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La commissione “Attali de’ noantri”


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Ecco un caso concreto di apertura del PDL, nella fattispecie, del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, all'opposizione, proprio nello stile utilizzato da Nicolas Sarkozy che in Francia, ha coinvolto, a vario titolo, nella sua azione di governo e, più ad ampio respiro, di riforma dello Stato, le uniche figure presentabili dei socialisti: Bernard Kouchner, Dominique Strauss-Kahn, Jack Lang, Hubert Védrine e, appunto, Jacques Attali.

 

Sembra, però, che in Italia emergano subito delle diffidenze, in particolare, nel PD; sindrome da temuta dissoluzione (che in Francia attanaglia il PS!) o che altro!!!

 

 

Dal link: http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=617173

 

riporto:

 

Attali e Roma: Lanzillotta vs Amato, Fassino e Cicchitto cauti

 

Roma, 13 ago (Velino) - Nel vuoto dell’agosto politico, il caso della commissione “Attali de’ noantri” continua a ottenere ampio spazio. Anche sulla scorta delle frecce avvelenate che Linda Lanzillotta - attraverso un’intervista concessa a Repubblica - lancia in direzione di Giuliano Amato, cui il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha affidato la presidenza della commissione per il rilancio della Capitale. “So di essere un po’ fuori dal coro e forse dal galateo politico, ma non condivido, anzi contesto, la presidenza Amato alla commissione del sindaco Alemanno”, sbotta la Lanzillotta, ministro ombra della Pubblica amministrazione. Sulle riforme istituzionali “il confronto è sacrosanto”, ma “in quest’operazione non c’è niente di istituzionale e c’è molto di politico”, denuncia l’ex ministro degli Affari regionali. Rimarcando la differenza tra Nicolas Sarkozy e Alemanno (“un modernizzatore non mette in lista il capo della rivolta dei taxi contro le liberalizzazioni”) nonché il fatto che Amato “è stato presidente del Consiglio e fino a pochi mesi fa ministro dell’Interno di un governo il cui vicepremier era Rutelli, l’avversario di Alemanno. Ed è anche sulla sicurezza che abbiamo perso a Roma”. La commissione è un caso di trasformismo? “C’è il rischio che lo diventi”, paventa la Lanzillotta. Il cui marito, Franco Bassanini, è stato chiamato - sottolinea Repubblica - a far parte proprio della commissione “Attali de’ noantri”, dopo aver lavorato in quella originale. “È noto - replica la Lanzillotta - che le nostre scelte sono assolutamente autonome. Ciò detto, mi pare che la sua nomina sia stata fatta da Zingaretti limitatamente ai profili istituzionali”.

 

Francesco Giro, sottosegretario ai Beni culturali e commissario di Forza Italia a Roma, risponde a stretto giro di posta: “Alemanno sarà il sindaco di tutti e non di una ristretta oligarchia di potere alla quale persino la Lanzilotta aveva aderito con i suoi alleati della sinistra quando esercitava le funzioni di assessore al bilancio ai tempi di Rutelli”. Per Giro “l’iniziativa del sindaco di Roma Alemanno di affidare ad una Commissione il compito di tracciare un progetto per la Capitale è motivata dal realismo e non dal vizio antico del trasformismo politico. Alemanno diversamente dai suoi predecessori non possiede una concezione proprietaria della città ma come ha dichiarato nel suo discorso di insediamento vuole promuovere momenti di forte partecipazione con i mondi vitali della società romana, le sue categorie professionali, le associazioni e il volontariato, l’impresa e le forze sociali”. Nel dibattito s’inserisce - con un’intervista ospitata dal Corriere della Sera - l’ex segretario Ds Piero Fassino, che non palesa troppo calore verso l’iniziativa assunta da Alemanno e la sponda fornitagli da esponenti del centrosinistra come Amato. Pur concedendo che “quella Amato è stata presentata come una commissione di personalità indipendenti, finalizzata a ridisegnare il futuro di Roma, se è così perchè no?”. Tuttavia, per Fassino “forse la politica dovrebbe essere meno autoreferenziale e narcisista ed occuparsi più dei problemi veri che investono la vita quotidiana dei cittadini”. Saranno comunque “i risultati a dire se è una cosa vera e utile o se è solo un maquillage, saranno i fatti a dirci se Amato abbia fatto bene o male a presiedere la commissione”.

 

Al contempo, Fassino segnala che “se il dialogo bipartisan è invocato per qualsiasi cosa si tramuta per forza in caricatura. Un conto è perseguire l’intesa bipartisan sulle riforme costituzionali e istituzionali, perchè è così in tutte le democrazie moderne, un conto è invocare la ricerca di una grande intesa sulle grandi scelte di politica estera, come sta avvenendo in questi giorni sull’Ossezia, altra cosa, assai meno giustificata, è invocare l’intesa bipartisan su qualsiasi politica, da quella economica alla riforma dello Stato sociale, dalla politica della sicurezza alla riforma della giustizia, perchè se si deve essere d’accordo su tutto, allora - insiste il ministro ombra degli Esteri - tanto vale proporre il governo di unità nazionale”. Non troppo dissimile il ragionamento di Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl: “Il metodo bipartisan evocato ad ogni piè sospinto non porta da nessuna parte: sembra determinato da complessi di inferiorità e, insieme ad un uso retorico malaccorto, finisce solo per creare nuove risse”. A giudizio di Cicchitto “il problema è essere rigorosi nella distinzione delle materie. È evidente che mentre su politica economica, immigrazione, infrastrutture, ecc., ognuno deve fare la sua parte, invece sulle riforme istituzionali è auspicabile un’intesa. Il dato negativo è l’oscillazione tra un consociativismo pasticcione e una reciproca demonizzazione settaria. Abbiamo il dubbio che ancora non tutti, da una parte e dall’altra, abbiano assimilato - conclude il capogruppo del Pdl alla Camera - i termini di una corretta democrazia dell’alternanza”. Di segno ben diverso il parere espresso dal vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Italo Bocchino: “Vista l’autorevole disponibilità di Giuliano Amato sarebbe opportuno - suggerisce il dirigente di An - che il governo lo investisse di un ruolo nazionale dando vita ad una Commissione sul modello francese che trovi la convergenza tra destra e sinistra su riforme, leggi elettorali, regolamenti parlamentari, scuola, università e liberalizzazioni”.

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Apprezzo le parole di Fassino, ma non mi trovo d'accordo sul suo parere riguardo il dialogo bipartisan su tutto e tutti. Secondo me, infatti, è solo che produttivo. Se per riforme costituzionali ed istituzionali il dialogo è indispensabile, per tutto il resto è preferibile. Altrimenti cosa si è fatto a fare il governo ombra?

 

Ribadisco: l'idea che aveva Veltroni di opposizione non è stata recepita, ed ora ci si ritrova con la convinzione che collaborare col governo vorrebbe dire fare una larga intesa e, quindi, essere assorbiti dal PdL. Io non mi trovo d'accordo proprio per niente, quando si converge su deterinati punti, meglio collaborare.

 

Nella fattispece della commissione Attali de' noantri ritengo che sia una mossa fatta in buona fede: siamo tutti concordi sul fatto che ci sia bisogno di un programma di rilancio bipartisan e condiviso, questa mi sembra una buona occasione per evitare un ulteriore, politicizzato e improduttivo muro contro muro. Se poi, all'interno del PD, c'è chi vede certe aperture come un tentativo di fagocitare l'opposizione, non può che dispiacermi. Di sicuro se non si promuove il progetto è perchè si ha paura di un'altra pericolosa divisione interna.

 

Il primo fu proprio Di Pietro, che classificò le aperture del PdL come "il lupo che tende la zampa all'agnellino", o qualcosa del genere, dato che "di Berlusconi non ci si può fidare". Non ho mai condiviso quell'affermazione, in primis perchè se si vede l'oppositore come un nemico e non come un avversario non si arriva da nessuna parte, in secondo luogo perchè il PdL non è composto solo dal Berlusca (elemento di cui neanch'io mi fiderei mai) ma anche e sopratutto da tutti quegli elementi che ne stanno amministrando il successo, indubbio (purtroppo), aggiungerei.

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