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Corpi d'elité


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Gli alpini del cervino sono ormai ranger a tutti gli effetti, avendo mutuato tecniche e modalità di impiego degli omologhi americani, mantenendo però anche competenze specifiche nell'ambiente montano.

Diciamo che entrambi si possono definire forze altamente specializzati, ma non hanno la qualifica di FS principalmente per la minore duttilità d'impiego, specie in missioni non strettamente militari come l'intelligence o l'addestramento.

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  • 1 anno dopo...
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Non ho trovato un topic apposito sul GOI , indi per cui mi "aggancio" qui ...

 

ARMAMENTO

 

Non è un segreto che il Gruppo Operativo Incursori possa contare su quella che è considerata la meglio fornita armeria italiana. Ci siamo stati e vi possiamo assicurare che vi si trova veramente di tutto e siamo certi che non ci è stata mostrata l'intera disponibilità. Praticamente nell'armeria si trovano tutti i modelli di armi disponibili in Italia (di produzione nazionale e straniera) più altre armi che è facile incontrare nei vari teatri operativi, come i fucili d'assalto della famiglia Kalashnikov ovviamente, in modo da saper utilizzare armi recuperate sul teatro d'operazioni, imparando a conoscerne anche la potenzialità effettiva, per esempio per quanto concerne il raggio di utilizzo. La Marina Militare ha sempre mantenuto piena autonomia e il GOI è stato sempre all'avanguardia, distinguendosi per l'adozione di varie armi.

Per completare l'armamento, si ricorse a quanto era disponibile nei depositi. Come fucile mitragliatore fu scelto il britannico Bren in calibro originario, vale a dire .303. Come mitragliatrice pesante fu adottata l'ottima Breda 37, in 8 mm, affidabile e precisa ma non molto leggera.

Nei primi anni dopo la sua costituzione, per la precisione nel 1956, oltre a normali Moschetti Automatici Beretta Mod.49 (con calcio in legno, evoluzione dei MAB del periodo bellico), il reparto poteva contare su pistole mitragliatrici M-3 Al GREASE GUN ("ingrassatore") in calibro .45, celebre per la sua affidabilità e la resistenza alla salsedine, disponibile anche nella versione silenziata, con un silenziatore della Sionic. La Beretta realizzò una pistola mitragliatrice su specifiche del reparto, vale a dire la Beretta Mod.4, in linea di principio un M.A.B. con calcio collassabile e baionetta ripiegabile sotto la canna. A quanto ci risulta fu il primo reparto militare a disporre di quest'arma e, forse, anche l'unico.

 

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Due incursori fuoriescono dall'acqua e aprono il fuoco con le loro HK MP-5. Notare l'acqua ancora presente in canna che viene nebulizzata all'atto dello sparo

 

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Alcune delle armi del GOI; dal basso verso l'alto: lanciagranate HK-69 Granatpistole, fucile d'assalto Beretta SC-90, carabina Colt M-4, fucile d'assalto Taas Galil, lanciarazzi controcarro Instalaza C-90, mitragliatrice FN Minimi Para, mitragliatrice leggera HK-21 e altre armi.

 

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Dal basso verso l'alto: pistola Beretta Mod.51 con caricatore da 20 proiettili, pistola mitragliatrice MP-5 K, pistola mitragliatrice HK MP-5, pistola mitragliatrice silenziata HK MP-5 SD, Beretta RS-202., Benelli M-3, HK-69 Granatpistole, TAAS Galil, Colt M-4.

 

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Ancora una panoramica di armi utilizzate dal GOI Dal basso verso l'alto: McMillan 87 R in 12,8x99 mm, tre modelli di Accuracy International con varie mimetizzazioni, mitragliatrice HK-21, FM Minimi Para, lanciarazzi Instalaza C-90

 

PISTOLE

Praticamente con la costituzione del reparto, fu decisa l'adozione della pistola automatica Beretta Mod.51, in calibro 9x19, appena entrata in produzione, un'arma solida e affidabile, con un munizionamento più potente del 9 mm "Corto" della Beretta Mod.34, all'epoca arma standard delle Forze Armate italiane. Ricordiamo come già gli "NP" (Nuotatori Paracadutisti) della Regia Marina, avessero in dotazione prima dell'8 settembre, le Walther P-38 i 9x19 mm (unico reparto italiano), in quanto dotate di un munizionamento più potente e uniformato a quello delle pistole mitragliatrici, con evidenti vantaggi. La Beretta Mod.51, si rivelò arma indovinata, affidabile e robusta, tanto che diverse delle sue soluzioni, transitarono nelle successive pistole Beretta. Il GOI fu fra i pochissimi utilizzatori di un'arma poco conosciuta e difficile da utilizzare, come la Beretta Mod.51 A, con caricatore da 20 proiettili e selettore anche per il tiro a raffica, dotata di una impugnatura aggiuntiva anteriore. Si trattava di un'arma difficile da utilizzare, dato che aveva un'altissima cadenza di tiro (superiore ai 1.000 colpi al minuto), per cui risultava difficile da controllare. In tempi successivi, si evidenziò la necessità di poter disporre di pistole più moderne e il reparto fu fra i primi utilizzatori delle pistole appartenenti alla serie Modello 92, destinate a un grande successo commerciale. Dotate di caricatore bifilare da 15 proiettili in 9x19 mm, affidabile, consente una buona potenza di fuoco per un'arma da fianco. Da ricordare come tutti gli opera¬tori del GOI siano dotati di questo tipo di pistola, utilizzata anche come arma di scorta nel caso di malfunzionamento dell'arma principale.

 

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Le pistole mantengono la loro valenza come arma di scorta e quando si deve agire con precisione in spazi ristretti, come nelle attività per il recupero di ostaggi sequestrati da terroristi

 

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PISTOLE MITRAGLIATRICI

Nell'ambito del reparto, le pistole mitragliatrici, piccole, leggere, in grado di erogare una notevole potenza di fuoco, hanno sempre avuto una notevole importanza.

Il GOI fu il primo reparto a ricevere, nei primissimi Anni '60, le nuove pistole mitragliatrici Beretta M-12, in calibro 9x19 mm, nella speciale versione dotata di spegnifiamma, in dotazione solo alla Marina Militare. Quest'arma, affidabile e compatta, divenne quella disponibile in maggior numero per un lungo periodo. Compatta, leggera, affidabile, potente (con anche un caricatore da 40 proiettili), facilmente controllabile durante il tiro a raffica, ha avuto una larga diffusione nel mondo, evolvendosi nella versione M-12 "S", con alcuni miglioramenti.

 

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Una pistola mitragliatrice Beretta M-12, appartenente al lotto originario per la Marina Militare, dotato di spegnifiamma. Notare i pulsanti della sicura e il selettore di tiro a traversino, poi sostituiti da un selettore unico sulla M-12 S

 

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Una pistola mitragliatrice Beretta M-12 S, scomposta nelle sue parti principali. Notare l'otturatore avvolgente rispetto alla canna

 

All'epoca gli incursori si allenavano a colpire evitando, per quanto possibile, di far ricorso alle armi, in quanto la cosa avrebbe svelato inequivocabilmente la loro presenza. Però il reparto si rese conto che bisognava essere in grado di affrontare a distanze ridotte consistenti nuclei avversari, e la M-12 era l'arma ideale all'epoca.

Il sistema di funzionamento è a massa battente, con la peculiarità di avere l'otturatore parzialmente telescopico rispetto alla canna, in modo da ridurre la lunghezza complessiva e di contrastare, seppur parzialmente, la tendenza dell'arma a spostarsi verso l'alto. Le parti metalliche dell'arma erano fosfatate, per aumentarne la resistenza alla corrosione, un fattore molto importante per chi opera spesso in mare o sott'acqua. La Beretta M-12 è stata l'arma tipica dell'incursore della Marina per lunghi anni, dimostrandosi sempre affidabile. Gli operatori imparavano ad utilizzarla in ogni circostanza, ottenendo eccellenti risultati durante il tiro. L'unico problema serio era la precisione intrinseca del sistema di sparo, in quanto il proiettile viene camerato al momento dello sparo. L'otturatore procede in avanti, prelevando il proiettile dall'apice del caricatore. Il movimento in avanti di tutto l'otturatore, provoca uno certo sbilanciamento che, inevitabilmente, riduce la precisione. Per sopperire a queste limitazioni, evidenti particolarmente in alcune circostanze, per esempio nell'intervento contro terroristi che tengono ostaggi (dove la precisione è fondamentale), alla fine degli Anni '70, furono introdotte in servizio le pistole mitragliatrici tedesche Heckler und Koch MP-5. Scelta azzeccata, dato che quest'arma è stata poi adottata da quasi tutte le forze speciali occidentali.

Designata inizialmente HK-54, faceva parte del programma che portò alla realizzazione di tutta una famiglia di armi, come il fucile d'assalto HK G-3 e la mitragliatrice HK-21, caratterizzate, fra le altre cose, da un sistema di chiusura a rulli, meccanicamente molto preciso e affidabile. In effetti quest'arma si è affermata anche per la sua elevata precisione, che l'ha posta ai vertici della categoria. I tecnici tedeschi lavoravano alla realizzazione di un'intera famiglia di pistole mitragliatrici, di cui vari modelli sono presenti nell'armeria del GOI Fra questi voglia¬mo segnalare le armi della serie silenziata SD e la versione "compatta", vale a dire la MP-5 K ("Kurtz", corta), lunga appena 320 mm, con canna da 115 mm, priva completamente di calcio, quindi impegnativa da utilizzare e adatta solo a personale veramente esperto.

Le MP-5 sono state dotate di numerosi accessori, fra cui torce per il tiro a grande potenza (come le Surefire, anche con filtri infrarossi) e vari sistemi di puntamento i Trijicon ACOG (che rendono possibile un tiro veloce molto preciso) e visori notturni ad intensificazione di luminescenza.

 

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Le pistole mitragliatrici della serie HK MP-5 SD hanno avuto una grande diffusione fra tutte le forze speciali, mostrando doti di affidabilità e robustezza

 

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Una pistola mitragliatrice silenziata HK MP-5 SD e, sotto, una MP-5 normale, con torcia coassiale e puntatore Aimpoint

 

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Coppia di operatori in immersione. Il secondo elemento impugna una pistola mitragliatrice HK MP-5

 

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Due coppie d'incursori emergono dal mare in prossimità di una scogliera, impugnando carabine Beretta SCP-70, oggi utilizzate solo per l'addestramento

 

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FUCILI D'ASSALTO

Il fucile mitragliatore Bren non era molto adatto alle missioni del GOI e si andò alla ricerca di qualcosa di più confacente alle necessità, trovandolo nell'Armalite AR-10. Arma scaturita dal genio di Eugene Stoner, venne scelta nella versione Mk.4, con canna pesante e bipede, nella fattispecie prodotta su licenza in Olanda. Calibrata per il calibro NATO standard, vale a dire il 7,62x51 mm, adottava molte soluzioni interessanti. I caricatori erano da 20 proiettili e il peso superava di poco i 5 kg, una bella riduzione rispetto al predecessore. La cadenza di tiro pratica era di 80 colpi al minuto (700 quella teorica). Le linee complessive ricordavano il successivo e ben più conosciuto M-16, con il blocchetto d'alimentazione in sequenza con grilletto e impu­gnatura, maniglione da trasporto superiore (con leva d'armamento al suo interno), calcio fisso in materiali sintetici. Ma il mercato stava offrendo ulteriori novità e, nella seconda metà degli Anni '60, al Varignano giunsero i primi M-16, altra realizzazione di Stoner, calibrata per il nuovo (all'epoca) e rivoluzionario 5,56x45 mm, da utilizzare come fucile d'assalto. Uno dei principali vantaggi era dato dal fatto che sia l'arma che il munizionamento consentivano un congruo risparmio di peso, fattore estremamente importante per piccoli team che si devono muovere spesso a piedi. L'arma aveva un'ottima resistenza alla salsedine, pur presentando i problemi del primo modello (risolti con le successive evoluzioni Al, A2, A3 e A4, ancora in produzione). All'epoca sembrava proprio un'arma avveniristica, quasi un giocattolo, rispetto alle realizzazioni precedenti, ma molto efficace. A quest'arma si giunse anche perché erano iniziate le esercitazioni comuni con le forze armate statunitensi; all'inizio con i Berretti Verdi dato che i SEAL dell'US Navy non esistevano ancora.

 

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Gennaio 1993: schieramento del GOI al porto vecchio di Mogadiscio, durante la missione in Somalia. Nelle mani carabine SCP-70

 

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Operatori in addestramento. Quello in primo piano impugna una carabina Colt M-4 con lanciagranate coassiale da 40 mm M-203, un 'arma utile in molte occasioni

 

 

A cavallo del 1970, in casa Beretta si stava lavorando intorno a un nuovo fucile d'assalto, in calibro 5,56x45 mm. Nella prima metà di quel decennio, apparve la famiglia di armi AR-70, che comprendeva un fucile d'assalto (AR-70, appunto), una versione corta (SC-70) e anche un fucile mitragliatore (mai entrato in produzione), tutti con molte parti in comune. Non deve stupire che il GOI fu il primo a ricevere le armi di questa famiglia, in particolare AR-70 e SC-70, in pratica preferiti all'M-16.I nuovi fucili d'assalto andarono poi anche all'allora Battaglione SAN MARCO (dove sostituì i Beretta BM-59 ITAL in 7,62x51 mm) e furono scelti anche dall'Aeronautica Militare, mentre l'adozione da parte dell'Esercito fu (per motivi legati alla disponibilità di fondi), molto più lenta, concretizzandosi con la variante aggiornata AR-70/90.

Il nuovo fucile d'assalto utilizzava, come la prima versione dell'M-16, una palla M193 da 3,56 grani. Successivamente tutto il munizionamento 5,56 NATO è stato realizzato per utilizzare, con un nuovo passo di rigatura, la più efficiente palla M109, sviluppata dalla FN belga, da 3,92 grani, dalla traiettoria più tesa e senza quei fenomeni destabilizzanti e di disintegrazione che la palla precedente faceva riscontrare quando, ad esempio, colpiva arbusti.

Con il passare del tempo, i fucili d'assalto Beretta, con cui il reparto operò in Libano, pur robusti e affidabili, non risponde­vano più a pieno alle moderne esigenze delle forze speciali, in particolare per quanto riguardava il peso. Alla fine degli Anni '80, giunse sicuramente un lotto di nuovi fucili d'assalto Heckler und Koch G-41, sempre in 5,56x45 mm. Quest'arma si caratterizzava, come tutte le realizzazioni HK dell'epoca, per un raffinato sistema di chiusura a rulli, che consente una precisione superiore rispetto ad altri sistemi. Inoltre dispone di una canna a sezione interna poligonale, con alcune interessanti caratteristiche. L'arma venne utilizzata di sicuro in Somalia, abbinata anche a un lanciagranate coassiale monocolo da 40 mm AK-79, sempre di produzione HK, con relativo sistema di mira supplementare. Non si giunse a un impiego più ampio, in quanto l'arma era ancora abbastanza pesante e il sistema di chiusura a rulli è sensibile alla polvere e all'ingestione di corpi estranei, proprio per la sua grande accuratezza di funzionamento (mentre i Kalashnikov meccanicamente sono tutt'altra cosa ma funzionano sempre).

Pochi sanno che il GOI, nel suo vastissimo arsenale, dispone anche di fucili d'assalto GALIL in 5,56 mm, la cui meccanica, come è noto, deriva direttamente da quella dell'AKM, eccezionale come robustezza, semplicità e affidabilità meccanica, guarda caso utilizzato anche da altri reparti d'incursori, anche per la facilità con cui è possibile recuperare il munizionamento in tutti i teatri.

Come arma lunga individuale, si cercava qualcosa di ancora migliore e lo si trovò nella carabina M-4, una delle infinite evoluzioni dell'M-4. Già esisteva da tempo la carabina Colt Modello 733 COMMANDO, con calcio colassabile (non ripiegabile in quanto la molla di recupero è posta posteriormente) ma la Modello 723 rappresenta veramente un'arma eccezionale. Meccanicamente deriva dall'M-16 A2 (con i miglioramenti relativi) e ha un peso di appena 2,54 kg (quindi veramente pochi), pur mantenendo eccezionali doti di robustezza e affidabilità, tanto da essere entrata in servizio in quasi tutte le migliori forze speciali della NATO.

 

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Un operatore protegge il movimento dei colleghi, impugnando una carabina M-4 con lanciagranate coassiale da 40 mm M-203. Gli in­cursori si allenano a sparare in tutte le fasi dinamiche

 

Le carabine Colt M-4 (prodotte anche da altri costruttori, come la Bushmaster), possono essere muniti di molti tipi di accessori, utilizzando i sistemi di slitte integrate, applicabili sul dorso e intorno alla canna. In questo modo possono essere applicati (e sostituiti, a secondo delle necessità), vari tipi di accessori, fra cui, visori olografici di puntamento, ottiche diurne e notturne, puntatori laser, lanciagranate da 40 mm monocolo M-203 coassiali, torce a grande potenza e via proseguendo, garantendo il massimo della flessibilità. Le M-4 possono essere dotate anche di vari tipi di silenziatori, in genere di produzione statunitense, alcuni di grande efficacia. Oggi ne sono disponibili di ottimi, che possono utilizzare anche il munizionamento supersonico, con un livello d'abbattimento del suono molto elevato.

 

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Movimento rapido nella boscaglia, con carabina Colt M-4, con lan­ciagranate da 40 mm M-203

 

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ARMI DI PRECISIONE

In Italia il settore delle armi di precisione è sempre risultato carente e neppure l'esperienza maturata durante la I Guerra Mondiale, fu messa a frutto nei conflitti successivi. I tiratori di precisione costituiscono invece una risorsa molto importante, ancora maggiore per le forze speciali, per non parlare dei reparti che si occupano di antiterrorismo. Anche in questo settore gli incursori della Marina sono stati all'avanguardia, raggiungendo livelli d'eccellenza assoluta e fornendo l'addestramento alle unità italiane che stavano entrando in questo campo, fra cui anche quelli delle forze di polizia, incluso anche la Guardia di Finanza. Sono state anche sperimentate tecniche di tiro di precisione molto avanzate, nelle più svariate circostanze, per esempio da piattaforme assolutamente instabili come gli elicotteri. Per quanto riguarda i fucili di precisione utilizzati, all'inizio si ricorse a un'arma come l'HK G-3 SG/1, una versione accuratizzata e con ottica della celebre arma tedesca, molto diffusa in occidente, quando erano abbastanza scarse le proposte per i reparti militari. Si trattava sempre di un'arma derivata da un normale fucile d'assalto, con ciclo di fuoco automatico, per cui ci si indirizzò anche verso armi a ripetizione manuale, che garantiscono una precisione superiore. La scelta cadde prima sul Maser SP66 e poi sull'SP86, in 7,62x51 mm, sempre della medesima casa costruttrice, armi molto precise ma adatte soprattutto ad impieghi di polizia, in quanto, sia per architettura complessiva che per materiali utilizzati, non si adattano al rude impiego militare. Venne realizzato anche uno snodo particolare, con uno snodo sferico con ammortizzatore, da applicare all'apposito alloggio realizzato in corrispondenza dei portelli degli elicotteri, in modo da semplificare, seppur in modo relativo, il tiro, applicando al fucile anche un contenitore per la raccolta dei bossoli, onde evitare che rimbalzino in cabina.

 

 

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Un tiratore scelto protegge l’elisbarco di un team su di una piattaforma off-shore, nel corso di una esercitazione. Notare il sacchetto per la raccolta dei bossoli

 

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Ancora addestramento al tiro dall'elicottero mentre altri incursori prendono il controllo di una piattaforma off-shore

 

Altra arma presente da tempo è il fucile di precisione silenziato realizzato dalla finlandese SAKO (oggi facente parte del Gruppo Beretta) SSR Mk.3, in 7,62x51 mm, con otturatore rotante e silenziatore integrato della Vaime. Disponibili sono anche i SAKO TRG-21, un'arma in 7,62x51 decisamente precisa, con ripetizione manuale e il classico otturatore rotante, in fase di acquisizione da parte dell'esercito, seppur nel più potente .338 Lapua Magnum.

Tiratori di grande professionalità, gli uomini del GOI possono sfruttare al meglio armi eccellenti ma dall'utilizzo riservato solo a tiratori veramente d'elite, come gli Accuracy International AW in 7,62x51 mm, arma con la cassa realizzata da due semigusci in lega d'alluminio, robusti e indeformabili.

Armi quindi precise ma che non temono lo stress derivanti dal trasporto in missione, incluse quelle delle forze speciali. Una

serie di regolazioni, consente di adattare perfettamente l'arma all'esigenze del tiratore, contribuendo all'ottenimento di ottime rosate, sempre che l'operatore sappia sfruttare adeguatamente tutte queste potenzialità.

Alla fine degli Anni '80, iniziarono ad essere realizzati i fucili di precisione di grosso calibro, in particolare quelli in .50 Pollici, vale a dire 12,7x99 mm. Presto nell'armeria del Varignano apparvero i Barret .50 LIGHT FIFTY Modello 82 A1, vale a dire la prima arma di questo tipo disponibile su larga scala. Si tratta di realizzazioni che possono essere utilizzate anche contro bersagli come velivoli ed elicotteri al parcheggio, veicoli blindati leggeri, posti comando e radio, bersagli al riparo di strutture murarie leggere e ponti di unità navali. Uno dei suoi colpi è in grado di bloccare il motore di un camion o far esplodere una mina da ormeggio in affioramento. Successivamente il reparto ha acquisito il paricalibro McMillan .50 M-87 R, arma con prestazioni balistiche superiori al predecessore e un peso ridotto da 12,9 kg a 9,5 kg, un fattore non trascurabile per le operazioni delle forze speciali. Armi di questo calibro, con il munizionamento speciale realizzato appositamente (all'inizio erano disponibili solo normali proiettili 12,7x99 per mitragliatrice), sono in grado d'ingaggiare bersagli fino a 2.000 metri di distanza, purché le condizioni ottiche lo permettano, dato che su distanze così alte molti fattori influiscono sul tiro.

 

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Un tiratore scelto appartenente al GOI, armato con un fucile di precisione pesante McMillan M-87 R, da 12,7x99 mm. Notare il modo accurato con cui sono mimetizzate arma e ottica

 

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Sulla discussione noto alcune inesattezze.

 

Il SAS britannico è un reparto a se.

 

Il reparto che più gli assomiglia è il 9° Reggimento d'assalto Paracadutisti Col Moschin, unico reparto di forze speciali abilitato ad operazioni non convenzionali in territorio nemico.

 

Il SAS in Inghilterra svolge anche compiti di operazioni di Polizia interna antiterroristica ed altro (la caccia ai ribelli dell'IRA), ruolo in Italia ricoperto dai NOCS.

 

Ma la loro vera prerogativa è l'infiltrazione dietro le linee nemiche a piccoli nuclei (vedi BRAVO TWO ZERO), ed appunto il Col Moschin è l'unico reparto Italiano che svolge questi compiti, con infiltrazioni HALO, e HAHO (come il SAS).

 

Il Tuscania svolge compiti di Polizia militare ed irruzioni, gli operatori sono addestratissimi, una via di mezzo dai Reggimenti convenzionali della Folgore (183, 186 e 187) e il Col Moschin, ma il Tuscania non è classificato come Forza Speciale.

 

Non conosco gli altri reparti dell'Esercito, ma vi assicuro, avendone fatto parte, che l'addestramento in un battaglione di Paracadutisti Fucilieri (di stanza a Pistoia per il 183°, a Siena per il 186°, e a Livorno per il 187°) è di altissimo livello. Si va dalle pattuglie appiedate a lungo raggio con acquisizione obiettivi ad atti tattici difensivi (R.A.I., reazione automatica immediata) e quelli offensivi (assalto di squadra, plotone, complesso minore e gruppo tattico).

 

In almeno una compagnia di paracadutisti "convenzionali" vi è di solito (non obbligatoriamente, ma capita spesso) un ex incursore del Col Moschin con l'intenzione di vivere una vita sociale meno ristretta senza dimenticare l'incredibile addestramento e le operazioni cui ha partecipato negli anni passati.

 

Insomma, non è roba per deboli di cuore....

 

Il COMSUBIN è la copia del Col Moschin specializzato invece in operazioni via mare. Quindi esatto equivalente dei Navy Seals.

 

I Comsubin, Tuscania ed il Col Moshin sono praticamente alla portata per pochissime persone fortemente motivate ed altamente preparate psicofisicamente.

 

I tre reparti, hanno spesso lavorato insieme, dalla somalia (tuscania+col moschin) alla pianificazione dell'assalto all'Achille Lauro (col moschin+comsubin).

 

Negli USA la situazioni è invece differente ancora: ci sono quattro reparti di forze speciali di terra, 1° SFOD, Special Force Operation Detachment Delta, la famosa Delta Force, il 5° e 10° Special Force Green Berets (i berretti verdi), di stanza a Fort Bragg e il 75° Rangers (di stanza a fort benning) e i Navy Seals appunto, di mare. A dar supporto aereo con gli elicotteri per le infiltrazioni c'è il 160° SOAR, Special Operation Air Regiment di stanza a Fort Campbell.

 

In Italia il supporto aereo con gli elicotteri è dato dal 26° REOS (Reparto Elicotteri Operazioni Speciali) di stanza a Viterbo e creato sulla falsariga del 160° SOAR americano.

 

 

Va inoltre ricordato che il Col Moschin è l'unico reparto ad aver partecipato a TUTTE LE MISSIONI dell'Esercito Italiano. Sono i primi ad arrivare e gli ultimi a partire.

 

Saluti, Alexcondor

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Dimenticavo: l'ottanta per cento dei selezionati per accedere al Col Moschin viene dai reparti convenzionali della Brigata Paracadutisti Folgore.Il resto viene della scuole ufficiali (modena) e sottufficiali (cassino e viterbo)La richiesta di poter accedere al famigerato corso "80B" viene fatta ogni anno. Solo il personale in servizio permanente (truppa, sottufficiali e ufficiali) può accedere.Il corso totale dura due anni e si può essere buttati fuori in qualsiasi istante.La media di chi ce l'ha fatta negli ultimi anni è dell'8% circa degli aspiranti che hanno superato le selezioni iniziali (4 persone su 50, 8 su 100).Del mio scaglione Paracadutisti, per intenderci, solo un (1) carissimo amico è riuscito a entrare...Il Comandante del "Nono" più conosciuto ai media, è l'attuale Generale Incursore Marco Bertolini, oggi Capo di Stato Maggiore degli Eserciti schierati in Afghanistan, il ruolo più alto mai dato ad un Italiano in un operazione internazionale.L'ho avuto nel 199 come Comandante di Reggimento alla CE.A.Par., ed è un militare incredibile, eccellente comunicatore ed un grandissimo uomo addestrato ai limiti delle possibilità umane.Cliccate quì:http://img88.imageshack.us/img88/4927/marcobertolinijf3.jpg

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FUCILI A CANNA LISCIA

I fucili a canna liscia, arma un tempo decisamente inusuale per i reparti militari europei, iniziarono ad apparire al Varignano, all'epoca del maggior contributo alla lotta contro il terrorismo, quando il Team TORRE era l'unico reparto antiterroristico realmente operativo. Queste armi si caratterizzano attualmente per la gamma di munizionamento disponibile (che include anche il "non letale" e il "meno che letale" e a gas, utilizzabili anche in ordine pubblico, nel caso italiano solo all'estero), per il forte fattore deterrente (che nel caso delle forze speciali ha poco significato) e per la capacità di funzionare, anche con munizionamento specifico, da "grimaldello" veloce per l'apertura delle porte. In questo caso si può agire direttamente sul sistema di chiusura, sia con munizionamento spezzato che con munizionamento con palla speciale, realizzata appositamente per rilasciare molta energia sulla porta senza proiettare munizionamento letale all'interno, dove magari si trovano ostaggi. In questo campo l'Italia ha realizzato molti validi prodotti, che si sono affermati anche all'estero. Il GOI ha utilizzato le armi della Franchi, come lo SPAS-12 e lo SPAS-15, quest'ultimo a funzionamento manuale o automatico, rivelatosi però un po' troppo delicato per impieghi in zone sabbiose. Il reparto si è dotato di Beretta 202, dalle dimensioni molto contenute, e del Beretta M-3, armi di sicuro affidamento, in grado di fornire un valido apporto in molte circostanze, per esempio quando vi è da abbattere una porta sbarrata in velocità.

 

ARMI PER IMPIEGHI SPECIALI

Anche nel settore delle armi per impieghi speciali, il GOI è sempre stato all'avanguardia, considerando anche le necessità particolari che ha da sempre.

Intanto il reparto ha avuto da sempre la necessità di eliminare eventuali sentinelle avversarie. Il personale è ben addestrato all'impiego del pugnale ma l'operazione è nella realtà molto più complicata di quanto si vede sistematicamente nei film. Per un certo periodo si è lavorato intorno alle balestre, ma queste sono decisamente ingombranti e non possono certo essere utilizzate anche per un conflitto a fuoco. Per questo si è puntato sulle armi da fuoco silenziate. Il reparto fu il primo ad essere dotato di moderni silenziatori da pistola ma un deciso miglioramento lo si ebbe con l'adozione delle pistole mitragliatrici silenziate HK MP-5 della serie SD, con silenziatore integrato.

 

 

Il GOI dispone sicuramente della versione SDI ma non è da escludere che abbia anche alcuni degli altri modelli disponibili. Questo tipo di arma ha avuto larga diffusione fra le forze speciali, resiste bene anche alla salsedine e non necessita di particolare manutenzione anche se viene immerso in acqua deve poi essere svuotato per riprendere la sua efficacia. Per questo viene trasportato in appositi contenitori stagni se utilizzato da subacquei. Il proiettile esce dal soppressore di rumore con velocità subsonica, pari a 285 m/sec, la qual cosa riduce la gittata effettiva.

Arma tipica del reparto è invece la pistola subacquea HK P-11. Si tratta di una realizzazione presente (in modo riservato !) sul mercato dal 1976, in grado di sparare dardi, sia in aria che sott'acqua. In pratica si tratta di una impugnatura in cui trova alloggio il pacchetto intercambiabile con le batterie (stagne), su cui si può applicare un pacchetto contenente cinque dardi, in confezione ermetica. Esistono due modelli di dardi, uno per l'impiego subacqueo e l'altro per l'impiego in aria, quest'ultimo utilizzabile per l'eliminazione delle sentinelle. Esauriti i cinque dardi, tutto il pacchetto dev'essere sostituito, rimandan¬dolo alla casa costruttrice, con un importo non lieve. Si tratta dell'unica arma per impiego subacqueo occidentale conosciuta e ha avuto una buona diffusione a livello d'incursori navali.

 

 

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La pistola lancia dardi HKP-11

 

 

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La pistola P-ll, utilizzabile anche sott'acqua, scomposta nelle sue parti essenziali, con il pacchetto di colpi per impiego subacqueo e quello per impiego in aria

 

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MITRAGLIATRICI

 

Passato il periodo dell'impiego di residuati del precedente conflitto come Bren, Breda 37 e Browning M2 in 12,7x99 mm (si pensi che alcuni reparti britannici avevano in dotazione il Bren anche durante la campagna per le Falklands/Malvinas nel 1982, seppur ricalibrato per il 7,62x51 mm), la prima mitragliatrice di nuova produzione ad essere adottata, fu la MG-42/59, che poi non era che una versione leggermente modificata della celeberrima MG-42 tedesca della II Guerra Mondiale, una vera leggenda del settore. Leggera, affidabile, facile da utilizzare, è in servizio ancora oggi, in quanto il munizionamento in 7,62x51 mm che utilizza in alcune circostanze è ritenuto più adatto che non il più piccolo 5,56x45 mm.

Alla fine degli Anni '80, al reparto sono giunte le mitragliatrici FN MINIMI, in 5,56x45 mm, arma che si è nettamente affermata nel settore delle mitragliatrici leggere, venendo adottata anche negli Stati Uniti (M-249) e da molte forze armate. In Italia è stata scelta anche dall'Aeronautica e dall'Esercito. Funzionante a recupero di gas, con otturatore rotante, si è dimostrata adatta all'esigenze del reparto, pur se leggermente sottopotenziata per determinati compiti. La disponibilità del caricatore amovibile da 200 proiettili, consente una massiccia erogazione di fuoco anche alle squadre in movimento. Ogni distaccamento in media dispone di due di queste armi. Le Minimi sono in dotazione nella versione para, con calcio collassabile e canna ridotta a 375 mm di lunghezza, in modo da essere più maneggevole.

Altra mitragliatrice leggera entrata in servizio è la HK-21, in 7,62 mm, arma precisa e accurata, grazie al sistema di chiusura a rulli di cui si avvale, dotata anche di una impugnatura anteriore verticale, per consentire anche il tiro dal fianco, potendo erogare fuoco anche in movimento, anche se con un'arma di questo tipo non è facile.

Le operazioni in Afghanistan hanno visto l'esordio nel reparto di una nuova arma, vale a dire la mitragliatrice M-60 A4. Per la verità anche questa mitragliatrice tanto nuova non è, dato che è una evoluzione, per le forze speciali, della M-60 in 7,62x51 mm. Il GOI voleva una mitragliatrice realmente trasportabile e utilizzabile anche dal fianco, esigenza emersa anche presso i SEAL, i quali hanno fatto realizzare dalla Saco Defence questa nuova versione, con canna accorciata, impugnatura anteriore, con aggancio per una scatola amovibile contenente 50 o 100 proiettili. Controllare un'arma di questa potenza, tenendola al fianco, è compito solo per personale addestrato in quanto entrano in gioco potenze di tutto rilievo e non cartucce a carica ridotta (tanto i proiettili non devono partire) come si vede in certe scene dei film, dove il protagonista usa una M-60 addirittura con una mano sola !

 

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Una mitragliatrice statunitense M-60 A4, in 7,62x512 mm e una FN Minimi Para in 5,56x45, entrambe mimetizzate, utilizzate dai distaccamenti del GOI in Afghanistan. Solo il GOI dispone in Italia delle M-60 A4

 

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Un istruttore dei SEAL statunitensi, armato di M-60 A4, un'arma in 7,62x51 mm che personale esperto può utilizzare anche dal fianco

 

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Bello l'M60. Ma una domanda. Ora che l'america cederà l'M4 all'Italia, ora tutte le forse armate, sia speciali che non, useranno quest'arma come arma "principale" negli addestramenti?

Inoltre volevo sapere se, per poter utilizzare certe armi, c'è un corso speciale da frequentare?

Grazie in anticipo.

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Negli USA la situazioni è invece differente ancora: ci sono quattro reparti di forze speciali di terra, 1° SFOD, Special Force Operation Detachment Delta, la famosa Delta Force, il 5° e 10° Special Force Green Berets (i berretti verdi), di stanza a Fort Bragg e il 75° Rangers (di stanza a fort benning) e i Navy Seals appunto, di mare. A dar supporto aereo con gli elicotteri per le infiltrazioni c'è il 160° SOAR, Special Operation Air Regiment di stanza a Fort Campbell.

 

Gli Special Force Group non sono due, ma cinque appartenenti allo US Army (1°, 3°, 5°, 7° e 10°) e due all'Army National Guard (19° e 20°), ogni gruppo ha tre battaglioni forze speciali che in futuro sembra verranno portati a quattro.

 

Per il resto anche l'US Air Force ha i propri reparti speciali, specializzati a loro volta in vari settori (come gli Special Tactics Group o gli Special Operation Wing/Group).

 

Per finire, all'interno della comunità dei Seals va ricordato lo United States Naval Special Warfare Development Group, ovvero un SEAL Team (ex SEAL Team 6) com compiti prettamente di antiterrorismo, la controparte navale del 1° SFOD per intenderci.

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ARMI ANTICARRO

Come arma anticarro (utilizzabile anche contro altri bersagli, come cisterne di carburante, velivoli, trasformatori e via proseguendo), all'inizio fu scelto il Bazooka da 88 mm. L'arma però aveva un limite, derivante dal fatto che era a funzionamento elettrico, per cui, immerso in acqua, dava dei problemi. I tecnici del reparto si misero alla ricerca di qualcosa di più adatto alle loro necessità e lo trovarono nel lanciarazzi Mecar RL-83 da 83 mm, arma simile al Bazooka ma con congegno di sparo a percussione meccanica, per cui privo di quei problemi che hanno in mare le armi ad accensione elettrica. Dato che in Italia fu acquistato solo dalla Marina Militare, vogliamo ricordare che aveva una lunghezza di 170 cm, che si riducevano a 92 quando la canna era retratta (cosa che ne semplificava il trasporto) e bipede ribaltabile. Il peso massimo (a vuoto ma con ottica) era di 8,4 kg, con un raggio operativo massimo fra i 400 e i 900 metri (a secondo che impiegasse mire metalliche, ottiche o una mira ausiliaria). Poteva utilizzare vari tipi di proiettili, fra cui l'alto esplosivo (HE), il perforante a carica cava (HEAT), l'illuminante, l'incendiario e il fumogeno; la qual cosa ne esaltava la flessibilità operativa. Ancora oggi i veterani narrano della sua affidabilità: "Funzionava anche a martellate" ci hanno detto.

 

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Il lanciarazzi belga Mecar RL-83 da 83 mm Blindicide era un'arma ad accensione meccanica del razzo, quindi adatta all'impiego in mare. Non è più in servizio da tempo

 

Con il passare del tempo, il BLINDICIDE invecchiava, sia sotto il profilo operativo che per quanto riguardava le capacità del munizionamento, in particolare le capacità di perforazione della testata HEAT. Il reparto fu dotato del piccolo cannone senza rinculo da 84 mm CARL GUSTAV, all'epoca realizzato dalla svedese FFV (oggi all'interno del Gruppo Bofors), arma affidabile e potente, con un ampio spettro di munizionamento. Lungo appena 113 cm, pesa 14,2 kg, con un raggio effettivo del munizionamento HEAT di 500 metri, 1.000 per gli altri tipi di proiettili utilizzabili escluso l'illuminante che arriva a 2.000 metri. Si tratta di un'arma molto interessante, pur nella sua semplicità, costantemente aggiornata fino ai nostri giorni, in particolare nel munizionamento e nei sistemi di mira.

Quest'arma si prestava molto all'esigenze del GOI, in quanto si tratta di un piccolo cannone "tascabile". Ricordiamo che alla Georgia Australe, nel 1982, il piccolissimo reparto di Royal Marines che la presidiava, aveva proprio in un CARL GUSTAV l'arma più potente e riuscì a danneggiare una fregata argentina. Quest'arma potrebbe essere utilizzata per colpire bersagli (terrestri ma anche navali), che non sono assolutamente raggiungibili a causa della situazione tattica. Depositi di carburante, installazioni industriali, velivoli al parcheggio, depositi di munizioni, navi in prossimità delle coste e via proseguendo. In Italia è stata adottata solo dal GOI.

Per la lotta controcarro, negli Anni '80 fu scelta un'altra arma rivoluzionaria, vale a dire il tedesco MBB ARMBRUST 300. Si tratta di un'arma "usa e getta", dalla bassa segnatura luminosa e acustica, in quanto il razzo, a carica HEAT, viene lanciato tramite una piccola carica che agisce sulla parte posteriore del razzo e su di una contromossa di materiale inerte, spinti da due pistoni che, a fine corsa, s'incastrano alle estremità della canna (che rimane in pressione). In questo modo, a differenza di tutti i lanciarazzi dell'epoca, può essere utilizzato sparando anche dall'interno di locali chiusi. Impermeabile, pesante appena 6,3 kg, realizzato in fibre di vetro, ha un raggio effettivo di 300 metri. Prodotto poi a Singapore, l'abbiamo incontrato durante il conflitto in Croazia. Attualmente non è più in servizio da alcuni anni con il reparto.

A questo punto si rendevano necessarie nuove armi anticarro e per questo furono scelti due lanciarazzi, vale a dire il tedesco PANZERFAUST 3 e lo spagnolo Instalaza C-90, entrambi distribuiti poi anche al Reggimento SAN MARCO. Il PANZER-FAUST 3, ultimo erede di una famiglia iniziata dai Panzerfaust del periodo bellico (da cui si sono largamente ispirati i sovietici per i loro RPG-1, una copia del Panzerfaust 150, RPG-2 e RPG-7). è una delle armi più potenti della sua categoria, con un ampio spettro di munizionamento disponibile: anticarro (anche con testata perforante in tandem, per avere ragione anche delle protezioni reattive), HE, illuminante, fumogena. La gittata massima controcarro è di 300 m contro bersagli mobili che salgono a 500 contro bersagli fissi. Ottica di puntamento e impugnatura vengono applicate sul contenitore ermetico dell'arma, per poi essere riutilizzate. Il potere perforante della testata "basica" è di oltre 700 mm in acciaio omogeneo.

Il C-90 è un lanciarazzi non ricaricabile, del calibro di 90 mm, con una lunghezza di 840 mm e un peso complessivo di 4,2 kg. La gittata utile nel tiro anticarro è di 200 metri ma esistono anche armi caricate con altri tipi di munizionamento (a frammentazione, illuminante ecc.), a secondo delle necessità operative. La capacità di penetrazione in acciaio omogeneo è di 400 mm ed è stato adottato anche dal Reggimento SAN MARCO. C-90 e PANZERFAUST 3, sono utilizzate anche per la difesa ravvicinata del naviglio militare italiano in acque costiere e ristrette, nonché nei porti, dove vi è il rischio di attacchi suicidi condotti da personale a bordo di naviglio leggero. Ovviamente alcuni elementi sono abilitati anche all'impiego dei sistemi missilistici filoguidati MILAN, non tanto nell'ipotesi di un impiego contro mezzi corazzati, abbastanza improbabile, quanto come arma per centrare, da distanza, particolari obiettivi, come depositi di munizione, depositi di carburante ma anche unità navale. E' facile ipotizzare cosa accadrebbe se una di queste armi raggiungesse uno dei contenitori/lanciatori per missili che si trovano sul ponte di molte unità da combattimento o la centrale di combattimento, dove fanno capo i sensori dell'unità.

Il personale del reparto è addestrato anche all'impiego di lanciagranate da 40 mm monocolo HK-69 GRANATPISTOLE, e potrebbero essere in dotazione anche i nuovi lanciagranate automatici da 40 mm della HK, un'arma molto potente e precisa, con un sofisticato sistema di puntamento, che sarà installata anche a bordo dei nuovi fuoristrada e dei gommoni a chiglia rigida, conferendogli una potenza non indifferente.

 

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Appartenente al Reggimento con un lanciarazzi da 90 mm C-90, qui ripreso in Kosovo nel 1999. Quest'arma è stata adottata per prima in Italia dal GOI

 

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Bello l'M60. Ma una domanda. Ora che l'america cederà l'M4 all'Italia, ora tutte le forse armate, sia speciali che non, useranno quest'arma come arma "principale" negli addestramenti?

 

in che senso? il futuro fucile delle FFAA italiane e' il Beretta.

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ESPLOSIVI

 

Un discorso particolare va fatto per il fondamentale settore degli esplosivi. Già all'epoca venivano realizzate cariche per i vari compiti, che andavano dal minamento subacqueo alle cariche cave contro strutture particolarmente resistenti (come le fortificazioni). Si lavorava molto intorno agli esplosivi al plastico, i più adatti per molti compiti, affiancandoli a cariche di tritolo (T-l, T-2, T-3, T-4, via, via che si rendevano disponibili), All'inizio i corsi di esplosivi si tenevano alla Cecchignola,presso la Scuola del Genio dell'Esercito. Anche in questo caso erano in servizio molti reduci del secondo conflitto mondiale, in grado di trasmettere un considerevole bagaglio di esperienze. Le caratteristiche degli esplosivi debbono variare in funzione dei bersagli da colpire. Per esempio, per quelli navali in genere devono avere azione estesa, per provocare cospicue vie d'acqua. Vi sono grosse differenze anche fra i diversi bersagli terrestri, per esempio strutture non protette, strutture protette o elementi in ferro e acciaio. Le cariche mutano anche sulla base del tempo che si ha a disposizione. Per esempio, se si hanno tempi ristretti su di un ponte, è molto meglio utilizzare "cariche taglianti", in pratica cariche cave lineari, che concentrano la loro azione in modo da tagliare le strutture. Anche contro i bersagli navali è importante disporre appropriatamente le cariche, sempre mirando all'opera viva, vale a dire la parte immersa. Le eliche, gli assi porta eliche, rappresentano punti altamente sensibili, così come quelli sottostanti i locali macchine (ampi spazi forzatamente a compartimentazione ridotta, con importanti macchinari).

Sistemare una carica esplosiva sotto la chiglia di una unità, è molto meno semplice di quanto si pensi e di quanto si veda nei film. Sistemi magnetici sono validi solo per le cariche di potenza ridotta, comunque valide (specie se applicate in numero adeguato), contro le piccole unità navali militari e le navi mercantili, la cui compartimentazione è molto meno spinta. Per le cariche più pesanti, è necessario un'ancoraggio meccanico, generalmente con morsetti applicate alle alette antirollio, ai timoni o all'elica. Vi è da dire che l'attacco a bersagli maggiori, oltre le 10.000 tonnellate, si sono drasticamente ridotte Il GOI dispone di vari tipi di cariche da utilizzare contro bersagli navali ma anche questo è un settore su cui non trapela niente (per evitare di rendere più semplici le contromisure), salvo gualche immagine dove si vedono vecchi "bauletti" esplosivi, utilizzati per l'addestramento basico. Queste cariche hanno galleggiabilità neutra, in modo da non arrecare ulteriori complicazioni durante la navigazione subacquea. Il personale viene attentamente addestrato a piazzare e innescare correttamente le cariche, di notte e in condizioni climatiche difficili, per esempio nelle scure acque dei porti e d'inverno.

 

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Due incursori intenti a simulare un attacco a un bersaglio navale con una carica esplosiva

 

Un tempo uno degli esercizi più spettacolari era far esplodere (nella sabbia) delle cariche belliche, con gli allievi disposti, nella opportuna posizione, a pochi metri di distanza, in modo da migliorare le proprie doti di autocontrollo. Non per niente, la cerimonia di consegna del brevetto d'incursore, è rimarcata dall'esplosione di un grosso petardo. Il personale si addestra all'impiego di cariche esplosive, di potenza ridotta, per la rimozione di ostacoli e l'apertura di porte di ogni tipo, magari nell'ambito di azioni volte al recupero di ostaggi prigionieri di terroristi.

Dato che non è affatto escluso che gli incursori debbano affrontare campi minati e trappole esplosive di ogni tipo (specialmente nei nuovi teatri d'operazione), anche questo settore viene adeguatamente curato, sfruttando anche la grande esperienza italiana in questo campo.

 

BOMBE A MANO

 

La Marina Militare, mise a disposizione dei suoi incursori delle bombe a mano Mk.2 difensive statunitensi (le classiche "ananas" a dadoni) per l'impiego, andando ad affiancare le più leggere SRCM, utilizzate in gran numero durante gli addestramenti.

In tempi successivi, furono adottate le granate offensive di produzione nazionale V-40. Bisogna ricordare che spesso, nei primi decenni del reparto, per i combattimenti ravvicinati, per esempio in ambito urbano, era previsto l'impiego di piccole "saponette" di tritolo da 100 grammi, innescate con capsula detonante da 8 mm, con una miccia a lenta combustione da 4-5 secondi. L'accensione avveniva tramite un accenditore a sfregamento, un oggetto abbastanza particolare. I problemi, con qualche incidente, nascevano dato i diversi tempi di combustione della miccia.

Da sempre il reparto è dotato di grossi petardi, con accensione a sfregamento, utilizzati non solo per l'addestramento (e un tempo anche per alcuni scherzi decisamente rumorosi) ma anche per la cerimonia della consegna dei brevetti. Dalla fine degli Anni '70, sono in dotazione anche granate del tipo "flash bang", per stordire e accecare per esempio terroristi che tengono sotto le loro minacce uno o più ostaggi.

 

LAME

 

Gli incursori della Marina Militare hanno il pugnale nel loro simbolo, così come molte altre forze speciali, in quanto quest'arma è da sempre sinonimo di combattimento ravvicinato, dove più importanti sono le doti di coraggio e capacità professionali.

All'inizio ci si arrangiava con pugnali residuati del periodo bellico, in particolare con quello dei paracadutisti. Successivamente venne realizzata una lama specifica, adatta all'impiego anche in ambiente marino, dove alcune componenti, come il cuoio, subiscono un rapido logoramento. Oggi ogni operatore riceve due lame in dotazione, incluso una daga della Gerber, con il relativo addestramento all'impiego adeguatamente curato, sfruttando anche la grande esperienza italiana in questo campo.

 

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  • 2 settimane dopo...

L'EQUIPAGGIAMENTO SUBACQUEO

 

Gli incursori del Raggruppamento TESEO TESEI, da sempre si muovono sott'acqua, per cui, fin dalla II Guerra Mondiale, hanno utilizzato speciali indumenti protettivi, quali il vestito Belloni, una combinazione decisamente rigida e non adatta al nuoto, ma solo a piccoli spostamenti nei pressi dei mezzi d'assalto.

In effetti gli incursori, quando ripresero l'attività, utilizzavano in modo molto più esteso la cosiddetta "tenuta Gamma", vale a dire una tuta in gomma in due pezzi ( "camiciaccio" e pantaloni completi di piedi), con al collo e polsini in gomma fine, chiudibili, il cui primo modello era stato utilizzato durante la II Guerra Mondiale. Sotto questa tenuta, venivano portate le "lane", vale a dire componenti in lana per meglio conservare il calore umano. Sul capo veniva portata una cuffia in lanetta, chiusa sotto il mento, così come in lanetta erano i guanti. In vita questa tenuta veniva chiusa con il "canguro", una sorta di cintura in gomma, semirigida, che ne avrebbe dovuto garantire la tenuta stagna.

La "tenuta Gamma" era realizzata all'inizio dalla ditta Sanna e poi dalla Pirelli. Questo capo è rimasto in servizio fino a quando non è stato sostituito con tute in neoprene, di varia origine, sempre in colori opachi e in continuo perfezionate.

 

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Incursori in tenuta GAMMA armati di Beretta M-12 con spegnifiamma adottata dalla Marina Militare nei primi Anni '60. Oggi non è più in uso

 

 

Il freddo è un avversario molto insidioso in acqua, per cui sono stati fatti continui sforzi per migliorare l'equipaggiamento, con mute e sottomute, completi di calzari e scarpino, utile quando ci si deve muovere sulla terra, in particolare sulle rocce. Anche per le pinne vi è stato un continuo processo di miglioramento, tenendo presente che non si possono utilizzare pinne troppo grandi quando ci si deve muovere su terra dopo l'avvicinamento, quando potrebbero dar noia (nel tempo sono stati studiati vari sistemi per trasportare le pinne e la maschera fuori dall'acqua).

 

 

 

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Dettaglio del boccaglio dell'autorespiratore Caimano IIC, con in evidenza anche la cuffia e il microfono individuale impermeabili, per essere in contatto con il resto della squadra

 

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Fuoriuscita dall'acqua di due operatori dotati di autorespiratore a circuito chiuso Caimano II, una delle più moderne realizzazioni in questo settore

 

Dopo aver utilizzato pinne di varia foggia, attualmente si è ritornati a un modello più compatto, con estremità a coda di rondine, che ricorda alcuni dei modelli utilizzati durante la II Guerra Mondiale. Il sistema di bloccaggio è sempre stato a laccio regolabile posteriore, in modo da consentire di calzarle e toglierle velocemente. Se la missione proveniva dal mare ed era destinata in profondità, il personale si cambiava altrimenti operava sempre con la muta, magari fissando le pinne all'altezza delle cosce.

In addestramento si è fatto e si fa ricorso anche a mute di tipo commerciale, in quanto meno costose di quelle militari. In questo modo si tende a risparmiarle, in quanto nella dura attività operativa, le mute tendono a lacerarsi con una certa frequenza. Qualcuno ricorderà quando il reparto sfilava su via dei Fori Imperiali, il 2 giugno. All'inizio lo fece con le tute Gamma, ma il calore rendeva la cosa veramente pesante, considerando che vi era anche l'apparato erogatore, con le bombole. Per questo furono realizzate delle tenute proprio per queste circostanze, identiche solo all'apparenza, molto più leggere. E anche gli erogatori furono realizzati con finte bombole in legno. Per quanto riguarda la maschera subacquea, anche qui si riparti con il materiale del periodo bellico recuperato. Al modello gran facciale, seguì la "Pinocchio", con alloggiamento per il naso che facilitava la manovra di compensazione in immersione.

Per quanto riguarda l'importantissimo settore degli autorespiratori, il reparto ha sempre utilizzato apparati ARO (Auto Respiratori ad Ossigeno) a circuito chiuso, dalla lunga autonomia (ricicla l'area fissando l'anidride carbonica su di una cartuccia di calce sdodata) e senza rilascio alla superficie di bollicine rivelatrici. Le sue bombole contengono ossigeno in percentuale pari al 95-99%, con una pressione di 200 atmosfere (1 atsmosfera= 1 kg di pressione per centimetro quadrato). L'aria ispirata proviene da un sacco polmone dove, una volta espirata, viene filtrata. La presenza del sacco polmone, con il suo volume di aria, determina qualche problema di assetto e necessita di una buona tecnica. I respiratori ARO si dividono in "pendolari (se inspirazione e espirazione avvengono attraverso un solo tubo) oppure "ciclici" (quando vi è un tubo che porta l'aria fresca e uno in cui finisce quella emessa dall'operatore nel ciclo respiratorio).

 

Gli autorespiratori ARO, vanno utilizzati solo da personale esperto. Per esempio non si può passare una quota d'immersione di 18 metri, pena grossi rischi. All'inizio vennero utilizzati gli autorespiratori Pirelli G-50, i medesimi del periodo bellico, utilizzati estesamente anche per l'attività di recupero successivi al periodo bellico, quando i porti erano ingombri di carcasse di navi.

Successivamente si passò al Modello G-51 e poi al successivo G-52. Fu introdotto anche un sistema automatico per l'arricchimento della miscela respirata con ossigeno. Ci è stato detto che l'apparato dava dei problemi e si preferiva continuare a ricorrere all'arricchimento manuale dell'ossigeno, quando se ne avvertiva la necessità.

In tempi più recenti è stato scelto il modello CAIMANO I, seguito poi dal CAIMANO II C, un apparato messo a punto con la collaborazione del COMSUBIN. E' in grado di funzionare correttamente in ogni tipo di ambiente (acque più calde e acque più fredde) ed è molto rustico; inoltre la sostituzione della pasticca di calce sodata è rapida e semplice. L'apporto dell'ossigeno avviene in modo manuale, in modo da consentire un dosaggio molto accurato, indispensabile per l'equilibratura in acqua, onde poter effettuare affioramenti precisi per poi sparire sotto la superficie con altrettanta facilità. E' dotato di un siste­ma di fissaggio al corpo di un robusto "jack", con cui ripartire il carico molto meglio che non con i vecchi sistemi di cinghie. Il "jack" contiene anche la zavorra, sistemata sulla schiena, in modo da affaticare molto meno le zone lombari rispetto alle classiche cinture, ed eventualmente sganciabile rapidamente in caso di necessità. In associazione a questo sistema di trasporto, si può inserire anche un collare salvagente autogonfiabile, a comando manuale, che consente il galleggiamento di un operatore anche se completamente equipaggiato, zavorra compresa, qualora non sia stato possibile sganciarla. L'affioramento può avvenire comunque anche sfruttando il sacco polmonare. Il peso del CAIMANO MkII C è di 14,8 kg (pronto all'immersione), con una autonomia in immersione di circa 5 ore.

 

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Lo schema di massima del sistema ARO Caimano II, realizzato da una ditta nazionale su specifica del GOI

 

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Il "jack" del sistema per l'autorespiratore Caimano II C, con le due tasche verdi con equipaggiamento per la sopravvivenza e i pesi sui fianchi e sulla schiena, i secondi facilmente sganciabili

 

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L'autorespiratore ARO Caimano IIC, con la robusta carenatura che ricopre la bombola con l' ossigeno e il contenitore per il filtro in calce sodata

 

 

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Operatore del GOI su di un molo del Varignano, con il "jack" e l'autorespiratore del sistema Caimano II, messo a punto in collaborazione con il centro studi del Comsubin

 

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Dettaglio della parte posteriore del sistema Caimano II, con in evidenza i pesi utilizzati per l'assetto, che possono essere sganciati in emergenza

 

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L'IMPIEGO DI ELICOTTERI

 

La Marina Militare si dotò presto di elicotteri. Fra il 1958 e i primi Anni '60, giunsero i grossi elicotteri a pistoni Sikorsky SH-34, assegnati a quello che divenne poi il 1° Gruppo Elicotteri. L'elicottero poteva operare dalle prime unità portaelicotteri della Marina, depositando gli incursori in profondità nel territorio ostile. Ma soprattutto il personale poteva essere recuperato da questo tipo di vettori, magari dopo essere stati infiltrati con altri vettori, navali, aerei o terrestri. L'elicottero come mezzo d'infiltrazione e d'esfiltrazione, ha dei vantaggi ma anche degli svantaggi. Consente di infiltrare rapidamente e senza rischi di dispersione il personale, provvedendo anche al suo recupero. Gli elicotteri sono però relativamente lenti e vulnerabili, volando a bassa quota, con una grossa segnatura radar dovuta alle grandi pale. Inoltre anche la segnatura acustica è notevole. Per questo è maggiormente utilizzato per il recupero del personale, anche subacquei in mare.

La Marina si dotò dei monoturbina AB.205, più piccoli ma utilizzabili da tutte le unità navali dotate di ponte di volo. Il salto definitivo avvenne con l'entrata in servizio dei nuovi elicotteri biturbina SH-3 D SEA KING, realizzati su licenza in Italia. Sbarcando l'attrezzatura antisommergibile (in particolare il sonar filabile in mare e le relative consolle), era possibile imbarcare un buon numero di operatori, con buone caratteristiche di autonomia. I SEA KING possono addirittura ammarare in mare e flottare, se il mare è calmo. A Sarzana-Luni si installò il 2° Gruppo Elicotteri della Marina, che divenne il reparto specializzato nel supporto al GOI, data la vicinanza con il Varignano. Anzi, per velocizzare i tempi d'intervento su allarme, alla luce anche della viabilità locale, fu realizzato, dove un tempo vi era una batteria, un eliporto, dove gli operatori potevano essere prelevati con il relativo materiale, per essere trasferiti o all'aeroporto di Pisa o direttamente in zona d'intervento, in particolare in presenza di atti di terrorismo, che richiedono una risposta rapidissima.

Con gli elicotteri si poteva fare rapidissime discese sul ponte

delle unità navali mercantili, per esempio per controllarle o in caso di atto terroristico. L'elicottero ha tempi di avvicinamento al bersagli molto rapidi e i piloti della Marina sono particolarmente abili, abituati ad appontare su piccoli ponti anche in condizioni meteo molto difficili.

Entrarono in servizio anche i più piccoli biturbina AB.412, più potenti e sicuri per l'attività in mare, rispetto ai predecessori AB.205. Gli AB.212 potevano operare dal ponte di tutte le unità che disponevano di questa componente. L'elicottero offriva molte possibilità operative. Se ne ebbe una dimostrazione all'epoca del dirottamento dell'Achille Lauro. Un distaccamento del GOI venne trasferito ad Akotiri, una base britannica a Cipro. Con gli elicotteri furono trasferiti sull'incrociatore portaelicotteri VITTORIO VENETO con elicotteri, pronti a sbarcare con il medesimo tipo di vettore a bordo della grande nave da crociera, un'operazione molto delicata, per la presenza di molti ostacoli.

Con il tempo gli elicotteri SH-3D sono stati migliorati per questa attività d'assalto. Per esempio, i piloti furono dotati di visori notturni e poi di un cupolino con l'apparecchiatura FLIR (Forward Looking Infra Red, visore anteriore infrarosso), per operare in modo disinvolto durante la notte, quando si svolgono la maggior parte di questo tipo di attività. Questi mezzi sono stati dotati anche di contromisure elettroniche, dovendo operare anche sul territorio avversario.

Abbiamo visto più volte la velocità con cui gli elicotteri si avventano sul bersaglio, "frenano" in aria, filano il "barbettone" (la grossa corda per la discesa), con gli operatori che lo discendono rapidissimi.

 

 

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Un SH-3D durante addestramento con operatori del GOI nel seno del Varignano

 

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Un elicottero SH-3D della Marina durante la violenta manovra per rallentare subito prima del rilascio di operatori del GOI

 

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Reimbarco su di un elicottero SH-3D della Marina in hovering, tramite una scaletta di corda

 

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Discesa da un SH-3 D Sea King della marina con il metodo del barbettone ("fast rope" in inglese), a bordo di una piattaforma off-shore

 

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Sbarco di operatori del G.O.I. sul ponte della nave San Marco. Al reparto spettano anche compiti di antiterrorismo navale

 

 

 

IL NUOVO EH-101

 

L'SH-3D SEA KING era una buona macchina (è ancora in servizio con numerose marine dopo quattro decenni) ma non rispondeva alle sempre più pressanti necessità del GOI. In particolare i velivoli italiani non dispongono, a differenza della versione COMMANDO, del portellone posteriore assiale, che consente l'imbarco di mezzi e carichi ingombranti. La soluzione è arrivata con il nuovo Agusta/Westland EH-101, un vero gioiello tecnologico, sviluppato su richiesta della Marina Militare e della Royal Navy. Molto potente, trimotore, sta avendo un enorme successo commerciale, ed è stato scelto dai Marines anche come elicottero presidenziale, con la denominazione US-101. In effetti è praticamente l'unico elicottero moderno di questa categoria. Nella versione "Utilità" (alcuni dei quali sono stati ordinati dalla M.M.) dispongono di rampa assiale posteriore, con ottime capacità di carico, come per esempio nel caso di rilascio in mare di gommoni. Quelli più potenti possono essere trasportati al gancio baricentrico. L'elettronica è molto spinta, disponendo di radioausili e di capolino FLIR per una navigazione sicura a bassa quota. Inoltre i mezzi della Marina saranno dotati di contromisure elettroniche, per scoprire emissioni radar ostili e per sganciare inganni elettronici ("chaff") e infrarossi ("flares"), onde contrastare eventuali minacce, tenendo conto che la gran parte delle missioni avviene con la copertura dell'oscurità. A prua è stato istallato un FLIR, fornito di camera termica avanzata, mentre l'equipaggio dispone di visori termici individuali (per questo tutti i pannelli possono essere illuminati in modo molto leggero, per non abbagliare gli operatori.

Il GOI opera con l'EH-101 da qualche anno avendo sperimentato le potenzialità di questo nuovo velivolo. Sicuramente il GOI riuscirà a sfruttare al meglio le grandi potenzialità di que­sto elicottero da trasporto, ai vertici della sua categoria. In futuro probabilmente saranno dotati anche di sonda per il rifornimento in volo, in modo da estendere notevolmente il raggio operativo.

 

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Incursori s’imbarcano direttamente dal mare a bordo di uno dei nuovi EH-101 della Marina

 

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Un elicottero trimotore EH-101, dotato anche di FLIR anteriore, e un più piccolo bimotore AB.212 della Marina. L'elicottero si presta per l'infiltrazione e l'estrazione di elementi delle forze speciali. L'EH-101 offre prestazioni ai vertici della categoria

 

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GOMMONI

 

Gli incursori della Marina Militare utilizzano gommoni, fin dall'inizio della loro attività. In quegli anni venivano impiegati battelli non motorizzati, spinti da remi, per esempio per prendere terra partendo da sottomarini, dove ragioni d'ingombro impediscono il trasporto di battelli a scafo rigido. I gommoni sono rimasti in servizio al reparto, con la progressiva introduzione di battelli motorizzati. Vennero acquisiti mezzi che potevano essere aviolanciati (o sganciati da gancio baricentrico di un elicottero), con installato anche il propulsore. Giunti in acqua, iniziavano a gonfiarsi e, aperto il tubo dell'alimentazione e tolti i tappi alle prese d'aria del motore, potevano essere avviati, potendo condurre azioni in profondità, sfruttando le tecniche dell'aviolancio da velivoli da trasporto C-130 o G-222. Ma i gommoni a chiglia semi-rigida, non potevano reggere motori di potenza troppo elevata, in quanto la chiglia (con tubolari gonfiati e rinforzati da inserti ma non in un unico pezzo), non poteva reggere sollecitazioni troppo grandi. Il panorama cambiò radicalmente con l'introduzione in servizio dei gommoni a chiglia rigida, con una struttura in fibra di vetro rinfor zata. In questo modo si potevano sfruttare motori fuoribordo o entrobordo di grande potenza e raggiungere velocità molto alte anche con mare non calmo. Tutto questo con la leggerezza e la sicurezza offerta dai gommoni.

 

 

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Due squadre del GOI pronte a muovere a bordo dei loro potenti mezzi. Gran parte dell 'attività addestrativa del reparto, si svolge nelle ore notturne

 

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Distaccamento del GOI a bordo di uno dei grandi gommoni a chiglia rigida del reparto

 

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Passaggio in velocità, con lancio di petardi (di cui si nota il fumo), in occasione del cinquantesimo del reparto

 

 

Attualmente il gommone di punta del GOI è rappresentato dall'HURRICANE da 7,33 m a chiglia rigida, un mezzo da 2.800 kg di peso, dotato anche di radar e GPS, spinto da due fuoribordo da 200 cavalli. L'equipaggio è composto da due operatori. Davanti troviamo il pilota mentre dietro vi è il comandante che dispone anche dello schermo del radar, la cui antenna è montata posteriormente. A prua troviamo un supporto per una mitragliatrice fino a 12,7x99 mm oppure un lanciagranate automatico da 40 mm. Quando ci si trova su mezzi come questi, che filano ad anche oltre 35 nodi, il personale è sottoposto a forti sollecitazioni, per cui deve avere solidi appigli, pena il rischio di volare fuori bordo. In questo caso ogni operatore dispone di un'apposita "sella", con anche dei passanti dove ancorarsi con i piedi, per aiutarsi a mantenere il controllo. Si tratta di mezzi relativamente leggeri, facilmente aviotrasportabili e rimorchiabili su terra. In passato è stata seguita la strada della propulsione con idrogetti, ma non ha dato buoni risultati, in quanto in teatri come il Mediterraneo, le onde hanno una frequenza relativamente ridotta, per cui il mezzo, ad alta velocità, si può trovare spesso con il piede di presa a mare fuori dall'acqua, la qual cosa provoca un'alimentazione non regolare dell'idrogetto e dei sistemi di raffreddamento del propulsione, con l'insorgere di vari problemi. Poi vi è sempre il rischio dell'ingestione di corpi estranei, anche in questo caso problematici per l'afflusso dell'acqua al propulsore. La propulsione è assicurata da due propulsori da 200 hp. Per l'attività addestrativa normale sono impiegati motori di produzione commerciale ma in operazione si fa ricorso a propulsori militari di tipo silenziato, che rendono più discreto l'impiego quando ci si avvicina alla costa avversaria, sfruttando i visori notturni e le nuove camere termiche. A bordo, oltre ai due membri d'equipaggio, trova posto un distaccamento al completo, con tutto l'equipaggiamento.

Battelli di questo tipo possono agire su distanze significative, dell'ordine tranquillamente delle 100-150 miglia (anche se con mare agitato i tempi di percorrenza si allungano), colpire e rien trare sull'unità da cui erano partite o a un territorio amico. I gommoni si prestano anche per le operazione di "boarding " quando vi è da controllare una nave in alto mare e le condizio­ni atmosferiche sono sufficientemente buone. In questa veste sono stati utilizzati intensamente in questi ultimi anni. Inoltre si prestano anche alle operazioni di controllo ravvicinato, per esempio contro possibili assaltatori avversari, anche in acque ristrette. A tale proposito vogliamo ricordare come nel luglio 2001, il GOI, insieme al GOS, controllò le unità navali su cui erano ospitati gli invitati al G8 di Genova, quando la minaccia terroristica era molto elevata e tali unità rappresentavano un bersaglio eccellente sotto tutti i punti di vista.

 

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Luglio 2001.Elementi del GOI proteggono capi di stato e le delegazioni durante il G8 di Genova

 

Attualmente la tendenza è a realizzare carene rigide non più in fibra di vetro ma addirittura in alluminio, essendo risultato più robusto e facile da mantenere nel tempo. Le camere d'aria tubolari possono essere realizzate anche in materiali balistici a prova di proiettile, la qual cosa offre un'ulteriore protezione e rende questi battelli ancora più interessanti per impieghi estre­mamente difficili, come quelli svolti dagli incursori.

 

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Attività con gommoni Hurricane durante una dimostrazione delle ca­pacità operative del reparto

 

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Bella immagine di un Hurricane durante una virata stretta

 

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Particolare della timoneria di un gommone Hurricane. Ad alta velocità, il personale viene sottoposto a sollecitazioni di tutto rilievo

 

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Gommoni Zodiac Hurricane a chiglia rigida del G.O.I., in navigazione rapida all'interno del seno del Varignano, sede del COMSUBIN

 

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Gommone del GOI in navigazione veloce nel Golfo di la Spezia. Il personale è sistemato su apposite selle con staffe, per non essere sbalzato fuori. Notare il radar, la mitragliatrice Minimi posteriore e il silenziatore di una carabina M-4 che spunta al centro

 

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  • 2 settimane dopo...

L’IMPIEGO CONTRO IL TERRORISMO

 

Negli Anni 70, l'Italia era alle prese con violenti fenomeni terroristici. Quello interno, da parte di formazioni di estrema sinistra, dava crescenti problemi e, in più, quello internazionale (in particolare quello di natura araba) portava a termine azioni sempre più pericolose. Le forze di polizia all'epoca non disponevano di unità specifiche in grado di fronteggiare attacchi terroristici, come dirottamenti, sequestri e via proseguendo. Del resto perfino la Germania era apparsa impreparata davanti ad azioni terroristiche come l'attacco al villaggio olimpico di Monaco nel 1972. Nel 1977, per iniziativa dell'allora ministro dell'interno Francesco Cossiga, fu deciso di approntare unità adatte a questo scopo. Fra le forze disponibili all'epoca, il Gruppo Operativo Incursori era quello che aveva la miglior preparazione all'impiego delle armi e, comunque, ad azioni brevi ma molto intense, il tutto con tempi di reazione estremamente contenuti anche per allarmi improvvisi, per cui venne deciso di allestire - con la massima urgenza, dei team antiterroristici, con il contributo anche di fondi del Ministero dell'Interno, dato che si trattava di una necessità che esulava i compiti tradizionali. Furono acquisite nuove armi (come le pistole mitragliatrici Heckler und Koch MP-5) e appositi equipaggiamenti. Per migliorare la preparazione specifica, ci si rivolse all'esperienza dello Special Air Service britannico, già da anni utilizzato in questo difficile compito. Si trattava di acqusire nuove tecniche operative, sicuramente meno impegnative dal punto di vista fisico (rispetto all'attacco in mare) ma sempre impegnative. Fu migliorata la capacità d'irruzione in locali, su velivoli di linea (eventualmente in mano a dirottatori) e ovviamente non venne trascurato l'antiterrorismo navale, sfruttando la vocazione navale del reparto. Il reparto del G.O.I. addetto all'antiterrorismo, prese il nome di TEAM TORRE, ispirandosi al nome dell'analogo reparto dell'S.A.S. , denominato PAGODA TEAM, da cui passarono, per l'addestramento, quasi tutti i nuovi reparti antiterroristici occidentali. Ovviamente, data la ridotta consistenza numerica del Gruppo Operativo, non si poteva pensare a personale esclusivamente dedicato a questo compito ma si trattava di operatori già qualificati che si specializzavano a questo compito. Essenziale era la loro rapidissima disponibilità e la loro mobilità. In un'epoca in cui non vi erano ancora i telefoni cellulari, la rapida reperibilità del personale era fondamentale, la qual cosa costringeva il personale pronto all'azione a rimanere a disposizione in sede. Il trasporto era assicurato dagli elicotteri SH-3 D della Marina Militare di base a Luni, i quali, in caso di necessità, sarebbero venuti a prelevare il personale al Varignano, sfruttando l'eliporto interno.

Per migliorare la precisione al tiro ravvicinato, venne acquisito anche un poligono elettronico trasportabile, in modo da poterlo installare in vari ambienti, per meglio simulare i vari casi d'intervento. Furono iniziate esercitazioni per l'addestramento alle cosiddette "irruzione di saturazione" (velocissima entrata da più punti) su velivoli di linea (un compito sempre molto delicato). Il reparto iniziò anche a partecipare alla formazione dei nuovi reparti antiterroristici, come il Gruppo d'Intervento Speciale (G.I.S.) dei Carabinieri e il Nucleo Operativo Centrale Speciale (N.O.C.S.) della Polizia di Stato. Ma in virtù dell'alta preparazione professionale, per il G.O.I. sono transitati e transitano anche specialisti di altri corpi, come i tiratori scelti della Guardia di Finanza, solo per fare un nome.

 

 

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Un'immagine attuale del COMSUBIN. Un distaccamento del Teseo Tesei con equipaggiamento antiterroristico. Notare le pistole mitragliatrici Heckler und Koch MP-5, il caschetto protettivo leggero, con lampada stroboscopica e la particolare buffetteria

 

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Roma - Aeroporto di Fiumicino operatori del team torre durante un addestramento di antiterrorismo su aerei di linea

 

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Addestramento alle irruzioni. Notare la tuta azzurra, il caschetto Protech, il fucile a pompa, usato per forzare il lucchetto, la granata "flash bang" impugnata dall'operatore in primo piano

 

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Addestramento antiterroristico. Notare la H&K MP-5 dotata di mirino Trijicom Reflex e torcia Sure Fire, la luce stroboscopica sul casco Prothech, il particolare gibernaggio

 

Un piccolo accenno meritano poi "le navi addestramento" , una fra queste era la PIETRO CAVEZZALE, impostata nel 1942, varata nel 1943 consegnata nel 1944, come nave appoggio idrovolanti OYSTER BAY (classe "Bernegat"), utilizzata poi anche come nave appoggio per motosiluranti. Ceduta dall'US Navy nel i 1957, l'unità, 2.800 tonnellate di dislocamento 96 metri di lunghezza, si prestava all'impiego presso il COMSUBIN, anche per la presenza di una grande gru brandeggiabile per 360°, utile, per esempio, per calare anche apparecchiature di un certo peso. A bordo vi erano state installate camere iperbariche, apparati per la ricarica delle bombole e un'attrezzata officina. L'unità poteva fungere anche da base avanzata per i mezzi d'assalto, con a bordo l'officina per la loro manutenzione.

 

 

Ritirata dal servizio a metà degli Anni '90, venne ancorata nel seno del Varignano, per essere utilizzata per l'addestramento in primo luogo del GOI, fungendo da bersaglio per l'addestramento al muramento in carena e per le tecniche di assalto e combattimento a bordo. Un compito in precedenza ricoperto dallo scafo della vecchia fregata CANOPO. Nel 2001 la CAVEZZALE, oramai in precarie condizioni complessive, è stata sostituita come "nave bersaglio" (anche per l'addestramento all'elisbarco a bordo) dalla ex cisterna per acqua BRADANO (A 27), consegnata nel 1972, 1.914 tonnellate di dislocamento.

 

L'unità si presta meno bene all'addestramento al com battimento e all'azione a bordo, in quanto dispone di pochi locali abitabili, essendo gran parte dello spazio occupato da cisterne.

 

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Abbordaggio su nave Bradano , utilizzata per l’addestramento

 

 

Quella che segue è una spettacolare sequenza di attacco, con avvicinamento in immersione, alla nave Bradano, che si suppone sia sotto il controllo di terroristi. Gli incursori utilizzano una scaletta estensibile rigida, con rampini, attraverso la quale salgono a bordo, preparano la fase finale dell'irruzione, che si svolge in tempi rapidissimi, provvedendo poi alla bonifica dei locali; una tecnica particolare, specifica per le unità navali, in cui, per esempio, si ha a che fare con portelloni bloccabili e robusti, nonché pareti in ferro che favoriscono i rimbalzi dei colpi

 

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