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Fabio Massimo

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Tutti i contenuti di Fabio Massimo

  1. Io o lei per difesa di casa nostra possiamo avvalerci dell'art. 52 del codice penale (legittima difesa) dovendo sottostare a tutte le limitazioni che questa norma pone (rapporto di proporzionalità tra difesa e offesa) mentre il comandante della nave può avvalersi anche della più ampia copertura fornita dall'articolo 53 c.p. (uso legittimo delle armi) che consente di sparare (o di ordinare di farlo) per impedire la consumazione di tutta una serie di reati tra i quali sicuramente rientrano quelli che, in ipotesi, possono commettere i pirati. Il punto da chiarire è che nel momento in cui sulla nave in navigazione viene commesso un reato, il comandante cessa di essere un privato cittadino e diventa un ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 1235 del codice della navigazione con tutti gli annessi e connessi che questa qualifica comporta (compresa la "copertura" garantita dall'art. 53 del codice penale). Tra "gli annessi e connessi" ci metterei anche l'obbligo (che deriva dall'art. 55 del codice di procedura penale) di evitare che un reato venga portato a conseguenze ulteriori.
  2. Non mi pare che qualcuno abbia parlato del comandante come di un plenipotenziario che sulla propria nave fa quello che gli pare e piace senza dover rendere conto a nessuno... Allo stesso modo nessuno ha parlato d'imbarcare armi abusivamente per servirsene alla bisogna. Ciò su cui, personalmente, ho inteso porre l'attenzione è che la legge italiana non lega le mani al comandante che decide di ricorrere a "mezzi estremi" per difendere la propria nave da un atto di pirateria. Chiaro che il comandante deve comunque agire entro il quadro normativo ma la legge (quella italiana intendo) non gli impone di sottostare supinamente ad atti di violenza senza reagire (avendone i mezzi e/o la possibilità). Anzi, ove reagisse, vi sono molte norme che potrebbero evitargli d'incappare in responsabilità di tipo penale.
  3. Anche in Italia si può legittimamente sparare per difendere i beni propri o altrui (quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione) nel caso previsto dal 2° comma dell'art. 52 c.p. (l'ipotesi è proprio quella dell'intruso trovato dentro casa). Il secondo comma dell'articolo 52 del codice penale secondo il mio modesto avviso è applicabile anche a una nave in navigazione (che può benissimo essere considerata luogo di privata dimora) e pertanto il comandante e l'equipaggio potrebbero invocare la legittima difesa per aver respinto l'abbordaggio a colpi di pistola anche nel caso in cui i pirati non avessero precedentemente fatto uso di armi da fuoco. Ma vi di è più! Il nostro codice della navigazione attribuisce al comandante di una nave in navigazione la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria per ciò che riguarda eventuali reati commessi a bordo. In questa sua veste il comandante è pienamente legittimato a fare uso delle armi, o a ordinare di farne uso, ai sensi dell'art. 53 c.p. che consente, appunto, di far uso delle armi quando si tratta d'impedire che vengano consumati reati come la rapina a mano armata o il sequestro di persona.
  4. Infatti il discorso è molto accademico... La legittima difesa nel nostro ordinamento è certamente l'ultima ratio ma ciò non significa che sia una ipotesi del tutto residuale. In effetti nel mio precedente post forse ho un pò troppo banalizzato con l'esempio ma quello che volevo rendere chiaro è che ai fini della legittima difesa non è importante il parametro della distanza da cui proviene l'offesa quanto piuttosto l'entità della stessa e, soprattutto, la proporzionalità della difesa rispetto all'offesa che viene arrecata. Se oltre una certa distanza non fosse possibile parlare di legittima difesa non si capisce perchè sia previsto (nel nostro ordinamento) il porto d'arma lunga per difesa personale... Ripeto, il discorso è molto accademico ma in teoria si potrebbe invocare la legittima difesa per aver sparato ad un tizio a 200mt cosi come per aver accoltellato qualcuno in un corpo a corpo. Tutto dipende da come si svolgono i fatti in concreto. Inoltre nel nostro ordinamento non esiste solo la legittima difesa... ci sarebbe anche l'ipotesi dello stato di necessità che in questi casi potrebbe essere invocata come causa di esclusione della punibilità. Dai resoconti giornalistici sappiamo che il comandante della Melody, accortosi della presenza dei pirati, aveva fatto oscurare la sua nave; se, per assurdo, fosse riuscito a speronare l'imbarcazione pirata avrebbe potuto essere incriminato per il reato di naufragio con l'aggravante di aver oscurato la nave (art. 428 2° comma c.p. e 1112 codice della navigazione). In questa ipotesi il comandante avrebbe pure potuto ricevere un avviso di garanzia ma comunque non sarebbe stato mai condannato per via del fatto che aveva agito per essere stato costretto dalla necesssità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un grave danno alla persona ...sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo (Art. 54 c.p.).
  5. Dipende... supponiamo che il pirata si limiti a incrociare una nave da crociera con il suo gommone e fare mostra delle armi per intimorire chi è a bordo, in questo caso se da bordo della nave qualcuno gli spara e lo ammazza per la legge italiana dovrebbe rispondere di omicidio volontario (che sarebbero minimo 21 anni di carcere come pena base); se però il pirata comincia a ricamare le fiancate della nave con il suo AK47 (o magari anche con qualcosa di più pesante) in questo caso se qualcuno risponde al fuoco e lo fa fuori per la legge italiana si tratta di legittima difesa. Da questo punto di vista non c'è nessuna differenza tra sparare al pirata con una pistola quando arriva sottobordo o freddarlo a 200mt con una carabina di precisione. Ciò che importa, per poter invocare la legittima difesa, è che la difesa sia proporzionata all'offesa.
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