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Il bombardamento di Dresda da parte della Royal Air Force britannica e della United States Army Air Force statunitense, avvenuto fra il 13 e il 15 febbraio 1945, fu una delle azioni militari più controverse della seconda guerra mondiale. La potenza di fuoco sviluppata dai bombardieri alleati superò quella delle bombe atomiche, e rase completamente al suolo il centro storico della città, causando una strage di civili, con obiettivi militari solo indiretti (bombardamento a tappeto). Come ricorda lo storico Frederick Taylor:

« La distruzione di Dresda ha un sapore epico e tragico. Era una città meravigliosa, simbolo dell'umanesimo barocco e di tutto ciò che c'era di più bello in Germania. Allo stesso tempo, conteneva anche il peggio della Germania del periodo nazista. In un certo senso, la tragedia fu un perfetto esempio degli orrori del modo di concepire la guerra nel XX secolo »

ll'inizio del 1945, la leadership politico-militare alleata iniziò a porsi il problema di come sostenere l'impegno bellico sovietico in Europa con lo strumento del bombardamento strategico. Furono pianificati il bombardamento di Berlino e di molte altre città dell'est della Germania, da coordinarsi con l'avanzata russa, in parte recuperando piani precedenti (1944) noti col nome in codice Operation Thunderclap. L'obiettivo dichiarato era quello di causare confusione ed evacuazioni di massa dall'est, e quindi ostacolare l'avanzata delle truppe da ovest; si prevedeva infatti che i nazisti avrebbero spostato verso il Fronte Orientale 42 divisioni (mezzo milione di uomini) entro il marzo 1945. Quest'uso del bombardamento strategico era simile a quello adottato da Dwight Eisenhower prima dello sbarco in Normandia. Sebbene le priorità nell'uso dei bombardieri restassero legate alla distruzione di raffinerie, fabbriche di jet, e cantieri di costruzione dei sottomarini, Arthur Harris, comandante in capo del comando dei bombardieri dell'RAF, ricevette l'ordine di attaccare Berlino, Dresda, Lipsia e Chemnitz appena possibile. Lo stesso Winston Churchill fece pressioni affinché questa operazione fosse portata rapidamente a compimento.

 

Alla Conferenza di Yalta del 4 febbraio, la decisione di bombardare Dresda era già stata presa. Sia Berlino che Dresda erano sulla lista degli obiettivi ed entrambe furono bombardate dopo la conferenza. I documenti dell'RAF dimostrano che l'intenzione era quella di «distruggere le comunicazioni» e intralciare l'evacuazione e non di uccidere gli evacuati. Le cose, purtroppo, andarono diversamente. L'intelligence militare sovietica sostenne che i treni bloccati nella stazione principale portavano truppe dirette da Dresda verso il fronte, mentre in seguito risultarono essere carichi di civili in fuga. Il bombardamento fu particolarmente cruento, e, secondo note dell'RAF, mirato anche a dimostrare ai sovietici la potenza del Comando dei Bombardieri britannico. Non è chiaro se lo scopo fosse quello di condividere il merito dell'invasione russa in Germania o, addirittura, un monito per la futura (ma prevedibile e prevista) guerra fredda

Analizzando gli scritti di alcuni autori dei decenni precedenti alla seconda guerra mondiale noti all'interno degli ambienti militari, come l'italiano Giulio Douhet, si trovano tuttavia espliciti accenni alla opportunità di utilizzare l'arma aerea come strumento di distruzione sistematica del potenziale economico, umano e morale del nemico. In altri termini secondo i teorici del dominio dell'aria il bersaglio dei bombardamenti dovevano essere non le strutture industriali in quanto tali, ma le città e soprattutto i loro abitanti. Questo perché gli operai delle fabbriche militari avevano una casa e una famiglia e quindi case e popolazione civile diventavano bersaglio legittimo. In aggiunta a ciò l'esperienza aveva dimostrato che il tentativo di colpire con precisione le sole zone industriali con i mezzi del tempo era inefficace anche operando alla luce del sole (con gravi perdite a carico degli attaccanti). Quindi la scelta strategica inglese di radere al suolo intere città veniva giustificata come l'unico uso razionale dell'arma del bombardamento aereo, e Dresda non fu che la più drammatica applicazione di questa teoria.

La ferrovia nei pressi del centro di Dresda era già stata bombardata due volte dagli americani prima della notte del 13 febbraio 1945 (il 7 ottobre 1944, con 70 tonnellate di bombe, e il 16 gennaio 1945, con 279 tonnellate di bombe esplosive e 41 tonnellate di bombe incendiarie).

 

Secondo i piani, il 13 febbraio avrebbe dovuto vedere un attacco congiunto di RAF e USAAF, ma a causa del maltempo solo gli inglesi riuscirono a portare a termine il primo raid. 796 Avro Lancaster e 9 De Havilland Mosquito raggiunsero la città in due ondate, colpendo Dresda durante la notte con 1478 tonnellate di bombe esplosive e 1182 tonnellate di bombe incendiarie.

 

Il giorno successivo, la città fu attaccata dai B-17 americani, che in quattro raid la colpirono con 3900 tonnellate di bombe, fra esplosive e incendiarie. Il bombardamento creò una tempesta di fuoco, con temperature che raggiunsero i 1500 °C. Lo spostamento di aria calda verso l'alto, e il conseguente movimento di aria fredda a livello del suolo, creavano un fortissimo vento che spingeva le persone dentro le fiamme.

 

Migliaia di civili bruciarono nei rifugi, altri colpiti da bombe al fosforo si spegnevano in acqua per poi riaccendersi all'aperto, tanto da costringere le SS a finirli con un colpo di pistola. Gli unici a salvarsi furono i primi che fuggirono dalla città. Poi col passare delle ore, il vento caldo sempre più forte e l'altissima temperatura, non permisero più alcuno spostamento. Il fenomeno, che fu rilevato anche in precedenza, durante il bombardamento del porto di Amburgo, ebbe come causa l'aria calda (dovuta agli incendi dei vecchi quartieri), che attirava aria fredda dalla periferia, provocando di fatto una vera e propria corrente d'aria, che a tre ore dal bombardamento si trasformò in un ciclone. L'equipaggio di un bombardiere americano tornato nelle ore successive, vide arrivare a 8 mila metri travi di legno e ogni tipo di materiale, sollevato da una forte corrente ascensionale.

 

La città fu nuovamente bombardata dalla USAAF il 2 marzo, con altre 1000 tonnellate di bombe esplosive e incendiarie, e il 17 aprile, con 1554 tonnellate di bombe esplosive e 164 di bombe incendiarie.

Delle 28.410 case del centro di Dresda, 24.866 furono distrutte. Un'area di 15 chilometri quadrati fu rasa al suolo (includeva 14.000 case, 72 scuole, 22 ospedali, 19 chiese, 5 teatri, 50 edifici bancari e assicurativi, 31 magazzini, 31 alberghi, 62 edifici amministrativi, industrie, e altre costruzioni). Dei 222.000 appartamenti della città, 75.000 furono completamente distrutti, 11.000 gravemente danneggiati, 7.000 danneggiati, 81.000 leggermente danneggiati. All'epoca, la città era grande circa 300 chilometri quadrati. Paradossalmente, la ferrovia riprese a funzionare dopo pochi giorni.

 

Il numero totale di vittime non è noto, ed è praticamente impossibile da calcolare: la popolazione di Dresda nel 1939 contava 642.000 abitanti[1] ma si ritiene che i rifugiati fossero circa 200.000[2]. Secondo alcuni storici, una valutazione verosimile è fra 25.000 e 35.000 morti[3][4], un bilancio non troppo diverso da quello relativo ad altri bombardamenti alleati su città tedesche[5]. Sui registri ufficiali tedeschi risultano 21.271 sepolture; questa cifra però non tiene conto dei cadaveri dispersi o dei corpi disintegrati dalle esplosioni.[6]. Indicativo, in tal senso, il fatto che si siano trovati cadaveri fino al 1966. Altre fonti, ritenute però collegate alla propaganda nazista prima e sovietica poi, parlano di un numero di vittime molto superiore e sicuramente irrealistico (da 150.000 a 300.000). Lo storico britannico Frederick Taylor afferma che tale inesatta informazione ha origine da una falsificazione dei nazisti: alla cifra iniziale venne giunto uno zero allo scopo di fomentare avversione contro gli alleati nei paesi neutrali. [7] Negli ultimi decenni solo pubblicazioni di propaganda neonazista continuano a citare ordini di grandezza di questo tipo.

Nel libro Mattatoio n. 5 dello scrittore americano Kurt Vonnegut (che si trovava a Dresda, come prigioniero di guerra, proprio durante il bombardamento), si riporta la cifra di 135.000 morti.

Due autorevoli enciclopedie (Columbia e Encarta) riportano il dato "da 35.000 a oltre 135.000".

 

Sebbene la potenza di fuoco non fosse di molto superiore a quella usata in altri bombardamenti in Europa, una serie di fattori ne aumentarono l'efficacia: le condizioni favorevoli del tempo, la presenza di numerosi edifici in legno, e i tunnel sotterranei che collegavano molte cantine (e attraverso cui le fiamme si diffusero). Inoltre, Dresda si rivelò assolutamente impreparata all'attacco: non essendo considerata dai tedeschi un possibile bersaglio strategico, disponeva di una difesa contraerea inadeguata.

 

Complessivamente, si stima che i bombardamenti alleati sulle città tedesche nella seconda guerra mondiale causarono circa 400.000 morti fra i civili. Se essi contribuirono alla fine della guerra è una questione controversa.

La reazione tedesca al bombardamento conobbe diverse fasi. Alcuni leader, in particolare Robert Ley e Joseph Goebbels, sostennero che l'azione era criminale e cercarono di usarla come pretesto per abbandonare la Convenzione di Ginevra sul Fronte Occidentale (tentativo che non ebbe successo). La propaganda tedesca comunque fece un gran uso di questo episodio, gonfiando il numero di vittime di un fattore 10 e facendo circolare nei paesi neutrali fotografie di edifici distrutti, persone massacrate e bambini ustionati. Per un caso, il giorno prima del bombardamento la propaganda tedesca aveva iniziato a denunciare l'inglese Arthur Harris come sostenitore del «bombardamento terroristico».

 

Il 16 febbraio, il ministero di Goebbels fece circolare un comunicato stampa in cui si osservava che Dresda non aveva industrie belliche, ed era un luogo di cultura e strutture ospedaliere. Il 25 febbraio fu emesso un nuovo documento con fotografie di bambini bruciati e una stima di morti di 200.000 persone. In realtà nessuno seppe quanti furono veramente i morti, tanto più in un periodo in cui i profughi fuggivano dai territori dell'est occupati dai russi e intasavano la città, con il loro passaggio.

 

Gli stessi tedeschi erano convinti che una città d'arte strategicamente non fondamentale, come Dresda non dovesse mai essere distrutta, tanto che le batterie antiaeree erano state spostate altrove, perciò i bombardieri alleati non trovarono nessuna seria resistenza.

 

Secondo lo storico Frederick Taylor, questa propaganda ebbe un grande successo: sebbene il bombardamento di Dresda fosse per l'opinione pubblica, di per sé, un potenziale motivo di dubbio circa la presunta «superiorità morale» amplificato dalla propaganda di Goebbels.

In una conferenza stampa due giorni dopo i bombardamenti, il commodoro delle forze aeree britanniche Colin McKay Grierson disse ai giornalisti che l'operazione Thunderclap aveva avuto lo scopo di colpire centri popolati e impedire ai soccorsi di venire in aiuto dei civili. Howard Cowan, un corrispondente di guerra della Associated Press, dichiarò che gli alleati avevano fatto ricorso al bombardamento terroristico. Queste dichiarazioni ebbero un lungo seguito di dibattiti e polemiche.

 

I circoli intellettuali britannici mostrarono analoghi segni di preoccupazione. Secondo Max Hastings, i bombardamenti alle città tedesche nel 1945 erano ormai scarsamente rilevanti rispetto all'esito della guerra. Inoltre, Dresda era una città particolarmente cara agli intellettuali europei. Il suo bombardamento, secondo Hastings, fu la prima occasione in cui l'opinione pubblica delle nazioni alleate ebbe motivo di dubitare della linea politica e militare seguita dai propri leader.

 

Lo stesso Churchill, che aveva sostenuto con decisione l'attacco, cercò poco dopo di prendere le distanze dall'accaduto. Il 28 marzo, in una nota inviata per telegramma al generale Ismay, e che avrebbe dovuto diventare ufficiale, scrisse:

« Mi sembra giunto il momento di rivedere la questione del bombardamento delle città tedesche al solo scopo di seminare terrore, sebbene con altri pretesti. »

 

 

Essendo venuto a conoscenza dei contenuti della nota di Churchill, Harris scrisse:

« Assumo che ciò di cui si sta parlando sia qualcosa di questo genere: senza dubbio nel passato i nostri attacchi alle città tedesche erano giustificati. Ma farlo è sempre stato ripugnante, e ora che i tedeschi sono battuti, possiamo astenerci da questi attacchi. »

 

 

Sotto la pressione di Harris e altri, Churchill in seguito cambiò il testo della sua nota:

« Mi sembra giunto il momento di rivedere quello che abbiamo chiamato "bombardamento d'area" delle città tedesche dal punto di vista dei nostri interessi. »

 

Il bombardamento di Dresda è stato oggetto di un lunghissimo dibattito. Voci critiche vengono da tutte le parti politiche, dall'estrema sinistra all'estrema destra. Sia Günter Grass (romanziere tedesco e Premio Nobel per la Letteratura) che Simon Jenkins (un tempo direttore di The Times) hanno esposto la convinzione che il bombardamento debba essere considerato un crimine di guerra. Lo storico Max Hastings critica questa posizione sostenendo che questo porrebbe il bombardamento sullo stesso piano dei (ben peggiori) crimini nazisti; per lui, il bombardamento fu «un tentativo fatto in buona fede, seppure sbagliato, di portare la Germania alla sconfitta militare».

 

Gregory H. Stanton, presidente dell'associazione Genocide Watch, scrisse:

« L'olocausto fu fra i più orribili genocidi della storia. Ma il bombardamento incendiario di Dresda da parte degli alleati, e la distruzione nucleare di di Hiroshima e Nagasaki, furono anch'essi crimini di guerra e, come hanno sostenuto anche Leo Kuper e Eric Markusen, atti di genocidio »

 

 

Anche gli estremisti di destra tedeschi usano il bombardamento di Dresda come simbolo, chiamando «olocausto di bombe» e sostenendo che questo episodio dimostra l'equivalenza morale degli Alleati e dell'Asse.

 

Sebbene l'idea che il bombardamento di Dresda sia stato eccessivo e condannabile è largamente diffusa, la questione se si possa parlare di «crimine di guerra» in senso stretto è molto più controversa.

 

I maggiori argomenti per l'identificazione di un "crimine di guerra" nel bormbardamento del febbraio 1945 si basano sulla considerazione che un attacco di tale violenza ad una città con le caratteristiche di Dresda, non poteva avere altro scopo se non l'uccisione premeditata di civili.

Dresda, fin dal 1944, era una "città aperta", priva di industrie belliche o obiettivi militari strategici. Proprio per questa ragione era uno dei luoghi di concentramento degli sfollati e, paradossalmente, dei prigionieri di guerra alleati. Inoltre, non essendo considerata dagli stessi tedeschi un possibile bersaglio di raid, aveva una difesa antiaerea del tutto inadeguata. Un elemento a favore di questa interpretazione "colpevolista" che viene spesso citato è il fatto che il gerarca nazista Hermann Göring comandante in capo della Luftwaffe, al processo di Norimberga del 1946, sia stato condannato (fra le altre cose) per crimini di guerra connessi ai bombardamenti indiscriminati della città di Londra effettuati a partire dal 1940. Bombardamenti sostanzialmente simili all'azione alleata su Dresda.

 

A queste considerazioni si aggiunge il fatto che, secondo alcuni, nel febbraio del 1945 le forze naziste erano già in ritirata se non addirittura in rotta; di conseguenza, l'obiettivo militare (ostacolare lo spostamento di truppe) era sproporzionato rispetto al costo in vite umane dell'operazione. Inoltre, poiché la Germania stava cedendo, gli Alleati potevano prevedere che i loro attacchi aerei avrebbero avuto effetti sempre più devastanti per la diminuita efficacia delle misure difensive tedesche.

 

Infine, argomenti a favore dell'identificazione del bombardamento con un crimine di guerra si riferiscono all'importanza culturale della città. Dresda (nota come Elbflorenz, la Firenze dell'Elba) era una splendida città e uno dei cuori artistici e culturali d'Europa.

 

Coloro che si oppongono all'identificazione del bombardamento di Dresda come criminale osservano che, nel 1945, non esisteva a livello internazionale alcun trattato, accordo, o convenzione, che regolasse i bombardamenti al fine di proteggere la popolazione civile. L'esercito americano si difende dalle accuse circa i bombardamenti usando, tra l'altro, i seguenti argomenti:

 

1. I raid avevano un obiettivo militare legittimo date le circostanze (la ferrovia)

2. Nella città erano presenti sufficienti unità militari e difese antiaeree per impedire di classificarla come «indifesa»;

3. I raid non usarono mezzi o modi straordinari; furono simili a quelli intrapresi contro altri obiettivi simili;

4. I raid furono condotti seguendo il normale iter di comando delle forze armate;

5. Gli obiettivi militari furono raggiunti senza un «eccessivo» costo di vite umane.

 

Il generale George C. Marshall sostenne che l'attacco era necessario per impedire i rinforzi nazisti. Dresda, precedentemente attaccata in modo solo parziale, costituiva un nodo importante di comunicazione ancora funzionante nel cuore della Germania. Inoltre, l'intelligence americana aveva prove che era nelle intenzioni dei tedeschi attivare la produzione bellica nella città. Ancora, la città ospitava un centinaio di industrie che, sebbene non direttamente capaci di produrre armamenti, rifornivano l'esercito tedesco con materiale di altro genere (due esempi sono la Zeiss-Ikon e la Siemens AG che, secondo gli Alleati, costruivano binocoli per l'esercito; altre industrie costruivano maschere a gas, componenti usati nei caccia Messerschmitt, e altro).

 

 

 

 

 

Note

 

1. ^ Analisi storica del bombardamento di Dresda, 14-15 febbraio Preparato dalla USAF Historical Division Research Studies Institute Air University, II. Sezione "The Immediate Consequences of the Dresden Bombings on the Physical Structure and Populace of the City". (backup site) paragrafo 28.

2. ^ Dresden: Tuesday, February 13, 1945 di Frederick Taylor, pg. 262-266, vedi bibliografia

3. ^ Dresden im Luftkrieg: Vorgeschichte-Zerstörung-Folgen di Götz Bergander, vedi bibliografia

4. ^ The Bombing of Dresden in 1945:Falsification of statistics, di Richard J. Evans, professore di storia moderna all'università di Cambridge.

5. ^ Analisi storica del bombardamento di Dresda, 14-15 febbraio Preparato dalla USAF Historical Division Research Studies Institute Air University, II. Sezione "The Immediate Consequences of the Dresden Bombings on the Physical Structure and Populace of the City".

6. ^ The Bombing of Dresden in 1945, di Richard J. Evans, professore di storia moderna all'università di Cambridge.

7. ^ DIE ZEIT, 10 febbraio 2005, no, 8

 

 

Bibliografia

 

* Taylor, Frederick. Dresden: Tuesday, February 13, 1945.

* US review, Pub (NY): HarperCollins, ISBN 0060006765.

* UK review, Pub (Lon): Bloomsbury. ISBN 0747570787.

* "The Bombers" by Norman Longmate, Hutchins & Co, (1983), ISBN 0091515087,

* Antony Beevor, Berlin: the Downfall, 1945. ISBN 0670886955

* Statistisches Handbuch von Deutschland: 1928–1944. München 1949 (Quelldaten zur militärischen Bedeutung Dresdens)

* Wolfgang Schaarschmidt: Dresden 1945. Herbig

* Götz Bergander: Dresden im Luftkrieg – Vorgeschichte, Zerstörung, Folgen. Flechsig Würzburg (Sonderausgabe), 2. erweiterte Auflage 1998, ISBN 3881892397

* Götz Bergander: Vom Gerücht zur Legende. Der Luftkrieg über Deutschland im Spiegel von Tatsachen, erlebter Geschichte, Erinnerung, Erinnerungsverzerrung. In: Thomas Stamm-Kuhlmann u.a. (Hrgb.): Geschichtsbilder. Festschrift für Michael Salewski zum 65. Geburtstag, Stuttgart 2003

* Axel Rodenberger: Der Tod von Dresden. Bericht vom Sterben einer Stadt in Augenzeugenberichten. Berlin (Neuauflage) 1995

* Frederick Taylor: Dresden, Dienstag, 13. Februar 1945. Militärische Logik oder blanker Terror? Bertelsmann, München, Dezember 2004, ISBN 3570006255

* Matthias Neutzner (Hrsg.): Ausstellung Lebenszeichen – Dresden im Luftkrieg 1944/45. Dokumentation der Ausstellung vom August 1989 bis April 1990. Dresden 1991.

* Jörg Friedrich: Der Brand. Deutschland im Bombenkrieg 1940–1945. Ullstein-Heine-List, München 2002, ISBN 3548604323

* Helmut Schnatz: Tiefflieger über Dresden? Legenden und Wirklichkeit. Con prefazione di Götz Bergander. Köln/Weimar/Wien 2000, ISBN 3412136999

* Gunnar Schubert: Die kollektive Unschuld. Wie der Dresden-Schwindel zum nationalen Opfermythos wurde. Konkret texte 42, 2006, ISBN 3930786478

* Wolfgang Schaarschmidt: Dresden 1945. Herbig

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