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Filippo Facci e Antonio Di Pietro


picpus

Messaggi raccomandati

Dal link http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...39608girata.asp

 

riporto un interessante articolo:

 

La politica? Un affare di famiglia

 

Figli e cognati in Parlamento

 

FABIO MARTINI

 

ROMA

 

Dunque, andando all’osso, la novità è questa: Cristiano Di Pietro si è dimesso, ma non dalla sua poltrona. Il figlio di Tonino ha lasciato l’Italia dei Valori, il partito di papà, ma resta consigliere provinciale di Campobasso come «indipendente». Al di là della forza (o della debolezza) del gesto simbolico, si può davvero immaginare che le dimissioni siano l’effetto di un lacerante strappo famigliare? Si può davvero immaginare che Cristiano, entrato in politica essenzialmente per grazia paterna, d’ora in poi farà tutto di testa sua? In realtà Tonino e Cristiano Di Pietro sono sempre stati unitissimi tra loro, sin dai tempi nei quali il figlio poliziotto faceva da scorta al padre pm e dunque il loro sodalizio politico è destinato a diventare l’espressione più matura di quel fenomeno, apparentemente antico, che si chiama «partito familiare».

 

E cioè di come anche i politici avanzino per discendenza dinastica. Con un pater familias potente che irradia il suo potere sui parenti, con lo stesso assolutismo di un Re. Certo, la sera in cui Umberto Bossi si è presentato a palazzo Grazioli ad uno dei vertici del centrodestra accompagnato dal figlio Renzo, Silvio Berlusconi è stato festosissimo e si può capire perché: per il Cavaliere il partito personale è sempre stata una vocazione e tanto meglio se diventa un modello. Naturalmente Silvio chiese di tornare, invito che i due Bossi hanno raccolto. Sorride Bruno Tabacci, un battitore libero che si è formato nella Prima Repubblica: «Ma ve l’immaginate Andreotti, Moro o Fanfani che si presentano ad un vertice con Nenni o Berlinguer portandosi dietro uno dei loro figli? E il buon Amintore di figli ne aveva otto... La verità - ma molti l’hanno dimenticata - è che nella Dc i figli dei leader non potevano entrare in politica sino a quando la parabola politica dei genitori non si fosse conclusa.

 

Una legge non scritta, ma ferrea». Vero. Rosa Russo Iervolino e Sergio Mattarella, Mario Segni ma anche Antonio Gava sono tutti entrati in scena quando ne erano usciti i loro importanti genitori. Nella Prima Repubblica, seppure con qualche eccezione (Giorgio La Malfa, figlio di Ugo, ebbe in dono il nomignolo di «Gesù Bambino»; Bobo Craxi fu fatto segretario milanese del Psi dal padre Bettino) si usava così. Certo, c’è il precedente memorabile di Galeazzo Ciano che sposò la figlia di Mussolini nel 1930 e, da adetto di ambasciata a Rio de Janeiro, nel giro di 5 anni sarebbe diventato ministro della Stampa e Propaganda e poi degli Esteri. Eppure la novità del familismo in politica scoppia in tutto il suo splendore nella Seconda Repubblica. Per prima cosa sono spuntati i partiti personali - Forza Italia, Rinnovamento Italiano di Dini, l’Italia dei Valori, l’Udeur di Mastella e anche la Lega. Partiti di tradizione democratica hanno smesso di tenere congressi alle scadenze statutarie (dentro An, erede del vivacissimo Msi, l’ultima conta risale a sei anni fa) e passo dopo passo, è spuntato il sottoprodotto del partito personale: la trasmissione dinastica della poltrona.

 

Che ha colpito tutti. L’ascetico Armando Cossutta che si è portato in Parlamento la figlia Maura, anche il vulcanico leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, che voluto con sé il fratello Marco, il quale ha avuto il coraggio di dire: «Non vedo dov’è lo scandalo. Io nasco calciatore, da qualche anno c’è un leader del centrosinistra che mi stima e mi vuole candidare: in fondo è lui ad averne un vantaggio». Nel 2005 Clemente Mastella ha voluto che la moglie Sandra - fino a quel momento digiuna di politica - venisse inserita ed eletta d’ufficio nel listino del Governatore Bassolino e subito dopo ha chiesto che la sua signora presiedesse il parlamentino della Regione Campania, la più popolosa d’Italia dopo la Lombardia. Tra i tanti casi spuntati nel centrodestra, il più orginale è quello di Mariella Bocciardo, la prima moglie di Paolo Berlusconi. Promotrice a Milano di un ristorante, il «Mangia e ridi», rivelatosi poco redditizio (ma al quale si erano associati personaggi come Adriano Galliani e Paolo Romani), la «ex» è stata aiutata a trasferirsi in Parlamento. E Di Pietro? Certo, Cristiano continuerà a presidiare il territorio, ma a Roma - già da qualche mese e per non sentirsi solo - Tonino si è portato dietro il cognato. Gabriele Cimadoro, a Montecitorio era già entrato nel 1998: allora e oggi è noto per i suoi sigari.

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E la cosiddetta "Italia dei Valori" si spacca!!!

 

Dal link http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=732996

 

riporto:

 

POL - Idv, non solo caso Di Pietro: il campano Barbato scende dal taxi

 

Roma, 30 dic (Velino) - Il caso Di Pietro continua a tenere banco sui quotidiani e suoi blog. A chiuderlo non sono bastate le dimissioni di Cristiano Di Pietro, figlio del leader dell’Italia dei Valori, da ogni incarico nel partito. Da più parti - anche da esponenti e sostenitori dell’Idv - si fa notare che il passo indietro è solo parziale, visto che il figlio di Antonio Di Pietro - coinvolto per le intercettazioni a suo carico nell’inchiesta Global service - non si è dimesso da consigliere provinciale. Chi pare accontentarsi è Marco Travaglio, presenza fissa sul blog di Di Pietro senior. Dove ieri, però, il “Passaparola” di Travaglio - un intervento video abitualmente trasmesso il lunedì sul blog di Di Pietro, oltre che su altri siti - non è stato ospitato. Un’assenza cui Di Pietro rimedia oggi, pubblicando anche un articolo di Travaglio encomiastico rispetto alle dimissioni di Di Pietro jr (“un gesto di grande dignità, che infatti in Italia non fa mai nessuno, nemmeno se l’arrestano”) e sarcastico rispetto alle punture giunte al leader Idv da Clemente Mastella. Sui blog - anche su quello di Di Pietro - c’è chi dissente dai Di Pietro. Ancor più pesanti le critiche di un esponente dell’Italia dei valori (eletto nelle loro liste ma non iscritto al partito, puntualizza oggi) come Francesco “Pancho” Pardi, che - intervistato dal “Riformista” - contesta la decisione “inopportuna” di Cristiano Di Pietro: “Avrebbe dovuto dimettersi dalla carica, mica dal partito”. Anche perché “alla base del polverone non ci sono mica dissidi tra Cristiano Di Pietro e il partito”.

 

Per Pardi, se il leader dell’Idv all’inizio questa vicenda “l’aveva affrontata nel modo migliore”, ieri Di Pietro - “evitando le dimissioni del figlio dalla carica” - non ha fatto la scelta “più indovinata”. Al contempo, il professore protagonista della stagione dei “girotondi” ricorda che “come regola generale è meglio se i parenti dei politici rimangano fuori dalla politica”. Tirando le somme, il beniamino della sinistra girotondina constata: “Quello che è stato più danneggiato da questa situazione è Antonio di Pietro”. Inoltre, secondo Pardi l’Idv, “che si presenta come ‘il partito della trasparenza’, dovrebbe avere un sovrappiù di cura rispetto alle altre forze politiche”. Un sovrappiù che Franco Barbato, deputato dell’Idv eletto a Napoli, non ravvisa in Campania. Tanto che Barbato annuncia a “Panorama” la propria autosospensione dagli incarichi di partito in quella regione. chiedendo all’Idv di fare pulizia al suo interno. “O facciamo pulizia - insorge Barbato - o me ne vado. Mi sospendo dagli incarichi dell’Idv in Campania, perché qui nel partito spuntano camorristi, strane facce, gente alla quale io nemmeno stringerei la mano”.

 

L’Idv, denuncia il deputato, corre “il rischio di diventare il partito taxi su cui salgono quelli che vogliono rubare, arraffare, farsi i fatti propri. Io che sono il guardiano del dipietrismo in Campania dico che i conti non tornano - si legge nelle anticipazioni del settimanale -. Ma le pare che quando riapre la Camera debba sedere a fianco del collega di partito Americo Porfidia, indagato per camorra dal brillante e coraggioso pubblico ministero che conduce le inchieste sui Casalesi?”. Rispetto a casi come questi, le dimissioni di Cristiano Di Pietro sono “una pagliuzza”, assicura Barbato. Quanto a Porfidia, ieri il sindaco di Recale (Caserta) si è autosospeso dal partito, “al fine di evitare qualunque ulteriore strumentalizzazione politica”. Porfidia attenderà, “fiducioso nei magistrati, l’epilogo di questa vicenda”. Sul caso Di Pietro, un parere rassicurante è infine espresso dal costituzionalista Stefano Passigli, recentemente posto dall’Idv alla guida del dipartimento istituzionale del partito. “Se Cristiano Di Pietro ha segnalato una persona competente, non ci vedo nulla di male”, dice Passigli al “Corriere della Sera”. Per l’ex senatore ulivista, la questione delle dimissioni di Di Pietro jr va riservata a “valutazioni sue e di suo padre”, insomma a una “dialettica familiare”, Più in generale, per Passigli “le raccomandazioni devono cessare di essere una pratica nascosta e venire alla luce del sole”.

 

(ndl) 30 dic 2008 13:29

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Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=317959&...ART=0&2col=

 

un illuminante articolo di Filippo Facci sul fac-simile di partito, chiamato IDV:

 

 

I Valori del partito di Tonino: lui comanda da solo, i suoi si dimettono per finta

 

di Filippo Facci

 

 

Il più comico ovviamente è sempre il cabarettista del Travaglino, l’Ugo Intini di Antonio Di Pietro: sull’Unità di ieri, ormai appaltata definitivamente all’Italia dei Valori immobiliari, è riuscito a scrivere che «è giunta notizia delle dimissioni di Di Pietro junior dall’Idv per un paio di semplici raccomandazioni: un gesto di grande dignità». Una dignità mai vista, roba d’altri tempi, tipo quando Travaglio faceva il giornalista e non era pagato a verbale. Cioè: neppure la Dc morotea sarebbe riuscita a inventarsi le dimissioni senza dimissioni come ha fatto il dipietrino, sicuramente in accordo con il padre-padrone dell’Italia dei Favori.

 

Vediamo la sequenza: prima Cristiano Di Pietro finisce su tutti i giornali per un’intercettazione telefonica di cui si vociferava da mesi (e di cui il padre era a conoscenza da un anno e mezzo, ma non vuol dirci perché) ed ecco che dopo, solo dopo, cioè quando i fondamentalisti del suo partito hanno espresso qualche perplessità via internet, ecco che il ragazzo allora annunciava il grande gesto: mi dimetto dall’Italia dei Valori, sigh, non sarò più capogruppo, sob, e scusatemi se però manterrò la carica di consigliere provinciale ed entrerò solo nel gruppo misto che a Campobasso oltretutto non c’è; scusatemi se prenderò i soldi del contribuente esattamente come prima; scusatemi per questa mia «decisione forte ed estremamente sofferta», che «compio con sofferenza e dispiacere» anche se in sostanza non mi cambia un tubo, perché è solo una commedia da strapaese: tanto che poi è arrivato il «coordinamento regionale dell’Italia dei Valori», ieri, e ha diramato una nota buffonesca dove si spiega che «non condividiamo l’atto delle dimissioni di Cristiano Di Pietro dall’Italia dei Valori, Cristiano è un ragazzo buono, che ha lavorato in questi anni con entusiasmo e grande senso di responsabilità» eccetera, questo prima di esprimere «la più profonda vicinanza» ad Antonio Di Pietro e annunciare che alcuni signori ora avranno «il compito di indirizzare le scelte e gli orientamenti politici, di raccordo con la segreteria nazionale del partito, dell’Italia dei Valori molisana».

 

A quando il rientro del figliolone prodigo, con grande festa in masseria e cavatelli al sugo? Ma soprattutto: di quali «scelte» e «indirizzi politici» vanno cianciando? Non ci sono scelte, non ci sono indirizzi: c’è Di Pietro. C’è un «partito» che appartiene a Di Pietro per statuto notarile, e così pure i finanziamenti pubblici. Il cabarettista del Travaglino è riuscito a dire, l’altro giorno: «Non è reato segnalare amici per incarichi, è però malcostume, quindi bene ha fatto Di Pietro a tirare le orecchie a suo figlio. Nel suo, come negli altri partiti, ci dovrebbe essere immediatamente l’intervento del collegio dei probiviri che esamina i casi non penalmente rilevanti e decide sanzioni».

 

Peter Gomez, cronista vice-Travaglio ma po’ più savio di lui, un paio di giorni prima aveva scritto la stessa cosa sul suo blog: «Deve essere il collegio dei probiviri dell’Italia dei Valori a esaminare il caso di Cristiano Di Pietro e degli altri iscritti i cui nomi sono comparsi sui giornali. Deve essere aperta un’istruttoria, devono essere ascoltati i protagonisti, e alla fine deve essere presa una decisione. Insomma, va seguito un percorso istituzionale al termine del quale i probiviri potranno sospendere, espellere, ammonire, censurare o scagionare gli iscritti».

 

Il dettaglio, figlioli, è che l’Italia dei Valori non ha nessun collegio dei probiviri: a esser precisi non ha niente. Ha Di Pietro. L’Italia dei Valori è l’unico partito d’Europa (forse del mondo) che è affiancato da un’associazione costituita da Di Pietro (Presidente) e da Silvana Mura (Tesoriera) ed a Susanna Mazzoleni (moglie di Di Pietro) nel cui consiglio si può entrare solo con il consenso del Presidente (Di Pietro) al quale andranno tutti i soldi del finanziamento pubblico: il Partito, invece, è finanziato coi soldi degli iscritti; presidente del partito è il presidente (a vita) dell’associazione, cioè Di Pietro; la Tesoreria del partito appartiene alla tesoriera (a vita) dell’associazione, cioè a Silvana Mura, cioè a Di Pietro; né gli iscritti al Partito né un eventuale congresso possono sfiduciare il Presidente, cioè Di Pietro.

 

Una roba mai vista neppure in Uganda: è per questo che moltissimi se ne sono andati e in primis Elio Veltri, che pure sosteneva Di Pietro dal 1988. E Travaglio e compagnia dicono che c’è il problema dei probiviri: ma allora non hanno capito. Non hanno capito la democrazia secondo Di Pietro, non hanno capito i «valori» secondo Di Pietro, la sua moralità, la caratura di personaggi che hanno riempito le sue liste elettorali e che ieri, sul Giornale, sono stati definiti come «ambigui » da Giovanni Aliquò, ex capolista dell’Italia dei Valori in Campania.

 

A proposito:il sindaco di Recale (Caserta) nonché deputato dell’Italia dei Valori, Americo Porfidia, si è autosospeso dal Partito perché coinvolto in un’inchiesta dell’Antimafia napoletana. E lo sapevamo. Non sapevamo che passerà al Gruppo misto, perché ha dato le dimissioni a metà, come Cristiano. Anzi: essendo anche deputato, le ha date a un quarto. È il partito della Legalità.

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Antonio DiPietro ha querelato IlGiornale per le enormi quantità di notizie false dette negli ultimi giorni su di lui e l'IDV

 

(AGI)- Roma, 31 dic. - "Non io devo rispondere alle loro diffamazioni, ma loro al giudice spiegando per conto di chi costruiscono e pubblicano false notizie sul mio conto e su quello dell'Italia dei valori. E le azioni giudiziarie, a cui ho fatto riferimento, non sono state solo minacciate, ma anche esperite, come lo stesso direttore de 'Il Giornale' dovrebbe ben sapere, non fosse altro perche' ha firmato le ricevute delle notifiche delle cause che gli sono state recapitate. Con l'anno nuovo ricevera' anche la notifica relativa alla diffamazione odierna". Lo afferma Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori, replicando alle dichiarazioni del direttore de 'Il Giornale'.

 

http://www.agi.it/ultime-notizie-page/2008...om1087-art.html

 

Quanto invidio Tonino, si farà un'altro bell'apparamento con i soldi de "ilGiornale" , il quale, involontariamente è la più grande fonte di reddito per Tonino

Modificato da Leviathan
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Dal link http://iltempo.ilsole24ore.com/2008/12/27/...ia_valori.shtml ( "Il Tempo" non "Il Giornale"!!! )

 

riporto:

 

 

L'ex provveditore Mautone e gli uomini di Di Pietro

 

Spunta il sistema Italia dei Valori

 

Dipanando il filo intricato dell'inchiesta della Procura di Napoli sul "sistema Romeo" e gli appalti pilotati, si scopre che il bandolo della matassa è rappresentato da un altro ben più oscuro personaggio e dagli intrecci di potere e clientele che si intessano attorno a lui.

 

 

Ed in effetti, il nodo della vicenda è rappresentato proprio dalla figura dell'ex Provveditore alle opere pubbliche della Campania, Mario Mautone, e del «sistema» che ruotava attorno a lui, in cui spesso si trovano coinvolti a vario titolo personaggi di primo piano del partito di Antonio di Pietro. È proprio intercettando Mautone, in un'altra inchiesta, che la Direzione antimafia di Napoli si trova a scoprire le trattative sospette tra l'imprenditore Alfredo Romeo e mezza giunta comunale di Rosa Russo Iervolino. E, da quanto trapela, la figura di Mautone (ad oggi agli arresti domiciliari) sarebbe coinvolta in altre gravi inchieste giudiziarie i cui sviluppi saranno presto pubblici.

 

Del resto, il profilo di questo grand commis dello Stato, come viene tratteggiato dagli atti dell'inchiesta Romeo, è denso di ombre, specie per quanto riguarda i suoi rapporti con la politica e le clientele. Ed è in quest'ottica, spesso non penalmente significativa ma moralmente e politicamente di tutto rilievo, che vanno letti i suoi rapporti con l'entourage dell'allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, il quaule certamente era inconsapevole di tutto: a leggere le carte sembrano più i suoi ad approfittare della vicinanza con l'esponente del governo Prodi. Con il figlio Cristiano, innanzitutto, del quale nei giorni scorsi si è ampiamente scritto sulla stampa (ieri l'Idv ha fatto sapere in una nota che «non risulta indagato e non ha mai ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Napoli»).

 

Con il capo della segreteria ministeriale del leader dell'Italia dei Valori, il sorrentino Nello Di Nardo. E anche con il senatore Nello Formisano, oggi al vertice del partito dipietrista in Campania, all'epoca dei fatti (nel 2007) capogruppo dell'Idv in Senato, e con il cugino omonimo di quest'ultimo. Quando Mautone vuole sistemare il suo fedelissimo vice, Mauro Caiazza, piazzandolo al vertice di un Provveditorato o alla Regione Lazio prima che le elezioni alle porte possano spazzare via il governo Prodi, è proprio al senatore Formisano che si pensa: «Un intervento anche di Formisano anche a livello di regione Lazio sarebbe fondamentale».

 

Nelle intercettazioni registrate dai carabinieri napoletani ricorrono numerose telefonate tra Mautone e Formisano su nomine e persone da sistemare, specie all'interno del ministero retto all'epoca da Di Pietro. Come quando il 30 agosto il senatore dice al Provveditore: «È quasi fatta per Iadevaia» (come sostituto di Mautone, annotano i militari dell'Arma). O quando Mautone ricorda a Formisano «di non dimenticarsi della situazione di Salvatore Russo», in corsa per una promozione, sottolineando che «non dobbiamo far perdere questa cosa».

 

Naturalmente, Cristiano Di Pietro, Nello Formisano e Nello Di Nardo non sono gli unici dipietristi a trattare favori con Mautone. Ci sono per esempio i rapporti che Mautone intrattiene con il consigliere comunale Diego Venanzoni (che ha avuto un breve flirt con l'Idv, poi finito) e con il suo padre Francesco (già finito agli arresti per reati contro la pubblica amministrazione): le telefonate sono mirate ad ottenere un appalto per un'impresa legata al politico dipietrista, il cui titolare in una occasione viene personalmente accompagnato da Venanzoni nell'ufficio di Mautone. La raccomandazione andò a buon fine.

 

Roberto Paolo

 

27/12/2008

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non che cambi molto...

 

Dal link http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

 

riporto:

 

Sono giorni convulsi per l’on. Maurizio Gasparri, inopinatamente capogruppo del Pdl. Entusiasta all’idea che forse “rubano anche a sinistra” (a destra è scontato), eccitatissimo dalla prospettiva di poter fare la morale a Di Pietro, l’acuto statista ha annullato tutti gli impegni di fine anno e ha trascorso le sante feste esternando al ritmo di due dichiarazioni al minuto e polverizzando il record del ministro-kiwi Rotondi (nelle fisiologiche pause idrauliche lo rimpiazzava Capezzone, altro maratoneta degno di minzione). Cotanto accaldarsi va capito: Gasparri è quello che nel ’95 voleva Di Pietro leader del Polo al posto di Berlusconi e lo faceva sapere con gli stessi toni orgasmici con cui oggi lo dipinge come la versione deteriore di Provenzano: “Per noi di An - urlacchiava, pensando di fargli un complimento - Tonino è meglio del Duce!”. Ora, comprensibilmente, deve far dimenticare quegli sbracciamenti, e appare in ogni tg per lanciare improbabili “sfide” a Di Pietro e dire che “le dimissioni di suo figlio dimostrano che è colpevole”, ma “non bastano” perché “ci vuole ben altro”. La garrota, come minimo. Pare che, vedendolo così agitato all’inseguimento dell’ennesima telecamera, un passante gli abbia domandato: “Scusi Gasparri, ma se Di Pietro jr. deve dimettersi per una raccomandazione, che dovrebbe fare lei che guida un gruppo parlamentare con decine di pregiudicati, imputati e indagati, persino per mafia?”. A quel punto Gasparri è entrato in confusione, biascicando: “Di Pietro per noi è meglio del Duce!”. Gl’infermieri, che lo tallonano con discrezione, l’hanno subito trasportato a Palazzo Grazioli, dov’è stato a lungo sedato. Il decorso è regolare.

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nessuno è a corto di argomenti...

 

Invece tu come ti senti dopo tutti questi editoriali surreali che posti e ancora nessun DiPietro è indagato in nulla??

 

E poi non è pseudo satira, non farà morire dal ridere, ma un sorrisino Travaglio lo strappa sempre...

Modificato da Leviathan
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eccerto

 

Un tuo editorialista che cianca sui rimborsi elettorali dell'IDV dovrebbe sapere che IDV è sempre stata assolta anzi riporto dal blog personale di Tonino:

 

Riporto una mia intervista, rilasciata e oggi pubblicata dal quotidiano Libero, sulle pubblicazioni a me rivolte da Il Giornale in tema di rimborsi elettorali ai partiti.

 

Antonio Di Pietro: Il Giornale pubblica una memoria di controparte presentata in un processo civile da quelli del “Cantiere”, un'associazione che fa riferimento a Occhetto e a Giulietto Chiesa, in cui si chiede la divisione dei rimborsi elettorali delle Europee 2004.

 

Libero: E fin qui non ci vedo niente di male.

Antonio Di Pietro: Già, se non fosse che per ben tre volte la Camera dei Deputati ha respinto una richiesta analoga e due volte l'ha fatto la magistratura. Ora, è un sacrosanto diritto del gruppo che fa riferimento a Giulietto Chiesa presentare simili istanze tutte le volte che ritiene opportuno, però resta il fatto che ci hanno dato ragione cinque volte su cinque. Mi sembra abbastanza per affermare che siamo nel giusto.

 

Libero: Perché avrebbero torto a chiedere una parte dei rimborsi? Non gli spetterebbero in parte?

Antonio Di Pietro: Il “Cantiere” è nato nel 2005, perciò non può ottenere il rimborso di un'elezione avvenuta nel 2004. In secondo luogo, il rimborso viene riconosciuto al partito che fa richiesta, non ai singoli candidati: non s'è mai vista una divisione pro quota, cioè un pezzo a me e un pezzo a te. Per questo cinque volte su cinque, sia la Camera dei Deputati sia i magistrati, ci hanno dato ragione. Il Giornale, se non voleva essere fazioso e omissivo, avrebbe dovuto raccontare anche l'altra metà della mela.

 

Libero: Nell'inchiesta si dice che lei, sua moglie Susanna Mazzoleni e l'onorevole Silvana Mura abbiate un'associazione Italia dei Valori che si sovrappone al movimento politico Italia dei Valori.

Antonio Di Pietro: O benedetto signore, ma sono la stessa cosa! Che lo chiami associazione o movimento sempre quella siamo! Gli organi sono gli stessi. E c'è un solo conto corrente, da dove si prelevano soldi esclusivamente per attività del movimento.

 

Libero: Era proprio necessario sdoppiare la struttura?

Antonio Di Pietro: Ogni partito, nel suo statuto, adotta cautele di garanzia nella gestione della tesoreria. Lo statuto ti può non piacere, io mica metto il becco negli statuti degli altri: noi ci siamo garantiti cosi e ci sentiamo tranquilli dalle rivendicazioni di qualche guastafeste.

 

Libero: Teme qualche guastafeste dentro il suo partito?

Antonio Di Pietro: I litigi dentro il Pd tra ex Margherita ed ex Ds sul patrimonio mica me li sono sognati io. E voglio vederli adesso quelli di Forza Italia con quelli di An quando faranno il Pdl. Voglio stare tranquillo e voglio vederci sempre chiaro, io.

 

Libero: Già, io. Antonio Di Pietro. Dicono che dentro l'Italia dei Valori a dettar legge sia solo lei.

Antonio Di Pietro: Intanto noi facciamo i congressi, gli altri non lo so. La democrazia interna non ci manca. Ciò precisato, ammetto che dopo alcuni errori nella valutazione delle persone abbiamo voluto che Italia dei Valori fosse fondata da queste persone: io, Susanna Mazzoleni e Silvana Mura. Mi sembra che anche gli altri partiti siano nati per iniziativa di una singola persona: se non va bene allora il Giornale faccia la morale prima a Berlusconi, poi agli altri.

 

Libero: Potete sempre cambiare passo.

Antonio Di Pietro: E' già cosi. Italia dei Valori è cresciuta, è presente in tutte le istituzioni, sia a livello nazionale che locale, e le liste non le fa solo Antonio Di Pietro.

 

Libero: Lei è simbolo della massima trasparenza...

Antonio Di Pietro: E allora mi stia a sentire bene: l'Italia dei Valori ha depositato un disegno di legge per la registrazione dei partiti, vogliamo che i partiti siano regolamentati da una sola normativa. Non solo, in questa finanziaria abbiamo chiesto di eliminare i rimborsi elettorali proprio perché si faccia una legge sulla regolamentazione dei partiti. Le sembro uno che vuole nascondere qualcosa?

 

Libero: No. Infatti ha creato due soggetti, perché non si sa mai...

Antonio Di Pietro: Quali due? Uno solo! Oggi i partiti sono gestiti come associazioni di fatto e ognuno si fa uno statuto interno. L'importante è non stornare i finanziamenti per attività diverse ad quelle del partito. E noi cosi abbiamo fatto, tant'è che – glielo ripeto – la richiesta del “Cantiere” è stata respinta cinque volte su cinque. Ma ora vogliamo parlare dei veri problemi? Vogliamo dire che l'indipendenza della magistratura è minacciata?

 

Libero: A me sembra che anche qualche cittadino innocente sia minacciato da svarioni giudiziari: lo vogliamo dire? Lo vuole ammettere anche lei?

Antonio Di Pietro: Le garanzie si danno con i fatti. Vogliamo una giustizia che funzioni? Vogliamo processi più veloci? Allora ci vogliono più soldi e non meno soldi com'è uscito dalla finanziaria di Berlusconi. Ci vuole più personale, invece qua se ne taglia il 30 per cento.

 

Libero: Il ministro ombra della Giustizia Tenaglia ha proposto tre giudici anziché uno per evitare che la carcerazione preventiva metta dentro gente per niente. E' d'accordo?

Antonio Di Pietro: Per me ne possiamo mettere anche cinque di giudici, ma poi li devi avere. Invece non ci sono, lo dico, recuperiamo i mille giudici in aspettativa, prendiamo i giudici militari che forse sono più utili a smaltire le cause, recuperiamo la magistratura ordinaria, e poi vediamo se i processi durano di meno o di più. Il problema si risolve con gli strumenti finanziari e quelli organizzativi, altrimenti è il solito modo perché la Casta non subisca processi.

 

Libero: In Italia quando c'è un problema si dice che è colpa del personale che manca, intanto l'abuso della carcerazione preventiva resta un dato di fatto.

Antonio Di Pietro: Non è vero. Sull'uso della carcerazione preventiva c'è un giudice che la applica e un altro che ne verifica le condizioni. Se si mettono i giudici nella condizione di lavorare meglio e più serenamente, la giustizia funzionerebbe meglio. Per quel che ci riguarda il 7 gennaio presenteremo il milione di firme contro il lodo Alfano. Forse è per questo che poi ci dedicano cosi tante attenzioni.

 

Libero: Le inchieste sono il sale del buon giornalismo.

Antonio Di Pietro: E allora perché la nostra voce non la fanno sentire quando parliamo dei problemi sociali del Paese? Quando respingiamo le intenzioni di mettere il bavaglio ai giudici? O quando accusiamo il governo di avere svenduto Malpensa? Adesso dare Alitalia ad AirFrance va bene, eh? Cos'è cambiato? Mi facciano parlare delle cose vere invece di montare ad arte certe accuse contro Di Pietro. Ma hanno fatto male i calcoli, non cediamo. Io non cambio.

 

 

 

 

5 cause su 5 mi pare una buona media per respingere certe voci

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In casi come questi è utile ritornare al testo originale causa della discussione:

 

Cristiano: «Poi un'altra cosa, non so se la puoi fare questa cosa o meno... se hai la possibilità... ».

Mautone: «Dimmi, dimmi».

Cristiano: «Io ho un amico però è ingegnere e sta a Bologna, volevo sapere se su Bologna c'era possibilità di trovargli qualcosa...».

Mautone: «Adesso vediamo, ci informiamo subito e vediamo»

Segue il paragone con un esempio famoso, per rispettare anche la par condicio:

 

(Nessuno si ricordà di Saccà?)

Ricordiamo che anche al tempo ci fu una grossa cagnara ma Berlusconi venne assolto appunto perché il fatto non costituisce reato (certo che Berlusconi non si aiuta commentando dopo l'accaduto al figlio di Di Pietro che se uscissero certe intercettazioni su di lui se ne andrebbe dal paese).

 

Per quanto riguarda ad esempio articoli come quello de Il Tempo, faccio solo notare l'uso dell'espressione "coinvolgimento a vario titolo", che vuol dire appositamente tutto ma anche niente (essendo Mautone un provveditore alle opere pubbliche, è perfettamente normale che abbia contatti con altre persone con incarichi istituzionali). Anche altri articoli usano termini altrettanto vaghi, quindi suggerisco di aspettare i magistrati per sapere cosa queste parole vogliono esattamente dire, fermo restando che per la legge italiana si è innocenti fino a prova contraria. Tutti quegli articoli che si sono già pronunciati sull'esito della vicenda (una pessima abitudine molto diffusa) sono quindi da prendere con un grano di sale.

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Il problema non è quello della responsabiltà penale, bensì quello della responsabilità politica e morale di chi, come il Supremo Inquisitore del Sant'Uffizio, nonché sommo letterato, Antonio Di Pietro, si erge, da sempre, a fustigatore dei malsani altrui comportamenti; Berlusconi, sicuramente, non ha mai preteso di rivestire tale nobilissimo ruolo!!!

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Come no lo ha fatto nella sua prima campagna elettorale...

 

Wotan ben arrivato nel forum

 

Il perchè certi editorialisti sono così vaghi è per far spacciare, in caso di querela, le loro diffamazioni e false notizie come opinioni personali in sede di giudizio.

 

E come tutti sanno non sono nemmeno indagati i DiPietro...

 

Posto su Mario giordano e la sua campagna anti IDV (chissà quanto li costerà) una risposta di un parlamentare IDV:

 

Ho riflettuto sulla paranoia e ho cercato di documentarmi consultando un buon manuale di psichiatria. La paranoia è «un’anomalia costituzionale che rimane latente in gioventù e si manifesta col maturare degli anni rivestendo la forma di un delirio a lenta evoluzione, coerente e fanatico (…) L’intransigenza nei giudizi, la critica velenosa, la superbia smodata, la tendenza ai litigi e alla ritorsione giganteggiano, alimentando alla base il delirio di persecuzione o di rivendicazione».

 

La paranoia è un’infermità mentale caratterizzata da «quadri di delirio sistematizzato». In psichiatria forense, la paranoia esclude «la capacità, se non di intendere, certo di volere: perché la volizione e quindi l’azione del malato sono coartate dall’idea delirante che prevale». Insomma i paranoici sono persone abbastanza pericolose per sé e per gli altri.

 

Si racconta in giro, infatti, che il direttore de Il Giornale, Mario Giordano, abbia sofferto moltissimo la festività del Capodanno, a causa della quale i giornali non sono usciti. Si racconta che il suddetto direttore Giordano, volesse stamparsi, solo per sé, una speciale edizione del Giornale per il primo dell’anno, quando le edicole erano chiuse, interamente dedicata ad Antonio Di Pietro. Avrebbe infatti molto sofferto per la disumana costrizione d’astinenza determinata dalla festività.

 

Ci dispiace. Il sapere che un uomo soffre, mentre il mondo gioisce, turba umanamente. Si racconta pure che, avendo appreso che Silvio Berlusconi aveva offerto ai suoi ospiti di Villa Certosa, ben mezz’ora di fuochi d’artificio, tali da “illuminare il cielo della Costa Smeralda”, il direttore Mario Giordano sia andato in furiosa escandescenza (al punto da rischiare di diventare lui stesso un gioco pirotecnico), urlando odio e disappunto per feste e festaioli. Fortunatamente per lui, il 2 gennaio, le edicole sono state riaperte e così, per il decimo giorno, il paranoico direttore, ha potuto dedicare il titolo a tutta prima pagina, ad Antonio Di Pietro.

 

Siamo preoccupati anche dalla notizia che i giornalisti, prime vittime del direttore, sarebbero stati colti, pur se a gerarchie invertite, dalla sindrome che ben venne descritta nei films della Pantera Rosa e che colpiva l’ispettore capo Dreyfus a causa delle azioni dell’ispettore Jacques Clouseau. Comunque, tolta l’umana comprensione per il malato, ci stiamo divertendo moltissimo. Possiamo, felici, dire anche noi “domani è un altro giorno”. Per favore direttore Giordano, non ci deluda.

 

Luigi Li Gotti

Modificato da Leviathan
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Sperando che qualcuno voglia e sappia replicare al testo dell'articolo e non ... sparare a vanvera come al solito!

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=318785

 

riporto:

 

Martedì 06 gennaio 2009

 

L’ITALIA DEI LIVORI

di Mario Giordano

 

Dall’Italia dei Favori all’Italia dei Livori. Di valori, evidentemente, ne devono essere rimasti davvero pochi: sul sito ufficiale del partito di Di Pietro, infatti, è comparso un articolo intitolato «Il paranoico direttore». Sotto, modestamente, la mia foto. Nel testo mi si accusa di «infermità mentale», elaborando una fulminante diagnosi psichiatrica che intravede in me «quadri di delirio sistematizzato», «azione coartata all’idea delirante che prevale» e dunque «incapacità, se non di intendere, certo di volere». Di fatto sarei, in virtù della mia pazzia, «pericoloso per me e per gli altri». La ragione della pericolosità, s’intende, è il fatto che il Giornale abbia osato porre a Di Pietro alcune domande. A cui, per altro, Di Pietro non ha ancora dato risposta.

 

Evidentemente quando si finiscono gli argomenti, cominciano gli insulti. Così è, anche se non vi pare. Spiace dover parlare di noi, ma i lettori devono sapere, il fatto è di una gravità assoluta. Mai prima d’ora sul sito ufficiale di un partito della Repubblica era stato attaccato in modo così violento e volgare il direttore di un giornale. Quando qualche settimana fa Berlusconi criticò le vignette e i titoli di alcuni giornali si levò (e noi scrivemmo: giustamente) il coro in difesa della libertà di stampa. E allora si trattava di frasi pronunciate in un colloquio informale, a margine di un incontro coi giornalisti. Qui, invece, siamo di fronte a un attacco che parte dal sito ufficiale del partito Idv: una vera aggressione squadrista, non casuale, ma organizzata e meditata.

 

L’autore del saggio di psichiatria formato Ikea, questo piccolo Freud del Toys Center, infatti, non è un militante qualsiasi: è un esponente di spicco dell’Idv: Luigi Li Gotti, senatore della Repubblica, già sottosegretario nel governo Prodi. Ora: si può tollerare che un parlamentare offenda in questo modo un giornale? Non è un insulto, oltre che alla ragione, anche all’istituzione che rappresenta? E che cosa sarebbe successo se parole simili fossero state rivolte, a un qualunque giornale, da un qualsiasi esponente del centrodestra?

 

Per quanto riguarda l’oggetto dell’accusa, lo confessiamo: è vero, siamo paranoici. Se porre alcune domande e pubblicare inchieste significa essere paranoici, ecco: noi lo siamo. Se non demordere prima di avere avuto certezze e risposte chiare significa essere paranoici, ecco: noi lo siamo. Ma pur con tutti i nostri difetti, noi non abbiamo mai insultato l’onorevole Di Pietro: le malattie mentali preferiamo lasciarle nei luoghi deputati (e «deputati» sia detto senz’offesa). D’altra parte, visto che Tonino replica ai nostri quesiti e ai nostri documenti minacciando querele, bene, sappia che adesso in tribunale ci vedremo davvero. Lo querelerò io.

 

Il problema, però, è più grande del risarcimento che mi dovrà pagare. Il problema è il carico d’odio che si porta dietro quest’uomo. Per capirlo basta leggere il pacato dibattito che segue l’articolo psichiatrico, dove i militanti dell’Idv, eccitati dai loro leader, si scatenano in ogni forma di insulto e minaccia, compresa la minaccia di morte e relativo augurio di mettermi «a testa in giù». Questi sono i loro Valori, questa è la loro idea di democrazia. Vi rendete conto? Vanno in piazza e occupano Internet dicendo che vogliono difendere la libertà di informazione e poi se un giornale poco poco a loro non piace annunciano che metteranno il direttore «a testa in giù». Ditemi voi se questa non è gente da combattere in tutti i modi. Tutti i giorni. A costo di sembrare paranoici.

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Ho letto l'articolo sul sito del giornale nel primo pomeriggio di oggi e penso che Giordano abbia anche una bella faccia a querelare (per chi ha dubbi su come finirà la querela)

 

Evidentemente quando si finiscono gli argomenti, cominciano gli insulti. Così è, anche se non vi pare.

Il giornale è da quando ha Vittorio Feltri come direttore che non ha argomenti, solo un mix di fandonie e insulti con tanto di risarcimenti e non solo verso tonino.

 

Dal portale IDV c'è stata una protesta ironica verso un giornale, che non curante di sentenze, atti della repubblica vari, attacca senza sosta l'unico partito d'opposizione con largo uso di diffamazioni e linguaggio violento.

 

 

Il problema è il carico d’odio che si porta dietro quest’uomo. Per capirlo basta leggere il pacato dibattito che segue l’articolo psichiatrico, dove i militanti dell’Idv, eccitati dai loro leader, si scatenano in ogni forma di insulto e minaccia, compresa la minaccia di morte e relativo augurio di mettermi «a testa in giù». Questi sono i loro Valori, questa è la loro idea di democrazia. Vi rendete conto? Vanno in piazza e occupano Internet dicendo che vogliono difendere la libertà di informazione e poi se un giornale poco poco a loro non piace annunciano che metteranno il direttore «a testa in giù». Ditemi voi se questa non è gente da combattere in tutti i modi. Tutti i giorni. A costo di sembrare paranoici.

 

Invece sul sito de IlGiornale i lettori criticano in modo cortese e educato...

 

Che dire? il massimo disprezzo possibile per chi attacca in continuo con puro odio.

 

L'idv ha fatto questo... l'idv ha fatto questo...

 

L'idv, al contrario di molti, è sempre stata assolta Mario Giordano, non prescritti, ma assolti in pieno merito.

Un consiglio Giordano: vacci piano.

Anche Feltri su IlGiornale contro DiPietro ne inventava uno al giorno, poi sotto processo, in prima pagina ha dovuto confessare le infondatezze di invenzioni proprie del quotidiano che dirigeva, distruggendo la sua carriera.

Berlusconi non glielo perdono mai e lo licenzio, a dirigere IlGiornale andò BelPietro (ora a panorama).

 

La storia si ripeterà ancora?

 

Ah ilGiornale di Montanelli, quando era una cosa seria..

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E intanto avanza l'inchiesta-bis!!!

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=318792&...ART=0&2col=

 

riporto:

 

Martedì 06 gennaio 2009

 

Ora Di Pietro insulta il Giornale. Mautone nel mirino dei giudici

di Massimo Malpica

 

Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

 

Napoli - Un’altra inchiesta starebbe per tirare nuovamente in ballo Di Pietro junior e più esponenti dell’Idv. La Dda di Napoli, dopo aver concentrato le sue attenzioni sul «sistema-Romeo», avrebbe cominciato a muovere i primi passi di un filone parallelo. Quello iniziale, incentrato sul sotto-sistema illecito collegato alle attività particolari dell’ex Provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise, Mario Mautone. Sì, proprio lui, l’uomo che Antonio Di Pietro portò con sé al ministero delle Infrastrutture rimuovendolo dall’incarico napoletano non appena seppe (non si è ancora capito da chi) delle prime avvisaglie dell’inchiesta che coinvolgeva lo stesso Mautone e il figlio Cristiano, consigliere provinciale Idv a Campobasso, intercettato mentre a Mautone chiedeva «favori» per persone a lui vicine.

 

Nelle «nuove» indagini, ancora in fase embrionale, sarebbe dunque finita l’allegra gestione della cosa pubblica da parte di Mautone e il conseguente «sistema di potere illecito» di cui si trova iniziale cenno nel procedimento penale (numero 30624/06) avviato per «verificare eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata nei rilevanti e onerosi lavori pubblici in corso d’opera nel bacino idrografico del fiume Sarno, con particolare riferimento alla zona costiera». Tantissimi gli input investigativi e i personaggi sott’osservazione: funzionari pubblici, politici locali, imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine (tra cui l’ex questore Oscar Fioriolli). Tra i nomi dell’indagine-bis spunta anche quello di Cristiano Di Pietro, figlio dell’ex pm di Mani Pulite, che al momento risulta non ancora indagato secondo quanto ha riferito ieri il quotidiano Il Mattino (non smentito dalla Procura).

 

L’inchiesta-bis sul «sistema» del Provveditore avrebbe origini lontane, e se ne trova una timida traccia nell’informativa 15 febbraio 2008 laddove si fa anche cenno a una precedente indagine sul rifacimento del Sarno, riguardante il versante Nolano-San Giuseppe. «È d’uopo rappresentare - sottolinea la Dia - che il ruolo ambiguo del Provveditore (Mautone, ndr) era già emerso in pregresse attività di indagini condotte da questo Centro Operativo nell’ambito del procedimento 14451/03 (...) in relazione ad infiltrazioni della criminalità organizzata nella S.O.A. nazionale Costruttori spa». L’indagine sul «sistema-Mautone» è dunque figlia di più indagini, in parte confluite in quella sul «sistema-Romeo». Scrive la Dia: «Dalle conversazioni registrate sul numero di Mautone è emerso da subito, in modo inequivocabile, un quadro generale nel quale il Provveditore risulta essere al centro di un sistema di potere molto forte e costituisce il volano di una serie di raccomandazioni in tutti i settori pubblici, e in particolare, naturalmente, in quello delle opere pubbliche».

 

Secondo le prime indiscrezioni l’inchiesta-bis sul «sistema Mautone» avrebbe avuto un’accelerazione con l’ascolto di alcune conversazioni inerenti lotti di opere proprio sul risanamento del fiume Sarno. Tra le più significative quella in cui l’ex provveditore chiede al senatore Formisano di presentare un emendamento alla Finanziaria per un contributo alla «casa per gli anziani». Nell’intercettazione Mautone fa presente al suo interlocutore di insistere sul sociale arrivando «a inserire in graduatoria il nome della città» anche attraverso lo specifico stanziamento di 15-20 milioni di euro «per finanziare un progetto con impatto mediatico positivo» (Formisano, però, si mostra scettico). Quando Mautone si interfaccia telefonicamente con Nello Formisano, è presente il consigliere regionale dell’Idv, Francesco Manzi.

 

Ulteriori riscontri avrebbero portato gli investigatori a focalizzare l’attenzione su più iniziative «operative» di Mautone mirate a sbloccare fondi pubblici per una serie di «varianti» per orfanotrofi, edifici giudiziari, chiese, caserme, facoltà universitarie, strutture sanitarie. Iniziative messe in crisi con il trasferimento di Mautone a Roma. Illuminante, a tal proposito, la telefonata in cui l’ex provveditore parla con il deputato dell’Idv Amerigo Porfidia (indagato per camorra, si è autosospeso) della necessità di «tenere ben presente le esigenze di continuità», e dunque di rimanere a Napoli. Il 29 luglio 2007 Mautone la mette così: «Deve essere una posizione di voi politici a sostenermi. Noi abbiamo tante cose avviate insieme... ma come si fa... Poi è vero che è interesse mio, ma l’interesse è di tutti».

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Ancora?

non è indagato nessuno dell'IDV.

 

Su una cosa ha davvero ragione il direttore de Il Giornale, Mario Giordano. Nel suo caso, non è possibile parlare di paranoia. La paranoia prevede infatti che chi ne è afflitto creda davvero in quello che dice.

Nel nostro caso, invece, siamo difronte a qualcosa di molto più subdolo e pericoloso. Siamo di fronte a mezzi di informazione che, abbandonata ogni autonomia e libertà di pensiero, trasformano se stessi in armi improprie per perseguire fini che con il giornalismo e con l’informazione non hanno nulla a che vedere. In un’epoca in cui tutto è mosso e condizionato dalla comunicazione di massa nulla, infatti, fa male e ferisce come le parole pronunciate in una televisione o scritte su un giornale.

Ed ecco allora che, secondo uno schema non molto dissimile da quello del ventennio mussoliniano, se qualcuno dissente da pensiero del leader maximo, se qualcuno osa criticare, o, cosa ancor più odiosa, dire la verità, scatta impietosa la repressione che non è più fatta di manganelli e olio di ricino, ma di attacchi, insinuazioni, calunnie, denigrazione che tendono a distruggere l’avversario.

 

E quindi, più che giornali, sono fogli di regime di stampo sovietico all’insegna del principio che il modo migliore per distruggere il nemico è quello di denigrarlo, delegittimarlo e distruggerne la reputazione e la credibilità. Questa è l’azione che, con metodo certosino, il Giornale svolge quotidianamente. Un’azione della quale già hanno pagato il prezzo sia gli alleati, ne sanno qualcosa Fini e Casini, quando hanno osato mettere in discussione il potere del padrone, sia oggi con una violenza che non conosce precedenti chi, come Italia dei Valori e Antonio Di Pietro, ha il coraggio di dire agli italiani che il Re è nudo.

 

Per questo è paradossale e grottesco che a parlare di atti di squadrismo sia proprio Mario Giordano lui che, da direttore de il Giornale, è stato ed è regista di veri e propri attacchi politici agli avversari del suo padrone che con il giornalismo ci sembrano davvero aver poco a che vedere.

Oggi più che mai capiamo le ragioni che spinsero Indro Montanelli al gran rifiuto. Montanelli aveva un’idea precisa del giornalismo e sapeva che i giornalisti, quelli veri, non hanno padroni.

 

Massimo Donadi

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Ancora?

non è indagato nessuno dell'IDV.

...

Informati prima di dire cavolate!

 

 

Dal link http://fazioso.wordpress.com/2008/12/28/il...iro-della-rete/

 

riporto:

 

Il Caso Porfidia (IDV) indagato per camorra fa il giro della rete

28 12 2008

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Antonio di pietro

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www.affaritaliani.it

 

 

 

 

L’eco del caso di Americo Porfidia, deputato dell’IDV, incomincia a essere segnalato ovunque. Ieri Il Fazioso Liberale ha denunciato, prendendo spunto da alcune righe di 2 quotidiani, l’incredibile notizia di un presunto mafioso nel partito che professa un’onestà totale.

 

Oggi altri blog ( Camelot Destra Ideale e Simone Casadei ) rilanciano la notizia, che viene discussa anche sul forum di Politica Online, dove ovviamente i giustizialisti diventano negazionisti.

 

Altri giornali danno oggi nuovi particolari e si vengono a sapere anche le opinioni di Di Pietro stesso e Travaglio.

 

Ecco la cronaca de Il Giornale

 

È uno del gruppetto di esponenti Idv, guidati da Cristiano Di Pietro, con i quali l’ex provveditore alle Opere pubbliche di Campania e Molise Mario Mautone aveva rapporti. Il nome del deputato dell’Italia dei valori Americo Porfidia salta fuori nella stessa informativa della Dia che racconta dei favori che il figlio di Tonino chiedeva all’ex provveditore. Ma in quel documento su Porfidia si dice qualcosa in più. Ossia che alla data dell’informativa, febbraio scorso, il parlamentare, che è anche sindaco del comune di Recale, in provincia di Caserta, era indagato per camorra. «Nei confronti di Porfidia Americo - scrivono gli uomini della Direzione investigativa antimafia di Napoli - sono stati effettuati accertamenti effettuati da personale dipendente dai quali è emerso che presso la squadra mobile di Caserta (l’istruttoria è tuttora in corso) esiste un procedimento penale in carico alla Dda di Napoli, dottor Cantone». La Dia cita un’informativa del 2005 «con la quale sono state riferite risultanze investigative attinenti all’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 416 bis c.p. e ai reati aggravati ex art. 7 L. 203/91 (ossia l’aggravante del dolo specifico di agevolare l’associazione di stampo mafioso, ndr)». «Nell’informativa della squadra mobile di Caserta - conclude la Dia - il sindaco di Recale Porfidia Americo è stato denunciato all’autorità giudiziaria unitamente ad altre 16 persone»

 

Il Tempo rilancia la paternità dell’inchiesta da parte dal giudice favorito di Saviano

 

L’inchiesta sul deputato dell’Idv Americo Porfidia, indagato con altre 16 persone per il reato di associazione a delinquere di stampo camorristico, porta la firma di Raffaele Cantone, il pm antimafia che il clan dei Casalesi voleva far saltare in aria con il tritolo. È a lui che fu inizialmente affidato il fascicolo della Dda di Napoli contrassegnato dal numero 4883/04. Un fascicolo «madre» dal quale il 5 gennaio 2006 scaturì un’informativa della squadra mobile di Caserta in cui compare il nome del politico dipietrista. Raffale Cantone oggi non si occupa più di camorra. Dopo le minacce dei Casalesi (un pentito rivelò che era pronto un attentato per ucciderlo) e dopo ben otto anni trascorsi in trincea, da un anno è stato trasferito a Roma al massimario della Corte di Cassazione.

 

Sulla Stampa Di Pietro fa finta di non sapere nulla, evidentemente molto imbarazzato

 

Nelle carte della Procura di Napoli si rivela anche che il sindaco di Recale, Amerigo Porfidia, Idv, è indagato in una inchiesta per mafia. Sarà sospeso? «Non so nulla. Lui l’avrò visto una decina di volte. Naturalmente sarà sospeso, se la notizia sarà confermata, immediatamente da Idv. Può capitare che in un cesto di mele vi sia quella marcia, che va isolata e cacciata. Sottolineo, però, che capita sempre che per i propri esponenti finiti sotto inchiesta gli altri partiti reagiscono difendendoli. Insomma, scatta la difesa della casta».

 

e Travaglio stesso, intervistato da Il Tempo, forse per la prima volta, nonostante i penosi distinguo, critica l’amico trebbiatore

 

In questa rete di potere dell’Italia dei valori ci sarebbe pure Americo Porfidia, deputato dell’Idv e sindaco di Recale, in provincia di Caserta, su cui si indaga per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso. Un’altra brutta storia, non è un po’ troppo per il partito di un ex magistrato di Mani pulite?

«Quando è stato candidato Porfidia non era ancora indagato. Certo è colpa grave che Di Pietro sapesse così poco di lui. Però, penso che a Napoli si volevano fare affari con il condannato Alfredo Romeo, e a Firenze con il pluricondannato Salvatore Ligresti. Ecco, di loro si sa tutto e penso che gli amministratori del centrosinistra dovevano tenersene assolutamente alla larga, e invece… Amerigo Porfidia è un’altra storia, non è certo un big della politica. Sinceramente, finora era un totale sconosciuto pure per me»

 

e tra le righe incomincia a segnalare che il partito di Tonino inizia ad avere troppi personaggi non limpidi nelle proprie fila

 

Difende Di Pietro, ma consiglia più attenzione: «Antonio prende voti perché è considerato diverso dagli altri, onesto e incorruttibile. Se finisce questa diversità, chi lo vota più?»

A Napoli i giudici parlano di un sistema di potere manovrato da diversi esponenti dell’Idv, ci crede? Lei con chi sta: con i pm o con Tonino?

«Di Pietro è il primo che difende l’operato dei giudici. Il problema è che l’Idv non è un partito, ma un movimento, in cui chiunque può entrare. Finché non si trasformerà in un vero partito con un cerbero che fa da buttafuori, il rischio di imbarcare persone sbagliate rimane.

 

Insomma il caso Porfidia incomincia a essere seriamente fonte di difficoltà per l’Italia dei Valori. E nonostante un’incredibile scarsa copertura mediatica il partito dei giustizialisti incomincia a sgonfiarsi, colpito proprio dalla presunta superiorità morale sbandierata

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Guarda (e al blog del fazioso* forse sfugge) che una persona è indagata quando ha RICEVUTO AVVISI di garanzia.

 

 

attualmente non risulta

 

Vai tranquillo che se Porfidia lo riceverà, sarà espulso o sospeso dal partito.

Come dovrebbero fare anche gli altri...

 

EDIT

risale tutta alla settimana scorsa, Porfidia, stando all'AGI si è auto sospeso dall'IDV.

 

* carino chiamare il proprio blog il fazioso

 

Mi Aspetto dall'IDV l cacciata immediata delle mele marcie se esistono

Modificato da Leviathan
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Sempre sull'Inquisitore del Sant'Uffizio!!!

 

Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=319034

 

riporto:

 

Mercoledì 07 gennaio 2009

 

Ecco come Tonino eludeva le intercettazioni utilizzando i cellulari criptati dei suoi indagati

di Gian Marco Chiocci

 

di Massimo Malpica

e Gian Marco Chiocci

 

Non c’è figlio che tenga, per Antonio Di Pietro. Con Cristiano finito sui giornali per le chiacchiere e i favori chiesti al telefono all’ex provveditore Mario Mautone, il leader Idv ha tenuto botta. Lui, da sempre strenuo difensore delle intercettazioni come strumento di indagine, non ha cambiato linea nemmeno quando nel tritacarne mediatico ci è finito l’erede. Certo, è anche vero che un uccellino avvertì Cristiano di smettere di parlare con Mautone, tanto che il figlio, stando all’informativa della Dia, a metà di una telefonata troncò la conversazione, e per mesi e mesi cessò ogni contatto con il funzionario. Quello, Mautone, resta sotto ascolto, l’altro, Cristiano, non più.

 

Detto questo, va dato atto a Di Pietro di non aver semplicemente tenuto la rotta sul tema del «grande fratello» giudiziario, ma di aver addirittura alzato il tiro sull’argomento, criticando il ddl proposto dal governo (bollato come «piduista») e annunciando di essere pronto a lanciare un referendum per abrogare l’eventuale legge per limitare l’uso delle intercettazioni. Che sono «uno strumento utile e necessario», spiega Tonino, augurando persino «buon lavoro» ai magistrati che indagano su quelle telefonate tra Cristiano e Mautone: «Quando non si ha nulla da temere - la sua sintesi - non si ha paura delle indagini».

 

Eppure Tonino, a dar retta agli investigatori della Dia, qualcosa da temere ce l’aveva, visto che c’è il sospetto fondato che l’ex pm sapesse in tempo reale che il figlio era intercettato. Così come qualcosa da temere forse il leader Idv l’aveva quando ancora indossava la toga e indagava sul banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia. Quello «sb(i)ancato». Il faccendiere aveva nel 1993 acquistato schede telefoniche svizzere per evitare le intercettazioni. Alcune di queste, appurò il Gico della guardia di finanza, Pacini Battaglia le aveva anche regalate ad amici e conoscenti. E secondo il giudice Ferdinando Imposimato, uno dei destinatari era proprio l’ex pubblico ministero. «L’utenza gsm n. 0041/892009854 è stata certamente usata da Di Pietro», ricorda Imposimato nel suo libro Corruzione ad alta velocità: «Queste schede avevano all’epoca una particolarità, rendevano praticamente inintercettabili i telefoni che le usavano», continua Imposimato, e ovviamente chi usava quei telefoni di fatto non aveva nulla da temere. «Queste schede erano tutte intestate a Henri Lang, autista di Pacini Battaglia. Questo è agli atti della magistratura bresciana. E il fatto che il gip De Martino non l’abbia considerato reato non vuol dire che non sia vero».

 

Di Pietro, all’uscita del libro di Imposimato, tanto per non smentirsi, annunciò querela. «La sto ancora aspettando. Né io né la mia casa editrice Koiné abbiamo mai ricevuto querele, citazioni o richieste di rettifica da Di Pietro o da suoi rappresentanti», rivela Imposimato al Giornale.

 

Tornando alle schede svizzere di Pacini Battaglia - che anticipavano un sistema poi perfezionato dal dg juventino Luciano Moggi, come emerse nell’inchiesta della procura di Napoli su Calciopoli - è vero che a Brescia il gip non diede seguito alle contestazioni dei pm, che ritenevano invece come l’uso e il possesso di quella scheda telefonica dimostrassero il legame e i rapporti diretti tra Di Pietro e il banchiere italo-svizzero che Tonino indagava. Ma è vero anche che l’utilizzo di altre sim svizzere di Pacini Battaglia è stato giudicato penalmente rilevante da altri magistrati. Quando il gip di Milano Alessandro Rossato chiese al Parlamento l’arresto di Cesare Previti, tra le motivazioni della pericolosità dell’ex deputato mise nero su bianco che «l’onorevole Cesare Previti ha utilizzato una o due schede telefoniche gsm svizzere, fornitegli da Pacini Battaglia (int. 30/7/1997) “per sentirsi più tranquillo sulle telefonate che faceva”». Stesse schede, valutazioni difformi.

 

Infine. Se è vero, come Di Pietro afferma il 24 dicembre scorso, che «le intercettazioni stanno all’attività giudiziaria come il bisturi alla sala operatoria», l’ex pm dovrebbe ricordarsi che anche lui ha avuto paura - per restare alla stessa metafora - di finire sotto i ferri. Tanto che quando era sotto indagine a Brescia, Di Pietro mette a verbale una richiesta che alla luce delle sue attuali convinzioni è un po’ stonata. Lo fa in un interrogatorio del 7 luglio 1995. Per «evitare ulteriori invasioni ingiustificate nella mia sfera privata - detta alle toghe bresciane - e nel mio diritto costituzionale alla riservatezza, faccio fin d’ora istanza affinché codesto Ufficio si limiti ad acquisire, o comunque a mantenere in atti, solo quella parte dei tabulati telefonici direttamente riferibili alle illecite intercettazioni telefoniche segnalate dall’on. Craxi: per questo segmento di inchiesta, infatti, dovrei essere “parte lesa” e finirei per essere messo ancor più pubblicamente alla gogna da parte di quei mass media desiderosi di pettegolezzi».

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mi viene solo che da ridere...

Ancora nessuno dell'IDV ha manco un patetico avviso di garanzia.

 

Tra l'altro il tempo ritratta un suo articolo sull'entrata di DiPietro in politica

 

I giornali confindustriali sono i più accaniti (i giornali assistiti del libero mercato per intenderci) mentre repubblica non ha dato minimamente peso alla vicenda così come l'autorità giudiziaria).

 

Qualche altro articoletto? Magari basato su atti affidabili piuttosto che congetture di fantasie senza rilevanza penale?

 

L'unica cosa di attendibile finora sono certe accuse fatta da Barbato a dei colleghi...

Si spera si faccia chiarezza ammesso che ci sia nel marcio dell'IDV ma ritengo taluni siano gli ultimi a poter parlare...

 

 

EDIT

sul suo blog personale DiPietro ha risposto al direttore di Libero per le calunnie inscenate da IlGiornale sulle case intestate al leader IDV

 

Ora Feltri perchè non indaghi anche su gli altri leader politici?

Modificato da Leviathan
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Di Pietro frega tutti

http://www.antoniodipietro.com/2009/01/cal...o_calunnie.html

 

DOMANDA

Lettera di Vittori Feltri, apparsa ieri su Libero:

http://www.antoniodipietro.com/documenti2/letteralibero.pdf

 

RISPOSTE:

 

Gestione dei finanziamenti:

http://www.antoniodipietro.com/2009/01/cal...l#finanziamenti

 

Rimborsi elettorali:

http://www.antoniodipietro.com/2009/01/cal...e.html#rimborsi

 

Tutti gli immobili:

http://www.antoniodipietro.com/2009/01/cal...e.html#immobili

 

La società Antocri:

http://www.antoniodipietro.com/2009/01/cal...ie.html#antocri

 

Conclusioni: La formichina

http://www.antoniodipietro.com/2009/01/cal...html#formichina

 

Tutto nero su bianco, tutto pubblico, nessuna condanna, nessun indagato, il tutto basato sul nulla più totale

Bene avanti così, ancora tanta tanta buona pubblicità per Di Pietro.

 

"Sono tutti uguali" (cit.)

 

Edit: la risposta di Libero, con la coda tra le gambe:

 

http://img399.imageshack.us/img399/3609/liberovw1.jpg

 

---

 

Picpus se vuoi iniziare una nuova indagine ti consiglio dell'Utri, così vai sul sicuro di beccare un criminale vero ... occupati degli indagati per mafia che stanno dalla parte di quelli che hai contribuito da mettere al goveno invece di cercare di scoprire se magari Di Pietro si è dimenticato di pagare una multa, perchè siamo a quel livello li.

Modificato da typhoon
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Aspettiamo anche la stessa trasparenza anche da parte del premier :asd:

 

[...] Ebbene, proprio perché non ho nulla da nascondere né secondi fini da portare avanti, ho provveduto subito a prendere provvedimenti che potessero eliminare qualsiasi dubbio sui miei comportamenti. Ieri mi sono recato dal notaio ove ho radicalmente modificato lo Statuto dell’Italia dei Valori, affidando non più alla mia persona le decisioni sull’utilizzo delle risorse finanziarie del partito ma ad un organo collegiale di 7 persone (l’Ufficio di Presidenza).

 

Giacchè c’ero ho fatto anche di piu’: ho azzerato la partecipazione ed il ruolo degli originari soci fondatori (e quindi anche di mia moglie, con cui mi devo davvero scusare per tutti i grattacapi che le ho procurato) affidando i poteri a loro finora spettanti solo ed esclusivamente agli organi del partito. Inoltre ho cancellato di sana pianta il tanto contestato art. 16 del vecchio Statuto: quello che affidava a me transitoriamente i poteri statutari: anche questi sono stati rimessi totalmente agli organi del partito. Infine mi sono anche spogliato della possibilità di cambiare Statuto e quindi mi sono messo in condizione anche di non poter piu’ tornare indietro. Chiunque voglia visionare il nuovo Statuto e confrontarlo con quello precedente può cliccare sul sito www.italiadeivalori.it alla voce “Statuti” (confronta i due statuti).

 

Ho fatto questo perché ora l’Italia dei Valori è diventato un partito vero e quindi è giusto che cammini con i suoi piedi. Inizialmente invece non potevo fare che come ho fatto: per avviare ogni attività – anche politica – ci deve essere per forza un primo imput di un “socio fondatore” che avvia la “macchina” e si assume la responsabilità di guidarla.

 

Approfitto dell’occasione per segnalare anche che settimana prossima mi recherò personalmente a Napoli dai Magistrati che indagano sugli scandali campani, per fornire loro la mia testimonianza di cittadino, di parlamentare e di ex Ministro delle Infrastrutture. Con l’occasione incontrerò anche le strutture dell’Italia dei Valori in Campania per verificare lo stato del partito in quella regione e prendere i conseguenti provvedimenti.

 

Insomma tocca passare dalla fase del “resistere” a quella del “reagire”. Io ci sto. [...]

 

Tonino ha risposto ottimamente alla campagna diffamatoria ordita dal premier per mezzo della propria catena editoriale, (campagna ribadiamo basata sul nulla), senza polemiche e dando risposte.

Modificato da typhoon
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