gunslinger Posted July 31, 2008 Report Share Posted July 31, 2008 (edited) Ciao a tutti..................in questo topic vorrei parlare del mitico biplano inglese Gloster. Il Gloster Gladiator è stato l'ultimo dei caccia britannici biplani, rimasto nella storia.L'Africa costituì il teatro delle operazioni militari del Gloster,il quale si impegnò nella guerra aerea contro gli italiani, in cui incontrò il suo diretto equivalente, il Fiat C.R.42. Il prototipo voló in settembre 1934, ed entrò in servizio attorno al 1937, (circa due anni prima del caccia Fiat).Ed ebbe un tale successo da venire prodotto prodotto in circa 900 esemplari. Fù presto riconosciuto come uno dei migliori caccia biplani, ma nonostante ciò venne ben presto superato dalla generazione monoplana, in ogni caso poté battersi discretamente nei teatri periferici della seconda guerra mondiale. Ecco alcuni dati: DESCRIZIONE: Ruolo: Aereo da caccia Equipaggio: 1 Primo volo: 12 settembre 1934 Entrata in servizio:1937 Costruttore: Gloster PESO: A vuoto: 1562kg Massimo al decollo: 2206kg DIMENSIONI: Lunghezza: 8,36 m Apertura alare: 9,83 m Altezza: 3,53 m Superficie alare: 30,01 m² PROPULSIONE: Motore: un motore radiale Bristol Mercury VIIIA Potenza: 842 CV PRESTAZIONI: Velocità massima: 414 km/h Autonomia: 710 km Tangenza: 10200 m ARMAMENTO: Mitragliatrici: quattro da 7,7 mm Diciamo che questo velivolo non ha fatto la differenza durante il secondo conflitto mondiale ma si è dimostrato senza ombra di dubbio un avversario eccezionale....sostituito molto presto da monoplani come lo Spitfire e l'Hurricane....mentre il nostro CR.42(altro formidabile combattente) dai famosi mc. 200-202 folgore e 205. Mi piacerebbe sapere il vostro parere.... Edited July 31, 2008 by gunslinger Link to comment Share on other sites More sharing options...
samurai Posted July 31, 2008 Report Share Posted July 31, 2008 Un aereo mediocre, esaltato dalla propaganda inglese, nettamente inferiore ai Cr-42, aveva come caratteristica "moderna" un abitacolo chiuso, utile forse in Norvegia e sul Mare del Nord, abbastanza ininfluente sul mediterraneo Link to comment Share on other sites More sharing options...
Guest iscandar Posted August 1, 2008 Report Share Posted August 1, 2008 (edited) un immagine ci vuole lascio a qualcun altro (blu) la storia di "Fede", "Speranza" e "Carità" Edited August 1, 2008 by iscandar Link to comment Share on other sites More sharing options...
samurai Posted August 1, 2008 Report Share Posted August 1, 2008 la famosa leggenda dei tre sea gladiator (versiona imbarcata del biplano) che avrebbero, da soli, difeso Malta dalla Regia Aeronautica? altro bell'esempio di propaganda britannica.. e del resto le guerre si vincono spesso anche con la carta stampata... Link to comment Share on other sites More sharing options...
Blue Sky Posted August 1, 2008 Report Share Posted August 1, 2008 (edited) Gloster Gladiator Ultimo biplano da caccia britannico, il Gloster « Gladiator » deve la sua notorietà non a doti particolari, né ad imprese di speciale risonanza, ma solo al fatto, certamente non troppo gradito ai suoi piloti, di essere stato impegnato in azioni belliche quando avrebbe dovuto già essere stato radiato, risultando così nettamente surciassato da quasi tutti gli avversari contro i quali fu impiegato. Unica (In alcuni casi) rilevante eccezione a questa regola furono i biplani da caccia ed i bombardieri del la Regia Aeronautica. La casa inglese che costruì il « Gladiator » nata nel 1917 sotto la denominazione di « The Gloucestershire Aircraft Company Limited », e ribattezzata sul finire del 1926 « Gloster Aircraft Company Limited » per avere un nome un po’ meno impronunciabile, non brillò, in genere, per un’eccessiva modernità delle proprie realizzazioni, anche se negli anni della seconda guerra mondiale avrebbe avuto una parte di primo piano nella genesi e nell’evoluzione dell’aereo a getto. Del resto, non sarebbe neppur stato facile prevedere che proprio le avanzatissime specifiche F.7/30 per un nuovo caccia, formulate nella seconda metà del 1930 dall’Air Ministry britannico, avrebbe finito per portare ad un biplano che, all’epoca della consegna alla RAF del primo esemplare di serie, il 16 febbraio 1937, sarebbe stato già da considerarsi un anacronismo. In effetti, per soddisfare la specifica F.7/30 sarebbe stato necessario realizzare un caccia dotato, per l’epoca, di caratteristiche veramente eccezionali. L’armamento richiesto, di quattro armi da 7,7 millimetri, era doppio di quello standard dei caccia inglesi; la velocità massima desiderata, di 400 chilometri orari, era largamente superiore a quella dei più avanzati caccia esistenti, e per di più si richiedevano anche brillanti doti di salita e di maneggevolezza, un’elevata quota di tangenza, e la possibilità di impiego notturno. I costruttori inglesi, sostanzialmente impreparati a rispondere alle specifiche dell’Air Ministry, furono poi anche vittime del pesante handicap che il ministero impose loro, esprimendo una spiccata preferenza per il nuovissimo 12 cilindri Rolls Royce « Goshawk », dotato di un sistema di refrigerazione evaporativa con radiatori superficiali. Questa delicata tecnica, nella sua adozione su un aereo bellico, avrebbe urtato, in più occasioni, negli insormontabili problemi di una paurosa complicazione, di un peso notevole, e di un’elevata vuinerabilità: e, come risultato finale, il « Goshawk » finì per essere uno dei pochi insuccessi della Rolls Royce nel campo dei motori alternativi aeronautici. Le deficienze del motore e la difficoltà di rispondere all’impegnativa specifica F.7/30 ebbero come risultato che nessuno dei numerosi prototipi ordinati dalla RAF, e realizzati dai principali costruttori inglesi (Blackburn, Bristol, Hawker, Supermarine, Westland) venne ritenuto soddisfacente. Ed ulteriore conseguenza di una competizione conclusasi senza alcun vincitore fu che il prototipo SS 37, realizzato alquanto più tardi dalla Gloster come iniziativa puramente privata, ed abbondantemente in aperto dispregio delle preferenze espresse dall’Air Ministry in materia motoristica, finì per risultare il vero caccia di transizione, che nella RAF segnò il passaggio dagli ormai anziani biplani Gloster « Gauntlet » ed Hawker « Demon » e « Fury » ai monoplani Vickers Supermarine « Spitfire » ed Hawker « Hurricane ». Derivato appunto dal biplano Gauntlet, il Gladiator venne progettato da Henry Philip Folland, che affìnò il proprio precedente biplano riducendo a due sole coppie di montanti le controventature rigide dell’ala, e semplificando il carrello grazie all’adozione di gambe a sbalzo con ammortizzatori sistemati nello spessore dei mozzi delle ruote. Anche se inizialmente era stato previsto l’impiego dello stellare Bristol « Mercury > ME.30 da 700 cavalli, ritardi della messa a punto del motore costrinsero la casa costruttrice ad installare sul prototipo un « Mercury » IV da soli 530 cavalli, Il Gladiator prototipo, che portava le matricole K 5200 e che volò la prima volta il 12 settembre 1934 pilotato da Gerry Sayer, utilizzava molte parti del Gauntlet e con una così scarsa potenza non superò mai i 380 chilometri orari. Esso venne però sottoposto ad una nutrita serie di modifiche e dotato di motori via via più potenti, e nell’autunno 1934, con un motore « Mercury » IX da 830 cavalli, un abitacolo chiuso da un tettuccio scorrevole ed un armamento costituito da quattro mitragliatrici Vickers (raddoppiando così quello inizialmente installato), il Gladiator raggiunse i 399 chilome tri orari. L’elica impiegata era una bipala in legno Watts, a passo fisso, preferita dopo una serie di prove comparative ad una tripala metallica Fairey Reed, più adatta alla velocità ma meno alla salita. La tecnica Il Gloster « Gladiator Mark I » era un biplano con struttura metallica, quasi completamente rivestita in tela. Le due ali, di uguale apertura e diedro, presentavano uno scalamento molto pronunciato ed il caratteristico gomito nel tronco centrale del bordo d’uscita, ed erano entrambe munite di alettoni e di piccoli ipersostentatori a spacco. La loro struttura era basata su una fitta centinatura, con false centine sui bordo d’attacco, e su due longheroni in acciaio, in elementi di lamiera chiodata in modo da ottenere una sezione costituita da due solette tubolari, collegate da un’anima verticale. Il pianetto centrale dell’ala superiore era vincolato alla fusoliera mediante due coppie di montanti profilati, controventati da tiranti in funi d’acciaio, e ad esso si univano le semiali superiori, collegate a quelle inferiori (articolate a due elementi che attraversavano il ventre della fusoliera) da due coppie di montanti e da diversi tiranti. Gli impennaggi erano costituiti da uno stabilizzatore a calettamento regolabile in volo, la cui struttura era basata su un robusto longherone tubolare e su un longherone ausiliario porta- cerniere, da un equilibratore dotato di becchi di compensazione alle estremità, da una deriva solidale con la fusoliera e da un timone di generose proporzioni, anch’esso munito di becchi di compensazione aerodinamica. Le superfici fisse erano irrigidite da tiranti di controventatura. La fusoliera aveva una struttura a traliccio, in tubi d’acciaio e di lega leggera chiodati, suddivisa nei tronchi di coda, posteriore, anteriore e dell’installazione motrice. Questo tipo di costruzione semplice, economico, assai robusto, era però decisamente antiquato, dato che la rigidità del complesso era assicurata da una fitta rete di tiranti muniti di tenditori regolabili, secondo la tecnica che già era stata usata sui biplani in legno della prima guerra mondiale. Alla struttura di forza erano applicati numerosi archi in lega leggera, cui erano collegati i correntini longitudinali, pure in lega leggera, che avevano il compito di sopportare il rivestimento in tela, Il disegno del carrello era semplice e pulito, anche se l’impiego di ruote con ammortizzatori interni impediva l’applicazione di carenature. Il posto di pilotaggio, di dimensioni piuttosto sacrifìcate, era munito di parabrezza e tettuccio scorrevole. Il motore era un nove cilindri Bristol « Mercury » da 830 cavalli con compressore, con una capottatura il cui bordo anteriore aveva la funzione di collettore dei gas di scarico. La massiccia elica bipala aveva un diametro di 3 metri e 28, ed era munita di una piccola ogiva. Il carburante era contenuto in due serbatoi, installati l’uno sopra l’altro nel tronco di fusoliera compreso tra la paratia parafiamma ed il posto di pilotaggio. li serbatoio superiore, capace di 91 litri, assicurava l’alimentazione per gravità, mentre il sottostante serbatoio principale portava il carico totale di combustibile a 382 litri. Il lubrificante era contenuto in un serbatoio da 23 litri, disposto anteriormente alla parafìamma, e veniva refrigerato da un radiatore ventrale che assicurava anche il riscaldamento dell’abitacolo e da un radiatore superficiale che costituiva il rivestimento dorsale del tronco anteriore della fusoliera. Le installazioni di bordo comprendevano l’impianto per l’erogazione d’ossigeno, una radio ricetrasmittente, e quattro mitragliatrici Colt -Brownin da 7,7 millimetri (due, sincronizzate, nei fianchi della fusoliera e due in piccole gondole sotto l’ala inferiore). Le armi installate in fusoliera disponevano di 600 colpi ciascuna, quelle nelle postazionì alari, di 400. L’evoluzione Il « Gladiator » venne costruito in due versioni, indicate come Mark I e Mark Il, nonché in quella imbarcata, denominata « Sea Gladiator ». Tutte e tre geometricamente identiche, queste varianti differivano solo nell’installazione motrice e nell’elica, ed il « Sea Gladiator » anche per la comparsa del gancio di appontaggio e del battellino pneumatico, sistemato in un alloggiamento ventrale tra le gambe del carrello. Tanto il Gladiator Mark Il quanto il Sea Gladiator furono dotati dello stellare Bristol « Mercury» VIII A o VIII AS, capaci di una potenza massima di 840 cavalli a 2 750 giri al minuto ed alla quota di 4 450 metri, azionante un’elica tripala metallica Fairey-Reed a passo fisso. Al Sea Gladiator, oltre agli attacchi per il decollo catapultato, vennero apportate anche alcune modifiche nelle installazioni dell’armamento. L’installazione di due ulteriori mitragliatrici Browning da 7,7 millimetri, in gondole ventrali applicate all’ala superiore, per quanto realizzata in via sperimentale e regolarmente collaudata ed omologata, non venne invece adottata nella produzione di serie, poiché la messa a punto e l’approvazione da parte delle autorità competenti di questa modifica si protrassero fino al 1941, quando ormai erano nati aerei ben più moderni. Gladiator MkI K7965 of 73Sqdn RAF 1938 A Gloster Gladiator Mk II in 247 Squadron markings Gloster Sea Gladiator Mk.I (N5519)(‘Charity’) of Hal Far Fighter Flight operating from Hal Far, Malta, in June 1940. L’impiego Il primo dei 231 Gladiator Mark I costruiti per la RAF venne consegnato il 16 febbraio 1937 allo Squadron 72, e fu presto seguito da numerosi altri esemplari che andarono agli Squadron 3, 54, 74, 80, 65, 73, 87, 56. Sui primi velivoli di serie l’armamento era costituito da due mitragliatrici Vickers Mark V in fusoliera, e da due Lewis con tamburo di 97 colpi nelle installazioni alari; queste ultime, su alcuni successivi esemplari, vennero sostituite da due Vickers « K », finché la disponibilità delle ben più moderne Browning consentì di standardizzare l’armamento. Il Gladiator non fu accolto con eccessivo entusiasmo dai piloti, e specialmente da quelli che già avevano volato sul Gauntlet, della medesima casa: il nuovo caccia, con un carico alare più elevato, uno stallo brusco, ed una vite non troppo soddisfacente, era certamente meno « facile » e meno agile del predecessore, ed anche la comparsa degli ipersostentatori sembrò una inutile complicazione. Esso si rivelò peraltro un aereo estremamente utile, specie per preparare i piloti ai successivi ben più impegnativi monoplani. Oltre che nelle file della RAF, il Gladiator Mark I militò anche nelle aeronautiche militari della Lettonia (che ne ordinò 26 esemplari), della Lituania (14 velivoli ordinati nel maggio 1937), della Norvegia (6 velivoli) e della Svezia (i cui 37 esemplari andarono ad equipaggiare lo Flygflotilj F 8 ed F 19). A queste forniture si aggiunsero quelle per l’aeronautica militare belga (22 aerei), cinese (36 esemplari), irlandese (4 velivoli) e greca (2 aerei). Più avanti la RAF cedette diversi Gladiator Mark I sia alla Grecia, sia all’Irak, sia all’Egitto, e probabilmente, durante l’offensiva tedesca verso occidente nel 1940, anche al Belgio. Ad un totale di 378 Gladiator Mark I si aggiunsero poi 270 esemplari del Mark Il, che andarono tutti alla RAF, salvo i 18 che vennero forniti alla Svezia (che li aveva ordinati nel 1938), e che vennero potenziati da motori « Mercury » VIII S costruiti dalla ditta svedese Nohab. L’aviazione britannica cedette peraltro diversi Gladiator Mark II al Portogallo, alla Norvegia, alla Finlandia, alla Grecia, all’Egitto, al Sud Africa ed aIl’Irak. L’aggressione russa ai danni della Finlandia, nell’inverno 1939-40, fornì al bipiano Gloster la prima occasione per essere impiegato in combattimento, quando 30 Gladiator Mark II furono venduti dall’Inghilterra alla Finlandia, venendo così ad aggiungersi ai 12 esemplari che equipaggiavano la formazione di volontari svedesi, e dotata di aerei dell’aeronautica militare svedese, Il Gladiator, che i piloti finiandesi battezzarono « Gelli » dalle due prime lettere del nome, e che frequentemente operò con carrelli le cui ruote erano state sostituite da sci, non fornì però una prova troppo soddisfacente, a causa sia delle severe condizioni ambientali, sia delle modeste prestazioni, sia dell’armamento troppo leggero, sia della pericolosa vulnerabilità. Quando, come era inevitabile, la Finlandia fu costretta all’armistizio il 13 marzo 1940, la formazione svedese agli ordini del colonnello Hugo Beckhammar si era battuta per 62 giorni, distruggendo 12 aerei sovietici e perdendo in combattimento due Gladiator e tre Hawker, ed anche i « Gelli » si erano battuti con onore. Ben più dura sarebbe però stata la prova che il biplano inglese dovette affrontare quando, neppure un mese più tardi, le forze tedesche invasero la Norvegia: i pochi Gladiator norvegesi, armati con quattro mitragliatrici Colt da 7,62 millimetri, contrastarono accanitamente le formazioni della Luftwaffe, ma nel giro di due settimane finirono tutti distrutti. Il 24 aprile, tuttavia, i 18 Gladiator dello Squadron 263 della RAF, decollati dalla portaerei Glorious, atterrarono ad un’ottantina di chilometri da Aandalsnes, iniziando le operazioni a protezione del corpo di spedizione alleato il mattino seguente. Anche se i piloti inglesi si batterono con estremo valore, si deve peraltro ritenere che le vittorie effettivamente riportate fossero sensibilmente meno numerose di quelle denunciate, e che diversi loro avversari finissero vittime delle insidie del volo in condizioni climatiche proibitive, e su regioni dalla pericolosa orografia.. Le inadeguate attrezzature di supporto, la mancanza di una rete di comunicazioni, la superiorità numerica e qualitativa della Luftwaffe, le deficienze dei rifornimenti e delle basi ebbero come risultato che la sera del 27 aprile non uno dei 18 Gladiator sopravviveva. Dei 19 nuovi Gladiator imbarcati ancora una volta sulla Glorious, 14 ripresero le operazioni da Bardufoss il 23 maggio, ottenendo risultati decisamente notevoli. Quando poi si giunse al collasso delle forze alleate, i 10 Gladiator superstiti si posarono nuovamente sul ponte di volo della « Glorious », per ritornare in patria, ma finirono distrutti quando l’8 giugno la vecchia portaerei fu colata a picco dagli incrociatori da battaglia tedeschi « Scharnhorst » e « Gneisenau ». Sul fronte occidentale, nei lunghi mesi della stasi iniziale, il Gladiator ebbe una parte di scarso rilievo, dato che le sue possibilità di intercettare i veloci ricognitori avversari erano praticamente nulle, specialmente nel durissimo clima invernale. Quando poi, il 10 maggio, si scatenò l’offensiva tedesca, I Gladiator si trovò duramente impegnato contro avversari troppo superiori, ed i due Squadron della RAF (607 e 615) che avevano in forza il vecchio biplano subirono perdite sanguinose, anche a causa dei violenti attacchi della Luftwaffe contro e loro basi. Il Gladiator non partecipò attivamente alla battaglia d’Inghilterra, venendo impiegato solo dagli Squadron 247 (della RAF) ed 804 (della Fleet Air Arm) in crociere protettive. Esso fu invece molto attivo nel teatro del Mediterraneo, in Africa Settentrionale ed in Africa Orientale, almeno fino all’autunno 1941, quando venne ritirato dai reparti da caccia per venir adibito a sondaggi meteorologici, al collegamento, al controllo delle radioassistenze e dei radar, ed alle scuole. Il Gloster Gladiator fu comunque, per la Regia Aeronautica, un tenace avversario, tanto nei cieli etiopici quanto in quelli della Grecia e della Marmarica. Il tenente Pattle, che sarebbe stato abbattuto da due Messerschmitt 110 nel cielo di Eleusis (Atene) il 20 aprile 1941, ai comandi del suo « Hurricane », fu il più abile tra i piloti del Gladiator, con cui conseguì molte delle sue più che 40 vittorie. Si deve però rilevare che, nel complesso, i successi del Gladiator furono in larga misura dovuti alle mediocri prestazioni dei velivoli italiani contro cui furono impegnati, e che infine, di alcune clamorose affermazioni dei suoi piloti, non esiste alcun riscontro da parte italiana (come per esempio nel caso dell’azione su Agirocastro in cui i Gladiator, il 28 febbraio 1941, denunciarono undici vittorie). Del resto, anche da parte inglese si è riconosciuto che le imprese dei tre Sea Gladiator, ribattezzati « Faith », « Hope » e « Charity » (Fede, Speranza e Carità), che nelle mani dei piloti della RAF avrebbero assicurato la difesa aerea di Malta nell’estate 1940, e addirittura l’esistenza del mitico terzetto, sono pura leggenda. Il Gladiator partecipò infine, con scarsa fortuna, alla difesa di Creta, ed operò in lrak, nella repressione del movimento favorevole all’Asse capeggiato da Rashid Alì, che ricevette un limitato appoggio aereo dalla Luftwaffe e dalla Regia Aeronautica, nel maggio 1941. Un Gloster Gladiator Mark I, con la matricola K 8032 e con i colori dello Squadron 72, fa oggi parte della fondazione Shuttleworth, e prende parte a diverse manifestazioni aviatorie che si tengono in Inghilterra. Un altro Gladiator Mark I è visibile nel museo della RAF di Henlow, mentre alcune parti di un Sea Gladiator sono conservate a Malta, e due Gladiator Mark II fanno parte dei musei delle aeronautiche militari norvegese e svedese. Nell’agosto 1968, infine, un piccolo gruppo di allievi del Royal Air Force College britannico riuscì a ricuperare alcuni rottami del Gladiator Mark II N 5628. Questi giacevano, da oltre 28 anni, ad un paio di metri di profondità nelle acque del lago Lesjaskog, da quando i piloti della RAF, vittime della miope politica di disarmo seguita negli anni ‘20 e ‘30 dall’Inghilterra, avevano vanamente tentato di opporsi alla macchina bellica del terzo Reich con pochi, vecchi biplani. ( Fonti tratte da: Storia dll'Aviazione 1973) Contributi Video: Gloster Gladiator Mk I Edited August 1, 2008 by Blue Sky Link to comment Share on other sites More sharing options...
Guest galland Posted August 1, 2008 Report Share Posted August 1, 2008 Il Gladiator può essere testimonianza del travaglio occorso nella transizione dal caccia biplano a carrello fisso al monoplano a carrello retrattile. Vorrei ricordate, oltre quanto esattamente detto, che il velivolo ebbe una versione navale (Sea Gladiator) che differiva dal modello base per il gancio ventrale d’arresto, i punti di aggancio per la catapulta, una carenatura nella parte ventrale della fusoliera per un battellino gonfiabile. I Sea Gladiator vennero imbarcati per la prima volta sulla HMS Courageous nel maggio del 1939 con il 801° Squadron della RAF (inserisco in calce le caratteristiche del velivolo). Durante il 1940 combatterono nel Mediterraneo e nel Mare del Nord con 804° e 813° Squadron, ma l’azione più nota che li vide protagonisti fu l’epica difesa di Malta. Nell’aprile del 1040 quattro Sea Gladiator, destinati all’impiego sulla HMS Glourios, erano presenti, imballati in casse, presso la località maltese di Kalafrana. All’entrata in guerra dell’Italia (10 giugno 1940)furono approntati per provvedere l’isola di una sia pur esigua protezione aerea. Una macchina venne tenuta di riserva mentre le altre tre, battezzate Faith (Fede), Hope (Speranza) e Charity (Carità) combatterono contro la Regia Aereonautica per diciotto giorni, fino all’arrivo degli Hurricane. Le tre macchine vennero equipaggiate con motori Bristol Mercury XV ed eliche tripala a calettamento variabile, destinate ai bombardieri Blenheim. Gloster Sea Gladiator Tipo: caccia intercettore monoposto Motore: Bristol Mercury VIII A da 840 cv. Armamento: 4 mitragliatrici Browning da 7,7 mm. Velocità massima 395 km/h a 4550 m. Velocità di crociera 340 km/h a 4700 m. Autonomia 600 km. Tangenza 9700 m. Peso a vuoto 1700 kg. Peso a pieno carico 2960 kg. Apertura alare 9,80 m. Superficie alare 31,0 mq. Lunghezza 8,34 m. Altezza 3,30 m. Fonte: William Green “War planes of the second World War” Macdonald, Londra Questo, in sintesi, quanto detto da una delle più note pubblicazioni di profili aeronautici... Qualcuno si sente di fare da arbitro per stabilire l'esatto andamento storico? Ricordo, peraltro d'aver visto una foto di una cerimonia pubblica in cui veniva reso onore ai rottami di uno dei tre caccia: Link to comment Share on other sites More sharing options...
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