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Rakanius

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  1. Uhm... nessuno mi risponde perché sono domande troppo difficili o c'è qualcosa di sbagliato nella maniera in cui mi sono posto, o cosa? Grazie...
  2. Se ti interessa l'esperienza della gente comune ti do un paio di casi dalla mia famiglia. Mio padre a Lucca, diciottenne allievo ufficiale di artiglieria (non finì mai il corso ovviamente) rimase per un po' in una situazione di stallo con i Tedeschi. I Tedeschi avevano fretta di raggiungere le vicine basi navali italiane, e la resistenza organizzata di un gruppo che aveva cannoni pesanti a disposizione era problematica, perciò concessero alla fine un bel congedo a tutti quanti. Il successivo bando di arruolamento di Graziani pose il dilemma di cosa fare. Per non creare problemi alla famiglia decise di andare e fece l'artigliere per la RSI. Combattimenti tra Piemonte e Liguria, per riaprire un passo tenuto dai partigiani (non so quale). Era insieme a Tedeschi e a una unità di Croati inquadrati dagli Italiani (non so che tipo di formazione potesse essere). Era amico di uno di questi Croati che assistette quando fu ferito, diceva che poi alla fine della guerra vennero tutti uccisi. Mio padre disse che non sparò mai (con le armi individuali, con il cannone ovviamente non poteva non farlo) e che si liberò delle munizioni per non dover sparare su degli Italiani. Quando il fronte passò oltre la sua cittadina dell'Italia centrale disertò e riuscì a raggiungere dei partigiani democristiani (che allora si chiamavano in un altro modo ma ora non mi viene in mente...). Passò l'ultimo inverno a Bologna facendo vita relativamente facile, ottimamente "imboscato," e non ci furono scontri alla fine perché i Tedeschi abbandonarono la città senza trincerarsi per un'ultima battaglia. Fu testimone, dopo, di pesanti vendette partigiane (triangolo della morte...) e ne rimase disgustato, il suo anticomunismo (che durò tutta la vita) forse è nato da lì. Mio zio invece era in una tranquilla caserma di città e venne messo a presidio con un altro soldato, dotati di un'arma automatica con un caricatore tipo wafer, e una limitata quantità di munizioni. In periferia, soli dentro una buca, vennero raggiunti da un'autoblindo a 8 ruote tedesca, per loro assolutamente invulnerabile, e sfilarono il caricatore con lentezza per far capire che si arrendevano. Con molti altri prigionieri fece allora la scelta: combattere, lavorare nelle fabbriche tedesche, finire in prigionia. Scelse di combattere e venne direttamente inquadrato con una unità tedesca. Mi raccontò che erano in pochi a voler combattere ma che le altre due scelte costarono comunque la vita a molti giovani che conosceva, giovani che speravano di farla franca rifiutando il combattimento. Per lui e alcuni altri continuare a combattere dalla stessa parte sembrava la scelta più onorevole e naturale, ma non era fascista e si limitò a dirmi che in quei frangenti e a quell'età uno non poteva comunque fare una scelta ben ponderata, perciò non gli piacque l'odio che si scatenò poi nella guerra civile. Partecipò alla battaglia di Ortona (? una località nell'Adriatico, comunque). Raccontò di un terribile bombardamento navale e della morte di un amico che chiedeva aiuto ma nessuno ebbe il coraggio di uscire all'aperto tra le esplosioni. Dei Polacchi disse che "gli Inglesi li mandavano al macello per aprirsi la strada," lui era alla mitragliatrice, non gli chiesi se ne avesse uccisi, ma credo di sì. Quando la sua unità (forse una divisione o un reggimento di montagna, non ricorda quale, aveva il termine -jager nel nome) si ritirò a nord, lui prese la polmonite e venne abbandonato presso un ospedale, rimase malato grave per un certo tempo ma quando guarì li raggiunse, in Veneto. Proprio allora terminò tutto e lui finì al carcere di Schio, con altri soldati e fascisti presi prigionieri, militari e non. Spostato alla fine in un campo di prigionia alleato destinato a chi era stato un combattente, scampò per miracolo alla strage che si verificò a guerra finita in quella prigione ad opera di un gruppo di partigiani (alcuni dei quali poi scontarono pene detentive). Dopo una dura prigionia se ne tornò a casa. Queste le storie che so della mia famiglia, gente apolitica ai tempi, e mi sanno molto di difficili scelte prese, a volte senza poter riflettere a lungo, in un momento pazzesco.
  3. Rakanius

    Aerosiluranti italiani

    Buongiorno, mi serve documentazione per scrivere un racconto ambientato nel periodo finale della guerra d'Africa, quindi primi mesi del 1943, quando l'aviazione italiana negli ultimi tentativi di difendere questa testa di ponte lanciava i suoi aerosiluranti in missioni sempre più rischiose. Vorrei raccontare una missione di questi aerei, fittizia ma realistica (forse citerò i nomi veri dei personaggi più famosi, che mi sembra siano Buscaglia e Faggioni, per gli altri me li inventerò io). Mi sto documentando quindi per poterne scrivere e vorrei un aiuto da parte di chi sarà così gentile e volonteroso da fornirmelo, rispondendo a delle domande. Mi sembra di capire che l'unico aereo utilizzato in massa dagli italiani fosse l' SM79 e le domande che voglio porre si basano fondamentalmente su quello. 1) Leggo fonti discordanti sugli uomini di equipaggio, ad esempio pilota, copilota, motorista, marconista, mitragliere. In questa versione sarebbero 5. Sembra poi che si imbarcassero anche fotografi o cineoperatori, ufficiali della Regia Marina, ecc.... La domanda è: in una configurazione tipo chi c'è a bordo? Gradi più probabili, ruoli e posizione? E quanti "extra" ci potrebbero eventualmente essere? 2) Com'è compartimentato l' SM79 ? Paratie, vani separati, ecc... ho visto delle foto ma non ho capito molto. Era possibile per tutti i presenti a bordo vedersi e parlarsi? E quanto rumore c'era in volo? 3) Chi decide lo sgancio del siluro? e come lo fa? 4) Per tornare ai ruoli, e alle armi, se ci sono così tante mitragliatrici, chi le usa? L'SM 79 aerosilurante aveva la mitragliatrice ventrale (mi pare non avesse la gondola...) 5) Gli attacchi nel periodo della primavera 1943 partivano principalmente dalla Sicilia e dalla Sardegna, se non vado errato. Una tipica formazione potrebbe essere il 132° Gruppo Aerosiluranti, base di Decimomannu, giusto? Qualche altro nome di gruppi? e nome della base? 6) I piloti potevano bere? fumare? avevano accomodamenti lussuosi nella base o no? Gli altri membri dell'equipaggio come vivevano? Grazie in anticipo per ogni risposta utile che riceverò.
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