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"I dimenticati" Aeronautica Lombarda AL.12P


Ospite galland

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“"I dimenticati"” sono quegli apparecchi che, per molteplici ragioni sovente indipendenti dalle loro caratteristiche intrinseche, non sono andati oltre lo stadio di prototipo o di una limitata serie produttiva ma, nonostante ciò, costituiscono interessanti tappe del progresso aeronautico. Con questa serie di topic intendo riportarli alla conoscenza nella convinzione che possano parlarci ancora: di loro e degli uomini che li hanno pilotati, in una stagione ormai lontana della storia dell’aviazione.

 

Aereonautica Lombarda Al. 12

 

CARATTERISTICHE

apertura alare mt. 21,30

lunghezza totale mt. 14,00

altezza totale mt. 3,75

superficie alare mq. 50,70

peso a vuoto kg.1.500

peso a carico max. kg. 3.300

velocità max. in affondata km/h. 250

velocità di discesa m/sec. 1,5 (senza diruttori)

atterraggio mt. 50

equipaggio 2

passeggeri 14

progettista Ermenegildo Preti

pilota collaudatore Nello Valzania

primo volo prototipo MM. 508 il 6 settembre 1942

località Venegono (Varese)

 

DESCRIZIONE TECNICA

Aliante da trasporto militare per uomini o materiali, monoplano ad ala alta a sbalzo, a struttura mista.

Ala mono-longherone a spessore variabile ed a forte allungamento, con pianta trapezia, divisibile in tre parti di cui la centrale solidale alla fusoliera; longheroncino secondario in corrispondenza alle cerniere degli alettoni; centine in legno e rivestimento alare in compensato. Alettoni compensati staticamente e aerodinamicamente, ricoperti in tela. Diruttori di grande superficie, disposti superiormente ed inferiormente all'ala in modo da non interferire aerodinamicamente sugli alettoni e sui piani di coda.

Piani di coda a sbalzo con struttura bilongherone e rivestimento in compensato. Timone di direzione bi-longherone ricoperto in compensato, munito di aletta compensatrice. Timone di profondità mono-

longherone, con alette compensatrici regolabili dal posto di pilotaggio. Entrambi i piani mobili sono compensati aerodinamicamente e staticamente.

Nella versione «trasporto» carrello di tipo normale, senza assale, con ammortizzatori oleo-elastici e ruotino di coda orientabile munito di ammortizzatore oleo-pneumatico. Nella versione «assalto», pattino ventrale in posizione centrale.

Fusoliera in legno con struttura a guscio ad eccezione della sezione di muso realizzata in traliccio di tubi di acciaio e rivestimento in compensato. Tale sezione, incernierata sulla fiancata destra, può ruotare completamente per facilitare il carico di materiali ingombranti. In essa sono dislocati posti di pilotaggio affiancati, a doppio comando. Vano di carico della capacità di 14 mc. servito da due portelli nelle fiancate.

 

PRODUZIONE:

MM. 508 - primo prototipo

MM. 509 - secondo prototipo

 

TRATTAZIONE:

La decisione di adottare alianti da trasporto è presa a seguito dei risultati conseguiti dalla Luftwaffe in Belgio (maggio 1940) e specialmente a Creta (maggio 1941) nella previsione di un'analoga azione contro Malta: ma qui il risultato sarebbe ancora più incerto per le minime dimensioni del territorio maltese, per l'alta densità di popolazione, per l'assenza di importanti schermi orografici, per la munitissima difesa.

Il 27 maggio 1941 il Comandante di Esercitavia, gen. Del Lupo, chiede per conto del Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito di conoscere le realizzazioni italiane nel campo del trasporto di truppe e materiali con alianti rimorchiati. Bernasconi, Sottocapo di S.M. per gli Armamenti Aerei, deve rispondere che non esiste nulla. Il 6 giugno il Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito conferma il proprio interesse all'impiego bellico degli alianti rimorchiati e chiede in proposito il parere della Regia Aeronautica che già il 12 giugno sollecita la Luftwaffe per avere notizie sulle modalità operative di sbarco a Creta. I tedeschi rispondono di... essere ancora in fase sperimentale.

Nell'ottobre del 1941 lo Stato Maggiore Armamenti Aerei chiede la realizzazione di alianti da rimorchio di media capacità (peso totale di 2.500 kg.) e nel dicembre del 1941 quelli da trasporto di grande capacità (peso totale di 5.000 kg.): il primo bando emanato dalla Direzione Generale Costruzioni Approvvigionamenti porta nel gennaio 1942 all'ordine del CAT TM.2, dell'Aeronautica Lombarda AL.12 P, dello SCA.2; il secondo bando il 14 aprile 1942 all'ordine del CAT TM.3 e del CANSA CT.24.

È bene precisare che tutti questi progetti sono nell'ambito del trasporto e non dell'assalto ad eccezione dello SCA.2 che è del tipo (come il tedesco DFS.230) atto a depositare in punti prefissati, con il massimo della sorpresa, nuclei di uomini con forte armamento individuale che costituiscano la testa di ponte per le successive fasi dell'avio-sbarco e dell'afflusso dei rifornimenti.

Lo SCA.2 proposto da Stefanutti, è in effetti una copia del DFS.230 del quale conserva l'apertura alare di 21 mt., la lunghezza di 11 mt., la strettissima fusoliera di 70 cm. per il pilota e per 9 soldati a cavalcioni di una panca longitudinale. Se ne discosta per la struttura interamente lignea di fusoliera (l'originale tedesco è in tubi saldati) che rimanda ogni sforzo ad un robusto telaio inferiore che ha anche funzione di protezione negli atterraggi pesanti. Questa parte inferiore di carlinga è molto compartimentata ed a tenuta stagna per consentire eventuali ammaraggi sotto costa (il DFS. non presenta particolari caratteristiche anfibie). Inoltre per facilitare ed accelerare l'uscita dei trasportati, la parte superiore di fusoliera dello SCA.2 costituisce una copertura completamente sganciabile. Rimangono inalterate le buone caratteristiche di smontabilità e trasporto dell'originale tedesco, mentre tutta la costruzione punta alla economicità e rapidità di produzione. Lo SCA.2 è dunque un aliante da assalto mentre TM.2 e AL.12 sono alianti da trasporto di una classe intermedia che non è stata ancora sperimentata operativamente e presenta pesi, dimensioni, costi maggiori. Tuttavia lo SCA.2 non ha alcun seguito produttivo e viene rimpiazzato da una proposta di Sergio Stefanutti ed Ermenegildo Preti che collaborano alla stesura del progetto dello SCA.3. Questo, con peso a vuoto di 1.800 kg., doppio del predecessore, è destinato a trasportare un carico di 2.500 kg. cioé in pratica appartiene alla stessa classe del TM.3 e del CT.24. Basandosi sul concetto di un pianale inferiore di carico che assolve ogni compito strutturale e su un rivestimento laterale e superiore che può addirittura variare a seconda del mezzo trasportato, lo SCA.3 può caricare perfino autocarri: per facilitarne la salita o la discesa, il complesso di coda è incernierato e completamente ribaltabile. Lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Guidonia intraprende la costruzione di un esemplare che all'inizio dell'aprile 1943 è completato al 70 %: non fa comunque in tempo ad essere collaudato prima dell'armistizio. Ordinato in due esemplari il 10 gennaio 1942, l'AL.12 P è opera di Ermenegildo Preti, non ancora laureato in ingegneria, che è in servizio come sottotenente G.A.r.a.t. e viene chiamato presso l'Aeronautica Lombarda per il periodo di costruzione dei due prototipi del suo aliante. Tale Ditta è la piccola fabbrica aeronautica fondata a Cantù (Como) da Vittorio Bonomi e rilevata nel 1937 da Romolo Ambrosini, fratello del titolare dei ben più noti ed importanti stabilimenti aeronautici di Passignano sul Trasimeno.

Accanto ad una linea molto bella, l'AL.12 P (=Preti) dà una personale quanto interessante soluzione al problema del carico rapido e della facile evacuazione: la sezione di muso, contenente i due posti di pilotaggio affiancati, è apribile e ribaltabile lateralmente essendo incernierata sul fianco destro. Segue un vano di carico di 14 mq. che può essere utilizzato per il trasporto di 1.200 kg. di materiali anche ingombranti oppure di 14 soldati equipaggiati, a disposizione dei quali sono anche due tradizionali portelli di accesso. È previsto un armamento difensivo di tre mitragliatrici (due dorsali ed una ventrale).

Alle prove di volo sono assegnati Nello Valzania come collaudatore dell'aliante ed il cap. Erardo Fruet come pilota trainatore: fin dall'inizio risulta impossibile impiegare l'IMAM Ro.41 in quanto un simile treno aereo non è nemmeno in grado di staccarsi dal suolo. Fruet suggerisce allora l'uso di un Fiat CR.42 opportunamente modificato per il rimorchio e così infatti il 6 settembre 1942 sull'aeroporto di Venegono, a nemmeno 8 mesi dall'ordine di costruzione, l'AL. 12 P compie felicemente le sue, tre prime prove di volo consistenti in salite a 200 mt. di quota. L'aliante manifesta subito un ottimo comportamento di volo, compie facilmente manovre acrobatiche (loopings) e non ha bisogno di particolari messe a punto. Si hanno invece problemi di traino in quanto lo stesso CR.42 non offre un adeguato margine di potenza motrice. Durante un decollo l'eccessivo angolo di salita assunto dall'AL.12 ferma a mezz'aria il CR.42, nonostante l'erogazione del + 100, così che il suo pilota è costretto a sganciare l'aliante, per non precipitare: a sua volta Valzania riesce a virare e ad atterrare felicemente nel perimetro aeroportuale. Mentre la MM.508 compie con regolarità a Venegono un totale di 20 prove di volo, il secondo prototipo continua l'allestimento a Cantù. Il 6 ottobre 1942 il CR.42 di Fruet traina l'AL.12 sul percorso Venegono-Piacenza-Pisa con a bordo Valzania e lo stesso progettista che è talmente entusiasta dei risultati conseguiti dal suo lavoro da accompagnarlo personalmente a Guidonia, contravvenendo alle disposizioni impartite dalla Ditta costruttrice e quindi salendo a bordo quasi clandestinamente. Il 7 ottobre il treno aereo si porta da Pisa a Tarquinia ed il giorno seguente da Tarquinia a Roma. Le numerose tappe non sono richieste da problemi meteorologici o di rifornimento ma dal desiderio di Preti di cominciare a far conoscere il proprio aliante negli ambienti aeronautici militari. Presso il Centro Sperimentale di Guidonia già il 9 ottobre è effettuata una prova di salita a 3.000 mt., quota che la coppia CR.42/AL.12 raggiunge in 30'. Il giorno seguente sono impiegati 20' per salire a 2.000 mt. L'AL. 12 P affronta subito prove comparative con il DFS.230 presente a Guidonia: il 14 ottobre Fruet traina il DFS. a 3.000 mt. di quota impiegando ben 60' in quanto le caratteristiche dell'aliante tedesco limitano a 180 km/h la velocità di lavoro del CR.42. Primo pilota militare del Centro a provare l'AL.12 è il cap. Paolo Moci. In una prova di carico tale aliante decolla con a bordo 17 soldati, un cannone da 47, una mitragliatrice Breda, 2 taniche per lanciafiamme (oltre 1.600 kg.). Il 23 ottobre 1942 1'AL.12 P MM.508 è lasciato a Guidonia da Fruet e Valzania dopo che nella giornata sono stati compiuti altri 3 voli portando così a 34 il totale dei collaudi effettuati per la Ditta.

Al termine di positive prove militari, nel febbraio 1943 lo stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Guidonia realizza due serbatoi da 750 lt. ciascuno da installare sulla MM.508 per renderla atta ai trasporti di carburante secondo la tecnica già praticata dalla Luftwaffe sul fronte africano. Come secondo stadio di sviluppo, si prevede di motorizzare l'AL.12 (MM.508) con un propulsore Piaggio P.VII da 460 cv. installato nel muso e carrello modificato con ruote collegate da un assale: si ottiene così un aereo da trasporto di estrema economicità con peso a vuoto di 2.100 kg., peso totale di 4.000 kg., autonomia di 1.000 km. e velocità di crociera nell'ordine dei 235 km/h.

All'inizio dell'aprile 1943 il secondo prototipo (MM.509) risulta costruito al 95 % e se ne ritiene ormai prossima la consegna al 10 Nucleo Volo senza motore: a differenza del primo esemplare con carrello fisso e ruote carenate in quanto destinato al trasporto, questo secondo aliante presenta un complesso sganciabile e pattino ventrale per l'atterraggio. Nel maggio 1943 lo Stato Maggiore Armamenti Aerei, pur nel sopravvenuto scetticismo sulle possibilità d'impiego della specialità «alianti» è favorevole all'AL.12 P qualora si dovesse arrivare ad una produzione in serie di un tipo da trasporto. È comunque accantonato il piano di motorizzare il primo prototipo tanto che esso è inviato al 1° Nucleo, sull'aeroporto di Orio al Serio, per l'impiego da parte di quella Scuola di volo. Anche se accolto come un gioiello e trattato con molta attenzione, l'AL.12 P (MM.508) finisce per rimanere assai poco presso il 10 Nucleo. Al rientro da un normale volo di addestramento con due allievi a bordo, l'istruttore sergente maggiore pilota Luigi Castellini arriva corto sulla recinzione dell'aeroporto di Orio, riesce a superarla ma stalla subito dopo con il cedimento del semi-carrello destro che nella successiva strisciata va a sbatacchiare contro la fusoliera e la sfonda. I danni non sono gravi ma comunque l'aliante deve tornare in Ditta per effettuare le riparazioni necessarie. Qui esso è anche modificato con una botola ventrale nella sezione anteriore per installarvi una spezzoniera in vista di un impiego offensivo. Il secondo prototipo (MM.509) è intanto ritirato da Personale del 1° Nucleo che vi effettua poi attività di volo impiegando come trainatori velivoli Caproni Ca.111 e Ca.133.

Una pre-serie di 6 esemplari è bloccata dall'armistizio in fase molto avanzata d'allestimento e poi distrutta per ordine tedesco: contravvenendo a tale disposizione, Romolo Ambrosini trasferisce ed occulta in un casale, insieme ad un suo FL.3, l'AL.12 P (MM.508) ancora presente in Ditta. Qui i due velivoli rimangono per lungo tempo finché non vengono scoperti a seguito di una delazione che fa infuriare gli occupanti e mette nei guai il «proprietario» che si salva solo grazie al sopraggiungere del 25 aprile 1945.

Anche se in condizioni mediocri, la MM.508 si affaccia dunque a questo dopoguerra. Il 27 aprile 1946 la Società Aeronautica Italiana di Angelo Ambrosini propone al Ministero dell'Aeronautica di costruire una piccola serie (6 esemplari) di AL. 12 motorizzati con Piaggio P.VII (AL. 12 T). Il 3 luglio 1946 tale Ditta chiede all'Aeronautica Militare, che ne è proprietaria, di poter rilevare la

78 MM.508 giacente a Cantù e di trasferirla a Passignano sul Trasimeno. Il 5 dicembre 1946 la Sezione Tecnica Reparto Servizi dello Stato Maggiore informa la DGCA che il prototipo dell'AL.12 non interessa più e può pertanto essere ceduto. All'inizio del 1947 la SAI precisa che tale prototipo non può essere motorizzato ma che serve per studi. E così richiesta l'autorizzazione della Air Force Sub-Commission, che imbriglia per conto alleato ogni nostra attività aeronautica. Il 12 febbraio 1947 il ten.gen. G.A.r.i. Enrico Bonessa può comunicare alla SAI-Ambrosini che la Commissione Alleata di Controllo ha autorizzato la realizzazione di un esemplare motorizzato dell'AL.12.

Si è intanto scartata la versione monomotore con P.VII in quanto essa obbliga a rinunciare alla soluzione del muso incernierato, sostituendola con una assai meno felice botola ventrale di caricamento, ribaltabile sotto la cabina dei piloti. Si riprende la soluzione primitiva passando ad una versione bimotore, motorizzata con 2 Alfa Romeo 115 da 195 cv. ciascuno, che garantisce autonomia di 1.000 km., velocità massima di 250 km/h., crociera a 230 km/h. con peso a vuoto di 2.200 kg., 350 kg. di benzina e olio. 160 kg. di equipaggio, 1.200 kg. di carico utile. E interessante notare che olio e carburante sono contenuti nelle carenature sub-alari di ciascun motore. Indicata all'inizio con la consueta sigla della versione motorizzata (AL. 12 T), tale macchina è poi chiamata «avio-cargo SAI-Ambrosini P.512». 11 15 ottobre 1947 la SAI sollecita dal Ministero la cessione della MM.508 per l'installazione dei due Alfa 115 ed il 26 aprile 1948 essa offre un pagamento di L. 900.000 (dopo una prima offerta di L. 500.000 a cui ha risposto una perizia del Ministero con la richiesta di L. 2.000.000). Il 24 maggio 1948 l'Aeronautica Militare esprime parere favorevole alla cessione dell'AL.12 che finalmente passa alla SAI-Ambrosini. Purtroppo il tentativo di produrre aerei da carico con caratteristiche di costruzione e di esercizio ultra-economiche non trova un mercato e quindi il piano deve fermarsi a questa fase.

Modificato da galland
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Quali erano i vantaggi di trasportare truppe con gli alianti piuttosto che paracadutarli con normali aerei da trasporto? Silenziosità? Maggior carico?

 

E poi, un aereo che atterrava su un terreno che non era predisposto per gli atterraggi era facilmente recuperabile?

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Ospite galland

I vantaggi erano molteplici:

* I soldati potevano portare con loro l'eqipaggiamento pesante (mitragliatrici, mortai) che altrimenti dovevano essere lanciati separatamente e recuperati.

* Il lancio tramite apparecchi provocava una notevole dispersione sul terreno, che con determinate condizioni di vento poteva divenire notevole.

Chiaramente l'apparizione dei mezzi ad ala ruotante ha annullato tali prerogative.

Tieni presente che quelle degli alianti, che vennero massicciamente utilizzati per la conquista del compesso fortificato belga di Eben Emael (maggio 1940), l'occupazione di Creta (primavera 1941), lo sbarco in Normandia (giugno 1944).

Per quanto concerne il recupero si trattava di mezzi dal basso costo, realizzati in struttura lignea o mista e pertanto da considerarsi "a perdere".

Tornerò ad occuparmi del tema descrivendo altri modelli di alianti militari di produzione nazionale, nel frattempo rammeto come del tema si già sia parlato nel forum. Ecco il link:

 

http://www.aereimilitari.org/forum/index.php?showtopic=8222

 

Credo aggiungerò qualche ulteriore osservazione scrivendo ora "a braccio".

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Ospite galland

Per comprendere le more in cui può avvenire un aviolancio di paracadutisti ed annesso materiale riporto alcuni brani tratti dal libro di Bernard B. Fall “I terribili 56 giorni” Rizzoli, Milano, 1969.

Quanto segue descrive il lancio ed atterraggio dei primi reparti francesi a Dien Bien Phu, il 20 novembre 1953:

 

Più a nord, tuttavia, gli uomini del 60 BPC del maggiore Bigeard non furono ricevuti, alloro atterraggio su Natasha, da contadini sbigottiti, ma da truppe regolari comuniste che si resero subito conto di dover fronteggiare il meglio delle forze francesi. Esse aprirono il fuoco sui paracadutisti mentre questi erano ancora appesi ai loro paracadute, senza possibilità di difesa. Il dottore del battaglione, capitano André, al suo primo lancio in combattimento, mori per una pallottola che lo colpì diritto in fronte. Un altro paracadutista, il cui paracadute non si era aperto mentre quello di emergenza si era impigliato nel primo, si abbatté sul terreno con un tonfo agghiacciante. Il luogotenente Allaire, comandante della batteria di mortai da 81 mm, atterrò tutto solo nel fiumiciattolo che attraversava la zona di lancio e, saltando fuori inzuppato dal fiume, si imbatté in un imballaggio paracadutato contenente uno dei suoi mortai. Altri gruppi ebbero sorte diversa: l'intera 4a compagnia era stata lanciata troppo lontano, a nord della zona di lancio, ed era atterrata in una fitta boscaglia nella quale ebbe molte difficoltà per riuscire a riunirsi, senza poter di conseguenza aiutare il resto del battaglione. Parte della 2a compagnia subì la stessa sorte. Il resto del battaglione, il genio e il distaccamento d'artiglieria del maggiore Jean Millot, atterrarono più o meno entro la zona prevista ma si trovarono subito sotto il fuoco dei mortai e delle armi leggere. […]

Nel suo sforzo finale il 60 BPC fu aiutato dal 10 BPC del maggiore Jean Souquet, che era pronto ad Hanoi fin dalle 6,30. Con tutti i suoi 911 uomini (413 dei quali vietnamiti), il 10 BPC era probabilmente uno dei più grossi battaglioni aviotrasportati dell'Indocina. Alle ore 13,30, il battaglione fu pronto per salire a bordo di trenta C-47 da trasporto che portavano in tutto 722 paracadutisti ° e, separatamente, 28 colli di equipaggiamento. Il lancio avvenuto alle ore 15 sulla ZL Natasha, ora saldamente presidiata dagli uomini del 60 BPC, fu quasi completamente senza inconvenienti, sebbene uno dei paracadutisti fosse affrontato all'atterraggio da un soldato vietmin che egli peraltro uccise, e sebbene altri quattro paracadutisti venissero feriti mentre erano ancora in aria. Undici uomini non poterono lanciarsi quando fu il loro turno a causa di difficoltà improvvise all'equipaggiamento.

Il II/1 RCP di Bréchignac era incorso in un inconveniente che era tipico degli assalti in massa di paracadutisti: non era stato lanciato con precisione, e ora era sparso su di un'area troppo vasta. Per di più, il compito di proteggere il gruppo del quartier generale, che si era lanciato assieme ad esso, ostacolò i suoi tentativi di venire in aiuto agli altri due battaglioni che stavano rastrellando il nemico dentro e attorno a Dien Bien Phu. Cattivi collegamenti radio con le altre unità peggiorarono poi la sua già scarsa efficienza. Il risultato fu che non si riuscì a controllare sufficientemente il territorio nell'intrico di vegetazione lungo il fiume Nam Yum, a sud di Dien Bien Phu, e si permise così al grosso delle truppe comuniste di fuggire in quella direzione. Al cader della notte, comunque, il II/1 RCP si era avvicinato al margine sud-orientale di Dien Bien Phu ed era riuscito a collegarsi con gli altri due battaglioni. L'operazione Castor aveva pienamente centrato il suo primo obiettivo. Nel complesso l'alto comando francese aveva tutte le ragioni per ritenersi soddisfatto.

 

Naturalmente, trattandosi di operazioni belliche anche un atterraggio di alianti, stante la praticabilità di superfici atte a tali aeromobili può essere contrastata sia con reazione antiarea sia a mezzo di ostacoli passivi posti nelle zone ove è presumibile l’atterraggio.

I tedeschi, ad esempio, disseminarono i campi della Normandia di quelli che vennero definiti “Asparagi di Rommel”: nella specie pali infissi nel terreno e provvisti alla sommità di una mina.

Modificato da galland
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