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Accordo sul Clima


typhoon

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solita figuraccia all'italiana, la UE tutta d'accordo eccetto qualche paese dell'est europeo entrato da poco noi no, la Marcegaglia non vuole

 

facciamo sempre più ridere

 

Ecco perché la posizione italiana sul clima ha fatto infuriare i partner europei

Violato da Berlusconi un dogma dell'Ue rischiando anche di ottenere condizioni più svantaggiose

E il Cavaliere disse ai premier europei

"L'accordo non mi piace, l'ha firmato Prodi"

http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni...clima.html

BRUXELLES - "Questo accordo non mi sta bene. Del resto non sono stato io a firmarlo ma il mio predecessore, Romano Prodi". La frase pronunciata da Silvio Berlusconi al vertice dei capi di governo mercoledì scorso per giustificare l'opposizione dell'Italia al pacchetto sulla riduzione delle emissioni tossiche proposto dall'Unione europea, ha fatto infuriare non pochi dei suoi interlocutori. Per tre motivi.

 

Il primo è che viola uno dei dogmi europei, cioè che ogni governo si fa carico delle decisioni prese dal governo precedente. Non essendoci guerre o rivoluzioni ma un normale avvicendamento democratico, in Europa si dà per scontato il principio della continuità statuale.

 

Il nostro Premier Silvio Berlusconi ha perso un’altra occasione per dimostrare un pò di attenzione all’ecologia da parte del suo Governo. Al summit sul clima tenutosi a Bruxelles nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio italiano era in prima fila tra quei leader che si sono opposti all’obiettivo del 20-20-20 imposto dall’Unione Europea già dall’anno scorso.

L’obiettivo del 20-20-20 significa ridurre del 20% le emissioni di CO2 entro il 2020 e contemporaneamente potenziare l’utilizzo delle energie rinnovabili fino al 20% del fabbisogno nazionale (più un 10% della quota del biocarburante).La maggior parte dei 27 leaders europei è ancora d’accordo con questa normativa, capeggiati dal Presidente francesce Sarkozy, ma il fatto di non aver raggiunto ancora un accordo unitario su un programma da iniziare già nel Dicembre prossimo comporta più di una preoccupazione. Secondo Berlusconi infatti la crisi finanziaria che ha colpito il mondo in questi giorni deve far rivedere gli obiettivi ambientalistici, che passerebbero in secondo piano davanti alle ragioni dell’Economia. Non si possono limitare le aziende europee nei metodi di produzione che dovrebbero ridimensionare l’inquinamento, ma anche i costi di produzione, che si alzerebbero troppo, e peserebbero eccessivamente sulle tasche degli imprenditori. Peccato che anche Stati Uniti e Cina, le due nazioni più inquinanti del mondo, stanno cominciando a prendere provvedimenti per ridurre le emissioni. La preoccupazione di Sarkozy è riassunta nella frase:

 

“è inaccettabile rivedere gli obiettivi fissati dalla Ue contro il cambiamento climatico e va trovata una soluzione prima di gennaio [...] credo che abbiamo una responsabilità storica che non si può rinviare a domani”..........

articolo completo

Modificato da Leviathan
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Più approfondisco la questione cambiamenti climatici e più sono scettico sull'utilità del Protocollo di Kyoto e di tutte queste manovre, sia per l'effettiva efficacia, sia perché non c'è un plebiscito nel mondo scientifico - mi riferisco a quello competente, quindi veri e propri climatologi - sulla responsabilità degli eventuali cambiamenti climatici da parte dell'uomo, a differenza da quello che presentano spesso grossolanamente i media; nel frattempo mi piacerebbe che qualcuno illustrasse i provvedimenti che intende prendere la Cina, p.e., senza i quali i nostri interventi rischiano di essere ridicoli nella sostanza.

 

EDIT: sull'argomento "riscaldamento globale" c'era il topic: http://www.aereimilitari.org/forum/index.p...amento+globale; ma forse in questo topic si vuole dare più rilevanza all'aspetto politico della questione, ammesso che le due cose siano scindibili

Modificato da lender
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A pensare male si fa peccato ma .... io credo che a tale contrarietà non vi siano motivi scientifici, ma la volontà di fare risparmiare alle aziende i soldi per adeguare gli impianti. Dicono che:

 

i costi del piano per combattere il cambiamento climatico incideranno negativamente sull'industrie del Paese, già in difficoltà a causa della scarsa competitività.

 

Se non sono competitive è colpa delle aziende stesse che non investono e di tutto un sistema che non funziona ... insomma qualcuno vuole fare il furbo ...

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Posso dire solo una cosa: se questo governo esce da Kyoto e da questi trattati europei ambientalisti gli faccio un monumento.

Sono solo fumo negli occhi che avrà come risultato nessun miglioramento dei problemi ambientali con, però, l'indebolimento dei paesi più ricchi nei confronti dei paesi in via di sviluppo che, da trattato, possono continuare ad inquinare quanto vogliono.

In un momento di crisi come questo non ce lo possiamo permettere, e, a mio parere, non ce lo potremmo permettere già se la situazione fosse normale.

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In effetti l'inquinamento prodotto dall'Occidente è poca cosa se confrontato a quello prodotto dalla sola Cina... Se poi aggiungiamo l'India ci rendiamo conto che senza la partecipazione di questi ultimi il Proticollo di Kyoto è inutile...

 

Non credo che dovremmo continuare a produrre inquinanti come se niente fosse, andrebbe contro i nostri stessi principi non rispettare il mondo che ci ospita, ma sono tutti provvedimenti che possiamo prendere quando le finanze ce lo permettono, non in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo.

 

L'Italia di certo non fa una bella figura però... Gli altri big d'Europa non si sono lamentati che la loro industria non sarebbe più competitiva. Il loro sistema è così forte da assorbire sia la crisi che i "dazi sull'inquinamento". Noi, invece, non riusciamo ad adeguarci... Da ultima nazione dell'Europa di serie A stiamo diventando i primi dell'Europa di Serie B.

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invece sono utili in quanto anche quel poco che si può fare va fatto...

 

non so se vi rendete conto che buona parte delle nostre città va sott'acqua con gli innalzamenti del mare, che le pioggie acide e il buco dell'ozono non sono cose naturali, al quale l'uomo incide in minima parte

 

Comunque ricordiamoci cosa è Kyoto:

http://it.wikipedia.org/wiki/Protocollo_di_Kyōto

 

la ue ha detto che a noi italiani sopratutto conviene questo nuvo trattato UE, per via degli investimenti e non capisce come mai tante storie...

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non so se vi rendete conto che buona parte delle nostre città va sott'acqua con gli innalzamenti del mare, che le pioggie acide e il buco dell'ozono non sono cose naturali, al quale l'uomo incide in minima parte

 

Piogge acide e buco dell'ozono qui non c'entrano niente, stiamo parlando di effetto serra e le sue correlazioni con il global warming.

Comunque penso che a queste cavolate catastrofiste ci crede solo Tozzi nei momenti di depressione...

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Indipendentemente dal fatto che le emissioni di CO2 abbiano effetti sul clima, ridurre le emissioni di inquinanti non farebbe oggettivamente bene alla salute? ... il procollo di Kyoto non parla solo di anidride carbonica

Modificato da typhoon
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Indipendentemente dal fatto che le emissioni di CO2 abbiano effetti sul clima, ridurre le emissioni di inquinanti non farebbe oggettivamente bene alla salute? ... il procollo di Kyoto non parla solo di anidride carbonica

 

 

Si parla di gas serra.

Farebbe bene alla salute? Senz'altro si.

Farebbe bene in modo considerevole? Assolutamente no, ci sono misure più precise invece di una generale diminuzione, senza considerazioni geografiche e qualitative, delle emissioni.

Ce lo possiamo permettere? Non credo perchè si tratterebbe di vendere ai paesi in via di sviluppo il cappio con il quale impiccarci, con l'aggravante che misure del genere non incideranno manco per sbaglio con i fenomeni in atto.

Personalmente io sarò cinico ma non ci stò.

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...

non so se vi rendete conto che buona parte delle nostre città va sott'acqua con gli innalzamenti del mare, che le pioggie acide e il buco dell'ozono non sono cose naturali, al quale l'uomo incide in minima parte

...

 

Gli innalzamenti del mare sono previsioni di modelli la cui affidabilità è da dimostrare, considerata la quantità di variabili che devono gestire.

 

Il problema delle piogge acide è stato affrontato sia alla base, riducendo le emissioni inquinanti che lo causavano, sia a livello di effetti, intervenendo sui corpi idrici acidificati attraverso procedure di risanamento (il cosiddetto "liming"); non so per quanto riguarda le foreste, ma il livello di allarme su questo tema si è piuttosto ridotto, mi pare.

 

Per quanto riguarda il buco dell'ozono, sarei curioso di sapere anch'io come sta andando; se effettivamente si è ridotto e se ciò è riconducibile alla sostituzione dei CFC con altri composti che non intaccano lo strato di ozono. L'ozono è peraltro un composto emblematico per quanto riguarda la definizione di "sostanza inquinante": necessario ad alta quota per proteggerci dagli U.V., è tossico per gli organismi e quindi considerato inquinante a bassa quota. Analogamente, l'innocuo vapor acqueo, è il principale responsabile dell'effetto serra.

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i discorsi economici li lascio perdere, si tratta del futuro dei nostri figli e nipoti c'è poco da guardare al portafoglio...

 

Tra l'altro se kyoto è così inutile mi chiedo perchè 55 paesi hanno firmato, evidentemente non erano così attenti a capirne il rapporto costi/benefici... Mah

 

Gli innalzamenti del mare sono previsioni di modelli la cui affidabilità è da dimostrare, considerata la quantità di variabili che devono gestire.

potremmo sperimentarlo di persona...

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Approfitto della lezione di oggi all'università per spiegare ben bene il trattato di Kyoto e, sopratutto, perchè è profondamente ingiusto per la nostra economia.

 

L'inquinamento si definisce, in economia, una esternalità, ovvero un costo aggiuntivo derivato dalla produzione di un dato bene; costo non pagato dall'azienda ma da tutta la collettività. Senza l'intervento dello stato quindi tale costo non viene considerato dal mercato, col risultato che i benefici derivati da una maggiore produzione (minori i costi, minori i prezzi, maggiore la quantità prodotta) sono inferiori ai danni provocati. L'equilibrio tra domanda e offerta non tiene conto di tali costi, che dovrebbero rendere un dato bene più costoso, a causa dei danni alla collettività causati dalla sua produzione.

 

Ora lo stato ha vari modi per obbligare il mercato a tenere conto dei costi dell'inquinamento (tasse, sussidi a chi non inquina, limiti e tetti di emissioni, ecc.) ma qualsiasi sia lo strumento scelto, esso deve applicarsi a tutte le aziende del mercato, pena:

1) Creare effetti distorsivi avvantaggiando una azienda rispetto ad un'altra

2) Permettendo, grazie ai maggiori ricavi ottenuti, all'azienda inquinante, di produrre di più (il prezzo si abbassa poichè l'azienda non deve pagare i costi dell'inquinamento da essa prodotto) andando addirittura ad eliminare i vantaggi dati dal comportamento virtuoso delle aziende "in regola". In pratica si incentivano le aziende a cui è permesso inquinare e si deprimono quelle aziende obbligate dallo stato ad essere virtuose: non potendo essere competitive, falliranno, liberando mercato per quelle inquinanti.

 

In un mercato globale, come penso sia ovvio, non è il singolo stato a poter intervenire, ma tutti i paesi del mondo. Se tra Brasile, Russia, India, Cina (d'ora innanzi BRIC), USA ed Europa siamo solo noi quelli ad autolimitare la nostra economia il risultato sarà molto semplice: le nostre aziende perderanno terreno a tutto vantaggio di quelle a cui è permesso inquinare che aumenteranno produzioni e, quindi, emissioni.

E basterebbe solo questo, il fatto che Kyoto vale solo per noi, per spiegarne l'assurdità.

 

Ma c'è di più, è il meccanismo stesso del trattato ad essere sbagliato, pur se fosse applicato da tutti. Come detto sopra, le regole devono essere uguali per tutti, pena le distorsioni e i danni alle economie "verdi". Peccato che il trattato lasci libere le nazioni attualmente più inquinanti (il BRIC) di aumentare le proprie emissioni e, allo stesso tempo, obblighi i paesi che già oggi sono virtuosi (UE e USA) a ridurle ulteriormente. Qual'è il risultato? Il risultato è che i fenomeni distorsivi già oggi presenti (visto che comunque sia le nostre imprese già oggi inquinano meno di quelle cinesi e, quindi, sostengono maggiori costi) andranno a crescere sempre di più. Infatti i costi marginali per ridurre le emissioni crescono con l'efficienza (per esempio, ridurre da 100 a 80 le emissioni costa X. Ridurre da 80 a 60 costa 2X, ridurre da 60 a 40 costa 3 volte X) e quindi noi, che già siamo virtuosi, abbiamo costi ben superiori per ridurre ulteriormente l'inquinamento in una percentuale uguale a chi, oggi, inquina.

Quindi anche un ipotetico trattato che si limitasse a dire "tutti i paesi devono ridurre del 20% le proprie emissioni" è sbagliato. Kyoto è ancor peggio, ai limiti dell'assurdo: le riduzioni maggiori sono a carico di quei paesi che già oggi inquinano meno. Il gap, il vantaggio sleale, è destinato ad aumentare, non a diminuire.

 

Esisterebbe un modo per creare un trattato equo. Bisognerebbe considerare la sola parte del PIL derivata dal secondario, ovvero l'industria (quella che veramente inquina e non l'intero PIL; da noi l'industria vale il 30%, in Uk meno del 20). Dopodichè, per ogni miliardo di euro prodotto dal secondario, un paese non potrà emettere più di tot tonnellate di anidride carbonica. Se si vuole affinare ulteriormente lo strumento, si può addirittura considerare i vari settori produttivi (es, X tonnellate di CO2 per ogni miliardo di euro prodotto dal tessile, Y tonnellate per ogni miliardo di euro di elettricità, ecc). In questo modo la riduzione sarebbe minore per i paesi che già oggi non inquinano, e maggiore per i più inquinanti.

Modificato da Rick86
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Premesso che quoto tutto quello che hai detto secondo te è meglio spendere i soldi per creare tetti alle emissioni, con qualunque metodo siano calcolati, o spendere lo stesso per investire in fonti alternative, fusione ecc?

 

Decisamente la seconda per me visto che un accordo che vincoli occidente e BRIC lo vedo molto improbabile. E il voler applicar riduzioni unilaterali delle emissioni pone in svantaggio le nostre industrie come detto prima. Fino ad un certo livello, parte dei costi sono coperti dall'aumento di know-how e conoscenze tecnologiche (entrambe esternalità positive, ovvero ricavi a favore dell'intera collettività e non contabilizzabili dalle aziende). Ma oltre un certo limite lo svantaggio diventa troppo, e le nostre aziende, semplicemente, chiudono, col risultato di trasferire al BRIC le produzioni inquinanti. La domanda non cambia e le emissioni neanche, cambia il produttore e quindi la distribuzione della ricchezza (dall'UE al BRIC).

 

Al contrario investire in fonti alternative (per me il futuro è un mix di nucleare e rinnovabili, a zero emissioni nell'atmosfera) dovrebbe coprire i maggiori costi di ricerca e impianto con la fine della dipendenza dal petrolio

Modificato da Rick86
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Allora siamo sulla stessa lunghezza d'onda ;)

Io credo che un conto sia fare ambietalismo in maniera intelligente un conto è mascherare di ambientalismo una politica terzomondista che, certo, non avrà effetto alcuno nel miglioramento dei problemi del nostro pianeta ma colpirà soltanto, e duramente, i paesi occidentali.

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per me è sbagliato ragionare così perchè:

- in ogni caso si deve far qualcosa per l'ambiente, anche se fossimo soli

- se questi trattati consentono forme di concorrenza sleale, quei prezzi più bassi di prodotti importati andrebbero rialzat con dazi doganali contro tutti coloro che non hanno kyoto, vanificando la concorrenza sleale

 

si può fare di più meglio, noi tutti e la diplomazia

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- in ogni caso si deve far qualcosa per l'ambiente, anche se fossimo soli

 

Infatti qui si stà ragionando proprio su come fare qualcosa per l'ambiente, ma qualcosa di intelligente ed effettivo, non un pro forma inutile come Kyoto.

A questo proposito mi permetto di inserire un interessante articolo.

 

Il riscaldamento globale è ormai diventato una delle questioni principali della nostra epoca. Molti governi e numerosi attivisti impegnati nell’ecologia sostengono che l’azione contro l’innalzamento della temperatura deve diventare la nostra priorità fondamentale. Negoziare un secondo trattato a seguito del Protocollo di Kyoto implica - ci dicono - che dobbiamo attuare una diminuzione ancora più drastica delle emissioni di gas serra che provocano il surriscaldamento della Terra. Riguardo alle nostre priorità, però, si sbagliano; e anche il rimedio invocato si rivela inefficace.

Il risultato di tutto ciò è che rischiamo di perdere di vista innanzitutto i reali doveri globali fondamentali, così come stiamo mancando l'approccio migliore - quello a lungo termine - nei confronti dell'aumento della temperatura. Senza dubbio, il riscaldamento del nostro pianeta è un fatto, non si può negare, ed è causato dall'innalzamento del livello di anidride carbonica nell'atmosfera. Il problema è che perfino i migliori modelli climatici oggi a disposizione mostrano che l'azione «immediata» fa ben poco. Il Protocollo di Kyoto punta a tagliare le emissioni di anidride carbonica nei Paesi industrializzati del 30 per cento rispetto al livello in cui arriverebbero a trovarsi nel 2010, e del 50 per cento nel 2050.

Eppure, anche se ogni Paese (inclusi gli Stati Uniti) si adeguasse alle regole del Protocollo, aderendovi tenacemente per un secolo, il risultato sarebbe pressoché nullo, poiché così facendo il surriscaldamento verrebbe solo posticipato di sei anni. Alla stessa stregua, i modelli economici mettono in luce l'enormità dei costi del rispetto del Protocollo: almeno 150 miliardi di dollari all'anno. In confronto, gli Usa stimano che con metà di quella cifra si potrebbero risolvere in modo permanente i maggiori problemi del pianeta: verrebbero garantite acqua potabile, assistenza sanitaria di base, buone condizioni igieniche e istruzione per ogni singolo abitante del mondo.

Il surriscaldamento globale danneggerà principalmente i Paesi in via di sviluppo, perché sono più poveri e quindi più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici. Nonostante ciò, a partire dai progetti delle Nazioni Unite anche i più pessimisti prevedono che nel 2100 una persona di classe media nei Paesi in via di sviluppo sarà più ricca di quanto non lo sia ora una persona di classe media dei Paesi sviluppati.

Perciò, l'azione immediata contro il riscaldamento globale risulta fondamentalmente un modo costoso di fare molto poco per pochi ricchi in un lontano futuro. Occorre allora chiedersi se davvero debba essere questa la nostra priorità.

Naturalmente, in un mondo perfetto non sarebbe necessario stabilire delle priorità. Dovremmo poter fare bene ogni cosa. Dovremmo vincere la guerra contro la fame nel mondo, risolvere i conflitti armati, debellare le malattie contagiose, fornire ovunque acqua potabile, diffondere il diritto all'istruzione e rallentare il cambiamento climatico globale. Ma non possiamo. Allora occorre farsi una domanda più difficile: se non possiamo fare tutto, cosa dobbiamo fare per prima cosa?

Alcuni dei maggiori economisti mondiali - inclusi quattro premi Nobel - hanno risposto a questa domanda nel corso del «Copenhagen Consensus» del 2004, stendendo una lista secondo priorità delle linee principali per lo sviluppo del mondo. Sono giunti alla conclusione che la lotta all'Aids e alla fame nel mondo, il libero scambio e il problema della malaria sono in cima alla lista di priorità per il pianeta. E che quindi è in questi campi che dovremmo fare del nostro meglio con i fondi di cui disponiamo. Di contro, le proposte di azione per il cambiamento climatico globale sono state classificate dagli esperti in fondo alla lista delle priorità del mondo; anzi, la commissione ha definito questi azzardi - incluso il Protocollo di Kyoto - «progetti negativi», per il semplice motivo che sono più costosi che efficaci.

Il «Copenhagen Consensus» ci ha ridato grande speranza, perché ha mostrato che ci sono realmente molte cose buone da fare. Con 27 miliardi di dollari possiamo operare una efficace prevenzione all'Hiv su circa 28 milioni di persone. Con 12 miliardi di dollari possiamo ridurre i casi di malaria di circa un miliardo all'anno. Invece di aiutare le persone più ricche in un futuro lontano - e quindi in modo del tutto inefficace nel presente - possiamo fare una gran quantità di bene adesso.

Questo non vuol dire trascurare la necessità di affrontare i cambiamenti climatici. Ma un approccio «alla Kyoto» punterebbe a tagli immediati troppo costosi e troppo poco efficaci. Occorre invece investire le forze nella produzione di energia senza emissioni di anidride carbonica, in grado di procurare un bene di cui possano godere anche e soprattutto i nostri discendenti. Il vero risparmio è questo, ultimamente molto più efficace nell'affronto del problema del surriscaldamento del pianeta. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno iniziato a sostenere questa posizione.

Oltretutto, i tagli immediati «in stile Kyoto» - che come già detto risultano estremamente dispendiosi e poco efficaci - costringono molte nazioni ad abbandonare l'intero programma. Piuttosto, si dovrebbe promuovere la firma di un trattato che vincoli tutti gli Stati a spendere, per esempio, lo 0,1% del prodotto interno lordo nella ricerca e sviluppo di tecnologia per la produzione di energia senza emissione di anidride carbonica. Questa proposta è cinque volte più economica del Protocollo di Kyoto, e quindi molte volte più di un Kyoto II. Ogni Stato dovrebbe esserne coinvolto, naturalmente con le opportune distinzioni: le nazioni più ricche potrebbero impegnarsi nel pagamento della cifra più grossa, e quelle più povere potrebbero essere introdotte gradualmente nel processo.

Ogni singola nazione avrebbe così la possibilità di focalizzarsi sulla visione futura del proprio bisogno di energia, sia che significhi concentrarsi sulle energie rinnovabili, energia nucleare, fusione, approvvigionamento di carbone, o cercare nuove e più «esotiche» opportunità. Un tale sforzo collettivo, di ricerca globale, può avere inoltre uno smisurato «effetto allargato» di innovazione anche in altri campi. A lungo andare, infatti, azioni di questo tipo possono produrre un impatto molto più vasto di quello dei programmi del Protocollo di Kyoto.

In un mondo come il nostro, con risorse limitate, in cui possiamo affrontare solo alcuni dei cambiamenti che ci troviamo davanti preoccupandoci più per alcuni temi e meno per altri, abbiamo il dovere morale di fare del bene, quanto più possibile, con le cifre che abbiamo a disposizione: occorre quindi concentrare le nostre risorse dove possiamo realizzare meglio e di più.

In quest'ottica, il riscaldamento globale non appare più la priorità. Piuttosto che investire centinaia di miliardi di dollari a breve termine in tagli inefficaci alle emissioni di CO2 dovremmo investire decine di miliardi in ricerca per lasciare ai nostri figli e nipoti energia pulita e a basso costo. (Traduzione di Chiara Sordi)

 

P.S. L'autore è Bjørn Lomborg, fondatore del Copenhagen Consensus Center, che, a mio parere, è l'unico organismo che cerchi di approcciarsi alle questioni e ai problemi del pianeta con un atteggiamento pragmatico e lineare.

Modificato da Dominus
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- in ogni caso si deve far qualcosa per l'ambiente, anche se fossimo soli

 

Se leggi il mio post capirai come Kyoto non porterà nel lungo periodo ad una riduzione delle emissioni, ma ad un loro semplice spostamento. L'output non cambia.

- se questi trattati consentono forme di concorrenza sleale, quei prezzi più bassi di prodotti importati andrebbero rialzat con dazi doganali contro tutti coloro che non hanno kyoto, vanificando la concorrenza sleale

 

I dazi doganali portano ad una inefficienza del mercato e a danni per il consumatore in quanto proteggono produzioni non competitive ad alto costo. E alla lunga portano a danni enormi per l'intero settore industriale

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  • 1 mese dopo...

Italia finalmente prima al mondo

Ma per la «vergogna ambientale»

Il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiamo accusato di sabotare il pacchetto su clima e energia nella Ue

 

POZNAN (POLONIA) - L'Italia ha vinto il peggior premio che potesse ricevere alla Conferenza mondiale sul clima in corso a Poznan: il «Fossile del giorno», un'onoreficienza sicuramente un po' goliardica, ma che di fatto rappresenta un attestato di vergogna ambientale. Il «Fossile» ce lo hanno assegnato venerdì sera, e ovviamente non c'era nessuno a ritirarlo, nel corso di una cerimonia seguita da centinaia di delegati e giornalisti di tutto il mondo, punteggiata da cori di disapprovazione. Si tratta di uno stendardo raffigurante un dinosauro che sputa fuoco, simbolo dei Paesi che non sono capaci di affrancarsi dall'uso massiccio dei combustibili fossili.

 

LA STORIA - Il premio viene spesso accompagnato da un blocchetto di carbone da recapitare al vincitore. Istituto per la prima volta nel 1999, durante la conferenza mondiale sul clima di Bonn, il «Fossile del giorno» viene assegnato quotidianamente a uno o più Paesi che, secondo la giuria, si sono distinti per le loro azioni di disturbo, o addirittura di sabotaggio, al processo negoziale sul clima. Venerdì sera, oltre all'Italia, sono stati premiati anche, al secondo posto ex aequo, Giappone, Australia e Canada, e al terzo posto la Russia. La giuria è composta da diversi rappresentanti del Climate Action Network (CAN), la rete internazionale di oltre quattrocento associazioni non governative che partecipano ai lavori della conferenza.

 

PRESTIGIACOMO - Ma che cosa ha fatto il nostro Paese per meritarsi il «Fossile del giorno»? «La sua delegazione, in questi primi giorni della conferenza, sembra silenziosa e addirittura inesistente -scrivono nella motivazione i rappresentanti del CAN-. Ma di fatto si sta dando da fare sia a Bruxelles sia a Roma per distruggere il buon esito del processo negoziale di Poznan». Il ministro dell'ambiente italiano Stefania Prestigiamo, in particolare, è accusata dai rappresentanti del CAN di sabotare il pacchetto su clima e energia in discussione alla UE, affermando che gli obiettivi del 20% entro il 2020 (riduzione delle emissioni, aumento dell' efficienza e delle rinnovabili) sarebbero irrealistici e costosi.

 

GLI UNICI IN EUROPA - «L'Italia è convinta di riuscire a minare alle basi la conferenza di Poznan con i suoi complotti -si legge nella sferzante conclusione delle motivazioni-, tanto che i suoi ministri affermano che prima della prossima conferenza di Copenhagen tutti gli obiettivi dovranno essere ridefiniti. L'Italia è molto intelligente, ma il CAN ha occhi dappertutto. E così, Fossili per voi! ». Nessun commento dalla delegazione italiana che, per altro, in questi primi giorni della conferenza, è rappresentata solo a livello tecnico: il ministro dell'Ambiente con i suoi funzionari arriveranno la metà della prossima settimana. «Il Fossile del giorno è un segnale -commenta la responsabile delle Campagne Internazionali del Wwf Maria Grazia Midulla-. L'Italia con le sue posizioni, è rimasta sola in Europa. Finanche il ministro dell'Ambiente polacco ha dichiarato che il suo Paese perseguirà il taglio del 30% delle emissioni. Ci auguriamo che nel seguito delle trattaive internazionali faremo una figura migliore, anche in vista del ruolo di presidenti del G8».

 

http://www.corriere.it/cronache/08_dicembr...44f02aabc.shtml

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Finalmente un premio per l'operato del governo, con il quale concordo appieno.

Infatti essere denigrati da questo tipo di ambientalisti assolutisti è senz'altro un premio, per il resto resto convinto che in questo momento l'Europa non si può genuflettere ancora di più al terzo mondo con la scusa del tema ambientale e che la crisi deve portare a riconsiderare molte delle concessioni altruistiche su questo tema fatte negli anni passati.

Bisogna cominciare a pensare che l'ambiente deve essere conveniente per l'economia e per il sistema paese, e lo può essere grazie ad una politica non basata sui paletti ma sugli incentivi.

Quindi ben venga il fossile del giorno.

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