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Il kriss malese


Guest galland

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IL KRISS DA SANDOKAN AL MUSEO

 

L'ARMA DEL CORAGGIO E DELLA VENDETTA

 

I primi kriss vennero fatti col ferro di un grande meteorite caduto in un'isola dell'Indonesia

 

 

In un momento in cui si assiste alla riesumazione di quel mondo così pieno di colore e di avventure, che la fantasia di Emilio Salgari ha ricreato sin nei minimi dettagli, suscitando l'entusiasmo di generazioni di giovani, ci sembra interessante parlare dell'arma che fu la compagna indivisibile ed insostituibile dei principali protagonisti dei romanzi che lo scrittore veronese situò nella patria d'origine dell'arma stessa: il kriss. Esso infatti è l'arma caratteristica della gente malese, vale a dire dei popoli che abitano quell'insieme di terre che vanno dall'Oceano Indiano sino ai mari caldi equatoriali ossia Sumatra, Giava, la penisola di Malacca, il Borneo, la parte meridionale delle Filippine con Mindanao e le Sulu, le Celebes e le infinite isole che diramano ad est.

 

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KRISS NAGA (Bali), arma e fodero. La lama è lunga 39 centimetri.

 

 

Il kriss non è soltanto un'arma, ma anche uno degli elementi principali dei vestire di questa gente. Raffles, alcuni anni dopo aver fondato (1819) la sua città, Singapore, propose che all'interno delle mura - anche a causa dei frequenti litigi che terminavano puntualmente in episodi cruenti (ricordiamo che sino alla metà del secolo scorso Singapore era appena un grande villaggio a maggioranza malese e non cinese com'è oggi) - venisse bandita l'arma dalla quale i malesi non si separavano mai e che portavano di traverso sullo stomaco nella fascia che serviva loro da cintura. I consiglieri dell' ex-governatore di Giava e Sumatra cercarono però con ogni mezzo di dissuaderlo da questo proposito, convinti com' erano che una misura del genere avrebbe potuto provocare rivolte che sarebbero state assai difficili da domare. Raffles accettò il consiglio, ma non mancò di annotare nel suo diario: « anche quando dormono i malesi tengono vicino il kriss. Essi vi prestano più attenzione e cura che non alla propria moglie e sicuramente lo considerano di maggior valore... ». Anche se oggi i tempi sono cambiati e non si veste più il bajù tradizionale, in occasione di importanti feste religiose o di festività malesi, ecco che dai guardaroba vengono tirati fuori gli abiti da cerimonia intessuti di fili d'oro o d'argento, i turbanti e l'immancabile kriss.

 

Ma cerchiamo di approfondire le origini e lo sviluppo di quest'arma. Secondo alcune leggende il kriss fu inventato a Giava all'epoca in cui governava sull'Insulindia la dinastia degli imperatori Majapahit (1294-1478), ed un antico manoscritto dell'isola lo attribuisce al guerriero semidivino Sunang Bonang. Quando i missionari provenienti dall'India - attorno al XIV e XV secolo - presero a convertire le popolazioni di Sumatra e della penisola malese all'Islam, il regno dei Majapahit conobbe un lento declino, finché sotto la pressione dei fanatici della nuova fede l'impero andò in frantumi e gli antichi sovrani furono costretti a trovare rifugio a Bali. Qui fiorirono altre leggende che attribuiscono all'isola la paternità dell'arma (vi sono tradizioni analoghe anche nelle Celebes), ma le notizie che abbiamo sono posteriori alla conversione islamica delle terre più ad occidente, quando il kriss era già da molto tempo l'arma principe del malese.

 

Senza ricorrere alle leggende, ma attenendosi a fatti più concreti, alcuni studiosi di cose orientali sono convinti d'aver trovato 'la prima raffigurazione del kriss in un tempio nella parte orientale dell'isola di Giava, Panataran, e questo ci riporta ai Majapahit che eressero quel Sacrario all'inizio del loro regno. Essi aggiungono poi che a Giava e Sumatra era tenuta in gran. conto la figura del fabbro che veniva considerato un essere dotato di poteri soprannaturali e per queste sue doti era spesso chiamato a rappresentare la comunità in particolari celebrazioni rituali e nelle feste religiose (secondo alcuni testi sul finire del regno Majapahit si potevano infatti contare solo a Sumatra non meno di 800 famiglie di fabbri, numero che, misurato con il metro moderno, può sembrare irrisorio se si tiene conto di una popolazione di milioni di abitanti, ma non è tale se si pensa ai tempi e che al « mestiere » si giungeva gradualmente con successive iniziazioni e cerimonie « segrete ». Questi stessi studiosi affermano poi che il mondo malese, almeno come substrato, può essere considerato l'estrema propaggine dell'ambito culturale sciamanico. In questa cultura il fabbro assume la figura di « mago » e detiene la facoltà di sciogliere la pietra (i metalli, il ferro meteorico) e, con il fuoco, può trasformare la tessitura della natura. Era infatti credenza comune che nel forgiare, oltre all'atto materiale, l'artefice usasse la sua forza spirituale e che nell'arma venissero trasfusi quei poteri magici di cui egli era depositario (da aggiungere che ancor oggi i popoli malesi venerano e rispettano la figura del bomoh, il guaritore-mago, al quale si ricorre per ogni importante decisione o avvenimento della vita).

 

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LA LAMA è detta « occhio del kriss », mentre « luk » è l'ampiezza dell'onda della lama. Le ondulazioni sono sempre in numero dispari. Il kriss è semplice solo in apparenza: ogni sua parte ha caratteristiche particolari.

 

 

Le forze occulte sprigionate dal fabbro potevano agire tanto nel bene che nel male, per cui un determinato kriss poteva concedere l'invulnerabilità, un altro aveva effetti guaritori con la semplice sua « imposizione (il ferro meteorico di cui era composta la lama conteneva infatti non soltanto i poteri di cui era dotato chi l'aveva forgiata ma anche le energie provenienti dal cosmo); un altro infine era apportatore di morte e poteva uccidere l'avversario semplicemente visualizzandolo nella propria mente o anche puntandogli da lontano l'arma addosso. A questo proposito G. B. Gardner riporta in una sua opera sull'argomento un fatto realmente accaduto e che è assai interessante oltre ad essere significativo per la comprensione della mentalità malese: nel corso di una delle tante ribellioni avvenute durante l'occupazione olandese dell'Indonesia, un principe di Giava, accompagnato da un manipolo di fedelissimi - convinto della propria invulnerabilità e dei poteri del suo kriss - affrontò, senza altra arma, un reggimento di soldati: il risultato fu catastrofico perché i giavanesi furono falciati alla prima raffica.

 

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KRISS impugnato da un guerriero malese. Gli indigeni credevano che l'arma, penetrando nel nemico, ne assorbisse la forza. I fabbri che forgiavano la lama erano considerati dotati di poteri magici.

 

 

Altri studiosi sostengono invece che il kriss sia di origine indocinese ed in uso presso la civiltà Dong 'Son, che fiorì ai bordi del golfo del Tonchino all'inizio dell'era cristiana. Da qui sarebbe emigrato a sud dopo essere passato tra i Chams e, successivamente, nella civiltà dei loro conquistatori, gli Kmer di Cambogia, che regnarono su buona parte della penisola indocinese e malese sino al XV secolo. A riprova di ciò essi adducono che il tesoro Kmer era ricco, tra l'altro, di un pugnale d' oro e che tale arma veniva chiamata kroeus. Inoltre nelle sculture e nei bassorilievi che adornano Borobodour (la più grande stupa indù fuori dal subcontinente indiano, eretta a Giava attorno al VIII secolo) si trovano armi sìmili alla nostra, e se si esamina l'impugnatura di uno dei modelli di kriss più antichi (il keris majapahit) e lo si confronta con alcuni bronzi scoperti nell'Annam, facilmente si potrebbe constatare che tra loro esiste un denominatore comune. Altro elemento della catena sarebbe dato dal fatto che oggetti appartenenti alla civiltà Dong 'Son, e sicuramente portati dagli Kmer attorno al X secolo, sono stati scoperti nella penisola di Malacca, vale a dire a Klang (la città portuale che sorge nei pressi della capitale della Malaysia, Kuala Lumpur), presso il fiume Temebeling e nella miniera di stagno di Jelebu.

 

Lasciando agli studiosi la diatriba circa l'origine, la provenienza o la derivazione del kriss, noi possiamo considerare il modello majapahit come l'arma capostipite del kriss malese, anche se esso manca di molti elementi essenziali e dovrà subire notevoli varianti nel corso del tempo.

 

Presso gli antichi, l'arma veniva descritta nei suoi elementi principali, cioè: forma (dapur) - ossia la conformazione della lama, se dritta o ondulata a sette, nove o più onde - damaschinatura (pamur), nome del fabbro (empu) che l'aveva forgiata e nome del proprietario cui era destinata. Nella lama - chiamata mata keris, ossia occhio del kriss - fondamentale era il pamur. I primi kriss sacri erano in bronzo (nella regione sino ad epoca abbastanza recente non si produceva ancora il ferro) e le lame non avevano damaschi-natura; successivamente si prese ad usare il ferro di un grande meteorite caduto in una delle tante - isole che formano oggi l'Indonesia, ma nonostante il metallo fosse purissimo, il crogiolo in cui esso fondeva non raggiungeva una temperatura sufficientemente elevata per produrre un amalgama omogeneo, pertanto il prodotto finito presentava delle venature, dei grumi e delle bolle d'aria disegnati secondo il volere bizzarro della natura: a questi disegni i superstiziosissimi malesi attribuivano valori magici. Infatti, sul pamur ha lavorato a lungo la fantasia popolare ed è così nata la leggenda che il fabbro sacrificasse una vergine affinché il suo spirito entrasse nell'arma, mentre i segni lasciati sulla lama altro non erano che le tracce dei capelli della vittima.

 

Col tempo la tecnologia si evolse ed un fabbro scoprì che alternando lastre sottili e più spesse di minerale di diversa purezza ed amalgama, si poteva ottenere con la forgia una damaschinatura artificiale. Non molto tempo passò che i modelli si perfezionarono acquistando caratteristiche personalissime tanto che gli intenditori erano in grado di riconoscere la mano di questo o quel famoso artefice. Un antico testo giavanese riporta sedici tipi di pamur (altri testi un numero minore) ognuno

 

dei quali attinente ad un determinato grado di nobiltà o ad una particolare carica politica o posizione professionale: il pamur divenne così simbolo di rango sociale.

 

Oltre ad una particolare forgia, il valore di un kriss lo si riconosceva dalle sue misure che dovevano essere « fortunate ». Si procedeva così: si prendeva una foglia di palma e si misurava la lama da sotto l'impugnatura (ganja) sino alla punta (tuntong); si otteneva un segmento che una volta piegato a metà, permetteva di conoscere il punto mediano; quel punto veniva marcato con un segno. Ciò che rimaneva della striscia veniva tagliato poi in tanti altri piccoli segmenti della larghezza della lama nel punto segnato. Perché l'arma fosse perfetta, non vi dovevano essere pezzi in soprannumero ed in tal caso il kriss era bertuah, cioè molto fortunato (in pratica la larghezza della lama nel punto mediano doveva essere un multiplo esatto della sua lunghezza). Se meno di un terzo dell'ultimo segmento di foglia fosse sopravanzato, l'arma era ancora decente, ma se fosse andato al di là di questa misura il kriss avrebbe portato male a chi ne fosse entrato in possesso ed un kriss chelaka, sfortunato, prima o poi si sarebbe rivolto contro il proprietario.

 

Un kriss sacro doveva essere perfetto in tutte le sue parti ed essere antico; il suo proprietario doveva cioè conservarlo con cura, onorarlo e pulirlo secondo formule rituali in particolari occasioni, passandogli cioè del limone fresco sulla lama che veniva poi conficcata nella polpa di un tronco di banano (ancor oggi - dove le tradizioni sono sopravvissute - quest'operazione la si compie di venerdì, giorno dedicato dai malesi alla preghiera; i malesi infatti, ricordiamolo, sono musulmani). Sul kriss sacro venivano effettuati i giuramenti e, per dare maggiore solennità alle parole, la lama veniva immersa in un bambù ricolmo d'acqua che doveva essere poi bevuta (sumpah minum ayer keris si dice nel linguaggio corrente della penisola di Malacca quando si vuole appunto giurare). Il kriss era l'arma del coraggio e della vendetta, il suo valore si moltiplicava a seconda del numero dei nemici che con esso venivano uccisi. Nel sanguinario e superstizioso mondo dei guerrieri malesi si credeva infatti - ed è credenza ancora radicata - che il kriss nel colpire a morte l'avversario ne aspirasse l'anima accrescendo, col bagno di sangue, la forza che già esisteva di per se stessa nell'arma.

 

Al profano il kriss potrà sembrare un'arma abbastanza semplice, essa è invece assai complicata nelle sue varie parti, ognuna delle quali ha un nome preciso e caratteristiche proprie: ad esempio con luk si indica l'ampiezza dell'onda, con hujong l'estremità opposta dell'ultima onda e la punta, con puting la parte a chiodo che si conficca nel manico, con dada il filo posteriore e con gandu quello anteriore, con sarong il fodero, con sampir la parte del fodero che copre la guardia, e così di seguito. Ancora più complessa è poi la nomenclatura delle decorazioni e degli intagli che caratterizzano la parte superiore della lama.

 

Anche i modelli di kriss sono tanti che è impossibile fornire una classificazione sistematica. Essi si possono dividere in due grandi categorie: quelli con lama dritta (dapur benar) e quelli con lama ondulata (dapur luk). Tra questi ci limitiamo a fornire alcuni nomi: il kriss Sa-pukal è l'arma più comune di quelle a lama dritta; il kriss sulam upeh è simile alla precedente ma ha una lama più sottile e stretta; il kriss sempana è l'arma più comune di quelle a lama ondulata (le onde sono sempre in numero dispari) ed ha in genere sette o nove onde; il kriss alang ha una lama dritta di media lunghezza; il kriss cherita ha 15 o 17 ondulazioni; il kriss choban ha un rialzo che corre al centro della lama; il kriss lendayan ha una lama lunga ed una impugnatura da spada; il kriss pandak ha una lama corta e dritta; il kriss panjang ha una lama lunga e sottile e veniva usato nelle esecuzioni capitali; il kriss pichit ha invece una lama piccolissima e veniva impugnato soltanto con le dita; eccetera.

 

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MATA KRISS, lama e fodero. RENCHON ACHEN (Medan, isola di Sumatra)

 

 

A. H. Hill nella sua monografia sui kriss riporta una esemplificazione di G. C. Wolley e che sembra l'unica ad avere un certo successo poiché classifica l'arma in sette tipi regionali:

 

1) Bali, Lombok e Madura: hanno di peculiare I' impugnatura che è dritta ed a forma o di fiore o di statuetta raffigurante un essere umano. Spesso il fodero, l'elsa ed il manico sono arricchiti di pietre dure o di vetro colorato. Le lame possono anche non avere pamur;

 

2) Giava: Raffles, attorno al 1830, aveva classificato 41 modelli maggiori, tra le centinaia di kriss da lui esaminati, ognuno dei quali aveva caratteri- stiche sue ed un nome particolare. Sono armi di fattura abbastanza semplice; l'impugnatura non presenta particolari caratteristiche poiché la decorazione è astratta o geometrica in quanto l' Islam proibiva qualunque. raffigurazione di forme viventi;

 

3) Sumatra: anche qui numerosi tipi di foderi e lame di varia lunghezza, generalmente stretta e piatta; l'elsa e l'impugnatura possono essere di corno o d'avorio finemente cesellato con motivi simili al giavanese;

 

4) Penisola di Malacca: ha di particolare, tra i tanti, un tipo, il kriss jawa deman (forse di derivazione giavanese per il termine jawa) che ha un'impugnatura raffigurante Rakasa, il mostro mitologico indù. Il fodero è generalmente in legno

 

duro, o ricoperto da una lamina metallica (argento o stagno);

 

5) Bugis: ha una impugnatura in legno finemente cesellato, il fodero in legno liscio ed una lama larga ed angolosa (è un tipo comune dalle Celebes al Borneo sino alla parte orientale della penisola malese);

 

6) Patani: spesso nall'impugnatura è raffigurato il garuda (il mitico personaggio-animale di origine indù); ha una lama che può avere sine a 31 ondulazioni; è un modello comune nella parte nord-occidentale della penisola di Malacca;

 

7) Sulu: (Filippine) la sua caratteristica principale è data da una lama larga dritta e lunga ed assomiglia più ad una corta spada (in malese sudang) che non ad un kriss (potrebbe essere l'arma raffigurata nel tempio Panataram di Giava).

 

Pur essendo questa una classificazione sommaria, essa tuttavia ci permette di fare un po' d'ordine in quel mare di modelli, di lame; di impugnature, di foderi sui cui si è sbizzarrita - anche nei nomi - l'immaginazione malese nel forgiare e nel costruire la più bella e la più singolare delle armi bianche del mondo. Per l'occidentale però il solo pensare che un kriss possa cambiare nome per dei dettagli o per un particolare disegno della damaschinatura è abbastanza incomprensibile: eppure così sono fatti i malesi, in certe cose estremamente semplici, in altre estremamente complicati.

 

Il mondo malese è pieno di superstizioni antiche e delle credenze più disparate che coabitano con l'ansia moderna dì progresso e di sviluppo.

 

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KRISS MAJAPAHIT a lama ondulata e dritta. KRISSI PATONG, impugnatura e fodero. KRISS DI BALI, l'impugnatura reca incastonate pietre preziose.

 

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Guest intruder

M'hai fatto ritornare in mente quando, bambini, giocavamo ai pirati della Malesia o qualcosa del genere e improvvisavamo kriss di cartone finché non ne trovammo in vendita di plastica. Chissà perché quella strana arma aveva tanto fascino per un bambino. E in effetti nessun utilità pratica, se vuoi provocare lesioni alla persona che accoltelli, basta scheggiare la lama senza bisogno di lavorarla in quel modo.

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E' affascinante la storia di questa lama.

 

Nel faceto, il kriss viene anche citato ma non correttamente, in Dune il famoso libro di fantascienza scritto da Fran Herbert, 12 milioni di copie.

 

Nei libri, il Kriss è lavorato dai denti del verme del deserto, non c'entra praticamente nulla se non per il nome con quello vero.

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salve

penso che il disegno della lama serva per accentuare le capacita di taglio

se ben ricordo il disegno della lama ondulata è presente anche in alcune armi europee

ad esempio in alcune spade a due mani utilizzate per fare breccia nelle selve di picche

spadoneted1968.jpg

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