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Afghanistan - Topic ufficiale


Thunderalex

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Non vi sembra eccessivo parlare di sostituzione totale(ammesso che intendano questo) dei Lince. Il VLTM si è fino all'ultimo attentato ha dimostrato di offrire un protezione adeguata agli occupanti del mezzo e penso che con alcune modifiche potrebbe ridurre i rischi per il mitragliere in ralla in caso di ribaltamento? Cosa ne pensate?

 

Una domanda: montare le torrette remotizzate rispetto al trasferimento dei Freccia tenendo conto di tempi(di installazione di uno e trasferiemento/addestramento dell'altro), costi e valore aggiunto al mezzo(nel caso del Lince) non sarebbe più vantaggioso?

 

Una cosa è certa, con l'aumento esponenziale degli attacchi per quantità e potenza i Freccia (come i 2 Mangusta) saranno di certo i benvenuti.

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Bossi chiama, Ilvio risponde :adorazione: :adorazione:

 

Afghanistan, l'ipotesi di Berlusconi

"Exit strategy dopo le elezioni"

 

Afghanistan, l'ipotesi di Berlusconi "Exit strategy dopo le elezioni"

ROMA - "Solo dopo le elezioni in Afghanistan potremo pensare attentamente a una exit strategy dal Paese ma solo concordata con gli altri partner". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante il cocktail di saluto ai senatori del Pdl presso la terrazza Caffarelli a Roma.

 

"Ci aspettavamo una recrudescenza degli scontri in prossimità delle elezioni e così è stato", ha aggiunto il premier. Riferendosi poi alle tensioni all'interno del governo dopo la battuta di Bossi sulla necessità di "riportare a casa" i soldati italiani e la successiva intervista di Calderoli a Repubblica in cui il ministro leghista metteva in questione anche le altre missioni italiane all'estero, il premier ha voluto smorzare i toni: "Chi di noi non vorrebbe - ha concluso Berlusconi - che i nostri soldati tornassero a casa? Ma i giornali devono riempire le pagine e guardate cosa è successo quando Bossi ha fatto una battuta, ma noi dobbiamo essere là e far crescere una democrazia".

 

http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/e...sconi-exit.html

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Bossi fa il parafulmine, se fosse partito Silvio a dire che è necessario pensare di tornare dall'Afghanistan da dopo le elezioni, si tirava dietro un mare d'insulti.

 

Così almeno ha la scusa di dire che risponde a una faccenda sollevata dal leader leghista.

 

Quelli mangiano alla stessa tavola, non gli interessa di niente.

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L'Italia in Afghanistan (a differenza che, a suo tempo, in Iraq) è impegnata in ambito Nato; ergo farà, come è giusto che sia, quello che la Nato deciderà.

 

Qualsiasi altra considerazione è pura speculazione a fini di politica interna.

 

Diversa è la situazione dell'inutile e costosa, oltre che, potenzialmente, molto più pericolosa, missione in Libano: sarà sempre troppo tardi, il momento in cui sarà presa la decisione di andarsene!

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Penso che prima dell'Afganistan si possa pensare di lasciare il Libano.

 

Il fatto è che in A-stan ci si gioca la faccia e voti(in molti casi da perdere). Non serve una exit strategy ma coraggio e determinazione per andare avanti, chiudere la partita e stabilire un governo auto-sufficiente per dare a quel paese una relativa tranquillità evitando di vanificare il lavoro fatto fino ad oggi.

 

EDIT Leggo solo ora il messaggio di Picpus che quoto

Modificato da Hicks
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Scusate, tanta caciara perchè a parlare di wxit strategy è stato Berlusconi...ma se non ricordo male il primo a dire che avrebbe ritirato le truppe dall' afghanistan, che parlò di exit strategy, che era ora che i soldati smettessero di morire inutilmente in medio oriente e cose simili è stato Obama.

 

Cos'è Obama può e Berlusconi no??? Mi sembra alquanto ridicola la cosa e mi pare la solita sterile polemica montata tanto per dare addosso a berlusconi.

 

Calderoli ha detto queste esatte parole: "Andiamo fino in fondo. Rispettiamo gli impegni presi. Ma non illudiamoci che l'intervento sarà risolutivo. L'Europa e l'occidente, però, ripensino la strategia perché non credo che otterremo risultati".

 

Berlusconi queste: "Solo dopo le elezioni in Afghanistan potremo pensare attentamente a una exit strategy dal Paese ma solo concordata con gli altri partner

 

Cosa ci trovate di male nel decidere con gli altri paesi nato la strategia e i tempi per il ritiro??? se l'avesse fatto Obama stareste li tutti a bearvi della sua saggezza.

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Nessuno ci vede niente di male Venon, è giusto che le decisioni vengano prese, e sono gia state prese, di concerto con gli alleati.

 

Visto che tappare la bocca a Bossi non si può, mi piacerebbe sapere cosa gli passava per la testa quando vi ha dato fiato, a parte le considerazioni paterne che La Russa gli ha giustamente attribuito, se questa è politica allora io qui fra i miei colleghi sono Primo Ministro, lo so anche io che sarebbe bello vedere i nostri a casa. Ma era proprio necessario che Bossi parlasse? Non aveva niente di meglio da fare? Loro lo sanno che parlando davanti alle telecamere si aspettano delle reazioni, lo sanno quando è ora di parlare e che parole usare, altrimenti non sarebbero ai vertici della nostra politica, non ti pare? Allora mi domando che bisogno c'era di buttare il sasso e tirare indietro la mano. IMO per dare la scusa al "paparino" di passare a sculacciare e dire: "Non si fa, se fa il bravo dopo (le elezioni) giochi." :asd:

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Scusate, tanta caciara perchè a parlare di wxit strategy è stato Berlusconi...ma se non ricordo male il primo a dire che avrebbe ritirato le truppe dall' afghanistan, che parlò di exit strategy, che era ora che i soldati smettessero di morire inutilmente in medio oriente e cose simili è stato Obama.

 

Cos'è Obama può e Berlusconi no??? Mi sembra alquanto ridicola la cosa e mi pare la solita sterile polemica montata tanto per dare addosso a berlusconi.

 

Calderoli ha detto queste esatte parole: "Andiamo fino in fondo. Rispettiamo gli impegni presi. Ma non illudiamoci che l'intervento sarà risolutivo. L'Europa e l'occidente, però, ripensino la strategia perché non credo che otterremo risultati".

 

Berlusconi queste: "Solo dopo le elezioni in Afghanistan potremo pensare attentamente a una exit strategy dal Paese ma solo concordata con gli altri partner

 

Cosa ci trovate di male nel decidere con gli altri paesi nato la strategia e i tempi per il ritiro??? se l'avesse fatto Obama stareste li tutti a bearvi della sua saggezza.

 

c'e' una differenza non piccola, Venom: gli USA sono quelli che decidono il da farsi, e il loro Presidente ha 'deciso', poi vediamo se sbagliando o no, una strategia diversa. Ma, ripeto, lo ha deciso lui. Che e' il padrone.

 

Da noi fino a ieri l'altro, tutti compatti. Poi, Bossi apre bocca, tutti a dire NOOO, e due giorni dopo arriva la rettifica 'si, ci pensiamo, in effetti...'.

 

Ecco, non danno esattamente l'idea di avere le idee chiare sul da farsi. Questo mi pare evidente.

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...

Ecco, non danno esattamente l'idea di avere le idee chiare sul da farsi. Questo mi pare evidente.

Se tu conosci qualcuno che, sull'intero globo terracqueo, abbia le idee chiare sul da farsi in Afghanistan, fuori il nome: è come beccare il 6 al SuperEnalotto!!!

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Picpus, io la facevo molto piu' semplice: la cronologia e':

 

- 3 giorni fa, tutti d'accordo con la missione

- Bossi dice 'tutti a casa'

- tutti dicono: NO ASSOLUTAMENTE, BISOGNA RESTARE

- ieri, viene detto 'pensiamoci, ma dopo le elezioni'

 

in 3 giorni, mi pare che sia radicalmente cambiato il pensiero. E anche la strategia.

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Per me una cosa che si potrebbe fare è comprare a ptezzo buono TUTTA la produzione di oppio afghana, pagandolo coinvolgendo pure gli anziani del luogo, per usarla nella produzione di morfina e di anestetici da interventi chirurgici. senza oppio i Talibani non possono comprare armi e munizioni (contando che se loro comprano qualcuno l deve pur vendere) e non possono, mi spiace dirlo, tentare di corrompere chi cerca di ontrastarli.

Tempo fa c'era stato un rapporto "riservato" su quanto successo avessero avuto questi tentativi di corruzione a tutti i livelli, e su come se non si toglie l'oppio sarebbe stato molto difficile" eradicare il terrorismo dall'Afghanistan

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Simone legalos , gli usa e l'onu hanno pensato anche a questo .

il fatto è che ci si è accorti che non era prarticabile per i seguenti motivi :

1) il fabbisogno di oppi farmaceutico è 100 volte inferiore alla produzione illegale

2)si sarebbe finito per incentivare una produzione che rende i contadini dipendenti dei signori della guerra locali (l'oppio non si mangia)

3)infine si sarebbe finito proprio per finanziare i taliban o i signori della droga acquistando noi il loro oppio

 

alla fine è molto più efficente spendere la stessa cifra incentivando coltivazioni alternative ma , questo lo devi imporre con la forza oltre a proteggere i contadini che non producono oppio

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Dal sito "Congedati Folgore", http://www.congedatifolgore.com/ ,

 

 

eccovi il link allo "Speciale sulla 'Folgore' in Afghanistan":

 

http://www.congedatifolgore.com/afghanistan/news/

 

 

ed il link al canale video di "Congedati Folgore" su "YouTube":

 

http://www.youtube.com/congedatifolgore .

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Buongiorno a tutti, eccovi l'intervista al ministro della Difesa La Russa sul Corriere.it.

 

La Russa: «In Afghanistan i Tornado possono sparare»

Il ministro: «Chiedo ai magistrati di sbloccare i blindati Lince»

 

ROMA — «Rivolgo un ap­pello ai magistrati affinché il tempo di sequestro dei blinda­ti 'Lince' sia ridotto al mini­mo », dice Ignazio La Russa. In un’intervista al Corriere , il ministro della Difesa affronta alcuni degli aspetti più contro­versi e delicati della missione militare in Afghanistan, della quale i sigilli giudiziari ai mez­zi italiani danneggiati dalle bombe talebane sono un indi­ce. Fino a che punto si può far finta che una missione chia­mata «di pace» non sia in un territorio di guerra? A quali norme devono essere sottopo­sti i nostri militari? Quanti ri­belli sono stati uccisi dai sol­dati italiani? Tra il codice mili­tare di pace applicato attual­mente e quello militare di guerra che venne impiegato in Iraq, il ministro del Popolo della libertà indica una terza strada: «Serve un codice per le missioni internazionali sul quale è possibilissima un’inte­sa con l’opposizione».

 

I capi del parco macchine del contingente italiano in Afghanistan hanno detto al nostro inviato Lorenzo Cre­monesi che a undici Lince colpiti dai ribelli sono stati messi sigilli giudiziari: per renderli «a disposizione» della Procura di Roma tenu­ta a indagare. Ministro, con­ferma?

«Sì. Non ho il numero esat­to, ma l’articolo è corretto. Dal governo Prodi in poi, tran­ne la parentesi dell’Iraq, il co­dice che si applica non è quel­lo militare di guerra, bensì il codice militare di pace. Se ci sono morti e feriti è come se questo avvenisse in una nor­male esercitazione. Tant’è che stiamo correndo ai ripari».

 

Verso dove?

«Io non me la sentivo di ap­poggiare un ritorno al codice militare di guerra. Alcuni del Pdl, con un emendamento, me lo chiedevano. Ho detto: lasciate stare, si creano più po­lemiche. Per farli desistere ho impiegato un argomento: nel­le commissioni Difesa del Par­lamento è possibilissima un’intesa con l’opposizione per un codice militare specifi­co per le missioni internazio­nali. Né di pace né di guerra».

 

Qui sta il punto. All’origi­ne dei sigilli ai Lince non è l’ambiguità in base alla qua­le, per farla apparire nei limi­ti dell’articolo 11 della Costi­tuzione, la missione italiana viene presentata come pacifi­ca mentre agisce in quella che gli alleati definiscono una guerra?

«Non è tanto per l’ambigui­tà. E’ per la scelta fatta dal Par­lamento di applicare il codice militare di pace. So che il mio predecessore al ministero, Ar­turo Parisi, l’ha subita, come l’ho subita io. Ma la rispetto, come va rispettata la Costitu­zione. Per questo stiamo pre­disponendo il nuovo codice».

Per vararlo non serve una legge costituzionale?

«Se ne discuterà in Parla­mento. Vi sono fautori di en­trambe le tesi».

 

Nel frattempo i Lince?

«Rivolgo un appello ai ma­gistrati affinché il tempo di se­questro dei Lince sia ridotto al minimo. Per la specificità della missione, e perché an­che i blindati rotti ci servo­no » .

 

A che cosa?

«Per i pezzi di ricambio. Questi Lince continuano a sal­vare le vite di molti soldati. Anche sabato una bomba ne ha fatto saltare uno, ma nessu­no è rimasto ferito. Forse i ma­gistrati pensano che il mezzo, molto danneggiato, possa sta­re sotto sequestro senza pro­blemi. Invece da lì si prende­rebbero i pezzi di ricambio per gli altri mezzi».

 

Non ne avete?

«Non portiamo tutti i ri­cambi in Afghanistan perché, statisticamente, sono i Lince usurati o danneggiati a fornir­li. E non c’entrano i fondi».

 

Se viene ucciso un milita­re italiano, la Difesa lo di­chiara: dal 2001 in Afghani­stan ne sono morti 15. Man­ca però un dato: quanti mili­ziani afghani sono stati ucci­si dai nostri soldati in scon­tri a fuoco?

«Il numero preciso non vie­ne tenuto. Non c’è una conta­bilità anche perché è difficile accertarlo. Di certo il numero degli insorti — talebani, traffi­canti di droga, tutti coloro che compiono atti ostili — è superiore alle perdite subite dai contingenti internaziona­li. E di molto».

 

Quelli colpiti da italiani?

«Anche per i nostri il rap­porto è di sicuro più alto. Quando i nostri sono stati co­stretti a difendersi, gli altri hanno subito perdite. Tra i contingenti siamo quelli che hanno avuto meno lutti, an­che se non per questo meno dolorosi».

I morti afghani sono di più da quanto avete tolto i ca­veat che limitavano l’impie­go dei militari in combatti­mento?

«No, la natura della missio­ne non è mai cambiata e l’uni­co caveat tolto è sull’impiego fuori dalla zona Ovest, per al­tro quasi mai utilizzato».

 

I cacciabombardieri Tor­nado italiani hanno già co­minciato a dare copertura aerea ai soldati, ossia a spa­rare oltre che ad avere fun­zioni di ricognizione?

«Dopo aver informato le Ca­mere, ho dato via libera ai co­mandanti. A loro valutare. Parliamo non delle bombe, che sull’aereo non portiamo neanche. Ma del cannoncino dei Tornado, simile a quello degli elicotteri Mangusta».

 

Quanti Predator, aerei sen­za pilota, manderete in più?

«Per ora li raddoppiamo: al­tri due. Sarebbe bene averne di più, ma al momento abbia­mo questi. Li manderemo in­sieme con altri elicotteri».

 

Maurizio Caprara

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Il risveglio del buonsenso? Perchè ora e non prima? Al Corriere il Ministro Frattini conferma le parole di ieri del collega La Russa.

 

[...] «Qui non si tratta di esercitazioni, bensì di azioni nelle quali davanti a noi ci sono ter­roristi, talebani, insorti ai quali la pace la dobbiamo imporre perché non c’è ancora. La imponiamo con la legittimazione della Nato, dell’Onu, ma parlare di una situazione di pace è come nascondersi dietro a un di­to ».

[...]

 

Qui l'intervista completa

Modificato da Hicks
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Credo che al governo stiano cercando di creare le 'condizioni ambientali' per fare finalmente passare nel paese quella che e' una realtà, ovvero che in Afghanistan siamo in guerra, per fare poi passare la cosa in parlamento senza sollevazioni di piazza.

 

Una volta tanto sono d'accordo con la scelta fatta da Frattini e La Russa: oggettivamente la situazione è questa, prima si esce dall'equivoco, in un modo o nell'altro, meglio e'.

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  • 4 settimane dopo...

Da http://www.tempi.it/esteri/007461-trincea-un-voto; di Gian Micalessin.

 

A qualche giorno dalle elezioni, il confine tra noia e battaglia è un gracchio impercettibile, un’onda sonora una scintilla inafferrabile tra il silenzio dell’attesa e la frenesia del pericolo imminente. «B.u. a R.u.: armati sui tetti dell’abitato, relitti bruciati sulla carreggiata, personale armato sulla strada». La voce degli elicotteri scuote i blindati, risveglia i capimacchina, allerta i mitraglieri in torretta. «Attenzione probabile attivazione, occhi aperti, uomini in ralla controllare la strada».

Dal suo guscio di acciaio e kevlar il capitano Gianluca Simonelli si fa in quattro tra la lunghezza d’onda dei mezzi americani, degli elicotteri Mangusta, dei suoi uomini inscatolati nella fila di Lince, e della sala trasmissioni della base di Baluk, dove a Dio piacendo siamo diretti. Non è un viaggio né semplice, né garantito. «Sulla 517 qualcosa succede sempre, o una trappola esplosiva o un combattimento te li becchi». Questa non è una strada qualsiasi, il nostro non è un convoglio normale. In mezzo ai blindati italiani, dietro alle corazze da 12 tonnellate dei Cougar, i blindati americani studiati per resistere alle cariche più micidiali, ballonzolano smilzi e indifesi due camioncini afghani. Accatastate alla meglio sui cassoni, nascoste sotto anonimi teli gialli, viaggiano casse e casse di schede elettorali. Dal loro arrivo dipende il voto nella zona di Shiwan, di Bala Baluk e dei villaggi intorno al corso del fiume Farah Rud. Per i talebani bloccare il convoglio, far fuori quelle due montagne di carta sarebbe un terno secco. Per settimane, prima delle elezioni, la shura talebana di Quetta, quella ancora agli ordini del mullah Omar, ha ripetuto di voler boicottare il voto, bloccare le strade, colpire chi collabori alle elezioni volute dall’invasore americano. Per il nemico al corrente del nostro carico, in queste ore prima del voto, siamo l’obbiettivo perfetto, un bersaglio mobile sul poligono della 517. La chiamano la strada della morte. Su questo nastro d’asfalto teso tra Shewan e Bala Baluk, gli angoli roventi della più calda delle quattro province a comando italiano (cioè quella di Farah), è caduto a metà luglio il paracadutista Alessandro Di Lisio. La sua morte è solo l’episodio più conosciuto, più triste, per noi italiani, di una serie senza fine di scontri, imboscate e combattimenti, lungo l’ottantina di chilometri che da Farah capoluogo sale all’area rossa di Shewan, costeggia quella mezzaluna del papavero scavata nell’ansa del fiume Faraah Rud. Lì l’oppio paga le armi e trasforma i contadini in talebani pronti a difendere raccolti, traffici e proventi. In questo intrico di guerra santa, malaffare e privati interessi si son consumati i cinque mesi di guerra, sangue e paura che hanno trasformato il capitano Simonelli e i centocinquanta Grifi della Sesta compagnia in un manipolo di veterani. La loro storia è tutta nelle statistiche. Due mezzi saltati in cinque mesi, tre battaglie combattute faccia a faccia con il nemico, una decina di feriti. Ora gli “impavidi e bestiali”, come li vuole il motto della compagnia, sono pronti per un altro appuntamento. Prima però il capitano mette in chiaro le cose con gli elicotteri: «Se vedete uomini in mezzo alla carreggiata e armati sui tetti, e ne siete certi, non attendete, aprite il fuoco, ripulite la strade. Avete le nostre stesse regole d’ingaggio, potete farlo». Dal cielo un gracchio d’attesa. Nei blindati la temperatura sale. Il momento s’avvicina. Il rallista, l’uomo della mitragliatrice, mi batte sulla spalla: «Se saltiamo, prendimi le gambe tirami giù, se spariamo passami le cassette delle munizioni».

Sul Lince non c’è spazio inutile, chi ruba il posto ad un soldato deve, al caso, farne le veci. «Se resto senza colpi, e loro si avvicinano, ci buttano una bomba nella torretta e tanti saluti» – chiarisce il caporal maggiore Dario Corda. «minch*a non ci passiamo»: dal volante il caporal maggiore Johnny D’Andrea per un attimo ha un dubbio, poi accelera s’infila a testa bassa nel labirinto di cisterne bruciate, di lamiere nere come pece raggomitolate sull’asfalto. «È il convoglio di due giorni fa, portava carburante per la nostra base. Guarda com’è finito». Ci siamo. «Attenzione a ore 9, al vostro fianco sinistro, da lì ci hanno sparato l’altra volta». La sorpresa stavolta è altrove. Vedi solo quel pinnacolo nero trecento metri avanti, avvitato al cielo: «Fumo di esplosione, fumo di esplosione!», strepita Johnny, la radio termina la frase. «R.U. a R.D.: attenzione! Ied in testa al convoglio, ripeto in testa al convoglio, pronti a rispondere al fuoco». Johnny tace, stringe il volante e i denti, getta lo sguardo dall’asfalto alle case, scannerizza ogni angolo di strada, il tenente Sodano al suo fianco armeggia con la radio. Dario, lassù, immobilizza nel mirino della mitraglia ogni apparizione sospetta. Ora si rallenta, il corteo si raccoglie come fisarmonica rattrappita. I camion gialli ballonzolano davanti, due Cougar arrancano lenti, sofferenti come elefanti azzoppati. «Tenere le distanze, Cougar colpiti, ma in movimento scortiamo gli americani, pronti a difenderli» strepita la radio. «Stai lontano! Se ne zompa un altro le schegge mi fanno a fette!» urla Dario, Johnny gli fa cenno di sì con il capo. I bestioni americani con le ruote squarciate dalle schegge e i cerchioni da un metro e ottanta di diametro irrorano di scintille la strada. Gli elicotteri Mangusta precipitano come falchi in picchiata, rincorrono un nemico invisibile: «Nessuna minaccia visibile, procedete vi copriamo dall’alto». La base di Bala Baluk è all’orizzonte. Centoquaranta metri per quaranta di terra tricolore, un puzzle di tende e mezzi incastrato tra un reparto dell’esercito afghano e un piccolo avamposto dove gli americani addestrano la polizia. Portarci le schede elettorali non basta. In attesa del 20 agosto, quando si andrà alle urne, il capitano Simonelli prepara, assieme ai colleghi afghani e americani ospiti di quest’avamposto perduto nel mare talebano, la giornata delle elezioni. Più che una sfida, è un rompicapo. L’esercito afghano consegna un rapporto. La sera prima del nostro arrivo, due camionisti in arrivo dalla 517 sono stati taglieggiati e minacciati a due posti di blocco della polizia afghana. Tutto mentre qualche chilometro più in là gli insorti attaccavano e davano alle fiamme i rifornimenti di carburante. È l’incubo afghano, un labirinto di specchi dove il nemico ha mille volti e mille facce. «Con queste forze della polizia e un esercito ancora poco affidabile, tenere aperti i 30 seggi delle precedenti elezioni era semplicemente impossibile» spiega Simonelli, ben consapevole che oggi, prima ancora della conta tragica dei morti, della proclamazione dei risultati e dello scatenarsi del disinvolto valzer delle alleanze il primo dato di fatto, eccezionale, è che si è votato.

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Grazie per il link Lender!Mi chiedevo,visto che la 517 è un arteria così importante,ed è soggetta a continui attacchi,come mai non venga costantemente monitorata in particolare per le IED;o meglio sicuramente sarà monitorata ma intendo con maggiori mezzi ed un organizzazzione ad hoc.Su qualche numero fa di Panorama Difesa si parlava della cosiddetta Task Force ODIN,utilizzata con grande efficacia in Iraq http://www.globalsecurity.org/military/age...rmy/tf-odin.htm proprio per dare la caccia alle IED e a chi le mette integrando artificieri con mezzi aerei ed elicotteri.

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Grazie per il link Lender!Mi chiedevo,visto che la 517 è un arteria così importante,ed è soggetta a continui attacchi,come mai non venga costantemente monitorata in particolare per le IED;o meglio sicuramente sarà monitorata ma intendo con maggiori mezzi ed un organizzazzione ad hoc.Su qualche numero fa di Panorama Difesa si parlava della cosiddetta Task Force ODIN,utilizzata con grande efficacia in Iraq http://www.globalsecurity.org/military/age...rmy/tf-odin.htm proprio per dare la caccia alle IED e a chi le mette integrando artificieri con mezzi aerei ed elicotteri.

 

 

E' facile a dirsi ma tu pensa come si può controllare un paese grande il doppio dell'Italia con 60.000 uomini circa (non mi ricordo il dato preciso) considerando che per il controllo del territorio da noi abbiamo oltre 200.000 agenti di PS e non siamo in guerra!

 

Senza dimenticare l'orografia del paese, che è l'incubo di qualsiasi stratega.

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Nella pacifica Italia anche l'eliminazione di quattro talebani fa notizia da servizio tv:

 

http://www.video.mediaset.it/mplayer.html?...5_2008_servizio

 

Minuto 8 e 24 sec.

Grazie di averlo postato Vittorio;consiglio a tutti di guardarlo finché è disponibile

Cito la parte + divertente:

Maresciallo "...le armi hanno sparato una bomba che ha colpito in pieno i 4 Talebani"

Giornalista "e i 4 Talebani che fine hanno fatto?"(Mah!Che fine avranno fatto?Dopo un colpo da 120mm scoppieranno letteralmente di salute)

Maresciallo "sono stati irrorati di schegge..che poi è il lavoro che fa la bomba alla fine(giusta precisazione)..sono morti!"(forse il giornalista c'è arrivato!!!!!)

Certe volte mi chiedo se ci sono o ci fanno!

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