle motocannoniere lanciamissili Komar per l'aggancio del bersaglio attraverso il radar di bordo, distanza stimata sulle 20 miglia nautiche, attraverso il quale i missili acquisivano la telemetria e i rilevamenti del bersaglio. Lo stesso acquisiva poi il feedback sull'avvenuto attacco ed eventuali danni all'unità nemica. Per il massimo effetto, il missile doveva essere approntato e lanciato sulla base dei dati forniti dal radar della nave madre o tramite sistemi ottici imbarcati nella Komar. Dopo l'inserimento delle necessarie informazione nel sistema di guida del missile, un booster lo avrebbe portato fuori dai case ad una quota operativa tra i 92m e i 300 metri ad una velocità di 0,9 mach, costringendo le forze di difesa alla reazione in un solo minuto. Il progetto si rivelò vincente in quanto l'utilizzo di una motosilurante alleggerita costituiva un bersaglio sfuggevole date le elevate velocità in navigazione, che, unite al basso profilo dello scafo e alla sezione ristretta e minimale della tuga, ne rendeva molto difficile l'individuazione per i radar contemporanei. La Komar però non era esente da difetti, derivati dalla mancanza di corazzatura del ponte e dalla mancanza di efficienti pezzi contraerei, il che la rendeva molto vulnerabile agli attacchi aerei. Il secondo problema era costituito dagli stessi missili Styx, suscettibili alle contro-misure elettroniche. Inoltre non era possibile ingaggiare un bersaglio ad una distanza di 5 miglia nautiche, in quanto essa era la distanza minima oltre la quale non poteva attivarsi il meccanismo puntamento e innesco della testata. Inoltre, nel caso di bersagli multipli, il radar imbarcato non poteva discriminare il bersaglio prioritario. Il range di temperature per l'utilizzo del sistema d'arma Styx apparentemente non poteva essere effettuato in condizioni inferiori di -15°C e superiori a 40°C. Inoltre non era possibile ingaggiare bersagli entro 4 miglia dalla riva dal lato del mare in quanto il disturbo radar causato dalla costa avrebbe alterato le rilevazioni; vennero riportati casi di ingaggio in esercitazione con la prora dell'imbarcazione tenuta parallela alla linea costiera. La Komar fu prodotta in serie negli URSS fino al 1965 nella versione R in 58 unità e 52 unità dotate di turbina a gas ausiliaria (identificata come TR), di cui si sommano 2 prototipi utilizzati per il collaudo dei missili Styx, le 183 A furono ottimizzate per operare nell'artico, la versione T le rendeva un bersaglio teleguidato. Per le esportazioni fu commissionata dall'Algeria in 6 unità nel 1966 (radiate nel 1987), dalla Cina in 23 unità acquisite dal 1960 al '67, alla Corea del Nord nel 1962 in 6 unità più ulteriori 4 prodotte in licenza, a Cuba in 18 unità dal 1963 al '66, Etiopia in 2 unità, Guinea in 3 unità successivamente affondate, Indonesia in 12 unità tra il 1962 e il '64 (radiate nel 1980), Iraq con 3 unità nel 1971, Vietnam del Nord in 4 unità tra il 1972 e l'80, 6 unità siriane nel 1966 (di cui 2 affondate nel 1973) e 7 unità per l'Egitto dal 1962 al '67 ritirate negli anni '90. In URSS la Komar servì da base per la realizzazione della successiva classe Osa, caratterizzata da una capacità d'attacco raddoppiata (da 2 a 4 missili) e da dimensioni maggiorate. In Cina venne prodotta sotto licenza come classe Houku in 6 esemplari, caratterizzata da dimensioni maggiori e l'inserimento di una seconda torretta binata poppiera (come previsto nell'originaria P6). Le unità egiziane, dopo il 1980, crearono una versione nazionale dotata di armamento europeo, definita classe October, armata con missili antinave OTOMAT, di gran lunga più versatili, prestazionali e affidabili. La prima vera prova di forza per la Komar ebbe luogo il 21 ottobre 1967, quando 2 unità egiziane affondarono il cacciatorpediniere israeliano Eilat. Al momento dell'attacco, l'Eilat stava pattugliando fuori dalle acque territoriali egiziane con lo scopo di evitare infiltrazioni nel Sinai. A tutt'oggi è acceso il dibattito sulla posizione del cacciatorpediniere, dove non è effettivamente chiaro se si trovasse ad operare appena dentro o appena fuori le 12 miglia nautiche dal confine egiziano. Dal rapporto CIA risulta che l'equipaggio dell'Eliat fosse in stato di pre-allarme per l'individuazione da parte di un radar costiero egiziano; viene riportato che il comando ignorasse di essere sotto attacco, fino a quando i radar della nave inquadrarono un missile in rotta d'intercettazione a 6 miglia di distanza, il primo attacco ebbe esito negativo. Alcuni minuti dopo ricevette un secondo missile che distrusse la sala macchine; mentre la nave imbarcò acqua e si prestò ad affondare nelle 2 ore successive, ricevette un terzo attacco andato a segno. Resta ancora non accertato il lancio del quarto missile. Nello scenario della Guerra in Vietnam, 4 Komar vennero schierate contro la flotta americana lungo i fiumi dell'entroterra e in appostamento negli estuari. Il 19 aprile 1972, ingaggiarono il cacciatorpediniere americano USS Sterett durante la battaglia di Dong Hoi; l'esito dell'attacco fu negativo, con l'intercettazione di tutti i missili Styx lanciati (la vicenda non fu confermata dalla documentazione ufficiale). Vennero tutte neutralizzate da attacchi aerei il 19 dicembre dello stesso anno. Un'altra battaglia che vide schierate le Komar fu combattuta tra Israele e Siria il 7 ottobre 1973 (Battaglia di Latakia), con l'obbiettivo israeliano di distruggere le moto-cannoniere lanciamissili siriane in risposta alle ostilità iniziali. Alle 23:30, alla prima salva di missili Styx seguirono le contromisure elettroniche e i chaff lanciati dalle navi Miznak, Ga'ash, Hanit, Mivtach e Reshef. In risposta all'attacco, andato a vuoto, seguì l'abbattimento di una Komar e delle Osa siriane con missili Gabriel. La Komar superstite, danneggiata, fu affondata da un colpo da 76 mm. Va detto che le moto-cannoniere erano ormeggiate al porto di Latakia durante l'attacco e della salva di missili sparati dalle medesime, 2 colpirono per errore due vascelli mercantili alla fonda. CARENA E STRUTTURA Tutta l'imbarcazione, come accennato, ricalcava le forme interne ed esterne della motosilurante classe P6. Lo scafo aveva una struttura in legno stratificato con carena semi-planante, successivamente realizzata in acciaio dopo i primi 100 esemplari costruiti, con lunghezza fuori tutto di 25,5 m, larghezza di 6,4 m per un pescaggio di 1,4 m. Il dislocamento (senza i missili imbarcati, si aggirava sulle 70 t, con un dislocamento a pieno carico di circa 81 t. Le murate presentavano un profilo basso senza interruzioni, eccezion fatta per gli scarichi dei motori e le prese a mare lungo la linea di galleggiamento, in posizione centrale-poppiera. Nella parte poppiera dello scafo erano presenti 4 assi porta elica e due timoni semi-compensati; lo specchio di poppa seguiva la linea del ponte ed era inclinato verso l'esterno di 18/20°. Il ponte si presentava continuo, interamente calpestabile; lungo tutto il perimetro era presente una battagliola dal basso profilo; a prora vi erano le bitte e le aperture del salpa-ancora e, subito dietro, la torretta per il pezzo d'artiglieria. In posizione centrale era presente la tuga di dimensioni molto contenute e stretta, munita di 3 oblò frontali con apertura a compasso per la navigazione e la totale assenza di aperture lungo i fianchi (il portello d'accesso era situato nel retro tuga sotto l'albero-traliccio, dove era sistemata la suite elettronica). Particolare dell'alberatura a traliccio era la possibilità di abbatterlo lungo la linea di mezzavia, al fine di contenere il riflesso radar e navigare in fase di attacco solamente attraverso l'uso del radar dell'imbarcazione di testa o con quello della nave madre. Nel ponte poppiero venne rimossa la seconda torretta artigliera e l'armamento leggero, per far posto ai 2 voluminosi case KT-67 per i missili, istallati su rotaie e un traliccio inclinati di 12°, originariamente lunghi 4,5 m e successivamente ridotti a 2,75m; ogni lanciatore con i vari sistemi di lancio arrivava a pesare 1,1 t e consentiva il lancio in velocità tra i 15 e i 30 nodi fino alla condizione di mare forza 4. Le ricariche dei missili dovevano avvenire solamente i porto per un tempo di 30 minuti a missile. All'interno, la motocannoniera era studiata per l'imbarco di 17 operatori (di cui 3 ufficiali), con un'autonomia in mare di 5 giorni. Nel gavone di prora c'era la stiva per l'ancora; subito dietro la paratia prodiera erano presenti le brande, il locale cucina e i servizi igienici. Centralmente la scaletta di accesso alla tuga superiore e la saletta del comandante. Nello spazio restante regna l'imponente sala macchine e i serbatoi di carburante. APPARATO DI PROPULSIONE Per la spinta, le Komar si avvalevano di 4 motori posizionati in modo sfalsato, con la coppia laterale arretrata rispetto alla coppia centrale. Ogni motore consisteva in uno Zvezda V12 M50F6 ottimizzato per l'impiego navale, diesel con compressore centrifugo collegato direttamente all'asse motore, singolo ma di grandi dimensioni; 1204 cv a 1854 rpm, 62400 cc di cilindrata con alesaggio di 180 mm per corsa 200 mm. La trasmissione era in linea d'asse, composta da 4 alberi e 4 eliche a 3 pale in bronzo a passo fisso, che garantivano una velocità massima di 38 nodi continuativi e 43 nodi di spunto, un'autonomia di 885 miglia nautiche a 11,8 nodi, 480 miglia nautiche a 26 nodi, 450 miglia nautiche a 27,5 nodi o 400 miglia nautiche a 30 nodi. Per l'alimentazione elettrica dispone inoltre di generatori diesel, rispettivamente da 22 Kw, 15 Kw e 7 Kw. SISTEMI DI NAVIGAZIONE La suite elettronica era composta da un radar MR-331 Rangout e un sistema di riconoscimento/identificazione IFF Nikhrom, ereditati dalla precedente P6. In aggiunta furono stallati un radar di scoperta “Square Tie”e un IFF “High Pole-A” ottimizzati per l'unità Komar. Il sistema di elaborazione P.U.S. “Klen” otteneva i dati dal radar Rangout e, tenendo conto di dati come il tempo di volo del missile e il rollio della nave, calcolava il momento esatto più proficuo per il lancio. Il puntamento dell'apparato missilistico era assistito anche da un telemetro ottico PMK-453. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO L'arma di autodifesa primaria consisteva in un pezzo d'artiglieria binato da 25x218 mm 2M-3, uno dei più usati dalla marina sovietica. Basato sul precedente KM-84 con lo stesso calibro, si avvaleva di due cannoncini 110-PM da 270/300 c/min, tiro massimo fino a 2,5 Km orizzontali e 1,7 Km verticali, con puntamento ottico, azionamento a gas e martinetti idraulici per lo spostamento manuale in torretta. La torretta si componeva di un posto a sedere a sinistra per l'artigliere, il munizionamento sulla destra e i cannoni in posizione centrale. In normali condizioni d'utilizzo o nelle raffiche brevi, erano raffreddati a d aria; con l'uso intensivo o con lunghe raffiche, una pompa provvedeva al raffreddamento tramite acqua. Il ciclo di vita della canna, dotata di spegnifiamma, era di 12000 colpi, la riserva di munizioni era contenuta in caricatori sganciabili, ognuno con 65 colpi. Lo stesso pezzo d'artiglieria equipaggiava sia le motosiluranti P6 sia le precedenti P4, usato prevalentemente come (blanda) soluzione antiaerea piuttosto che per scopi antinave. Progettato tra il 1945 e il 1949, fu prodotto in unione sovietica dal 1953 al 1984. Ii sistema di difesa passivo consisteva in fumogeni realizzati tramite l'iniezione di gasolio dentro lo scarico gas dei motori. FOCUS SUL MISSILE ANTINAVE SS-N-2 Il missile P-15 Termit (SS-N-2 Styx), era un’arma grande e poco sofisticata. La variante iniziale pesava oltre 2,5 tonnellate e con una lunghezza di quasi 6 metri e un diametro di 76 cm, non avrebbe presentato alcun problema per una difesa antimissile che, all’epoca dell’adozione, sfortunatamente ancora non esisteva. Il Termit veniva guidato sul bersaglio in base ai dati forniti dal radar di puntamento sulla nave, ad una distanza di lancio massima di 40 km, fino ad 80 nei modelli più avanzati, ma pratica molto inferiore per le limitazioni dei radar di puntamento. Proseguiva il volo subsonico (0,95 Mach) su traiettoria bassa, tra i 100 e i 300 metri di quota con guida inerziale. A 11 km dal bersaglio attivava il proprio radar MS-2 e si auto guidava fino all’impatto in planata poco accentuata (1-2°). La testata HEDP (alto esplosivo a doppio uso) di 450 kg RDX, al contrario di quanto viene spesso pubblicato, non era a carica cava, pur avendo un liner di rame. Lo scoppio era meno concentrato e, pur mantenendo buone capacità perforanti, mirava a provocare danni estesi alle sovrastrutture e all’interno, coadiuvato in questo dal combustibile rimanente nel missile. Il radar, in banda I, impiegava la scansione conica, era quindi disturbabile con numerose tecniche di guerra elettronica. Studiato per colpire bersagli di grandi dimensioni, come portaerei e incrociatori, presto superato dal progresso tecnologico, è rimasto comunque in servizio presso numerosi paesi con molti modelli aggiornati. Pur con tutte le limitazioni, il missile ha segnato una svolta epocale nella guerra navale. https://www.cia.gov/library/.../docs/DOC_0000886761.pdf http://weaponsystems.net/weaponsystem/II02%20-%2025mm%202M-3.html http://russianships.info/eng/warfareboats/project_183r.htm https://books.google.it/books?id=jd08AgAAQBAJ&pg=PA313&lpg=PA313&dq=komar+class&source=bl&ots=pGMp5qVi8n&sig=WgDwrmB2A_e4B2IoR-lc1tOsLoo&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjj1Ia54MfVAhXIyRoKHXGeA9c4ChDoAQgvMAI#v=onepage&q=komar%20class&f=false https://en.wikipedia.org/wiki/Komar-class_missile_boat http://www.russianwarrior.com/STMMain.htm?1947vec_Komar.htm&1
  13. Rommel

    Centauro

    Onestamente? No.
  14. Rommel

    Centauro

    Ok. Poniamo per ipotesi che il sistema funzioni, che tu sia ascoltato da qualcuno della Iveco, che la cosa vada in porto. Cosa abbiamo ottenuto? Abbiamo ottenuto un mezzo con la medesima corazza, con il medesimo armamento, con le medesime prestazioni ma che sterza meglio. Praticamente quindi "le dà" alla stessa maniera, "le prende" alla stessa maniera, con la stessa velocità ma... sterza meglio. Un parere da chi la meccanica militare la mastica senza essere un militare è che una eventuale modifica ad un mezzo militare non è la tipica modifica fatta su un mezzo civile. nel senso: Un up-grade militare va pensato sulla base delle parole "distruggere", "incassare" e/o "sfuggire". Queste Dragon sono le parole intorno alle quali orbita tutta la tecnica e la fisica del mondo militare. Una modifica allo sterzo può offrire vantaggi a veicoli stradali.. a veicoli civili o movimento terra, ma tale modifica al fine bellico risulta un costo in più che non ha influenza su quelle tre parole (forse è questo che Fabio 22 Raptor voleva dirti). E poi c'è il concetto espresso da Vorthex, per cui gli eserciti, le marine e le aviazioni talvolta non ragionano sempre a scopo migliorativo, semplicemente e haimè si accontentano. Il Signore solo sa quante volte lo abbiamo visto succedere e continuiamo a vederlo (solo per farti capire, ci son voluti decenni interi di ritardo per far capire all'EI che il Beretta 70/90 è antiquato come una sputafuoco nell'antico West, ma qui sfociamo nell'off-topic). Tornando alla Centauro 2, la EI ha già fatto la sua scelta, non ammette altre innovazioni perchè semplicemente.. non sono vitali per la sopravvivenza del mezzo. Senza contare poi la ripercussione di dovere aggiornare TUTTO il parco mezzi Centauro in giro nella penisola con annessi costi. Purtroppo se è l'illustrare la tua idea/invenzione il motivo per cui sei entrato nel forum, mi spiace ma non ci sono pezzi così grossi qui dentro, e non basterebbe un forum a cambiare le sorti di una decisione costata cifre a 6 zeri firmate orsono. Qui tutti possono dire la loro e così deve essere ma in parti uguali, senza favoritismi. Consideralo un gigantesco scambio culturale tra appassionati, senza alcun fine tangibile se non quello di tornare a casa più istruiti e aggiornati Comunque sia, l'invito che ti avevo fatto su un articolo di contattare un forum della casa Iveco non era campato in aria, giacchè le cose si risolvono meglio dall'interno di una comunità di appassionati (Iveco in questo caso) o chissà, magari di altre case con possibilità maggiori. Loro poi saprebbero indicarti con chi parlare o addirittura come migliorare. Noi di Aereimilitari abbiamo altre competenze e siamo più improntati all'analisi che al miglioramento, questo lo lasciamo fare a ingegneri molto più capaci (e pagati) di noi. Noi analiziamo, scremiamo le voci di corridoio e facciamo chiarezza su una galassia vasta come la militaria, a 360°. Invito e chiedo tutti da semplice utente/articolista a tenere un comportamento consono al luogo al quale ci troviamo, in modo che il nostro sapere, il sapere di tutti, non vada disperso, bensì diffuso.
  15. Rommel

    Tatra T815-7 (T817)

    E tu che ne sai? C'eri nel 1850? Non metto in dubbio che anche la FIAT la adoperi, ma non a quei livelli. Il V8 Vector dell'Iveco è un comunissimo V8. Non ha nulla di eccezionale. Il raffreddamento ad aria ormai ha raggiunto gli stessi standard di affidabilità dei raffreddati a liquido. Certo ovvio che il liquido ha più vantaggi, ma fin qui chiunque ha un auto o un motorino lo sa. 700 cv in più? briciole in confronto ai CAT C16 da più di 800 cv (6 cilindri in linea) o i Man da 1200 cv. Ma è inutile ipotizzare quale motore stia meglio in quel chassis, visto che gli ingegneri Tatra hanno di meglio da fare che leggere su forum stranieri cosa sarebbe meglio per il loro "non plus ultra" del trasporto tattico militare. Backbone® è un prodotto Tatra, brevettato. Errore. Stiamo parlando di veicoli speciali concepiti a scopo militare e ragionati per condizioni estreme. Questo è un altro mercato, dove regnano i milioni per un solo mezzo. Unimog ce l'ha, MZKT ce l'ha, Oshkosh ce l'ha. E la lista continua.. Alfa Romeo non fa camion militari. Maserati non fa camion militari. Ferrari non fa camion militari, Lancia non fa camion militari, Isotta Fraschini è fallita da molti anni e resta viva la divisione motori marini, tra l'altro di propietà di Fincantieri. E allora di che stiamo parlando? fiducia uno ce l'ha nei risultati. Risultati che all'Iveco al momento son distanti mille miglia da un Man SX, HX e allegra compagnia. Ma questo è un forum prettamente di armamenti e vettori d'armamento, non di strategie di marketing. Senza mancarti di rispetto, ma queste cose scrivile nel forum dedicato alla casa Iveco, con la speranza che qualcuno di grosso le legga. A me, personalmente, di strategie aziendali, marketing e carenze dei manager non mi interessa niente. Come neanche al resto del forum.
  16. Rommel

    Tatra T815-7 (T817)

    Ciao Il Tatra ha sempre seguito per tradizione il concetto per cui "quello che non cè non si rompe", per cui l'uso di un motore raffreddato ad aria è una scelta ponderata attentamente da un'azienda nata nel 1850 (quindi con un know-out tecnico non indifferente). Beh.. la centauro 2 ha un comunissimo V8 alla fine quindi non ne vedo particolari vantaggi.. Per quanto riguarda il Backbone, è vero, è un sistema che richiede un'attenta progettazione, una soluzione audace e poco usata ma il cad si usa su qualsiasi mezzo industriale e su qualsiasi pezzo sottoposto anche al minimo stress meccanico/termico/idraulico (un differenziale presenta lo stesso impegno progettuale di un pneumatico). Per quanto riguarda il software di controllo di trazione..un sistema di quel tipo è assolutamente alla portata della Tatra (ricordo che questa casa non fa più carrozze a motore e berline ferri da stiro come nel 1930, sono passati molti anni credo). Parlando di Iveco e inteso come camion tattici, non ha mai avuto una cultura del timbertruck privileggiando il trasporto su strada e cava cantiere. Si, avrebbe le possibilità visti il Freccia, il Lince e il Centauro, non ne dubito. ma riuscirebbe a tenere testa alla Man tedesca (leader del settore) o raggiungere la storicità e la spurorata ed efficiente grezzità dei Maz anni 70? non credo
  17. Rommel

    Ciao a tutti!

    benvenuto vedrai che questo forum saprà soddisfarela tua curiosità
  18. Rommel

    Special Operation Craft MK VI

    Special Operation Craft MK VI L'uso da parte del US Navy di molteplici unità leggere specializzate ha permesso l'accumulo di notevoli esperienze tecniche di sviluppo. Per citare un esempio, le MK V destinate ai Navy Seal o le Combat Boat 90H svedesi, adottate per l'uso fluviale; in comune queste imbarcazioni hanno la polivalenza in molteplici missioni, dal patroling all'appoggio al fuoco in situazioni di sbarco/imbarco in territorio nemico. Ciò si è tradotto in un parco nautico specializzato ma variegato, con tutte le relative complicazioni logistiche e dispendio di dollari. l'opportunità arrivò con l'uscita di servizio della MK V (vedasi articolo precedente) con i suoi difetti di progettazione e la mancanza di unità fluviali di progettazione nazionale. L'idea di base era di dotare le forze speciali di mezzi che superassero le carenze delle imbarcazioni precedenti, creare un buon prodotto per l'esportazione e che contemplasse le filosofie costruttive ampliamente collaudate dalla CB90H, creando quindi una motovedetta polivalente di nuova generazione. Lo studio della sostituta della Mk V fu portato avanti parallelamente nel 2006 dalla Maine Marine Manufacturing in collaborazione con l'università di Maine, la quale portò allo sviluppo del “Mako”, costruito su stampo della Mk V ma con l'uso di materiali esotici in sostituzione dell'alluminio. Sebbene il miglioramento fu notevole, il progetto venne scartato (poi successivamente utilizzato per compiti di polizia marittima) in quanto non riusciva a soddisfare tutti i requisiti avanzati dall'US Navy. L'imbarcazione scelta fu la seconda, quella in competizione con il “Mako”, la MK VI sviluppata dalla Safe Boat International. La maggiore spaziosità interna , l'alto livello tecnologico uniti alla compatibilità di trasporto nelle stive delle navi anfibie LHD, LPD e LSD hanno pesato notevolmente sulla scelta tra i due prototipi. La marina americana firmò un contratto iniziale, compreso di ricerca e sviluppo, di 36,5 milioni dollari per 6 unità nel 2012, successivamente incrementando l'ordine di ulteriori 4 imbarcazioni per 34,5 milioni di dollari nel 2014 con l'opzione di 2 unità aggiuntive (confermate nel 2015), per un piano d'acquisizione totale di 48 unità per ulteriori 52,2 milioni di dollari. La fabbricazione delle Mk VI trovò base nel porto LCPF di proprietà della marina a Tacoma, a Washington. Nel agosto 2014 fu autorizzata la produzione del primo lotto di 12 esemplari successivamente affidati alla forza NECC per le valutazioni operative nel 2015. l'entrata in servizio delle 12 motovedette è previsto entro il 2018. A titolo di prova e addestramento dell'equipaggio, 2 Mk VI sono state schierate a fianco delle CB90H nel Coastal Riverine Group 2 dell'US Navy nel settembre 2015, a supporto della 5° flotta nel Golfo Persico. 4 Mk VI seguirono un'intensiva fase di test e addestramento dell'equipaggio con l'appoggio della portaerei CVN 70 “USS Carl Vinson” nell'operazione addestrativa COMPTUEX. I molteplici ruoli a lei assegnati spaziano dal patroling in aree litoranee, sorveglianza, intelligence e counter-intellicence, comando, ricerca e soccorso medico, sbarco e imbarco di operatori in assetto bellico, appoggio al fuoco, difesa dei porti strategici e scorta alle unità maggiori della marina in mare aperto, dimostrando quindi un'operatività in ogni scenario bellico acquatico. Le buone prestazioni ne consentono l'utilizzo anche come intercettore nella lotta al traffico clandestino, con l'appoggio dei Seals può svolgere attività coordinate con i caccia-mine per la bonifica di tratti di mare minati. Sottolineando l'ultimo punto, la USN presentò la Mk VI in Bahrain in concomitanza con l'International Mine Countermeasures Exercise (IMCMEX) nell'aprile 2016. CARENA E STRUTTURA Lo scafo è planante con geometria a V profonda in alluminio blindato, con lunghezza fuori tutto di 26m, larghezza di 6,7 m, pescaggio di 1,2 m per un dislocamento di 65 t più 5 t di carico addizionale. Possiede uno spigolo accentuato dal tagliamare superiore fino alla parte centrale della linea di galleggiamento, adottando un profilo a pattino, per poi proseguire come sfaccettatura raccordata all'opera viva. Questo disegno permette di raggiungere una buona stabilità durante la planata ad alta velocità pur mantenendo un'ottima stabilità con il mare mosso. Sul dritto di prua spicca un'apertura rettangolare a dividere le murate, rinforzata con paracolpi e dotata di scalino integrato, questo per permettere la salita e la discesa degli operatori dalla parte frontale. A differenza della Mk V le murate sono verticali a vantaggio di un dislocamento aumentato ma penalizzando la riflessione radar. Sui masconi di prora sono presenti tre ombrinali per il deflusso di eventuale acqua imbarcata oltre la soglia del paraonde. Al centro delle fiancate è presente (sia a dritta che a sinistra) un'apertura ad altezza sfalsata, la quale espone a mare una pedana accessibile da poppa e da prua tramite due scalette. Durante la presentazione dei prototipi, lungo tutte le fiancate era presente un bordo rinforzato al fine di migliorarne la protezione e la stabilità, successivamente abbandonato sulle unità di serie. La poppa conserva la polivalenza d'utilizzo della progenitrice, presentando una superficie nell'opera viva a specchio ma carenata lateralmente con un profilo a volta; la parte superiore presenta una superficie piana inclinata direttamente sul mare al fine di caricare o scaricare RIB d'assalto ed eventuali UAV, USV o UUV da ricognizione. Il ponte, come accennato, è protetto frontalmente da un paraonde e prosegue per tutta l'imbarcazione sotto il livello delle murate. Al fine di consentire il passaggio e le attività degli operatori, due passerelle amovibili bypassano i due pozzetti ricavati sulle fiancate. Creando di fatto due passavanti di continuità intorno alla tuga. Nella parte poppiera è possibile effettuare operazioni di manutenzione, riparazione e armamento di RIB, istallare postazioni armate o allestire una rampa a telaio per il lancio di UAV da ricognizione. Lungo il perimetro, ad accezione della prua, vi sono battagliole fino ai giardinetti, dove due gavoni laterali fungono da deposito d'utilità. La tuga, anch'essa in alluminio e dotata di blindatura, si mostra con un frontale aggressivo dall'inclinazione accentuata e multi-sfaccettata, migliorando la visibilità attraverso i vetri blindati. La vetratura è di ispirazione aeronautica, per consentire la visibiltà orizzontale al timoniere fino a 180° e un'ampia visibilità verticale grazie alla seconda linea vetrata superiore. Nella struttura principale a proravia trova posto la cabina di comando e navigazione. La sezione di poppa, dotata di portello di dritta e di sinistra, anch'essa vetrata, pone rimedio alla carenza di protezione della Mk V isolando gli operatori imbarcati o la squadra di Seal dall'esterno mantenendo l'accesso a tutti i locali di bordo. Un eventuale protezione a poppa, esterna alla tuga, è costituita da un tendalino su un telaio sospeso, estensibile all'occorrenza. Nella parte superiore della tuga si estende un fly bridge, protetto da battagliole, dove trova posto l'armamento contraereo, la postazione di vedetta, una contro plancia (accessibile direttamente dalla cabina di comando di prora) e l'albero con la suite elettronica. Anche nel fly bridge è possibile l'istallazione di un telaio tendalino o di una postazione di tiro blindata, entrambe abbattibili rapidamente. La cabina interna pone l'accento su una dotazione tecnologica molto sofisticata, con schermi LCD in per la visione perimetrale, guida notturna e all'infrarosso, controllo remoto delle armi, visione di tutta la suite elettronica di navigazione e condivisione dati con tutta la flotta americana. Dietro ai piloti, le workstation sono integrate nei sedili. L'imbarcazione ospita 10 operatori più 8 persone imbarcate; tutti i sedili sono ammortizzati e molta cura è stata posta al confort, all'isolamento acustico e termico interno. Sotto coperta a prua è presente il gavone contenente il salpa ancora e successivamente il modulo abitativo. Centralmente i serbatoi di carburante sono corazzati con piastre balistiche, al pari della sala macchine a poppavia, al fine di garantire la sopravvivenza degli apparati di movimento sotto il fuoco nemico. A poppavia della tuga è possibile l'istallazione di apparecchiature mediche, diventando di fatto una postazione avanzata di soccorso. APPARATO DI PROPULSIONE I propulsori sono situati centralmente a poppavia dell'imbarcazione, su piattaforme parallele. Essi sono due MTU 16V2000 M94, ognuno diesel quattro tempi bi-turbo con intercooler, 16 cilindri a V, distribuzione a quattro valvole per cilindro, 35700 cc di cilindrata, alesaggio 135 mm x corsa 156 mm, 2600cv a 2450 rpm per un consumo medio di 502,8 L/h. Raffreddamento a fasci tubieri, con cassa di compenso acqua dolce/acqua di mare e pompa di presa a mare integrata. L’iniezione è diretta tramite apparato common rail e centralina programmabile ECU (la quale gestisce la velocità di rotazione all’asse, il timing e la pressione d’iniezione, la sovralimentazione sequenziale, livelli multipli di sicurezza come il taglio della potenza erogata e l’arresto d’emergenza). I collettori di scarico sono a tre vie in modo da limitare le alte temperature e pulire i flussi, aumentando il rendimento nei turbo; sono inoltre raffreddati ad acqua. La gestione del motore è affidata ai sistemi MCS (Monitoring Control System) e RCS (Remote Control System), i quali gestiscono anche la sicurezza e la diagnostica di tutto l’apparato di spinta grazie l’FMEA (Failure Mode and Effect Analisys). Al fine di evitare possibili incendi, tutte le parti sono annegate in agenti schiumogeni ignifughi. Tutti i parametri e la gestione dei controlli motore è affidata a un pannello LCD in plancia quale il LOP (Local Operating Panel) e un’interfaccia modulare SPU (Systembus Processing Unit). I due motori sono collegati a due riduttori e successivamente a due idrogetti Hamilton HM651 tramite linea d'asse, dotati di sterzo a comando idraulico HFRC, presa a mare in alluminio e inversore di spinta “a cucciaio”, incernierati all’ugello; la girante interna eroga una potenza massima intermittente fino a 2991 cv a 1304/1407 rpm e una potenza massima continua di 2379 cv a 1220/1316 rpm (valore comprendente anche di fenomeni di cavitazione interna). A livello di prestazioni permette una velocità massima a pieno carico di 30 nodi, 45 nodi in configurazione standard; l'autonomia è di circa 750 miglia nautiche a 25 nodi, 690 miglia nautiche a 30 nodi. SISTEMI DI NAVIGAZIONE Come la precedente MK V, dispone di una suite elettronica “allo stato dell'arte”: radio VHF, HF, UHF, radio CB in AM/FM e SatCom (tutte collegate a criptatori di segnale). Radiogoniometri, radar Furuno 1715, LORAN-C e GPS gestiscono la navigazione anche in automatico tramite Plotter e pilota automatico. Trasponder IFF associato al sistema d'arma e sistemi informatici per la guerra Network-Centrica, elaborazione dati e sopravvivenza C4SI. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO La piattaforma difensiva primaria consiste in 2 torrette remote sopra al fly bridge (a poppavia e a proravia) Kongsberg Sea Protector MK50 (versione navalizzata in dotazione all'US Navy del M153 Protector), girostabilizzate sui tre assi, con videocamere diurna a colori VIS95, telemetri laser LRF e videocamere termiche IR. Il puntamento e la stazione di controllo sono su schermi LCD integrati nei sedili, a loro volta collegati all'elaboratore dati centrale della motovedetta. Il processore dati del Sea Protector elabora autonomamente il tracking (in collaborazione con l'IFF dell'imbarcazione) e i calcoli balistici. Il sistema di scoperta è indipendente dall'arma da fuoco consentendo la continuazione della ricerca a 360° anche mentre l'arma sta aprendo il fuoco sul bersaglio designato. Le mitragliatrici remote sono da 12,7 mm. La bocca di fuoco principale è un cannoncino leggero a catena Bushmaster MK38 da 25mm, con un rateo di 200 c/min, anch'esso remoto gestito direttamente nella plancia principale, con dispositivi di puntamento opto-elettronico e capacità di auto-tracking del bersaglio. Ulteriore dotazione basica comprende 6 mitragliatrici cal. 12,7mm Browning M2HB, sostituibili con mitraliatrici FN M240 da 7,62 mm, mitragliatrici a canne rotanti M134 Minigun o lanciagranate MK19 da 40 mm. Nell'arsenale della Mk VI, all'occorrenza, è possibile l'istallazione di batterie di missili guidati BGM 176B Griffin, a guida laser o GPS. La MK VI come accennato può ospitare due RIB d'assalto Zodial Milpro MK V, oltre a tutta l'attrezzatura necessaria ai Navy Seal per lo svolgimento delle loro missioni. https://www.kongsberg.com/en/kog/news/2013/september/the-sea-protector-mk50-supporting-the-us-navy/ http://www.navy.mil/navydata/fact_display.asp?cid=4200&tid=2600&ct=4 http://www.naval-technology.com/projects/mk-vi-patrol-boats/ https://en.wikipedia.org/wiki/Mark_VI_patrol_boat http://navaltoday.com/2016/11/10/mark-vi-patrol-boat-in-first-drill-with-aircraft-carrier/ http://www.defensenews.com/story/defense/naval/ships/2016/04/13/us-navy-patrol-boat-mark-vi-debuts-arabian-gulf/82985870/ http://www.militaryaerospace.com/articles/2015/07/navy-patrol-boats.html www.safeboats.com,
  19. Rommel

    Special Operation Craft MK V

    Special Operation Craft MK V Nel contesto delle forze speciali, l'inserzione via mare del personale combattente in territorio nemico fu oggetto di notevoli studi in tutti i paesi dove esse operano. Nello specifico, fino agli anni '90, i Navy Seal americani poterono sbarcare sulle spiagge nemiche attraverso l'appoggio di sottomarini transitanti al largo e raggiungere la destinazione attraverso gli SDV in modo totalmente stealth, in alternativa all'avio-lancio seguito da un avvicinamento effettuato con i RIB. In effetti quello che venne a mancare fu una piattaforma in mare stabile, polivalente, dove poter pianificare le ultime fasi della missione, fungere da rendez-vous, avvicinarsi perlomeno alla fascia litoranea e da essa allontanarsi a fine missione con un buon potere difensivo. Fino a quel momento, simili compiti erano affidati a motoscafi veloci o natanti veloci, perfetti per i raid ma totalmente inadatti nelle operazioni di acquisizione obbiettivi, sorveglianza e infiltrazione silenziosa. Urgeva quindi un progetto sviluppato ad-hoc che contemplasse ogni filosofia bellica delle forze speciali della marina e che fosse dotato delle migliori tecnologie in seno al US Navy. Il progetto fu avviato nel 1995, con l'USSOCOM come primo contraente, e portò alla creazione di tre diversi e opposti prototipi: un monoscafo in alluminio, uno in kevlar e un catamarano con scafo in alluminio. Valutando le doti di resistenza in uno scenario bellico fu preferito il primo e in 18 mesi dall'avvio del programma si arrivò alla realizzazione della prima MK V da parte della VT Halter Marine Inc., per un costo ad imbarcazione di 3,7 milioni di dollari, raggiungendo la piena capacità operativa nel 1999. Furono affidate allo Naval Special Warfare Grup 3 e 4 (precedentemente denominati SBS 1 e 2, Special Boat Squadron 1 e 2), con 12 unità per il primo e 8 per il secondo. Tutte inquadrate all'interno del NSW. La MK V si dimostrò un'imbarcazione tuttofare, dotata di grande velocità unita ad una buona tenuta a mare anche in condizioni di mare agitato, la buona autonomia gli permise di svolgere ruoli di pattugliamento e polizia marittima, la ricca dotazione elettronica consentì lo svolgimento di operazioni di sorveglianza e svolse il ruolo di centro di coordinamento per le operazioni in terra e in mare, costantemente collegata a tutte le unità navali della marina. L'ottimo arsenale a disposizione permise l'estrazione dei Seal anche in situazioni di combattimento rischiose. La forma volutamente semi-stealth garantì un certo grado di occultamento durante gli avvicinamenti e durante le operazioni di recupero, che in alcuni casi raggiungevano le 12 ore di missione consecutive. L'uso intensivo a cui furono sottoposte queste imbarcazioni ne fece emergere i difetti di navigazione non contemplati in fase progettuale. Il problema più grave era costituito dallo stesso scafo in alluminio, certamente più resistente in caso di collisioni ma dalla naturale propensione a non scivolare sull'onda, bensì a impattare sulla cresta della medesima senza ammortizzare il colpo, con valori di accellerazione verticale pari a -4/-5 G. Tali ripetute sollecitazioni portarono a malesseri fisici non solo a tutto il reparto d'assalto ospitato (in cui si registrarono contusioni agli arti, ai denti, al collo e alla schiena, ma anche agli operatori di bordo. Nel gennaio del 2006 la US Navy presentò una versione migliorata nella quale fu tentato di porre rimedio al problema sopracitato (invano) con l'utilizzo di sedili specifici dotati di doppio ammortizzatore ad olio; fu ampliato l'arsenale di bordo e aggiornata l'elettronica. Nel 2006 inoltre venne commissionato alla Maine Marine Manufactoring LLC e all'università di Maine uno studio sull'utilizzo di materiali compositi, destinati a costituire la struttura di quella che doveva diventare la sostituta della MK V: la MK V.1 Mako. Nel 2008 venne realizzato il primo prototipo, sottoposto a test a Norfolk, Virginia. Rivoluzionaria rispetto alla progenitrice, risolveva completamente i disagi e dimostrava doti acquatiche migliorate grazie alla nuova motorizzazione; il programma di aggiornamento fu però cancellato in favore della più avanzata MK VI, entrata ufficialmente in servizio nel 2014. Attualmente le MK V Mako svolgono un ruolo di pattugliamento costiero, sebbene demilitarizzate e con un armamento ridotto alle sole mitragliatrici da 7,62 mm e 12,7 mm. Attorno alle MK V fu organizzato una struttura operativa, la Naval Air Station North Island a San Diego in California. La base funge da manutenzione, addestramento e riparazione. Le unità da li possono venire dispiegate in tutto il mondo tramite un pacchetto logistico a blocchi di due imbarcazioni, costituito da due Oshkosh M916 A1 per il trasporto su terra (poi rimpiazzato dal Oshkosh M1070), quattro humvee M1097, due veicoli da trasporto medio su PLS M1083 per la distribuzione di parti di ricambio, carburante e munizioni, un team di otto tecnici e un carrello elevatore da 5 t. Il tutto trasportato via aerea da due cargo C5 Galaxy dell USAF. Le unità trasportate raggiungono lo status di operatività in 24 ore dall'arrivo del pacchetto logistico. Per il mercato estero fu commissionata nel 2009 in 10 esemplari dalla marina del Kuwait per la cifra di 61,6 milioni di dollari sotto il programma FMS, con ruoli di pattugliamento costiero e interdizione; divennero operative dal 2013. La Royal Bahrain Naval Force commissionò agli Stati uniti cinque MK V (di cui due fornite nel 2014 e tre nel 2016). Nel 2013 la marina saudita fece richiesta di acquisizione di 30 unità per 1,2 miliardi di dollari comprese di tutto l'apparato logistico, addestramento del personale, manutenzione e armamento nel ruolo di patrol boat. CARENA E STRUTTURA Come citato sopra, la Mk V si basa su uno scafo planante con carena a V profonda in alluminio 5086, con lunghezza fuori tutto di 25 m, larghezza di 5,25 m, pescaggio di 1,5 m per un dislocamento di circa 57 t più 3 t di carico addizionale. Le murate sono inclinate verso l'interno dalla linea di bagnasciuga per diminuire la riflessione radar. Tutta la carena non dispone di stabilizzatori o redan sebbene l'imbarcazione sia studiata per l'elevata velocità, aumentando però la stabilità in condizioni di mare agitato. La poppa presenta un profilo inferiore a volta, permettendo l'alloggio degli ugelli degli idrogetti; la poppa è affinata orizzontalmente e raccordata al ponte poppiero da una rampa inclinata, utilizzata per l'imbarco e lo sbarco di gommoni utilizzati dalle forze speciali. Nei due gavoni poppieri a bordo della rampa vi sono due boccaporti per la rimessa di materiale di rispetto, attrezzature per il personale imbarcato o riserve di munizioni per l'apparato difensivo. Lungo il perimetro calpestabile del ponte centrale e poppiero vi sono quattro affusti fissi per le armi in dotazione (più uno di prora di dimensioni ridotte) e battagliole di ritegno; due tientibene contornano il ponte chiuso di prora. Per la costruzione dell'Mk V.1 “Mako” furono risolti i problemi sopracitati con l'introduzione di un doppio scafo realizzato esternamente in fibra di carbonio e internamente da un contro scafo in Kevlar, riempito nel mezzo con uno strato di schiuma facilmente riparabile dall'esterno, consentendo un'ottima dote di galleggiabilità anche in caso di collisione o fori da proiettile. Il nuovo disegno prevedeva una lunghezza maggiorata di due metri e il ponte rialzato di 0,6 m per disporre di più spazio sottocoperta, l'aggiornamento l'apparato elettronico una nuova motorizzazione (che, annullato il progetto “Mako”, fu adottata dalle Mk V destinate al pattugliamento) e una nuova plancia di guida. Sotto la carena furono testati e realizzati due canalizzazioni per convogliare l'acqua più facilmente agli idrogetti, aumentando leggermente la velocità dell'imbarcazione. Nelle “Patrol” inoltre è possibile istallare dei pannelli corazzati sul perimetro esterno del cassero centrale e nelle vetrature, consentendo una maggiore capacità di difesa la plancia semi chiusa occupa centralmente tutta la larghezza della MK V (fatta eccezione per due piccole passerelle laterali) e costruita anch'essa con un occhio di riguardo allo steathness. Le ampie vetrature frontali e laterali sono blindate, resistenti fino al cal.50 nei modelli più aggiornati; dietro il cassero di plancia è presente un roll-bar coperto da un tendalino avvolgibile per la protezione dalle intemperie e dagli schizzi d'acqua ai Seal imbarcati (non conferendo però alcuna protezione balistica). In coda al roll-bar è presente un traliccio carenato ancorato al bordo superiore delle murate, con funzione di sostegno per la suite elettronica, pensato per schermare lateralmente la strumentazione dal riflesso radar. Il ponte centrale presenta una superficie piana, con la capacità di carico di quattro unità d'assalto RIB Zodiac Milpro Mk V con motore fuoribordo istallato, ed altri due motori fuoribordo di riserva e serbatoi di carburante pallettizzati a tenuta stagna per le unità RIB; è inoltre possibile istallare una rampa provvisoria per il lancio di mini-UAV Scan-Eagle da ricognizione. Lungo il perimetro del ponte possono essere alloggiati dei contenitori a tenuta stagna per la detenzione delle armi di riserva. La Mk V è disegnata per 4/5 operatori più una squadra di 16 Navy Seal (o 10 operatori e 2 ufficiali nella versione da pattugliamento); nella cabina di guida e comando due postazioni gestiscono la timoneria/navigazione e l'analisi della suite elettronica. Sia i sedili dei piloti sia quelli degli uomini imbarcati sono ammortizzati, al fine di resistere alle grandi sollecitazione derivate dall'alta velocità in mare agitato. All'interno nel gavone di prora trova alloggio l'ancora CQR e il salpa ancora elettrico, nella sezione prodiera vi sono 4 cuccette per gli operatori di bordo e nella sezione centrale ci sono i servizi igienici e un cucinino. Sotto la tuga verso la zona poppiera vi sono il serbatoio di acqua potabile e il serbatoio carburante da 9850 litri. https://www.navysealmuseum.org/home-to-artifacts-from-the-secret-world-of-naval-special-warfare/exhibit-mark-v-special-operations-craft-soc http://www.military.com/equipment/mark-v-special-operations-craft http://www.hisutton.com/World%20survey%20of%20Special%20Operations%20Craft.html http://www.globalsecurity.org/military/world/gulf/rsns-pb.htm http:/discoverspecialforces.com/special-force-vehicles/mark-V-special-operation-craft/ APPARATO DI PROPULSIONE L'apparato di propulsione è affidato ad una coppia di motori MTU 12V396-TE94 entrobordo, disposti parallelamente nella zona centrale a poppavia dell'imbarcazione. Ognuno è un diesel quattro tempi, con doppia sovralimentazione turbo; possiede 12 cilindri a V, alesaggio 165 mm x corsa 185 mm, 47520 cc di cilindrata, erogante 2284 cv in full power a 2000 rpm. L'iniezione è diretta common rail, il raffreddamento è a fasci tubieri e cassa di compenso, con circuito acqua dolce/di mare, lo scarico è raffreddato. L'Mk V.1 “Mako” e successivamente le versioni per il pattugliamento e sorveglianza costiera furono motorizzate con due MTU 12V4000-M90, sempre bi-turbo diesel quattro tempi, con 2735 cv a 2100 rpm, alesaggio di 165 mm per una corsa aumentata a 190 mm e una cilindrata aumentata a 48700 cc. La linea d'asse utilizza un invertitore/riduttore dedicato ZF 4650. Il miglioramento rispetto al 396-TA94 comprende la presenza di un doppio filtro dell'olio a valvole divergenti e uno ad azione centrifuga, così come il filtraggio del carburante. L'iniezione è elettronica diretta common rail con pompa ad alta pressione, linea d'alimentazione “camiciata” antincendio. Raffreddamento a cassa di compenso e fasci tubieri, con circuito dell'acqua dolce in comune con il riduttore; l'impianto di scarico si compone di tre collettori per bancata, raffreddati ad acqua di mare. L'unità di controllo (RCS-5) e gestione (MCS-5) elettronica del motore è gestita da unità MDEC, pannello d'interfaccia remoto in cabina e pannello diagnostica e manutenzione LOP in sala macchine. Collegati ai motori vi sono due riduttori/invertitori e, tramite albero di trasmissione, trasmettono il moto a due idrogetti Kamewa S3-50, dotati di elica ad alta pressione da 10000 mm e case in acciaio inox, per un range di potenze da 1000 a 3500 cv. Il comando di direzione è idraulico, con rotazione dei deflettori di direzione sia lateralmente sia verticalmente (auto-stabilizzante in condizione di planata), con i controlli disposti in cabina su schermi touch screen e gestiti tramite sistemi Can-Bus. Il SOC Mk V è capace di un'autonomia di circa 770 miglia nautiche alla velocità di crociera di 18 nodi una velocità a regime di crociera standard tra i 35 e i 38 nodi; per un massimo di 50 nodi circa e 47 nodi a pieno carico. http://www.mtu-online.com/italy/applications/marine-defense/index.it.html https://www.rolls-royce.com/products-and-services/marine/product-finder/propulsors/waterjets/steel-waterjets.aspx#section-product-search SISTEMI DI NAVIGAZIONE Dal punto di vista della navigazione e radiocomunicazione, dispone delle migliori tecnologie elettroniche disponibili per le piccole unità dell'US Navy, quali radio VHF, HF, UHF, radio CB in AM/FM e SatCom (tutte collegate a criptatori di segnale). Radiogoniometri, radar, LORAN-C e GPS gestiscono la navigazione anche in automatico tramite Plotter e pilota automatico. È inoltre istallato il trasponder IFF e sistemi informatici per la guerra Network-Centrica. APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO Tutto l'armamento disponibile è configurabile a seconda della missione svolta. Nell'arsenale della MK V sono presenti combinazioni di mitragliatrici leggere FN M240 e Browning M60 da 7,62 mm, mitragliatrici pesanti Browning M2 da 12,7 mm e lanciagranate Mk19 da 40 mm. Con aggiornamenti successivi furono introdotte mitragliatrici a canne rotanti M134 Minigun, mitragliatrici binate Mk95 da 12,7 mm e cannoncini leggeri a catena Mk48 da 25 mm e Mk88. Per la difesa aerea sono presenti su contenitori stagni lanciatori e missili antiaerei FIM-92 Stinger, spalleggiabili dagli operatori. Nei gavoni stiva è inoltre presente una riserva di munizioni e caricatori per il supporto delle forze speciali a terra.
  20. Rommel

    Oshkosh M1070 HET

    Nemmeno io ad essere onesti, moltissime con il kit-A (prese d'aria laterali schermate e piastre corazzate sulle portiere ecc.) ma in effetti nessuna con il Kit-B. In effetti la dottrina d'impiego dei porta carri USA non richiede mezzi per operazioni di prima linea ma con funzione di collegamento, quindi pur essendo predisposto per l'istallazione, non viene montato (tale mole di corazze limiterebbe troppo il peso complessivo trainabile). la predisposizione comunque è presente, testimone il 5° settaggio del CTIS in "armatura". sarei anch'io davvero curioso di vedere qualche dimostratore allestito con il Kit-B
  21. Rommel

    Oshkosh M1070 HET

    Grazie senza le corazze addizionali appartiene allo STANAG livello 2, con il kit-B si arriva allo STANAG livello 6
  22. Rommel

    Oshkosh M1070 HET

    Oshkosh M1070 HET L’oshkosh M1070 rappresenta il trasportatore pesante di carri armati per eccellenza, forgiato e sviluppato durante le guerre del golfo, è tra i più potenti del settore, attualmente superato in potenza e carico dal bielorusso MZKT Volat 175135. Nella Seconda Guerra Mondiale, il trasportatore carri M26 Dragon Wagon fu un notevole passo avanti rispetto ai camion tattici dell’epoca, caratterizzato dalla notevole blindatura, due verricelli da 30 t l’uno e da un motore realizzato ad hoc. L’M26, 6x6 (con un pianale semi-rimorchio M15 da 40 t.), fu utilizzato fino al 1955, anno in cui fu radiato per anzianità di servizio. Fino al 1970 il trasporto di carri armati fu affidato a trattori stradali, grezzamente attrezzati per il fuoristrada, in grado di garantire comunque una minima capacità off-road. Ben presto, la logistica di terra nelle forze armate USA mostrò tutti i suoi deficit, derivati dall’uso dei mezzi non all’altezza delle nuove unità combattenti corazzate di prima linea, la grande varietà di trattori “adattati” senza una comune linea di manutenzione, impieghi e motorizzazioni decisamente inferiori rispetto alla controparte russa. Oshkosh fu incaricata per la produzione di un unico trasportatore a trazione integrale 8x8, migliorando le caratteristiche meccaniche come il telaio rinforzato e adottando un motore più performante dei precedenti. La designazione fu M746 CHET (Commercial Heavy Equipment Transporter), unito ad un pianale semi-rimorchio M747 per il trasporto del carro M60; tale versione fu sostituita dall’M911 nel 1977, ri-motorizzato, trazione 8x6 e con l’asse posteriore sollevabile, creato appositamente per il trasporto dell’MBT M1 Abrams. Sebbene il miglioramento tecnologico fosse notevole e si raggiunse un deciso livello di standardizzazione, restava un veicolo concepito con criteri commerciali, quindi vincolato a terreni battuti e inadatto agli scenari bellici che si andavano creando. Tali carenze furono dimostrate nel 1991 durante la Prima Guerra del Golfo, dove la motorizzazione si dimostrò poco adatta ai climi desertici, causando non pochi problemi durante il trasporto a pieno carico (fu lo stesso motore che equipaggiò l’HEMTT, vedasi articolo dedicato). La richiesta di un veicolo che spiccasse per potenza e attitudine al fuoristrada si fece sempre più impellente, alla quale rispose la stessa Oshkosh con l’M1070. Il progetto iniziò negli anni ’90 trovando nell’US Army il primo finanziatore, seguito progressivamente da tutti gli altri corpi d’armata; entrò in produzione di serie nel 1992 prendendo ufficialmente la designazione A0 HET (Heavy Equipment Transporter). L’ordine di produzione iniziale fu di 1044 unità più un’opzione per ulteriori 522 unità aggiuntive (tale mezzo infatti era chiamato a ricambiare e potenziare la logistica militare americane, oltre a essere il “cavallo da tiro” per eccellenza di tutte le unità corazzate). Le consegne continuarono fino al 2003, per un totale di 2488 veicoli. Nel 2008 Oshkosh si aggiudicò un contratto di 11 milioni di dollari per lo sviluppo della versione A1 dell’HET (con trazione 8x8) e, nel 2009, ulteriori 9400000 dollari per le fasi di test e messa a punto. La fornitura iniziò l’anno successivo con un ordine di circa 1000 unità per 400 milioni di dollari, nel 2011 entrò in servizio attivo raggiungendo le 1591 unità A1 in sostituzione degli HET della serie A0, operative dal 2014. L’M1070, nel 2001, vinse la gara d’appalto britannica per la sostituzione degli Scammel Commander, battendo la concorrenza della Alvis-Unipower. Sviluppato dall’M1070E (con la motorizzazione e meccanica migliorata, adattato ai requisiti legislativi europei sulle emissioni) fu rinominato M1070F HET. La fornitura ventennale venne ( e viene) gestita dal consorzio FASTRAX (Kellogg Brown e Root, Deutche Bank e Oshkosh Truck Corporation) per 92 mezzi e 89 semi-rimorchi, con un costo complessivo di 290 milioni di sterline. Divenne operativo tra il 2003 e il 2004. Fu creata una versione 6x6 destinata all’esportazione, chiamata Global HET, in servizio dal 2012 negli Emirati Arabi Uniti con il semi-rimorchio lanciarazzi jobaria Tiguidensis. Tutte le versioni dell’M1070 possono essere imbarcate su cargo C17 Globemaster III e C5 Galaxy. https://oshkoshdefense.com/variants/m1070a1/ http://www.army-technology.com/projects/oshkosh/ http://www.military-today.com/trucks/m1070a1.htm http://www.military-today.com/trucks/m1070_het.htm https://en.wikipedia.org/wiki/Oshkosh_M1070 http://www.independent.co.uk/news/business/news/fastrax-wins-290m-contract-to-supply-army-with-fleet-of-tank-transporters-9198305.html MOTORE Il primo motore, posizionato anteriormente alla cabina di guida, fu lo stesso dell’Oshkosh M911, un Detroit Diesel 8V-92TA DDEC, architettura V8 con turbocompressore e intercooler, 12100 cc di cilindrata, quattro valvole per cilindro, 450 cv (poi aggiornato a 500cv) a 1800 rpm, 1690 Nm a 2100 rpm, alesaggio 123 mm x corsa 127mm. L’iniezione è elettronica tramite iniettori a bassa pressione. Come accennato si dimostrò mal progettato per operare in ambienti desertici e in condizioni di lavoro gravose, sebbene il propulsore fu ampliamente collaudato in più di una tipologia di veicoli quali l’HEMTT e l’M911. La ri-motorizzazione si dimostrò una scelta obbligata dopo i risultati ottenuti nel Golfo, con l’adozione dell’efficiente Caterpillar C18 Acert sui veicoli A1, F e Global HET. Le specifiche sono 6 cilindri in linea turbodiesel con intercooler, quattro valvole per cilindro, la cilindrata di 18100 cc, 700 cv a 2100 rpm e 2576 Nm a 1300 rpm. L’iniezione gestita tramite centralina ECU con distribuzione common-rail. CATENA CINEMATICA E TRASMISSIONE L’M1070 A0 adotta una trasmissione automatica 5 rapporti + RM Allison CLT754, collegato ad un convertitore di coppia TC496; il differenziale centrale bloccato Oshkosh 55000 ha due velocità di trasferimento. La trazione è integrale 8x8, con l’asse anteriore e il quarto asse posteriore sterzante Rockwell con cono parabolico Hendrickson e molle a balestra. La terna d’assi posteriore è ammortizzata da sospensioni pneumatiche e riduttori Rockwell SVI-5MR bloccabili. Dotato di servosterzo con circuito di governo secondario e pompa di riserva. I freni sono a tamburo a comando pneumatico, le ruote sono tutte dotate di CTIS, con regolazione del gonfiaggio remoto dalla cabina (configurato i quattro modalità: stradale, neve, fango ed emergenza). L’evoluzione A1 fa uso di un cambio automatico 7 marce + RM Allison 4800SP con lo stesso convertitore di coppia, differenziale centrale bloccato a singola velocità Oshkosh 30000 (caratteristica volute al fine di non arrestare il veicolo per il cambio dei valori di coppia). Tutti gli assi hanno subito un upgrade con quattro Axle Tech 5000, la sospensione anteriore aggiornata, i freni restano a tamburo ma sono dotati di ABS e controllo di trazione, le ruote possiedono il CTIS modificato con la quinta modalità (Armatura), la quale adatta la pressione del pneumatico in base all’armatura esterna aggiuntiva. Rispetto all’A0, la catena cinematica è controllata elettronicamente per la diagnostica di tutte le parti soggette a stress meccanico. L’M1070F è simile all’A1, eccezion fatta per il cambio migliorato Allison 4076P e ad un nuovo ripartitore di coppia TC561. Il Global HET si differenzia dai precedenti per la mancanza del quarto asse posteriore (trazione 6x6), pur mantenendo la stessa capacità di carico dei precedenti. Tutte le versioni sono dotate di pneumatici Michelin 425/95R20 o i maggiorati destinati al terreno sabbioso desertico. La velocità massima raggiungibile su strada dell’A0 è di 72 km/h con un’autonomia di 520 Km, contro gli 80 Km/h dell’A1, F e Global HET con un’autonomia di 750 Km circa. La caratteristica elettronica è l’utilizzo di un radar di prossimità Eaton VORAD per visualizzare le zona d’ombra, direttamente collegato agli attuatori pneumatici Rockwell S-Cam Bendix ABS/ATC nei freni. CABINA E TELAIO La disposizione della cabina è la classica americana con il motore avanzato, dotata di 6 sedili ammortizzati pneumaticamente (che insieme all’ergonomia rappresenta una soluzione innovativa nei porta carri americani, consentendo l’alloggiamento durante le lunghe tratte per l’equipaggio del carro trasportato), in alternativa gli ultimi tre possono essere trasformati in brande. Le porte d’accesso sono due. Tutta la struttura, cofano compreso, è corazzata integralmente e potenziabile tramite due livelli (A e B Kit) di blindatura aggiuntiva della Bae System; è conforme alle richieste LTAS (Long Term Armour Strategy) dell’US Army. La struttura è protetta dagli NBC, con sistemi antincendio integrati nelle zone sensibili. Lungo il perimetro possono essere istallati accorgimenti anti-RPG, contromisure elettroniche jammer e, sulla botola centrale superiore nel tetto, è possibile istallare una mitragliatrice da 7,62 mm. Come dotazione standard è prevista l’aria condizionata e un Webasto per i climi rigidi. Esteticamente la scocca dell’A0 si presenta sfaccettata con superfici spigolose e con i fanali frontali sopra i parafanghi anteriori; successivamente in tutte le altre versioni fu adottato un profilo più arrotondato del cofano, meglio raccordato ai parafanghi, con il gruppo fanaleria incassato nel paraurti anteriore; al lato del cofano sono presenti feritoie di raffreddamento schermabili a fronte della nuova motorizzazione. Per tutte le versioni lo scarico è posto superiormente dietro la cabina. Lo chassis è a longheroni in acciaio al carbonio e manganese, trattato termicamente al fine di garantire rigidezza torsionale in condizioni limite. A fianco del mezzo, sotto la cabina e dietro le pedane d’accesso vi sono due cisterne di carburante da 568l e da 379 l, sopra gli assi posteriori c’è una ralla flottante Holland. Nell’intelaiatura posteriore alla cabina sono istallati tre verricelli, di cui due principali DP Manufacturing 55K da 25 t con cavi in acciaio da 51,8m e 25 mm di spessore (con funzione di carico mezzi in panne sul pianale) e uno da 1,3 t DP Manufacturing 3GN, con cavo in acciaio da 6 mm lungo 91,4 m (avente funzione ausiliaria). Le misure della versione A0 sono la lunghezza di 9 m per una larghezza di 2,59 m; altezza di 3,96 m per un peso a vuoto di 18,59 t; capacità di guado di 0,70 m e un’altezza da terra di 0,40 m. Per le versioni A1 ed F la lunghezza aumenta a 9,68 m con una larghezza uguale all’A0, così come l’altezza, l’altezza da terra e il guado; il peso a vuoto aumenta a 20,6 t, 17,3 t per il Global HET. L’angolo di ingresso frontale è di 35° e 54° per l’angolo d’uscita posteriore, con un interasse di 4,13 m x 1,32 m x 1,32 m (4,82 m x 1,53 m per il Global HET). PIANALI SEMI-RIMORCHI Il semi-rimorchio M1000 fu appositamente progettato per il trasporto dell’MBT Abrams, sviluppato dalla Southwest Mobile System e prodotto ad oggi dalla italiana Leonardo DRS Technology. Nel 1989 furono ordinati 1066 unità dall’US Army, raggiungendo le 2600 unità nel 2009. Dispone di 40 ruote 215/75R17,5 su cinque linee d’assi, sospensioni idrauliche stabilizzate, al fine di livellare il carico su terreni disconnessi. Frontalmente, l’aggancio alla ralla è garantito da un collo d’oca avente un paio di ruote di scorta e i rulli di scorrimento per favorire lo slittamento dei cavi dei verricelli del trattore; anch’esso è dotato di sospensione idraulica per l’ammortizzamento del peso scaricato sullo chassis trattivo. Al posteriore, l’accesso al pianale è permesso da due rampe mobili a comando idraulico, Il peso tara è di 22,8 t, con un payload di 60,5 t. La lunghezza totale è di 15,8 m per una larghezza standard di 3,05 m, con la possibilità di espansione a 3,66 m. Come accennato, il Global HET degli emirati svolge il ruolo di trattore d’artiglieria trainando il Jobaria tinguidensis della Jobaria defence. Si tratta di un sistema MRLS progettato in collaborazione con la Rocketsan, con 10 ruote su cinque linee d’assi e sei stabilizzatori idraulici estensibili. I lanciarazzi sono a comando remoto e orientabili, 4 stazioni da 3 celle ciascuno, ognuno con 20 razzi per un totale di 240 razzi da 122 mm e una portata massima di 37 Km. L’alimentazione elettrica dei sistemi di puntamento, comunicazione e lancio sono indipendenti tramite gruppi elettrogeni corazzati, uniti alla cabina di comando e controllo corazzata e schermata da NBC, consentendo la continuazione delle operazioni con l’unità motrice a motore spento. Il tempo di ricarica completo delle quattro stazioni lancio è di circa 30 minuti. http://www.military-today.com/artillery/jobaria.htm http://www.leonardodrs.com/products-and-services/m1000-heavy-equipment-transport-semi-trailer/
  23. esatto, 76 nodi dalla V6002
  24. Rommel

    Intercettore classe Levriero

    Intercettore classe Levriero “Poi arrivarono le 6000, le classi Levriero. Altra storia! Era come inseguire in Maserati GT4.” È con una citazione del giornalista Giuseppe Scarpa che introduco l’articolo sugli intercettori della classe levriero, unità in dotazione alla Guardia di Finanza e la più veloce in Europa, disegnata dalla penna dell’ingegner Fabio Buzzi. La lotta al contrabbando e ai traffici illeciti via mare ha subito evoluzioni tattiche e tecniche notevoli nel corso degli anni. Alla fine degli anni ’70 la flotta da inseguimento della GdF non poté competere con i monoscafi ad alte prestazioni dei contrabbandieri, vanificando tutte le tecniche in uso per l’arresto e l’abbordaggio. La svolta arrivò con il sequestro di un’unità veloce costruita dai cantieri navali Italcraft, su disegno del grande Renato “Sonny” Levi. Fu riconvertita al ruolo di intercettore, da cui prese il via la dinastia V4000 Drago. Rispetto a tutti gli altri motoscafi si distinse per i materiali di costruzione all’avanguardia, l’uso della carena a V profonda, i motori derivati dalle competizioni velocistiche (capaci di spingere a 50 nodi, contro i 40 nodi dei motori a benzina del tempo) e l’uso di eliche di superficie supercavitanti. Furono realizzate 12 unità uguali alla Drago e costituirono la punta di diamante degli intercettori veloci italiani degli anni ’80, 8 delle quali cedute poi all’Albania in ottemperanza degli accordi bilaterali contro in narcotraffico. L’enorme riserva di potenza e velocità pagava il prezzo di una scarsa mobilità, fattore che tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 le rese obsolete, rispetto ai nuovi scafi della controparte, limitando le possibilità di cattura alle durante operazioni di scarico della merce. I motori Isotta-Fraschini che equipaggiavano le Drago necessitarono di troppa manutenzione, i problemi di raffreddamento con l’uso in full power (costante e necessario negli ultimi anni operativi) era ridotto a soli 5 minuti, pena la fusione delle bronzine e la rottura delle bielle. Le casse di compenso dovettero essere asportate per far posto a taniche da 10 l, soluzione che risolveva solo in minima parte il problema. In loro sostituzione arrivarono le V5000, molto più performanti, costruite dai cantieri Moschini s.p.a., con l’adozione di 2 motori da 1500cv l’uno, l’istallazione di elettronica migliorata e di una mitragliera MG da 7,62mm (oltre all’armamento individuale), consentirono qualche anno di supremazia. Per sopperire all’evoluzione degli inseguitori, i narcotrafficanti utilizzarono tecniche di osservazione e comunicazione a terra degli spostamenti, con l’istallazione di vere e proprie stazioni di controllo occultate, in grado di guidare i motoscafi lungo corridoi sicuri e di orchestrare le operazioni di sbarco della merce. La GdF rispose con la contro-guerra elettronica, ma dovette misurarsi con nuovi motoscafi dalla potenza impressionante, capaci di superare i 50 nodi con 7 t di carico a bordo (escluso il personale), prora rinforzata in acciaio ed eliche di superficie supercavitanti. Le classiche tecniche di arresto tramite cime multi-spessore in kevlar fu reso vano dalla potenza dei mezzi, costringendo gli intercettori ad aumentare il lavoro di squadra e ad utilizzare come cime d’arresto le corde con l’anima in acciaio utilizzate come portanti per le reti a strascico; anche con l’uso di queste soluzioni, i motoscafi contrabbandieri fecero comunque diverse centinaia di metri con le cime sulle eliche prima che gli invertitori andassero in avaria. Quella che venne a crearsi negli anni ’90 tra le veloci dei contrabbandieri e le V5000 furono letteralmente duelli “all’arma bianca” basati su abbordi, speronamenti, giochi di traiettorie, cime d’arresto, flash accecanti e radar, con una differenza di 3-5 nodi l’una dall’altra. Tra il 1999 e gli anni 2000 furono presentati due prototipi per sostituire le V5000, entrambi realizzati dalla FB Marine; il prototipo vincitore fu il V6000, capostipite della classe levriero, successivamente destinata (e tutt’ora operativa) a ruoli di addestramento presso la Scuola di Alta Qualificazione della GdF. L’unità di pre-serie sviluppata dalla V6000 fu il V6001, modificato con una lunghezza maggiore, nuove sovrastrutture sopra il ponte di coperta e l’adozione di una plancia chiusa, nuova motorizzazione e con una maggiore capacità di tenuta a mare; per tale scopo infatti fu ibridata con le soluzioni tecnologiche della FB55. Anche quest’ultima è tuttora utilizzata per ruoli addestrativi. Le Levriero di serie partirono dalla V6002, ulteriormente modificata dalla V6001, prodotte dai cantieri Intermarine di Sarzana in 12 esemplari a partire dal 2001. A tutt’oggi, come accennato, rappresentano le unità più veloci in acque territoriali europee, capaci di velocità superiori anche di 20 nodi (in situazione di mare favorevole) rispetto ai motoscafi contrabbandieri, la quale gli conferisce la denominazione di vedetta velocissima. http://www.gdf.gov.it/chi-siamo/organizzazione/specializzazioni/comparto-aeronavale/servizio-navale/chi-siamo/flotta-navale/unita-navali-storiche/vedetta-veloce-v.4000-201cdrago201d http://www.altomareblu.com/gdif-contrabbandieri/ CARENA E STRUTTURA La classe Levriero identifica tre modelli differenti di cui un prototipo (la V6000), la pre-serie (V6001) avente soluzioni tecniche differenti e le unità di serie (dalla V6002 alla V6012). La V6000 presenta uno scafo planante con geometria a V profonda, con lunghezza fuori tutto di 14,2 m, larghezza di 2,75 m e un pescaggio di 0,8 m, con un dislocamento complessivo di 8,9 t. La prua ha un profilo affilato, nella parte centrale poppiera dello scafo sono presenti due redan per il convogliamento dell’aria in fase di planata e la riduzione del fenomeno di delfinamento dell’imbarcazione ad alte velocità. In funzione delle eliche di superficie, la poppa segue un profilo a cappello, sotto del quale sono presenti (nei lati esterni) due stab pneumatici, necessari al fine di contro-bilanciare l’instabilità nel rollio causato dai redan. Essi sono direttamente gestiti tramite una centralina, la quale funziona in simbiosi con la manetta e con la barra del timone. È presente un singolo timone ordinario con perno sacrificale ripristinabile direttamente in acqua, il quale evita la formazione di crepe sullo scafo derivate dal rientro della pala, mantenendo comunque la sua funzionalità in caso di collisione (brevetto FB). L’unità presenta un profilo ispirato alle gare off-shore, aperto superiormente con pozzetto plancia centrale munito roll-bar e di 4 posti su sedili FB Tecno anatomici da gara, ammortizzati con corsa di 12 mm. Al fine di risparmiare peso non possiede sistemi autonomi di ancoraggio sul gavone di prora, dietro dei quale risiedono i serbatoi auto-stagnanti. Dietro il pozzetto di plancia è presente la presa d’aria del gruppo propulsori, la quale funge da supporto per il radar e le antenne. Gli scarichi dei motori sono sdoppiati carenati, raccordati alla presa d’aria migliorando esponenzialmente il coefficiente aerodinamico, nel mezzo dei quali vengono alloggiati i respingenti per l’attracco al molo. Nella passerella di poppa, nel cassettone centrale, vengono alloggiate le cime rinforzate d’arresto. Il ponte è completamente liscio, fatta eccezione per la botola d’ispezione della sentina e della manutenzione. Tutte le sovrastrutture sono realizzate i kevlar mentre tutto lo scafo è realizzato a strati di vetroresina e legno di balsa. La V6001 eredita dalla precedente il profilo dello scafo, tranne per la prua più massiccia a fronte di una maggiore tenuta a mare (studiata per mantenere velocità di punta con mare forza 4) e i due stab pneumatici maggiorati; aumentano le dimensioni per una lunghezza di 16,41 m, larghezza di 2,84 m, pescaggio di 1,21 m per un dislocamento complessivo di 12,7 t. presenta un rialzamento delle murate e l’inserimento nel ponte lungo il perimetro di due tientibene in corrispondenza dei masconi di prora e al giardinetto di poppa (carenati in prossimità della poppa); non vi sono continuità a prua e a poppa. La differenza più notevole risiede nella plancia di comando, non più aperta ma inserita dentro una tuga incassata al centro dell’imbarcazione, ad accesso posteriore. Gli scarichi non più carenati sono spostati sotto la linea di galleggiamento in funzione del sistema trimax®, che descriverò in seguito. Il ponte resta piano fino alla poppa, dove spicca la presa d’aria dei motori, dietro la quale vengono stivati i cavi d’arresto sul cassettone. Sul tetto della tuga sono istallate le antenne radio e il radar; tutte le attrezzature quali respingenti e cime sono stivate all’interno della carenatura laterale della tuga. Sono mantenute tutte le dotazioni interne della V6000, compresi i 4 posti a sedere per gli operatori. un’altra grande differenza rispetto alla Levriero capostipite è la scelta dei materiali: utilizza un’anima in legno di balsa e una laminazione multistrato di vetroresina e stuoie di kevlar. La V6002 e successive mantengono i tratti estetici della V6001, modificando però la prora non più a punta affilata ma dotata di anti-stuff o “becco a papera”, soluzione brevettata dalla FB Marine per consentire l’uscita dall’onda della prora in caso di eccessive ingavonate ad alta velocità. Le dimensioni restano invariate ma aumenta di dislocamento a 15,8 t. Il ponte di prora mantiene la doppia botola d’ispezione ma aggiunge una pinna in prossimità del tagliamare. La tuga resta inalterata ma viene riportata una contro-plancia esterna rialzata nel retro superiore del portello d’accesso; è istallato un roll-bar esterno che funge anche da traliccio per l’apparato radar e le antenne. Ciò deriva dall’esplicita richiesta della GdF dopo l’esperienza maturata con la V6001. La presenza della contro-plancia ha costretto lo spostamento dell’attrezzatura di utilizzo dietro la presa d’aria d’alimentazione poppiera. La parentela tecnologica con la FB55 (produzione FB Marine) ha permesso l’applicazione del procedimento costruttivo Structural Foam Injection®, nel quale lo scafo viene totalmente schiumato in sei diversi volumi generati dalla struttura longitudinale, consentendo l’innaffondabilità dello stesso. In caso di urti gravi risulterà sufficiente ripristinare la schiuma di riempimento e procedere alla riparazione della Kevlar-vetroresina esterna. L’uso di un gruppo motore e trasmissione aggiuntivi ha permesso l’istallazione di un terzo stab pneumatico centrale e di un secondo timone ordinario. http://www.naviecapitani.it/Navi%20e%20Capitani/gallerie%20navi/Polizia%20e%20sicurezza/scheda/GDF/V%206000.htm http://www.altomareblu.com/scuola-nautica-guardia-di-finanza/ http://www.fbdesign.it/r-d http://www.gdf.gov.it/chi-siamo/organizzazione/specializzazioni/comparto-aeronavale/servizio-navale/chi-siamo/flotta-navale/unita-navali-operative/vedette/vedetta-velocissima-v.6000 APPARATO DI PROPULSIONE La V6000 era mossa da tre motori entrobordo 6 cilindri in linea turbodiesel 4 tempi Seatek NAVY serie 9000, ognuno con 10000 cc di cilindrata, 660 cv a 3100 rpm, alesaggio 127 mm x corsa 135 mm. L’iniezione diretta e raffreddamento a circuito aperto ad acqua di mare, 4 valvole per cilindro. La V6001 fu motorizzata con tre Seatek 6-4V 10d, sempre entrobordo, turbodiesel a sei cilindri in linea, cilindrata di 10260 cc e una potenza massima erogata di 750 cv l’uno a 3100 rpm, alesaggio 127 mm x corsa 135 mm. Il raffreddamento non più aperto ma a circuito chiuso tramite fasci tubieri e cassa di compenso, piastre di scambio termico in titanio, presa a mare a comando diretto del motore. Iniezione diretta gestita tramite centralina ECU e pompa carburante Bosch RP21, 4 valvole per cilindro, due alberi a camme in testa per bancata. La sovralimentazione è tramite turbo-compressore Schwitzer raffreddato ad acqua, con intercooler e valvola waste-gate; il collettore di scarico è raffreddato ad acqua. La V6002 utilizza gli stessi propulsori della V6001 ma con l’aggiunta di un quarto motore. Sia la V6001 che la V6002 a seguire, possiedono un pre-riscaldatore per i motori che funge anche da disappannante per la vetratura interna della plancia. In tutte le Levriero, i motori sono in linea d’asse; ognuno accoppiato con un invertitore/riduttore a due marce a comando manuale ZF 312TS. La gestione del cambio e della manetta motore avviene elettronicamente, separando la manetta di accelerazione dal pulsante di selezione e innesto delle marce, al fine di ottenere una protezione aggiuntiva nell’inserimento errato dei rapporti; soluzione inedita nelle imbarcazioni militari veloci. Sullo stesso quadro comandi vi sono gli interruttori per il pre-riscaldatore e lo switch per la funzione sincronizzata dei propulsori. Il collegamento alle eliche supercavitanti di superficie (a 5 pale per quelle esterne ed a 6 pale per quelle interne) in acciaio è affidato alla trasmissione ZF Trimax 22001. Il numero di eliche varia da 3 per la V6000 e V6001, a 4 per tutta la serie V6002 e successive. Per sopperire all’eccessiva richiesta di coppia delle eliche di superficie alle basse velocità (condizione di lavoro completamente immersa, senza l’uso di martinetti idraulici nei bracci di trasmissione come sulla V6000), e quindi al surriscaldamento dei motori, le Levriero V6001, V6002 e successive adottano il sistema Trimax®, il quale canalizza aria e gas di scarico dei propulsori verso il dorso delle pale, causando un alleggerimento della coppia richiesta dovuto alla ventilazione artificiale delle eliche. A livello di prestazioni, la V6000 raggiunge i 63 nodi, la V6001 i 68 nodi, entrambe con un’autonomia di 250 miglia nautiche a 45 nodi. Dalla V6002 si raggiunge la velocità di 76 nodi, con un’autonomia di 320 miglia nautiche a 45 nodi. SISTEMI DI NAVIGAZIONE L’imbarcazione dispone di apparati radio CB, UHF e HF, GPS e radar. Quest’ultimo è di tipo MARPA, per il monitoraggio, rilevamento e prevenzione delle collisioni in mare. Il tracking può essere effettuato automaticamente o manualmente, con rielaborazione della distanza, velocità del bersaglio, CPA (punto di massimo avvicinamento) e TCPA (tempo di massimo avvicinamento). Il controllo del MARPA è affidato a due postazioni, nella plancia in cabina e nella contro-plancia esterna (solo per la V6002). APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO Al fine di risparmiare peso e con l’uso di tecniche d’arresto basate su cime con l’anima in acciaio, tutte le Levriero non sono dotate di equipaggiamento bellico, al di fuori della dotazione personale della Guardia di Finanza.
  25. Rommel

    Combat Boat 90H

    Combat Boat 90H Nel mondo nautico bellico, i concetti di polivalenza e modularità hanno conosciuto un notevole sviluppo e, molto spesso, questi termini sono abusati nelle descrizioni di unità minori, ad eccezione di poche imbarcazioni. Una di queste è la Combat Boat 90, forte del successo tattico e commerciale consolidato in molti paesi in tutto il mondo, ha saputo incarnare al meglio la definizione di polivalenza. Nel 1988 la società Dockstavarvet svedese avviò lo studio (su commissione della marina svedese) per un’unità leggera che potesse sostituire la classe Tpbs 200. La richiesta fu di un’imbarcazione che sapesse unire le caratteristiche di un pattugliatore veloce con quelle di una unità di supporto al fuoco, sbarco e Combat SAR, adattabilità a qualsiasi ambiente acquatico (fluviale, lagunare e marittimo), un certo grado di protezione e la predisposizione multiruolo dipendente dalla dotazione istallata (dal comando e controllo al soccorso medico e anti-incendio). L’anno successivo vennero prodotti due prototipi, successivamente confermati, in un ordine di 120 esemplari nel 1990. La versione prodotta in serie prese la denominazione di 90H, dove la H sta a significare mezzo plotone di fanteria anfibia (Half pluton) composto da 21 uomini completamente attrezzati, trasportabili internamente. La possibilità di sviluppo della CB90 portò alla creazione della 90HS, ordinata in 27 esemplari nel 2002 sempre dalla marina svedese (le cui caratteristiche saranno elencate in seguito). Nel 1996 la marina norvegese commissionò 20 imbarcazioni create con particolare specifica tecnica, sotto la nomenclatura 90N (Norsk utgave). La crescente popolarità di questa patrol boat arrivò anche in Messico, la cui marina ne commissionò 40 unità 90HEX tra il 1999 e il 2001, ottenendo la licenza di produzione in patria per ulteriori 8 esemplari. Le CB90 furono noleggiate dalla polizia marittima tedesca per il pattugliamento durante il trentatreesimo G8 di Heilingendamm e equipaggiano la classe Berlin come unità di rifornimento. Fu inoltre soggetta a valutazione e studio da parte del Navy Expeditionary Combat Command americano in 2 esemplari, per un costo di 2,8 millioni di dollari, nel 2007 a uso fluviale. Successivamente nel 2010 furono acquistate in 18 unità rinominate Riverine Command Boat, in servizio presso la quinta flotta dell’US Navy nel Golfo Persico. Nel 2011, i Royal Marines britannici chiesero in prestito 4 CB90 alla marina svedese in luogo a una cooperazione bi-laterale sull’evoluzione e lo studio delle unità anfibie. Fu sottoposta a test di valutazione per qualche mese dove furono studiate e messe in pratica nuove tattiche di sbarco a terra; furono effettuati ulteriori test fino al 2013 per lo sviluppo di nuove unità costiere adattando le CB90 ad essere calate da unità d’altura. Altri clienti esteri furono la Grecia con 3 unità, la Malesia con 5 90H, 2 esemplari di 90H furono commissionati da un armatore di Abu Dhabi e allestiti al pari dei lussuosi yacht nel 2009. Gli incidenti più noti che coinvolsero le Combat Boat 90 furono lo schianto in un molo in cemento avvenuto nel 1999 dell’unità appartenente al 2° regg. artiglieria costiera svedese, a 30 nodi, ferendo la totalità dell’equipaggio. Nel 2004, due unità navigavano ad alta velocità con formazione a convoglio quando la perdita di potenza dell’imbarcazione di testa causò lo speronamento da parte dell’unità di coda, causando 2 morti, di cui uno per le gravissime lesioni. La notte del 23 ottobre 2006 fu dichiarato l’affondamento di una CB90H mentre navigava a velocità di crociera; le condizioni di mare mosso allagarono la prua facendola affondare in 10 minuti, nessun ferito tra i 16 operatori a bordo. Il 29 maggio 2010 ci fu un incendio nella sala macchine durante un’esercitazione a Roslagen, un ufficiale riportò ustioni di secondo grado. Il 5 ottobre 2014, un’unità fu dichiarata dispersa dopo una violenta tempesta; fu rilevata a 57 miglia nautiche al largo delle isole Labuan dalla motocannoniera classe Jerung, nessun ferito ma riportò danni alla timoneria e all’apparato motore. Il 12 gennaio 2016 due Riverine dell’US Navy furono prese in custodia con tutto l’equipaggio dalla marina iraniana con l’accusa di violazione delle acque territoriali iraniane; dopo il clamore della notizia in America, sia l’equipaggio che le imbarcazioni furono rilasciate qualche giorno dopo. https://en.wikipedia.org/wiki/CB90-class_fast_assault_craft http://www.naval-technology.com/projects/combatboat90/ http://www.militaryfactory.com/ships/detail.asp?ship_id=Combat-Boat-90-CB90 http://ukarmedforcescommentary.blogspot.it/2011/05/royal-marines-cb90-and-future-patrol.html http://www.dockstavarvet.se/products/combat-and-patrol-boats/combat-boat-90-h/ http://www.royalnavy.mod.uk/news-and-latest-activity/news/2013/february/20/130220-royal-marines-host-swedish-counterparts CARENA E STRUTTURA Le caratteristiche fluviali unite al ruolo di sbarco sotto costa, hanno portato alla forgia di una carena planante da un pescaggio ridotto di 0,8 m; la lunghezza fuori tutto è di 15,9 m per una larghezza di 3,8 m. Tutto lo scafo è in alluminio, dotato di corazzatura esterna base da 18 mm. Il corpo massiccio della struttura, il peso contenuto uniti alla carena permette un’ottima tenuta al mare ed è attrezzato per effettuare atterraggi forzati su spiagge. Sono presenti due appendici a poppavia dello scafo in corrispondenza degli idrogetti semi-canalizzati, con il ruolo di stabilizzatori; ciò permette di effettuare virate strette ad alte velocità, mantenendo l’assetto senza ingavonare; a velocità di crociera svolgono il ruolo attivo di alette antirollio. La prora è la parte più caratteristica dell’imbarcazione: a differenza dei normali monoscafi a tagliamare, presenta due gavoni distinti corazzati con due paratie stagne; tale geometria va a comporre una passerella centrale che mette in comunicazione i locali centrali interni con l’esterno, dalla larghezza sufficiente al passaggio di un singolo uomo. L’accesso alla passerella avviene tramite una pedana richiudibile ermeticamente sopra l’opera viva. Nella parte superiore, due portelli chiudono la passerella e forniscono (aperti) protezione agli operatori in fase di avvicinamento allo sbarco. Questa soluzione consente il recupero in situazioni d’emergenza consentendo la massima protezione disponibile, anche in posizioni di approdo svantaggiose. La tuga realizzata anch’essa in alluminio è incassata nel castello prodiero con vetratura antiproiettile e ad accesso tramite portelloni laterali, sopra la quale è collocata la suite elettronica. La parte centrale del ponte dispone di un’intelaiatura ad anello per l’istallazione di armi e agganci per stivare carico addizionale come casse portamunizioni e taniche di carburante. L’accesso alla sezione centrale avviene tramite un boccaporto, nella quale trovano posto a sedere 21 operatori completamente equipaggiati. Sul ponte di poppa, ci sono due passerelle laterali per lo scivolamento in mare dell’equipaggiamento bellico (che descriverò in seguito) e le prese d’aria della sala macchine. Lo specchio di poppa è dotato di pedana e intelaiatura di servizio. Ai bordi della parte centrale e poppiera i tientibene assicurano protezione durante le accostate rapide, un ulteriore supporto tubolare è posizionato a fronte della tuga. Nella parte superiore delle murate centrali vi sono 3 oblò rettangolari per lato, per l’illuminazione del locale centrale. L’ancora Danforth si trova a poppa dell’imbarcazione, consentendo il recupero frontale da terra. La plancia di comando ospita due posti (timoniere e comandante) su sedili ammortizzati, e un tecnico motorista. Il dislocamento standard è di 13 t, mentre quello a pieno carico arriva a 20,5 t. Mentre la Combat Boat 90H possiede le caratteristiche sopra elencate, la 90HS svolge il ruolo di peace-keeping nella zona mediterranea. Differisce dalla prima per l’aggiunta di pannellature blindate e protezioni NBC, tra cui tutti i locali soggetti ad una leggera sovra pressione interna. Inoltre possiede un sistema di refrigerazione del carburante e un climatizzatore migliorato, adattandola ai climi tropicali; dispone di generatore ausiliario d’emergenza, motori aggiornati in potenza (per sopperire ad un aumento di dislocamento di 3,5 t) e alloggi più confortevoli per l’equipaggio. La sotto versione chiamata 90HI (International) adotta il livello di protezione STANAG 4. Dalla 90H fu creata la 90L destinata al compito di comando e controllo a livello di battaglione, grazie ad un più potente generatore ausiliario e ad apparecchiature informatiche ed elettroniche più performanti. La 90KompL possiede le caratteristiche della 90L, ma le computerizzazioni sono tutte portatili, per azioni di breve durata; si caratterizza per la presenza di un generatore ausiliario sul ponte centrale. Una 90H fu dotata della marina svedese di camera iperbarica interna, mentre altre furono disarmate e convertite in motovedette, istallando brande e alloggi aggiuntivi sulla parte centrale. Come accennato in precedenza, la 90N fu creata “a misura” della marina norvegese, con un armamento diversificato, un salpa-ancora motorizzato a poppa, un ponte più alto al fine di aumentare la capacità della zona centrale (consentendo al personale imbarcato la postura eretta), un bagno in più e la capacità di conversione a unità ambulanza. La 90NL fornisce la capacità di comando e controllo anche alle imbarcazioni della serie N. la 90HEX costituisce un incrocio tra la serie H ed N, destinata all’export per la marina messicana, malese e alla guardia costiera ellenica. APPARATO DI PROPULSIONE La propulsione è affidata a due motori in linea d’asse, paralleli e simmetrici; V8 diesel quattro tempi bi-turbo con intercooler Scania DSI14, ognuno avente 14200 cc di cilindrata, 643 cv a 2100 rpm, successivamente aggiornati a 750 cv a 2200 rpm. Il raffreddamento avviene tramite fasci tubieri e cassa di compenso con scambiatori acqua dolce/acqua di mare, la pompa della presa a mare è studiata per pompare anche la sabbia, garantendo al propulsore un funzionamento d’emergenza a secco per brevi periodi. La distribuzione è a teste singole tramite aste e bilancieri, quattro valvole per cilindro e iniezione ad alta pressione Scania PDE. Al fine di aumentare la resistenza, particolare attenzione è stata posta nella lubrificazione a due stadi, tramite un filtraggio centrifugo. Il limitato consumo di olio durante il lavoro continuato è dovuto al sistema Scania Saver Ring, inserito in ogni singolo cilindro. Tutta la componentistica meccanica è modulare e intercambiabile con tutta la linea dei motori Scania civili e industriali, in modo da semplificare la manutenzione e offrire una piattaforma resistente e collaudata. Dispone di SCR ed EGR per la riduzione delle emissioni (EURO 5). Due riduttori trasmettono la coppia a due idrogetti Rolls-Royce Kamewa FF parzialmente canalizzati, con corpo collettore in alluminio con apparati di spinta e direzione in acciaio inox, progettato per la bassa emissione di vibrazioni. La manovra è affidata ad un inversore di spinta a comando idraulico. L’apparato di propulsione permette una velocità massima di 40 nodi, per un’autonomia di 240 miglia nautiche a 20 nodi (velocità di crociera). Fonte: dati forniti da Rolls-Royce Kamewa PDF Fonte: moteurs-industriels-16-litres-documentation-technique.PDF SISTEMI DI NAVIGAZIONE La navigazione è gestita attraverso radio CB, HF e UHF, radar e GPS incorporato nel pilota automatico. La 90N dispone di un sistema di navigazione GPS migliorato, fornito dalla Kongsberg Seatex AS APPARATO OFFENSIVO E DIFENSIVO La 90H dispone di tre mitragliatrici da 12,7mm Browning M2HB, di cui due gemelle poste a proravia sul lato dritta, mentre la terza è brandeggiabile manualmente da un operatore sull’intelaiatura anulare sul ponte centrale. Le 12,7 mm binate sono a controllo remoto all’interno della plancia di comando tramite controlli di elevazione, a gestione del timoniere, sostituibili con un lanciagranate Mk19 da 40 mm. Lungo il ponte posteriore, come accennato, dispone di corsie sulle quali può far scivolare mine navali o cariche di profondità per un massimo di 2,8 t (4 mine o 6 cariche di profondità). Inoltre, su apposite torrette, permette il lancio (designato a laser da terra) di un missile RBS 17 SSM. Lungo il perimetro dell’imbarcazione, sui tientibene, è possibile istallare quattro mitragliatrici leggere da 7,62 mm. La 90N differisce per l’adozione di una singola mitragliera da 12,7 invece che tre. Nel 2004 la marina norvegese condusse una serie di test per valutare l’efficacia dei missili Hellfire imbarcati, montati su affusto stabilizzato Protector 151, inoltre la mitragliera frontale fu resa mobile tramite un giunto cardanico, e dotata di sistemi di puntamento quali designatori laser, videocamera diurna e infrarossi. Gli Hellfire imbarcati nella 90N, attraverso la sensoristica più avanzata di puntamento, possono essere lanciati senza l’utilizzo di designatori a terra. Nelle prove effettuate dall’US Navy, furono eliminate le mitragliatrici frontali e, utilizzando l’alimentazione elettrica tramite connettori, fu permessa l’istallazione e l’uso di Minigun a canne rotanti M134D. nel ponte centrale sono presenti 4 punti di fissaggio per altre quattro M134D e un RWS dietro la cabina. Come la 90H inoltre può montare anche un lanciagranate Mk19 da 40 mm. La marina svedese nel 2006 ha assegnato un contratto per lo sviluppo e produzione di due prototipi, dotati di torretta mortaio a retrocarica AMOS sul ponte centrale. La costruzione fu affidata alla BAE System e consegnato ai primi mesi del 2011. L’AMOS, sviluppato in joint venture tra la Patria Vammas finlandese e la Hagglunds svedese è un mortaio binato da 120 mm, lo stesso che equipaggia i ruotati Patria e i Piranha, dispone di caricamento totalmente automatico e di giro-stabilizzazione della bocca di fuoco. Progettato per un’alta cadenza di fuoco di 26 colpi al minuto con gittata di 10 Km anche in movimento, programmabile per l’impatto simultaneo MRSI, ad alzo 0 può svolgere anche la funzione di cannone a corto raggio. La marina malese commissionò alcune 90H dotate di cannone da 125 mm montato su torretta PT91, con caricamento automatico e a comando remoto dalla timoneria.
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