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21 Agosto 1968


Ospite intruder

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La Primavera di Praga, (in ceco Pražské jaro) è stato un periodo storico di liberalizzazione avvenuto in Cecoslovacchia a partire dal 5 Gennaio 1968 e durato fino al 20 Agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione dell'Unione Sovietica e dei suoi alleati del patto di Varsavia (ad eccezione della Romania) invase il Paese.

 

Fin dalla metà degli anni Sessanta in tutto il Paese si erano percepiti segni di crescente malcontento verso il regime. Le istanze dei riformisti, il cui leader era Alexander Dubček, avevano trovato voce in alcuni elementi all'interno dello stesso Partito Comunista Cecoslovacco. Le riforme politiche di Dubček, che egli stesso chiamò felicemente "Socialismo dal volto umano", in realtà non si proponevano di rovesciare completamente il vecchio regime e allontanarsi dall'Unione Sovietica: il progetto era di mantenere il sistema economico collettivista affiancandovi una maggiore libertà politica (con la possibilità di creare partiti non alleati al partito comunista), di stampa e di espressione. Tutte queste riforme furono sostenute dalla grande maggioranza del paese, compresi gli operai. Ciononostante esse furono viste dalla dirigenza sovietica come una grave minaccia all'egemonia dell'URSS sui paesi del blocco orientale, e, in ultima analisi, come una minaccia alla sicurezza stessa dell'Unione Sovietica. Per comprendere i motivi di questo allarme bisogna tener presente la collocazione geografica della Cecoslovacchia, esattamente al centro dello schieramento difensivo del Patto di Varsavia: una sua eventuale defezione non poteva essere tollerata nel periodo della Guerra Fredda.

 

Alle prime elezioni libere in Cecoslovacchia (1946) il PC prese molti voti e nel governo ebbe le funzioni del premier e di altri ministeri importanti. Il 25 Febbraio 1948 ci fu il colpo di Stato con cui la leadership comunista costrinse il presidente Edvard Benes (1884-1948) a nominare un nuovo governo che sposò la linea filosovietica del premier Gottwald.

 

Il Paese entrò così nell'orbita sovietica. Vennero istituiti i campi di lavoro coatto, fu approvato il primo Piano quinquennale che prevedeva l'economia pianificata, la statalizzazione delle industrie, lo sviluppo dell'industria pesante e la collettivizzazione dell'agricoltura...

 

 

La politica dell'Unione Sovietica di appoggiare ed imporre negli stati satellite solo governi di stile sovietico, usando se necessario anche la forza, divenne nota come Dottrina Brezhnev, dal nome del leader sovietico Leonid Brezhnev, che fu il primo a teorizzarla pubblicamente, sebbene di fatto fosse già stata applicata fin dai tempi di Stalin. Questa dottrina fu la base della politica estera sovietica fino a quando, negli anni ottanta, sotto Mikhail Gorbačëv, fu sostituita dalla cosiddetta Dottrina Sinatra (cfr nota a piè di pagina).

 

La dirigenza sovietica dapprima usò tutti i mezzi diplomatici possibili per fermare o limitare le riforme portate avanti dal governo cecoslovacco, poi, vista l'inutilità di questi tentativi, iniziò a preparare l'opzione militare.

 

La stagione delle riforme ebbe bruscamente termine nella notte fra il 20 e il 21 Agosto 1968, quando una forza stimata fra i 200.000 e i 600.000 soldati e fra 5.000 e 7.000 veicoli corazzati invase il paese. Il grosso dell'esercito cecoslovacco, forte di 11 o 12 divisioni, obbedendo ad ordini segreti del Patto di Varsavia, era stato schierato alla frontiera con l'allora Germania Ovest, per agevolare l'invasione e impedire l'arrivo di aiuti dall'occidente.

 

 

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Carri armati del Patto di Varsavia per le strade di Praga circondati dalla folla che chiede spiegazioni ai "liberatori".

 

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Leonid Il'ič Brezhnev. A destra Alexander Dubcek.

 

L'invasione coincise con la celebrazione del congresso del Partito Comunista Cecoslovacco, che avrebbe dovuto sancire definitivamente le riforme e sconfiggere l'ala stalinista. I comunisti cecoslovacchi, guidati da Alexander Dubček, furono costretti dal precipitare degli eventi a riunirsi clandestinamente in una fabbrica, ed effettivamente approvarono tutto il programma riformatore, ma quanto stava accadendo nel paese rese le loro deliberazioni completamente inutili. Successivamente questo congresso del partito comunista cecoslovacco venne sconfessato e formalmente cancellato dalla nuova dirigenza imposta da Mosca a governare del paese.

 

I Paesi democratici dovettero limitarsi a proteste verbali, poiché era chiaro che il pericolo di confronto nucleare al tempo della Guerra Fredda non consentiva all'Occidente di sfidare la potenza militare sovietica schierata nell'Europa centrale.

 

Dopo l'occupazione si verificò un'ondata di emigrazione, stimata in 70.000 persone nell'immediato e di 300.000 in totale, che interessò soprattutto cittadini di elevata qualifica professionale. Gli emigranti riuscirono in gran parte ad integrarsi senza problemi nei paesi occidentali in cui si rifugiarono.

 

 

 

NOTA: Dottrina Sinatra fu il nome che il governo sovietico di Mikhail Gorbačëv usò scherzosamente per descrivere la sua politica di permettere alle nazioni vicine del Patto di Varsavia, di decidere dei loro affari interni. Questa dottrina venne così chiamata per via della canzone di Frank Sinatra "My Way" ("A modo mio"), perché permise a queste nazioni di fare a modo loro, in contrasto alla precedente Dottrina Brezhnev, che era stata usata per giustificare l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968 oltre a quella dell'Afghanistan (non appartenente al Patto) nel 1979.

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Ospite intruder

Jan Palach che avrebbe sessantanni in questi giorni....

 

 

 

 

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Jan Palach. A destra il monumento in suo ricordo.

 

 

 

Nato a Všetaty, l'11 Agosto 1948 è divenuto simbolo della resistenza anti-sovietica del suo Paese.

 

Studente di filosofia, assistette con simpatia alla stagione riformista del suo paese. Per protestare contro l'invasione dei Paesi del Patto di Varsavia che misero fine alla speranza riformatrice, Palach prima fondò un gruppo di volontari anti-URSS e successivamente decise di cospargersi il corpo di benzina in piazza San Venceslao a Praga, appiccando il fuoco con un accendino (16 Gennaio 1969). Morirà tre giorni dopo. Ai funerali parteciparono 600 mila persone provenienti da tutto il Paese.

 

Decise quindi di suicidarsi morendo carbonizzato, ma preferì non bruciare i suoi appunti e i suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri politici), che tenne in uno zaino molto distante dalle fiamme. Tra le dichiarazioni trovate nei suoi quaderni, spicca questa: "Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di Zpravy ("Zpravy vuol dire "Notiziario" - il giornale delle forze d'occupazione comuniste). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà".

 

Grazie a questo gesto estremo, Palach venne considerato dagli anticomunisti come un eroe e martire; in città e paesi di molte nazioni furono intitolate strade con il suo nome. Anche la Chiesa Cattolica lo difese, affermando che "Un suicida in certi casi non scende all'Inferno" e che "non sempre Dio è dispiaciuto quando un uomo si toglie il suo bene supremo, la vita" Questo clima portò a drammatiche conseguenze: almeno altri sette studenti, tra cui l'amico Jan Zajíc, seguirono il suo esempio e si tolsero la vita, nel silenzio degli organi d'informazione, controllati dalle forze d'invasione.

 

Dopo il crollo del comunismo e la caduta del Muro di Berlino, la sua figura fu rivalutata: nel 1990 il presidente Václav Havel gli dedicò una lapide per commemorare il suo sacrificio in nome della libertà. Oggi, molte associazioni studentesche, anche di sinistra, lo ricordano come una persona morta in nome dei suoi ideali, e non sono pochi i circoli di giovani dedicati a Jan Palach. Il Partito Comunista di Boemia e Moravia ha attualmente un parere ancora negativo riguardo la sua figura.

 

Paragonato a Jan Hus, pensatore e riformatore religioso boemo condannato per eresia e bruciato sul rogo nel 1415, compare in "Primavera di Praga" di Francesco Guccini: Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava all'orizzonte del cielo di Praga... un doppio simbolismo, l'eresia hussita e l'eresia praghese, entrambe finite in un rogo umano.

 

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Onore ai martiri d'Ungheria del 1956!

 

Onore ai martiri della Cecoslovacchia del 1968!

 

Onore ai martiri della Lituania del 1991!

 

Onore ai martiri della Georgia del 2008!

 

 

Vorrei ricordare un altro martirio come quello di Jan Palach, che però pochi conoscono.

 

Si tratta di Romas Kalanta che si diede fuoco a Kaunas, in Lituania, nel 1972:

 

Eccovi 2 link:

 

http://en.wikipedia.org/wiki/Romas_Kalanta

 

http://www.lithuanian-american.org/bridges/bal99/dorr.html

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