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GEORGIA - Topic Ufficiale


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Io sono del tutto d'accordo, con le sue posizioni; l'ambasciatore Romano dedica, quasi per intero, l'articolo, all'individuazione delle cause dell'attuale situazione, che addebita in pieno all'ex Unione Sovietica; nelle 2 righe finali, da te evidenziate, specifica le conseguenze. Ecco, basta distinguere tra "cause" e "conseguenze"!!!

Perché tutti possano formarsi una corretta opinione, sul pensiero dell'ambasciatore Romano,

 

dal link: http://www.corriere.it/esteri/08_agosto_10...44f02aabc.shtml

 

riporto l'intero articolo:

 

Storia e politica - Il dramma degli osseti

 

Dal gioco delle etnie di Stalin alla sfida della Georgia filo-Usa

 

Il dittatore usò l’odio tra i popoli come strumento di governo

 

I bollettini della guerra caucasica annunciano che una bomba osseta avrebbe colpito la piccola casa di Gori dove nacque nel 1879 il «meraviglioso georgiano» (così lo chiamò Lenin quando lo conobbe a Vienna nei primi anni del Novecento) che passò alla storia con il nome di Stalin. Mai bomba è stata altrettanto mirata e «intelligente». Nella guerra scoppiata in questi giorni fra Mosca e Tbilisi, l’ombra di Jozif Vissarionovic Dzhugashvili domina, come quella di Banquo nel Macbeth di Shakespeare, il tavolo dei negoziati e il campo di battaglia. La geografia politica delle etnie sovietiche fu il suo capolavoro. Quando Lenin, dopo la fine della guerra civile, lo incaricò di sciogliere l’imbrogliato nodo delle cento nazionalità che vivevano nell’impero degli zar, Stalin si dedicò anzitutto al Caucaso meridionale e mise fine con una spedizione militare all’indipendenza del Paese in cui era nato.

 

Era il 1921. Un anno dopo sottopose a Lenin il progetto di uno Stato federale bolscevico di cui avrebbero fatto parte quattro repubbliche: Russia, Ucraina, Bielorussia e una entità nuova, chiamata Transcaucasia, in cui vennero riunite l’Armenia, la Georgia e l’Azerbaigian. Quattordici anni dopo, nel 1936, una nuova costituzione staliniana rimaneggiò la carta geografica. La Repubblica Transcaucasica fu divisa nelle sue tre componenti e vennero istituite undici repubbliche (Russia, Ucraina, Bielorussia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan, Kazakistan e Kirghizistan) a cui furono aggiunti, dopo il patto tedesco- sovietico dell’agosto 1939, i tre gioielli del Baltico (Estonia, Lettonia, Lituania) e, con il nome di Moldavia, la Bessarabia romena.

 

Cambiavano i nomi e i confini, ma la strategia di Stalin era sempre la stessa. Per realizzare il «socialismo in un solo Paese» occorreva creare uno Stato pseudo-federale in cui tutte le repubbliche fossero eguali (ma una, la Russia, più eguale delle altre) e in cui i poteri fossero apparentemente decentrati, ma sostanzialmente concentrati nelle mani del partito comunista e del suo segretario generale. Per prevenire ciò che era accaduto dopo la rivoluzione bolscevica, quando molte regioni avevano proclamato la loro indipendenza, Stalin disegnò le repubbliche in modo da evitare che fossero etnicamente omogenee. Non bastava che il vero potere fosse soltanto a Mosca. Occorreva creare all’interno di ogni repubblica potenziali conflitti che avrebbero conferito al segretario generale del partito la funzione di arbitro supremo.

 

Il caso della Georgia è esemplare. La maggioranza del Paese è georgiana, ma entro i confini dello Stato esistono tre repubbliche autonome, create dal potere sovietico: Abkhazia, Agiaristan, Ossezia. E per evitare che le popolazioni musulmane sulla frontiera nord-orientale della Georgia divenissero troppo potenti, l’Ossezia fu divisa in due tronconi: quello meridionale fu «domiciliato » in Georgia e quello settentrionale assegnato alla Repubblica autonoma dei ceceni- ingusceti. Da allora le due Ossezie hanno svolto a nord e a sud della frontiera repubblicana lo stesso ruolo. Sono una quinta colonna fedele alla Russia in terre potenzialmente animate da spirito secessionista.

 

Il mio primo incontro con gli osseti fu a Mosca, nel settembre del 1991, dopo il fallimento del putsch con cui il «gruppo degli 8» cercò di estromettere Boris Eltsin dalla presidenza della Repubblica russa.

 

Attraversavo piazza Pushkin quando vidi, di fronte al monumento dello scrittore, un semicerchio di donne vestite di nero che mostravano ai passanti i ritratti dei figli, dei padri, dei fratelli e dei mariti. Qualche settimana prima, mentre il generale Dudaev s’impadroniva del potere a Grozny, capitale della Cecenia, i «cugini» ingusceti erano insorti per riprendersi le case che il potere sovietico aveva assegnato agli osseti del nord dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Punite dal potere sovietico per avere collaborato con gli occupanti tedeschi, le popolazioni musulmane dei ceceni e degli ingusceti approfittavano della disgregazione dell’impero per saldare il conto. Gli uomini ritratti in quelle fotografie erano le vittime dei massacri che avevano avuto luogo nell’Ossezia del nord. I russi intervennero e gli ingusceti vennero duramente cacciati dalle terre di cui erano riusciti a impadronirsi. Se il lettore vuole conoscere la storia romanzata di quegli avvenimenti può leggere un romanzo di John Le Carré (La passione del suo tempo) apparso presso Mondadori qualche anno fa.

 

Mentre gli osseti del nord ritornavano nelle loro case, gli osseti del sud insorgevano contro la Georgia. Non volevano far parte di uno Stato che aveva proclamato qualche mese prima la propria indipendenza e invocavano l’aiuto di Mosca. Lo ottennero, naturalmente, e godono da allora di una autonomia di fatto, garantita dalle truppe russe che vennero stanziate nella regione sotto l’egida dell’Osce (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa) dopo la fine delle guerre (una stessa crisi scoppiò in Abkhazia) combattute durante gli anni Novanta.

 

Nonostante tensioni ricorrenti, la situazione rimase relativamente stabile sino a quando il presidente della Georgia fu Eduard Shevardnadze, ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica all’epoca di Gorbaciov.

 

Shevardnadze era georgiano e patriota, ma aveva una vecchia familiarità con il potere russo e conosceva i limiti che la Georgia non poteva oltrepassare senza gravi rischi. La situazione cambiò nel 2004 quando un giovane georgiano si mise alla testa di una insurrezione popolare e cacciò ignominiosamente il vecchio Shevardnadze dall’aula tumultuante del parlamento di Tbilisi. Mikhail Saakashvili ha quarantuno anni, ha studiato alla Columbia University di New York, ha sposato una simpatica signora olandese, parla con l’accento americano il linguaggio della democrazia e ha lanciato segnali che gli Stati Uniti hanno prontamente raccolto. Dopo avere ricevuto trionfalmente Bush a Tbilisi nel maggio 2005, ha chiesto e ottenuto l’assistenza militare dell’America (un migliaio di istruttori), ha presentato la candidatura del suo Paese alla Nato, sa di essere appoggiato da Washington e quattro mesi fa ha restituito la visita del suo protettore mettendo piede nello studio ovale della Casa Bianca. Dopo essere tornato in patria ha innestato la pericolosa partita delle provocazioni reciproche. Non è necessario dire molto di più per capire la crisi che è scoppiata in questi giorni. È facile comprendere perché un ambizioso e spericolato giocatore d’azzardo georgiano abbia deciso, per meglio sottrarsi alla tutela moscovita, di buttare sul tavolo la carta dell’amicizia americana. È più difficile comprendere perché gli Stati Uniti gli abbiano permesso di farlo così rumorosamente.

 

Sergio Romano

10 agosto 2008

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Io sono del tutto d'accordo, con le sue posizioni; l'ambasciatore Romano dedica, quasi per intero, l'articolo, all'individuazione delle cause dell'attuale situazione, che addebita in pieno all'ex Unione Sovietica; nelle 2 righe finali, da te evidenziate, specifica le conseguenze. Ecco, basta distinguere tra "cause" e "conseguenze"!!!

 

Romano parla infatti di una politica sovietica che mirava anche a tenere vive le rivalità fra le repubbliche:

Stalin disegnò le repubbliche in modo da evitare che fossero etnicamente omogenee. Non bastava che il vero potere fosse soltanto a Mosca. Occorreva creare all’interno di ogni repubblica potenziali conflitti che avrebbero conferito al segretario generale del partito la funzione di arbitro supremo.

 

 

Questo però non toglie che Romano faccia una comparazione fra l'ex presidente georgiano Shevardnadze e Saakashvili mettendo l'accento sulla politica estera spericolata di quest'ulitmo. Dice infatti:

Shevardnadze era georgiano e patriota, ma aveva una vecchia familiarità con il potere russo e conosceva i limiti che la Georgia non poteva oltrepassare senza gravi rischi. La situazione cambiò nel 2004 quando un giovane georgiano si mise alla testa di una insurrezione popolare e cacciò ignominiosamente il vecchio Shevardnadze

 

Il quadro storico che veniva descritto all'inizio dell'articolo non va visto dunque come una causa cogente della situazione attuale ma solo come introduzione (imperialista quanto vogliamo) alla storia della regione. L'articolo lascia intedere neanche troppo implicitamente che le cose non sarebbero andate cosi se ci fosse ancora Shevardnadze il quale conosceva i limiti che la Georgia non poteva oltrepassare.

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A me sembra stia andando esattamente come in Kosovo: la situazione è la stessissima, siamo sinceri. Con l'unica differenza che in Georgia ci sono ufficialmente 1000 "consiglieri/istruttori" americani, in Kosovo si sentiva solo l'odore dei russi (gli armamenti, per intenderci... A me vedere T72 contro T72 fa troppo strano...), e che il Kosovo non è diventato nè la ventottesima nazione europea, nè il cinquantunesimo stato americano.

 

Per rimettere la situazione a pari e far calmare i russi che scatenano continuamente accuse contro USA e UE riguardo al Kosovo l'unica sarebbe annettergli quella cavolo di Ossezia del sud, tanto il pericolo che si crei un precedente non c'è, per lo meno nei nostri cortili di casa... Al massimo il Tibet potrà richiedere qualcosa in più, ma abbiamo già visto come va a finire...

 

Riguardo ai separatisti nostrani, abbiamo sistemato la situazione a suo tempo... Chi chiedeva l'indipendenza l'ha avuta, più o meno: vale per l'Alto Adige (Sud Tirolo) così come per la Catalogna. Che prendessero esempio...

 

Ammettiamo che siamo fatti della stessa pasta, russi europei ed americani. Si fanno giochi di potere e imperialismi da tutte le parti, basterebbe solo essere sinceri.

 

Sapete cosa veramente non capisco? Il comportamento che stanno tenendo gli USA. Non è che il signor Bush combina casini tanto tra un po' gli scade il mandato e sò ca22i de voi artri?

Modificato da tuccio14
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Ospite intruder

Non è così semplice, c'è un problema di credibilità e ci sono truppe americane in Georgia. Il Vietnam è stato combattuto per molto meno. E anche là si chiamavano consiglieri.

Modificato da intruder
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Non è così semplice, c'è un problema di credibilità e ci sono truppe americane in Georgia. Il Vietnam è stato combattuto per molto meno. E anche là si chiamavano consiglieri.

Infatti il rischio che si finisca a quel modo è più o meno lo stesso, anzi, qua è peggio perchè l'esercito russo è impiegato direttamente. Ripeto: non capisco il perchè della linea dura di Washington, si può fare meglio di così, la diplomazia l'hanno inventata apposta...

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Ospite intruder

Putin e il suo uomo di paglia devono mostrare i muscoli, immagino anche per ragioni di politica interna. E gli americani non possono abbandonare così un loro alleato in pectore quale la Georga in effetti è. Spero che alla fine si faranno tutti due conti e capiranno che la guerra non gli conviene e troveranno un accordo che salvi la faccia a tutti, ma non sono particolarmente ottimista.

Modificato da intruder
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Ospite dottoressa

ma che diplomazia.............L'unica ragione è l'oleodotto che passa in Georgia e che permette i controlli sui rifornimenti di mezza Europa. in Georgia si giocano interessi planetari : da un lato gli Stati Uniti che vogliono mantenere una spina nel fianco nella Russia, e contemporaneamente gestire un corridoio per spostare il petrolio dal Mar Nero al Mediterraneo,

e dall'altra la Russia che vorrebbe riappropriarsi del controllo di questo territorio e di conseguenza del petrolio.

 

Le guerre di ieri e d’oggi, si sono sempre combattute per un solo motivi…….l’interesse economico.

O qualcuno pensava che la guerra in Iraq e Afghanistan si siano fatte per combattere il terrorismo?

….con Cina e India il cui fabbisogno economico cresce vertiginosamente il prezzo del petrolio alle stelle gli USA si sono garantiti il dominio di un paese che galleggia sul petrolio…….

 

Infatti La prossima guerra……..secondo autorevoli analisti sarà per il possesso degli immensi giacimenti dell’Antartide…….di recente il governo Berlusconi ha rifinanziato le missioni di “studio” italiane in Antartide…..come gli USA, la Russia, Francia, Germania ecc…………

 

Ricco di risorse minerarie e naturali pressoché incontaminate, l’Antartide non appartiene ad alcuno Stato: le pretese di sovranità finora avanzate sono state determinate con il trattato di Washington del 1959, mentre lo sfruttamento minerario è stato bandito dal Protocollo di Madrid del 1991. Tale divieto potrà essere emendato nel 2048……..scommettiamo che presto USA, Russia, Europa, Cina e forse India….cominceranno ad ammazzarsi anche per il controllo di quest’area.

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Ospite intruder

Quando l'oleodotto Baku-Ceyhan funzionerà a pieno regime, vettorerà 1 milione di barili di greggio al giorno, quanto un Paese come l'Italia consuma ogni otto ore... Suvvia.

Modificato da intruder
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Ospite dottoressa
Quando l'oleodotto Baku-Ceyhan funzionerà a pieno regime, vettorerà 1 milione di barili di greggio al giorno, quanto un Paese come l'Italia consuma ogni otto ore... Suvvia.

 

.........NON C'è PEGGIOR CECO DI DI CHI NON VUOL VEDERE.... cito alcuni recenti articoli sulla materia

 

in Georgia attraversa un territorio chiave per gli equilibri energetici dell’Europa. Un’area che rappresenta

l’anello di congiunzione tra l’area del Caspio, ricchissima di idrocarburi, e il Mediterraneo. E su cui insistono anche gli

interessi economici di alcune delle più importanti compagnie petrolifere ed energetiche internazionali. Anche italiane.

L’Eni ha una quota nell’oleodotto Btc, il corridoio di transito del petrolio tra il Caspio e l’Europa. Inaugurato nel luglio del

2006 e subito ribattezzato ”via della seta del XXI secolo”, il suo acronimo sta per Baku-Tiblisi-Ceyhan. La pipiline,

infatti, parte dalla capitale azera sul Mar Caspio per sfociare a Ceyhan, sulla costa mediterranea della Turchia, ttraversando,

appunto, la zona di Tblisi, capitale della Georgia. Nel consorzio Btc, Eni ha una quota del 5%. A fare la parte del

leone sono altri soggetti, a cominciare da Bp, società leader del progetto, con il 30,1% e dall’azera Socar (25%). Ma la rosa è ampia e annovera, tra le altre, Statoil Total, Tpao, Inpex, ConocoPhilips.

Lungo oltre 1.770 chilometri, costato 3,9 miliardi di dollari, il Btp ha una capacità di 1 milione di boe (barili di petrolio equivalenti) al giorno, cioè attorno ai 50 milioni di tonnellate l’anno. Eni non ha avuto responsabilità nella costruzione dell’oleodotto, nè proprio personale nel progetto. L’interesse strategico di quest’infrastruttura, però, è molto elevato per l’Italia, che è uno dei principali importatori di petrolio dall’Azerbaijan.

 

 

Ieri la stessa Bp, attraverso un proprio portavoce di stanza a Baku, ha fatto sapere che l’attività di pompaggio prosegue regolarmente e che che gli scontri in atto non hanno compromesso l’oleodotto, dal momento che non si trova nelle vicinanze dell’area al centro dei conflitti. Dove c’è petrolio c’è anche gas. Non è un caso, infatti, che parallelo al Btp corra il gasdotto Bte (Baku-Tblisi-Erzurum), che trasporta gas proveniente dall’Azerbaijan in Turchia. Gas che, in futuro, potrà essere immesso nell’Itgi, la linea di interconnessione Turchia-Grecia-Italia, in cui gioca uno ruolo centrale Edison. Il gruppo italiano partecipa,insieme alle società greche Depa e Desfa, e alla turca Botas, al progetto del metanodotto che dal 2012 consentirà di importare in Italia 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno.Se le due pipeline dovessero essere colpite, il prezzo di gas e quello del petrolio potrebbero tornare di nuovo sotto pressione. Una guerra combattuta non tanto (o nono solo) per motivi politici o etnici, ma per motivi meramente economici.

Se infatti i combattimenti vedono scontrarsi separatisti desiderosi di "liberare"

l'Ossezia, i reali interessi in campo sono di tutt'altro genere, soprattuttoleagti

ad interessi economici nella zona.

 

Interessi che vedono coinvolti non solo Russia e Georgia, ma anche gli Stati Uniti.

 

Per quale motivo infatti ancora una volta il Consiglio di sicurezza dell'Onu non

è riuscito a trovare un accordo per il cessate il fuoco?

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[stalin]Era il 1921. Un anno dopo sottopose a Lenin il progetto di uno Stato federale bolscevico di cui avrebbero fatto parte quattro repubbliche: Russia, Ucraina, Bielorussia e una entità nuova, chiamata Transcaucasia, in cui vennero riunite l’Armenia, la Georgia e l’Azerbaigian.

 

La Transcaucasia esisteva già dal 1917, era uno stato nato durante il crollo dell'impero Russo, e retto dai Menshevichi. Lo stato si disgregò nel 1918 a causa di una guerra contro la Turchia. Dopo la conquista dell'armata rossa vennero formate tre repubbliche sovietiche, e nel 1922 venne riorganizzata nel modo riportato da Romano.

 

Quattordici anni dopo, nel 1936, una nuova costituzione staliniana rimaneggiò la carta geografica. La Repubblica Transcaucasica fu divisa nelle sue tre componenti e vennero istituite undici repubbliche (Russia, Ucraina, Bielorussia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan, Kazakistan e Kirghizistan) a cui furono aggiunti, dopo il patto tedesco- sovietico dell’agosto 1939, i tre gioielli del Baltico (Estonia, Lettonia, Lituania) e, con il nome di Moldavia, la Bessarabia romena.

 

La Bessarabia ha fatto parte della Russia sin dal 1806, e ha dichiarato l'indipendenza dopo la rivoluzione di Ottobre. Non è mai stata etnicamente "romena", tanto è vero che attualmente è uno stato indipendente.

 

Il caso della Georgia è esemplare. La maggioranza del Paese è georgiana, ma entro i confini dello Stato esistono tre repubbliche autonome, create dal potere sovietico: Abkhazia, Agiaristan, Ossezia. E per evitare che le popolazioni musulmane sulla frontiera nord-orientale della Georgia divenissero troppo potenti, l’Ossezia fu divisa in due tronconi: quello meridionale fu «domiciliato » in Georgia e quello settentrionale assegnato alla Repubblica autonoma dei ceceni- ingusceti. Da allora le due Ossezie hanno svolto a nord e a sud della frontiera repubblicana lo stesso ruolo. Sono una quinta colonna fedele alla Russia in terre potenzialmente animate da spirito secessionista.

 

Ci sono molte inesattezze. L'ossezia non è stata divisa da Stalin tra Russia e Georgia, ma era già divisa tra queste due repubbliche anche precedentemente, basta guardare una cartina:

DRGMap.png

Come si vede l'Ossetia del nord era sotto controllo russo, e quella del sud sotto il controllo georgiano.

Mi sembra poi un argomentazione molto debole la "presunta" divisione dell'Ossetia (regioni a grande maggioranza cristiana) allo scopo indebolire le popolazioni musulmane della Cecenia-Ingushezia.

Peraltro in epoca sovietica se è vero che l'Abkhazia è una repubblica autonoma, l'Ossetia del sud è solo una provincia autonoma della repubblica della Gorgia.

 

Come analista politico Romano è come al solito piuttosto acuto, come storico direi che non raggiunge la sufficienza.

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Affondata una nave georgiana. Nessuna smentita invece da Tbilisi dell'annuncio del ministero della Difesa russo di una motovedetta lanciamissili georgiana affondata da due unità russe che controllano il transito verso il porti di Poti. Altre operazioni militari che sembrano confermate sono poi il bombardamento da parte russa dell'aeroporto militare di Tbilisi e la città di Zugdidi, nell'ovest del paese.

 

LA REPUBBLICA Online

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Ospite intruder
name='dottoressa' date='Aug 11 2008, 12:00 AM' post='166079']

.........NON C'è PEGGIOR CECO DI DI CHI NON VUOL VEDERE.... cito alcuni recenti articoli sulla materia

 

Hai perfettamente ragione. E, soprattutto, dovresti imparare a rispettare le opinioni di chi lavora nel settore. Io, lavoro alla Exxon dal 1977, quindi, forse, ne so qualcosa più di te. O pensi che le tue idee, in quanto vanno per la maggiore, sono fondate?

 

Il tuo articolo non ha citazione, quindi non si sa chi lo ha scritto e quanto sia attendibile la fonte (se è di Beppe Grillo o di Maurizio Blondet sappiamo tutti quale onestà possa avere). Tolto questo, tu metti cifre a casaccio, senza sapere cosa significano, come fanno normalmente quelli che accettano per Verità Assoluta un'opinione che va per la maggiore o che è gridata più forte delle altre.

 

Il cosiddetto barile, è una misura di volume, non di peso, equivale a 159 litri di petrolio. Un litro di petrolio non corrisponde a una massa di un chilo, ma a un equivalente fra 0,72 e 0,78 (il petrolio non è tutto uguale, ce n'è di più pesante e di più leggero, c'è molta differenza fra gli ottimi WTI e Arabian Light e la schifezza che esce dalla foce dell'Orinoco, si usa il barile come unità di misura solo per avere un'idea grosso modo comparativa della produzione). 159 per 0,75 (valore medio), fa 119.25 chili, e questo moltiplicato per un milione e per 365 giorni fa grosso modo 43 milioni di tonnellate. Si tratta dell'1 per cento della produzione mondiale. E l'Italia consuma all'incirca centodieci milioni di tonnellate l'anno, un miliardo di barili. Il triplo di quelli che transiteranno nell'oleodotto georgiano se e quando funzionerà a pieno regime. Quindi è discutibilissimo che l'oleodotto che passa in Georgia e che permette i controlli sui rifornimenti di mezza Europa (tuo post #133) possa strozzare o aiutare la nostra economia, come scrivi, riportando opinioni altrui senza sapere di cosa parli. Quell'oleodotto è importante per l'economia georgiana, mentre per la nostra, che attingiamo in maggior parte dai giacimenti mediorientali e nord africani, è marginale.

 

Fra 50 anni, quando scadrà il trattato dell'Antartide, il problema petrolio dovrà essere superato comunque, perché gli attuali giacimenti non permettono di sostenere la domanda oltre il 2050. Per quella data dovremo avere trovato per forza qualche fonte di energia alternativa. Tirare il collo per arrivare alla scadenza del trattato coi giacimenti attuali senza sapere cosa c'è sotto (ventanni fa era opinione corrente che il bacino caspico galleggiasse sull'oro nero, i soliti idioti alla Blondet, sia quelli di destra che quelli di sinistra, deliravano di una nuova Arabia... la realtà è MOLTO inferiore alle prospettive di allora), equivale a giocarsi tutto in un lancio di dadi. Nessuna economia seria lo farà. E, per la cronaca, sembrano molto più promettenti gli off shores brasiliani, il crudo che ne esce è di qualità migliore di quello dell'Orinoco, e sembrano molto vasti.

 

Far ricadere la colpa della guerra nel Caucaso al solo petrolio, è un gioco riduttivo e, fondamentalmente, qualunquista e disonesto. Va di moda, fa sentire politically corretc, ma è una stupidaggine, sarebbe come dire che la Seconda Guerra Mondiale è scoppiata solo perché Hitler ha invaso la Polonia. E se il petrolio vi fa tanto schifo, lasciate l'auto in garage e andate a piedi.

 

Per curiosità: quanto petrolio c'è in Vietnam? Una informata come te lo dovrebbe sapere.

 

 

 

Per quale motivo infatti ancora una volta il Consiglio di sicurezza dell'Onu non è riuscito a trovare un accordo per il cessate il fuoco?

 

Chiedilo a Mosca.

Modificato da intruder
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Ospite kentar

complimenti intruder, il tuo post è davvero interessante e ben argomentato, apre gli occhi e lascia poco spazio alle teorie "urlate" tanto di moda in questo periodo...

volevo chiedere una tua opinione, secondo te se la situazione non dovesse migliorare e l'usa cominciasse a prendere una posizione più ferma nei confronti della russia, i vari paesi europeri che posizione prenderebbero?

e secondo te come andrà a finire la situazione?

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Ospite galland

In attesa della ripresa dei duelli verbali riporto integralmente le seguenti tre notizie d'agenzia riprese, come le precedenti da Yahoo notizie.

Del mio sacco vorrei aggiungere, se ve ne fosse bisogno che quella attuale è una politica di dominazione dell'area caucasica che la Russia sta portando avanti sin dl 1800, quando, come noto, non esistevano oleodotti...

 

 

PECHINO (Reuters) - Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha reso noto oggi di aver espresso la sua forte preoccupazione al primo ministro russo Vladimir Putin per la "reazione sproporzionata" della Russia contro la Georgia nel conflitto in Ossezia del Sud.

 

In un'intervista con la tv Nbc Sports nel suo ultimo giorno alle Olimpiadi di Pechino, Bush ha riferito di aver detto al leader russo che "questa violenza è inaccettabile" -- nel colloquio di venerdì scorso con Putin -- e di aver sollecitato che le truppe facciano ritorno allo "status quo ante" il 6 agosto.

 

"Sono stato molto risoluto con Vladimir Putin -- lui e io abbiamo buoni rapporti -- proprio come sono stato risoluto con il presidente russo (Dmitry Medvedev)".

 

"Ho espresso la mia forte preoccupazione per la reazione sproporzionata della Russia", ha spiegato Bush.

 

"Condanniamo con fermezza i bombardamenti in Ossezia del Sud".

 

Bush ha anche sottolineato che la tempistica in cui è deflagrato il conflitto dell'Ossezia del Sud ha offuscato le Olimpiadi e gli ideali che animano i Giochi.

 

"Siamo qui per cercare di promuovere la pace e l'armonia e stiamo assistendo a un conflitto", ha aggiunto.

 

La Georgia, alleata degli Usa, ha offerto alla Russia un cessate-il-fuoco e trattative di pace dopo aver ritirato le sue truppe dalla capitale dell'Ossezia del Sud mentre i mediatori hanno iniziato una missione per porre fine al conflitto che è stato duramente criticato dalla comunità internazionale.

 

 

(ANSA) - MOSCA, 11 AGO - Circa 9.000 soldati russi saranno dispiegati nella repubblica separatista georgiana dell'Abkhazia. Lo ha annunciato oggi Aleksandr Novitski. 'I nostri soldati devono difendere i civili e prevenire una catastrofe umanitaria', ha detto Novitsky, del comando russo citato dall'Interfax.. Appoggiati da 350 blindati,i soldati dovranno 'rinforzare' il contingente delle forze per il mantenimento della pace gia' presente sul posto, ha aggiunto. L'Abkhazia ha proclamato la sua indipendenza dalla Georgia.

 

 

 

GINEVRA (Reuters) - L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ha chiesto oggi accesso umanitario e un corridoio sicuro per migliaia di civili intrappolati dai combattimenti in Ossezia del Sud, la regione secessionista della Georgia.

 

"Il conflitto ha causato vittime civili e altri sono a rischio", ha detto l'Alto commissario Antonio Guterres.

 

"E' essenziale che le agenzie umanitarie possono raggiungere coloro che sono stati colpiti e i profughi, e che a coloro che sono intrappolati nelle aree di conflitto sia garantito il transito verso aree più sicure il più presto possibile", ha detto Guterres in un comunicato. "E' assolutamente essenziale che entrambe le parti rispettino i principi umanitari e garantiscano la protezione e l'incolumità dei civili".

 

Molte migliaia di profughi sono fuggiti dall'Ossezia del Sud verso altre zone della Georgia, e un numero ancora maggiore in Ossezia del Nord, in Russia, dice l'Unhcr, citando dati forniti dalle autorità locali.

 

Si calcola che i profughi di Georgia e Ossezia del Sud siano tra i 10mila e i 20mila, ha detto un portavoce dell'agenzia Onu.

 

Il Cremlino ha indicato in 30mila il numero dei profughi giunti in Russia da venerdì scorso.

 

L'Unhcr sta inviando un team a Gori, in Georgia, bombardata dall'aviazione russa, per valutare le necessità locali, e intende riprendere al più presto l'invio di convogli di aiuti alla popolazione.

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Ospite intruder
complimenti intruder, il tuo post è davvero interessante e ben argomentato, apre gli occhi e lascia poco spazio alle teorie "urlate" tanto di moda in questo periodo...

volevo chiedere una tua opinione, secondo te se la situazione non dovesse migliorare e l'usa cominciasse a prendere una posizione più ferma nei confronti della russia, i vari paesi europeri che posizione prenderebbero?

e secondo te come andrà a finire la situazione?

 

 

L'Europa credo procederebbe in ordine sparso come ha sempre fatto in questi casi: Germania e Italia, fortemente dipendenti dalla Russia per il loro approviggionamento energetico (gas naturale, più che altro) sarebbero di un'ambiguità allucinante, Inghilterra, Olanda, Danimarca e Norvegia, che ricavano la maggior parte delle loro risorse dai giacimenti del mare del Nord, probabilmente si attesterebbero con varie sfumature sulle posizioni americane. Difficile dire la Francia, Sarkozy è molto più vicino a Washington del suo predecessore, e la Francia ha ottimi accordi di importazione con l'Algeria, il Gabon e la Nigeria, è al riparo dal ricatto energetico di Putin e potrebbe decidere di stare con la Casa Bianca. Zapatero è meno prevedibile ancora, anti americano per partito preso, tuttavia è anche abbastanza intelligente, a differenza di certi nostri anti americani d'accatta, da capire che senza gli USA l'Europa va a fondo. Se non dà fuori di testa, la sua posizione potrebbe essere intermedia fra quella nord europea e quella tedesca e italiana, forse più vicino alla Francia.

 

Difficile dire come andrà a finire. Il Cremlino e la Casa Bianca hanno troppo da perdere da una guerra, ma Mosca e Tbilisi perderebbero molto anche con una pace che prevedesse uno status quo ante. Un bell'enigma è la Cina, Pechino sembra più vicino a Washington che al Cremlino.

 

Se Washington decidesse di rafforzare la sua presenza militare in Georgia ci sarebbe da temere il peggio, se Putin lanciasse i suoi paracadutisti su Tbilisi sarebbe guerra senza se e senza ma. Non è ancora successo. Teniamo le dita incrociate.

Modificato da intruder
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Ospite kentar

grazie, molto chiaro ed esplicativo.. come sempre! B-)

 

L'Europa credo procederebbe in ordine sparso come ha sempre fatto in questi casi: Germania e Italia, fortemente dipendenti dalla Russia per il loro approviggionamento energetico (gas naturale, più che altro) sarebbero di un'ambiguità allucinante, Inghilterra, Olanda, Danimarca e Norvegia, che ricavano la maggior parte delle loro risorse dai giacimenti del mare del Nord, probabilmente si attesterebbero con varie sfumature sulle posizioni americane. Difficile dire la Francia, Sarkozy è molto più vicino a Washington del suo predecessore, e la Francia ha ottimi accordi di importazione con l'Algeria, il Gabon e la Nigeria, è al riparo dal ricatto energetico di Putin e potrebbe decidere di stare con la Casa Bianca. Zapatero è meno prevedibile ancora, anti americano per partito preso, tuttavia è anche abbastanza intelligente, a differenza di certi nostri anti americani d'accatta, da capire che senza gli USA l'Europa va a fondo. Se non dà fuori di testa, la sua posizione potrebbe essere intermedia fra quella nord europea e quella tedesca e italiana, forse più vicino alla Francia.

 

Difficile dire come andrà a finire. Il Cremlino e la Casa Bianca hanno troppo da perdere da una guerra, ma, Mosca e Tbilisi perderebbero molto anche con una pace che prevedesse uno status quo ante. Un bell'enigma è la Cina, Pechino sembra più vicino a Washington che al Cremlino.

 

Se Washington decidesse di rafforzare la sua presenza militare in Georgia ci sarebbe da temere il peggio, se Putin lanciasse i suoi paracadutisti su Tbilisi sarebbe guerra senza se e senza ma. Non è ancora successo. Teniamo le dita incrociate.

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Ospite intruder

Ecco le ultime dell'ansa:

 

 

 

TIBLISI - La Georgia ha respinto l'ultimatum delle forze russe a deporre le armi nella zona di sicurezza all'esterno dell'Abkhazia. Lo riferisce l'agenzia Interfax.

 

RUSSIA CONTINUA I BOMBARDAMENTI SULLA GEORGIA

Più di 50 aerei delle forze russe sorvolano attualmente il territorio georgiano e Tbilisi, la capitale, è bersaglio di bombardamenti. Lo ha annunciato il ministero georgiano degli esteri in un comunicato. "Le azioni russe non mettono solamente in pericolo le vite dei cittadini georgiani, ma anche quelle di invitati stranieri di alto rango", è scritto nel comunicato. Il ministro francese degli esteri, Bernard Kouchner, il cui paese presiede attualmente l'Unione Europea, è arrivato ieri a Tbilisi.

 

A TSKHINVALI MORTI TRE SOLDATI RUSSI

- Tiri di razzi georgiani su Tskhinvali, la capitale della repubblica separatista georgiana dell'Ossezia del Sud, hanno provocato tre morti e 18 feriti nella notte tra domenica e lunedì tra le forze russe per il mantenimento della pace. Lo ha annunciato Irina Gagloeva, portavoce del governo filorusso dell'Ossezia del Sud. Anche l'agenzia Interfax, citando fonti ufficiali locali, riferisce del bombardamento georgiano e dell'uccisione dei tre soldati russi.

 

RUSSIA MANDERA' 9.000 SOLDATI IN ABKHAZIA

Circa 9.000 soldati russi saranno dispiegati nella repubblica separatista georgiana dell'Abkhazia. Lo ha annunciato oggi Aleksandr Novitski, del comando russo, citato dall'agenzia Interfax. "I nostri soldati devono difendere i civili e prevenire una catastrofe umanitaria", ha detto Novitsky. Appoggiati da 350 blindati, gli uomini che saranno dispiegati dovranno "rinforzare" il contingente delle forze per il mantenimento della pace già presente sul posto, ha aggiunto l'esponente del comando russo. L'Abkhazia, come l'Ossezia del Sud, ha unilateralmente proclamato la sua indipendenza da Tbilisi all'inizio degli anni Novanta. Le due repubbliche separatiste georgiane sono filo-russe e sostenute da Mosca.

 

SAAKASHVILI: TROVEREMO MODO DI PARLARE CON RUSSIA

Il presidente georgiano Mihail Saakashvili si è detto "certo che Georgia e Russia riusciranno a trovare i modi per regolare il conflitto in corso". Lo riferisce l'agenzia Itar-tass citando una conferenza stampa dopo l'incontro fra Saakashvili e i ministri degli esteri di Francia, Bernard Kouchner, e Finlandia, Alexander Stubb. "Nella fase attuale è molto importante arrivare a un cessate il fuoco in territorio georgiano - ha detto il presidente Saakashvili -, considero indispensabile cominciare negoziati georgiano-russi allo scopo di mettere fine alla contrapposizione, e penso che nel processo dei negoziati sia indispensabile la partecipazione attiva delle istituzioni europee". Kouchner e Stubb sono attesi nel pomeriggio a Mosca.

 

OSSEZIA SUD E ABKHAZIA CHIEDERANNO RICONOSCIMENTO

I leader di Abkhazia, Serghei Bagabsh, e Ossezia del sud, Eduard Kokoity, si sono accordati oggi telefonicamente per chiedere in modo congiunto alla comunità mondiale il riconoscimento dell'indipendenza delle due repubbliche secessioniste georgiane. Lo riferisce la radio Eco di Mosca. "Quanto sangue osseto dobbiamo ancora versare - ha detto Kokoity - perché le nostre repubbliche vengano riconosciute? qui c'é stato un genocodio". Bagabsh ha informato Kokoity sulle misure militari che l'Abkhazia sta prendendo in risposta all'"aggressione georgiana in Ossezia del sud".

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Eccovi, dal quotidiano francese "Le Figaro", un articolo che pone in luce l'atteggiamento determinato di alcuni paesi europei, nella difesa dell'integrità territoriale della Georgia.

 

 

Dal link: http://www.lefigaro.fr/international/2008/...ise-rapide-.php

 

"Nicolas Sarkozy mise sur une sortie de crise rapide

 

 

À Rome, Nathalie Vandystadt (avec AFP)

11/08/2008

 

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Des manifestations pro-Géorgie en Italie dimanche. Crédits photo : AP

 

 

La diplomatie européenne s'est mobilisée ce week-end. Mais peine à parler d'une seule voix.

 

La diplomatie européenne s'est mise en branle ce week-end pour tenter de mettre fin aux hostilités dans le Caucase. Dimanche soir, Nicolas Sarkozy, qui se rendra à Moscou dans les prochains jours selon l'Élysée, s'est s'entretenu au téléphone avec ses homologues russe et géorgien Dmitri Medvedev et Mikhaïl Saakachvili.

 

Le président français estime qu'après le retrait des forces géorgiennes, «il existe désormais de réelles perspectives pour parvenir rapidement à une sortie de crise». La France, qui préside actuellement l'Union européenne, réunira par ailleurs les ministres européens des Affaires étrangères, mercredi à Bruxelles. Et Paris n'exclut pas de convoquer ultérieurement un sommet des chefs d'État et de gouvernement européens.

 

Dès dimanche soir, Bernard Kouchner était à Tbilissi en compagnie du président de l'OSCE, Alexander Stubb. À l'issue d'une rencontre avec le président géorgien, le chef de la diplomatie française a déclaré : «Il faut parler de négociations et règlement politique, il n'y a pas de règlement militaire. Il faut faire vite, ce n'est pas un exercice diplomatique, c'est un exercice de survie». Lundi matin, Bernard Kouchner devait se rendre à Moscou pour y présenter un plan en trois points : respect de l'intégrité territoriale de la Géorgie, cessation immédiate des hostilités et rétablissement de la situation qui prévalait antérieurement sur le terrain.

 

L'Allemagne et la Grande-Bretagne se sont aussi mobilisées. La chancelière Angela Merkel, qui a appelé à un «cessez-le-feu immédiat et inconditionnel», devrait rencontrer vendredi prochain le président Medvedev à Sotchi. Le gouvernement britannique, de son côté, a dépêché à Tbilissi une délégation conjointe de l'UE et des États-Unis.

 

 

Varsovie prône la fermeté

 

Une fois de plus pourtant, l'UE a du mal à parler d'une seule voix. La Pologne et les trois pays Baltes ont appelé l'UE à prendre des mesures plus radicales contre une Russie taxée d'«impérialisme». Dans une déclaration commune, le président polonais Kaczynski et ses homologues baltes accusent Moscou d'avoir franchi «la ligne rouge» et avertissent qu'ils utiliseront «tous les moyens possibles pour s'assurer que l'agression contre un petit pays en Europe ne soit pas passée sous silence ou qu'elle ne fasse pas l'objet de déclarations creuses».

 

Les quatre chefs d'État demandent à l'UE de réviser sa coopération avec la Russie. Ils critiquent aussi implicitement l'Allemagne et la France, coupables de se montrer trop accommodantes avec le régime russe en s'étant opposées notamment à l'octroi d'un statut de candidat à l'Otan à la Géorgie et l'Ukraine lors du sommet de l'Al­liance à Bucarest en avril.

 

La Suède a prôné elle aussi la fermeté, le ministre des Affaires étrangères Carl Bildt allant jusqu'à comparer à la doctrine d'Adolf Hitler les justifications de Moscou pour intervenir en Géorgie.

 

Avant de quitter Paris, Bernard Kouchner a rappelé qu'il ne servait à rien «d'injurier les gens».

 

Samedi soir, la France, au nom de l'UE, a donc publié une déclaration consensuelle, où elle exhorte la Russie à accepter im­médiatement le cessez-le-feu proposé par le gouvernement géorgien. Et bien que cette initiative ait peu de chance d'être acceptée par Moscou, Varsovie s'est déjà proposé pour une mission de ­stabilisation dans le Caucase du Sud."

 

 

Come sempre, c'è chi è dotato di attributi e chi no! Ed i più tendono a comportarsi vigliaccamente, come contro Hitler (come giustamente ricorda il Ministro degli Esteri svedese) quando s'impadronì, ricorrendo a giustificazioni analoghe a quelle di Putin, dell'Austria e smembrò la Cecoslovacchia! E dire che la Storia dovrebbe essere maestra di vita!

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non conosco il francese :pianto:

Traduco, il più letteralmente possibile, la parte che ritengo maggiormente significativa:

 

Une fois de plus pourtant, l'UE a du mal à parler d'une seule voix. La Pologne et les trois pays Baltes ont appelé l'UE à prendre des mesures plus radicales contre une Russie taxée d'«impérialisme». Dans une déclaration commune, le président polonais Kaczynski et ses homologues baltes accusent Moscou d'avoir franchi «la ligne rouge» et avertissent qu'ils utiliseront «tous les moyens possibles pour s'assurer que l'agression contre un petit pays en Europe ne soit pas passée sous silence ou qu'elle ne fasse pas l'objet de déclarations creuses».

 

Les quatre chefs d'État demandent à l'UE de réviser sa coopération avec la Russie. Ils critiquent aussi implicitement l'Allemagne et la France, coupables de se montrer trop accommodantes avec le régime russe en s'étant opposées notamment à l'octroi d'un statut de candidat à l'Otan à la Géorgie et l'Ukraine lors du sommet de l'Al­liance à Bucarest en avril.

 

La Suède a prôné elle aussi la fermeté, le ministre des Affaires étrangères Carl Bildt allant jusqu'à comparer à la doctrine d'Adolf Hitler les justifications de Moscou pour intervenir en Géorgie.

 

Una volta di più eppure, l'UE fa fatica a parlare con una sola voce. La Polonia ed i tre paesi baltici hanno invitato l'UE ad adottare delle misure più radicali contro una Russia tacciata d'"imperialismo". In una dichiarazione comune, il presidente polacco Kaczynski ed i suoi omologhi baltici accusano Mosca di avere superato "la linea rossa" ed avvertono che utilizzeranno "tutti i mezzi possibili per assicurarsi che l'aggressione contro un piccolo paese in Europa non passi sotto silenzio o che non diventi oggetto di dichiarazioni vuote ( :adorazione::okok: )"

 

I quattro capi di Stato chiedono all'UE di rivedere la cooperazione con la Russia. Criticano anche implicitamente la Germania e la Francia, colpevoli di mostrarsi troppo accomodanti con il regime russo essendosi opposti, in particolare, alla concessione dello statuto di candidato alla Nato alla Georgia ed all'Ucraina, in occasione del vertice dell'Alleanza a Bucarest in aprile.

 

La Svezia ha raccomandato anch'essa la fermezza, il ministro degli Affari esteri Carl Bildt essendo giunto a paragonare alla dottrina di Adolf Hitler, le giustificazioni di Mosca per intervenire in Georgia.

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Dal link: http://www.informazione.it/a/1dca0cd1-a5e2...-ENZO-BETTIZA?v

 

riporto, integralmente, l'articolo di Enzo Bettiza:

 

"10/8/2008

 

L'impero colpisce ancora

 

ENZO BETTIZA

 

Dei tre coacervi regionali in permanente stato d’infiammabilità e d’insidia agli equilibri mondiali, il Medio Oriente, i Balcani e il Caucaso, quest’ultimo è precipitato nel gorgo della catastrofe proprio nel giorno in cui il tripudio olimpico, celebrato a Pechino, avrebbe voluto lanciare all’umanità un invito simbolico alla pace universale. Altro che «one world one dream». Di colpo, alle grandiose visioni in technicolor confuciano osannanti l’armonia fra le nazioni e l’avvento di un mondo irenico, abbiamo visto sovrapporsi e contrapporsi, in un contrasto insieme beffardo e crudele, immagini di una guerra a tutto campo quali non si vedevano dai tempi malefici del Vietnam. Una guerra dura, completa, con razzi, aerei, carri armati, lanciafiamme, carneficine spaventose di cui non avevamo più memoria. Una guerra diretta, in carni ed ossa martoriate, non diluita e mimetizzata nei bagliori elettronici di un videogame televisivo. I militari georgiani hanno inflitto morte e distruzione alle popolazioni di una città ignota che si chiama Tskhinvali, mentre i bombardieri russi hanno decimato i civili di un’altra città molto più nota, l’antica e storica Tiflis, dal 1917 Tbilisi, capitale dello Stato caucasico più importante e drammatico e da ieri in dichiarato conflitto bellico con la Federazione di Putin-Medvedev. Le bombe russe non hanno risparmiato neppure la cittaduzza di Gori dove nel 1878, nella stamberga di un ciabattino violento e alcolizzato, nacque il futuro seminarista ortodosso e poi rivoluzionario Josip Stalin.

 

Già quella nascita d’eccezione ci dice che della Georgia gloriosa e duplice, colta e guerriera, cristiana e marxista, russa soltanto dal 1801, è molto più facile parlare che non dell'enclave capillarmente russificata Ossezia del Sud, casus belli dello scontro armato in corso. La mitica Colchide, patria di Medea e degli Argonauti, detentrice sacrale del vello d’oro, era presente fin dai tempi greci nella leggendaria storia europea. In seguito, dal principe Bagration, morto come generale russo nella Borodino di Guerra e Pace, ai grandi menscevichi del Febbraio 1917 e ai bolscevichi dell’Ottobre, fino al faraonico Stalin, all’industrializzatore Ordžonikidze, al feroce Beria, al riformatore Shevardnadze, la storia della Russia moderna sarà segnata in profondità, nel male e nel bene, da ogni sorta di personaggi emersi dalla Transcaucasia georgiana. Lenin vedrà in Stalin addirittura un «grande russo», ostile alla propria patria, nel momento in cui i socialdemocratici menscevichi e i leninisti nazionali di Tbilisi si opporranno con le armi alla bolscevizzazione di stampo russo della loro terra. Il georgiano Stalin, a cui taluni storici attribuiscono perfino un’oscura origine osseta o abkhaza, sarà lui a spezzare la spina dorsale ai rappresentanti del socialismo aperto ed europeizzante della combattiva repubblica caucasica fra il 1917 e il ‘21.

 

Molto più difficile è invece descrivere la minima repubblichetta autonoma di centomila anime chiamata Ossezia. Essa dal 1992 è divisa in due entità che aspirano a riunificarsi. L’appendice meridionale è incorporata nel territorio georgiano, quindi è formalmente georgiana; l’altra metà è integrata nel corpo federale della Russia la quale, al tempo stesso, è presente in forme subdole anche nell’entità Sud con rubli, passaporti, personale politico, servizi segreti e presidi militari camuffati da forze d’interposizione. Il piano di Putin, volto a riportare alla Russia molte componenti perdute dell’impero sovietico, è da anni determinato e lineare: staccare definitivamente l’Ossezia del Sud dalla Repubblica georgiana e agganciarla all’Ossezia del Nord completamente russificata. Pure la più cospicua repubblichetta d’Abkhazia è di fatto uncinata dalla Russia e in parte già staccata dalla Georgia. Non si contano le guerre civili poco note in Occidente, più o meno striscianti, più o meno per procura, ma continue, che dal 1991 hanno seguitato a opporre i russi ai georgiani nella tenzone, spesso violenta, per il possesso di questi sperduti territori eurasiatici. L’ultima tigre cavalcata da Putin è stato il Kosovo. Nell’impossibilità di bloccare la dichiarazione di sovranità kosovara sostenuta dagli occidentali, e di soccorrere una Belgrado delusa che si sta riorientando sull’Europa, egli ha messo in questi giorni in atto il ricatto preannunciato: all’indipendenza di Pristina ha risposto inviando in un blitz a sorpresa i blindati russi nell’Ossezia meridionale e scatenando i cacciabombardieri sulla capitale della Georgia.

 

Il pretesto gli è stato offerto dalle mosse sconsiderate e autolesioniste dell’ultimo presidente filoamericano di Tbilisi, Mikhail Saakashvili, che nel tentativo di forzare la mano all’amministrazione Bush ha lanciato la truppa all’attacco dei secessionisti di Tskhinvali. Contemporaneamente ha ribadito la volontà di Tbilisi di entrare nella Nato, ha invitato gli americani a riportare coi loro elicotteri dall’Iraq in Georgia il corpo di spedizione georgiano, duemila soldati ben addestrati da schierare contro l’assalto delle divisioni russe. Se ciò avvenisse si profilerebbe, addirittura, la possibilità di un nefasto contatto diretto tra mezzi aerei statunitensi e caccia russi. Oggi Saakashvili, che è stato uno dei responsabili della cacciata del moderato Shevardnadze dal potere e non gode più dell’appoggio incondizionato dei compatrioti, è scomparso in un bunker alla periferia della capitale. Fino a ieri si presentava alla televisione con alle spalle la bandiera stellata dell’Unione Europea di cui la Georgia, come tutti sanno, a cominciare da Putin, non fa parte.

 

Il discorso sul gas e sul petrolio, discorso che col famoso progetto «Nabucco» farebbe della Georgia un ponte di scavalcamento delle forniture energetiche russe destinate all’Europa, lo lasciamo agli specialisti della materia. La questione economica, comunque, non può che aggravare la già gravissima crisi politica e militare che sta mettendo in imbarazzo gli americani, in difficoltà gli europei, in disperazione cinque milioni di georgiani e in posizione di vantaggio soprattutto la strategia del recupero imperiale di Putin. È stato l'intemperante e sovreccitato Saakashvili a offrirgli il trampolino di lancio su sfondo olimpionico. Ora rieccolo, lo zar indefesso, col cannocchiale e la spada in pugno al centro di uno scenario selvaggio che evoca Lermotov e Tolstoj: a Vladikavkaz, capitale e avamposto di guerra della russificatissima Ossezia del Nord."

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Ospite dottoressa
Hai perfettamente ragione. E, soprattutto, dovresti imparare a rispettare le opinioni di chi lavora nel settore. Io, lavoro alla Exxon dal 1977, quindi, forse, ne so qualcosa più di te. O pensi che le tue idee, in quanto vanno per la maggiore, sono fondate?

 

Il tuo articolo non ha citazione, quindi non si sa chi lo ha scritto e quanto sia attendibile la fonte (se è di Beppe Grillo o di Maurizio Blondet sappiamo tutti quale onestà possa avere). Tolto questo, tu metti cifre a casaccio, senza sapere cosa significano, come fanno normalmente quelli che accettano per Verità Assoluta un'opinione che va per la maggiore o che è gridata più forte delle altre.

 

Il cosiddetto barile, è una misura di volume, non di peso, equivale a 159 litri di petrolio. Un litro di petrolio non corrisponde a una massa di un chilo, ma a un equivalente fra 0,72 e 0,78 (il petrolio non è tutto uguale, ce n'è di più pesante e di più leggero, c'è molta differenza fra gli ottimi WTI e Arabian Light e la schifezza che esce dalla foce dell'Orinoco, si usa il barile come unità di misura solo per avere un'idea grosso modo comparativa della produzione). 159 per 0,75 (valore medio), fa 119.25 chili, e questo moltiplicato per un milione e per 365 giorni fa grosso modo 43 milioni di tonnellate. Si tratta dell'1 per cento della produzione mondiale. E l'Italia consuma all'incirca centodieci milioni di tonnellate l'anno, un miliardo di barili. Il triplo di quelli che transiteranno nell'oleodotto georgiano se e quando funzionerà a pieno regime. Quindi è discutibilissimo che l'oleodotto che passa in Georgia e che permette i controlli sui rifornimenti di mezza Europa (tuo post #133) possa strozzare o aiutare la nostra economia, come scrivi, riportando opinioni altrui senza sapere di cosa parli. Quell'oleodotto è importante per l'economia georgiana, mentre per la nostra, che attingiamo in maggior parte dai giacimenti mediorientali e nord africani, è marginale.

 

Fra 50 anni, quando scadrà il trattato dell'Antartide, il problema petrolio dovrà essere superato comunque, perché gli attuali giacimenti non permettono di sostenere la domanda oltre il 2050. Per quella data dovremo avere trovato per forza qualche fonte di energia alternativa. Tirare il collo per arrivare alla scadenza del trattato coi giacimenti attuali senza sapere cosa c'è sotto (ventanni fa era opinione corrente che il bacino caspico galleggiasse sull'oro nero, i soliti idioti alla Blondet, sia quelli di destra che quelli di sinistra, deliravano di una nuova Arabia... la realtà è MOLTO inferiore alle prospettive di allora), equivale a giocarsi tutto in un lancio di dadi. Nessuna economia seria lo farà. E, per la cronaca, sembrano molto più promettenti gli off shores brasiliani, il crudo che ne esce è di qualità migliore di quello dell'Orinoco, e sembrano molto vasti.

 

Far ricadere la colpa della guerra nel Caucaso al solo petrolio, è un gioco riduttivo e, fondamentalmente, qualunquista e disonesto. Va di moda, fa sentire politically corretc, ma è una stupidaggine, sarebbe come dire che la Seconda Guerra Mondiale è scoppiata solo perché Hitler ha invaso la Polonia. E se il petrolio vi fa tanto schifo, lasciate l'auto in garage e andate a piedi.

 

Per curiosità: quanto petrolio c'è in Vietnam? Una informata come te lo dovrebbe sapere.

Chiedilo a Mosca.

 

........certo ed è una coincidenza che tutte le guerre in cui sono coinvolte le maggiori potenze sono in zone ricche di risorse energetiche o posizioni strategiche????????

..........ma guarda un pò il caso...............e io che vado a pensare che le guerre si fanno per interesse!!!!!!! l'America e la Russsia stanno portando la libertà e la civiltà.....vabbè usano i carrarmati.....ma portano anche le carammelle ai bambini (sopravvissuti)

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Ospite galland

Picpus, messaggio 144

"Come sempre, c'è chi è dotato di attributi e chi no! Ed i più tendono a comportarsi vigliaccamente, come contro Hitler (come giustamente ricorda il Ministro degli Esteri svedese) quando s'impadronì, ricorrendo a giustificazioni analoghe a quelle di Putin, dell'Austria e smembrò la Cecoslovacchia! E dire che la Storia dovrebbe essere maestra di vita!"

 

 

Se volessimo parlare di ua ciceroniana "storia magistra vitae" dovremmo anche dire come la mala pianta del nazionalsocialismo fu coltivata, oltre che da Stalin che inpose al KPD una politica a dir poco suicida, da determinati circoli anglofoni che vedevano più che di buon occhio una Germania riarmata in funzione antisovietica. Su quest'articolo Ian Kershaw ha scritto pagine di grande rigore storiografico e realmente inovative (Gli amici di Hitler).

Il problema attuale è ESSENZIALMENTE che manca una politica europea che, attributi a parte, permetta di proporsi come forza di mediazione e moderazione.

Non esagero nel dire che finanche la Cina, comunista, illiberale, dittatoriale ha agito per condurre la cariatide di P'yŏngyang a più miti consigli. proponendosi come forza di moderazione...

Modificato da galland
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Ospite intruder

Pechino ha agito con molta moderazione e buon senso anche nel caso della Georgia. Spirito olimpico? Ci credo fino un certo punto, penso sia realpolitik, consapevolezza, cioè, che la corda non la puoi tirare troppo.

Modificato da intruder
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Ospite
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