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Risposte pubblicato da typhoon

  1. Richesta d´arresto per Cosentino.Fini:"E´ escluso che venga candidato"

    "La candidatura di Nicola Cosentino alla guida della regione Campania non credo ´´sia piu´ nel novero delle cose possibili´´. Lo ha affermato il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervistato da Emilio Carelli di Sky tg24, riferendosi alla richiesta di arresto per il sottosegretario al Tesoro.

     

    ROMA - E´ arrivata alla Giunta per le autorizzazioni a procedere la richiesta di arresto nei confronti di Nicola Cosentino, sottosegretario all´Economia e coordinatore regionale del Pdl. La notizia è stata ufficializzata poco fa dal Presidente della Giunta Pier Luigi Castagnetti.

     

    "Concorso esterno in associazione camorristica". Sono queste le accuse che i magistrati ipotizzano a carico di Cosentino. Poiché si tratta di un deputato, il gip - come stabilisce la legge - ha disposto la notifica dell´ordinanza al presidente della Camera, con richiesta di autorizzazione all´esecuzione del provvedimento.

     

    L´indagine sui contatti con la camorra. Cosentino risulta indagato per presunti contatti con il clan dei Casalesi nell´ambito di un procedimento scaturito dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La misura cautelare è stata emessa dal gip Raffaele Piccirillo, su richiesta dei pm Alessandro Milita e Giuseppe Narducci.

     

    Il caso giudiziario. L´ombra del caso giudiziario che da mesi coinvolge il coordinatore campano del Pdl e sottosegretario all´Economia era tornata alla ribalta alla fine di ottobre, quando era attesa l´ufficializzazione della sua candidatura alla presidenza della Regione Campania, caldeggiata da Berlusconi. La vicenda è nota: il sottosegretario è stato tirato pesantemente in ballo in passato da alcuni pentiti del potente clan casertano dei casalesi, quello di Gomorra. La Procura della Repubblica di Napoli ha ribadito più volte che i magistrati vagliano le dichiarazioni di Gaetano Vassallo, imprenditore che ammise, di fronte ai magistrati, di aver smaltito rifiuti tossici per conto della camorra. Chiamando in causa il sottosegretario. L´Espresso ne aveva parlato nell´autunno del 2008, l´inchiesta va avanti da allora.

     

    Lo stop alla candidatura. La vicenda era riesplosa, meno di un mese fa, quando Gianfranco Fini, nel corso di un incontro con i coordinatori del Pdl Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi, dedicato alle Regionali, aveva espresso serie perplessità: "Candidature trasparenti", aveva detto, pur senza riferimenti esplicitl. Cosentino aveva replicato a stretto giro: "Sono limpido. Contro di me una campagna subdola e senza precedenti". Dal punto di vista politico, chi si opponeva alla candidatura di Cosentino aveva cavalcato le indiscrezioni mentre i sostenitori del sottosegretario avevano bollato le voci come un tentativo di silurarlo.

  2. Sanità, Obama convince i deputati. Dalla Camera ok alla riforma

     

    Esulta il presidente: "Voto storico, ce la faremo anche in Senato"

    Ma lì sarà più difficile: la maggioranza democratica è meno netta

     

    Sanità, Obama convince i deputati Dalla Camera ok alla riforma

     

    WASHINGTON - La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato la riforma sanitaria fortemente voluta da Barack Obama. Durante un'insolita seduta notturna, dopo 12 ore di dibattito, i deputati americani hanno dato il loro assenso a un testo di migliaia di pagine con 220 voti favorevoli e 215 contrari. Il presidente ha salutato il voto "storico" e si è detto "assolutamente fiducioso" sull'esito dello scrutinio al Senato. Manifestando la speranza di poter promulgare la legge "entro la fine dell'anno".

     

    Il progetto di riforma ha incassato anche il sì di un repubblicano, Anh Joseph Cao. Tutti gli altri membri del partito hanno votato contro. La Camera ha respinto una controproposta presentata dall'opposizione. Poco prima del voto, Obama era andato di persona a Capitol Hill, per convincere alcuni deputati democratici scettici.

     

    La parte più controversa del progetto, che prevede una copertura finanziaria di circa mille miliardi di dollari in dieci anni, è l'istituzione di un'assicurazione pubblica sulla salute, che dovrebbe competere con quelle private e in questo modo ridurre le esose tariffe sanitarie e mediche. Da anni spinte alle stelle da un sistema quasi esclusivamente privato.

     

    Un altro tema spinoso è quello dell'aborto, che ha provocato un duro conflitto politico sull'opportunità di consentire che gli interventi di interruzione di gravidanza siano pagati con soldi pubblici. Su questo tema la speaker della Camera Nancy Pelosi ha trovato un compromesso, che Obama spera favorirà il voto a favore della minoranza antiabortista dei democratici: l'intesa prevede che siano possibili restrizioni al finanziamento degli aborti.

     

    Attualmente la legge federale proibisce l'uso di fondi pubblici per finanziare interruzioni di gravidanza tranne che nei casi di stupro, incesto o situazioni in cui la vita della madre è in pericolo: resta da chiarire se i cittadini potranno comprare una copertura in caso di aborto dall'assicurazione pubblica che il progetto di riforma vuole istituire.

     

    Per essere definitivamente approvato, il progetto di riforma dovrà adesso superare l'esame del Senato, dove la maggioranza democratica non è così netta come alla Camera.

     

    http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/e...si-riforma.html

  3. Il signor Giuseppe Ciarrapico non farà parte del governo, ma il membro della commissione industria, commercio e turismo non ha mai rinnegato di essere fascista ... e se è per quello il signor La Russa (lui si membro del governo), varie dichiarazioni velate in tal senso le ha fatte.

     

    E non dimentichiamo tutti i parlamentari razzisti e xenofobi della lega, quelli sono più pericolosi di D'Alema, o hai paura che voglia abolire la proprietà privata come vi ha inculcato il vostro vate Silvio?

  4. Le basi del saggio commento dell'Ambasciatore polacco sulla candidatura di D'Alema ("Meglio una persona la cui autorità non possa essere minata dal suo passato o dalle sue affiliazioni politiche") avrebbero dovuto valere anche nel nostro parlamento e precludere a Napolitano la nomina a PdR.

    Invece chi nel tuo governo ha apertamente dichiarato di essere fascista scommetto che ti va bene giusto?

  5. Il flop delle ronde. Sei richieste in tutta Italia

    Sicurezza, tre mesi dopo il decreto Maroni solo sei richiestedi autorizzazione. I sindacati di polizia: "Fallimento annunciato".

     

    Pochi volontari sulle strade flop delle ronde fai da te

     

    ROMA - Ronde, chi le ha viste? A circa tre mesi dal decreto Maroni che ha messo in regola "i volontari per la sicurezza", le richieste di iscrizione alle prefetture locali sono vicine allo zero. Per la precisione sono sei: tre nella provincia di Roma, una a Milano, un'altra a Treviso, l'ultima a Bolzano. Nel resto d'Italia, i rondisti restano invisibili. "Non ci risultano in effetti molte richieste dal territorio", conferma Giuseppe Forlani, presidente del sindacato dei prefetti, mentre i sindacati di polizia già festeggiano "il flop annunciato".

     

    Il decreto Maroni, firmato l'8 agosto scorso, mira a regolamentare il fenomeno delle ronde fai da te, prevedendo appositi albi presso le prefetture e rigidi requisiti per gli aspiranti volontari. Come è andata? Se prima del decreto attuativo, una rapida fotografia del territorio nazionale censiva circa 70 ronde attive (17 solo in Lombardia, 10 in Veneto), a quasi tre mesi dall'entrata in vigore delle nuove regole sono soltanto sei le associazioni di "osservatori volontari per la sicurezza" che hanno chiesto il riconoscimento ufficiale a sindaco e prefetto.

     

    In testa c'è Roma: secondo i dati della Commissione sicurezza urbana del comune capitolino sono infatti ben tre le domande giunte per l'iscrizione nell'albo delle ronde. Milano, città degli storici City Angels, si deve invece accontentare di una sola richiesta, quella dell'associazione poliziotti italiani: un gruppo di agenti in congedo che già da un anno presidia le periferie della città e, nelle ore serali, la metropolitana. Una domanda è arrivata a Treviso (dal comune di Oderzo), un'altra a Bolzano, da parte dei Rangers della città. E nel resto del Paese? Zero domande.

     

    "È prematura ogni valutazione - sostiene Giuseppe Forlani, prefetto a La Spezia e presidente dell'Associazione sindacale dei funzionari prefettizi - ma va detto che per ora le richieste dal territorio sono vicine allo zero. Il decreto è nato per regolamentare un fenomeno in corso, tenendo saldo il principio che non ci può essere alcuna sovrapposizione con le funzioni della polizia di Stato". Forlani conferma che "neppure a La Spezia abbiamo ricevuto richieste di iscrizione negli albi della prefettura, ma c'è ancora tempo e sarà interessante vedere se il decreto riuscirà alla fine a intercettare il fenomeno". Insomma, il rischio è che molte ronde già attive non chiedano un riconoscimento ufficiale, ma continuino ad agire informalmente sul territorio.

     

    I tecnici del Viminale invitano però a non trarre valutazioni definitive, perché "il regolamento sulle ronde prevede una fase transitoria di sei mesi, fino all'8 febbraio prossimo, che consente alle associazioni di volontariato già esistenti di continuare a svolgere le attività di sorveglianza senza necessità di iscrizione. L'effettivo contributo delle nuove associazioni quindi potrà essere calcolato e giudicato soltanto tra qualche mese".

     

    Non solo. "Gli osservatori volontari - spiegano dal ministero dell'Interno - non potranno comunque svolgere la loro attività senza aver sostenuto un corso di formazione. Saranno poi i sindaci, ai quali le nuove norme riconoscono poteri di sicurezza urbana, a proporre al prefetto l'impiego delle associazioni che si saranno iscritte negli appositi elenchi".

     

    "Assistiamo a un flop annunciato". I sindacati di polizia non hanno però dubbi e non nascondono la loro soddisfazione per il mancato assalto alle prefetture da parte delle aspiranti ronde. "È una buona notizia - sostiene Claudio Giardullo, segretario nazionale della Silp Cgil - ed è la dimostrazione che hanno funzionato i due divieti inseriti nel decreto: nessun finanziamento privato, né collegamento con formazioni politiche. Tentazioni, invece, che sono ben presenti tra gli aspiranti rondisti". "La Carta costituzionale - osserva Enzo Marco Letizia, segretario nazionale dell'associazione nazionale funzionari di polizia - rispecchia quello che è il sentimento più profondo degli italiani, ovvero che la sicurezza non può che essere affidata allo Stato".

     

    Repubblica - 04/11/2009

    E intanto tagliamo i fondi alle forze dell'ordine ...

  6. "Vogliono far saltare il governo" la sentenza incubo di Silvio

    ROMA - Il Cavaliere è giudiziariamente nudo e ha paura. Cancellato dalla Consulta il lodo Alfano, nell'impasse i suoi sono alla disperata ricerca di una leggina che lo liberi dai processi Mills e Mediaset. L'ultimo blitz, appena fresco di ore, per infilare la prescrizione breve nel decreto sugli obblighi comunitari (da martedì in aula al Senato) s'è infranto sui "niet" del Quirinale per la "manifesta eterogeneità della materia". Il premier annaspa. Teme una condanna per corruzione che porterebbe con sé, obbligatoriamente, pure l'interdizione dai pubblici uffici.

    Una situazione insostenibile che il Colle, per primo, non potrebbe ignorare. Per questo ormai il refrain del Cavaliere è sempre lo stesso: "Non mi faranno fare la fine di Craxi. Una condanna sarebbe un sovvertimento della volontà del popolo". E per questo, giusto negli ultimi giorni, sta di nuovo pensando di esibirsi in uno speech alla Camera in occasione della riforma sulla giustizia. Un discorso "alto", ma in cui troverà posto anche un'apologia contro "i giudici che mi perseguitano dal '94, da quando sono sceso in politica".

     

    Si proclama "innocente", a parole dice di voler "affrontare i suoi giudici", ma ha paura del giudizio, dello stillicidio settimanale delle udienze, dell'impatto mediatico che comunque, con lui o senza di lui in aula, il dibattimento avrà sulla gente. Il caso Dell'Utri insegna. Per questo dà mandato al suo avvocato Ghedini di cercare a ogni costo una soluzione parlamentare che azzeri i processi. Stavolta senza sbagli. Da un lato, ancora in questi giorni, ha ripetuto ai suoi: "Dimostrerò "per tabulas" la mia totale estraneità alle accuse che mi contestano. I miei legali hanno le carte per spiegare al centesimo il passaggio di quei 600mila dollari da Attanasio (l'armatore napoletano che secondo l'avvocato londinese gli avrebbe versato il denaro, ndr.) a Mills". Ma, del pari, la sfiducia verso i giudici di Milano è totale: "Lì ho sempre trovato gente ostile e, anche se non c'è più quella Gandus a presiedere il tribunale, non mi posso di certo fidare".

     

    Ed ecco allora l'affanno per trovare una leggina che cozza contro gli ostacoli frapposti da Fini e dal Quirinale. L'ultima chance è andata in fumo tra mercoledì e venerdì pomeriggio. Sembrava quasi fatta per la prescrizione breve studiata da Ghedini. Col taglio del quarto di pena in più frutto degli "atti interruttivi", il reato di corruzione si cancellerebbe in otto anziché in dieci anni. E dunque il processo Mills salterebbe. Ma serve una legge in tempi brevissimi. Pensano di infilare la norma, che è già pronta, nel decreto sugli obblighi comunitari che da martedì prossimo è in aula al Senato. Berlusconi è talmente convinto che l'operazione riesca che i suoi ministri più fedeli ne parlano in giro come di una cosa fatta. E invece il finiano Andrea Ronchi, il ministro per le Politiche comunitarie cui fa capo il decreto, fa saltare il piano. "Sono stato rigorosissimo. C'è stata una moria di emendamenti. Sono entrati solo quelli che hanno stretta attinenza con la materia comunitaria del decreto. Cosa c'entra la prescrizione lì dentro? Assolutamente nulla. Il capo dello Stato ci avrebbe sicuramente bocciato il decreto".

     

    Berlusconi s'infuria e legge l'ostacolo come l'ennesimo tentativo dei finiani di disarcionarlo dopo gli ostacoli di Giulia Bongiorno sulle intercettazioni e la blocca-processi. Ma stavolta anche da Carlo Vizzini, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, arriva uno stop. Niente da fare, c'è troppa disomogeneità tra il decreto e la prescrizione. I sondaggi di palazzo Chigi con il Colle danno un esito negativo, Napolitano non firma decreti palesemente eterogenei, ha già messo più volte in guardia il governo. Non resterebbe che lo scontro aperto: il presidente non firma il decreto, lo rinvia alle Camere, la maggioranza lo riapprova. Ma le conseguenze di un simile conflitto sono troppo pericolose. Gianni Letta non se la sente e decide di soprassedere. Venerdì pomeriggio, quando la commissione chiude il testo, l'emendamento sulla prescrizione non c'è, né sarà presentato in aula. Sulla prescrizione prevale l'ipotesi di un disegno di legge autonomo che di necessità non potrà correre veloce come il decreto.

     

    A questo punto per Berlusconi non resta che la strategia mediatica: sminare l'effetto di una condanna bollandola in anticipo come una persecuzione delle toghe. "Gli italiani comprenderanno che è solo una montatura politica per far saltare un governo che gode della fiducia della stragrande maggioranza degli elettori". Un copione che il Cavaliere conosce a memoria e che ha iniziato a recitare martedì scorso nella telefonata a Ballarò.

     

    http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/p...-quirinale.html

    Sta cercando in tutti i modi di evitare i processi a cui legittimamente deve rispondere.

  7. Gli Italiani votano questa gente, non stupisce quindi che votino anche ben di peggio ...

     

    Condanna per Gentilini: niente comizi per 3 anni

    Era lo sceriffo di Treviso. Non potra più parlare a comizi politici. Giancarlo Gentilini, prosindaco di Treviso, leghista della prima ora, è stato condannato dal tribunale di Venezia per aver usato parole troppo forti contro gli immigrati e contro la possibilità di aprire moschee in Italia. Gentilini aveva detto la sua dal palco del raduno della Lega di Venezia nel 2008. Parole forti, come è nel costume dello sceriffo, già noto alle cronache per le sue esternazioni colorite. Ne era seguita una denuncia con l’accusa di istigazione al razzismo. Il tribunale di Venezia, in rito abbreviato, ha accolto la tesi dell’accusa condannando Gentilini a 4mila euro di multa e sospensione per tre anni dai pubblici comizi.

     

    Le richieste L’accusatore era il procuratore Vittorio Borraccetti che aveva chiesto 6mila euro di multa pari a un anno e 5 mesi di reclusione. Il difensore di Gentilini, avvocato Luca Ravagnan, ha già annunciato ricorso in appello sostenendo che "Non c’era alcuna maliziosità contro le razze, ma il sostegno ad idee ben note nel mio assistito finalizzate all’integrazione tra etnie diverse". Gentilini sostiene di essere sempre pronto ad esporsi in prima persona "mentre c’è sempre qualcuno pronto a spararmi alle spalle". Il prosindaco di Treviso quest’anno ha partecipato, acclamatissimo, al raduno veneziano di settembre, ma non ha parlato dal palco.

     

    Un saggio sulla pacatezza di quest'uomo:

     

    Però Treviso è pulita (cit.) ...

  8. Only in Italy?

     

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    Il Pd: "È il governo del conflitto d'interessi"

    Lo sosteneva anche un articolo di Bianca Di Giovanni pubblicato su L'Unità. E lo confermava Stefano Fassina, responsabile finanze del Pd: "Il governo dei conflitti d'interesse non ha limiti. Va ricordato che la clientela interessata, grazie all'anonimato e alla sospensione dell'obbligo di segnalare i casi sospetti di riciclaggio, unico caso al mondo, può comprendere chiunque, anche i capi della criminalità organizzata".

     

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    Confermato, abbiamo un premier corruttore, e adesso?

  9. Quasi 3 milioni alle primarie Pd. «Bersani oltre il 50% dei voti»

     

    Oltre due milioni e mezzo di votanti alle primarie. Il dato non è ancora quello finale ma subito dopo arriva l'annuncio a sorpresa del comitato Bersani. «Dai dati in nostro possesso Pierluigi è sopra il 50%». Dunque, secondo le prime rilevazioni l'ex ministro dell'Industria avrebbe vinto la sfida che lo incorona segretario del Pd. Per i risultati ufficiali però c'è ancora tempo: solo in nottata l'organizzazione del partito fornirà i numeri definitivi.

    «Sicuramente supereremo i due milioni e mezzo di partecipanti», ha detto Maurizio Migliavacca responsabile organizzativo delle primarie leggendo le ultime rilevazioni raccolte. Questo dato sull'affluenza non è ancora quello definitivo ma i numeri già rincuorano il Partito democratico. Certo si è ancora lontani dalle ultime primarie del 2007 che elessero segretario Walter Veltroni con tre milioni e mezzo di voti ma dopo ripetute sconfitte elettorali, le divisioni nel partito e il caso Piero Marrazzo che ha gelato questa vigilia, chiunque sarà eletto leader avrà comunque un'ampia legittimazione popolare. Le Regioni dove si è votato di più sono il Lazio, l'Emilia Romagna - nota roccaforte rossa - e la Lombardia. «Non c'è stato l'effetto-Marrazzo. Il Lazio è stata la regione con più partecipanti: 250mila contro i 300mila di Emilia e Lombardia».

    Le operazioni di spoglio procedono a rilento per l'alta affluenza ma l'esito potrebbe ancora non chiudere la partita. E' questo lo scenario più temuto: quello in cui nessuno dei tre riuscirà a superare il 50% dei consensi. A quel punto l'elezione del leader sarà affidata all'assemblea dei mille eletti con le primarie anche se Bersani e Franceschini hanno già raggiunto l'accordo di votare, nel parlamentino, chi ha ottenuto più consensi dal popolo delle primarie. Uno scenario che il comitato Bersani non prende in considerazione. «Siamo sopra il 50%» ripetono dando in anticipo il nome del nuovo leader: Pierluigi Bersani.

     

    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4...ulesView=Libero

  10. Brusca: "Rina ci spiegò la trattativa nel '92 col Viminale,poi puntò su Fi"

    E' la vigilia di Natale del 1992, Totò Riina è euforico, eccitato, si sente come fosse il padrone del mondo. In una casa alla periferia di Palermo ha radunato i boss più fidati per gli auguri e per comunicare che lo Stato si è fatto avanti. I picciotti sono impressionati per come il capo dei capi sia così felice. Tanto che quando Giovanni Brusca entra in casa, Totò ù curtu, seduto davanti al tavolo della stanza da pranzo, lo accoglie con un grande sorriso e restando sulla sedia gli dice: "Eh! Finalmente si sono fatti sotto". Riina è tutto contento e tiene stretta in mano una penna: "Ah, ci ho fatto un papello così..." e con le mani indica un foglio di notevoli dimensioni. E aggiunge che in quel pezzo di carta aveva messo, oltre alle richieste sulla legge Gozzini e altri temi di ordine generale, la revisione del maxi processo a Cosa nostra e l'aggiustamento del processo ad alcuni mafiosi fra cui quello a Pippo Calò per la strage del treno 904. Le parole con le quali Riina introduce questo discorso del "papello" Brusca le ricorda così: "Si sono fatti sotto. Ho avuto un messaggio. Viene da Mancino".

     

    L'uomo che uccise Giovanni Falcone - di cui "L'espresso" anticipa il contenuto dei verbali inediti - sostiene che sarebbe Nicola Mancino, attuale vice presidente del Csm che nel 1992 era ministro dell'Interno, il politico che avrebbe "coperto" inizialmente la trattativa fra mafia e Stato. Il tramite sarebbe stato l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, attraverso l'allora colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno. L'ex responsabile del Viminale ha sempre smentito: "Per quanto riguarda la mia responsabilità di ministro dell'Interno confermo che nessuno mi parlò di possibili trattative".

     

    Il contatto politico Riina lo rivela a Natale. Mediata da Bernardo Provenzano attraverso Ciancimino, arriva la risposta al "papello", le cui richieste iniziali allo Stato erano apparse pretese impossibili anche allo zio Binu. Ora le dichiarazioni inedite di Brusca formano come un capitolo iniziale che viene chiuso dalle rivelazioni recenti del neo pentito Gaspare Spatuzza. Spatuzza indica ai pm di Firenze e Palermo il collegamento fra alcuni boss e Marcello dell'Utri (il senatore del Pdl, condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa), che si sarebbe fatto carico di creare una connessione con Forza Italia e con il suo amico Silvio Berlusconi. Ma nel dicembre '92 nella casa alla periferia di Palermo, Riina è felice che la trattativa, aperta dopo la morte di Falcone, si fosse mossa perché "Mancino aveva preso questa posizione". E quella è la prima e l'ultima volta nella quale Brusca ha sentito pronunziare il nome di Mancino da Riina. Altri non lo hanno mai indicato, anche se Brusca è sicuro che ne fossero a conoscenza anche alcuni boss, come Salvatore Biondino (detenuto dal giorno dell'arresto di Riina), il latitante Matteo Messina Denaro, il mafioso trapanese Vincenzo Sinacori, Giuseppe Graviano e Leoluca Bagarella.

     

    Le risposte a quelle pretese tardavano però ad arrivare. Il pentito ricorda che nei primi di gennaio 1993 il capo di Cosa nostra era preoccupato. Non temeva di essere ucciso, ma di finire in carcere. Il nervosismo lo si notava in tutte le riunioni, tanto da fargli deliberare altri omicidi "facili facili", come l'uccisione di magistrati senza tutela. Un modo per riscaldare la trattativa. La mattina del 15 gennaio 1993, mentre Riina e Biondino si stanno recando alla riunione durante la quale Totò ù curtu avrebbe voluto informare i suoi fedelissimi di ulteriori retroscena sui contatti con gli uomini delle istituzioni, il capo dei capi viene arrestato dai carabinieri.

     

    Brusca è convinto che in quell'incontro il padrino avrebbe messo a nudo i suoi segreti, per condividerli con gli altri nell'eventualità che a lui fosse accaduto qualcosa. Il nome dell'allora ministro era stato riferito a Riina attraverso Ciancimino. E qui Brusca sottolinea che il problema da porsi - e che lui stesso si era posto fin da quando aveva appreso la vicenda del "papello" - è se a Riina fosse stata o meno riferita la verità: "Se le cose stanno così nessun problema per Ciancimino; se invece Ciancimino ha fatto qualche millanteria, ovvero ha "bluffato" con Riina e questi se ne è reso conto, l'ex sindaco allora si è messo in una situazione di grave pericolo che può estendersi anche ai suoi familiari e che può durare a tempo indeterminato". In quel periodo c'erano strani movimenti e Brusca apprende che Mancino sta blindando la sua casa romana con porte e finestre antiproiettile: "Ma perché mai si sta blindando, che motivo ha?". "Non hai nulla da temere perché hai stabilito con noi un accordo", commenta Brusca come in un dialogo a distanza con Mancino: "O se hai da temere ti spaventi perché hai tradito, hai bluffato o hai fatto qualche altra cosa".

     

    Brusca, però, non ha dubbi sul fatto che l'ex sindaco abbia riportato ciò che gli era stato detto sul politico. Tanto che avrebbe avuto dei riscontri sul nome di Mancino. In particolare uno. Nell'incontro di Natale '92 Biondino prese una cartelletta di plastica che conteneva un verbale di interrogatorio di Gaspare Mutolo, un mafioso pentito. E commentò quasi ironicamente le sue dichiarazioni: "Ma guarda un po': quando un bugiardo dice la verità non gli credono". La frase aveva questo significato: Mutolo aveva detto in passato delle sciocchezze ma aveva anche parlato di Mancino, con particolare riferimento a un incontro di quest'ultimo con Borsellino, in seguito al quale il magistrato aveva manifestato uno stato di tensione, tanto da fumare contemporaneamente due sigarette. Per Biondino sulla circostanza che riguardava Mancino, Mutolo non aveva detto il falso. Ma l'ex ministro oggi dichiara di non ricordare l'incontro al Viminale con Borsellino.

     

    Questi retroscena Brusca li racconta per la prima volta al pm fiorentino Gabriele Chelazzi che indagava sui mandanti occulti delle stragi. Adesso riscontrerebbero le affermazioni di Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, che collabora con i magistrati di Palermo e Caltanissetta svelando retroscena sul negoziato mafia- Stato. Un patto scellerato che avrebbe avuto inizio nel giugno '92, dopo la strage di Capaci, aperto dagli incontri fra il capitano De Donno e Ciancimino. E in questo mercanteggiare, secondo Brusca, Riina avrebbe ucciso Borsellino "per un suo capriccio". Solo per riscaldare la trattativa.

     

    Le rivelazioni del collaboratore di giustizia si spingono fino alle bombe di Roma, Milano e Firenze. Iniziano con l'attentato a Maurizio Costanzo il 14 maggio '93 e hanno termine a distanza di 11 mesi con l'ordigno contro il pentito Totuccio Contorno. Il tritolo di quegli anni sembra non aver portato nulla di concreto per Cosa nostra. Brusca ricorda che dopo l'arresto di Riina parla con il latitante Matteo Messina Denaro e con il boss Giuseppe Graviano. Chiede se ci sono novità sullo stato della trattativa, ma entrambi dicono: "Siamo a mare", per indicare che non hanno nulla. E da qui che Brusca, Graviano e Bagarella iniziano a percorrere nuove strade per riattivare i contatti istituzionali.

     

    I corleonesi volevano dare una lezione ai carabinieri sospettati (il colonnello Mori e il capitano De Donno) di aver "fatto il bidone". E forse per questo motivo che il 31 ottobre 1993 tentano di uccidere un plotone intero di carabinieri che lasciava lo stadio Olimpico a bordo di un pullman. L'attentato fallisce, come ha spiegato il neo pentito Gaspare Spatuzza, perché il telecomando dei detonatori non funziona. Il piano di morte viene accantonato.

     

    In questa fase si possono inserire le nuove confessioni fatte pochi mesi fa ai pubblici ministeri di Firenze e Palermo dall'ex sicario palermitano Spatuzza. Il neo pentito rivela un nuovo intreccio politico che alcuni boss avviano alla fine del '93. Giuseppe Graviano, secondo Spatuzza, avrebbe allacciato contatti con Marcello Dell'Utri. Ai magistrati Spatuzza dice che la stagione delle bombe non ha portato a nulla di buono per Cosa nostra, tranne il fatto che "venne agganciato ", nella metà degli anni Novanta "il nuovo referente politico: Forza Italia e quindi Silvio Berlusconi".

     

    Il tentativo di allacciare un contatto con il Cavaliere dopo le stragi era stato fatto anche da Brusca e Bagarella. Rivela Brusca: "Parlando con Leoluca Bagarella quando cercavamo di mandare segnali a Silvio Berlusconi che si accingeva a diventare presidente del Consiglio nel '94, gli mandammo a dire "Guardi che la sinistra o i servizi segreti sanno", non so se rendo l'idea...". Spiega sempre il pentito: "Cioè sanno quanto era successo già nel '92-93, le stragi di Borsellino e Falcone, il proiettile di artiglieria fatto trovare al Giardino di Boboli a Firenze, e gli attentati del '93". I mafiosi intendevano mandare un messaggio al "nuovo ceto politico ", facendo capire che "Cosa nostra voleva continuare a trattare".

     

    Perché era stata scelta Forza Italia? Perché "c'erano pezzi delle vecchie "democrazie cristiane", del Partito socialista, erano tutti pezzi politici un po' conservatori cioè sempre contro la sinistra per mentalità nostra. Quindi volevamo dare un'arma ai nuovi "presunti alleati politici", per poi noi trarne un vantaggio, un beneficio".

     

    Le due procure stanno già valutando queste dichiarazioni per decidere se riaprire o meno il procedimento contro Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, archiviato nel 1998. Adesso ci sono nuovi verbali che potrebbero rimettere tutto in discussione e riscrivere la storia recente del nostro Paese.

     

    http://espresso.repubblica.it/dettaglio/tr...-stato/2112777/

  11. Perchè alcuni nel PDL non lo vogliono come candidato? il Curriculum mi sembra perfettamente a posto (per il PDL appunto) :asd: ....

     

    Accuse di camorra e liti nel Pdl

    In Campania il caso Cosentino

    Vito: lui candidato? Rischiamo brutte sorprese giudiziarie

     

    Un caso politico che rischia di diventare giudiziario. Il Pdl si spacca - più a Roma che a Napoli - sulla possibile scelta di Nicola Cosentino, sottosegretario all´Economia e coordinatore del Popolo della libertà in Campania, come candidato del Pdl alla Regione. Il suo nome è iscritto, ormai da mesi, nel registro degli indagati per presunte collusioni con il clan dei casalesi, dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti. E mentre si rincorrono voci su possibili provvedimenti cautelari richiesti dalla Procura antimafia di Napoli e affidati come di rito alla valutazione dell´ufficio Gip, a rilanciare possibili ombre sul futuro immediato di Cosentino sono stati proprio due esponenti del suo stesso partito.

     

    Da un lato, il consiglio del vicecapogruppo della Camera del Pdl, Italo Bocchino, che aveva suggerito a Cosentino, qualche settimana fa: «Fossi in lui, farei un passo indietro». Dall´altro lato, il viatico dell´ex parlamentare azzurro Alfredo Vito, già membro della commissione Antimafia per Forza Italia nel precedente governo Berlusconi, nonché tangentista reo confesso della Prima Repubblica. «Non escludo brutte sorprese, esiti giudiziari imbarazzanti per il nostro coordinatore regionale», è il commento tranchant di Vito, affidato a Repubblica. Affermazioni gravi, che non possono basarsi su illazioni. Ma Vito conferma e aggiunge che il messaggio è stato recapitato allo stesso Berlusconi attraverso alcuni vertici del partito. «Continuo a dire liberamente ciò che penso - aggiunge Vito, l´ex mister "Centomila voti" della Dc, a sua volta finito nelle accuse di un altro collaboratore di giustizia - . L´ho detto anche a dirigenti nazionali del mio partito, e sono uno dei pochi a farlo. Ed è molto probabile che il mio ragionamento politico sia arrivato alle orecchie del presidente Berlusconi, attraverso il senatore Gaetano Quagliariello o tramite qualche altro autorevole esponente».

     

    Teorie alle quali Cosentino replica con pacatezza: «Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. E se fossi candidato alla Regione, la prima cosa che farei sarebbe chiedere al Parlamento di lasciare l´immunità parlamentare. Così da mettere a tacere le strumentalizzazioni o le calunnie dei perdenti».

     

    L´ultimo colpo di scena viene dal sito ufficiale del Pdl in Campania, voce ufficiale di Cosentino e vetrina della sua campagna verso la candidatura alla poltrona di governatore. Fino a due giorni fa, ad aprire il sito di Cosentino c´era la foto del procuratore generale di Napoli, Vincenzo Galgano. Una immagine ufficiale, con l´ermellino sulle spalle e un titolo tratto da una sua intervista al "Corriere del Mezzogiorno", in particolare la frase: «Allo stato Cosentino è una persona nei cui confronti non ho nulla da ridire». Il procuratore generale si era ritrovato così testimonial involontario del sottosegretario. Galgano, informato della vicenda, domenica scorsa ha affidato a Repubblica la sua amarezza: «Cosa c´entro con quel sito? Io non condanno e non assolvo, non posso esprimere un giudizio né buono né cattivo su Cosentino. Così come non lo esprimo su Bassolino». Ieri, la sorpresa: dal sito del Pdl Campania sparisce tutto, testo e foto del procuratore.

     

    http://napoli.repubblica.it/dettaglio/Accu...sentino/1754044

  12. Fondi neri Mediaset: la Svizzera sta per aprire un'inchiesta per riciclaggio

    Indagini per l'ipervalutazione di diritti tv di film Usa. Nel 2005 congelati conti per 150 milioni di franchi

     

    BERNA - Per quattro manager Mediaset in Svizzera la prossima settimana sarà aperta un'inchiesta formale per riciclaggio di denaro. Lo riporta l'agenzia Ap. Lo scorso 2 settembre i pm svizzeri hanno chiesto all'ufficio federale delle inchieste di aprire il procedimento, ha detto all'agenzia di stampa Walburga Bur, portavoce del ministero della Giustizia. I quattro manager sono accusati di riciclaggio di denaro in relazione a un'inchiesta sulla sovravalutazione di film e diritti tv. L'inchiesta è in pratica un filone di quella di Milano, secondo la quale Mediaset ha acquistato dal 1992 al 1999 diritti tv a prezzi gonfiati di film americani. Secondo l'inchiesta italiana le accuse sono di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio. L'inchiesta ha per oggetto fondi di Mediatrade spa, la società che dal 1° febbraio 1999 aveva sostituito Mediaset e la maltese Ims nell’acquisto dei diritti tv tra Los Angeles e Lugano dal 2000 al 2002, quindi anche quando Berlusconi (dal 2001) era presidente del Consiglio. La Svizzera nel 2005 ha congelato conti bancari per oltre 150 milioni di franchi svizzeri e iniziato una propria indagine su quattro manager Mediaset.

     

    http://www.corriere.it/politica/09_ottobre...44f02aabc.shtml

  13. Consulta: "Il lodo Alfano è illegittimo"

     

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    18:11 Consulta: serviva legge costituzionale

    La Consulta - secondo quanto appreso dall'Ansa - ha bocciato il 'lodo Alfano' per violazione dell'art.138 della Costituzione, vale a dire l'obbligo di far ricorso a una legge costituzionale (e non ordinaria come quella usata dal 'lodo' per sospendere i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato). Il 'lodo' è stato bocciato anche per violazione dell'art.3 (principio di uguaglianza). L'effetto della decisione della Consulta sarà la riapertura di due processi a carico del premier Berlusconi: per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset.

  14. Mondadori, le motivazioni: “Berlusconi corresponsabile”

    Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest. Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti.

     

    Dal processo per il Lodo Mondadori era uscito con una dichiarazione di prescrizione del reato, diventata irrevocabile alla fine del 2001. A otto anni di distanza, però, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi rientra pesantemente nella vicenda della cosidetta 'guerra di Segratè con le motivazioni della sentenza con cui il giudice di Milano Raimondo Mesiano impone alla Fininvest di pagare 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti a causa di quella decisione che i giudici milanesi ritennero "comperata" per impedire che De Benedetti acquisisse il controllo del gruppo editoriale, agli inizi degli anni '90. Il relatore di quella sentenza, l'ex giudice Vittorio Metta, che annullò il lodo arbitrale che assegnava a De Benedetti le azioni Mondadori della famiglia Formenton, è stato condannato definitivamente a due anni e otto mesi (a un anno e sei mesi l'ex ministro Cesare Previti). Per Mesiano "va messo in evidenza che la provvista di danaro, con il quale fu corrotto il giudice Metta proveniva, come si è visto, dal conto corrente Ferrido di Fininvest". Una "corruzione", per il giudice, che "rifluì a tutto vantaggio di Fininvest, che - grazie alla sentenza ingiusta resa dalla Corte di Appello di Roma - ebbe la possibilità di trattare con Cir la spartizione del gruppo L'Espresso Mondadori da posizioni di forza a fronte del correlativo indebolimento della posizione". Per quanto riguarda il premier, Mesiano scrive che la declaratoria di prescrizione "preclude l'assoggettamento del Berlusconi medesimo al giudizio di responsabilità penale e a sanzione penale per il fatto per cui è causa ma, trattandosi di sentenza non emessa a seguito di giudizio di merito, ma solo a seguito di applicazione di causa estintiva del reato essa non preclude in alcun modo che, nella presente sede, venga ritenuto 'incidenter tantum' (con efficacia quindi solo in questa causa ndr.) che il Berlusconi ha commesso il fatto de quo, ai soli fini civilistici e risarcitori di cui qui si discute". Anche se solo per questi fini, quindi, Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza : "E' da ritenere - scrive infatti Mesiano - 'incidenter tantum' e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede". E la "corresponsabilità" di Berlusconi comporta "come logica conseguenza" la "responsabilità della stessa Fininvest", questo "per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima". Per quanto riguarda il denaro finito a Metta, per Mesiano, "vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse". Ora si attendono le contromosse dei legali Fininvest. L' avvocato Romano Vaccarella parla di un ricorso in appello con la richiesta di sospensiva delle sue esecutività che verrà presentato "nei prossimi giorni, il più rapidamente possibile". "Lo sconcerto espresso sabato da Fininvest e dai suoi difensori si è oggi trasformato, lette le motivazioni, in autentica incredulita", aggiunge, per una sentenza "fondata su argomentazioni totalmente erronee. Quando non semplicemente recepisce tesi di Cir". La sospensiva, davanti a un collegio e non più davanti a un solo giudice dovrebbe essere discussa in tempi brevi. "Non è una causa politica - sottolinea comunque l'avvocato della Cir Elisabetta Rubini -, ma una normale causa di risarcimento danni tra due aziende, una delle quali, come è stato provato definitivamente nel 2007, ha corrotto un giudice".

     

    http://unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/148174

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