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"Colpire al cuore il polipo giapponese" di A. P. De Seversky


Ospite galland

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NOTA

La principale preda ottenuta dalla 111 mostra filatelica di Verona (di un carniere in verità povero…) è un numero della rivista “L’Ala d’Italia – pubblicazione quindicinale dell’Aviazione Fascista nata per volontà di Mussolini nel 1919” del settembre 1942. Quindi all’inizio della fase discendente delle fortune belliche dell’Asse. La rivista è riccamente illustrata, in copertina una bella foto a colori del Nardi Fn. 315 I-PURE ; si tratta dell’esemplare biposto dell’addestratore dotato di motore Hirt HM.508 C da 230 cv., portato validamente dal comandante Zappetta nel luglio 1939 al IV Avio Raduno del Littorio.

Diversi gli articoli degni di attenzione di cui riporto per primo quello di del grande pilota, progettista e industriale americano Alexander P. De Seversky.

Quanto De Seversky afferma in fatto di aviazione è quasi visionario, si pensi che proprio in quegli anni, sotto l’incalzare degli eventi bellici, veniva impostato il colossale bombardiere transcontinentale B36, che proprio come descritto dall’autore avrebbe potuto colpire, da basi situate negli USA il continente europeo, allora, ad eccezione della Gran Bretagna sotto il tallone di una trionfante Germania nazionalsocialista.

E non si dimentichi come proprio all’inventiva russa è dovuto il primo velivolo quadrimotore, progettato e costruito in quella nazione nel 1914.

Rendiamo, comunque, alcuni organici cenni biografici su questa straordinaria personalità.

 

APPUNTI BIOGRAFICI

De Seversky Alexander P. (1894 – 1974)

Pilota navale russo naturalizzato americano. Giunto negli Stati Uniti nel 1918, al seguito di una missione militare, De Seversky, dopo aver disertato a seguito della Rivoluzione d’ottobre, divenne collaudatore d’aerei e consulente di Billy Mitchell. Fondò quella che sarebbe divenuta la Republic Aircraft. All’inizio degli anni quaranta, De Seversky sostenne che gli Stati Uniti sarebbero stati in grado di vincere la guerra per mezzo del potere aereo e, in particolare, grazie alla costruzione di un aereo a grande raggio.

Utilizzando una proiezione cartografia a coordinate polari illustrò come il controllo aereo degli Stati Uniti, incentrato su una “superfortezza a prova di bomba”, si estendesse per un raggio offensivo di 6000 miglia e difensivo di 3000 miglia. Nel 1950 pubblicò il testo “Air Power”, contenente la sua visione geopolitica del mondo, basata sulla divisione delle aree di “dominio aereo” fra il Vecchio Mondo e il Nuovo Mondo, dove esisteva una zona di sovrapposizione comprendente il Nord America,, l’Europa, il Nord Africa e il Medio Oriente, a disposizione di chiunque fosse riuscito, attraverso una guerra aerea totale, ad ottenere il dominio assoluto dell’aria.

Successivamente le sue concezioni versarono verso un netto isolazionismo, in base alla quale per gli USA, “l’unica speranza sarebbe stata quella di far diventare il suo territorio una base invincibile da cui poter attaccare ogni altro luogo del mondo”. Frase che può essere letta come anticipazione dell’Iniziativa di Difesa Strategica (altrimenti noto come “Guerre Stellari”)lanciata dal Presidente Reagan .

(Elaborazione della Relativa voce del “Dizionario di Geopolitica” a cura di John O’Loughlin Asteiros Editore, Trieste 2000)

 

 

“COLPIRE AL CUORE IL POLIPO GIAPPONESE”

 

Alessandro De Seversky – che accoppia la genialità del progettista, dell’industriale e del pilota – si affanna, sulla stampa anglosassone, a indicare la via maestra che i dirigenti politici e militari americani dovrebbero percorrere, per arrivare a “frantumare” il Giappone che egli paragona ad un grosso polipo. Il De Seversky paventando la potenza giapponese espone cosa l’America dovrebbe fare nel campo aereonautico per giungere alla vittoria che oggi l’Autore dell’articolo ritiene impossibile. Ma in questi suggerimenti di gigantesche costruzioni aeree si fiuta un po’ troppo l’odore del “dollaro”. L’opinione di De Seversky è veramente spassionata.

 

Gli Stati Uniti sono soprattutto la terra dell’aereonautica: posseggono infatti le risorse naturali, il genio creativo e la capacità di produzione necessarie per arrivare all’incondizionata superiorità dell’aria. Ma non compiranno il loro destino fino a quando non sarà stata creata l’organizzazione necessaria per questo loro sviluppo e finché non sarà fondato un ministero dell’Aria unificato, separato e autonomo, fino a quando non avremo affidato la nostra più importante strategia a cervelli attrezzati per la guerra aerea.

L’ironia della nostra guerra col Giappone sta in questo: prescindendo dalla nostra incursione su Tochio abbiamo dovuto affrontare il nemico nelle Filippine e nelle Indie Olandesi che, in termini di rotte sicure di rifornimento rappresentano distanze da 7000 a 12.000 miglia. E questo ad onta del fatto che il nemico vive solo a una frazione di queste distanze dalla nostra porta di servizio: a 3000 miglia dall’Alasca e a circa 2000 miglia soltanto dalle isole Aleutine.

Per rendervi pienamente conto dl quadro strategico, immaginate il Giappone come un grande polipo. Il suo corpo e i suoi organi vitali sono nelle isole nipponiche propriamente dette, i suoi tentacoli si allungano per migliaia di miglia fino dentro la Cina, la Malesia, le Indie Olandesi, le Isole Filippine, Guam e Wake. E mentre scrivo un altro tentacolo si sta allungando verso l’Australia.

Se colpiremo al cuore questo mostro dilagante, se colpiremo cioè il Giappone stesso e lo metteremo fuori combattimento, tutti i tentacoli immediatamente ricadranno, paralizzati; allentando la loro stretta intorno alle vittime schiacciate o che ancora si dibattono.

Ma poiché a noi sono mancate la preveggenza e l’audacia rivoluzionaria indispensabili per preparare la strategia e le armi appropriate, attualmente ci rimane solo l’alternativa di attaccare i tentacoli ad uno da uno.

 

GUARDIAMO IN FACCIA I FATTI

Non è impossibile che questa nostra strategia indiretta enormemente costosa possa anche finire col farci vincere. Il nemico, come noi stessi, non ha completamento sviluppato le potenzialità di questa nuova arma. Finché ci saranno linee di comunicazione con l’Estremo Oriente fuori dalla portata dell’aviazione giapponese, potremo continuare a rinforzarci alle estremità dei tentacoli nipponici, a distanze che vanno dalle otto alle dodicimila miglia.

Non è disfattismo, ma comune buon senso, prevedere la possibilità della nostra completa espulsione dal Pacifico del Sud. Quale sarebbe, in questo caso, il nostro piano d’azione?

La strategia ideata dai nostri capi attuali dell’Esercito e della Marina può venir giudicata dal genere di costruzioni nelle quali si stanno prodigando bilioni di dollari stanziati per la nostra difesa; è implicita negli eserciti giganteschi e nelle enormi quantità di forze terrestri meccanizzate progettate, nonché dal gigantesco programma di costruzioni navali.

Ma questo sistema altro non è se non l’antica strategia su una scala più vasta. Il piano di nostri capi è evidentemente quello di recuperare il terreno perduto miglio a miglio, di riconquistare insomma l’intero Pacifico.

 

UN PIANO SBAGLIATO

Affermo che un piano simile è privo di senso. Dobbiamo dimenticare la strategia che è fallita e prepararci adesso per attaccare direttamente al cuore il nostro nemico.

Secondo me i bombardamenti da portaerei (l’incursione su Tochio fu probabilmente eseguita così) non costituiscono un attacco diretto.

Concedete ai nostri ammiragli e ai nostri generali tutto quello che chiedono per organizzare la presente fase del conflitto. Essendo stati colti purtroppo senza cannoni, dobbiamo, si, sfruttare nel miglior modo possibile armi più primitive. Ma questo non deve farci rimandare di un giorno o di un’ora la costruzione di armi nuove.

Se anche una frazione del materiale, del lavoro e dell’energia dedicati ora all’ingrandimento delle vecchie armi fosse invece assegnato a un’autentica aviazione, se il nostro inoperoso genio aereonautico venisse completamente sfruttato, noi potremmo costruire il meccanismo e perfezionare l’organizzazione di una rapida vittoria.

Sono certo di parlare a nome di una soverchiante maggioranza di aviatori proponendo che ci si accinga immediatamente alla costruzione di aeroplani a grande autonomia per le operazioni contro il Giappone vero e proprio, cioè contro il cuore del polipo. Questi aeroplani ci permetteranno di attaccare prima dall’alasca e dalle Aleutine, poi da basi sulla costa del Pacifico, del Canadà e degli Stati Uniti. Il successo di questa strategia diretta risolverebbe automaticamente tutti i nostri problemi militari nelle zone del Pacifico fuori del Giappone. Le nostre vittorie nei cieli al disopra del Giappone annullerebbero tutto ciò che il Giappone ha fatto o potrebbe fare fuori dai suoi confini.

Le armi per attaccare direttamente le isole giapponesi sono completamente realizzabili e alcuni esempi ne esistono già.

Raccomando specialmente il progetto e la costruzione di una flotta di super-bombardieri con una autonomia di 8000 miglia inglesi e capaci di trasportare 18 tonnellate di bombe.

Il Giappone è in un raggio di 3000 miglia dall’Alasca. Un’armata aerea come quella che suggerisco, avrebbe un margine adeguato di autonomia per operare sui centri industriali giapponesi, farvi cadere le sue bombe e ritornare alle basi dell’Alasca.

Siamo abituati alle “Fortezze Volanti”, la cui autonomia di 3500 miglia ci sembrava enorme qualche anno fa. I nuovi superbombardieri cesseranno, appena messi in costruzione, di sembrare il sogno di un visionario.

Credo anche necessari veri apparecchi da combattimento – incrociatori aerei, - equipaggiati con capacità di fuoco superiori, con corazza e velocità adeguate al compito di proteggere i bombardieri moderni, e un’autonomia eguale a quella dei super-bombardieri, che dovrebbero raggiungere da ultimo le 15.000 miglia. In aggiunta ala loro carico di bombe, i bombardieri dovrebbero anche possedere un alto grado di potere combattivo.

Tutto questo renderebbe possibile di attaccare per via aerea il Giappone, non solo dall’Alasca ma direttamente dalla terraferma americana. Apparecchi da combattimento di protezione si aggiungerebbero alle forze attaccanti levandosi dall’Alasca e dalle Aleutine quando la flotta aerea da combattimento sorvolerebbe queste regioni diretta in Giappone.

 

IL PRIMO COMPITO

Questa nuova strategia esige un’organizzazione autonoma, così che lo sviluppo delle idee e dell’equipaggiamento non venga ostacolato dai pregiudizi e dalle timidezze dei vecchi bonzi navali e militari.

Una nuova organizzazione perché sorga una forza aerea singola e autonoma è essenziale non solo per poter realizzare incursioni aeree contro il Giappone, ma anche per lo sfruttamento più efficace dell’equipaggiamento e degli apparecchi già progettati.

La prima cosa che dovrebbe fare il nuovo ministero sarebbe di liberare la nostra aviazione dalla sua vecchia dipendenza dai trasporti di superficie. E’ ridicolo che i nostri apparecchi debbano essere ancora oggi smontati e caricati su navi, poi trascinati attraverso vaste zone di oceano sotto la paura costante di attacchi sia di navi che di sottomarini e di apparecchi nemici.

Non sarebbero necessarie modificazioni molto complicate per adattare la maggior parte degli apparecchi da caccia o da inseguimento già in servizio o in cantiere per portare la loro capacità di volo continuato almeno a 3000 miglia, e tutti i bombardieri esistenti potrebbero essere equipaggiati con un’autonomia addizionale di emergenza.

E’ stata approvata la costruzione, per i prossimi due anni, di circa 200.000 aeroplani. Se la maggior parte dei caccia o degli aerei da inseguimento progettati o già costruiti fossero equipaggiati con una autonomia di emergenza di almeno 3000 miglia, campi di operazione che ora ci sono chiusi si aprirebbero improvvisamente.

Ricapitoliamo: 1) la fondazione di un ministero dell’Aviazione separato e autonomo, alla pari con quello della Marina e dell’Esercito mi sembra oggi urgente;

2) le forze aeree di cui disponiamo, se utilizzate da aviatori liberi dalle dominazioni dell’esercito e della marina, devono anche venir modernizzate e rese più efficienti, qualunque sia la strategia adottata;

3) dobbiamo cominciare immediatamente a prepararci a una guerra aerea realmente moderna ostruendo i necessari apparecchi a grande autonomia per attaccare il nemico sul suo stesso territorio, partendo direttamente dalle nostre basi principali.

 

LA DIFFERENZA SI STA COLMANDO

Il nostro potenziale aereo, se confrontato con quello del Giappone, è così chiaramente superiore che la vittoria nella competizione aereonautica ci è assicurata.

Ma dobbiamo tener presente, tuttavia, che la differenza si sta colmando rapidamente a misura che i giapponesi s’impadroniscono delle fonti di materie prime dei mari meridionali della Cina. Dopo la conquista delle Indie Orientali, il loro potenziale è stato fortemente accresciuto. Tanto più è importante per l’esito di questa gara di supremazia aerea la nostra attuale condotta, quando il vantaggio è ancora prevalentemente dalla nostra parte.

La gara potrebbe svolgersi domani quasi tra eguali, mentre oggi il nostro margine è d’importanza decisiva.

 

ALESSANDRO DE SEVERSKY

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Ospite intruder
NOTA

La principale preda ottenuta dalla 111 mostra filatelica di Verona (di un carniere in verità povero…) è un numero della rivista "L'Ala d'Italia – pubblicazione quindicinale dell'Aviazione Fascista nata per volontà di Mussolini nel 1919" del settembre 1942. Quindi all'inizio della fase discendente delle fortune belliche dell'Asse. La rivista è riccamente illustrata, in copertina una bella foto a colori del Nardi Fn. 315 I-PURE ; si tratta dell'esemplare biposto dell'addestratore dotato di motore Hirt HM.508 C da 230 cv., portato validamente dal comandante Zappetta nel luglio 1939 al IV Avio Raduno del Littorio.

Diversi gli articoli degni di attenzione di cui riporto per primo quello di del grande pilota, progettista e industriale americano Alexander P. De Seversky.

...

 

ALESSANDRO DE SEVERSKY

 

 

Sai se questi studi sono antecedenti o posteriori alle osservazioni del generale Bill Mitchell sul pericolo giapponese?

Modificato da -{-Legolas-}-
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Ospite galland

risposta: lo studio è del 1942, percò successivo a quelli di Mitchell.

Per ciò che concerne la grammatica, sintassi, etc. si tenga sempre presente che trascrivo fedelmente il testo originale: perciò ho scritto Alasca e non Alaska e così via. La parola polipo era utilizzata nell'edizione originale, da me riportata. Parola per parola. gli errori o gli arcaicismi linguistici o di toponimi sono responsabilità degli autori.

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Ospite intruder
Seversky lo conoscevo come il "padre alla lontana" del P-47, lo considero una personalità nel mondo dell'aviazione... geniale.

 

http://en.wikipedia.org/wiki/Alexander_de_Seversky

 

 

Disprezziamo gli slavi, ma Seversky, Sikorsky e Tesla hanno fatto la Storia. Per la cronaca anch'io lo conoscevo come il padre del P47.

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Disprezziamo gli slavi, ma Seversky, Sikorsky e Tesla hanno fatto la Storia. Per la cronaca anch'io lo conoscevo come il padre del P47.

 

da quel che ne so la Republic ha sostituito la Seversky come ditta ma continuando lo stile produttico(tozzi,robusti etc...)ma il padre del Thunderbolt è Alexander Kartveli,lo stesso progettista del Thud

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Ospite intruder
da quel che ne so la Republic ha sostituito la Seversky come ditta ma continuando lo stile produttico(tozzi,robusti etc...)ma il padre del Thunderbolt è Alexander Kartveli,lo stesso progettista del Thud

 

 

Kartveli e Seversky, hanno progettato insieme il P47, mentre l'F84 e il 105 sono creature di Kartveli.

 

http://en.wikipedia.org/wiki/Alexander_Kartveli

 

http://en.wikipedia.org/wiki/P-47_Thunderbolt

Modificato da intruder
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Ospite galland

Esatto! Da cui, peraltro, l'ingegner Longhi si ispirò largamente per il Reggiane Re. 2000, capostipite di una importante serie di caccia italiani (Re. 2001, 2002, 2005 solo per riferirsi a quelli di cui si intraprese la produzione).

Analogie e differenze, esteriori, tra i due velivoli sono chiaramente apprezzabili.

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Ospite iscandar
Esatto! Da cui, peraltro, l'ingegner Longhi si ispirò largamente per il Reggiane Re. 2000, capostipite di una importante serie di caccia italiani (Re. 2001, 2002, 2005 solo per riferirsi a quelli di cui si intraprese la produzione).

Analogie e differenze, esteriori, tra i due velivoli sono chiaramente apprezzabili.

allora ricordavo bene, volevo scriverlo ma nel dubbio ho soprasseduto

nel disegno seguente si possono intravedere le similitudini

re2000_3v.jpg

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Ospite galland

A proposito della ascendenza del Reggiane 2000 trascrivo il testo riguardante tale velivolo contenuto in “Dimensione cielo aerei italiani nella Seconda Guerra Mondiale” volume 1:

“l’ultimo velivolo della nuova generazione di macchine destinate alla Regia Aereonautica, è il Reggiane Re. 2000. Ne sono progettisti Roberto Longhi ed Antonio Alessio. Il primo, nel 1936, è a capo dell’Officina Sperimentale Reggiane. Nello stesso anno si reca negli Stati Uniti, per un lungo soggiorno di studio. Il rientro in Italia avviene nel febbraio 1938 ed in tale occasione egli diventa direttore dell’Ufficio Progettazione Reggiane. L’aria americana è stata oltremodo salutare, per il progettista. Egli si applica alla realizzazione del nuovo caccia e riesce a formulare una macchina completamente nuova rispetto agli standards dell’industria aereonautica italiana dell’epoca. L’unico aspetto sorprendente della vicenda è la notevole somiglianza del progetto Longhi con il caccia americano Republic-Seversky P.35. oltre ad una analogia formale, vi è coincidenza tra gli stessi dati geometrici dei due velivoli. Rispetto al caccia americano, il Re. 2000 presenta alcuni interessanti sviluppi. E’ innanzitutto molto meglio affrontata l’aerodinamica in due punti , ossia l’innesto sulla cellula del grosso motore radiale, ed il tettuccio dell’abitacolo con relativa soluzione di raccordo alla fusoliera. Anche interessante la soluzione adottata per la retrazione del carrello. Nel caso del Reggiane, essa avviene per rotazione all’indietro, ma dopo che la ruota si dispone per entrare di piatto, nell’apposito vano alare.”

 

Una più ampia trattazione del tema è contenuto nel volume di Nino Arena sui caccia della “serie zero” edito dalla Stem Mucchi.

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  • 3 settimane dopo...
Ospite galland

La mia biblioteca si è arricchita di un’opera di pregio: “Storia generale della guerra in Asia e nel Pacifico (1937 – 1945) del Prof. Alberto Santoni in tre volumi, edito nel 1978/9 per i tipi della “Stem – Mucchi – Modena”, casa editrice scomparsa e “benemerita” ad appassionati di storia militare ed aviazione.

Molti gli elementi d’interesse di un lavoro di cui si attende ormai da tempo la ristampa.

Propongo questo breve passo, che va a collegarsi al discorso fatto dal De Seversky nel suo articolo.

 

Volume terzo “La vittoria alleata”, parte seconda “Il crollo del Giappone” Capitolo I “Il cerchio si stringe” (Gennaio – Agosto 1945) capoverso 4 “Le disperate incursioni giapponesi sul territorio americano”, pagina 211/2.

 

Rimase in vita sino al termine delle ostilità anche un programma di bombardamento strategico degli Stati Uniti ad opera del progettato enorme bombardiere esamotore giapponese Nakajiama G10 N1 Fugaku, capace di attraversare tutto il Pacifico alla velocità di 680 Km/h e a quote superiori ai 10.000 metri. Questo meraviglioso velivolo, alla cui realizzazione operarono congiuntamente l’Esercito e la Marina, avrebbe dovuto pesare a pieno carico 160 tonnellate, avere 40 metri di lunghezza e 63 metri di apertura alare. La sua difesa era affidata a quattro cannoncini da 20mm. e il peso del suo armamento di caduta variava dalle venti alle cinque tonnellate di bombe, a seconda della durata della missione. Una delle principali sventure del Giappone fu costituita proprio dal mancato approntamento di questa mostruosa macchina volante in tempo utile per partecipare alla guerra.

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:offtopic: Da un punto di vista linguistico polipo e polpo sono la stessa cosa: un mollusco.

La prima variante invece è usata indifferentemente per cefalopodi, celenterati e neoformazioni delle mucose.

C'è un'ambiguità, ma non è un fatto raro; eppure qualcuno si è impegnato, con successo, ad inculcare l'idea (sbagliata) che un polipo possa essere tutto fuorché un mollusco... Strano che nessuno faccia propaganda per togliere l'insana abitudine di definire "costa" qualcosa che ricorda le spiagge, invece che la gabbia toracica!

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Ospite galland

Ringrazio Iscandar per la puntuale, pertinente aggiunta.

Domani posterò la comparazione dei dati dell'esamotore giapponese con quelli del Boeing B.29, contenuti nel primo volume dell'opera del Prof. Santoni.

Credo di poter aggingere sull'argomento ancora qualche parola: è, a mio parere, molto dubbio che il Giappone potesse costruire, immettere in servizio e mantenere una consistente linea operativa di tal genere di veivoli; pur senza avere dati statistici intorno all'impegno industriale americano in relazione al B.29 ritengo che, all'epoca, solo gli USA potessero sostenere un tal genere di programma industriale, fatto sempre salvo che si sarebbe sempre trattato di addestrare un cospicuo numero di piloti in grado di pilotare tali macchine.

Sui problemi connessi hai primi voli trascontinentali si legga presso questa sezione del forum "In volo sull'Heartland".

Modificato da galland
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Ospite iscandar
:offtopic: Da un punto di vista linguistico polipo e polpo sono la stessa cosa: un mollusco.

La prima variante invece è usata indifferentemente per cefalopodi, celenterati e neoformazioni delle mucose.

C'è un'ambiguità, ma non è un fatto raro; eppure qualcuno si è impegnato, con successo, ad inculcare l'idea (sbagliata) che un polipo possa essere tutto fuorché un mollusco... Strano che nessuno faccia propaganda per togliere l'insana abitudine di definire "costa" qualcosa che ricorda le spiagge, invece che la gabbia toracica!

per il polipo è anche quello dei coralli...

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