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Filippo Facci e Antonio Di Pietro


picpus

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1) Sentenza definitiva, immagino?!

 

2) Diffamazione, art. 595 codice penale; che c'azzecca (per restare in topic) il "giudice Geo Orlandini del Tribunale civile di Brescia?!

 

3) Magari mettiamo una fonte affidabile, o no?!?!?!

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Non capisco ... continui a postare articoli a mitraglietta del diffamatore Facci per screditare Di Pietro e vuoi anche sapere se la sentenza è definitiva? Le accuse del diffamatore Facci su Di Pietro hanno ultimato i tre gradi di giudizio? :asd:

Modificato da typhoon
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Non capisco ... continui a postare articoli a mitraglietta del diffamatore Facci per screditare Di Pietro e vuoi anche sapere se la sentenza è definitiva? Le accuse del diffamatore Facci su Di Pietro hanno ultimato i tre gradi di giudizio? :asd:

Gli articoli sono espressione di un'opinione; la sentenza, se esiste (in atto, solo un blog sul web ne parla e dei forum che riportano il link di quel blog), è un atto giudiziario! Siamo, dunque, su piani diversi!

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Chissà dove finiscono i soldi IDv... chissà, ma considerate le volte dove sono andato a bologna gratuitamente e tre giorni gratis di albergo forse ho un idea...

 

mi piace un mondo vedere i fan più sfrenati della censura appellarsi alla libertà d'opinione per proteggere un calunniatore pluri condannato e i suoi articoli spazzatura, di pura spazzatura.

 

In fondo scrive al Giornale...

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Aspetto sempre che qualcuno che sia in possesso di una copia del "Corriere della Sera" del 14 maggio 2009, sia in grado di confermare ciò che è stato postato nel messaggio n° 75; la fonte non è stata indicata ma, come già detto e lo ripeto, in atto, SOLO un blog sul web ne parla e dei forum che riportano il link di quel blog.

 

L'evidente contraddizione contenuta nel testo della "presunta" sentenza (Diffamazione, art. 595 codice penale; che c'azzecca (per restare in topic) il "giudice Geo Orlandini del Tribunale civile di Brescia), qualche dubbio lo fa sorgere.

 

Nel caso la "notizia" fosse confermata e quindi risultasse veritiera, passerei a controdedurre sul merito.

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seguo Martinelli da un pò, difficile che racconti balle al contrario di Facci ed è una sentenza, inutile arrampicarsi sugli specchi.

 

Il buon tonino nazionale ha querelato da poco IlGiornale, un'altra casetta con piscina come risarcimento?

 

Tonino, la prossima volta che quereli il pseudo quotidiano la casa che vinci dalla a me.

Grazie

Lev

Modificato da Leviathan
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In primo luogo, ringrazio sentitamente, chi ha ritenuto opportuno cercare e trovare una conferma a quanto riportato in un blog qualsiasi.

 

 

Da notare che si tratta di una condanna in una causa civile promossa da un cittadino (nella fattispecie, un magistrato) che si è ritenuto offeso dalle parole espresse da Facci.

 

Un po' diversa è la condanna penale a 8 mesi di reclusione (sospesa per indulto!), inflitta a suo tempo ad altro illustre giornalista; vedasi topic al link seguente (mi riferisco alla prima delle 2 condanne, riportate nel primo post di quel topic):

 

http://www.aereimilitari.org/forum/index.p...marco+travaglio

 

 

Infine un commento (non una notizia) che condivido in pieno, al link che segue: http://mauriziomorabito.wordpress.com/2009...fama-anche-non-

Modificato da picpus
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Per chi ha la memoria corta e non ha vissuto quegli anni!!!

 

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=353392

 

riporto:

 

 

sabato 23 maggio 2009

 

Chi fa la festa a Falcone? Quelli che lo attaccavano

 

di Filippo Facci

 

 

Al chilometro 4 tra Punta Raisi e Palermo, esattamente diciassette anni fa, esplosero 500 chili di esplosivo che spazzarono via tre auto blindate che non riuscirono a proteggere Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. L’antimafia piagnens. Purtroppo è anche il giorno, oggi, in cui la triste ricorrenza viene imbracciata elettoralmente da un genere di militanza che Falcone detestava: oggi a Napoli l’antipolitica ridens di Beppe Grillo e l’antimafia piagnens di Sonia Alfano saranno al servizio di quell’Italia dei valori che non solo darà voce a cercavoti come Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris e la stessa Sonia Alfano, ma da anni accoglie il maggior responsabile della campagna che contribuì all’isolamento di Falcone poco prima che morisse: parliamo di Leoluca Orlando. Chissà se si farà vedere, a questa manifestazione dove interverrà anche una rediviva Clementina Forleo nonostante l’iniziativa sia presentata, sul sito dell’Italia dei valori, appunto come un incontro elettorale: «Appuntamento domani, sabato 23 maggio a Napoli al Palapartenope, alla manifestazione “Lotta per i diritti” per sostenere Luigi De Magistris e Sonia Alfano, candidati alle elezioni europee nelle liste di Italia dei Valori». Purtroppo è lo stesso ambiente che si prepara a pompare il fumosissimo processo che i pubblici ministeri Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, a Rebibbia, stanno portando avanti per dimostrare che una trattativa tra Stato e mafia, nel 1992, portò all’assassinio di Falcone e Borsellino. Proprio così. Ne accennavano ieri un paio di quotidiani: ora è venuto fuori che Brusca ha parlato di un accordo tra Totò Riina e un politico per ora innominato, e non si riesce proprio a immaginare di che ambienti possa trattarsi. Per capire dove vogliano andare a parare, comunque, basta leggere alcune farneticazioni scritte negli ultimi mesi dallo stenografo a latere Marco Travaglio, noto ventriloquo di Antonio Ingroia. Un’altra volta, però. La primavera di Orlando. Il democristiano Leoluca Orlando era diventato sindaco di Palermo e aveva inaugurato una cosiddetta primavera che auspicava un gioco di sponda tra procura e istituzioni. Poi, nell’estate 1989, il pentito Giuseppe Pellegriti accusò l’andreottiano Salvo Lima di essere il mandante di una serie di delitti palermitani, una calunnia che Falcone fiutò subito. Orlando cominciò a dire e non dire che Falcone volesse proteggere Andreotti. Durante una puntata di «Samarcanda» Orlando lo disse chiaramente: il giudice aveva dei documenti sui delitti eccellenti ma li teneva chiusi nei cassetti della Procura di Palermo. Una menzogna che verrà ripetuta a ritornello, dimostrata come falsa anche davanti al Csm. È di quel periodo anche un primo e sottovalutatissimo attentato a Falcone, una bomba ritrovata nella sua casa all’Addaura. Poi, quando Falcone accettò l’invito del Guardasigilli Claudio Martelli a dirigere gli Affari penali, la gragnuola delle accuse si fece ancora più infame. Dissero che si era venduto al potere politico e contro di lui si scagliarono la sinistra, gli andreottiani, il Giornale di Napoli («Dovremo guardarci da due Cosa Nostra») e poi Repubblica e anche il Giornale. Memorabile un titolo dell’Unità: «Falcone preferì insabbiare tutto». L’autunno di Falcone. Poi, a macerie fumanti, ecco il tentativo di sfruttare la morte di Falcone per portare acqua a Mani pulite. Falcone morì un sabato, e il lunedì la Repubblica uscì in edizione straordinaria col titolo «L’ultima telefonata con Di Pietro». Svolgimento: «Provava un’affettuosa invidia per Colombo e Di Pietro», «si è saputo solo ieri che Falcone seguiva l’inchiesta sulle tangenti», «una tonnellata di tritolo ha spezzato il suo contributo all’indagine milanese». Perfetto un riquadrino di Repubblica: «Arriva Antonio Di Pietro da Milano, il giudice delle tangenti, il Falcone del Nord... con lui c’è Leoluca Orlando». Falcone, in realtà, stava solo disponendo alcune rogatorie internazionali chieste dal Pool Mani pulite: era il suo lavoro. Saranno Claudio Martelli e Ilda Boccassini, da emisferi diversi, a spiegare che Falcone era affranto perché il Pool di Milano a quanto pare non si fidava di lui. La verità processuale sulla sua morte la racconterà Giovanni Brusca, l’uomo che azionò il telecomando che uccise il giudice e tutti gli altri: «Era il primo magistrato che era riuscito a metterci seriamente in difficoltà. Lo odiavamo, lo abbiamo sempre odiato... Prendemmo la decisione iniziale di ucciderlo, per la prima volta, alla fine del 1982... Non tramontò mai il progetto di ucciderlo». Dal 23 maggio 1992 undici inchieste hanno affrontato la strage di Capaci, sei processi hanno inchiodato i corleonesi alle rivelazioni di Brusca, infinite altre indagini hanno esplorato e sfibrato la favola dei «mandanti» Berlusconi e Dell’Utri indagati a Palermo, Caltanissetta e Firenze: tutto sempre archiviato. L’inverno della giustizia. Ma non mai finita. A Rebibbia corre appunto il processo a carico del prefetto Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, ex ufficiali del Ros accusati di favoreggiamento per aver impedito la cattura di Bernardo Provenzano nell’ottobre 1995: questa almeno l’accusa scaturita da una testimonianza del colonnello Michele Riccio dei Carabinieri. Difficile, ora, riassumere i passaggi pirandelliani che hanno portato a ciò che tanto affascina Antonio Ingroia: la già stra-affrontata, peraltro, tesi di un’improbabile trattativa tra Stato e mafia nel 1992-1993, qualcosa che avrebbe portato appunto lo Stato a trucidare Falcone e Borsellino. Fa niente se lo stesso Brusca aveva già chiarito che l’intento di ammazzare Falcone risaliva addirittura al 1982. Fa niente se dalle pieghe dell’inchiesta è persino venuta fuori la stramberia secondo la quale per l’eredità di Salvo Lima, intesa come ponte tra mafia e istituzioni, fu offerto un contatto con la Lega di Bossi. Fa niente se sentiremo parlare ancora a lungo del fantasma di Luigi Ilardo, un pentito, poi ucciso, secondo il quale regista di tutte le stragi del ’92-93 fu Forza Italia. Essendo nulla, finirà in nulla. Se almeno, però, lasciassero in pace Giovanni Falcone.

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che poi in questo caso il buon Orlando è proprio l'unico neo (relativo all'argomento) nell'IDV se si pensa che ne centro destra si santificano Mangano (fu condannato proprio a Falcone se non erro) ma sopratutto una persona così :censura: :censura: come Corrado Carnevale, nemico numero 1 di Falcone, premiato dal centro destra per il suo passato a giudice della Cassazione.

 

Corrado Carnevale, l'ammazza sentenze...

 

EDIT

il centro destra, per mandare una persona simile in Cassazione fece una legge apposita.

 

Ma Facci lo sa?

Smettiamo và di commentare gli articoli del Mechato, sono il massimo dell'ipocrisia e basati sul nulla.

Modificato da Leviathan
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Di pietro può non piacere, ma quando era magiatrato tutto si può dire tranne che fosse propenso a vendersi le cause (o meglio, i processi) o che fosse lavativo. Io che sono di centrodestra non lo voto, ma lo rispetto perchè in fondo in fondo quasi tutto ciò che dice, di politico, è condivisibile. per me gli attacchi di Berlusconi a di pietro mi sembrano un pò "aterosclerotici", con tutto il rispetto per il Cavaliere che voto

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  • 1 mese dopo...

Filippo Facci "traduce" :asd::rotfl: la lettera, alias vergogna nazionale, di un individuo del quale evito di scrivere il nome, per evitare che mi venga la nausea!!!

 

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=365373

 

riporto:

 

venerdì 10 luglio 2009, 19:20

 

Di Pietro compra pagina sull'HT: attacca l'Italia

di Filippo Facci

 

 

Roma - Prologo. Il senatore Antonio Di Pietro ha acquistato un’intera pagina dell’International Herald Tribune per rivolgere un «appello alla comunità internazionale» perché «In Italia la democrazia è a rischio»: giustamente, nella pagina, c’era una sua foto. Siamo in grado di fornire una rapida traduzione dall'inglese al dipietrese all'italiano.

 

«In Italia il governo Berlusconi ha proposto e fatto approvare la legge detta “Lodo Alfano”... Il Lodo Alfano rende improcessabili quattro cariche dello Stato italiano; il Premier, il Presidente della Repubblica, i presidenti di Camera e Senato».

 

Traduzione. In Italia è stata fatta una legge sulla falsariga di altre presenti per esempio in Francia, Portogallo e Grecia: ma non rende «improcessabile» nessuno, sto straparlando. La legge sospende i dibattimenti che dovessero riguardare le succitate cariche solo nel periodo del loro mandato: poi riprenderanno da dove erano rimasti anche perché la prescrizione viene congelata. Ho scritto un appello lungo un chilometro ma queste cose basilari non ve le ho spiegate perché sono disonesto anche in inglese. La legge comunque risale a più di un anno fa.

 

«Il Lodo Alfano è stato voluto da Silvio Berlusconi per non essere processato per corruzione di un testimone... Il 17 febbraio 2009 l’avvocato David Mills, corrotto da Berlusconi, è stato riconosciuto colpevole... Senza il Lodo Alfano, Berlusconi potrebbe quindi essere condannato come corruttore».

 

Traduzione. Berlusconi ha voluto il Lodo Alfano per governare almeno una volta senza l'assillo di quelle procure che da 15 anni lo indagano e processano praticamente per ogni cosa. Per il resto, amici, ho scritto tre castronerie che voi paesi di common law avrete già notato: che non è stato ancora processato per corruzione, per esempio, e subito dopo che è un corruttore. Quel Mills è stato condannato in primo grado, sì, ma è perché il Tribunale non ha voluto aspettare che lui e Berlusconi fossero processati insieme come pareva logico a tutti. No, il fatto che Mills sia già stato condannato non rende automatico niente, anche perché il collegio che giudicherà Berlusconi sarà un altro. Infine: un Berlusconi senza Lodo Alfano potrebbe essere condannato come corruttore, ma anche senza, basta attendere la fine del mandato. Vi dirò di più: alla fine del mandato potrebbero persino assolverlo. Vi dirò di più ancora: io parlo parlo, ma l’Europarlamento di Bruxelles, il 22 aprile scorso, mi ha protetto con l’immunità parlamentare come avevo espressamente richiesto nel gennaio 2007. Una sciocchezza: mi avrebbero condannato al cento per cento per una diffamazione, avevo scritto per ben due volte che per un giudice, in realtà assolto, erano stati chiesti dieci anni di galera.

 

«Il Lodo Alfano è anticostituzionale... Il 6 ottobre 2009 la Corte Costituzionale deve pronunciarsi».

 

Traduzione. Stessa cosa, amici: sono dissociato. Prima dico che il Lodo è anticostituzionale, poi dico che la Corte Costituzionale non ha ancora deciso. Sono fatto così. Tra l’altro la Corte, che noi chiamiamo anche Consulta, in passato ha già bocciato una volta un Lodo analogo che poi è stato corretto e approvato dal Presidente della Repubblica, non so se l’avete presente: è quel pericoloso individuo che avete lasciato assieme a Obama per un’ora intera.

 

«Berlusconi e il ministro Alfano sono stati invitati a cena da un giudice della Corte costituzionale... i partecipanti hanno confermato la loro presenza. Non è ammissibile che due giudici e il possibile beneficiario delle loro decisioni si vedano in privato e di nascosto in prossimità del giudizio su una legge da cui dipende il futuro dello stesso Berlusconi».

 

Traduzione. Si sono visti a cena, sì, ma non di nascosto, sennò non l’avrebbero confermato. Si chiama vita privata. Nessuna legge la vieta. Ma io penso che se uno conosce un giudice costituzionale non debba vederlo mai più sinché campa, visto che per Berlusconi di ricorsi alla Consulta ce n’è uno ogni venti minuti. Capite, amici? Sarebbe come se nei vostri paesi un magistrato giudicante andasse a cena con un magistrato inquirente: una cosa impensabile. Voi del resto non avete la separazione delle carriere: non le hanno proprio mai unite. Comunque questa cosa l'ho raccontata perché così potremo dire che la decisione della Consulta sarà illecita in ogni caso: e già un altro allarme antidemocratico.

 

«Faccio appello alla comunità internazionale affinché diffonda informazioni ed eserciti pressioni per ripristinare i principi di libertà democratica».

 

Traduzione. D’estate mi annoio terribilmente. In ogni caso questo appello è pagato col finanziamento pubblico, che mi frega.

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Inciucio clamoroso nella grande Ceppaloni di Tonino!!! :thumbdown::furioso:

 

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=366843

 

riporto:

 

 

giovedì 16 luglio 2009, 07:00

 

L’irreprensibile Toh, in Molise Di Pietro è alleato con l’odiato Pdl

di Filippo Facci

 

 

In Molise, sorta di estesa Ceppaloni di Antonio Di Pietro, accadono cose incredibili che meriterebbero delle precise risposte da parte dei vertici del Popolo della Libertà. Sono cose che da quelle parti sono notorie, ma il resto del Paese le ignora. Prima domanda, subito: è concepibile che ci sia per esempio un’amministrazione, Città di Venafro, in cui il Pdl e l’Italia dei Valori governano insieme? Non per modo di dire: parliamo proprio di sindaco e assessori. Seconda domanda: è normale che la società «Autostrade del Molise» abbia un’esclusiva spartizione di poltrone tra Antonio Di Pietro e Michele Iorio, leader locale del Pdl? La terza domanda è di conseguenza: per quanto ancora sarà consentito che Michele Iorio, rieletto presidente della Regione, si faccia gli affari propri in spregio alla politica nazionale del maggior partito italiano?

 

Cominciamo da Città di Venafro, allora. È un centro importante della regione anche se è il meno Molisano di tutti: dista una novantina di chilometri da Napoli, è appiccicato alla Campania e di cognome fanno quasi tutti Cotugno. Non me ne vogliano gli abitanti, ma è un posto orribile gestito dal ras politico Nicandro Ottaviano (meriterebbe un libro solo lui, ora comunque è nel partito di Di Pietro) e da quelle parti è normalissimo che i sindaci decadano per incompatibilità ed è normale pure che l’acqua sia gratis (il Comune non riscuote le bollette) ed è acclarato, ancora, che il tasso di abusivismo edilizio farebbe sembrare Alto Adige anche la Calabria. L’operazione politica, alle elezioni amministrative dell’aprile 2008, comunque è stata questa: per far fuori ogni concorrenza interna - questa la principale attività politica di Michele Iorio da lustri interi - il presidente della Regione, Iorio appunto, ha favorito la spaccatura del centrodestra e ha favorito la nascita di «Venafro sarà», un’incredibile lista-minestrone da contrapporre a quella dell’europarlamentare di centrodestra Aldo Patricello. Nella lista di Iorio, che lui personalmente presentò ufficialmente il 27 marzo 2008, si mettevano insieme uomini di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell’Italia dei Valori e altre forze minori: il problema è che Iorio era il leader del futuro Pdl, non di una lista civica da contrapporre ad altri candidati di centrodestra. Risultato: la lista di Iorio ha vinto, ma piuttosto che allearsi con la lista di Patricello, che è uomo di centrodestra con un certo ruolo anche a livello nazionale, ha preferito proseguire il grande abbraccio che in Molise segna i rapporti tra Iorio e Antonio Di Pietro. Ergo: sindaco è diventato Nicandro Cotugno del Pdl che è subentrato così all’ex primo cittadino Vincenzo Cotugno, ineleggibile per una pronuncia giudiziaria; assessore al commercio invece è diventato Adriano Iannaccone dell’Italia dei Valori: presidente del consiglio comunale è infine divenuto Nico Palumbo, dell’Italia dei Valori pure lui. Il grande gelo di Berlusconi nei confronti del Presidente della Regione, Iorio, nasce da qui: ne ha ben dato testimonianza primapaginamolise.it, quotidiano online che da tempo ha rotto ogni equilibrio informativo e ha gettato nel panico politici e amministratori locali. In tutto questo non abbiamo neanche nominato il Partito democratico, che in teoria sin dal 2008 era già apparentato con l'Italia dei Valori ma che Di Pietro stesso ha regolarmente tagliato fuori da tutto: lo spiega bene anche la vicenda della società «Autostrade del Molise». In scia all’allucinazione di costruire appunto un’autostrada da tre miliardi di euro in Molise, infatti, il ministero delle Infrastrutture guidato da Di Pietro spartì col governatore forzista Michele Iorio ogni posto disponibile nell’organigramma: la presidenza e metà consiglio di amministrazione andarono a uomini di Iorio, l’altra metà a uomini di Tonino. È pur vero che Di Pietro, per l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano, aveva trovato un accordo temporaneo anche col governatore della Lombardia Roberto Formigoni: la differenza è che in Molise il rapporto con Iorio è stretto e fisiologico e appunto societario, tanto che non si contano, al riparo dalla stampa nazionale, le manifestazioni di reciproco e ormai consolidato elogio. Non fosse una parola inservibile, diremmo che tra i due è in atto un inciucio clamoroso.

 

Ne discendono altre due inquietanti domande. Una, più ingenua, è questa: che coerenza c’è tra il Pdl che governa il Paese e il suo rapportarsi con una forza politica che ogni giorno paventa dittature e fine della democrazia? Non lo chiediamo a Di Pietro, il cui doppiogiochismo conosciamo da una vita: lo chiediamo al Pdl. Anche perché c’è una seconda domanda, poi, che dovrebbe interessare anche i politici di secondo pelo: ci si è accorti di quanti voti il Pdl ha perso per via degli inciuci di Iorio? Forse la memoria latita, ma il Molise è unica regione italiana che alle politiche del 2008 è passata dal centrodestra al centrosinistra per numero di voti; il Presidente della regione, un ex democristiano convinto che in Molise nulla possa cambiare circa i rapporti familistici e di piccola convenienza che spesso hanno governato il consenso da quelle parti, negli ultimi due anni ha badato a fare campagna elettorale molto più contro i concorrenti di centrodestra che contro l’antagonismo della sinistra. E non si può neanche dire che il passato governo Berlusconi avesse trascurato la Regione, visto che portano la sua firma per esempio i decreti sui fondi post terremoto. La struttura del neonato Pdl, forse, potrebbe cominciare a muoversi: perché da raccontare ce ne sarebbero davvero tante altre, nella Ceppaloni di Tonino.

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