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A Linate si vola ad occhi chiusi


Ospite galland

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A LINATE SI VOLA A OCCHI CHIUSI

 

E NELLA BRUGHIERA STROPITANO I "CV"

 

Non pensavo di trovare Linate trasformata dalla guerra. Intendiamoci, non si tratta di una trasformazione formale, perché i capannoni, il terreno, il fabbricato dell'aerostazione, l'idroscalo, il paesaggio non sono in nulla modificati, ma cambiata nell'intimo, nell'attività, nella sostanza; e questo è ben di più, ne converrete.

 

Confesso che mi ha fatto una certa impressione vedere una sentinella dietro la stele per Forlanini, un corpo di guardia, e sul campo un via-vai di grossi aeroplani nella grave assise di guerra, la tinteggiatura mimetica. La guerra mi si ripresentò evidente per tutto questo. Altrimenti chi, a Linate, avrebbe potuto ricordarmi che esiste una guerra?

 

Passeggiai con piacere sulle verdi zolle del prato e nei lindi ambienti dell'aerostazione. Ma volevo vedere più da vicino quanto si faceva sul campo di volo, che è sempre la parte viva di ogni campo. Del resto ero venuto fin lì apposta, se tanto poteva bastarmi.

 

Così mi piacque rivedere gli impianti radio, la centrale per il volo senza visibilità, e ripasseggiare per quegli stessi sentieri — ma il tempo non li ha nemmeno sfiorati? — avendo a guida un ufficiale, e non più un ingegnere borghese come, le altre volte.

 

È un fatto che a Linate l'aviazione civile italiana aveva costruito la sua scuola principale per il volo senza visibilità, e mandava ad allenarvisi i piloti dì linea. Ora questa scuola funziona egregiamente per l'istruzione analoga ai piloti militari.

 

Sul campo vanno e vengono pesanti apparecchi da combattimento. Gente strana quella che c'è dentro, che pare abbia un fatto personale col sole. Si vedono questi pesanti macchinoni partire a tendine calate, ermeticamente chiusi; quelli che ci sono dentro non vogliono vedere nulla, non sentono ragioni. Vanno via senza guardarsi attorno, girano per aria come sonnambuli, tornano sul campo; e tu che stai a terra, a guardarteli, sgrani, invece, tanto dei tuoi occhi. Perché questa strana gente si alza, gira per aria e torna a terra senza vederci, è vero, ma senza nemmeno sgarrare di un millimetro. « Accidenti! » ti vien fatto di pensare, « gente che chissà da quanti anni si allena: che pratica! » e buon per te se queste cose non le hai dette a voce alta; perché a volo finito ti scappa fuori dalla fusoliera un tizio, tenentino imberbe e modestino, che pigli a occhi chiusi (stavo per dire in volo senza visibilità...) per un allievo e che ti viene bellamente indicato come un istruttore; allora viene a presentarsi e ti dice: « sottotenente XY »; apri gli occhi ed esclami: « ma come, non siete tenente? » Quello si guarda la manica, arrossisce e risponde: « scusate, sono stato appena promosso!... »

 

linatesvsvgo7.pngGli istruttori della S.V.S.V. di Linate, giovani d'anni, vecchi d'esperienza

 

 

 

 

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Sorprese di Linate: gli istruttori che pensi con tanto di barba e mezzo secolo di esperienza sulle spalle sono invece ragazzi di vent'anni. Meglio così, per Bacco! Del resto Linate non ti serba solo queste sorprese: chi è che fa volare questa brava gente ad occhi chiusi? Gli specialisti, penserai; rispondo: no, le specialiste. Infatti alla radio stanno delle donne. Apri pure gli occhi per lo stupore, ma è così.., e per ora, su ciò, basta.

 

Che meraviglia c'è se questa gente gira per il cielo ad occhi chiusi? Sono tutti ferratissimi e pieni di formule; credo che se avvenisse loro di battere il naso, non ne verrebbe fuori la solita goccia di sangue, ma un flusso di ZZ e di QDT, intramezzati con angoli di deriva e metri al secondo a salire o a scendere, mescolati con angoli di barra e chissà quali altre diavolerie.

 

Giusto, quest'espressione che m'è venuta nello scrivere mi. piace: a Linate si vola proprio ad occhi chiusi, e si impara ad agguantare ad occhi chiusi il nemico dovunque si trovi. Quelli di Gibilterra, Malta, Alessandria, Caifa, le Barhein ne sanno qualche cosa, ed i camerati di Tochio lo hanno constatato. Si vola ad occhi chiusi, ma non a tentoni!

 

Ho volato da Linate alla Malpensa. Debbo proprio dedicare due righe a questo volo; molto breve, d'accordo, perfino insignificante se volete, dal punto di vista aeronautico, ma toccante. Sotto due punti di vista.

 

Staccandoci da Linate abbiamo lambito i margini di Milano, la brava, indimenticabile Milano; anche in luglio non aveva voluto spogliarsi di una lieve foschia, ma che cosa potevi nascondermi con essa? Sotto le nostre ali ferme nel volo teso e sicuro si apriva la grande piana lombarda. L'immensa distesa verde, tranquilla, ordinata nei suoi filari di alberi e nei suoi gelseti geometrici, negli appezzamenti chiari, nelle strade diritte, toccò il mio cuore con la sessa intensità con la quale lo avevano fatto le pulite colline di Partanna, Santa Ninfa, Salemi che mi porgevano .con la loro orgia di verde e di coltivo il saluto della Patria dopo due anni di arso giallore africano. Non avevo visto, da anni tanto verde adunato insieme, ed il mio occhio vi si posava con voluttà, attingendovi un'onda di frescura della quale, pareva assetato. Era l'Italia, il vero volto dell'Italia, quel volto che sarà sempre fermo ed 'immutabile pur col variare interminabile del tempo, che potevo scorrere, e di cui mi potevo saziare.

 

linatesvsv3jr1.png Questa foto piena di pace è tutta una sintesi della "Cascina", la vecchia, cara, nostalgica culla delle nostre ali di guerra.

 

 

Avevo sognato questo momento? In mezzo all'infinito giallore del deserto, davanti all'accecante balenio della sabbia bianca, fra la vegetazione grigiastra delle oasi avevo mai pensato di potere un giorno riposare le mie pupille sulla sconfinata distesa verde della piana lombarda? Non saprei dirlo; ma librato lì sopra mi pareva che si esaudisse un desiderio vecchio quanto me stesso; e ne ero commosso.

 

Avrei potuto esserlo per un'altra ragione. Pochi minuti di volo mi hanno condotto da Linate, che è l'espressione più moderna degli impianti della nostra aviazione, alla Malpensa, che è la culla più antica delle nostre ali di pace e di guerra. Dal nuovo all'antico; dal terreno di volo appena inaugurato a quello carico di storia e tradizione. A meno di esser fabbricato in legno compensato e tubi di acciaio saldato - come il mio apparecchio — tutto ciò non avrebbe potuto lasciarmi indifferente. Ed ho indugiato in un giro sulla vecchia e gloriosa Cascina sul Ticino, sulla brughiera, prima di posare le ruote a terra, per mettere a regime i miei sentimenti.

 

Poi, sceso sul campo, per la miseria! una nuvola di meschini mi tirò bruscamente a terra, nel senso più materiale, e solo durante le presentazioni ne ingoiai un paio; meno buoni delle mosche d'Africa, in fondo...

 

Nel cielo della Malpensa ribollono i CV. Che c'entrano i cavalli vapore, mi direte? Beh, immaginate un campo su cui vanno e vengono, salgono e scendono, si avvicendano in un carosello continuo, rigorosamente controllato da tabelle e cronometri, si capisce, ma per questo non meno vivace, grossi bombardieri di tutte le razze. Motori che mugghiano da tutte le parti; ogni tanto la canzone cadenzata del « 79 » che canterella in partenza; qualche volta il boato di uno che dà una spuntata perché era corto sugli alberi, o il « decrescendo » armonioso di un atterraggio perfetto; da tutte le parti la voce potente dei motori, di queste creature che sono sagge e capricciose come ben addestrati equipaggi di bestie di sangue, e sembrano sempre feroci fin che le eliche girano. Una canzone, ma specialmente uno spettacolo di forza.

 

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Dovevo interessarmi soprattutto della scuola. Alla Malpensa si fa il « secondo periodo » del bombardamento. I piloti arrivano brevettati, ma 11 hanno molto cammino da fare. Doppio comando, navigazione, voli in quota, esercitazioni di tiro; una quantità varia e complessa di cose che, nel loro insieme, vengono a formare il patrimonio tecnico del bombardiere destinato a « bussare » il nemico. La Malpensa ha delle tradizioni; le più vecchie d'Italia, le più gloriose, le più solide. La Malpensa, oggi come ieri, le tiene alte; già molti degli allievi passati per la Cascina hanno visto i loro nomi citati dai Bollettini di guerra, dopo avere infilato qualche siluro nei fianchi di navi inglesi, o aver centrato dopo lungo volo munite posizioni nemiche. La vecchia Malpensa è sempre giovane e viva.

 

Non me lo diceva soltanto lo strepito dei cavalli di tutti quei motori che ronzavano in cielo; me lo diceva l'ordine che regnava nella scuola, la serena"espressione degli allievi, il piglio sicuro e familiare degli istruttori (ben giovani anch'essi, benchè nel giro di pochi minuti abbia trovato gente che aveva visto più Africa di me stesso, e mi aveva con tutta probabilità volato sulla testa diecine di volte...). Me lo dicevano soprattutto le vecchie mura della Cascina, che piuttosto di una caserma dovrebbero racchiudere i più preziosi cimeli della nostra gloriosa Arma Azzurra.

 

Quanti dei nuovi che passano per la Cascina accoppiano al nome murato con lapide sull'ingresso del Comando un'immagine precisa? Non so quanti; ma il nome di Luigi Ballo è tale da trasmettere la sua eredità eroica in tutti quelli che lo considerano per un istante con cuore puro. Questi ragazzi, che si temprano qui per affrontare domani la violenza della difesa nemica hanno nel nome dell'Eroe un vaticinio; e torneranno alle basi, non come quello lacerati nella carne, ma come quello vittoriosi; vittoriosi non soltanto della bruta opposizione avversaria, ma delle più pure ascensioni spirituali; vittoriosi come lo si è sotto il segno d'Italia!

 

Gli alti alberi fruscianti, la rusticità della Cascina che è ancora « quella u del tempo dei vecchi biplani interminabili e degli sfreccianti SVA, e tale dovrebbe rimanere anche quando sulla brughiera sibileranno velivoli senza elica e senza coda, il severo ricordo ai Caduti che, sul campo, prematuramente si immolarono, prima di vincere il destino ed il nemico per la Patria, tutto parla chiaramente di .gloria e di vittoria. Non è facile sottrarsi al fascino del passato, se questo passato si sente ancor vivere nei presenti, e per essi proiettarsi nel più lontano futuro. E la Malpensa è tutto ciò.

 

Lo abbiamo letto anche nelle righe accolte da un vecchio album, pieno delle firme di tanti aviatori di tutte le Nazioni passati per il vecchio campo famoso; nelle parole scritte da ospiti inglesi, e nella vibrata risposta che nel giugno '40 scrisse chi, dal campo stesso, si apprestava a staccarsi per portare le armi contro gli antichi ospiti.

 

E del resto tutta questa atmosfera di profonda coscienza del dovere diuturno, e di quello ben più grave al quale ci si, prepara, è in perfetta armonia con la figura severa del Comandante. Egli ci ha parlato più a lungo e con maggior passione delle coltivazioni e degli allevamenti ai margini del campo piuttosto che della Scuola che era la sua diretta creatura; e pensammo a quei guerrieri di cui gli scrittori latini ci tramandarono le figure, che pensavano alla guerra per la conquista di una terra da dissodare; che pensavano dunque alla conquista duplice, come riscatto delle zolle dal nemico e dall'abbandono. Per chi sente la terra e la bellezza del lavoro; la guerra, che è lavoro cruento diretto alla redenzione della terra stessa, non può essere che severa preparazione per un superamento necessario.

 

Il ruggito dei cavalli, che faceva vibrare le profondità del cielo sulla brughiera. ci confermava attimo per attimo, ripercotendosi sulle vecchie mura e risuscitando le antiche ombre gloriose della Cascina, questa certezza.

 

Ancora oggi, le aquile che spiccano il volo dalla Malpensa volano sicuro, diritto, ed artigliano bene; sono impennate saldamente, nel vecchio nido!

 

PEPPE MECIZZO

 

 

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Gli istruttori alla Malpensa sono tanti; questa foto non ne raccoglie che alcuni, uno fra essi è il più vecchio ed il più fedele della "Cascina"

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