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CRISI FINANZIARIA 2008 - Topic Ufficiale -


Leviathan

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Il metodo preferito dai delinquenti?!?!? Delirio puro......guarda al tuo amato Zar Putin, in materia di delinquenza se ne intende più di ogni altro.

 

La classe dirigente americana non è assolutamente improntata ai concetti neo-con, lo si può dire al massimo dell'attuale esecutivo.

 

Da accapponare la pelle leggere certe cose.....

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..........

Mica una novità, questo è il metodo preferito di delinquenti.

..........

Evidentemente ti riferisci al "macellaio" (definizione riportata da articolo di stampa) autore del massacro di Grozny, di cui si parla nel testo linkato nel post al seguente link:

 

http://www.aereimilitari.org/forum/index.p...st&p=175600 (messaggio n° 812)

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Allora Bugger...

 

ti ho chiesto (sempre gentilmente) di spiegarmi CHI ti ha detto che il modello USA sia quello da evitare, e tu non mell'hai detto. Fammi capire, hai studiato, hai fonti Topolino, New York Times, qualcosa?

 

Poi non mi dici CHI ti ha detto che per uscire dalla crisi gli USA debbano tenere un profilo basso. Fonti?

 

Poi t'ho chiesto chi t'ha detto che gli USA stiano usando (come hai detto tu) la forza bruta per uccidere i debitori... ma cosa dici?

 

Chi tell'ha detto? Fammi vedere dei dati qualcosa...

 

Poi a chi stai dando dei criminali? In una discussione del genere?

 

Insomma?

Modificato da -{-Legolas-}-
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Ospite galland
Invece non c'entra una peppa il fallimento di LB con, come lo chiami tu?... la "democratizzazione permanente" ( ma cosa sarebbe questa democratizzazione permanente poi?), c'entra con la fiducia dei mercati roba che son 158 anni che quella Banca fabbrica(va).

 

la tesi sostenuta da Bugger è la seguente: così come Trotsky sostenne, in contrapposizione a Stalin, la teoria della "rivoluzione permanente"; ovvero della possbilità di estendere ad altre nazioni l'esperienza sovietica, estenzione vista peraltro come garanzia della salvezza dell' esperienza rivoluzonaria all'inteno dell'URSS, attualmente i Neo-con americani teorizzano l'estenzione degli istituti democratici anche in nazioni che non hanno tali tradizioni. E' da notare che taluni neo-con furono, in gioventù, militanti del Socialist Wolker Parti, che negli USA rappresenta la IV internazionale, creata, come noto, nella seconda metà degli anni 30 da Trosky, dopo l'espulsione dall'URSS. Su tale tema confrontare utilmente: Gilles Kepel "Fitna" Laterza, Roma/Bari.

Modificato da galland
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Il petrolio che va a testa in giù sui mercati americani è forse l'unica nota positiva dello tsunami finanziario che con il fallimento della Lehman Brothers, tempio di Wall Street, e il salvataggio in extremis della Merryl Linch, altro colosso Usa, continua a sconvolgere le Borse di tutti i continenti.

 

Il greggio alla chiusura dei mercati Usa di lunedì è sceso infatti sotto i 92 dollari al barile. Le quotazioni sul mercato after hours di New York si sono portate a 91,70 dollari, il minimo degli ultimi sette mesi. È vero che il calo del petrolio, iniziato già prima dello sconquasso causato dall'effetto domino della crisi subprime, scaturisce dai sempre maggiori timori di un rallentamento dell'economia americana. Ma è vero anche che la discesa del prezzo del petrolio dovrebbe rafforzare l'economia reale un po' ovunque al palo per i rialzi dell'inflazione.

 

Nel frattempo le Borse continuano a risentire pesantemente del cataclisma Lehman Brothers, sia in Asia che in Europa, in attesa della riapertura delle contrattazioni negli Stati Uniti. Nel Vecchio Continente le principali piazze finanziarie hanno aperto la seduta in netto calo soprattutto per quanto riguarda i titoli bancari e assicurativi. Londra ha aperto in netto ribasso, con l'indice Ft100 in calo di 55 punti, pari all'1,06%, a quota 5.149,20 punti. A Parigi, situazione analoga: con l'indice Cac 40 che perde l'1,69% a quota 4.098,48 punti. Leggermente migliore la partenza della principale piazza europea - Francoforte - dove il calo iniziale è stato dello 0,77% con l'indice Dax a quota 6.017,47 punti.

 

A Zurigo, in Svizzera, a complicare il quadro e ad appesantire le perdite, il tonfo in avvio di seduta per il colosso bancario elvetico Ubs. Il titolo della banca ha segnato un calo di oltre il 10%, con la quotazione che oscillava sui 18 franchi. Si tratta di uno degli istituti al mondo più esposti alla crisi dei subprime americani, e dopo aver già effettuato svalutazioni di attivi per 42,5 miliardi di dollari secondo la stampa elvetica potrebbe essere costretta nel secondo semestre a ulteriori svalutazioni per 5 miliardi.

 

Anche Milano non fa eccezione. Il Mibtel alla riapertura di martedì è risultato in calo di oltre un punto percentuale a 20.778 punti.

 

Il terremoto Usa - il maggiore del secolo secondo Alan Greenspan - si è fatto sentire persino a Mosca dove la non più asfittica borsa russa ha registrato un crollo dell'indice Rts (-3,47%), scendendo a 1.233 punti e nei primi minuti di scambio le blue chips hanno registrato perdite tra il 3% e il 10%.

 

In Asia gli effetti più cataclismatici. La Borsa di Hong Kong martedì ha aperto con un forte calo: 6,1%. A Shanghai, nella Cina interna, apertura in ribasso del 3,36%. La Banca centrale della Cina ha annunciato misure per stimolare l'economia, tra le quali il ribasso dei tassi d'interesse sui prestiti ad un anno. In forte calo anche la Borsa di Taiwan, che ha aperto a -3,88%.

 

Peggio ancora va in Corea del Sud. A Seul dove la Borsa cede il 6%, la valuta locale - il won - è scesa bruscamente del 3% contro il dollaro, in scia agli sforzi di sopravvivenza del colosso assicurativo American International Group, in sigla Aig.

 

È questo dell'Aig ora la terza falla dell'economia americana. E per dare una trasfusione di "liquidità" al morente gigante assicurativo americano Aig è stato approntato un piano di emergenza per sbloccare circa 20 miliardi di dollari. Mentre per cercare di rianimare la Lehman Brothers, ci proverà la compagnia britannica Barclays ma pare solo rilevando alcuni asset. Il tramontato interesse della Barclays al salvataggio totale della Lehman ha in effetti fatto precipitare la compagnia americana nel fallimento.

 

A Tokyo si aspetta il contraccolpo del tracollo di lunedì quando la più grande Borsa dell'intero continente asiatico ha registrato crolli a due cifre per diversi gruppi del settore bancario. Il gigante Mizuho Financial ha registrato una caduta del 10%, la banca Aozora, istituto di medie dimensioni, una picchiata del 19%.

 

Lunedì tra Bce, Fed e Banca del Giappone molta liquidità è stata inghiottita dai mercati finanziari. E comunque le Borse hanno bruciato 125 miliardi.

 

unita.it

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La classe dirigente americana non è assolutamente improntata ai concetti neo-con, lo si può dire al massimo dell'attuale esecutivo.

Sul serio? A me risulta che quasi tutti i membri del governo attuale sono membri e firmatari della dottrina PNAC. Ecco una quote dal articolo che ho postato prima:

Associations with Bush administration

 

After the election of George W. Bush in 2000, a number of PNAC's members or signatories were appointed to key positions within the President's administration:

Name Position(s) held

Elliott Abrams Special Assistant to the President and Senior Director for Democracy, Human Rights, and International Operations (2001–2002), Special Assistant to the President and Senior Director for Near East and North African Affairs (2002–2005), Deputy Assistant to the President and Deputy National Security Advisor for Global Democracy Strategy (2005-) (all within the National Security Council)

Richard Armitage Deputy Secretary of State (2001-2005)

John R. Bolton Under-Secretary of State for Arms Control and International Security Affairs (2001-2005), U.S. Ambassador to the United Nations (2005-2006)

Dick Cheney Vice President (2001-)

Eliot A. Cohen Member of the Defense Policy Advisory Board (2007-)[59]

Seth Cropsey Director of the International Broadcasting Bureau (12/2002-12/2004)

Paula Dobriansky Under-Secretary of State for Global Affairs (2001-2007)

Francis Fukuyama Member of the The President's Council on Bioethics (2001-2005)

Zalmay Khalilzad U.S. Ambassador to Afghanistan (11/2003 - 6/2005), U.S. Ambassador to Iraq (6/2005 - 3/2007) U.S. Ambassador to the United Nations (2007-)

I. Lewis "Scooter" Libby Chief of Staff for the Vice President (2001-2005)

Richard Perle Chairman of the Board, Defense Policy Board Advisory Committee (2001-2003)

Peter W. Rodman Assistant Secretary of Defense for International Security (2001-2007)

Donald Rumsfeld Secretary of Defense (2001-2006)

Randy Scheunemann Member of the U.S. Committee on NATO, Project on Transitional Democracies, International Republican Institute

Paul Wolfowitz Deputy Secretary of Defense (2001-2005)

Dov S. Zakheim Department of Defense Comptroller (2001-2004)

Robert B. Zoellick Office of the United States Trade Representative (2001-2005), Deputy Secretary of State (2005-2006), 11th President of the World Bank (2007-)

 

 

la tesi sostenuta da Bugger è la seguente: così come Trotsky sostenne, in contrapposizione a Stalin, la teoria della "rivoluzione permanente"; ovvero della possbilità di estendere ad altre nazioni l'esperienza sovietica, estenzione vista peraltro come garanzia della salvezza dell' esperienza rivoluzonaria all'inteno dell'URSS, attualmente i Neo-con americani teorizzano l'estenzione degli istituti democratici anche in nazioni che non hanno tali tradizioni. E' da notare che taluni neo-con furono, in gioventù, militanti del Socialist Wolker Parti, che negli USA rappresenta la IV internazionale, creata, come noto, nella seconda metà degli anni 30 da Trosky, dopo l'espulsione dall'URSS. Su tale tema confrontare utilmente: Gilles Kepel "Fitna" Laterza, Roma/Bari.

 

Giusto, grazie per approfondimento. Pero, come in caso di Trozky, la ideologià communista era soltanto la copertura per ottenere ben altri scopi, il Potere Mondiale.

 

Saluti,

Debugger.

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due cose:

la più antica delle democrazie attuali che ha mantenuto pressoche invariato il suo statuto è s.marino e non gli USA

la seconda è che con il discorso non centra niente

 

Prima di sparar bufalate storiche vi prego di leggere questo, in particolare la parte sulla storia e sulle istituzioni di San Marino.

 

 

SAN MARINO

 

N.B. San Marino non ha una vera e propria Costituzione scritta. L'ordinamento fa tuttora riferimento alle "Antiche Consuetudini" e agli Statuti della Repubblica risalenti al XVII secolo; ciò che si avvicina di più alla legge fondamentale dello Stato è la Dichiarazione dei diritti del 1974!!!!!!!!!!!!!!!

Modificato da Super87
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dalla pagina di super87

 

San Marino vanta anche la più antica costituzione scritta ancora in vigore, ratificata nel 1600.

 

La leggenda vuole che la proprietaria della zona, una ricca donna riminese di nome Felicissima, abbia donato il territorio del Monte Titano alla piccola comunità in seguito al salvataggio di suo figlio Verissimo, compiuto dallo stesso Marino. Secondo la leggenda, il santo avrebbe pronunciato ai suoi seguaci la frase:(LA)

« Relinquo vos liberos ab utroque homine » (IT)

« Vi lascio liberi dall'uno e dall'altro uomo »

 

 

Ovvero liberi dall'Imperatore e dal Papa.

 

Queste parole sono il fondamento dell'indipendenza della comunità, come testimoniato dal documento di un processo per la mancata riscossione dei tributi tenutosi nel 1296 presso il convento di Valle Sant'Anastasio: « Non pagano perché non hanno mai pagato.

È stato il loro Santo a lasciarli liberi »

(LA)

« Nemini teneri » (IT)

« Non dipendere da nessuno »

 

 

L'indipendenza della comunità viene asserita in un trattato di pacificazione del 1300, il Placito Feretrano fra il vescovo del Montefeltro e alcuni castelli posti sotto il suo vincolo feudale, tra cui San Marino. Il documento, ritrovato in un convento francescano di Frati Minori a Sant'Igne (vicino a San Leo), attesta che San Marino è esentato dai tributi alla stregua di San Leo, Talamello e Maiolo. Tuttavia, mentre negli altri castelli l'esenzione è un privilegio concesso dal signore locale, l'esenzione viene rivendicata dalla comunità come un diritto.

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Prima di sparar bufalate storiche vi prego di leggere questo, in particolare la parte sulla storia e sulle istituzioni di San Marino.

SAN MARINO

 

N.B. San Marino non ha una vera e propria Costituzione scritta. L'ordinamento fa tuttora riferimento alle "Antiche Consuetudini" e agli Statuti della Repubblica risalenti al XVII secolo; ciò che si avvicina di più alla legge fondamentale dello Stato è la Dichiarazione dei diritti del 1974!!!!!!!!!!!!!!!

Guarda che su San Marino, una sola persona ha sparato bufalate storiche e non è neanche grave, perché è abituata a farlo sempre, quindi, ti prego di usare il singolare!

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Bugger, leggi bene l'italiano....

 

Ciò che ho detto è esattamente ciò che tu hai scritto.

 

E' vero che l'esecutivo (che in italiano vuol dire il governo) è intriso di dottrina Neo-Con, ma non è assolutamente vero che tutta la classe economica dirigente americana lo sia (come hai scritto tu).

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dalla pagina di super87

 

Sempre dalla pagina di Super 87

 

San Marino non ha una vera e propria Costituzione scritta. L'ordinamento fa tuttora riferimento alle "Antiche Consuetudini" e agli Statuti della Repubblica risalenti al XVII secolo; ciò che si avvicina di più alla legge fondamentale dello Stato è la Dichiarazione dei diritti del 1974

 

:angry:

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... Ciò che ho detto è esattamente ciò che tu hai scritto.

Tra "la classe dirigente americana non è assolutamente improntata ai concetti neo-con" e "tutto il potere esecutivo, una buona parte di potere legislativo (nei questi 7 anni Congresso poteva facilmente fermare i neo-con) e potere mediatico improntata ai concetti neo-con" c'è una grossa differenza, non credi?

Saluti,

Debugger.

Modificato da -{-Legolas-}-
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Continuo imperterrito a parlare dell'argomento del topic

 

Vedi Pap non è solo la banca in se il problema, quanto le conseguenze che tale tracollo avrà. I 100 miliardi di euro di liquidità immessi dalla sola BCE (aggiungendo la Banca d'Inghilterra e la FED sfioriamo i 200mld) saranno anche un toccasana per gli investitori e le banche ma rischiano di peggiorare l'inflazione (4.1% più di 10 anni che non si vedeva qualcosa di simile, vado a memoria col dato ma circa siamo li).

E poi l'effetto catena di tutti quegli istituti di investimento e banche esposte magari anche pesantemente con la Lehman. E non parlo solo dei giganti come l'AGI ma anche di una miriade di istituti medio-piccoli. Quanti sopravvivranno?

Ma anche i 50.000 lavoratori per strada, problema non solo sociale ma anche economico visto che senza reddito non consumi e senza consumi c'è la recessione; e tutta quella gente che aveva i risparmi in Lehaman (e non sono solo squali dell'alta finanza, oggi al TG2 hanno intervistato un poveraccio disperato perchè ha visto volatilizzarsi tutti i suoi risparmi, ovvero (soli) 25.000 dollari)? Che facciamo di loro?

 

La FED doveva dargli una stampella anche perchè, da quello che è dato sapere, la situazione non era catastrofica.

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È UN colosso delle assicurazioni il nuovo epicentro della crisi finanziaria mondiale. Si chiama American International Group (Aig) il "buco nero" che nella sua implosione può risucchiare nuove perdite e fallimenti a catena, con ripercussioni nel mondo intero.

 

La bancarotta di Lehman Brothers appare già un capitolo di storia lontano, mentre incombono preoccupazioni più gravi. La compagnia assicurativa Aig non è solo una delle più grandi del pianeta, con centomila dipendenti. Occupa un posto speciale nel mezzo di una complessa ragnatela di rapporti finanziari con centinaia di banche. Perciò la notizia del declassamento di Aig da parte delle agenzie di rating Standard&Poor e Moody's ha aperto un nuovo fronte di pericolo.

 

Il peggioramento della sua solvibilità finanziaria può essere l'anticamera del fallimento. Ieri mattina David Paterson, il governatore dello Stato di New York (da cui dipende per legge la vigilanza sulla compagnia assicurativa) è stato lapidario: "In queste condizioni Aig ha un giorno di vita". L'ultima speranza è una cordata d'investitori che sarebbe pronta a rilevare l'Aig. La guida, ironia della sorte, il fondatore Maurice Greenberg che fu defenestrato dai vertici della compagnia per irregolarità contabili.

 

Il crollo del colosso assicurativo è un evento di cui nessuno riesce a prevedere l'impatto, se non che sarà disastroso. La compagnia infatti non esercita soltanto attività assicurative tradizionali. Ha sviluppato, con un'importante divisione a Londra, un intero business speculativo sui titoli derivati, compresi i titoli "infami" che sono il frutto della cartolarizzazione dei mutui. E c'è di più. Aig si è lanciata da tempo in un altro business finanziario, i "credit default swaps" (Cds).

 

 

All'origine si tratta proprio di contratti assicurativi. Il rischio contro cui essi proteggono riguarda l'insolvenza di molteplici soggetti economici. In una fase come questa dove i fallimenti si susseguono a valanga, questo business è diventato una palla al piede per Aig. Inoltre i "credit default swaps" con il tempo hanno assunto vita propria, sono diventati a loro volta degli strumenti altamente speculativi. Con una perversione della loro vocazione originaria, i Cds sono diventati un modo per scommettere sui fallimenti (dei titolari di mutui, delle aziende, delle banche) e guadagnarci sopra.

 

Se per una parte del mondo della finanza essi continuano a essere una indispensabile copertura del rischio-clienti, per un'altra parte sono uno strumento di speculazione ribassista. E il business dei Cds è sfuggito ad ogni controllo. La lievitazione di questi strumenti è impressionante. Nell'insieme il volume delle esposizioni su questo mercato supera i 60.000 miliardi di dollari, il quadruplo del Pil americano. L'Aig è un protagonista centrale di questo settore. Travolto dall'impossibilità di onorare tutti quei contratti anti-fallimento, a sua volta con il suo crac può affondare l'intero sistema. Un esempio delle diramazioni internazionali: ieri la banca svizzera Ubs ha perso il 24% in Borsa, nonostante abbia garantito di avere chiuso tutti i rapporti con Aig dopo una perdita di 300 milioni di dollari.

 

L'importanza dell'American International Group spiega la frenesia con cui le autorità Usa si affannavano ieri attorno al suo capezzale. Lo Stato di New York, facendo una trasgressione clamorosa alle sue stesse leggi che regolano i comportamenti prudenziali delle assicurazioni, ha autorizzato Aig a farsi prestare 20 miliardi di dollari dalle sue filiali. Praticamente l'azienda ha avuto un nulla osta inaudito per infilare le mani nella cassa del ramo-vita e del ramo-rischi, con buona pace dei suoi clienti. Non è bastato. A riprova che l'intera stabilità del credito è in gioco, sul caso Aig è intervenuta la Federal Reserve, "sconfinando" nel settore assicurativo che esula dalle sue competenze.

 

La Fed ha intimato a JP Morgan Chase e Goldman Sachs di mettere assieme un prestito-ponte di 75 miliardi di dollari: la bombola d'ossigeno per mantenere in vita il gigante assicurativo. Uno degli effetti del declassamento del rating, infatti, è che automaticamente molti creditori devono richiedere il rimborso di titoli derivati. Un'emorragia di liquidità che Aig non è in grado di fronteggiare. Ma l'ipotesi di un nuovo salvataggio pubblico è stata attaccata da John McCain, candidato repubblicano alle presidenziali. "Lasciamo che Aig fallisca", è stato il suo commento.

 

Dopo i costi sopportati dalle finanze pubbliche per il crac di Bear Stearns (30 miliardi di garanzie dalla Fed all'acquirente JP Morgan) e l'onere incalcolabile della nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac (200 miliardi la stima più ottimista), i repubblicani non vogliono affrontare le presidenziali con un deficit pubblico allo sbando. Se regge la linea del rigore applicata alla Lehman - o se JP Morgan e Goldman Sachs non trovano i "prestatori" volonterosi per 75 miliardi di dollari - il destino dell'Aig è segnato: un'altra bancarotta. A meno che intervenga il "cavaliere bianco" Greenberg con la sua cordata di investitori privati.

 

Dall'inizio di questa crisi di dimensioni storiche, le perdite totali per il sistema bancario - che il Fondo monetario internazionale stimava a 950 miliardi di dollari - salgono verso i 1.500 miliardi. Le voci di difficoltà lambiscono le due ultime merchant bank sopravvissute, Morgan Stanley e Goldman Sachs (i cui risultati sono crollati del 70%). La più grande cassa di risparmio americana, Washington Mutual, anch'essa vicina al fallimento, potrebbe essere "ingoiata" da JP Morgan. Come nell'acquisizione di Merrill Lynch da parte di Bank of America, queste operazioni decise nel nome della stabilità sistemica e dell'interesse nazionale avranno costi pesanti: ristrutturazioni e licenziamenti di massa.

 

L'ondata di sfiducia è inarrestabile e lo si è visto nell'impennata del costo del denaro. In una sola notte sul mercato interbancario americano è raddoppiato il costo per ottenere prestiti: il tasso Libor è schizzato da 3,20% a 6,44%, ritrovando i massimi dell'11 settembre 2001. La paralisi del credito e il dilagare della paura provocano scosse sismiche anche nella valutazione del rischio-sovrano. E' sintomatico il balzo che ha subito il rischio-Italia. Il differenziale tra i rendimenti dei nostri Btp decennali e gli equivalenti Bund tedeschi è salito di 74 punti raggiungendo un massimo storico: il record dalla nascita della moneta unica nel gennaio 1999.

 

repubblica.it

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Salve tutti,

ecco cosa arriva stamattina:

Fed in AIG rescue - $85B loan

Government response reaches dramatic new level: U.S. will take 80% stake in nation's largest insurer to prevent global financial chaos.

NEW YORK (CNNMoney.com) -- In an unprecedented move, the Federal Reserve Board is lending as much as $85 billion to rescue crumbling insurer American International Group, officials announced Tuesday evening.

 

The Fed authorized the Federal Reserve Bank of New York to lend AIG (AIG, Fortune 500) the funds. In return, the federal government will receive a 79.9% stake in the company.

 

Officials decided they had to act lest the nation's largest insurer file bankruptcy. Such a move would roil world markets since AIG (AIG, Fortune 500) has $1.1 trillion in assets and 74 million clients in 130 countries.

 

An eventual liquidation of the company is most likely, senior Fed officials said. But with the government loan, the company won't have to go through a tumultuous fire sale.

 

"[A] disorderly failure of AIG could add to already significant levels of financial market fragility and lead to substantially higher borrowing costs, reduced household wealth and materially weaker economic performance," the Fed said in a statement.

 

The bailout marks the most dramatic turn yet in an expanding crisis that started more than a year ago with the mortgage meltdown. The resulting credit crunch is now toppling not only mainstay Wall Street players, but others in the wider financial industry.

 

Sembra che il sistema finanziaria odierna, basata su fractional reserve banking, ha raggiunto il suo fine.

Per chi vuole approfondire, consiglio di leggere una favola che diventata realtà I Want The Earth Plus 5%, che spiega molto bene come funziona il sistema attuale.

 

Saluti,

Debugger.

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Mi sembra che la crisi non sia solo degli ... USA!

 

Eccovi un link sul crollo della borsa russa:

 

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/ec..._110260613.html

 

 

e dal link che segue:

 

http://www.loccidentale.it/articolo/l'...+fredda.0057845

 

riporto un approfondito esame della situazione economica russa, che non sembrerebbe così florida, come qualcuno vorrebbe far credere o immagina nei suoi sogni:

 

 

 

Fuga di capitali e rublo a picco

 

L'economia russa non può sostenere una seconda Guerra Fredda

 

di Gabriele Cazzulini 15 Settembre 2008

 

 

Mentre la Russia prova a restaurare la sua egemonia nel Caucaso, la sua economia torna a soffrire mettendo a nudo le contraddizioni di un sistema fondato sull’esportazione di materie prime, che fruttano ingenti capitali allo stato tramite il controllo diretto dei colossi dell’energia. La guerra in Georgia ha messo in fuga gli investitori stranieri colpendo il mercato azionario. Ma la questione militare ha accelerato una crisi strutturale dell’economia, di fronte a cui Medvedev e Putin non condividono la via d’uscita.

 

Il 13 agosto l’indice RTS della Borsa di Mosca perde il 65% del suo valore. In quegli stessi giorni i rendimenti dei bond russi salgono del duecento per cento perché i loro prezzi sono polverizzati. Il rublo viene lasciato fluttuare dopo che la banca centrale russa nell’ultimo anno ha speso ventisette miliardi di dollari per difenderne il cambio col dollaro. Era il 1998. Dieci anni più tardi, sempre nel mese di agosto, l’indice RTS ha sfiorato il 50% di perdite rispetto ai suoi massimi di maggio. Per le società sul listino di borsa questo crollo si è tradotto in perdite per 700 miliardi di dollari.

 

Sebbene abbia bruciato riserve valutarie per una ventina di miliardi di dollari, il rublo ha perso l’8% dal giorno in cui Mosca ha attaccato la Georgia. Se dieci anni fa i germi della crisi provenivano dalle turbolenze delle tigri asiatiche, oggi è la politica internazionale di Mosca a scatenare la crisi della sua economia creando un clima da seconda guerra fredda che spinge i capitali stranieri a fuggire. Dal primo giorno del conflitto in Georgia ad oggi sono già fuoriusciti dal mercato russo quaranta miliardi di dollari. Al culmine delle perdite sul mercato azionario, il presidente Medvedev è intervenuto personalmente per annunciare l’intervento della banca centrale a sostegno del rublo e il ricorso del governo ai fondi accumulati coi profitti del petrolio e del gas.

 

Naturalmente le interpretazioni della crisi secondo le autorità russe sottostimano l’incidenza del fattore Georgia. Da una parte Mosca chiama in causa la pessima congiuntura internazionale scatenata proprio dal “credit crunch” globale. A quest’analisi da economisti subentra però un ragionamento politico che incolpa l’Occidente per aver dirottato dalla Russia i suoi capitali come ritorsione per punire la Russia.

 

In realtà, malgrado l’appello del Cremlino, i mercati non hanno fiducia sulla salute dell’economia russa. Come nel 1998, un altro “credit crunch” sta per colpire Mosca, che già avverte i primi segnali di insolvenza. Non ci sono solo i capitali stranieri in fuga. Le massicce vendite che hanno fatto crollare il mercato azionario diventano la spia della difficoltà di reperire liquidi per gli stessi investitori russi. La crisi è aggravata dall’abitudine di utilizzare le azioni come garanzia di liquidità – una garanzia che con le quotazioni attuali non vale più. Le banche finiscono sotto pressione e chiedono ossigeno ai rifinanziamenti della banca centrale, costretta a sfornare enormi prestiti quotidiani e a sostenere il rublo vendendo le sue riserve di dollari – accentuando ulteriormente la crisi di liquidità.

 

Nonostante ciò per il governo questa crisi è un fenomeno contingente. Infatti Medvedev parla di un ambizioso progetto per trasformare la Russia in un centro finanziario regionale entro il 2009 – dopo aver approvato una serie di riforme per la trasparenza dei mercati, l’accessibilità agli investitori stranieri e nuovi modelli di corporate governance.

 

Tuttavia i grandi progetti restano nel cassetto e prevale il ricorso a misure straordinarie. Nello scorso gennaio Mosca aveva istituito due fondi separati per raccogliere i ricavi del petrolio e del gas. Il primo fondo ha l’obiettivo di sostenere il budget federale nel caso di crolli del prezzo del petrolio. Il secondo serve a finanziare il sistema pensionistico in una fase in cui la popolazione invecchia e diminuisce la quota dei lavoratori. Sarebbe questo secondo fondo, il Fondo per il Benessere Nazionale, la fonte di soccorso di cui parla Medvedev per ridare liquidità al mercato. Ma per impedire che l’utilizzo di questi capitali metta in crisi anche le finanze dello stato, e quindi pregiudichi il già critico rating internazionale della Russia, diventa necessario intervenire sul petrolio. Ma la congiuntura non è positiva. Per la prima volta negli ultimi dieci anni la produzione è in calo perché le attuali riserve sono ormai mature. Inoltre la ricerca di nuovi giacimenti nella Siberia orientale e nell’area artica è ancora in uno stadio embrionale. Bisognerà poi attendere l’anno prossimo per sperimentare i benefici del taglio fiscale sulle imprese petrolifere, sottoposte ad una pesante tassazione per cui 70 dollari su 100 finiscono nelle casse dello stato e forniscono un quarto del suo Pil.

 

Lo sforzo di intensificare la produzione si unisce all’avvicinamento della Russia all’Opec, proprio nel momento in cui l’organizzazione degli esportatori di petrolio ha deciso di ridurre le quote di produzione di ciascun membro per frenare la discesa del prezzo del petrolio. E’ la dimostrazione della volontà di schierare la Russia al fianco dei produttori di petrolio, con alcuni dei quali, Venezuela e Iran, esistono già ottimi rapporti. La Russia è il secondo produttore mondiale dopo l’Arabia Saudita e la produzione della Russia vale da sola un quarto di quella dell’intero Opec.

 

Il petrolio e l’Opec sono manovre più politiche che economiche. La struttura economica russa continua a soffrire per un rapporto critico col potere politico. Un caso eclatante è Mechel, una delle più grandi compagnie metallurgiche della Russia, accusata da Putin di vendere sul mercato russo a prezzi maggiori rispetto a quelli praticati all’estero. Sembravano parole già sentite nell’attacco alla Yukos di Khodorkovsky. Infatti le azioni di Mechel sono precipitate del 38% in un giorno solo. Alla fine tocca a Medvedev rivolgere un appello personale alle autorità affinché le aziende non subiscano intimidazioni. Il presidente sconfessa il suo primo ministro. Per adesso Mechel sopravvive, obbedendo ad una direttiva di tagliare i prezzi e pagando una multa di 32 milioni di dollari dopo aver assistito impotente ad una perdita di 8 miliardi di dollari di azioni bruciate in una decina di giorni.

 

Se nella gestione del conflitto con la Georgia Medvedev si è allineato all’intransigenza di Putin, in economia il presidente ha invece mostrato una prospettiva molto diversa da quella del suo primo ministro. Medvedev è sensibile alle esigenze delle imprese e degli investitori stranieri, mentre a Putin interessa mantenere il primato dello stato sul mercato, perché è sull’economia del petrolio e del gas che la classe governante della Russia ha fondato il suo potere. Così la crisi economica ha accentuato quella tensione latente prodotta dalla vittoria elettorale di Medvedev e dalla permanenza al potere di Putin. La diarchia tra presidente e primo ministro inizia a mostrare segni di contrasto? La guerra in Georgia ha esteso il potere reale di Putin, mentre la crisi economica ha danneggiato le timide prospettive liberali e riformiste di Medvedev.

 

La nuova politica internazionale della Russia implica per lo stato un ruolo ancora più egemonico nell’economia. Questo ruolo inizia ad assumere una forma definita attraverso un duplice processo. Da una parte si sta interrompendo il ciclo di espansione macroeconomica. La crescita del Pil russo nel secondo trimestre 2008 è scesa al 7,6% rispetto all’8,1% nello stesso periodo dell’anno scorso. Anche l’inflazione è ormai un’emergenza. I prezzi alla produzione hanno registrato a luglio un aumento di oltre il 30%; i prezzi al consumo sono quasi raddoppiati in un solo anno, salendo dall’8% fino al record storico a cinque anni del 15% quando i salari invece perdono terreno. Le statistiche confermano quindi che l’economia russa ha cambiato il suo trend.

 

Dall’altra parte emergono scelte economiche che orientano questo cambiamento in una direzione specifica. Dopo la dimostrazione delle gravi lacune della macchina bellica russa impegnata in Georgia, il governo ha deciso di espandere la spesa militare per l’anno prossimo ad un livello mai raggiunto dalla fine dell’Urss. Allora la ricetta per uscire dalla crisi resta ambiguamente collocata tra progetti futuri per rinvigorire il mercato e la realtà di trasformazioni che accentuano il ruolo dello stato, non solo come risorsa d’emergenza ma come baricentro dell’economia. L’intervento per sostenere i mercati promesso da Medvedev rischia infatti di bruciare i capitali accumulati con il petrolio e il gas, per giunta in una fase ribassista dei mercati delle materie prime.

 

Ma i profitti dell’energia rappresentano l’unico scudo per fronteggiare l’incombente crisi di liquidità – e allo stesso tempo sono la cassaforte che custodisce il potere del Cremlino. Ecco perché Putin è il rappresentante di quella cordata di potere che si è sempre opposta all’utilizzo dei fondi del petrolio. L’economia russa guarda ai listini di borsa ma attende l’intervento risolutore del Cremlino. A Mosca Il denaro è ancora la valuta ufficiale del potere politico.

 

La guerra con la Georgia ha sconvolto i mercati finanziari di Mosca, trascinandola nel vortice della crisi globale. Adesso è in pericolo lo stesso modello di sviluppo della potenza economica della Russia. Nel momento in cui Mosca si cimenta in un’azzardata prova di forza internazionale, il mondo scopre la vulnerabilità dell’economia russa.

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leggendo il post di Picpus mi sembra di capire che per la russia non è stato il momento più opportuno per aumentare del 27% le spese militari...

Ma a cosa serve la Borsa? Sembra che a lungo andare produce il guadagno solo per i padroni di essa.

La Borsa Russa, come quella di Ucraina incide minimamente sulla economia.

Saluti,

Debugger.

Modificato da Debugger
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Ma a cosa serve la Borsa? Sembra che a lungo andare produce il guadagno solo per i padroni di essa.

La Borsa Russa, come quella di Ucraina incide minimamente sulla economia.

Saluti,

Debugger.

 

 

L'economia di mercato, che è stata adottata, tuo malgrado, dal tuo paese da diversi anni, dice il contrario

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L'economia di mercato, che è stata adottata, tuo malgrado, dal tuo paese da diversi anni, dice il contrario

Ma a cosa serve? Per fare i prestiti ci sono i banche, per giocare ci sono i casino, l'unico scopo rimasto è di misurare i pacchetti azionarie tra i vari padroni per prendere qualche decisione, ma mica usano la Borsa per questo, tutto avviene in forma di accordi privati.

 

Saluti,

Debugger.

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il fatto che si vendano azioni per fare liquidità evidentemente non è importante.

Se guardi la statistica, a parte di inizio degli anni 90, le aziende rimettono più soldi in Borsa di quello che riescono a procurare via vendita di pacchetti azionarie.

 

Debugger.

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