Guest galland Posted November 3, 2008 Report Share Posted November 3, 2008 (edited) Da questa pubblicazione del TCI sui campi di battaglia della I Guerra mondiale un capitolo spesso poco considerato del primo conflitto mondiale, nei prossimi giorni altro materiale di testo e fotografico. L'OPERA DELLA REGIA MARINA IN GUERRA Arduo era il compito assegnato alla nostra Regia Marina nella guerra 1915-18: proteggere anzitutto la nostra costa Adriatica da qualsiasi tentativo di offesa dell'avversario, il quale avrebbe potuto anche disturbare l'ala destra del nostro schieramento terrestre, nel golfo di Trieste; assicurare i rifornimenti di viveri, munizioni e materie prime, necessarie per la vita del paese e per le esigenze dell'Esercito; scortare i numerosi convogli di truppe che erano costretti ad affrontare i bracci di mare che dividevano i nostri porti dalle basi di Valona e d Salonicco e dalle nostre colonie. Se notevole era, poi, la superiorità della nostra Marina su quella Austro-ungarica, tanto più che alle nostre si aggiungevano numerose unità delle marine alleate, il nemico era favorito, per contro, dalla singolare configurazione delle coste adriatiche. Mentre, infatti, dalla parte nostra la costa è tutta liscia, bassa, priva di insenature e di porti (da Venezia a Brindisi son circa 700 chilometri, senza nessun porto capace di dar ricovero ed appoggio a navi da guerra), la sponda opposta, invece, è un sol ricamo di baie, di golfi, di canali, davanti a cui le isole Dalmate e Curzolane stendono una barriera protettrice: a Pola, a Sebenico, a Spalato l'Austria aveva creato formidabili piazzeforti, e di Trieste, Fiume, Lussinpiccolo aveva fatto altrettante basi navali. Era quindi agevole alle navi nemiche sbucare di sorpresa dai loro comodi recessi, raggiungere rapidamente la nostra costa, seminarvi morte e rovina e ritirarsi, quindi, prima che le nostre navi potessero essere avvisate ed accorrere. La più grave di queste scorrerie fu eseguita dalla flotta avversaria nella notte sul 24 maggio del '15, mentre le nostre truppe iniziavano le ostilità alla frontiera; molte località della costa Adriatica, quali: Ancona, Porto Corsini, Viserba, Senigallia, Potenza Picena, Fano, Pesaro, Porto Recanati, Termoli, Viestr, Manfredonia, Barletta furono cannoneggiate dal mare e più o meno danneggiate. Qualche altra incursione di minor conto fu effettuata nei mesi seguenti, ma ben presto la flotta austriaca fu costretta a rinchiudersi nei suoi pavidi rifugi, non osando sfidare la superiorità delle flotte alleate. Incominciò così per la nostra Marina una guerra difficile ed insidiosa; priva, necessariamente di quei grandi scontri navali, cui i nostri uomini di mare anelavano, essa si risolveva in un servizio continuo ed estenuante di vigilanza, di perlustrazione, di scorta, che richiedeva la massima abnegazione ed il più costante spirito di sacrificio. Alla protezione della nostra costa Adriatica fu posto anche un rimedio nuovo e geniale, con la creazione di una serie di treni armati, muniti di artiglierie di medio calibro e di pezzi antiaerei, che percorrendo la linea ferroviaria adriatica, quasi tutta litoranea da Comacchio a Brindisi, venivano a costituire una specie di difesa mobile, completata poi con posti di vedette, pattuglie di navi leggiere, sbarramenti di mine e batterie, collocati nei punti più opportuni. Non ostante una difesa tanto attiva ed oculata, qualche perdita tuttavia ci venne inflitta durante il primo anno di guerra; più dolorose di tutte, quella dell'incrociatore « Amalfi », silurato da un sommergibile nemico il 7 luglio, e quella dell'incrociatore Garibaldi, avvenuta durante la spedizione di una nostra squadra, per bombardare opere militari austriache nell' arcipelago dalmata (18 luglio). Ma non tardò la nostra Marina — allora sotto il comando di S. A. R. il Duca degli Abruzzi — ad acquistare il pieno dominio dell'Adriatico, così da poter opporre ad ogni tentativo avversario la reazione più pronta ed efficace. Durante l'inverno 1915-16 gran parte della nostra attività marinara fu dedicata al salvataggio di quella parte dell'esercito Serbo, che, scampata alla disfatta, era affluita alla costa adriatica, chiedendo un fraterno aiuto alle marine alleate. Dal dicembre '15 al marzo'16 le forze navali italiane compirono ben 584 crociere di protezione e scorta nelle più avverse condizioni atmosferiche e nautiche, sotto la minaccia continua di attacchi aerei e subacquei (1), dando così il contributo più largo e generoso a quell'opera ardua e nobilissima. La guerra sul mare, intanto, era venuta cambiando aspetto; mentre prima la lotta si svolgeva essenzialmente tra le navi di superficie, la comparsa degli aerei ed il grande sviluppo assunto dai sommergibili sovvertivano quasi completamente metodi di combattimento e proporzioni di belligeranti. Mentre, quindi, da un lato si aggiungeva alla difesa il compito di organizzarsi contro le offese subacquee ed aeree dell'avversario, nuovi metodi venivano anche studiati ed attuati per scovare ed offendere le navi nemiche, fin dentro le loro stesse basi. Questi tentativi ebbero inizio nella primavera del '16, impiegandovi dapprima il piccolo naviglio silurante; così, il 28 maggio, una torpediniera, recante a bordo il tenente di vascello Manfredi Gravina ed il tenente di vascello di complemento Nazario Sauro, già ufficiale nella marina mercantile austriaca e dall'inizio della guerra volontario glorioso nella nostra marina, riusciva a forzare l'entrata del porto di Trieste e vi silurava un grosso piroscafo austriaco, ed il 12 giugno il cacciatorpediniere Zeffiro, comandato dal capitano di corvetta Costanzo Ciano, cui si era accompagnato anche Nazario Sauro; entrava di sorpresa a Parenzo e vi catturava dei prigionieri, ritirandosi quindi incolume, sotto il fuoco dello batterie costiere. Con maggior audacia e più gravi danni per l'avversario, furono poi ripetuti questi tentativi di incursione nei porti adriatici, mediante piccole imbarcazioni antisommergibili, dette Mas (2), creazione del tutto italiana. Ricorderemo, tra le prime imprese del genere, compiute nel 1916, le incursioni di due mas, al comando dei tenenti Berardinelli e Pagano, nel porto di Durazzo nei giorni 7 e 15 giugno, e quella del mas 20, comandato dal tenente Goiran, nello sbarramento di Fasana, ove soltanto le reti, dalle quali era protetta, valsero a proteggere dal siluramento, la corazzata guardacoste « Mars ». Inevitabilmente, anche nel secondo anno di guerra questa guerra marinara, fatta di insidie e di agguati, ci costò perdite rilevanti: tra le più gravi, quelle della dreadnought Leonardo da Vinci, fatta saltare in aria da ignobili spie, e della corazzata « Regina Margherita », affondata, per urto contro mine, nella rada di Valona. Il 1° agosto del '16, poi, s'incagliava presso la costa di Pelagosa il nostro sommergibile « Pullino », e veniva disgraziatamente catturato a bordo di esso Nazario Sauro. Tradotto a Pola, fu sottoposto al giudizio della Corte marziale, condannato a morte ed impiccato. Instancabilmente prosegui nella sua opera ardimentosa e rude la nostra Regia Marina, nell'anno 1917: nel febbraio di quell'anno stesso, a S. A. R. il Duca degli Abruzzi successe nel comando della flotta l'ammiraglio Thaon di Revel. Siluranti, sommergibili, mas, idrovolanti seguitarono infaticabili nelle faticose crociere, negli agguati e nei forzamenti audacissimi, nel seminare banchi di mine, nel bombardare le basi avversarie. In quest'ultimo compito si segnalò ben presto anche la nostra aviazione marittima, sorta tra molte difficoltà e rapidamente affermatasi: ricorderemo i numerosi bombardamenti di Pola e le audaci ricognizioni su Trieste e su Cattaro, cui partecipò anche Gabriele d'Annunzio. Il 15 maggio del '17, un notevole combattimento navale si svolse nel basso Adriatico. Un forte e veloce reparto nemico piombò sopra alcune piccole unità, adibite alla sorveglianza dello stretto di Otranto, affondandone parecchie. Accorse prontamente unità italo-inglesi, al comando del contrammiraglio Acton, dopo vivace combattimento le navi avversarie furono costrette a ripiegare su Cattaro, gravemente danneggiate. L'anno 1917 si chiuse, poi, con una bella e fortunata impresa, che per la prima volta fece conoscere a tutta Italia il nome di Luigi Rizzo. Nella notte dal 9 al 10 dicembre una sezione di mas, penetrata nel porto di Trieste attraverso le formidabili ostruzioni,lanciava quattro siluri contro due grosse corazzate austro-ungariche, che vi erano ancorate: la « Wien » e la « Budapest ». La « Wien », colpita dai siluri lanciati dall'unità del tenente di vascello Luigi Rizzo, colava immediatamente a picco e gli arditi violatori dei rifugi nemici, benché fatti segno a lor volta al lancio di siluri e ad intenso fuoco avversario, rientravano immuni nella loro base. Anche alle dure battaglie, svoltesi in quel triste anno 1917 sull'Isonzo, la Marina dette il suo contributo, bombardando le posizioni austriache dell'Ermada con potenti artiglierie, installate su pontoni. Dopo la nostra ritirata al Piave, poi, fu affidata alla Regia Marina la difesa dell'estremo tratto della nostra linea, che si appoggiava all'Adriatico; una brigata di marinai scese nelle trincee accanto ai fanti e rimanendovi sino al termine della guerra e partecipando onorevolmente alle battaglie del Piave e di Vittorio Veneto, incise anche nella storia della guerra terrestre pagine superbe di valore, e di ardimento, come quella che narra la morte gloriosa del tenente di vascello Andrea Bafile, il "rude ed eroico fratello"di D'Annunzio. La Regia Marina, inoltre, assunse, dopo la ritirata, la difesa ad oltranza di Venezia, mantenendo inviolato il dominio dell'Adriatico, la cui importanza era ancora accresciuta in quel periodo delicatissimo della nostra guerra, per il fatto che un eventuale sbarco austriaco avrebbe potuto minacciare alle spalle nostro schieramento sul Piave. Durante l'anno 1918, infine, le incursioni dentro i porti avversari, eseguite non soltanto dalle nostre squadriglie di mas, ma anche da apparecchi speciali, appositamente ideati e costruiti, segnavano date indimenticabili nella storia della guerra marittima. La serie di questi raids audacissimi fu iniziata nella notte dal 10 all'11 febbraio da tre motoscafi, recanti a bordo, tra gli altri, Costanzo Ciano, Luigi Rizzo e Gabriele d'Annunzio, i quali forzavano la baia di Buccari, lanciavano un siluro contro un piroscafo austriaco alla fonda e gettavano nelle acque tre bottiglie, racchiudenti un atroce "cartello di scherno", dedicato dal poeta alla flotta austro-ungarica. In maggio, un altro audace, il comandante Pellegrini, tentò di entrare nella più formidabile base austriaca, in Pola, con un suo barchino saltatore, denominato "Grillo". Mentre stava per superare le ultime ostruzioni, fu scoperto e catturato. Ma pochi giorni dopo, il 10 giugno, Luigi Rizzo traeva la più clamorosa vendetta sulla flotta avversaria, sorprendendo ed attaccando presso Premuda una parte della squadra da battaglia austriaca, che stava trasferendosi da Pola a Cattaro, per tentare, alla vigilia dell'offensiva terrestre sul Piave, un nuovo attacco alla nostra organizzazione difensiva e protettiva del canale di Otranto. Erano due magnifiche e moderne corazzate, la "Santo Stefano" e la "Tegetthoff", scortate da un nugolo di cacciatorpediniere: impavidamente Luigi Rizzo si accostò alle navi avversarie e lanciò i suoi siluri; la « Santo Stefano », colpita in pieno, affondò rapidamente, ed invano i cacciatorpediniere austriaci cercarono di raggiungere e punire gli intrepidi affondatori. Ebbe, questo scontro, un'importanza morale grandissima, poichè il successo navale con il quale l'Austria aveva sperato di iniziare la grande battaglia di giugno, si converti, invece, per essa in un disastro, quasi presagio della sconfitta che l'attendeva sul Piave. Un ultimo e grave colpo fu inferto alla marina austriaca, alla vigilia quasi dell'armistizio. Nella notte del 1° novembre, il maggiore del genio navale Raffaele Rossetti ed il capitano medico della Regia Marina Raffaele Paolucci, penetrati negli ancoraggi internidi Pola con un nuovo, ingegnoso apparecchio, battezzato « Mignatta », vi facevano saltare in aria la «Viribus Unitis », una delle migliori unità della flotta austriaca. Assidua, coraggiosa, tenace — per quanto in gran parte, oscura — fu l'opera della nostra Marina, durante tutta la guerra. Anche se l'agognata battaglia navale non potè aver luogo, tuttavia la padronanza assoluta del mare conquistata dalla nostra flotta ed i mirabili ardimenti individuali e collettivi dei nostri marinai valsero a guadagnare sicura e fulgida gloria alla Marina, emula sul mare dei fasti dell'Esercito in terra. I maneggi politici e diplomatici tolsero purtroppo all'Italia gran parte dei vantaggi che la Marina le aveva apprestati in Adriatico, ma la Patria ricorderà sempre con commossa gratitudine la virtù della sua gente di mare, che Gabriele d'Annunzio chiamò a buon diritto: «giustissimo orgoglio del sangue nostro, eletto fiore di giovinezza ». (1) Ricorderemo che vi furono adibiti 45 piroscafi italiani, i quali compirono complessivamente 202 viaggi, trasportando 115.000 uomini, 10.000 cavalli e 30.000 tonnellate di materiali; 25 piroscafi francesi ed 11 inglesi, che compirono complessivamente 120 viaggi, trasportando 70 mila uomini e 50.000 tonnellate di materiale. (2) Ebbero per motto da Gabriele d'Annunzio « Memento audere semper ». Anche i marinai in trincea con l'esercito Pontoni armati nella lagna veneta un treno armato, in azione a difesa della costa adriatica Edited November 3, 2008 by galland Link to comment Share on other sites More sharing options...
Guest galland Posted November 4, 2008 Report Share Posted November 4, 2008 Da "Storia Illustrata" dell'aprile 1966 una splendida serie fotografica sui luoghi della Grande Guerra. Se oggi il termine illustrata, in un'epoca di videofonini e macchine digitali, appare ed è arcaica all'epoca questi servizi fotografici erano all'avanguardia nella pubblicistica storica, testimonianza del genio editoriale di Arnoldo Mondadori. Il Monte Nero (Monte Krn) All'alba del 16 giugno 1915 fu conquistato da due compagnie di alpini con un'azione di sorpresa. La conquista della cima completò la conquista della cresta di montagne dominanti l'Isonzo fra la conca di Plezzo e Tolmino. Un forte austriaco di sbarramento alla strada da Plezzo a Passo di Predil. Gallerie sotto la Cima Tre del San Michele. Qui erano in postazione artiglierie di grosso calibro che battevano le linee austriache a oriente del Vallone, fino all'Hermada. Un muro della famosa "Trincea delle Frasche" sul ciglione del Carso, sopra Sagrado. Dal 18 ottobre 1915 fino all metà di novembre fu oggetto di sanguinosi attacchi e contrattacchi. Nei combattimenti coronati dalla definitiva conquista, il 13 novembre, caddero 866 soldati e 68 ufficiali italiani: Link to comment Share on other sites More sharing options...
Guest galland Posted November 4, 2008 Report Share Posted November 4, 2008 La strada militare scavata nel Monte Cengio (m. 1351), cima della Val d'Astico sull'orlo dell'altopino d'Asiago. Casermetta italiana in pietra sul Monte Novegno; all'epoca dell'offensiva nemica nel Trentino (estate 1916) il onte costituì l'ultimo baluardo di resistenza all'invasione. Una stufa, una pala, fucili ed elmetto di una postazione austriaca sull'Adamello, a quota 3000. continua... Link to comment Share on other sites More sharing options...
saville Posted November 4, 2008 Report Share Posted November 4, 2008 Mi intrometto un attimo nella bellissima esposizione per segnalare a chi non lo conoscesse il MUSEO DI CAPORETTO , molto interessante e struggente (nelle sale sarete accompagnati dalla musica di "Stelutis Alpinis" ) . Per altro , la valle dell' Isonzo e' magnifica e merita sicuramente una visita , lo si può fare in un goirno ,partendo da Plezzo , con puntate al Vallone di Chiapovano , Redipuglia , Monte San Michele ( dalla cui cima sono visibili e indicate tutte le località e posizioni storiche ). Ma qui ogni sasso e' Storia.. Perdonate l' intusione , sono le mie terre.. Museo di Caporetto LINK Visita il mio sito Link to comment Share on other sites More sharing options...
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