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La fanteria russa moderna, capitolo 3


Rommel

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Gli elmetti

 

A differenza dei body armour, il segmento delle protezioni della testa ha avuto uno sviluppo molto più lento e conservatore, passando da un immediato derivato della seconda guerra mondiale a veri e propri cloni di elmetti tattici occidentali come la serie Mich TC 2002 e i cosiddetti FAST. Discorso più complesso e pionieristico fu fatto per impieghi speciali dell’FSB. Restringerò quindi, per non perdere il focus, ai soli elmetti sviluppati dai russi per la fanteria, e di questi, a quelli marcatamente legati ai programmi di sviluppo proprietari.

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Il capostipite post grande guerra è senza dubbio l’SSH-68 della statale NII Stali, piccola miglioria del SSH-60 prodotto negli anni ‘70 e legata solo a piccoli dettagli geometrici esterni, ma che di fatto non ne cambia la sostanza. Divenuto un best seller per tutti i paesi del Patto di Varsavia, forniva una protezione minimale, seppur migliorata, contro schegge d’artiglieria e colpi di lame a fendenti. Realizzato in acciaio verniciato in OD, dal peso di 1,5 kg e foderato tramite ragno in cordura e sospensori in pelle. Non essendo regolabile, era stato ideato per 3 taglie diverse di testa, nelle quali variava la dimensione stessa della calotta intera. La conbinazione di taglie e disegno (volutamente diverso dai criteri occidentali) aveva anche una funzione pratica nei rigidi inverni russi e tra i monti dell’Afghanistan e della Cecenia, in quanto con le taglie superiori, il fante poteva indossare una ushanka (colbacco) o una cecenka (berretto di lana militare) tra la testa e l’elmetto.

La variante M implementa una calotta interna in fibra aramidica SVM e di un nuovo sistema di ritenuta sotto il mento, con un aumento di peso a 1,9 kg. Rispetto alla versione base, garantiva una seppur leggera resistenza ai proiettili da revolver.

La variante N assunse la denominazione 6B14, in quanto aumentava ulteriormente lo spessore aramidico fino a raggiungere i 2 kg, estendendo la resistenza ai colpi 9x18 Makarov e a schegge di massa superiore, e di fatto salendo di classe protettiva.

Dopo la profonda crisi degli anni ‘90, fu completamente ripensato l’intero equipaggiamento russo, unitamente alle tattiche d’impiego e alla dotazione personale del fante (cosa che correrà a braccetto, ma che approfondirò in seguito).

Negli anni 2000, era fin troppo chiara l’arretratezza derivata da una trascuratezza di una componente protettiva essenziale in guerra. Fu allora che riprese lo studio iniziato a metà del 1980, con forti ispirazioni al sistema occidentale PASGT. Nacque il progetto fanteria Borit-M, e di questo i 6B6/6B7.

I due elmetti sono in pratica gemelli in forma e vestibilità, eccezion fatta per i materiali: totalmente in kevlar il 6B7, 3 mm di titanio per il 6B6. Realizzati entrambi dalla NII Stali, il 6B6 fu presto rilegato a compiti minoritari dato il costo ed il peso elevato, fino alla totale dismissione.

Il 6B7, seppur inferiore come protezione al gemello, era di fatto il primo elmetto in kevlar adottato dalla neonata Federazione Russa e andò a sostituire completamente il vetusto SSH-68. Entrambi rientrarono sotto la classificazione GOST BR1, resistendo a colpi 9x18 Makaron sparati a 50 m di distanza.

 

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La Armokom prese il posto della NII Stali, e sviluppò la versione 6B7-1 migliorando la vestbilità, ma solo con la versione -1M si ebbe una leggerissima riduzione di peso. Ad esso fu abbinato un occhiale anti sabbia 6B47 con capacità balistica contro sfere d’acciaio di 3,3 mm, anti graffio e anti appannamento.

Il 6B7 godette di fama granitica nelle guerre convenzionali russe, ma finì per scadere nell’obsolescenza con l’arrivo dei sistemi elettronici destinati alla fanteria.

Doveroso annotare che la dottrina elettronica del sistema fante si sviluppò molto più tardi in Russia rispetto alle controparti occidentali, per via di un warfare saldamente ancorato a tradizioni “guerrafreddistiche” e su vasta scala (ma questo verrà ampliamente trattato nel prossimo capitolo).

Per ora è sufficiente far notare che, per esempio, non esisteva un sistema di comunicazione tramite cuffia, ma solo con radio portatili. I visori notturni erano appannaggio delle unità spetsnaz, carristi, e solo per determinati reparti, e solo per determinate missioni, usati dai capi plotone della fanteria d’assalto.

 

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Va da se quindi che, con l’adozione e l’indubbia efficacia dei sistemi integrati modulari come luci di navigazione, strobo IR Manta e NVG di ultima generazione su elmetti occidentali da parte delle unità spetsnaz, si venne a creare una voragine tecnologia tra i reparti e di nuovo una trascuratezza che portava “gli attrezzi del mestiere” del nemico in casa, con migliori risultati.

L’occasione per tamponare la falla fu il programma Ratnik, da subito ambizioso sotto tutti i punti di vista, il quale raccolse pareri e risultati sul campo, concretizzati poi nel sistema Ratnik 2.

Nacque nel 2011 il 6B47. Fortemente influenzato dall’americano Mich TC 2000, realizzato sempre dalla Armokom e tuttora ampliamente utilizzato. Lo studio venne focalizzato sull’intreccio di brevettate fibre aramidiche con lo scopo di garantire la stessa protezione di un 6B7-1M, ma con un peso inferiore al kg (le fonti non citano se tale valore riguarda la sola calotta monopezzo). Vennero aggiunte 2 slitte minimali per in fissaggio della torcia multiluce polivalente FSS-014 (6E2), sistemi di comunicazione tramite cuffia e una placca metallica per in fissaggio dell’NGV monoculare PSS7. Internamente risulta modificato il sistema di fissaggio e sospensione, integrando al ragno realizzato in nilon e fast clip, placche velcrate in memory foam attaccate internamente alla calotta, di spessore variabile in base alla misura della testa.

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Negli ultimi 10 anni, anche grazie alla spinta del programma Ratnik e Ratnik 2, si è sempre più diffuso l’uso di copri elmetti in EMR, OD e multicam dedicati ai modelli in servizio. Quello più evoluto è certamente quello disegnato per 6b47, con un’insieme di piccole tasche, un’aletta frontale per la protezione della placca NGV e doppie alette laterali per la protezione delle piccole slitte accessori. Il tessuto è realizzato con materiali schermanti il calore per diminuire la tracciabilità IR, reversibile in Artic EMR bianco per le zone operative innevate. Non è raro trovare forge di copri elmetti per fast in stile occidentale con velcri per fissaggio dell’elettronica, ma costituiscono primizie che nel settore fanteria sono destinate alle sole truppe d’assalto.

Insieme al modello, fu evoluto anche l’occhiale anti sabbia denominato 6B50, tenuto per tradizione militare sempre frontalmente all’elmetto. Il kit comprende panno, lenti anti riflesso di ricambi e una tasca Techinkom EMR dedicata. Rispetto alla generazione precedente, lo spessore della lente in policarbonato è portato a 6,5 mm, anti schegge fino a 6,35 mm d’acciaio, e anti fiamma per 10 secondi ad esposizione diretta, anti appannamento e anti graffio. Il design è stato migliorato per l’introduzione di lenti correttive.

 

I gilet tattici: Vest

 

Fino alla fine degli anni ‘90, la dotazione fanteria era assai magra e affidata solo ai body armour. Unica aggiunta era l’onnipresente cintura in pelle con fibbia in ottone con in rilievo lo stemma di partito dell’unione sovietica (prima) o la classica stella russa delle forze armate (poi). L’eccezione era concessa solo alla marina e alla fanteria di marina, che adottavano l’ancora (con o senza falce e martello). Abbinata a essa, una o più canvas in canapa porta caricatori, a 3 o 4 celle a seconda degli anni di produzione, una fondina in pelle per Makarov solo per per ufficiali, baionetta/pugnale AK59/1 e l’eterna borraccia in alluminio su porta borraccia in canapa.

Senz’altro, l’unica variante a tutto ciò era un diretto derivato del chest rig cinese Chicom, chiamato Poyas-A. Si parla dunque di sistemi minimali, basici, ultra economici di fabbricazione in canapa e diffusi in tutto il Patto di Varsavia, dalla Guerra in Vietnam fino all’Invasione dell’Afghanistan. Differivano poco in realtà, dal colore OD o Khaki, la presenza di tre o quattro tasche frontali, porta bengala Rop30 e dal numero di tasche porta granate sulle alette laterali. Il resto era tenuto insieme da tre semplici cinghie, di cui una da annodare in vita.

 

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Una dotazione curiosa, un po’ anacronistica ma perfettamente pensata per la dottrina d’impiego russa è l’uso del gilet tattico. Dapprima a uso esclusivo degli spetsnaz, con il tempo poi allargato alla fanteria d’assalto e successivamente, durante il conflitto in cecenia, a tutta la truppa ove non utilizzabile il body armour.

Tutto parte dall’adozione del 6B23 e 6B13 nei primi anni 2000 (vedasi capitolo precedente). Il concetto di modularità ancora non era contemplato, anche se però si resero evidenti 2 criticità dei sistemi plate carrier occidentali.

In primo luogo, si, erano e sono modulari. Ma nessuno si impegnava in lunghe sessioni di scambio delle tasche e prove di comodità. Cambiare piattaforma d’arma con relativi caricatori imponeva inevitabilmente il cambio di tutte le tasche. E la Russia ne aveva parecchie di piattaforme diverse.

In secondo luogo, tutti gli eserciti del mondo seguono delle dottrine di combattimento e quindi un “codice” di disposizione dell’equipaggiamento (che approfondirò nel prossimo capitolo). Da questo è facile dedurre che, in barba alla modularità e tranne qualche eccezione di comodità, la parte fondamentale del gibernaggio rimaneva fondamentalmente uguale per tutti per il 90% delle volte.

Unito poi al fatto che la dottrina russa ha sempre posto la protezione balistica del fante sopra ogni requisito, venne deciso di proseguire la strada anni ‘80 del doppio livello. Esso quindi comprendeva un body armour uguale per tutti e sempre solidale al fante, in ogni condizione, impiego o arma, e un Vest preconfezionato sulla base di una missione standard e su un modello di arma. Cambiata l’arma, si abbassava la zip / toglieva la clip, si indossava un altro vest equipaggiato e si tornava in combattimento. A fare da promotori di questa filosofia furono tutte le esperienze spetsnaz, dall’MVD all’FSB.

Su spinta delle forze logistiche, guidatori e di polizia, principali utilizzatori dei vest per praticità e leggerezza (e per l’inutilità di protezioni balistiche) fu comunque deciso di introdurre ugualmente il sistema pallettizzato MOLLE rifatto in chiave russa, creando infine un vest universale per le forze armate che potesse andare incontro alle esigenze di tutti. Nacque il 6SH112.

 

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Introdotto con il programma Ratnik dalla Techinkom, fu una svolta dal punto di vista tecnico, tecnologico e per la standardizzazione. Struttura portante molto simile al vecchio precostituito 6SH92 e 6SH104 in dotazione esclusiva dei VDV, ma contemporaneamente incrocia elementi tipici dei sistemi Tarzan M21 della Splav, creando nella sostanza un ibrido ben riuscito.

Fu reso più resistente dei sistemi originari riducendo le cinghie all’essenziale per regolazione schiena e suspender lombare. Riempiendo le strutture portanti con una texture a rete 1000d Mogotex, si otteneva un significativo alleggerimento pur mantenendo la stessa soglia di carico, e una assoluta traspirabilità rispetto alle tradizionali pettorine. Integra un cinturone tattico completamente inserito in un fodero a protezione, che ne aumenta la soglia di carico e lo scherma da impigliamenti accidentali nel boschivo. Internamente il fodero è imbottito per scaricare al meglio il peso del gibernaggio e sono presenti dei rinforzi sulle spalle, in previsione di una sovrapposizione con lo zaino tattico. Tutta la superficie pettorale a rete e il fodero cinturone integrato comprendono pal per il gibernaggio, e in fissaggio è garantito dalla clip cinturone e da tre laccetti su asola metallica, messi in sicurezza da un bottone rapido. Lateralmente sono presenti tre cinghie per lato per la regolazione. Internamente alla zona pettorale sono presenti due zip verticali per l’inserimento di documenti, mentre il camo utilizzato è solamente EMR.

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Dopo l’abbondante uso in Siria e in Crimea, vennero apportati alcuni piccoli miglioramenti che crearono il 6SH116/117 per il Ratnik 2. Quali i tre laccetti pettorali, sostituiti da clip fast in plastica e cinghie più lunghe di regolazione. La maggiore novità riguarda il retro, dove vengono definitivamente abbandonate le due cinghie portanti, in favore di una texture a rete uniforme che parte dalle spalline e arriva direttamente al fodero posteriore. Rinforzata sulle cinghie di regolazione e integralmente ricoperta di pal modulari.

Allo stato attuale, il 6SH117 coesiste nel programma Ratnik 2 insieme al 6B45 e, sebbene entrambi pallettizzati e con scopi similari, qualche volta si vede il loro uso in combinazione, assetto utilizzato da soldati veterani o per brevi spostamenti da una linea all’altra da parte di truppe di retrovia.

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