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Filippo Facci e Antonio Di Pietro


picpus

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Dal link: http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Facci (Wikipedia cui qualcuno attinge regolarmente!)

 

riporto:

 

"... Dal suo libro Presunti Colpevoli (Mondadori, 1996) è stato tratto il programma televisivo Lex, trasmesso su Italia 1 nella primavera del 1997. Alcuni suoi reportage investigativi (i "prestiti" a Di Pietro, la casa in equo canone, i favori ottenuti da alcuni indagati) originarono due filoni d'inchiesta a Brescia, ai danni di Antonio Di Pietro, che contribuirono alle dimissioni dell'ex magistrato dalla carica di ministro dei lavori pubblici: le richieste di rinvio a giudizio rilevarono conseguenze disciplinari (nel caso Di Pietro non si fosse dimesso da magistrato) ma non ebbero conseguenze penali in quanto furono respinte dai giudici dell'udienza preliminare. Le numerose querele rivolte da Di Pietro a Facci, compresa una per calunnia, non ebbero esito ai danni di quest'ultimo... "

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  • 1 mese dopo...
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Ai sensi della legge sulla stampa, mi felicito per l’intuito di Facci che, mai nominato nel mio articolo, s’è riconosciuto nel “biondo mechato” e nella “Yoko Ono di Craxi”. Si vede che è fisionomista. Purtroppo è altrettanto smemorato sulle sue cause perse e i suoi processi penali. Finora non ho mai voluto usare, per polemizzare con questo o quel collega (o sedicente tale), i processi per diffamazione. So bene, anche sulla mia pelle, che sono incerti del mestiere poco rilevanti (salvo che riguardino parlamentari: nel qual caso, se le sentenze non sanzionano legittime opinioni, ma falsità conclamate, è giusto che gli elettori sappiano). Anche perché, per smontare le balle di chi mente sapendo di mentire, non c’è bisogno delle sentenze: basta conoscere i fatti. Come quando Facci venne ad Annozero a sostenere che Mangano non era mai stato condannato per mafia: fui costretto a rammentargli che era stato condannato in due processi istruiti da Falcone e Borsellino a 13 anni di reclusione per associazione a delinquere con la mafia e traffico di droga.

 

Ma ora, visto che il mèchato naturale ci tiene tanto, mi corre l’obbligo di rinfrescargli la memoria. Il suo casellario giudiziale non riporta “un modesto risarcimento”. Riporta una condanna penale definitiva per il reato di diffamazione per il libro “Di Pietro, biografia non autorizzata” (Mondadori), a 500 mila lire di multa e 10 milioni di provvisionale, più le spese, decisa dalla Cassazione il 20 novembre 2002. Dunque il Facci che l’altro giorno mi dava del “pregiudicato” (falsamente: la mia condanna è solo in primo grado) è, lui sì, un pregiudicato. Quanto al “modesto risarcimento”, Facci non pagò i 25 milioni di provvisionale inflittigli in primo grado, anzi scrisse sul Foglio che li avrebbe spesi “in droga, orge, donne, financo uomini, piuttosto che darli a Lucibello”. Così si vide pignorare pure il Bancomat. E, nella successiva causa civile persa in primo grado, dovette pagare (lui o, più probabilmente la Mondadori, cioè Berlusconi) altri 50 mila euro all’avvocato diffamato, più 10 mila di spese legali e riparazione pecuniaria. Alla faccia del “modesto risarcimento”.

 

Quando, nel processo penale, il pm gli domandò dove avesse tratto le notizie diffamatorie sul lavoro di Lucibello a Vallo della Lucania, lui tentò di sostenere che il suo era “giornalismo di costume”, “descrizione pittoresca” di “fatti comici”; ma poi, messo alle strette, il presunto comico dovette ammettere: “Non ho svolto un approfondimento particolarmente intenso…mi sono rifatto a un paio di racconti e alla pubblicistica peraltro scarsa… qualcosa ho letto, qualcosa mi è stato detto, dovrei fare una disamina parola per parola…non sono mai andato a Vallo della Lucania”. Poi concluse che quel “passaggio non lo giudicherei diffamatorio neanche se fosse falso”. Il pm, allibito, domandò: “Ma lei ha fatto verifiche sul passato dell’ avv. Lucibello?”. Risposta: “Non so cosa significhi ‘verifica del passato’…”. Un figurone.

 

Altri 10 mila euro di danni il nostro ometto ha sborsato (lui o il suo santo protettore) in sede civile a Enzo Biagi, per averlo insultato sul Giornale dopo che era stato cacciato dalla Rai, già molto anziano e malato, chiamandolo “il non-giornalista per tutte le stagioni” e accusandolo di confezionare “insulsi brodini” e “insipide sbobbe” (sentenza del Tribunale di Milano, 12 luglio 2006, non appellata e dunque definitiva).

 

Poi c’è una sfilza quasi interminabile di processi persi, in sede civile e penale, contro il pool Mani Pulite, che era solito diffamare a maggior gloria della sua carriera nel gruppo Fininvest. Se non sono giunti in Cassazione, e talora nemmeno a sentenza, è per un motivo molto semplice: Facci (anzi, il suo spirito guida) è solito pagare subito il risarcimento dei danni, ottenendo la rimessione delle querele. Lui dice che le transazioni avvengono regolarmente “senza il mio consenso”: segno che qualcuno decide e paga per lui (indovinate un po’ chi), anzi forse lo paga per diffamare. Ma poi, in calce alle lettere con le richieste di transazione ai denuncianti e le promesse di pagare i danni, compare regolarmente la firma autografa di Facci. Che firmi in stato di letargo? Non si tratta, beninteso, di opinioni negative sul Pool, magari orrende, ma legittime. Si tratta di balle a getto continuo, sempre all’insegna del motto professionale: “Verifica? Non so cosa significhi”. Per esempio le cause intentategli dagli ex pm Di Pietro (rimborsato tre volte in via transattiva), Davigo (idem, tre volte), e poi ancora Colombo e Ielo. Per una diffamazione contro Borrelli, Facci fu condannato in primo grado e in appello, poi in Cassazione lo salvò la prescrizione, ma il risarcimento danni fu confermato e pagato.

 

Facci subì poi due processi, uno penale e uno civile, su denuncia dell’ex gip Andrea Padalino, diffamato a proposito del processo Caneschi. Nel primo, Facci fu condannato a 3 mesi e 30 milioni dal Tribunale di Brescia per un articolo sul Giornale in cui aveva - scrivono i giudici - “dolosamente sottaciuto o colposamente ignorato” fatti decisivi per la ricostruzione del caso e scritto “evidenti elementi di falsità”, anche perché le sue fonti erano “unicamente… la parte in causa: la famiglia Caneschi” e il suo avvocato. Nel processo civile Facci fu condannato definitivamente dalla Cassazione a rifondere 70 milioni di lire di danni per il libro “Presunti colpevoli” (Mondadori): “difetta - scrivono i giudici - sicuramente la verità delle notizie pubblicate”, visto che Facci è autore di “pura invenzione fantastica” e “finge di ignorare” i fatti veri “al fine evidente di seppellire il Padalino sotto un cumulo di ardimentosi equivoci, volti a minarne la credibilità… L’intento dell’Autore... si rivela precisamente quello di delegittimare il singolo magistrato… Il narratore si colloca all’interno dei Palazzi di Giustizia, ma non come un cronista obiettivo, e tanto meno come un ‘comune cittadino’, bensì come un abile sfruttatore di quelle innegabili anomalie del sistema, da cui trarre e alimentare l’onda della sfiducia verso la serietà del singolo operatore della giustizia, attraverso una trama sottile di espressioni calunniose … La diffamazione così perpetrata costituisce reato poiché la coscienza e la volontà del Facci di diffondere quella congerie di notizie inveritiere è fuori discussione”. Un bel ritrattino. Anche i giudici, evidentemente, sono fisionomisti.

(Vignetta di Roberto Corradi)

 

Precisazione:

Nella puntata di Annozero del 19 aprile scorso, Facci non disse che Mangano non era mai stato condannato, anzi lo definì "mafioso", anche se difese Berlusconi che in quei giorni aveva raccontato la superballa. Poi però dimostrò di sapere ben poco della vicenda del presunto "stalliere": infatti scrisse sul Giornale che la famosa telefonata Mangano-Dell'Utri, a proposito di un certo "cavallo", "non vi fu mai". Invece vi fu eccome: fu intercettata dalla Criminalpol il 14 febbraio 1980 alle ore 15.44. Lo sa bene chi ha seguito il processo Dell'Utri, dove i pm ne fecero ascoltare l'audio e ne depositarono la trascrizione letterale.

 

http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

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  • 1 mese dopo...

A proposito dell'ex-Inquisitore del Santo Uffizio, da alcuni considerato immacolato, casto e puro, eccovi i link ad alcune opportune riflessioni, su di lui e sulla sua "corte dei miracoli":

 

http://ilpensatore.wordpress.com/2008/12/0...e-del-saladino/

 

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=312129

 

 

ed i link a 2 articoli di Filippo Facci:

 

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=311165

 

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=311817

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bhè è ilgiornale vuoi che non inventi?

Poi facci....

 

ma voi non siete i garantisti?

 

 

apparte che formalmente non è accusato di nulla, se non di aver parlato con Saladino ma se verrà indagato ti comunico già ora:

- che DiPietro non ricuserà il magistrato che indaga su di lui, ma ci andrà subito a dare la sua disponibilità per chiarire le cose

- che non farà una legge per depenalizzare il reato eventualmente commesso/ne si avvarrà dell'impunità parlamentare

- che dichiarerà massima fiducia nella magistratura

- che non si nasconderà dietro inesistenti impegni istituzionali (ad esempio, seduta del parlamento) per scampare alle udienze

- che non griderà a fantomatici complotti

 

CATANZARO: DI PIETRO, CON SALADINO RAPPORTI NE' OPACHI NE' ILLECITI

Roma, 5 dic. - (Adnkronos) - "Io non so se Saladino abbia commesso qualcosa di penalmente rilevante e mi auguro, per lui e per il Paese, che non sia cosi'. Certo e' che i miei rapporti con lui non sono stati ne' opachi ne' illeciti". Lo dice in un intervento sul suo blog Antonio Di Pietro. "Nient'altro -aggiunge- che incontri elettorali, senza alcun altro fine. Ed allora ribadisco che e' estremamente necessario ricostruire fatti e rapporti di persone citate nell'inchiesta. Chi, come me, non ha nulla da nascondere non puo' che auspicare che 'Why Not' vada avanti. Anzi, buon senso vorrebbe che a proseguire le indagini fosse proprio De Magistris, il magistrato che, avendo iniziato l'indagine, conosce a menadito tutte le carte ed ogni risvolto processuale. E' un'inchiesta che non deve essere lasciata nel limbo perche', ogni giorno, vengono tirate in ballo centinaia di persone, a volte a proposito, ma tante altre a sproposito. Solo la magistratura puo' dipanare la matassa tra rapporti leciti e illeciti. Se non puo' piu' farlo De Magistris -conclude Di Pietro- lo si lasci fare alla Procura della Repubblica di Salerno che ha dimostrato con i fatti di non aver timore reverenziale per nessuno".

Modificato da Leviathan
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  • 3 settimane dopo...
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degli articoli di Facci (che comicamente sono stati smontati prima con semplice buon senso) ne segue la nuova campagna diffamatoria de IlGiornale (la prima fonte di reddito di Tonino è appunto ilgiornale a suo di risarcimenti milionari).

 

Apparte che su Cristiano non c'è nulla di penalmente rilevante e che le richieste di Maurone sono state respinte, e il suo tentato ricatto fallì come è dimostrato dal fatto che DiPietero l'ha trasferito come tutti i dirigenti del suo ministero "sospetti", in modo che non prendessero troppa confidenza con il territorio.

 

Intanto posto la risposta di un vero politico:

Cittadino e politico a prova di intercettazioni ed orgoglioso del mio operato di Ministro: tale mi sento dopo la pubblicazione di alcuni stralci di intercettazioni disposte dalla Procura di Napoli nei confronti del dirigente del Ministero delle infrastrutture, dr. Mario Mautone, nell’ambito dell’inchiesta sul “sistema Romeo”, su cui sta indagando la magistratura partenopea.

 

Non so nulla di più di quello che ho letto sui giornali circa le accuse che vengono mosse a questo dirigente ministeriale e mi auguro che egli possa dare ogni spiegazione nelle sedi opportune per giustificare il suo operato. Però, una cosa so per certo: ed è che io – quando arrivai al ministero – presi una decisione che ora , a ragion veduta, si è dimostrata davvero azzeccata. L’ho trasferito ad altro incarico e l’ho spostato di sede, togliendogli, quindi, ogni possibilità di fare danni anche se avesse voluto. Sia chiaro, non l’ho fatto solo con lui, né perché avevo contezza di indagini specifiche sul suo conto da parte della magistratura napoletana. L’ho fatto anche con diversi altri dirigenti del ministero.

 

Le ragioni di questa mia decisione di allora sono state le più varie: perché “chiacchierato”, perché per lungo tempo nella stessa sede (specie quelli che, come Mautone, erano dislocati in sedi “calde” del Meridione), per permettere all’interessato di fare altre esperienze e così migliorare il proprio curriculum professionale.

 

Ora si scopre – ed anche io l’ho scoperto solo a seguito delle indagini che la magistratura napoletana sta svolgendo – che ci sarebbe stato anche un tentativo di intervenire su mio figlio Cristiano per evitare il trasferimento di Mautone (anzi, addirittura qualcuno dice di aver tentato di ricattare proprio mio figlio). Se così fosse il fatto è grave e vorrei sapere chi ha dato l’ordine, ma, per onestà intellettuale, dico subito che né io, né mio figlio abbiamo mai avvertito l’esistenza di tali pressioni o richieste, tanto è vero che il trasferimento c’è stato eccome, senza indugi e senza remore.

 

Quanto a mio figlio, egli – come consigliere provinciale di Campobasso – ha effettuato alcune telefonate istituzionali a Mautone (come entrambi hanno già pubblicamente ammesso) e ciò, soprattutto, per perorare il completamento di alcune caserme dei Carabinieri nel Molise. Fin qui ha fatto bene. Era suo dovere politico e istituzionale. Mio figlio, inoltre – come risulta da alcune telefonate – avrebbe segnalato anche il nominativo di un paio di, a suo dire, bravi professionisti al dr. Mautone. E’ un comportamento certamente senza alcuna rilevanza penale ma – a mio avviso – comunque non opportuno e non corretto. Ma siccome questo è solo il mio punto di vista e quindi è di parte (e di padre), bene fa la magistratura ad indagare per accertare come stanno effettivamente le cose. I magistrati facciano il loro lavoro. Oggi, domani e sempre. Non c'è figlio che tenga e che possa condizionare l’azione della giustizia. Chi, come me e come Cristiano, non ha nulla da temere, non può e non deve unirsi - come in molti forse speravano - alla politica paludata che se la prende con i magistrati e chiede la riforma delle intercettazioni.

 

Come ogni buon cittadino incoraggio l'azione dei magistrati. Chi non ha nulla da temere deve puntare alla verità. E, come ogni buon ministro, sono orgoglioso di aver preso quelle decisioni a suo tempo perché un buon ministro ha il dovere anche di evitare che si creino delle sacche di contiguità tra istituzioni ed affari.

 

A differenza di tanti miei colleghi politici, se le vicende che riguardano la mia persona arrivano sui giornali, non grido allo scandalo, ma al salutare intervento della magistratura. Mai e poi mai mi lamenterei del fatto che i giornali riferiscono del comportamento di un personaggio politico, anche se riguardano me o la mia famiglia. Vogliono farmi dire che le intercettazioni devono essere fermate? Mai! Sono uno strumento indispensabile per i magistrati. Anzi, auguro loro, anche a quelli della procura di Napoli: “Buon lavoro e andate avanti”.

 

non ha:

- gridato al complotto

- condannato le intercettazioni

- offeso i amgistrati

- nemmeno difeso suo figlio

 

Comunque una considerazione: i cosidetti garantisti infamano e inventano a reti ed edicole unificati proprio quando IDV, data nei sondaggi prossima al 10%, fa paura.

Prova che sono garantisti solo nei riguardi del padrone e della sua cerchia, garantisti a senso unico tanto per cambiare

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Dal link http://iltempo.ilsole24ore.com/politica/20...so_figlio.shtml

 

riporto:

 

Il leader dell'Idv si difende. E assolve sè stesso e suo figlio

 

Fabrizio dell'Orefice

f.dellorefice@iltempo.it

 

 

Antonio Di Pietro non ci sta. Attacca. Si ribella. Non ci sta alle insinuazioni della Dia sul caso di Napoli che lambiscono il suo nome. I fatti sono riportati nell'informativa allegata all'ordinanza di custodia cautelare per effetto della quale una settimana fa sono stati arrestate a Napoli tredici persone tra cui due assessori ancora in carica e due ex.

 

Nel documento si descrivono i contatti tra Cristiano Di Pietro, figlio del leader dell'Italia dei valori, e Mauro Mautone, l'ex provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise ora agli arresti domiciliari. Rapporti che, scrivono i magistrati, «tendenzialmente potrebbero rientrare nell'ambito dei ruoli istituzionali ricoperti, hanno assunto nel corso delle indagini un contenuto alquanto ambiguo».

Gli investigatori citano a questo proposito le richieste di Cristiano di «affidare incarichi a persone da lui segnalate anche al di fuori degli ambiti di competenza istituzionale (Bologna)» e si parla di presunti interessi del figlio di Di Pietro «in alcuni appalti e su alcuni fornitori».

In un'altra telefonata un ex parlamentare dell'Idv comunica a Mautone che con lui si trovano due architetti amici di Cristiano, «ai quali non bisogna far prendere collera».

In quell'epoca Di Pietro era ministro delle Infrastrutture, ovvero il dicastero dal quale dipende il provveditore alle Opere di Campania e Molise. Anzi, particolare singolare è quello che riguarda proprio la rimozione di Mautone, il quale apprende di essere stato trasferito ad altro incarico il 29 luglio del 2007. Quel giorno chiama Cristiano, i due parlano al telefono ma la chiamata viene bruscamente interrotta e da quel giorno il figlio dell'allora ministro misteriosamente non risponderà più alle telefonate del dirigente ministeriale. I magistrati della Dia scrivono espressamente di una «fuga di notizie».

Di Pietro non ci sta e si ribella. Convoca una conferenza stampa per affermare che «i magistrati vadano avanti e gli auguro buon lavoro, perché quando non si ha nulla da temere non si ha paura delle intercettazioni e delle indagini. Anzi, confermo che sono un utilissimo strumento di indagine». Nel 2007 sottolinea «di aver trasferito almeno 10-15 persone, ma non perché mi avessero passato dei pizzini o perché c'era qualche talpa. Semplicemente perché un buon ministro ha il dovere anche di evitare che si creino delle sacche di contiguità». E ribadisce: «Ho sempre considerato che fosse un bene far rotare gli incarichi soprattutto se poi si trattava di persone sulle quali si facevano delle chiacchiere». In serata sul suo blog ammette che il comportamento del figlio è stato «non corretto e non opportuno».

Ora, non ci sono motivi validi per dubitare dell'onestà e della sincerità di Di Pietro, di suo figlio e dei loro comportamenti. C'è solo da rivolgere qualche domanda al leader dell'Italia dei Valori. E cioè, provi egli a guardare quanto è accaduto negli ultimi giorni e che lo ha interessato. Provi a guardare dall'esterno. Pensando che quanto successo non riguarda Antonio e Cristiano Di Pietro. Ma che invece i protagonisti della vicenda siano un qualunque ministro delle Infrastrutture, o magari un qualunque ministro. Magari un presidente del Consiglio. Berlusconi. Ecco, immagini che al centro dell'intera vicenda ci fosse stato Silvio Berlusconi. Come si sarebbe comportato lui, Di Pietro?

Che cosa avrebbe detto se da una inchiesta fosse emerso che la figlia di Berlusconi, chessò Marina, invece di guidare Mondadori avesse fatto la consigliera provinciale milanese di Forza Italia. E fosse stata colta al telefono mentre cercava di sistemare qualche amico, valente professionista, per qualche incarico in un ufficio territoriale del governo in Toscana, nel Lazio o in Molise. Lo sappiamo, ci vuole fantasia. Ma Di Pietro si sforzi. Come si sarebbe comportato? Avrebbe chiesto le dimissioni di Berlusconi? E di sua figlia? Avrebbe chiesto a Forza Italia di espellere la figlia del capo colta a maneggiare consulenze e appalti? Si sarebbe messo a raccogliere le firme per chiedere la rimozione del ministro o il suo ritiro dalla politica?

Continuiamo con il nostro giochino di immaginazione. Di Pietro ha detto di aver rimosso Mautone perché chiacchierato. Bravo. Ma che cosa avrebbe detto se avesse colto il figlio di un ministro colto a parlare al telefono con una persona «chiacchierata»? E chiacchierata di cosa? Si può rimuovere un dirigente perché chiacchierato? E se questa chiacchiera avesse qualche fondamento, non avrebbe questo ministro dovuto recarsi anche alla Procura a fare un esposto?

E Santoro, Michele Santoro. Su un affaire del genere non ci avrebbe montato una puntata speciale di Anno Zero per domani, giorno di Natale? E Travaglio? Non farebbe uno dei suoi documentatissimi articoli su L'Unità gridando allo scandalo. E Micro Mega? E Paolo Flores D'Arcais? Non avrebbe già organizzato un girotondo attorno a Palazzo Chigi? E Sabina Guzzanti non avrebbe già convocato tutti a piazza Navona in mezzo alla bancarelle a strillare contro il nuovo affaire? O sarebbe stata troppo intenta a menar fendenti contro le mignotte della Repubblica?

 

24/12/2008

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il tempo è comico

 

Come si sarebbe comportato lui, Di Pietro?

come si è comprotato adesso? gridando VIVA LE INTERCETTAZIONI magistratura avanti tutta

 

Si può rimuovere un dirigente perché chiacchierato? E se questa chiacchiera avesse qualche fondamento, non avrebbe questo ministro dovuto recarsi anche alla Procura a fare un esposto?

Durante il suo mandato DiPietro spostava continuamente dirigenti per non "farli prendere troppa confidenza" con il territorio.

 

E Santoro, Michele Santoro. Su un affaire del genere non ci avrebbe montato una puntata speciale di Anno Zero per domani, giorno di Natale? E Travaglio? Non farebbe uno dei suoi documentatissimi articoli su L'Unità gridando allo scandalo. E Micro Mega? E Paolo Flores D'Arcais?

e di cosa dovrebbero parlare stando all'inteligentissimo dell?OREFICE ?

del fatto che Mautone è stato traferito anche se ha quasi corrotto cristiano per evitare invano il traferimento?

o che il figlio in cambio di NULLA ha indicato qualche amico universitario, probabilmente in buona fede?

 

Ma dell'Orefice sa che Cristiano non ha commesso nulla di penalmente rilevante?

perchè non è così attento sui prescritti e condannati al parlamento e governo?

 

Non è uno dei soliti editorialisti TUTTI-UGUALI che giocano a fare i garantisti?

Come mai qua no?

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Dal link http://www.loccidentale.it/articolo/fatico...+pietro.0063640

 

riporto:

 

Il blog del direttore

 

Faticoso fare i garantisti

col figlio di Di Pietro

 

di Giancarlo Loquenzi 24 Dicembre 2008

 

Voi lo sapete che questo è un giornale garantista a tutta prova. Perciò anche quando leggiamo le intercettazioni tra Cristiano Di Pietro e il provveditore alle Opere Pubbliche, Mauro Mautone, uomo di fiducia di Alfredo Romeo, saremmo portati ad una certa indulgenza.

 

In fondo cosa ha fatto l'ingenuo ragazzotto? Chiamava un potente funzionario per piazzare suoi amici in questo o quel posto: una spintarella, che sarà mai? E' vero che nel frattempo il padre era Ministro dei Lavori Pubblici e quindi la cosa non è elegantissima, ma Mautone ha spiegato che le segnalazioni di Cristiano si riferivano a ottimi professionisti. E pazienza se poi altri professionisti altrettanto bravi ma senza santi dipietristi in paradiso restavano al palo.

 

Dà anche un certo fastidio sentire Di Pietro parlare di "giustizia a orologeria", associando l'inchiesta che coinvolge il figlio alla sua uscita dalla giunta di Napoli, e fa un po' ridere sentirlo dire che quelle telefonare "non hanno rilevanza penale".

 

Ma insomma, si sa, i figli so' pezz'e core. E Di Pietro mostra almeno di avere un cuore di padre. Vorremmo quindi far finta di niente e archiviare la vicenda tra le tante dell'assurda giustizia telefonica italiana.

 

Poi però ci tornano in mente le dichiarazioni di Di Pietro quando vennero pubblicate in lungo e in largo le telefonate tra Berlusconi e l'allora direttore della fiction Rai, Agostino Saccà. Vi ricordate? Copertine dell'Espresso, intere paginate dei giornali trasudanti di sdegno, articolesse che spiegavano come e perché Berlusconi dovesse essere messo al bando dalla politica oltre che in galera. In fondo la differenza tra le due vicende è che in un caso di parla di geometri e ingegneri e nell'altro di veline e cantanti.

 

Cosa disse allora Di Pietro tra le tante cose? Ecco: "Le intercettazioni che loro vogliono limitare ci fanno vedere un capo del governo che fa un lavoro più da magnaccia, impegnato a piazzare le veline che parlavano troppo". Questo è Di Pietro, che allora se ne infischiava della rilevanza penale delle intercettazioni (che poi si è visto non esserci dato che tutto è stato archiviato), ma maramaldeggiava da par suo.

 

E allora, mettiamo da parte per un po' il garantismo e confessiamo che delle telefonate di Cristiano Di Pietro ne vorremmo leggere ancora e ancora.

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Un presunto tentativo di ricatto ai danni di Cristiano Di Pietro, figlio dell'ex ministro Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, è emerso nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti al comune di Napoli. La circostanza è riportata in una informativa della Dia trasmessa alla procura di Napoli e allegata agli atti dell'indagine. Il rapporto si basa sulle intercettazioni telefoniche sull'utenza di Mario Mautone,

provveditore alle opere pubbliche della Campania, attualmente agli arresti domiciliari.

 

Mautone, una volta ricevuta notizia del suo trasferimento - scrivono gli investigatori - «esterna tutta la sua amarezza per l'inaspettato provvedimento ai suoi amici più intimi e tutti sono concordi sulla linea da adottare: ricattare il figlio del Ministro». Tentativo - osserva la Dia - che risulterà vano nonostante l'intervento di alte cariche istituzionali scese in campo per verificare la possibilità di dare un interim a Mautone, e poi sostituirlo con persone da loro indicate per «dare continuità, Mautone sarà ugualmente trasferito».

 

In una telefonata la moglie di Mautone invita il marito «a ricordare come lui "si è messo a disposizione di quel cr.. di Di Pietro con il figlio" e si chiede come mai questo non sia servito a niente». In un'altra conversazione la donna si rivolge a Mautone dicendogli: «tu non ti devi muovere da Napoli. Il potere che tieni qua non lo puoi tenere a Roma!». Ancora la moglie invita il marito a «buttarla sul ricatto al figlio, che è l'unico sistema!». Poi l'amico Mauro Caiazza «suggerisce a Mautone che è fondamentale parlare con il figlio di Di Pietro e al riguardo Mautone» sostiene che lui «ha tutto sistemato in un certo modo che se non resta a Napoli salta tutto....e si frega prima di lui con tutti gli impegni che aveva preso!». Caiazza, da parte sua, «rappresenta che è importante "tenere il ministro sotto!"».

www.unita.it

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La cara vecchia Unità ahahah rido perchè mi vengono in mente gli scontri che abbiamo fatto qualche mese fa..

La storia di DiPietro non la conosco ancora quindi momentaneamente non entro nella discussione anche se da buon Berlusconiano ti darò addosso :lol::lol:

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La cara vecchia Unità ahahah rido perchè mi vengono in mente gli scontri che abbiamo fatto qualche mese fa..

La storia di DiPietro non la conosco ancora quindi momentaneamente non entro nella discussione anche se da buon Berlusconiano ti darò addosso :lol::lol:

Graziani, se ti conosco un minimo, tu dovresti stare dalla parte di Di Pietro!

 

Non hai sentito le parole di Bondi di oggi? Ha detto che l'Italia dei Valori è un movimento di destra neofascista :asd:

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Graziani, se ti conosco un minimo, tu dovresti stare dalla parte di Di Pietro!

 

Non hai sentito le parole di Bondi di oggi? Ha detto che l'Italia dei Valori è un movimento di destra neofascista :asd:

 

:lol::lol::lol: preferisco altri movimenti di destra neofascista!!!

Ma nonostante ciò voto e sostengo il Popolo della Libertà il partito della destra moderna!!

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Dal link http://www.corriere.it/politica/nota/08_di...44f02aabc.shtml

 

riporto:

 

L’onda delle inchieste mette sulla difensiva l’intero centrosinistra

 

Di Pietro difende i suoi anni da ministro e i veltroniani le scelte per Roma

 

Colpisce vedere un Antonio Di Pietro sulla difensiva: costretto a spiegare quello che fece quando era ministro delle Infrastrutture; a rivendicare la rimozione del provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise, Mario Mautone, in rapporti ambigui col figlio, Cristiano Di Pietro; e a pronunciare un «buon lavoro ai magistrati! » a denti stretti. Il leader dell’Idv assicura di non avere nulla da temere. Ma poi adombra una manovra pilotata contro di lui. Fa presente che alcune intercettazioni telefoniche sono filtrate «proprio dopo il voto in Abruzzo» in cui il suo partito, pur sconfitto, è cresciuto molto; e dopo il suo annuncio che l’Idv lascerà le giunte in Campania. È il segno di un’inchiesta che suscita molte domande e per ora dà poche risposte.

 

Ma da Napoli si allarga fino a lambire le persone e gli ambienti più impensati. Evoca comportamenti discutibili che danzano in una nuvola di ambiguità: vicende così opache da candidarsi a diventare ipotesi di reato. La schiuma delle indagini ieri ha raggiunto indirettamente il Campidoglio. La conferenza stampa di Marco Causi, ex assessore al Bilancio di Veltroni sindaco, ha cercato di dissolvere le ombre. Ma la conferenza in sé ha finito per sottolineare l’imbarazzo per i rapporti con l’azienda di servizi di Alfredo Romeo.

 

È difficile, per ora, dire dove finisca l’aspetto dell’interesse personale o politico legittimo, e cominci qualcosa di diverso. La coincidenza con le polemiche sulla limitazione delle intercettazioni telefoniche, suggerisce cautela. Da settimane il governo Berlusconi preme per una riforma della giustizia, contrastata da magistrati e opposizione, ma anche da alleati come An e Lega. Il rischio che sulle indagini si inseriscano manovre strumentali da ogni parte, non si può escludere. Alcune rivelazioni appaiono funzionali alle richieste di chi chiede un giro di vite. Tuttavia, prevedere l’epilogo appare impossibile. Si può solo osservare una classe politica sotto scacco, col centrosinistra particolarmente esposto, dall’Abruzzo alla Campania, alla Toscana; e presto, a sentire i maligni, al Lazio.

 

Non solo. Il rapporto fra il Pd veltroniano e l’Idv di Di Pietro viene messo alla prova proprio da queste inchieste. La tentazione di additare un complotto è tenuta a freno, ma rimane in agguato. Assecondarla significherebbe offrire il fianco alle ironie degli avversari. L’alternativa è accettare le proposte berlusconiane di riforma, che costringerebbero il centrosinistra a rimettere in discussione, prima che una politica, una cultura. Sono veleni destinati a fluire a lungo. Non rappresentano un buon viatico, alla vigilia di un anno già allarmante per l’economia. Eppure, fino a che non si troverà una soluzione, o almeno un compromesso, nessuno sarà in grado di fermare una deriva che tende a delegittimare tutti.

 

Massimo Franco

24 dicembre 2008

 

 

 

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Dal link http://notizie.alice.it/notizie/politica/2...o,17362742.html

 

riporto:

 

Idv/ Gasparri: Di Pietro e il figlio non se la caveranno

 

"Hanno una strana concezione del dovere"

 

Roma, 26 dic. (Apcom) - "Di Pietro dice che il figlio ha fatto il suo dovere? Forse ha ragione. Dai tempi dell'appartamento in piazza della Scala che Di Pietro padre ebbe in uso da un indagato, all'irregolare trasferimento del Di Pietro figlio poliziotto, i Di Pietro hanno una strana concezione del dovere" . Lo dichiara il presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri.

 

"Abbiamo letto di cosa si occupava Cristiano e sfidiamo Di Pietro ad un pubblico confronto sul tema: come ha fatto il babbo a sapere che erano intercettate le telefonate tra il pargolo e Mautone? Di Pietro non se la caverà", conclude Gasparri.

 

 

 

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Dal link http://notizie.alice.it/notizie/politica/2...e,17359739.html

 

riporto:

 

Campania/ Gasparri: Di Pietro e' un moralista alle vongole

 

Chi lo avvisò di indagini? Questo è il vero reato

 

Roma, 26 dic. (Apcom) - Antonio Di Pietro è "un moralista alle vongole". Lo sostiene il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, che chiama in causa il leader di Italia dei valori a proposito delle intercettazioni, disposte nell'ambito dell'inchiesta di Napoli su 'appaltopoli', che coinvolgono il figlio. "L'ingombrante figlio - afferma Gasparri - non è nuovo ad abusi".

 

"Aspetto ancora risposta - dice l'esponente della maggioranza - ad una mia antica interrogazione con la quale anni fa chiesi al ministero dell'Interno come mai Cristiano Di Pietro, da poco arruolato in polizia, era stato avvicinato a casa, al commissariato di Vasto, scavalcando graduatorie e con palesi abusi. Di Pietro ordinò e il palazzo ubbidì. Poi dai trasferimenti abusivi il figlio di tanto padre, cresciuto tra Mercedes e soldi in scatola, è passato ad appalti e dintorni con il prode Mautone. Che dicono - chiede Gasparri - Travaglio e Guzzanti? E chi avvisò illegalmente Di Pietro delle indagini? Questo è il vero reato sul quale stiamo facendo verifiche. Di Pietro non potrà fuggire. Lo tratteremo in pubblico come merita. E' adatto al circo, non alla politica".

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Proviamo a immaginare se fosse già in vigore la legge bavaglio che vieta ai giornalisti di citare o riassumere atti di indagini in corso, anche non segreti, prima del processo. Avremmo decine di politici e imprenditori in carcere e nessuno saprebbe perché. Avremmo giornali e tv che insinuano e alludono senza poter fare nomi né spiegare chi ha fatto cosa. Il Giornale ipotizzava che il figlio di Di Pietro, Cristiano, era indagato: falso. Ma dalle carte emerge che, consigliere provinciale a Campobasso, aveva rapporti prima “istituzionali” (per alcune caserme in Molise) poi “ambigui” col provveditore alle opere pubbliche di Napoli, Mario Mautone, ora agli arresti. Pare che avesse raccomandato un amico. Pessimo, specie per chi porta quel cognome. Ieri il padre l’ha cazziato sul blog: “Condotte senza rilevanza penale, ma non opportune e non corrette. Ma è solo il mio punto di vista, quindi di parte (e di padre). Bene fa la magistratura a indagare. Non c'è figlio che tenga”. Un anno fa il ministro Di Pietro trasferì Mautone da Napoli a Roma, nell’ambito di una più generale rotazione dei provveditori, onde evitare che mettessero radici. La signora Mautone suggerì al marito di ricattarlo sui rapporti col figlio, per conservare la poltrona. Di Pietro, evidentemente non ricattabile, lo traslocò lo stesso. Ora tutti si domandano come abbia fatto a sapere che Mautone non era Maria Goretti. Beata ingenuità: in politica basta avere naso e orecchie funzionanti per sapere tutto prima dei giudici. Che, come dice Piercamillo Davigo, “sono come i cornuti: sempre gli ultimi a sapere”.

 

http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

 

 

Ancora una volta però bisogna evidenziare una differenza di stile e di approccio alla vicenda estraneo al consueto modus operandi della nostra classe politica e soprattutto del premier Silvio Berlusconi.

 

Di Pietro non ha gridato al complotto, non ha ricusato il suo giudice, non ha attaccato la magistratura, non ha richiesto il trasferimento dei pm di Napoli, non ha minacciato una stretta sulle intercettazioni, non ha reclamato lo scudo protettivo di un lodo Alfano o Consolo.

 

Si è comportato come ogni personalità politica, e cittadino in primis, dovrebbe fare: ha invitato i magistrati a proseguire le loro inchieste, ha ritenuto "non opportuno e non corretto" il comportamento del figlio, pur senza un rilievo penale, ha dichiarato di non aver nulla da temere dalle indagini della procura partenopea.

 

Le stesse parole che usò qualche mese fa Romano Prodi dopo il presunto scoop di Panorama sulle richieste del consuocero Pier Maria Fornasari, primario dell’Istituto ortopedico "Rizzoli" di Bologna, per finanziamenti e sponsorizzazioni dal Partito Democratico: "Non ho niente da nascondere, tutto ciò che ha rilevanza penale dev’ essere pubblicato", disse l’ex premier nei confronti di un’inchiesta che non ha ravvisato alcun grave indizio di colpevolezza.

 

Per fare questo però, come dice Marco Travaglio, "bisogna permetterselo" e penso che in pochi in Italia possano avere come Di Pietro la schiena dritta per affrontare di petto i processi senza cadere nelle tentazioni di "difesa da casta". Restiamo comunque in attesa del risultato delle indagini e del riscontro sulle intercettazioni per fare luce e chiarezza su uno scandalo dai risvolti ancora osuri e che riserverà nuove sorprese.

 

Ma senza dubbio sono patetici gli attacchi de "Il Giornale", che ha parlato di "banda Di Pietro".

 

Da quale pulpito non è dato sapere. Ma in Italia si sa, non c’è un limite al senso del ridicolo.

 

http://www.agoravox.it/Di-Pietro-un-altro-stile.html

 

Guarda gli editorialisti da due soldi che sputano fango su chi non è nemmeno indagato e tacciono sui loro padroni o sulle altre personalità della politica, magari pluri-indagate e pluri-prescritte (ovvero non innocenti) danno allo stomaco.

 

PS

Gasparri parla di circo? Lui che nei dibattiti televisivi non fa altro che parlare sopra gli altri.

 

tra le sue ricordo:

- Obama ha vinto? sarà contenta Al quaida

- Ma i genitori non possono parcheggiare i figli a scuola e pretendere di riprenderli solo a sera (sulla riforma gelmini)

 

 

altre qui (guardatele :D)

http://it.wikiquote.org/wiki/Maurizio_Gasparri

Modificato da Leviathan
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Continuo ad inserire degli articoli, astenendomi da qualsiasi commento (per non dare adito a provocazioni di sorta!), peraltro assolutamente non necessario, vista l'evidenza dei fatti!

 

Dal link http://www.loccidentale.it/articolo/anche+...n+torna.0063557

 

riporto:

 

Le relazioni pericolose

 

Anche un Di Pietro nel calderone delle intercettazioni ma qualcosa non torna

 

di Dimitri Buffa 23 Dicembre 2008

 

Chi ha avvertito il figlio di Antonio Di Pietro, Cristiano, già consigliere dell’Italia dei Valori Campobasso, di non parlare mai più al telefono con Mario Mautone, ex uomo di Tonino al Ministero delle infrastrutture nel ruolo chiave di provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise, quando nessuno poteva ancora sapere quello che bolliva in pentola a Napoli nelle inchieste sull’imprenditore Alfredo Romeo?

 

La domanda sorge spontanea oggi confrontando le cronache dei quattro maggiori quotidiani nazionali: “la Repubblica”, “Il Corriere della sera”, “La stampa” e “Il giornale”.

 

Su una cosa tutti sono d’accordo: il grande moralizzatore della politica italiana sta finendo nel tritacarne napoletano. Pare che il suo ex uomo di fiducia, allontanato in tempi molto sospetti, cioè nel luglio 2007, dall’incarico succitato nel ministero da lui presieduto, quello delle infrastrutture, lo volesse addirittura ricattare per via di quei favori che il figlio chiedeva e otteneva ai bei tempi.

 

Ma questa è la versione da difesa di ufficio del quotidiano debenedettiano. Se invece si legge la cronaca de “il giornale” si scopre che nell’informativa Dia che tutti citano come fonte c’è scritto ben altro.

 

Ad esempio questo passaggio: “In particolare sono state acquisite una serie di intercettazioni nel corso delle quali Cristiano Di Pietro chiede al provveditore Mautone alcuni interventi “di cortesia” quali: affidare incarichi a persone a lui segnalate anche al di fuori di ambiti di competenza istituzionale (Bologna); affidare incarichi ad architetti da lui indicati e sollecitati anche da Nello Di Nardo (all'epoca segretario di Di Pietro al ministero, già candidato Idv e già sottosegretario al Viminale nel D'Alema bis, ndr), come da conversazione 6335, 20/6/07 tra Di Nardo e Mautone al quale comunica che con lui si trovano “due architetti amici di Cristiano ai quali non bisogna far prendere collera”; interessi di Cristiano Di Pietro in alcuni appalti e su alcuni fornitori”.

 

E che succede in effetti? Lo descrive sempre la stessa informativa: “..naturalmente le richieste di Cristiano Di Pietro vengono immediatamente esaudite da Mautone, che ne comunica a Cristiano l'esito riservandosi di consegnare a lui materialmente il decreto di nomina (“... c'ho dato un incarico! Poi non l'ho dato ancora a lei! Lo passerò sempre a te e poi ce lo farai avere tu!”)”.

 

Fin qui le relazioni pericolose, in parte già note tra Di Pietro junior e Mario Mautone, ex provveditore alle opere pubbliche per Campania e Molise nel ministero delle infrastrutture di Tonino.

 

Poi però scattano i primi campanelli di allarme: a fine luglio del 2007 quando nessuno sapeva niente dell’inchiesta su Romeo avvengono due episodi che la Dia definisce inquietanti: Di Pietro junior si rifiuta di rispondere al telefono alle chiamate di Mautone e lo stesso viene trasferito a Roma per ordine di Di Pietro padre. Perché? Chi soffia a chi? E cosa?

 

Osserva la divisione investigativa antimafia che “l’improvviso silenzio di Cristiano di Pietro è un episodio inquietante”. Addirittura lui tronca a metà una conversazione in data 27 luglio 2007 e da allora si rifiuta di rispondere al telefonino quando chiama Mautone.

 

Di Pietro padre, citato nel medesimo rapporto della Dia, “chiede di parlare di persona con il senatore Idv Nello Formisano”, e poi “fa una riunione politica dove chiede ai suoi collaboratori di tenere fuori il figlio perché troppo esposto”.

 

Una conferma che qualcosa di strano è accaduto viene dal cugino (omonimo) del senatore Idv Nello Formisano che dice questo al telefono: “Ha ricevuto un input e si è messo a posto”. Poi gli eventi precipitano. Il 31 luglio Mautone finalmente parla con il giovane Di Pietro. Commenta l’estensore del rapporto Dia che Mautone “.. scopre che “ha paura di parlare al telefono” e si domanda cosa stia succedendo”. L’1 agosto il senatore Formisano dice al cugino che “lo ha chiamato Antonio che gli ha espresso desiderio di parlare due minuti “da soli” con il senatore Formisano”. E un collaboratore di Mautone gli dice di aver saputo da due esponenti “della segreteria regionale del ministro che Di Pietro avrebbe detto che il figlio Cristiano sta sbagliando e si sarebbe troppo esposto”.

 

Mautone vistosi scaricato da Di Pietro padre e trasferito ad altra sede del ministero a Roma, da quella molto più importante di provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise, il tutto senza un perché, parla allora a sua volta al telefono con la moglie. Che gli suggerisce di “tentare la carta del ricatto del figlio” perché “il potere che tieni qua a Napoli a Roma non lo puoi tenere”. Non si sa se questo ricatto abbia mai avuto luogo , le carte per ora non lo dicono. “Repubblica” la butta in caciara per coprire le evidenti fughe di notizie da ambienti giudiziari napoletani a favore del figlio di Di Pietro.

 

Certo a l’uomo che quando va in tv da Santoro parla sempre della “moglie di Cesare” che deve essere esente da sospetti per non compromettere il marito funzionario pubblico, si potrebbe facilmente obiettare, maramaldeggiando, che “anche il figlio di Cesare dovrebbe esser esente da sospetti”.

 

E che qualcuno dovrà prima o poi spiegare chi avvertì Cristiano di non parlare più con Mautone che nel frattempo era sotto intercettazione telefonica.

 

Forse “Anno zero” dedicherà la prossima puntata a risolvere questo mistero?

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qui solo un fatto è evidente

 

picpus torno tra un pò di giorni mentre festeggi il nulla, quando, a distanza di giorni,ti mostrerò che nessun DiPietro è nel registro degli indagati (ma non forse fermara gli editoriali tragi comici che posti)

Modificato da Leviathan
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qui solo un fatto è evidente

 

picpus torno tra un pò di giorni mentre festeggi il nulla, quando, a distanza di giorni,ti mostrerò che nessun DiPietro è nel registro degli indagati (ma non forse fermara gli editoriali tragi comici che posti)

e che neanche leggi (risposta a distanza di un minuto)!!!

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gli editoriali tragi comici che posti

hai delle fonti certe per cui, l'editoriale di Picpus è tragicomico? o semplicemente lo bolli in questo modo perchè non ti piace?

 

senza ironia di sorta, vorrei realmente sapere su cosa basi i tuoi giudizi e perchè li dai senza neanche leggere.

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Dal link http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=317122

 

riporto un articolo di Filippo Facci:

 

 

sabato 27 dicembre 2008

 

Per l'ex pm tutto è lecito se fatto in nome del figlio

 

di Filippo Facci

 

 

Roma - Guarda e impara, Cristiano Di Pietro: guarda tuo padre, osserva la sua impunita disinvoltura nel plasmare la realtà a vostra immagine e somiglianza: siete due gocce d’acqua, del resto. Gli investigatori della Dia hanno fatto intendere che tuo padre, già a metà del 2007, sapesse che il provveditore Mario Mautone era sotto indagine a Napoli. La Dia ha parlato di circostanza «inquietante» perché «voi dell’Italia dei Valori» improvvisamente avete smesso di parlargli come se fosse appestato, mentre nella vostra ottica era anche peggio: era indagato. Tuo padre l’ha anche detto, un giorno: Mautone l’ho trasferito a Roma perché sapevo dell’indagine. Ha detto così. Poi ha corretto e specificato che dell’indagine aveva appreso da agenzie di stampa: e non era vero, cioè era falso. Poi più nulla, zero, silenzio: guarda e impara, Cristiano. Se un giornalista come Guido Ruotolo a tuo padre dice che «c’è il sospetto che lei fu avvisato sulle indagini e per questo impose a Cristiano di troncare i rapporti con Mautone», come ha fatto sulla Stampa la vigilia di Natale, impara la risposta di Papà: «È una puttanata mostruosa». Stop. Fine. Lui non deve spiegazioni.

 

Per quanto invece riguarda la polpa della faccenda, cioè i favori che tu hai chiesto al provveditore Mautone a nome di amici tuoi, impara anche quest’altra: «Mio figlio ha fatto telefonate istituzionali doverose, e anche altre che non hanno alcuna rilevanza penale ma, al massimo, attengono alla sfera della deontologia e dell’opportunità». Hai capito, quello che parla come magna? Poi, nella stessa intervista, la paternale: «È stato un comportamento assolutamente non corretto che noi dell’Italia dei Valori però non condividiamo». Ma sta tranquillo, due giorni dopo, cioè ieri, Papà ha capovolto ancora tutto: «Mio figlio ha semplicemente insistito presso il provveditore perché sette caserme dei carabinieri in Molise si facessero il più presto possibile. Ha fatto proprio quello che il suo dovere gli impone di fare come amministratore, dopo di che ha trasmesso alcuni curriculum di professionisti qualificati affinché il pubblico funzionario li valutasse insieme a quelli di tutti gli altri». Cioè: li ha raccomandati, ma hai visto come te l’ha imbastita? Ormai è un politico navigato.

 

Il tocco finale è la colpa dei giornalisti: «Una certa informazione deformata e di parte insiste nel mettere tutti nello stesso`calderone». Neanche Repubblica saprebbe far meglio. Guarda e impara, Cristiano Di Pietro: è tutta la vita che lo fai. C’è quel malfidente di Maurizio Gasparri che ha presentato un’interpellanza per capire come sia stato possibile il tuo trasferimento alla Questura di Vasto: dice che l'organico era già al completo, e che forse hai avuto una spintarella. Tu avrai ridacchiato, perché è tutta la vita che guardi e impari.

 

Nell’autunno 1992, a Milano, quando eri un ragazzino e tuo padre era già un eroe, vincesti il concorso della Polizia e ottenesti il primo posto in graduatoria su 150 partecipanti, con Papà presente alla cerimonia. Come gira il mondo, forse, hai cominciato a capirlo quel giorno. Vivevi in via Andegari, dietro Piazza della Scala; l’appartamento della Cariplo era affittato a tuo padre (un equo canone) e il regolamento proibiva ogni tipo di subaffitto: ma ci stavi tu lo stesso. Un paio d’anni prima, ricorderai, eri stipendiato dalla Maa di Giancarlo Gorrini: anche se non andavi a lavorare quasi mai, a sentir lui. Gorrini è quello dei 100 milioni «prestati» a tuo padre: soldi che usò per comprarti una casa a Curno, vicino a lui.

 

Saprai, inoltre, che tuo padre comprò e affittò all’Italia dei Valori due appartamenti che si ripagava con denaro pubblico; come si chiamava la società cui erano intestati gli appartamenti? «An.ton.cri», sigla che racchiude anche il tuo nome. Cominci a capire? Ma certo che capisci. L’avevi capito da un pezzo anche quando bussasti direttamente a tuo padre, ministro delle Infrastrutture, per perorare la costruzione di un parco eolico in Molise. Del resto dove abiti, Cristiano? In una casa a Montenero di Bisaccia. Chi te l'ha venduta? Tuo padre. Lara, tua moglie, per puro caso faceva di cognome proprio Di Pietro. E uno dei tuoi figli, per puro caso, l’hai chiamato Antonio. Questa è una Repubblica fondata sulla famiglia, Cristiano. Tuo padre, a Guido Ruotolo della Stampa, ha detto che «Quello delle raccomandazioni è il male italiano, mio figlio avrebbe fatto bene a non caderci pure lui». Ha detto così, ma sta tranquillo. Scherzava.

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bon sono tornato dopo giorni per far notare che in questo lasso del tempo Cristiano non è stato iscritto al registro degli indagati, non è indagato ne sospettato di nulla, eppur si è dimesso dal partito ITALIA DEI VALORI come qualunque politico serio in un partito normale di un paese normale.

ma l'Italia non è un paese normale.

 

Abbiamo gli editoriali de IlGiornale e di vari opinionisti prezzolati che ogni giorni si copiano gli articoli tra loro prendendo spunto dalle veline governative di triste memoria, ma che nel 2004 censurarono che Marina e Piersilvio (figli di altri evidentemente) erano indagati per davvero (e per riciclaggio non per suggerimenti che non hanno rilevanza penale).

Sono stati assolti nel merito ma con un accusa più grave nessuno ha detto niente Per ricordare

 

Qui l'occasione era ghiotta, strapazzare con una non-notizia l'IDV, il partito più fastidio del parlamento, poco importa se non ci sono indagati

 

 

Pubblico la lettera di Antonio Borghesi, deputato IDV

 

Non era forse mai capitato fino ad oggi nella politica italiana che una persona, neppure indagata, abbia sentito il dovere di fare un passo indietro per un comportamento non totalmente irreprensibile, probabilmente dovuto più ad ingenuità che a consapevole volontà di sotterfugio. Forse non era neppure mai avvenuto che il padre della persona in questione senza alcuna remora abbia bollato il comportamento del figlio come sbagliato e inopportuno, sollecitando la magistratura a procedere nelle indagini. Ripetiamo che la persona non è indagata ne risulta abbia commesso alcun illecito sotto il profilo penale. Eppure tutto ciò è capitato ed ancora una volta è Italia dei Valori che dimostra a tutto il Paese, con i fatti e non con le parole, quanto la questione morale sia da porre al centro del dibattito politico. Mi riferisco come è ovvio alla questione in cui si è trovato in qualche modo coinvolto Cristiano Di Pietro, figlio di Antonio. Eppure ancora una volta vi è chi dimostra come la politica possa essere interpretata come fango e feccia. Mi riferisco a Maurizio Gasparri che prima ha attaccato Di Pietro sostenendo che solo le dimissioni erano adeguate ad una tale situazione, e, dopo che le dimissioni sono state date, ha vergognosamente sostenuto che “la decisione di Cristiano Di Pietro conferma la validità dei sospetti e non cancella la vicenda. Andremo avanti - ha continuato - come un carro armato sulla questione morale che travolge l'Italia dei cosiddetti valori". Ma chi è Gasparri, oltre ad essere stato il Ministro che ha regalato a Rete 4 e a Berlusconi la possibilità di continuare a irradiare illegalmente le sue trasmissioni a danno di Europa 7? Per conoscerlo meglio basta ricordare le sue numerose richieste di insindacabilità con le quali ha diffamato soprattutto i magistrati, nascondendosi dietro l’immunità parlamentare. Per esempio nel gennaio 2005 quando offese la reputazione del magistrato Maria Clementina Forleo dichiarando che essa aveva preso “una decisione incredibile, sconcertante e allarmante, fuori da ogni schema razionale, basata su una scelta ideologica. Oggi vive gente che si trova al di fuori dal mondo e che non si ricorda che c'è stato un evento terribile come l'11 settembre […] il Governo deve valutare con urgenza l'emanazione di norme che impediscano a giudici irresponsabili di lasciare a piede libero degli autentici terroristi […] in ogni caso il CSM deve intervenire perché un magistrato che ha fatto queste cose è un pericolo per la sicurezza ed è una persona che non può svolgere quella funzione”. O quando nel 2006 a proposito di John Woodcock, sostituto procuratore presso il tribunale di Potenza, disse che «Woodcock spara a vanvera accuse ridicole [...] spara nomi a casaccio [...] è così poco attendibile che il giorno che dovesse arrestare un colpevole lo vedrà finire assolto [...] è un personaggio boccaccesco [...] si narra che a Potenza ci fosse una liaison fra lui e una magistrata donna, adibita ad altra funzione». Per non parlare di quando definì “una cloaca” il Consiglio Superiore della Magistratura, o di quella voltà che creò un mezzo incidente diplomatico con gli Stati Uniti appellando il neo eletto Presidente Obama di connivenza con il terrorismo (“Con Obama alla Casa Bianca forse Al Qaeda è più contenta.”.) Ma il massimo del ridicolo lo raggiunse nel 2004 quando, sempre riferendosi a Woodcock, disse che “ …è stata spazzata via una farneticante accusa di un giudice irresponsabile di Potenza… “, “ …il Csm e il Ministero della giustizia porranno fine all’azione dissennata di persone che calunniano … però faremo i conti in sede giudiziaria con chi si è comportato in quel modo… “. Peccato che, poco dopo, querelato dal magistrato, da gran furbetto chiese alla Camera dei Deputati di pronunciare la sua insindacabilità, salvandosi così da un giusto processo a suo carico. Al lettore ogni commento!

 

e una riflessione di Travaglio

Ieri, sull’Unità, a pagine 3, nella rubrica dove si fa chiamare in modo piuttosto eloquente «Zorro», Marco Travaglio sottolineava come appunto «il Giornale berluscomico dedichi mezza dozzine di pagine al giorno allo sciagurato figlio di Di Pietro, beccato a raccomandare amici a un dirigente dei Lavori pubblici poi trasferito dal padre... », con lo stesso impegno con cui, nel luglio del 2004, sorvolava invece sulla vicenda che coinvolse Marina e Piersilvio Berlusconi, «indagati col padre a Milano non per qualche raccomandazione, ma per ricettazione e riciclaggio nell’inchiesta sulla compravendita di diritti cinematografici in America tramite società off-shore (poi la loro posizione fu archiviata, ndr). Mario Cervi, sul Giornale, implorò i giudici: "Ci si rivolga al Cavaliere. Marina e Piersilvio, dirigenti di fresca età, non c’entrano...». Che poi, a pensarci, polemiche a parte, il punto era e resta in fondo questo: i figli quanto c’entrano? A volte, e questo uno come Umberto Bossi può testimoniarlo, i figlioli vengono usati. Per dire: due anni fa, il ventottenne Riccardo, primogenito del Senatur e della sua prima moglie Gigliola Guidali, espresse il desiderio di partecipare al reality-show «L’isola dei famosi » (contattato dalla Simo, lui s’era visto subito celebre naufrago ai Caraibi: antesignano di Luxuria e del bidello piangente Capponi). I ranghi della Lega insorsero però indignati, i colonnelli della Padania (Maroni, Calderoli etc) si dissero allibiti, buona parte della politica italiana avviò, sulla notizia, un banchetto memorabile.

 

Quasi quanto quello—in effetti però più simile a un tormentone —che ormai da mesi coinvolge anche l’altro figlio di Bossi, il Renzo, detto Renzino, vent’anni, nato dalle seconde nozze del Senatur con Manuela Marrone. Il Renzino che fa? Non riesce a conquistare la maturità. Niente. Tre volte, l’ha ripetuta (grazie anche a un ricorso al Tar), e tre volte l’han bocciato. La reazione del padre potete immaginarla. Un mugugno e una frase, divenuta ormai cult, rivolta al figlio che, sui giornali, qualche cronista generoso già definiva delfino. «Altro che delfino... tu, per me, sei piuttosto una trota...» (impossibile la traduzione dal celtico, ndr). Naturalmente non è poi mica sempre così che va: i genitori non perdono sempre la pazienza. A volte, infatti, sono fortunati. Esempio? Il ministro Ignazio La Russa. Che ha un figlio come Geronimo, avvocato, le idee chiare: «Uno con il mio cognome deve stare attento due volte. Perché da te si aspettano sempre il meglio. E perché se sbagli, danneggi tuo padre». Sante parole. Da invidiare. Prendete Pier Ferdinando Casini. Due anni fa, a passeggio nell’elegante Cortina, si sfogò con Chi: «Ahimè... mia figlia ama un comunista ». Lei, Benedetta. Lui, David. Casini: «Purtroppo questo David non lo vedrò mai leggere Libero...». Toni non affettuosi, ma indulgenti. I papà fanno i papà. Mai, comunque, come Clemente Mastella. Che di figli finiti sui giornali ne ha due: Elio, che — ricorderete — difende la villa di famiglia a Ceppaloni dall’assalto della troupe delle Iene, e Pellegrino.

 

Di quest’ultimo dette notizia Il Sole 24 ore: Pellegrino Mastella, 31 anni, figlio di Clemente (all’epoca ancora ministro di Grazia e Giustizia) e di Sandra Lonardo (all’epoca ancora presidente del Consiglio regionale della Campania) è stato ingaggiato dal ministero dello Sviluppo (alla cui guida c’era Pier Luigi Bersani, con Clemente compagno di banco a Palazzo Chigi) come consulente. Nel dettaglio, «l’incarico è quello di approfondire le specificità dei modelli anglosassoni e...». Commento— indignato — di papà Clemente: «Mio figlio è avvocato, quel contratto è regolare e poi, diciamolo, mio figlio se lo merita proprio...». Sul genere di merito, ha qualche perplessità Omar Calabrese, docente di semiotica all’università di Siena: «Questa è una stagione in cui, al ragionamento politico, prevale il buon senso di massa. E perciò l’idea che il potere possa essere usato non per ottenere il bene comune, ma solo il bene dei figli, può certamente deformare gravemente l’immagine di qualsiasi politico». Non casualmente, mentre Walter Veltroni spiega subito che i modesti 60 metri quadrati di casa a Manhattan destinati a Martina, la sua primogenita ventenne e talentuosa figliola appassionata di cinema, sono stati acquistati «grazie ai diritti d’autore del romanzo "La scoperta dell’alba"», Silvio Berlusconi anticipa tutti e annuncia che suo figlio Luigi, causa crisi, non potrà cambiare l’automobile. «Anche se poi lui certi problemi non dovrebbe soffrirli, avendo

 

 

ancora una volta scopriamo che , in un informazione cosi faziosa, il continuo calo delle vendite di giornali ne è una punizione più che giusta

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Praticamente si tratta di un'ammissione di colpevolezza!

 

Dal link http://www.adnkronos.com/IGN/Politica/?id=3.0.2862446801

 

riporto:

 

IDV: GASPARRI, DECISIONE CRISTIANO DI PIETRO CONFERMA SOSPETTI

 

ultimo aggiornamento: 29 dicembre, ore 14:55

 

Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "La decisione di Cristiano Di Pietro conferma la validita' dei sospetti e non cancella la vicenda. Andremo avanti come un carro armato sulla questione morale che travolge l'Italia dei cosiddetti valori". Lo dichiara il presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri.

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Gasparri non capisce, per ovvi motivi, che è una scelta di dignita e le considerazioni su di lui le riporto al post sopra.

 

IDV non accetta lezioni morali da partito e relativi accaniti elettori, che candidano condannati e inquisiti al parlamento e al governo.

IDV non ha ne condannati ne inquisiti, e Cristiano non commettendo reati si è dimesso per dignità.

 

Nel ripetere che Cristiano non è indagato come chiunque può verificare la sua non- iscrizione nel registro degli indagati, credo sia ridicolo insistere in tal senso a dispetto dei fatti e della realtà e non penso di perdere ulteriore tempo in questo topic se non ci sarà qualche novità...

o una news relativa all'agomento

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