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Tollejr86

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Risposte pubblicato da Tollejr86

  1. non voglio immaginare quello che può succedere all'aereo che succede!

    so che vari incidenti sono accaduti ad aerei di linea perchè si trovavano nella scia di altri aerei.............immaggino cosa può succedere ad un aereo che ne succede un'altro che va a 1200 km/h :(

     

     

     

    gianni una curiosità......ma come funziona il giroscopio?so che funziona con lo stesso principio della trottola no?!

  2. io ho un mio amico che sta all'accademia aeronautica..... :drool:

    mi ha detto che è molto dura e che hanno solo 12 min la mattina per lavarsi e fare il letto e vestirsi poi tutti a colazione!io ci metto mezz'ora solo per svegliarmi!!!!!

    poi durante le lezioni si sta eretti sulla sedia a 4 dita dello schienale e con le gambe unite senza appoggiare i gomiti sul banco.......è impossibile!!!!!! :pianto:

  3. si ma è tuttora attiva!poi ho visto, in un documentario su discovery channel, che dal 1970 ad oggi l'Area 51 è cambiata molto perchè hanno costruito nuovi edifici, nuove piste di atterraggio.....................insomma è molto curiosa come zona!nonostante ciò gli americano dichiarano inattiva la zona.

  4. io ho trovato questo non so se può servirti.....

    11 settembre 1973. Le quattro del mattino. Le strade di Santiago sono ancora deserte. Il colonnello Julio Polloni raccoglie ingegneri e operatori scelti per eseguire il “Piano silenzio”, interrompere le comunicazioni telefoniche e chiudere i trasmettitori delle radio filo governative. Alle cinque intanto, alla casa presidenziale, Allende riceve una telefonata. Dall’altro capo dell’apparecchio c’è il generale Jorge Urrutia, vice comandante dei Carabinieri. “Le truppe della Marina si stanno radunando nelle strade di Valparaiso, sono già uscite dalle caserme”. L’ordine di Allende è categorico: chiudere subito la strada che collega Valparaiso a Santiago. L’ufficio del viceammiraglio Patricio Carvajal nel Ministero della Difesa si trasforma dalle sei del mattino nel quartiere generale dei golpisti. Si trova a pochi metri dal Palazzo della Moneda, un luogo strategico per controllare gli spostamenti di Allende e dei suoi uomini.

     

    Le sei e mezza. Allende si veste nel modo più informale: pantaloni grigi, giacca di tweed, golf di cachemire a collo alto. Al capitano dei Carabinieri José Munoz, Allende dice: “Andiamo alla Moneda, scelga la strada migliore e più rapida”. Le automobili Fiat 125 blu escono dalla casa presidenziale. Un ufficiale della Polizia Civile osserva la loro manovra a distanza, attiva il suo apparecchio radio e informa il Ministero della Difesa della partenza di Allende. Il golpe è in atto. I blindati dei carabinieri si appostano intorno alla Moneda. Alle sette e trenta, il Presidente entra dal cancello principale della sede del Governo con le auto in carovana, scende dalla vettura e sale per l’ultima volta la scala di marmo che porta al primo piano. La prima chiamata è del leader socialista Carlos Altamirano. “Dissi ad Allende che la Moneda era un luogo pericoloso per guidare le operazioni: c’era una sollevazione della Marina e i generali dell’Esercito e dell’Aviazione non rispondevano al telefono, sembravano volatilizzati”. Allende prende fiato e risponde al senatore socialista: “No, ti sbagli Carlos, il posto del Presidente è il Palazzo della Moneda, nessun altro”. In quel preciso istante, a duecento metri di distanza, i golpisti arrestano il ministro della Difesa Osvaldo Letelier. Nello studio presidenziale, tre telefoni sono collegati direttamente con le radio Magallanes, Corporaciòn e Portales. Alle sette e cinquantacinque, Allende prende il microfono e diffonde la sua prima comunicazione. Annuncia l’infedeltà alla democrazia delle truppe della Marina e chiede ai cittadini di raggiungere i propri posti di lavoro, mantenendo la calma.

     

    “ In ogni caso, io sono qui, nel palazzo del Governo, e resterò qui difendendo il governo che rappresento per volontà del popolo”.

     

    Due minuti dopo, un aereo militare distrugge l’antenna trasmittente di Radio Corporaciòn. Il primo proclama militare viene emesso dalla catena radiofonica della destra alle otto e trenta. La voce dura e sgraziata del tenente colonnello Roberto Guillard impartisce gli ordini. “ Tenendo presente la gravissima crisi sociale e morale che mette in pericolo in Paese, il signor Presidente della Repubblica deve procedere alla immediata consegna del suo Alto mandato alle Forze Armate e ai carabinieri del Cile”. Segue la firma di tutti i generali coinvolti nel colpo di Stato. Allende torna a parlare da Radio Magallanes, in aperta sfida ai golpisti.

     

    “Non darò le dimissioni. Denuncio davanti al Paese l’incredibile atteggiamento di soldati che mancano alla loro parola e al loro impegno. Faccio presente la mia decisione irrevocabile di continuare a difendere il Cile nel suo prestigio, nella sua tradizione, nella sua forma giuridica, nella sua Costituzione”.

     

    Gli aerei militari volano sempre più bassi sopra la Moneda. Allende, i suoi consiglieri, la guardia presidenziale (Gap) è appostata all’interno del palazzo. I Carabinieri e la Polizia Civile presidiano ormai buona parte della città. Il Presidente è ancora seduto nel suo ufficio con il microfono in mano.

     

    “ In questo momento passano gli aerei. E’ possibile che ci bombardino. Però sappiate che restiamo qui per dimostrare, per lo meno con i nostro esempio, che in questo Paese ci sono uomini che sanno compiere il loro dovere…”.

     

    Alla Moneda, giunge la telefonata del viceammiraglio Patricio Carvajal che propone ad Allende un salvacondotto: un aereo per lui e per la famiglia che li possa portare lontani dal Cile. Allende risponde: “ Ma cosa avete creduto, traditori di merda. Mettetevi in vostro aereo nel culo. Lei sta parlando con il Presidente della Repubblica. E il Presidente eletto dal popolo non si arrende”. Allende è preoccupato per le sorti del Paese ma non perde la calma. Prende il fucile Aka e se lo mette in spalla. Poi passa in rassegna le sue truppe di difesa. Diciotto detective, venti uomini del Gap, ministri e collaboratori. Meno di cento persone. Sull’impugnatura dell’ arma, si può scorgere una placca di bronzo con la scritta: “A Salvador, da suo compagno d’armi Fidel Castro”.

     

    La scena si sposta poco dopo nella sala degli addetti militari. Davanti ad Allende, ci sono tre ufficiali golpisti, Sànchez, Badiola e Grez. “ Presidente, devo trasmetterle il messaggio della mia istituzione. La Forza aerea ha preparato un Dc6 con l’ordine di portarla dove lei vorrà. Ovviamente il viaggio include la sua famiglia e le persone che lei ritiene di portare con sé”, dice il comandante Sànchez. Ma Allende è pronto al suo ultimo sacrificio: “No, signori, non mi arrenderò. Dite ai vostri Comandanti che non me ne andrò da qui, che non mi consegnerò. Questa è la mia risposta. Non mi tireranno fuori vivo da qui, anche se bombarderanno la Moneda. E guardate, l’ultimo colpo me lo sparerò qui…E ora andatevene via da qui. Tornate alle vostre Istituzioni, è un ordine ”.

     

    In quelle ore, Hector Carrasco si trova nella sede della Gioventù Comunista.

     

    “In quelle prime ore dell’11 settembre, nelle sede della Gioventù Comunista squillavano i telefoni in continuazione. Nessuno però sapeva cosa stesse accadendo. Le stazioni radio comunicavano notizie frammentarie e i telefoni tornavano a suonare. C’erano due stanze dove normalmente si riunivano i componenti dei gruppi di autodifesa. Mi trovai davanti al responsabile, Galvarino Diaz. Mi disse: ’Santiago brucia, Hector, non ci sono più dubbi. E’ necessario far uscire tutte le armi da qui. Potrebbero arrivare i militari da un momento all’altro, non le devono trovare. Possiamo utilizzare la Fiat 600 di Miriam’. Così iniziò il nostro viaggio a Santiago in quel 11 settembre di trenta anni fa”.

     

    Non c’è tempo da perdere. Il golpe è in atto e i militari attendono solo il momento propizio per arrestare i militanti della Gioventù Comunista. Hector, Miriam, Galvarino e Mao nascondono le armi sotto i sedili della vettura: due Colt 45, una Thompson, tre mitragliette Uzi e quattro bombe a mano. Si dirigono verso i quartieri operai della città. L’obiettivo è trasportare l’arsenale nella poblacion di La Victoria. Il viaggio è lungo e rischioso, i posti di blocco dei militari sono ovunque. Da lontano scorgono un gruppo di soldati con una fascia sul braccio sinistro. Fermano ogni macchina, Monocicletta, persone a piedi e in bicicletta. Loro si fanno ancora più piccoli dentro quella 600. Dieci soldati con i fucili puntati li bloccano, intimano di scendere. Poi si trovano fuori, con le braccia appoggiate alla vettura mentre i soldati iniziano la perquisizione.

     

    “I vostri documenti dove sono? Dove state andando? Da quale zona provenite?”. Hector sente un brivido dietro la schiena e pensa: “Accidenti…la tessera della Gioventù Comunista.. sta nel portafoglio”. “Che cos’è quella tessera azzurra”- gli chiede un ufficiale dell’esercito. Hector risponde con calma: “E’ la tessera d’iscrizione al club degli universitari che si occupano di cultura, sport e ricreazione”. Sul tesserino non c’è il simbolo del Partito, c’è il disegno di una margherita con i colori giallo, blu e azzurri. Hector è convinto di averla fatta franca ma ci sono ancora le armi nell’auto. Un soldato si avvicina a Miriam, capelli biondi, il corpo snello, gli occhi languidi e azzurri. Dalla borsa, lei estrae un porta-documenti verde. Sulla parte esterna è ben visibile lo stemma del Rotary Club, sede di Arica. A quel punto, il militare si mette sull’attenti: “ Signorina, perché non ha detto subito chi era? E cioè la figlia di Don Gustavo? Se lo avessi saputo prima le avrei evitato tutti questi inconvenienti”. Così ordina agli altri militari di interrompere la perquisizione. Miriam è figlia del Presidente del Rotary e i soldati hanno un’ammirazione profonda per quel club.

     

    I ragazzi sono salvi ma il viaggio non si è ancora concluso. Lungo la Panamericana camminano migliaia di persone, a piedi, senza una meta definita. In giro si vedono pochi autobus. In quel preciso momento, Galvarino chiede a Miriam di accendere la radio. E lei gira veloce la manopola. “Siamo in contatto con Radio Magallanes”, urla a gran voce. Dagli altoparlanti si sentono le ultime parole di Salvador Allende. Hector, Miriam, Mao e Galvarino sono ormai lontani. Le loro armi sono già al sicuro.

     

    “…..Lavoratori della mia patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che sempre avete avuto, la fiducia che avete posto in un uomo che fu solo interprete di grandi aneliti di giustizia, che impegnò la sua parola di rispettare la costituzione e la legge, e così fece. In questo momento definitivo, l'ultimo in cui posso rivolgermi a voi. Spero che impariate dalla lezione. Il capitale straniero, l'imperialismo, unito alla reazione, ha creato il clima perché le Forze Armate rompessero con la loro tradizione (...) Mi rivolgo soprattutto alla donna modesta della nostra terra: alla contadina che credette in noi, all'operaia che lavorò di più, alla madre che conobbe la preoccupazione per i figli. Mi rivolgo ai professionisti, patrioti, a coloro che da giorni stanno lavorando contro la sedizione appoggiata dai collegi professionali, collegi di classe creati anche per difendere i vantaggi di una società capitalista. Mi rivolgo alla gioventù, a coloro che cantarono e donarono la loro allegria ed il loro spirito di lotta; mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a coloro che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo già da molte ore è presente con molti attentati terroristi, facendo saltare ponti, tranciando linee ferroviarie, distruggendo oleodotti e gasdotti, di fronte al silenzio di chi aveva l'obbligo di intervenire. Si sono compromessi. La storia li giudicherà. Sicuramente Radio Magallanes, sarà oscurata ed il metallo tranquillo della mia voce non giungerà a voi. Non importa mi sentirete comunque. Sempre sarò con voi, per lo meno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale alla patria. Il popolo deve difendersi, ma non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi colpire e crivellare, ma nemmeno può umiliarsi. Lavoratori della mia patria: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio ed amaro, nel quale il tradimento pretende d'imporsi. Proseguite voi, sapendo che, non tardi ma molto presto, si apriranno i grandi viali alberati dai quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore.Viva il Cile, viva il popolo, viva i lavoratori!...queste sono le mie ultime parole, ho la certezza che il sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, almeno, ci sarà una sanzione morale per punire la fellonìa, la codardia ed il tradimento”.

     

    Un silenzio sorprendente resta sospeso nell’aria di Santiago del Cile quando Allende ritiene di aver finito il suo discorso. Il suo ultimo appello al Paese. Poi giunge la morte, improvvisa, fulminea. Gli aerei colpiscono la Moneda, il fumo acre, i blindati dei Carabinieri si fanno sempre più pressanti, i collaboratori di Allende escono dal palazzo. Dentro al palazzo i pochi rimasti con Allende si mettono le maschere antigas, poi sparano dalle finestre. Le pallottole, le bombe, la battaglia, fino a quell’ultima parola del Presidente ascoltata dal detective David Garrido: “Allende non si arrende”. Le quattordici e un quarto. Allende si uccide con l’ultima pallottola rimasta nel suo Aka. Proprio come ha promesso ai militari infedeli. Si uccide perché non intende dargliela vinta.........

     

     

     

    in quell'anno c'è stato il colpo si stato in CILE!

  5. deve avere un minimo si 1200 ore di volo e per entrarci si deve fare la dom.

    i piloti possono essere sia uscenti dall'Accademia o piloti che hanno frequentato corsi di AUPC.l'età min è 23 e l'eta massima è 28.si rimane lì, in quel reparto (131°gruppo), per un max di 5 anni.

    cmq esistono anche dei piloti "RISERVA" che sostituiscono, qualora dovesse servire, un pilota che non può volare !

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