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IN VOLO SULL'HEARTLAND


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NOTE GEOPOLITICA

Chi leggendo il titolo di questo topic, ricercasse su un atlante l’Heartland compirebbe una ricerca infruttuosa, l’Heartland non corrisponde ad un luogo della geografia fisica o politica ma, bensì, ad un concetto geopolitico enunciato nel libro “Democratic Ideals and Reality” (1919) dal geopolitico britannico Sir Halford Mackinder (1861-1947).

Sin dal 1904 Mackinder aveva indicato il cuore della massa continentale eurasiatica con il nome di Pivot Area (“area perno”), sostituendolo poi con quello di Heartland (“cuore del mondo”) dando, fra le regioni che lo componevano, grande risalto all’Europa orientale. L’insigne studioso vedeva nella regione eurasiatica centrale il perno della storia mondiale, in virtù della sua localizzazione, dimensioni, morfologia, ricchezza di risorse che si esprimeva nelle ricorrenti tendenze espansionistiche dei popoli di quell’area. L’Heartland presentava anche una valida protezione contro ogni attacco proveniente dal mare; ma anche per via terra era estremamente difficile realizzarne la conquista, come dimostrato dalla disfatta di Napoleone in Russia nel 1812.

Da questa visione (Specifico che in geopolitica il punto di vista è essenziale, non trattandosi di una scienza)derivava la giustapposizione tra potenze marittime e terrestri,da cui prime erano sempre risultate vincitrici grazie alla loro maggiore mobilità.

Il galoppante sviluppo tecnologico incorso tra XIX e XX secolo rischiavano di far pendere la bilancia verso le potenze terrestri, a tal proposito Mackinder asseriva:

“Nella passata generazione, l’impiego del vapore e l’apertura del Canale di Suez sembravano aver accresciuto la mobilità del potere marittimo di fronte a quello terrestre. Allora le ferrovie servivano principalmente ad alimentare i commerci oceanici. Ma, oggi, l’avvento delle linee ferroviarie transcontinentali sta mutando le condizioni del potere terrestre e non vi è altro luogo dove vi saranno maggiori effetti se non nei chiusi spazi del cuore dell’Eurasia, nelle cui vaste aree è il legno né la pietra erano disponibili per la costruzione di strade. Le ferrovie producono le loro più grandi meraviglie nella steppa, poiché vanno a sostituire la mobilità fornita dal cavallo e dal cammello, facendo qui saltare completamente lo stadio di sviluppo rappresentato dalla strada.” (1904).

Mackinder aveva notato sotto diversi aspetti l’inaccessibilità dell’Heartland: i suoi fiumi si gettavano nell’Oceano Artico; le distanze fra i porti liberi dai ghiacci erano enormi; solo il Mar Nero e il Mar Baltico offrivano delle vie di comunicazione per raggiungere, via acqua, le zone interne.

In effetti già la guerra russo-giaponese del 1905 aveva evidenziato l’importanza delle linea ferroviaria transiberiana per la movimentazione delle truppe e dei rifornimenti verso il remoto fronte estremo orientale.

 

Il crollo russo nel corso della Prima Guerra Mondiale era stato, tra l’altro, causato dall’impossibilità di garantire un flusso di rifornimenti da parte dell’Intesa. Tale blocco venne evitato nel corso del successivo conflitto garantendo tre costanti linee di rifornimento: quella dei convogli artici, quella dell’estremo oriente e quella dal Golfo Persico attraverso l’Iran.

 

A tale colossale flusso di materiali ed alla circostanza del trasferimento verso est, lungo la linea della ferrovia Transiberiana, dei complessi produttivi dalla Russia occidentale le potenze dell’Asse non poterono opporre un valido contrasto essendone obiettivamente impedite da una mancanza di mezzi strategici che potessero colpire con efficacia quella remota ma fondamentale area; ritorneremo su questo argomento nella descrizione del volo Roma Tokio.

 

UNA DINASTIA AEREONAUTICA

Se la Prima Guerra Mondiale aveva acclarato la validità bellica del mezzo aereo nelle tre fondamentali attitudini che troviamo sino ai giorni nostri (Caccia, bombardamento, ricognizione) il ventennio di “pace calda” (1919/1939) doveva costituire il trampolino per il lancio dell’aviazione civile che, nell’arco di pochi lustri, iniziò prima i collegamenti continentali per poi dare inizio a quelli transatlantici.

In Italia tale colossale processo di sviluppo tecnologico vide l’affermarsi delle costruzioni aereonautiche della Savoia Marchetti, con una linea di apparecchi idro e terrestri per impieghi civili e militari, che arriveranno alla conquista di prestigiosi primati ed a realizzare eccezionali imprese aereonautiche.

Se volgiamo l’attenzione alle progettazioni dell’ingegner Alessandro Marchetti troveremo un complesso di realizzazioni che dall’SM.73 del 1934 , trimotore a carrello fisso, giunge sino al quadrimotore a carrello retrattile SM.95 del 1943. Tra questi due estremi sono presenti una serie di macchine intermedie con crescenti caratteristiche di velocità, autonomia, capacità di carico. Questo progressivo sviluppo vede, quale controparte, un’essenziale unità progettuale consistente nella peculiare impostazione dell’ala trolongherone in un sol pezzo lignea e della fusoliera in traliccio di tubi d’acciaio, ricoperta in tela e compensato. Impostazione cui Marchetti si manterrà sempre fedele anche quando altri progettisti quali Gabrielli e Zappata opteranno per le più moderne strutture metalliche.

 

La costruzione in struttura mista presenta, tra l’altro, l’inconveniente di offrire una minore protezione degli apparati interni alla cellula rispetto una costruzione metallica; tanto porterà a disastrose conseguenze nel tentativo di utilizzo dei velivoli Savoia Marchetti nelle tratte di collegamento transalpino, che dovranno essere esercitate a mezzo di trimotori Junker Ju.52, aventi struttura interamente metallica.

Comunque l’aviazione italiana utilizzerà proficuamente, nell’arco di un decennio (1935/1944) oltre 4000 plurimotori terrestri costruiti con tale concezione.

Il Savoia Marchetti Sm.75 effettua il primo volo sul campo di Cameri (Novara) nel novembre 1937 (n/c. 32001, sigla civile I-TACO), pilotato dal collaudatore Alessandro Passaleva è propulso da tre motori Alfa Romeo 126 RC.34 eroganti 750 cv. a 3.400 metri, velocità massima 363 km/h, tangenza di 6.250 m., autonomia 1.720 km. Si tratta di un velivolo con cui l’Ala Littoria porta avanti i suoi piani di sviluppo per le rotte europee e per quelle africane.

Le potenzialità dell’apparecchio non sfuggono alla Regia Aereonautica che richiede alla Savoia Marchetti l’allestimento di un esemplare speciale destinato a voli-primato. E’ questo l’SM.75 n/c.32004 (I-TALO)che vede l’incremento del numero e della capacità dei serbatoi di carburante (18.000 litri) con un carico massimo al decollo di 22.070 kg, ben 9.070 kg superiore a quello ordinario di 13.000kg.!

Il 10 gennaio 1939 tale velivolo si aggiudica il primato mondiale di velocità sui 2.000 km. Con carico di 10.000 kg. Alla media di 330,976 km/h. Il 30 luglio 1939 lo stesso velivolo con alla guida i piloti Angelo Tondi, Roberto Dagasso e Ferruccio Vignoli, motorista Aldo Stagliano compie un eccezionale volo che si svolge sull’itinerario Fiumicino – Ascea (Capo Palinuro) – Antignano (Livorno). Decollato da Guidonia, sede del centro sperimentale della Regia Aereonautica, alle ore 5,00 del 30 luglio 1939, esso vi riatterra alle ore 14,35 del 1° agosto dopo aver percorso ben 12.935 km in 57 ore e 35 minuti.

La nomina a Capo di Stato Maggiore di Francesco Pricolo (31 ottobre 1939) termina la politica di corsa al primato, tanto cara al predecessore, per concentrarsi nelle ormai immanenti necessità belliche. Nonostante ciò e su diretto interessamento dei piloti presso il Capo del Governo viene accolta l’idea di un nuovo volo-primato per la conquista del record di volo in linea retta. Il 14 gennaio 1940 il SM.75 PD (Primato Distanza), equipaggio piloti Tenente Colonnello Tondi e Capitano Bertocco motorista Stagliano radiotelegrafista Fais, decolla regolarmente da Guidonia. Il volo procede regolare sino all’Isola del Sale a quote non eccedenti i 500 metri. A questo punto è purtroppo ricevuto un messaggio radio che segnala condizioni meteorologiche a carattere ciclonico (il famigerato “pozzo nero”) e ordina all’equipaggio di guadagnare i 5.000 metri di quota. Nel corso della salita per cattiva lubrificazione si fonde un cuscinetto nel compressore del motore sinistro che inizia ad emettere abbondante fumo e deve quindi essere spento. Da 3.800 metri l’aereo comincia a perdere quota velocemente anche perché l’equipaggio non può agire sul comando di scarico rapido (istallazione del tutto nuova sui nostri aerei) che è unico su tutti i serbatoi e non differenziato. Al fine di conservarne alcuni con l’indispensabile riserva di carburante, Stagliano provvede ad allentare alcuni raccordi delle tubazioni in modo che il carburante coli sul pavimento della carlinga e quindi fuoriesca dalla botola ventrale di accesso, tenuta semi-aperta. Tutto ciò avviene sul mare in tempesta a circa 700 miglia da Fernando de Noronha. Mentre Stagliano continua a destreggiarsi tra le varie tubazioni con i piedi a bagno nel carburante, Tondi apre il suo finestrino nella cabina di pilotaggio nella speranza di migliorarne l’aereazione: ma accentuandosi il fenomeno di aspirazione egli viene a trovarsi ancora maggiormente in mezzo alle esalazioni di benzina ed accusa i primi sintomi di intossicazione. Sceso ormai a 30 metri di quota, l’aereo continua la lotta per raggiungere l’isola brasiliana: per evitare la caduta e migliorare l’assetto di volo si tenta come ultima risorsa e con grave rischio di incendio di riavviare il motore compromesso. Dopo 32 ore e 47 minuti di volo, le ultime di eccezionale drammaticità, l’SM.75 PD posa miracolosamente le ruote sull’isola brasiliana: per il contributo dato nel risolvere la situazione, Stagliano riceve la Medaglia di Bronzo al Valore Aereonautico.

Il 10 giugno 1940 la stagione dei primati è definitivamente conclusa, anche per gli SM.75 si apre la porta della guerra. Una importante e delicata incombenza affidata a tali apparecchi è, tra l’altro, quella di espletare i collegamenti con l’Africa Orientale Italiana. Ciascuno di questi voli di collegamento può essere considerato da primato: Bengasi - Gura e Bengasi - Gondar distano 2.700-2.800 km., se poi si devono raggiungere località più meridionali, Addis Abeba e Gimma si sale a 3.200/3.300 km. Per questi voli si utilizzano SM.75 e 82; mentre i secondi sono preferibili per le superiori caratteristiche di carico.

Negli ultimi mesi di resistenza della sacca di Gondar si utilizzano esclusivamente gli SM.75, data la modestia dell’ aeroporto disponibile (l’SM.75 ha una corsa di decollo di 337m. e una d’atterraggio di 280; l’SM.82 rispettivamente di 450 e 300; si tenga inoltre conto che la località si trova a 2.210 m. di altitudine).

 

IL VOLO ROMA TOKIO: PREPARAZIONE E SVOLGIMENTO

Con l’entrata in guerra del Giappone (7 dicembre 1941) diviene concreta l’esigenza di collegamenti con quella lontana nazione. Già il 29 gennaio 1942 il Comandante Coop, per conto del Nucleo Comunicazioni delle Linee Aeree Transcontinentali Italiane (LATI), consegna una relazione in merito alla possibilità di questo collegamento da effettuarsi su tre eventuali rotte (una settentrionale e due meridionali) non appena saranno approntati i Fiat G12 GA (grande autonomia) con motori Alfa Romeo 128. Provvisoriamente si conta di effettuare un primo collegamento sperimentale impiegando un SM.75GA, con motori Alfa Romeo 128 RC.18 da 1.050 cv. al decollo, in corso di approntamento presso la Savoia Marchetti. L’eventualità di una linea tra l’Italia e il Giappone è illustrata direttamente al Capo del Governo da parte dell’Avv. Pullè, Direttore dell’Ufficio Legale della LATI, quando all’inizio del febbraio 1942 egli si reca da Mussolini per presentare le bozze di uno studio già condotto dal figlio Bruno. L’avv. Pullè, dopo aver fatto il punto sullo stato della compagnia, non nasconde le difficoltà del collegamento previsto ma lo presenta come il rilancio necessario della LATI che, pur nell’espansione di km.-volati ed aerei in carico, con la chiusura del settore sud americano è venuta a perdere il carattere connotante di società specializzata nei collegamenti a grande distanza. Mussolini si dimostra entusiasta del progetto che è anche appoggiato dallo Stato Maggiore della Regia Aereonautica. Il 26 febbraio 1942, l’argomento del volo Roma - Tokio è ripreso dal comandante Max Peroli in una lettera al segretario particolare di Mussolini circa l’impiego del Piaggio P.23R. le Autorità giapponesi sono portate a conoscenza del progetto attraverso la nostra Ambasciata a Tokio e tramite l’Addetto Militare Aereonautico accreditato a Roma, colonnello Moriakira Shimizu. I giapponesi dichiarano di annettere grande importanza alla realizzazione del volo sperimentale e della linea successiva, per motivi politici, e per avere un continuo canale di scambio di informazioni tecniche e militari con gli alleati europei. Progettato anche dai tedeschi, il collegamento con l’estremo oriente è da loro tenuto in sospeso per l’opposizione del maresciallo Göring che sostiene di non poter distogliere un solo aereo ed un solo equipaggio prima della conclusione vittoriosa dell’offensiva contro la Russia… sempre che si creda alle versioni ufficiali! Da parte italiana, pur con livelli tecnici ben inferiori, il programma è invece perseguito con regolarità sino alla sua reale attuazione.

Il 1° marzo 1942 si svolge una riunione tra il generale di S.A. Giuseppe Santoro, i generali D.A. Vincenzo Velardi ed Umberto Cappa, il gen. B.A. Simon Pietro Mattei, il col. Mario Porru-Locci per la scelta del pilota a cui affidare l’impegnativa missione che richiede lungo la “più corta” rotta settentrionale ben 10.000 km. di volo, di cui 6.200 senza scalo su territori nemici e con non prevedibili condizioni atmosferiche. La scelta è limitata tra quattro tenenti colonnelli piloti di grande capacità e preparazione. Nell’ordine sono prescelti Amedeo Paradisi, Antonio Moscatelli, Giorgio Rossi, Enrico Cigerza. Il 10 marzo, l’SM.75 GA MM.60537 è pronto al ritiro presso la Ditta. Il peso a vuoto del velivolo completo ma senza carburante è di kg. 11.200 con una previsione di peso massimo al decollo di kg. 22.000. la potenza al decollo con + 100 è di 3.150 cv., quella normale a quota zero cv. 2.490, quella ottimale a 1.800 metri cv. 2.640. a bordo è istallato un apparecchio radio con particolari caratteristiche per garantire i collegamenti su grandi distanze. I calcoli di consumo preparati da Armando Palanca sull’esperienza dei motori similari istallati a suo tempo sull’I-TALO del primato di distanza danno i seguenti parametri di volo: autonomia massima (senza carico) di 9.870 km. a quota di 3.800 m. e a velocità di crociera, 8.000 con carico utile di 140 kg., 7.000 km. con 1.100 kg, 6.000 km. con 2.100 kg., 5.000 percorribili nell’ipotesi di un carico utile di 3.300 kg. Dopo il primo collegamento previsto con l’SM.75 GA si conta d’impegnare il Piaggio P.23R del capitano Max Peroli per una seconda prova sperimentale. Il 15 marzo, Paradisi raduna l’equipaggio da lui selezionato e composto dal capitano pilota Publio Magini, sottotenente marconista Ezio Vaschetto, maresciallo motorista Vittorio Trovi: già il 17 marzo essi giungono alla Savoia Marchetti per ritirare l’SM.75 GA MM.60537. per il volo, Magini mette a punto un calcolo per il volo astronomico basato su un apposito goniometro mobile e su una mappa della volta celeste istallata sulla parete della cabina di pilotaggio, alle spalle del marconista. La preparazione della missione viene però interrotta dalla richiesta dell’esperimento di una missione speciale: il 9 maggio 1942, annuale della proclamazione dell’impero, il velivolo effettua un lancio di volantini tricolori con la scritta “ritorneremo” su l’Asmara. Alle ore 21,30 del 9 maggio l’SM.75Gatterra all’aeroporto di Ciampino, concludendo un volo senza scalo di eccezionale regolarità della durata di 28 ore. Purtroppo l’11 maggio, appena decollato da Ciampino alla volta di Guidonia (25 km.!)il velivolo ha la piantata improvvisa di tutti i propulsori e Paradisi è costretto ad un atterraggio di fortuna su un terreno accidentato, nei pressi di Frattocchie, il velivolo si incendia a partire dal motore sinistro e rimane completamente distrutto, mentre Paradisi rimane gravemente ferito, con la successiva amputazione di una gamba.

Il 23 maggio è il turno del P.23R guidato da Max Peroli che in atterraggio a Villanova D’Albenga imbarda per il forte vento laterale e rimane distrutto. E’ comunque improbabile che questo velivolo avesse la possibilità di compiere la trasvolata per i costanti problemi di surriscaldamento presentati dai motori.

Il tenente colonnello Antonio Moscatelli forma così un proprio equipaggio con i capitani pilota Mario Curto e Publio Magini, il sottotenente radio-aereologista Ernesto Mazzotti, il maresciallo motorista Ernesto Leone.

Il 17 maggio 1942 il generale Mario Bernasconi ha già sollecitato la Savoia Marchetti affinché sia accelerato il completamento del secondo SM75GA MM.60539, come il precedente definito “SM.75RT (Roma - Tokio)”. Anche questo velivolo deve avere carburatori tarati sulla curva di minimo consumo specifico, eliche Idrovaria S.53 con impianto antighiaccio, sestante tipo Platt. Il 24 maggio è ordinata la realizzazione di un terzo SM.75RT (sarà la MM.60543).

Il 12 giugno essendo pronta la MM.60539è ordinato a Moscatelli di effettuarne il prelievo ed il volo di rodaggio sulla linea Roma – Siviglia – Lisbona.

Il giorno precedente il colonnello Shimizu ha intanto posto le prime difficoltà al generale Giuseppe Casero, Capo di Gabinetto del Sottosegretario all’Aereonautica, chiedendo che sul velivolo non sia portato assolutamente alcun elemento che lo riveli diretto in Giappone, questo perché una discesa forzata dell’aereo su territorio sovietico non abbia a guastare le relazioni tra Giappone e Urss legate da quel patto di neutralità del 13 aprile 1941 che durerà fino all’8 agosto 1945. Per tutto il mese di giugno 1942 continua la preparazione del volo con particolare riguardo ai problemi dell’assistenza radio, delle previsioni meteorologiche, dei rilevamenti radio-gonometrici. Molto delicata è la scelta e l’impiego dei cifrari per le comunicazioni tra il velivolo e la rete di assistenza a terra a causa del lungo sorvolo di territori nemici. Per le comunicazioni a carattere meteorologico si adotta un nuovo cifrario GALA basato sul dizionario italiano-inglese Edito dalla Bietti nel 1934, mentre i giapponesi insistono (ma non ottengono) di essere portati a conoscenza del nuovo cifrario “Centauro”. Per la difesa individuale sono presenti a bordo dell’aereo due fucili mitragliatori Beretta mod.38/A con 1.000 colpi ciascuno, ottenuti in prestito dalla Polizia Africa Italiana (PAI). Intanto a Saporoshje il Comando Aereonautica del Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR) a concentrare 12.000 litri di nostro carburante e 3.500 litri di benzina etilizzata rumena a 87 ottani, le cui campionature sono inviate in aereo a Roma perché ne sia verificata la compatibilità con le caratteristiche dei motori Alfa Romeo 128. A fronte delle sollecitazioni italiane di una reclamizzazione successiva al felice esito del collegamento, i giapponesi continuano a rispondere chiedendo massima segretezza del volo e assenza a bordo dell’aereo di elementi che rivelino la sua destinazione. Su richiesta giapponese, il 26 giugno è addirittura rinviata la partenza perché la fase di luna piena perché il sorvolo notturno dei territori sovietici. Il 27 giugno, il Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano comunica con rammarico al Ministero dell’Aereonautica che salta anche un’ultima ipotesi di “carico trasportabile”. Si tratta di Chandra Bose, già sindaco di Calcutta, imprigionato dagli inglesi 11 volte, quindi presidente del Congresso indiano e massimo esponente della destra ultranazionalista. Nuovamente arrestato e poi fuggito in Germania nel 1941, dalle stazioni radio tedesche ha incitato gli indiani alla rivolta armata contro gl’inglesi. Bose vuole essere a tutti i costi sul velivolo in modo di giungere in Giappone e da lì trasferirsi in Birmania per dirigere personalmente l’azione insurrezionale: ma i giapponesi non avvallano il suo imbarco sull’SM.75 RT. Il 28 giugno, l’Addetto Aereonautico Italiano a Tokio, magg. Federici, comunica che i giapponesi hanno rilevato forti disturbi e false trasmissioni effettuate dai russi sulle onde radio normalmente utilizzate tra Tokio e Roma. Questo fa ritenere che il programma e la data del volo siano trapelati, in Italia o in Giappone, oppure a Pekino e Shangai ove sono state predisposte misure di assistenza al volo.

Finalmente alle ore 5,26 del 29 giugno 1942, l’equipaggio di Moscatelli decolla da Guidonia… confortato da una assicurazione di Lire 76.000, per metà versata dalla Savoia Marchetti: alle ore 14,10 dopo 2.030 km. di volo, l’SM75 RT atterra felicemente a Saporoshje. Solo in questo primo tratto è presente a bordo Armando Palanca che ha pianificato tutti i problemi di consumo inerenti al volo. A Saporoshje è già presente Marcello Tomassi, capo del servizio radio del nucleo LATI, che deve coordinare a terra tutta la rete di assistenza radio predisposta in appoggio al velivolo.

Alle ore 20,06 del 30 giugno 1942 l’SM75 RT, al peso totale di 21.500 kg. (il carico massimo della versione civile è di 13.000 kg., della versione militare 15.550/17.500) stacca il carrello dalla pista dell’aeroporto di Saporoshje, dopo una corsa di circa 700 metri (il normale spazio di decollo è di 337 metri), il volo sull’Heartland è iniziato.

Per la citata opposizione giapponese l’aereo non sfrutta in alcun modo la possibilità di caricare 140 kg.: niente materiali, nessuna documentazione a carattere militare o tecnico, nemmeno un documento ufficiale scritto in quanto l’equipaggio troverà a Tokio, mandato via radio, il messaggio personale di Ciano da leggere al Primo Ministro e Ministro della Guerra Hideki Tojo.

Il sorvolo delle linee russe si rivela pericoloso in quanto l’apparecchio viene fatto è fatto segno a intenso ma impreciso fuoco antiaereo, nei pressi di Voroscilovgrad incrocia un aereo nemico, è cercato dai riflettori fin oltre il Volga. L’equipaggio, in silenzio radio per le prime dieci ore di volo, riporta la sensazione che il nemico sia al corrente dell’orario di partenza e della rotta dell’SM75 RT. Per oltre 1.000 km. oltre Stalino sono sorvolate città e nuclei industriali illuminati e facilmente bombardabili.

E’ palese che se i sovietici hanno rinunciato a qualsiasi misura d’oscuramento è perche non vi è rischio alcuno di bombardamenti a lungo raggio. Non si tratta solo di mancanza di mezzi; di 1.146 Heinkel He.177 Greif prodotti… sembra ne siano stati utilizzati un paio di centinaia. Non basta possedere un mezzo bellico, bisogna disporre anzitutto di una dottrina d’impiego e di uomini in grado di utilizzarlo.

L’SM75 RT procede comunque nel suo volo: la rotta continua regolare sulla costa nord del Mar Caspio, lago d’Aral, lago Balkash, monti Tarbagatai, deserto del Gobi. Le condizioni meteorologiche sono tranquille per buona parte del volo e solo sul Gobi si incontra atmosfera molto agitata con tempeste di sabbia fino a 3.000 metri di quota. La cartografia utilizzata per il volo rivela varie inesattezze quali catene montane localizzate erroneamente e rilievi montuosi, anche importanti, non citati. Il volo continua con regolarità e l’aereo si comporta ottimamente anche nel tempo cattivo: motori, eliche, strumentazione, autopilota, rispondono in pieno alle previsioni. Alle ore 17,20 del 1° luglio (6.00 km. percorsi in 21 ore e 14’) l’SM75 RT atterra felicemente a Pao-tow-chen ove un generale dell’aviazione nipponica dà il benvenuto insieme a due ufficiali italiani (il tenente di vascello Roberto De Leonardis ed il capitano Enrico Rossi) dal 17 giugno trasferiti da Tokio in questa località per coordinare l’assistenza da parte nipponica. Con partenza verso le ore 7 del 3 luglio sono percorsi gli ultimi 2.700 km. lungo la rotta Pekino - Dairen - Seul - Yonago - Tokyo che è raggiunta alle ore 17,04. L’aereo, che nell’ultimo scalo ha adottato per esigenze di riconoscimento le insegne dell’aviazione nipponica, trasporta anche un capitano pilota giapponese ed il capitano Rossi in funzione d’interprete. All’atterraggio a Tokyo sono presenti l’ambasciatore Indelli, i nostri Addetti militari, numerosi ufficiali giapponesi.

Nei giorni successivi, mentre l’equipaggio è impegnato in visite a complessi militari, conferenze, ricevimenti, giri turistici, Ciano (tramite l’Ambasciatore) e Casero (tramite Addetto Aereonautico) tentano nuovamente di convincere il Ministro Tojo a rendere noto il volo anche perché la presenza a Tokio del nostro equipaggio non può essere passata inosservata al Personale dell’ambasciata sovietica e l’aereo può essere giunto in estremo oriente anche per una rotta meridionale sorvolante l’Egitto, l’Afghanistan, l’India. Di fronte a nuovi rifiuti, il maggiore Federici ritiene che i giapponesi vogliano pubblicizzare questi voli solo quando siano in grado di gestirli in reciprocità, per evidenti motivi di prestigio di fronte al mondo orientale. L’11 luglio la risposta scritta ufficiale da parte di Tojo è negativa, ma come misura temporanea, cioè fino a quando non sia attuato un collegamento periodico sulla rotta meridionale, con scalo a Rangoon, nell’attuale Merymar (Birmania). Per questa ragione il maggiore Federici suggerisce in un cifrato radiotrasmesso a Roma di scavalcare le riserve degli alleati, attraverso un comunicato, magari da far comparire sulla stampa svizzera, come notizia circolata a Pekino o Shangai.

In mezzo a tanta prudenza, il Governo giapponese ha comunque avanzato richiesta (10 luglio) affinché nel volo di ritorno dell’SM.75 RT sia presenta a bordo un suo ufficiale pilota. Il Governo italiano risponde sottolineando le difficoltà di decollo in sovraccarico da Pao-tow-chen e richiamando i rischi di sorvolo del territorio sovietico: in effetti la proposta è fatta cadere bruscamente dalle stesse Autorità nipponiche. In un secondo momento Federici appura che la richiesta è stata osteggiata dall’Ufficio Politico del Ministero della guerra giapponese e caldeggiata dagli enti tecnici dello Stato Maggiore e dell’Ispettorato dell’Aviazione giapponese, nell’evidente intento di raccogliere elementi di esperienza diretta sull’impegnativo volo. In contatti tra l’8 e il 10 luglio è anche esclusa l’eventualità di un ritorno lungo la rotta sud (isola di Formosa, isole Andamane ecc…) in quanto essa richiede una tappa di 7.500 km. e comporta il sorvolo dell’India settentrionale, fortemente presidiata dal nemico. Il 15 luglio è deciso definitivamente che l’aereo tornerà in Italia vuoto (parimenti al volo di andata) in quanto gli stessi doni giapponesi (tre spade di onore rispettivamente per Mussolini, per il Capo Stato Maggiore Regia Aereonautica Rino Corso Fougier, per il comandante del velivolo tenente colonnello Antonio Moscatelli) restano depositati presso la nostra Ambasciata a Tokyo: di corrieri per l’Italia o la Germania, di documenti o messaggi,, nemmeno a parlarne. Alle ore 5,20 del 16 luglio 1942, l’SM.75 RT decolla da Tokyo e giunge nuovamente a Pao-tow-chen per le ore 15,40 locali: qui sono cancellate le insegne giapponesi e l’aereo è preparato per il nuovo grande balzo. Il decollo si rivela molto laborioso per il peso totale (21.000 kg.) e per le caratteristiche dell’aeroporto (1.300 metri di pista ma a quota di 1.020 metri e con temperature di circa 25°). Partito alle ore 21,45 (tempo medio di Greenwich) del 18 luglio, l’SM75 RT atterra a Odessa alle ore 2,10 (TMG) del 20 luglio. Sul deserto del Gobi si incontra cielo parzialmente coperto e pioggia; come nel volo di andata i monti Tarbagatai sono attraversati passando nelle valli. Tra i laghi Balkash ed Aral si incontrano cumoli sparsi e sul mar Caspio un fronte freddo che causa formazioni di ghiaccio non gravi. Per cause ignote l’ultima parte del volo viene a mancare dei collegamenti radio ed è impossibile radiogonometrare sul radio faro di Stalino, per cui l’aereo, in volo notturno, nonostante le perfette rilevazioni astronomiche effettuate da Magini, ha non poche difficoltà per posare felicemente le ruote a Odessa, dopo 6.350 km. di volo. Il velivolo decolla da questo aeroporto alle ore 11 dello stesso 20 luglio e giunge a Guidonia alle ore 17,50 ove Mussolini è ad attendere la conclusione del volo. Moscatelli e Magini hanno avanzamento di grado per meriti di guerra, Curto la medaglia d’argento al Valor militare sul campo, Mazzotti la medaglia di bronzo, Leone la promozione a sottotenente motorista per meriti di guerra.

 

IL VOLO ROMA TOKIO SVILUPPI SUCCESSIVI

Un’impresa così impegnativa quanto fortunata ha rappresentato due viaggi a vuoto, permettendo solo di raccogliere un’esperienza diretta in funzione della programmata linea che, per volontà giapponese, deve comunque essere condotta su rotta differente ossia non su territorio sovietico. Da un punto di vista tecnico l’equipaggio formula alcune raccomandazioni quali la possibilità di navigare a quote di 6.000 metri (al 70% del peso di decollo), Cabina riscaldata in luogo delle tute individuali che non hanno dato buona prova, dispositivo antighiaccio per i bordi d’attacco dell’ala e dei piani di coda, ulteriore potenziamento delle istallazioni per il calcolo astronomico ecc.

Circa i carichi trasportabili, è fatto esplicito riferimento di prelevare in Giappone importanti materiali strategici per la nostra industria aereonautica. Ma prima di pensare ad un secondo collegamento (programmato sempre con SM.75 RT per la seconda metà d’agosto) rimane aperta la spinosa questione della propaganda al volo che i giapponesi continuano a negare e che le Autorità governative ed aereonautiche italiane vogliono invece attuare per impressionare l’opinione pubblica interna ed internazionale. Intanto il 20 luglio il nostro Addetto Aereonautico a Lisbona riceve istruzioni perché “semini” informazioni sballate sul volo (velocità esagerata, unica tappa, velivolo quadrimotore) fino a farle giungere a qualche informatore straniero o agenzia di stampa, possibilmente di Paese neutrale: su questa prima fase verrebbero poi formulate smentite e precisazioni. In effetti la notizia giunge all’agenzia della United Press di Lisbona il 23 luglio, esitando questa a renderla nota, sembra necessario cercare altri canali come la stampa della neutrale Svizzera. Questo disegno è interrotto da un giornale romano del 25 luglio 1942 che annuncia il lungo volo Roma – Tokio, condotto al disopra di “territori occupati dagli inglesi”. Il 26 luglio, Ciano comunica alle Autorità giapponesi che la notizia è stata pubblicata in quanto, avuto sentore della sua comparsa sulla stampa svizzera, non si poteva ammettere che questa fosse la prima ad annunciarla all’opinione pubblica anticipando la stampa italiana. Il 1° agosto 1942 Federici comunica da Tokio che i giapponesi chiedono l’abolizione di ogni ipotesi di rotta settentrionale (cioè su territorio sovietico) per il secondo volo R – T da condurre in agosto avanzato e che insistono nuovamente per la sua segretezza. Ovviamente lo studio e la preparazione di una rotta meridionale fanno saltare la possibilità di effettuare il secondo volo in agosto, appena consegnato l’SM.75 RT MM.60543.

 

IL FIAT G.12 RT

Abbiamo già accennato come l’SM.75 venga considerato, per i collegamenti Roma – Tokio quale velivolo di transizione, in attesa dell’approntamento di una macchina di superiori caratteristiche quale il Fiat G.12. esaminiamo dunque la genesi e i criteri progettuali di questo velivolo.

Il prototipo vola la prima volta il 14 ottobre 1940 sul campo dell’Aeritalia a Torino, ai comandi del collaudatore Enrico Rolandi. Si tratta di un bel velivolo interamente metallico, con un complesso alare di forte allungamento (m. 28,60) e superficie (mq. 113,50) quindi idoneo al volo in alta quota per il basso carico alare. La realizzazione si postula come alternativa al tedesco Junkers Ju.52 sulle rotte di attraversamento alpino, premesso quanto detto sul tentativo d’impiego di velivoli Savoia Marchetti. La cellula è propulsa da tre Fiat A.74 RC.42 aventi erogazione unitaria di 770 cv; si tratta di un’onesta unità motrice utilizzata anche per i caccia monoplani a carrello retrattile della ”Serie 0”; similmente al Macchi C.200, al fine di ridurre l’ingombro frontale, la cappottatura motore è bugnata. Il previsto impiego civile sarà compiuto nel dopoguerra, i 104 esemplari prodotti in buona parte si sacrificheranno sulle rotte di collegamento per il nord Africa, sino alla capitolazione di quel fronte.

Già il n/c.8 MM.60656 (I-FUGI) è indicato come G.12 GA “tipo Gondar”, in quanto previsto per i voli di collegamento con la remota piazzaforte dell’Africa Orientale Italiana. In tale allestimento l’autonomia ascende a percorrenze nell’ordine dei 4.500 km. garantita da 18 serbatoi distribuita tra ala e fusoliera per complessivi 7.590 litri di carburante. Tale autonomia garantirebbe, peraltro, la completa autonomia del velivolo che non dovrebbe rifornirsi in loco. La capitolazione di Gondar (novembre 1941) annulla tale incombenza.

All’inizio di agosto il comandante Moscatelli effettua prove di volo sul G.12 riportandone una impressione assai favorevole. Egli lo considera un buon velivolo, senza particolari difetti, solo con lieve tendenza ad imbardare in decollo ed eccessiva durezza del timone di direzione che per evidenza ha necessità di maggiore compensazione, con un sovraccarico di 3.000 kg. Il velivolo decolla in 525 m. (con il + 100) e di 630 m. (senza sovralimentazione), ottima maneggevolezza, comandi pronti, buona stabilità, comportamento normale in linea di volo, mantiene la quota di 2.000 m. con due soli propulsori in funzione. Il carrello è di grande robustezza ma eccessivo è il tempo di retrazione, da potenziare i dispositivi antighiaccio. E’ opportuna una versione del velivolo con motori Alfa Romeo dotati del + 200 da utilizzare in decollo o come riserva di potenza in volo. Superiore quota di volo rispetto ai velivoli Savoia Marchetti, indifferenza alla permanenza all’aperto, alle variazioni di temperatura alle avversità atmosferiche rispetto a velivoli rivestiti in compensato e tela. Le possibilità di carico sono di poco inferiori al pur ottimo SM.82. Sulla base di tali premesse si ritiene che proprio una speciale versione del G.12 sia la più adatta a svolgere servizi regolari con l’estremo oriente. Il 29 gennaio 1942 il comandante Coop considera necessario l’approntamento di 4 G.12 RT per poter garantire una linea quindicinale, da aumentare a 6 nell’ipotesi di un servizio più frequente. Se si riuscisse ad approntare gli aerei in 4 mesi, il servizio potrebbe iniziare nella stagione estiva, dopo aver predisposto motori e materiali di ricambio anche allo scalo terminale mediante l’invio di una nave corsara. E’ necessario trasferire piccole aliquote di personale sugli aeroporti di Odessa e Pao-tow-chen che debbono anche essere muniti di radiogoniometri a onde corte, elemento essenziale per il regolare svolgimento della tappa di lunghezza massima. L’approntamento dei G.12 RT rimane comunque una misura temporanea che impiega un apparecchio già disponibile in attesa della disponibilità di apparecchi con capacità ancora maggiori: quale l’esamotore Piaggio P.127 che consentirebbe autonomie di 7.400 km. a 450 km/h e 8.000 metri di quota con carico pagante di 3.500 kg. Questi studi, progettazioni ed esperienze non riguardano, come evidente, solo contingenze belliche ma prefigurano i successivi collegamenti postbellici transcontinentali, con la circostanza che ad effettuarli saranno velivoli delle nazioni vincitrici il conflitto.

 

La perdita del primo SM.75RT accelera l’approntamento del similare G.12: al suo pilotaggio sono destinati il tenente colonnello Enrico Cigerza ed il capitano Pietro De Petris. Il 24 maggio 1942 Bernasconi dispone l’allestimento di un secondo esemplare con maggior carico di carburante (l’autonomia sale a 9.000 km.) e carrello irrobustito.

 

Il primo G.12 n/c.23 MM.61277 è approntato con carrello principale e ruotino di coda rinforzati, ammortizzatori tipo Borrani a corsa maggiorata, impennaggio verticale di nuovo disegno con altezza diminuita di 30 cm., radiogoniometro P.63N, autopilota Sperry-Salmoiraghi, lunghezza totale della fusoliera maggiorata di 42 cm. Per migliorare la stabilità. Le modifiche più importanti sono l’istallazione dei motori Alfa Romeo 128 R.C.18 e la capacità di carburante di 11.410 l. (8330 kg.) in ben 27 serbatoi (15 dei quali disposti in fusoliera). Il peso a vuoto dell’aereo completo, non verniciato, risulta di 9.429 kg. E si prevede quello a pieno carico di 21.050 kg. Il 4 agosto 1942 la MM. 61277 compie il primo volo di prova mentre si forma l’equipaggio militare destinato al suo impiego con il tenente colonnello Cigerza, il capitano De Petris e Guidantonio Ferrari, il maresciallo motorista Silvio Rivera, il maresciallo motorista Gino Gianni.

Questo personale svolge a Torino, sull’aeroporto della Ditta costruttrice, l’impegnativa preparazione al nuovo collegamento. Sono effettuati in particolare rilevamenti dei consumi di carburante con la collaborazione di Armando Palanca, il nostro tecnico più preparato su questi problemi, messa a punto delle dotazioni strumentali per il volo senza visibilità da parte di Guidantonio Ferrari, già pioniere di questa tecnica in Italia, prove di decollo a carichi sempre crescenti. A tal fine l’aereo è zavorrato progressivamente con conseguente arretramento della corda media alare. L’ingegner Gabrielli segue con particolare trepidazione questo punto tanto che nel giorno della prova di decollo a carico massimo… non assiste in aeroporto, come è sua consuetudine, alle modalità di svolgimento. Il G.12 RT del ten. Col. Cigerza decolla con un assetto ai limiti del compatibile ma alla fine anche questa drammatica prova è conclusa felicemente. Dopo la positiva prova compiuta dal SM.75 RT, approntamento di un nuovo tipo di aereo per i collegamenti tra Roma e Tokio va considerato un errore in relazione alle modeste risorse aereonautiche causate dallo stato di guerra: per il G.12 RT si è dovuta compiere una preparazione con un dispendio di materiali, carburante, lavoro di maestranze che è facile intuire.

 

Il 1° agosto l’Addetto aereonautico italiano a Tokio maggiore Federici comunica che il governo giapponese nega una prosecuzione dei collegamenti sperimentali sulla rotta nord, ad evitare sorvoli sul territorio sovietico, e pretende invece l’esecuzione di una rotta meridionale che comporta una percorrenza aumentata a 13.200 km. (passando per Rodi) o a 14.100 km. (Passando per l’oasi libica di Gialo) con incremento della massima tappa senza scalo che diventa di circa 7.000 km. (Rodi - Rangoon). In questo caso si vola a sud della Bulgaria, a nord della Turchia, a sud del Caucaso, si taglia il mar Caspio, l’Iran nord orientale e l’Afghanistan centrale, si passa a sud dell’Himalaya, sul golfo del Bengala e si giunge finalmente all’estremità meridionale della Birmania. Il collegamento è più impegnativo non solo a causa delle percorrenze maggiori ma anche perché il cielo indiano, come detto in precedenza, è fortemente presidiato da aliquote della RAF. Lo scalo di Rangoon deve essere ancora attrezzato con radio goniometro e stazione radio adeguate. Il 12 agosto Federici invia un messaggio radio cifrato per comunicare che sono in corso riunioni per la definizione della rotta meridionale, pur avendo la sensazione che i giapponesi sono ancora indietro nell’approntamento di un loro velivolo atto a simili collegamenti. Il 26 agosto egli comunica che il nostro volo può essere effettuato già nell’ultima decade di settembre ma che per le avverse condizioni metereologi che previste in quel periodo è bene programmarlo per ottobre.

Da parte italiana è riproposto il trasporto di Chandra Bose, quale passeggero. Bose chiede di rinunciare al suo bagaglio pur di portare uno dei suoi collaboratori. Il 24 settembre Federici comunica che il G.12 RT deve ricevere allo scalo di Rangoon le insegne militari giapponesi. Anche nell’ottobre continua la trasmissione di dati su aeroporti, lunghezza delle piste, condizioni meteorologiche. Ma il problema più grave rimane l’istallazione del radio faro a onde medie sull’aeroporto di Rangoon. L’11 novembre Federici comunica che i giapponesi contano di non poterlo istallare prima di 4-5 mesi, per cui il 13 novembre il generale Casero risponde ricordando che tale istallazione è assolutamente necessaria al compimento del volo. Per queste cause è sospesa la preparazione del volo ed il 17 novembre 1942 l’equipaggio si scioglie con il ritorno dei suoi componenti ai reparti di provenienza. Nel corso di una visita al Ministero della Guerra giapponese, il 10 dicembre 1942 è detto bruscamente al maggiore Federici che si ritiene che la Regia Aereonautica abbia più gravi problemi da affrontare in Africa che non la preparazione del volo per Tokio: i giapponesi annunciano di voler sospendere a tempo indeterminato l’istallazione del radio faro di Rangoon.

 

Negli stessi giorni il tenente colonnello Cigerza inizia con il G.12 RT MM.61277, utilizzato quale aerocisterna ed inquadrato nel nucleo comunicazioni LATI, il trasporto notturno di carburante tra Castelvetrano e Tripoli. La fine del velivolo avviene il 13 maggio 1943: essendo inefficiente la centralina per l’approvvigionamento idrico di Pantelleria, il comandante Rino D’Este inizia voli con tale aereo dall’aeroporto siciliano di Finocchiara trasportando cassette d’acqua minerale e medicinali. Alla prima missione notturna viene disposta sul campo una fila di lampade a petrolio senza alcuna preventiva segnalazione di tenerle a destra o a sinistra del G.12 in atterraggio: il comandante con posto di pilotaggio a sinistra, ritiene di doverle percorrere avendole su tale lato. Di differente parere gli organizzatori dell’improvvisata catenaria per cui l’aereo entra nel cratere di una bomba da 1.000 kg. E ne esce indenne ma… senza carrello. Il danno a Pantelleria è irrimediabile e l’aereo vien fatto saltare con alcune cariche esplosive prima della capitolazione dell’isola.

 

Il volo Roma – Tokio ha ispirato anche Folco Quilici che, alcuni anni fa, sul tema di un ipotetico volo compiuto su tale rotta nel 1945 ha scritto il romanzo “La Fenice del Baikal”.

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Sulla geopolitica seguii un interessantissimo corso universitario nell'ambito dell'insegnamento di Storia delle dottrine politiche: il corso era incentrato sui termini illustrati da Galland ed aveva come testo di riferimento un testo del generale italiano Carlo jean, inntitolato appunto Geopolitica, della Laterza (se non erro).

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Ospite galland
Sulla geopolitica seguii un interessantissimo corso universitario nell'ambito dell'insegnamento di Storia delle dottrine politiche: il corso era incentrato sui termini illustrati da Galland ed aveva come testo di riferimento un testo del generale italiano Carlo jean, inntitolato appunto Geopolitica, della Laterza (se non erro).

Il libro di Carlo Jean cui ti riferisci è edito da Laterza, che lo ha ristampato più volte.

Per quanto riguarda il mio lavoro mi sono avvalso del “Dizionario di geopolitica” a cura di John O’Luoghlin Trieste Asteiros Editore 2000.

Si tratta di un’opera di prim’ordine: consta di 226 voci ordinate alfabeticamente, con un indice bibliografico di 600 volumi, gli undici curatori sono, in prevalenza professori universitari d’ area anglofona.

Mi permetto di dire che non dovrebbe mancare sullo scaffale di uno storico o geopolitico.

Indirizzi:

Asteiros editore srl Via Pigafetta, 1 34148 Trieste

Tel. 040/811286 – fax 040/825455

e-mail: asteiros.editore@asteiros.it

www.asteiros.it

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