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ANNA VIVA


Ospite galland

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Ospite galland

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Ricordare Anna Politkovskja nel secondo anniversario del Suo sacrificio non corrisponde ad un esercizio retorico o, ancora peggio, ad una vuota commemorazione.

 

E’quello che deve essere: un momento in cui quanti si riconoscono nei valori di libertà e giustizia si riuniscono per ricordare una donna che non ha proclamato nessun astratto valore. I suoi principi li ha praticato sino al sacrificio della vita. Questa coerenza portata sino all’estremo limite rappresenta di per sé un bene prezioso, un seme che non deve essere lasciato morire.

 

Il sacrificio di Anna ci insegna una grande verità: la libertà NON può mai essere frutto di un compromesso, altrimenti mascherato.

 

E’ stato il rifiuto di ogni compromesso, la volontà tenace di lottare per la verità che hanno reso Anna invisa al potere e l’hanno condotta a morte.

 

Vorrei concludere con una nota personale: il socialismo dei miei vent’anni rappresentò la speranza di un mondo ove fosse bandita l’ingiustizia, ove gli uomini avessero uguale dignità. Questa speranza era fondata, purtroppo, su un regime che al meglio può essere definito asfittico, burocratico, poliziesco, farraginoso. Sento di non aver rinunciato agli ideali della mia giovinezza, sento piuttosto di non poter più credere a ciò che viene imposto con la violenza, all’ipocrisia del potere, alle promesse di paradisi che si trasformano – immancabili – in inferni, a Mosca, Berlino, Pechino e … in qualsiasi altro posto.

 

Credo, piuttosto, in ciò che un uomo può fare per l’altro e, in ragione di ciò, ringrazio Anna che ci ha dato.

 

 

 

L’ultima intervista

 

Dopo Beslan non è più andata in Cecenia?

«No, il direttore non vuole. Ritiene che oggi sia molto più pericoloso. Sono d’accordo: oggi il pericolo sono persone che hanno promesso di uccidermi»

 

Chi sono?

«Ramzan Kadyrov».

 

Perché?

«Non gli piace che io lo ritenga un bandito di Stato, che lo consideri uno degli errori tragici di Putin».

 

Lo sa da terze fonti o glielo ha sentito dire?

«Lui è pazzo, un idiota assoluto. Dice queste cose alle riunioni di governo. Come un bambino terribile, dice e fa ciò che vuole. Uccide molte persone, laggiù».

 

Sembra che questa verità non interessi molto ai russi, e nemmeno ai ceceni.

«Sì, è un vicolo cieco. Putin all’estero racconta che in Cecenia tutto funziona. Chi sa che il 99% di quello che dice sono bugie? Non c'è nessuno a cui appellarsi nel mondo: l'ho capito. Ma in qualche caso si riesce a fare qualcosa. Ogni volta si tratta di una vita salvata».

 

I suoi articoli sono mai costati la vita a qualcuno?

«Purtroppo. Oggi non succede più. Quando accadeva urlavo, usavo ogni occasione per parlarne in Occidente. Siamo riusciti a impedire un altro caso quando ci si voleva vendicare di chi aveva parlato con i giornalisti».

 

Perché nessuno scende in piazza per le sue denunce? Non ci credono? «La gente legge, poi ne parla con gli amici. Ne ho parlato con i difensori dei diritti umani, siamo stati costretti ad ammettere che non esiste una quantità di sangue sufficiente a portare i russi in piazza. Se scrivessi che ieri sono morti 200 mila ceceni direbbero, sì, in effetti sono tanti. Tutto qui. Nemmeno se morissero 200 mila abitanti di una città russa. La società oggi è molto crudele».

 

Si dice che i russi hanno il governo che si meritano.

«Certamente. Una volta la gente parlava. Oggi, se vado a fare la spesa, incontro sicuramente qualcuno che mi dice qualcosa, ma solo in un orecchio. Penso che sia perché nelle posizioni chiave ci sono gli uomini del Kgb. Nel dna della nostra gente c'è il ricordo che a “questi“ non ci si oppone. Gli unici che hanno il coraggio di alzare la voce sono i nazionalisti, i fascisti».

 

Non ha paura che ci sia un altro giro di vite, che chiudano i giornali? «Ne ho paura da morire. Ma ho deciso che resterò fino all'ultimo, fino a che non potrò più pronunciare una parola».

 

Lei non aveva mai fatto la corrispondente di guerra. Poi è finita in una fossa, prigioniera dei russi.

«È stato disgustoso. Continuavo a dire: vi sbagliate. Non ne avete il diritto, è illegale. Mi rispondevano che stavano lottando con il terrorismo e io ero una serpe che stava con i guerriglieri, che sarebbe stato giusto ammazzarmi, ma si sarebbero limitati a rendermi innocua. Secondo loro, se non consideravo i ceceni degli animali ero dalla loro parte».

 

Perché i ceceni l'hanno chiamata a fare la mediatrice nella crisi del teatro Dubrovka?

«Ci ho pensato a lungo, non ho una risposta. Avevano fiducia in me perché anch'io ero stata prigioniera dei russi. Tuttora non sappiamo cosa sia accaduto in quel teatro».

 

Si diceva che le vedove nere non volessero morire.

«Niente affatto. Avevo parlato con loro. In Cecenia c'era stata quasi una gara tra le donne per poter andare al Dubrovka. Volevano vendicarsi. È una verità crudele. Si è detto che erano state costrette, drogate. Nulla di tutto questo. Avevo parlato con loro, avevo parlato con quelli che avrebbero voluto far parte di quel commando e non ci erano riusciti. Sognavano il Dubrovka, ciascuno per un motivo personale. In Cecenia la sorella per un fratello spesso è più importante della moglie. Al Dubrovka c'erano molte sorelle i cui fratelli erano stati rapiti. Pensavano di vendicarsi così».

 

Si disse anche che le bombe fossero finte.

«È stato provato mille volte che non era così. Semplicemente non avevano una gran voglia di farsi esplodere. La sera prima del blitz si sperava ancora in un accordo. Le loro richieste erano primitive, ma avevano una logica: Putin doveva almeno far vedere di voler fermare la guerra. Dirlo in tv, ritirare le truppe da un distretto ceceno. Non chiedevano né treni, né aerei, né soldi, né droga. Avevo trasmesso le loro richieste dopo essere uscita. Poi è successo quello che è successo. Probabilmente, se avessi saputo come sarebbe andata a finire, non sarei entrata per il negoziato. Avevo capito che le cose stavano andando male alle due di notte: dovevo rientrare nel teatro, invece aveva vinto l'idea dei servizi, niente più trattative. Era chiaro che ci sarebbe stato l'assalto. Ma non potevo immaginare che avrebbero usato il gas, anche se li vedevo scavare passaggi».

 

La volta successiva, a Beslan, avevano cercato di avvelenarla.

«Il caso non è ancora chiuso. Dopo per sei mesi sono stata malissimo. Ancora adesso, non riesco a lavorare per una giornata piena. Dovrei curarmi».

 

Non teme che la prossima volta andrà peggio?

«Quando scegli la tua strada la vivi, anche perché c'è molta gente che conta su di te».

 

Nel suo libro «La Russia di Putin» lei attacca personalmente il presidente russo. Ritiene che sia colpa di Putin, o che sia una rivincita del vecchio sistema?

«Putin è stato messo lì da Berezovskij, ma non ha più importanza. All'inizio era mite, non si faceva notare. Poi ha deciso di diventare imperatore. È stato educato così. Ma a me questo ordine non piace. Piace al 51% della popolazione? E il rimanente 49%? È una minoranza che non si può nemmeno chiamarla tale, perché non ha diritto a dibattere con la maggioranza. All'inizio del secondo mandato di Putin è diventato chiaro che ha la sua responsabilità personale. Bisogna spiegare che le cose stanno così e che se ci sarà bisogno di eliminarvi verrete eliminati. Pensateci».

 

Cosa pensano i suoi figli?

«Mi rispettano, e così i loro amici. Le mie amiche sono rimaste. Mia suocera mi odiava, oggi mi adora perché pensa che la mia è stata una vita onesta. Per quanto riguarda mio marito, il giornalista Alexandr Politkovskij, sono contenta che ci siamo lasciati. Era vittima della propaganda ufficiale, beveva e mi diceva che mi ero venduta ai ceceni. Vivere insieme, dopo 22 anni, è diventato impossibile».

 

Ama l'adrenalina della guerra?

«No, non bevo, non fumo e non amo l'adrenalina. I giornalisti maschi qualche volta giocano alla guerra. Io la odio. È orrenda. Quando ero prigioniera nella fossa era terribile, sporcizia, puzza, senza bagno, acqua, cibo. Mi avevano tolto anche i bottoni, temevano che dentro ci fossero microfoni, mi avevano lasciato solo il burro di cacao e poi uno mi ha rotto pure quel tubetto, cercava i microfoni».

 

Nei suoi libri lei dice che oggi in Russia tutti i mezzi sono buoni. Per che fine?

«Non c'è fine. Solo restare al potere. Prima si poteva sperare che Putin avesse una strategia. Ma l'unica idea è restare al potere e prendere più soldi che puoi. Chi sono gli oligarchi? Gli uomini dell'amministrazione presidenziale».

 

Ma se il potere cambia si viene puniti…

«Ultimamente negli ambienti della gente ricca si dice che lui finirà come Ceaucescu».

 

Esiste la censura o l'autocensura?

«Succede che il direttore mi dice che basta scrivere di Putin, e per un po' mi cancella delle cose. Vuol dire che qualcuno dal Cremino si è lamentato».

 

Ritiene di conoscere verità inaccessibili agli altri?

«No. Solo una parte della verità, ma anche quel poco che so viene ignorato dalla maggioranza».

 

 

 

 

Cronista senza tregua

James Meek, “The Guardian”

Tratto da “Internazionale” nr. 566

Anna Politkovskaja proviene dall’alta società sovietica, quell'élite metropolitana che conosceva il mondo meglio delle fabbriche negli Urali e che garantiva ai suoi figli un buon posto nelle caotiche burocrazie di Mosca. Superati i quarant'anni e avuti due figli, Anna Politkovskaja si trovata sola sulle colline cecene, in fuga nell'oscurità della notte. Scappava dai servizi di sicurezza russi, l’Fsb, che volevano arrestarla. Ma sugli altopiani di una regione senza legge e immersa nel sangue poteva cadere vittima di qualunque cosa: banditi ceceni, squadre della morte del governo di Mosca o di Grozny, una frattura al collo. Era l'Europa, ed era il 2002.

"Ho camminato tutta la notte", racconta. “Volevo continuare a vivere. E’ stato terribile. Ho raggiunto il villaggio ceceno di Stary Atagi all'alba. Ci sono rimasta un giorno e una notte, tenendo la testa bassa". Continua a parlare per un po', poi sembra riprendere il controllo di sé. Forse teme che raccontare a uno sconosciuto uno dei tanti episodi della sua vita in cui ha rischiato di andare in prigione o di fare una brutta fine sia irrilevante per la seria professione del giornalista. "Ma questi sono solo dettagli", taglia corto.

Nell'atmosfera tranquilla dell'appartamento di un editore londinese, sul volto della Politkovskaja - una delle più coraggiose tra i tanti coraggiosi giornalisti russi - si possono leggere le diverse stagioni della sua vita, e il suo impegno in ciascuna di esse: la studentessa degli anni settanta, la giovane cronista sovietica onesta e curiosa, la giornalista che ha abbracciato le libertà della perestrojka alla fine degli anni ottanta, la veterana dei recenti conflitti russi, pronta a tornare più volte in Cecenia, facendo infuriare la leadership del Cremlino che cerca di trasformare Vladimir Putin in un khan infallibile.

 

La sua serietà non traspare solo dall'espressione accigliata, dagli occhiali austeri e dai capelli bianchi. Sono la tensione, la rabbia e l'impazienza di tutto il corpo a rendere evidente che la coscienza delle continue ingiustizie compiute nel suo paese non la lascia mai. Non può metterla a tacere come riescono a fare molti giornalisti britannici, perfino quelli più impegnati e radicali.

E’ una sorpresa, quindi, sentirla prendere in giro il fotografo che vuole convincerla a posare. “I fotografi fanno sempre così", spiega nel suo inglese esitante. “Costringono le persone a fare cose che normalmente non fanno". Il fotografo è piuttosto infastidito, e mi rendo conto che Anna - 46 anni - è ancora giovane. Ed è ancora piena di speranza. La sua foto sulla quarta di copertina del nuovo libro, La Russia di Putin (che sarà pubblicato in Italia da Adelphi), è così consapevolmente tragica e l'argomento così cupo che le chiedo se secondo lei ci vorranno generazioni perché il suo paese diventi veramente libero. “Non vorrei mai dover dire che serviranno generazioni", risponde. "Nell'arco della mia esistenza voglio riuscire a vivere una vita da essere umano, in cui ogni individuo è rispettato".

 

Alla scoperta dei mondo

Anna Politkovskaja è nata a New York dove i suoi genitori ucraini erano diplomatici sovietici all'Onu - nel 1958, cinque anni dopo la morte di Stalin. Rispedita a casa per studiare, dopo la scuola è entrata nella facoltà di giornalismo dell'università statale di Mosca, una delle più prestigiose dell’Urss. Tra gli altri vantaggi, lo status diplomatico dei suoi genitori le dava la possibilità di consultare libri che all'epoca erano al bando, permettendole di scrivere una tesi di laurea su una poetessa quasi proibita, l'emigrata Marina Cvetaeva.

Dopo la laurea, Anna ha lavorato per il quotidiano Izvestija e poi è passata al giornale della linea aerea Aeroflot. “I giornalisti avevano biglietti gratis tutto l'anno: potevamo prendere qualsiasi aereo e andare dove volevamo. Ho girato in lungo e in largo il nostro enorme paese.

Venivo da una famiglia di diplomatici, ero una lettrice accanita, un po' secchiona. Non sapevo niente della vita"

Con l'arrivo della perestrojka, Anna Politkovskaja è passata alla stampa indipendente, che in quegli anni cominciava a emergere e ad affermarsi: prima la Obshaja Gazeta, poi la Novaja Gazeta. Nessuna delle cose terribili accadute dopo l'arrivo al potere di Mikhail Gorbaciov, nel 1985, l'ha convinta che sarebbe stato meglio salvare l'Unione Sovietica.

"Da un punto di vista economico la vita diventò molto difficile", racconta, "ma politicamente fu tutt'altro che uno shock. Era pura felicità, quella di poter leggere, pensare e scrivere tutto ciò che volevamo. Era una gioia. Bisogna essere disposti a sopportare molto, anche in termini di difficoltà economica, per amore della libertà". Ma appena i nuovi paesi dell'ex Unione Sovietica hanno cominciato a camminare sulle loro gambe, è scoppiata una serie di guerre intestine. La più feroce, che continua ancora oggi, è quella per riconquistare il controllo della piccola regione della Cecenia. E Anna Politkovskaj a è diventata una delle croniste più tenaci del conflitto.

 

Il prezzo dei conflitto

I russi parlano di due guerre cecene: la prima, dal 1994 al 1996 sotto la presidenza di Eltsin, è finita con un accordo di pace e il ritiro delle truppe di Mosca, grazie alla pressione dei mezzi d'informazione e dell'opinione pubblica.

 

All'epoca della seconda invasione, nel 1999, Putin ha cercato di impedire che i giornalisti lo mettessero in imbarazzo raccontando i misfatti russi in Cecenia.

 

Se, come ritiene Anna Politkovskaja, fermare la prima guerra cecena è stato il maggiore successo dei reporter russi negli anni relativamente liberi di Eltsin, la seconda guerra cecena è stata il loro più grande disastro.

Un tempo voce indipendente tra tante altre, la Novaja Gazeta è oggi uno dei pochi mezzi d'informazione russi che non si è lasciato intimidire e non segue la linea del Cremlino.

Ad Anna Politkovskaja la seconda guerra cecena è costata innanzitutto il suo matrimonio. Un giorno del 1999 dopo un reportage su un attacco russo a Grozny in cui erano stati colpiti un mercato e un reparto di maternità ed erano rimaste uccise decine di persone, tra cui donne e bambini - tornò a Mosca e il marito le disse: "Non ce la faccio più a sopportare tutto questo". Qualche mese fa ha rischiato la vita quando, in viaggio verso Beslan subito dopo il sequestro degli ostaggi nella scuola, qualcuno le ha versato del veleno in una tazza di tè. E in questi anni ha ricevuto molte minacce di morte da soldati russi, combattenti ceceni e altri gruppi armati che operano ai margini della guerra.

 

I sequestri, le uccisioni extragiudiziarie, le sparizioni, le torture e gli stupri l'hanno convinta che sono proprio le scelte politiche di Putin ad alimentare il terrorismo che dovrebbero eliminare. “Ancora oggi, la tortura è praticata in qualunque centro dell’Fsb in Cecenia. Il cosiddetto “telefono”, per esempio, che consiste nel far passare la corrente elettrica attraverso il corpo di un detenuto. Ho visto centinaia di persone che hanno subito questa forma di tortura. Alcune sono state seviziate in modo così perverso che mi riesce difficile credere che i torturatori siano persone che hanno frequentato il mio stesso tipo di scuola e letto i miei stessi libri".

 

Anna non si pente delle volte in cui ha messo da parte il suo ruolo di giornalista per assumerne un altro – di negoziatrice durante l’assedio al teatro di Mosca e di potenziale negoziatrice a Beslan, prima di essere avvelenata. "Sì, sono andata al di là dei miei doveri di cronista", spiega. "Ma sarebbe del tutto sbagliato sostenere che da un punto di vista giornalistico è stata una brutta mossa. Rinunciando al mio ruolo ho imparato tante cose che non avrei mai capito continuando a essere una semplice cronista”. Ha parole dure per quello che considera il guanto di velluto dell'occidente nei confronti di Putin e della Russia. "Il più delle volte dimenticano la parola Cecenia. La ricordano solo quando c'è un attentato. E allora tutti si stupiscono. Ma di fatto nessuno parla di cosa succede realmente in Cecenia, e dell'aumento del terrorismo.

 

La verità è che i metodi di Putin stanno generando un’ondata di terrorismo senza precedenti nella nostra storia". La "guerra al terrore" di Bush e Blair ha aiutato enormemente Putin, sostiene Anna Politkovskaja. Molti russi hanno provato un piacere perverso nel vedere le foto degli abusi americani nel carcere di Abu Ghraib.

"L’ho sentito ripetere molte volte. In Russia la gente ne parla con orgoglio: “Noi quelli lì li abbiamo trattati così prima degli americani, e avevamo ragione perché sono terroristi internazionali”.

Putin ha cercato di convincere la comunità internazionale che anche lui sta combattendo il terrorismo globale, che anche lui partecipa a questa guerra così di moda. E c'è riuscito: per un periodo è stato il migliore amico di Blair. E’ stato spaventoso quando, dopo Beslan, ha cominciato a sostenere che si poteva quasi vedere la mano di bin Laden. Che cosa c'entra in questa storia bin Laden? E’ stato il governo russo a creare e allevare quelle belve.

L'unico modo in cui l'occidente può recuperare la sua autorità morale, sostiene Anna, è quello di trattare Putin come tratta Aleksandr Lukashenko, il presidente della Bielorussia - non le sanzioni, ma una forma di isolamento più personalizzata. “Com'è possibile parlare del mostruoso numero di vittime e del terrorismo in Cecenia, e poi stendere un tappeto rosso davanti a Putin, abbracciarlo e dirgli: “Noi siamo con te, sei il migliore”? Questo non dovrebbe succedere. Capisco che il nostro paese è un grande mercato, che è molto allettante. Me ne rendo perfettamente conto. Ma noi non siamo persone di serie B, siamo gente come voi, e vogliamo vivere"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Io posto un suo articolo sui bambini vittime della guerra cecena. Penso che ben rappresenti la persona, i suoi sentimenti e contro cosa si batteva.

Riccardo

 

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Children of Chechen "Spetzoperations"

by Anna Politkovskaya

Novaya Gazeta

May 19 2002

 

Do you still think you should be supporting the war in Chechnya because of some aim that's being pursued, so things wouldn't get worse? We have reached a stage in Russia now, where every schoolchild knows that Chechnya is being "cleaned", and adults no longer bother with the inverted commas.

 

"Zachistka" in this sense entails thoroughly sorting out someone or something and, on the whole, we prefer not to enquire too closely into who or what. For this meaning of this old word we have the war in Chechnya to thank, and more particularly the high-ranking military brass who routinely update us on television with the latest news from Russia's Chechen ghetto, popularly known as the "Zone of Anti- Terrorist Operations".

 

It is March 2002 and the thirtieth month of the second Chechen war. "Zachistka", if we are to believe the military, is precisely the aim of the current "special measures". From last November until now, lunatic waves of special measures have been sweeping over Chechnya: Shali, Kurchaloy, Tsotsan-Yurt, Bachi-Yurt, Urus-Martan, Grozny; again Shali, again Kurchaloy; Argun again and again; Chiri-Yurt.

 

Towns and villages are besieged for days; women wail; families try desperately to evacuate their adolescent sons - where to doesn't matter providing it's a long way from Chechnya; village elders stage protest demonstrations. Finally, we are regaled with general Moltenskoy himself, our supposed commander-in-chief of the 'Front Against Terrorism', festooned with medals and ribbons, there on the television screen, pumping adrenalin, larger than life; and invariably against a background of corpses and "cleaned" villages.

 

The general reports some recently achieved "significant success". But there's still no Khattab with Basayev.... And you know full well that something isn't right, because you went to school when you were little and can do enough mental arithmetic to add up the numbers of enemy fighters he claims to have caught over the past winter. It amounts to a whole regiment of them. Just the same as in last year's warfare season.

 

So, how many fighters are still there? What exactly does "zachistka" involve? What is the truth, and who is telling it? What have these special measures actually turned into? What is their aim? Last, and most important, what are their results?

 

His eyes looked so calm

- I was relieved when they took us out to be shot.

 

- Relieved? What about your parents? Didn't you think about them then, and how sad they would be?

 

Mahomed Idigov, recently taken out to be shot, is 16.

 

He is a pupil in the tenth grade of School No 2 in the town of Starye Atagi, Grozny region. He has a favourite pair of jeans, a much loved tape recorder, and a stack of pop music cassettes which he enjoys listening to. He's a typical 16-year-old. The only disturbing thing about him is his eyes, which have the level steadiness of an adult's. They don't go with his teenager's skin problems and adolescent gawkiness.

 

There something wrong, too, in the measured way Mahomed relates the story of what was done to him. In the course of "zachistka" he was subjected to the same electric torture as the grown men. Having themselves been tortured, these men pleaded with Russian officers not to torture the boy but to torture them again in his place.

 

- No way, was the reply. - We get good counter-terrorist information out of schoolboys.

 

When I ask about his parents, Mahomed pauses for a time. His eyebrows finally arch childishly as he tries not to cry. He manages, and replies clearly and directly, as you can when something's over,

 

- Other people get killed too.

 

Indeed. Why should Mohamed have it easier than other people. Everybody is in the same situation. The "zachistka" of Starye Atagi from 28 January to 5 February was the second time the town had been "cleaned" in 2002, and the twentieth time since the beginning of the second Chechen war.

 

It is subjected to "special measures" nearly every month. The official explanation is plausible: with a population of around 15,000, Starye Atagi is one of the largest towns in Chechnya. It is 20 kilometres from Grozny and ten from the so-called "Wolf's Gate", as Russian soldiers call the entrance to the Argun Gorge. It is considered a trouble spot full of terrorist wahhabites and their sympathisers.

 

But what has this to do with Mahomed? On the morning of 1st of February, when the twentieth "zachistka" was at its most ferocious, masked men seized the boy from his home in Nagornaya Street, threw him like a log into a military truck and took him to a "filtration point", where he was tortured.

 

- It was very cold that day. First we were "put against the wall" for several hours, which means you stand with your hands up and your legs apart, facing the wall. If you try to lower your arms you get beaten immediately. Any soldier who walks past is likely to hit you. They unbuttoned my jacket, pulled up my sweater and cut it into strips with a knife, like a clown's jacket.

 

- Why?

 

- Just to make me feel the cold more. They saw I was shivering.

 

I can't bear it. Mahomed is too dispassionate. I can't bear the calm, thoughtful look on his face as he relates his appalling story. I wish this child would at least cry and give me something to do. I could comfort him then.

 

- Did they hit you a lot?

 

- All the time. On the kidneys. Then they put me on the ground and dragged me through the mud by the neck.

 

- What for? Did you know why they were doing it?

 

- Just because. For fun.

 

- But were they trying to get something out of you?

 

- For a whole day there was nothing. They just hurt me. They took me to interrogation in the evening. They interrogated three of us. They showed me a list and said, "Which of these people are fighters? Where are they treated for injuries? Who is the doctor? Whose house do they sleep at? Which of your neighbours is feeding them?" I answered, "I don't know".

 

- And what did they say?

 

- They said, "Do you need some help?" And they tortured me with electric current. That's what they meant by helping. They connected the wires and turned a handle, like on a telephone. The more they turned it, the stronger the current that passed through me. They asked me where my older brother, "the wahhabite", was as well.

 

- And is he a wahhabite?

 

- No, of course not.

 

- What did you say?

 

- I didn't say anything.

 

- And what did they do?

 

- They passed the current through me again.

 

The war has been lost

- Did it hurt?

 

Mahomed's head on his thin neck slumps down below his shoulders, into his angular knees. He does not want to answer, but it is an answer I need.

 

- It hurt a lot then?

 

- Yes, a lot.

 

- Is that why you were relieved when they took you out to be shot?

 

Mahomed is shaking as if he has a high fever. Behind him is an array of bottles with solutions for medicine droppers, syringes, cotton wool, tubes.

 

- Whose is this stuff? It's for me. They damaged my kidneys and lungs.

 

There are a lot of people in the room, but it's as silent as if we were in an uninhabited, sound-proof bunker. The men are completely motionless. Somewhere outside the Idigovs' house the nightly artillery barrage is starting, but nobody so much as stirs at its uneven booming which sounds like the drums at a funeral.

 

I realise that this war, which from force of habit we still call an 'anti-terrorist operation' has been lost. It can't be continued solely for the momentary gratification of a group of people who long ago has gone mad. The silence is broken by Mahomed's father, Isa, a haggard man whose face is deeply etched with suffering.

 

- I was wounded serving in the Soviet army. I served on Sakhalin. I know the way things are. During the last "zachistka" they took my oldest son. They beat him up and let him go, and I decided to send him as far away as I could, to people I know, where he'd be safe. Was I wrong to do that? During this "zachistka" they've crippled my middle son, Mahomed. What am I to do? My youngest is already eleven. How long will it be before they start on him? Not one of my sons is a gunman. They don't smoke or drink.

 

- How are we supposed to live? I do not know how. I only know that this is unacceptable.

 

I know too how it has come about: our entire country has joined hands to follow the lead of our great statesmen (and not only Russia, but Europe and America too), and at the beginning of the twenty-first century we are acquiescing without a murmur in the torture of children in a present-day European ghetto mendaciously called a 'zone of anti-terrorist operations'. The children of this ghetto will never forget what we have done.

 

You give birth to a dead baby?

 

"Zachistka" began on 28th of January. In the evening several soldiers and armored vehicles surrounded the village. By dawn all streets were swarmed with APC's with their ID numbers painted over with mud. Very low, as if approaching for landing, above the village, helicopters hovered, and roof tiles as maple leaves in the fall wind, flew from the roofs away, leaving them uncovered. In the morning, on 29th of January, Liza Yushayeva, being in the last month of her pregnancy, went into labour. This frequently occurs unexpectedly and doesn't depend on the periods and parameters of "spetzoperations" set up by General Vladimir Moltenskoy, who commands the United Grouping in Chechnya. Liza's relatives went to ask military men, who were standing in the nearest encompassment, to let the pregnant women pass into the hospital, but they didin't allowed it for a long time. The women loudly shamed them, they said, you have also mothers, wives, sisters. But they answered that they arrived here to kill those who are alive, not to help those who are giving birth.

 

As a matter of fact, it turn out, when servicemen ended their rage, this "process" went ahead, but Liza couldn't go those 300 meters, which was the distance to the doctor, which also was closed by troops by their "zachistka's cell". So, they began to negotiate again, about a vehicle, and again time passed away. Finally, Liza was brought to the hospital. But since there, entirely other soldiers stood, they pinned down the arranged driver and Liza to the wall - like to a fighter, who's been captured: hands up, legs spread wide apart. Yushayeva endured "the wall" for sometime and then she began to faint. Soon, a baby was born, but it was dead.

 

Do you still think you should be supporting this war because of some aim that's being pursued and so things wouldn't get worse? Things cannot get worse. We have lost all sense of the morality and restraint we were taught in less tumultuous times, and something more vile and loathesome than we could ever imagine has erupted from the murkiest depths of our souls.

 

- Do you deliver a dead baby, because you weren't allowed to give birth to a live one? - point blank, like a shot, asked a woman looking into Magomed's room.

 

- If you know the answer, you are still a happy person.

 

Anna Politkovskaya from Stariye Atagi

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Mi associo al ricordo di Anna: ha, con consapevole eroismo, sacrificato la sua vita ma, sicuramente, non invano!

 

La denuncia, lucida e ragionata, dei crimini di Putin e degli obiettivi dallo stesso perseguiti, oggi, alla luce della vicenda georgiana, assume un valore profetico!

 

Le nazioni democratiche del Mondo intero, non hanno altra scelta, in realtà, che raccogliere il suo invito ad isolare e rendere impotente questo nuovo sanguinario dittatore, novello emulo di Stalin e di Hitler, prima che sia troppo tardi!

 

Se ciò sarà fatto e dovrà esser fatto, sarà il miglior modo per rendere omaggio ad Anna Politkovskaya!

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Mi unisco al ricordo di questa coraggiosa giornalista, nella speranza che il suo sacrificio non sia stato invano.

 

Però, pur ponendo delle critiche all'attuale situazione politica Russa trovo che frasi del genere

 

Le nazioni democratiche del Mondo intero, non hanno altra scelta, in realtà, che raccogliere il suo invito ad isolare e rendere impotente questo nuovo sanguinario dittatore, novello emulo di Stalin e di Hitler, prima che sia troppo tardi!

 

non siano attinenti alla realtà.

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Povera Anna,

ora sia divenuta un simbolo di propaganda russofoba, se anche la Russia non c'entra nulla in questo caso.

Ora che la capitale cecena Grozniy è una delle città più belle e moderni della Russia, la anima di Anna può riposare in pace.

 

Alcuni foto da Grozniy:

 

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Via dei Giornalisti.

 

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Moschea di Grozniy, più grande della Russia

 

Chi vuole vedere di più, ecco il link: http://www.grozny.moy.su/photo/11-0-1137 . Là ci sono centinaia di foto.

 

Saluti,

Debugger.

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Povera Anna,

ora sia divenuta un simbolo di propaganda russofoba, se anche la Russia non c'entra nulla in questo caso.

Ora che la capitale cecena Grozniy è una delle città più belle e moderni della Russia, la anima di Anna può riposare in pace.

 

Alcuni foto da Grozniy:

 

336544116.jpg

Via dei Giornalisti.

 

530918106.jpg

Moschea di Grozniy, più grande della Russia

 

Chi vuole vedere di più, ecco il link: http://www.grozny.moy.su/photo/11-0-1137 . Là ci sono centinaia di foto.

 

Saluti,

Debugger.

 

NO, non la pace dei viali , la PACE DEI GIUSTI .

Grazie Anna per avere avuto il coraggio che io forse non avrei avuto.

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Eccovi il link ad un articolo (testo + video):

 

http://www.euronews.net/it/article/07/10/2...s-two-years-on/

 

 

ed il link ad un altro articolo (in francese), su di una manifestazione tenutasi a Mosca, in occasione dell'anniversario:

 

http://fr.news.yahoo.com/ap/20081007/twl-r...mm-091cf94.html

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Ospite intruder
Mi unisco al ricordo di questa coraggiosa giornalista, nella speranza che il suo sacrificio non sia stato invano.

 

Però, pur ponendo delle critiche all'attuale situazione politica Russa trovo che frasi del genere

non siano attinenti alla realtà.

 

 

 

Le nazioni democratiche del Mondo intero, non hanno altra scelta, in realtà, che raccogliere il suo invito ad isolare e rendere impotente questo nuovo sanguinario dittatore, novello emulo di Stalin e di Hitler, prima che sia troppo tardi!

 

Io, invece, questa frase la quoto in toto. Avevo della simpatia per Putin, all'inziio, dieci snni fa. Ora non più. E non sono il solo:

 

 

http://lnx.marcocappato.it/node/38342

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Eccovi il link ad un articolo (testo + video), con un aggiornamento sul processo in corso e con inquietanti minacce ad una avvocatessa della famiglia di Anna Politkovskaya:

 

http://www.euronews.net/it/article/15/10/2...ya-trial-opens/

Modificato da picpus
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Ospite intruder

E nessuno fiata. Che vergogna...

 

 

P.S.: grazie della segnalazione, pic, non ne sapevo niente.

Modificato da intruder
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  • 1 mese dopo...
Ospite intruder

(ANSA) - MOSCA, 17 NOV - Si terra' a porte aperte a Mosca il processo per l'omicidio della giornalista di opposizione Anna Politkovskaia. Lo ha deciso la corte del distretto militare di Mosca, secondo quanto riferito dall'agenzia Itar-Tass.''Respingiamo la richiesta dei procuratori per un processo a porte chiuse'', ha dichiarato Ievgheni Zubov, che ha cosi' accolto le istanze dei legali degli imputati e della parte civile (la famiglia della giornalista).

 

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mo..._117277075.html

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Mi associo al ricordo di Anna: ha, con consapevole eroismo, sacrificato la sua vita ma, sicuramente, non invano!

 

La denuncia, lucida e ragionata, dei crimini di Putin e degli obiettivi dallo stesso perseguiti, oggi, alla luce della vicenda georgiana, assume un valore profetico!

 

Le nazioni democratiche del Mondo intero, non hanno altra scelta, in realtà, che raccogliere il suo invito ad isolare e rendere impotente questo nuovo sanguinario dittatore, novello emulo di Stalin e di Hitler, prima che sia troppo tardi!

 

Se ciò sarà fatto e dovrà esser fatto, sarà il miglior modo per rendere omaggio ad Anna Politkovskaya!

Putin non è un sanguinario dittatore

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Io, invece, questa frase la quoto in toto. Avevo della simpatia per Putin, all'inziio, dieci snni fa. Ora non più. E non sono il solo:

http://lnx.marcocappato.it/node/38342

Che vergogna. IntitolarLe la via dell'ambasciata russa sarebbe stato il minimo da farsi. Impressionante.

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Ospite galland

Rendo integralmente il seguente lancio d'agenzia, di circa un'ora e mezza orsono:

 

<H1 class=clr>Russia: Si Svolgera' a Porte Chiuse Il Processo Per Assassinio Politovskaya </H1>di (Ses/Pn/Adnkronos) Adnkronos - da 1 ora 29 minuti Mosca, 19 nov. - (Adnkronos) - Il processo contro le quattro persone coinvolte nell'assassinio della giornalista russa Anna Politovskaya si svolgera' a porte chiuse. Il giudice del tribunale del distretto militare di Mosca ha ribaltato la decisione presa nel corso della prima udienza, accogliendo in questo modo la protesta della giuria per la presenza di giornalisti e del pubblico nella stretta aula in cui si svolge il dibattimento.

 

Per evidenza a Mosca il limite dell'indecenza è stato raggiunto e superato!

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Ospite intruder
Per evidenza a Mosca il limite dell'indecenza è stato raggiunto e superato!

 

 

Esimio collega, le posto, a motivo di avvertimento, un manifesto che si vede ancora in giro per la Russia (roba della Grande Guerra Patriottica, non li hanno nemmeno cambiati, la "t" non viene più scritta come si vede nel manifestino dagli anni Quaranta):

 

2qnzbf5.jpg

Modificato da intruder
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Rendo integralmente il seguente lancio d'agenzia, di circa un'ora e mezza orsono:

 

<H1 class=clr>Russia: Si Svolgera' a Porte Chiuse Il Processo Per Assassinio Politovskaya </H1>di (Ses/Pn/Adnkronos) Adnkronos - da 1 ora 29 minuti Mosca, 19 nov. - (Adnkronos) - Il processo contro le quattro persone coinvolte nell'assassinio della giornalista russa Anna Politovskaya si svolgera' a porte chiuse. Il giudice del tribunale del distretto militare di Mosca ha ribaltato la decisione presa nel corso della prima udienza, accogliendo in questo modo la protesta della giuria per la presenza di giornalisti e del pubblico nella stretta aula in cui si svolge il dibattimento.

 

Per evidenza a Mosca il limite dell'indecenza è stato raggiunto e superato!

Il link ad un articolo (testo + video) di conferma della notizia, con le pretese motivazioni (!) a tutela della giuria:

 

http://www.euronews.net/it/article/19/11/2...tkovskaya-case/

 

 

 

 

Esimio collega, le posto, a motivo di avvertimento, un manifesto che si vede ancora in giro per la Russia (roba della Grande Guerra Patriottica, non li hanno nemmeno cambiati, la "t" non viene più scritta come si vede nel manifestino dagli anni Quaranta):

 

2qnzbf5.jpg

Intruder, potresti tradurre il testo del manifesto? Grazie.

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Ospite intruder
Il link ad un articolo (testo + video) di conferma della notizia, con le pretese motivazioni (!) a tutela della giuria:

 

http://www.euronews.net/it/article/19/11/2...tkovskaya-case/

Intruder, potresti tradurre il testo del manifesto? Grazie.

 

 

Scusa, ma l'ho visto solo ora. Болтун находка для врага, chiacchierone, fortuna del nemico!

 

 

 

vorthex, questa a sinistra è una versione un po' più moderna del manifesto. A destra: non chiacchierare (болтать è chiacchierare senza pensiero, ciarlare, cincischiare) al telefono! Chiacchierone, fortuna della spia.

 

891296.jpgposter-02.jpg

 

 

Questo invece dice: il chiacchierone, aiuta il nemico:

 

poster-12.jpg

Modificato da intruder
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Ospite intruder
MOSCA, 25 NOV - Si terra' a porte aperte il processo per l'uccisione della giornalista russa Anna Politkovskaia. Lo ha deciso la Corte militare.Nei giorni scorsi era scoppiata un'aspra polemica dopo che un giudice aveva annunciato un processo a porte chiuse motivato dalla paura dei giurati di ritorsioni. Uno di loro aveva negato la circostanza e annunciato di volersi ritirare per non partecipare a un processo che partiva con una menzogna. Oggi nuova marcia indietro: il processo sara' pubblico.

 

 

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mo..._125266124.html

 

Che sia la volta buona?

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  • 2 mesi dopo...
Ospite intruder

Che schifo, me lo lasciate dire?

 

La giuria ha dichiarato innocenti tutti e quattro gli imputati per l'uccisione della giornalista d'opposizione Anna Politkovskaia. I dodici giurati, dopo circa tre ore di camera di consiglio, hanno ritenuto non provate le responsabilità degli imputati. Si tratta dell'ex dirigente della polizia moscovita Serghei Khadzhikurbanov, accusato di essere l'organizzatore del delitto per conto di un mandante non ancora identificato; dei fratelli ceceni Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, presunti 'pedinatori' della giornalista - un terzo fratello, Rustan, è ricercato all'estero come presunto killer). Al quarto imputato, l'ex colonnello dei servizi segreti Pavel Riaguzov, erano contestati reati minori insieme allo stesso Khadzhkurbanov: abuso d'ufficio ed estorsione. Riaguzov, in particolare, avrebbe fornito l'indirizzo della Politkovskaia al gruppo ceceno secondo l'accusa, che esce però sonoramente sconfitta dal verdetto.

 

IMPUTATI LIBERI, CHIEDERANNO DANNI

Il presidente della corte militare Ievgheni Zubov ha deciso di liberare gli imputati del processo per l'ucccisione della giornalista Anna Politkovskaia dopo che la giuria ha pronunciato il verdetto di non colpevolezza. Lo riferisce l'agenzia Interfax. Uno dei loro difensori, Murat Musiaev, ha annunciato che chiederanno un risarcimento per essere stati ingiustamente incarcerati.

 

http://www.ansa.it/opencms/export/site/vis..._900840497.html

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Si sa niente di questo incontro Medvedev col direttore della N. Gazeta? Io non ho trovato molto...

 

Va detto tuttavia che un segnale, un barlume incoraggiante è venuto non molti giorni fa, quando il presidente Medvedev ha ricevuto al Cremlino il direttore della Novaya Gazeta, Dmitrij Muratov, per esprimergli la sua partecipazione dopo l'assassinio della giornalista Barburova. Si tratta d'un altro scricchiolìo nel tandem Medvedev-Putin? Gli osservatori a Mosca lo interpretano così. In ogni caso, come s'è detto, un barlume. Il segno che forse qualcuno, nel regime, comincia a capire che il troppo è troppo.

 

 

http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/e...iornalisti.html

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