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la fine di mastella


Leviathan

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L'acquisto di senatori un tanto al chilo non è servito a far cadere Prodi.

Serviva Mastella che ora, esiliato dalla sinistra, schifato eprsino dalla destra vede ilc rollo dell'udeur

 

L’Udeur si squaglia, scappano onorevoli, cacicchi e anche il vicesindaco di Ceppaloni

FEDERICO GEREMICCA

ROMA

L’ultima e più cattiva delle battute coniate a corollario della liquefazione dell’Udeur - e del malinconico declino del suo leader, Mastella - recita così: «Ormai ci manca solo che pure la moglie lasci Clemente...». Infatti, tutti quelli che potevano farlo lo hanno già fatto: senatori, deputati, vicesegretari, amici d’infanzia e perfino il vicesindaco di Ceppaloni, che è come se - si perdoni il paragone - Gianni Letta abbandonasse il Cavaliere: ma poiché ha «appreso della decisione di candidare il dottor Cataudo Claudio a sindaco di Ceppaloni e il cugino dottor Cataudo Alfredo alla Provincia, per altro ambedue della frazione di Beltiglio», anche il vicesindaco Carmine Tranfa sbatté la porta e se andò.

 

Non sono molti gli esempi di partiti sbriciolatisi come grissini nel giro di un paio di settimane: il Psi di Bettino Craxi ci mise di più, e perfino per il Pcus - travolto dalla storia e non da De Magistris - ebbe una fine più laboriosa. L’Udeur, invece, si è dissolta in un batter di ciglia: tanto che ieri sera, chiuso in ufficio col suo capogruppo alla Camera, Fabris («Se almeno lui resterà con me? Non lo so...»), Mastella aveva serie difficoltà a compilare addirittura le liste: «Quando ci sono gli abbandoni candido la povera gente, gli umili», aveva spiegato di buon mattino di fronte alle telecamere di Canale 5. A sera, però, perfino trovare degli umili e della povera gente sembrava esser diventato un problema...

 

Tutti fuggiti a gambe levate, bruciante conferma di quanto fossero non commerciabili i valori fondanti del partito appena evaporato. Ieri, gli ultimi in ordine di tempo a disertare sono stati l’intero gruppo dirigente dell’Udeur umbro - parlamentari e segretari - e il noto senatore Tommaso Barbato: quello, per intenderci, che nell’aula di Palazzo Madama sputò sul collega Cusumano, reo di non aver voluto seguire l’Udeur nel voto col quale affossò il governo Prodi. Barbato se ne va rivendicando - si direbbe senza nemmeno autoironia - di non essersi «mai risparmiato in Campania e, da ultimo, nell’aula parlamentare del Senato»: luogo nel quale, effettivamente, nell’ultima tempestosa seduta non risparmiò né sugli insulti né sulla saliva.

 

Nel fine settimana aveva invece lasciato uno dei vicesegretari dell’Udeur, Antonio Satta: il sabato ha abbandonato il partito, la domenica ne ha fondato un altro, il Pas (Popolari autonomisti sardi). Vale la pena di citarlo, perché la lettera con la quale ha comunicato il suo addio a Mastella, offre la misura esatta di cosa sia nella realtà un “partito personale”: «Sono stato sempre corretto e amico vero... Sono stato vicino a te e alla tua famiglia con sincero affetto... Non merito il tuo gelo perché non sono un traditore e non mi sono mai divertito a trattare di qua o di là... Comprendo il tuo calvario e vorrei fare l’impossibile per rivederti di nuovo nel ruolo di vero, grande leader». Quasi una dolorosa lettera dopo un amore finito. Comunque, visto che nemmeno a Satta riesce l’impossibile, ha preferito accontentarsi del possibile: un nuovo partito, una nuova avventura e che Dio gliela mandi buona.

 

Ma in fondo è vero: quelli che scappano dall’Udeur lo fanno quasi con dolore, e certo obbligati dal fatto che la nave affonda. Perché Mastella ha davvero sempre avuto una parola buona per tutti, se poteva aiutare lo faceva, una raccomandazione qui, un aiuto lì, e poi le grandi abbuffate sannite, la festa del partito, un potere certo opprimente nel suo «regno» dove davvero non si muoveva foglia che Clemente non voglia. Un modo di far politica antico, del quale non se ne poteva più: ma invecchiato in un istante, troppo rapidamente perché Mastella riuscisse a rendersene conto. Nemmeno un mese fa difendeva a viso aperto la pratica della raccomandazione e la filosofia della lottizzazione: sicuro che anche stavolta la bufera sarebbe passata.

 

Non aveva colto il salto del tempo e quel che andava accadendo nei due grandi partiti in formazione. In verità, accoltellato Prodi, da Veltroni non s’aspettava niente: era da Berlusconi che s’attendeva riconoscenza. Sabato scorso, invece, ha capito che era finita: «Il discorso con Mastella è chiuso - sentenziò il Cavaliere -. Non c’è sintonia tra l’immagine rappresentata da un certo modo di fare politica e quello che è il sentimento del Popolo delle libertà». Non se l’aspettava, ma rinunciando - almeno per ora - a svelare promesse tradite e accordi violati, ha tentato di uscire di scena dignitosamente: «Se non avrò il voto della mia Campania, pazienza... torno a fare le cose che facevo da ragazzo». E in ultimo, una velenosa profezia: «Pare che io sia il male del Paese... Pazienza, se si elimina il male eliminando Mastella, ne sono contento. Ma davvero non credo che sarà così». Magari ha ragione. E come si dice in casi così, chi vivrà vedrà...

 

lastampa.it

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ROMA - «Sconfitto, prima ancora di essere probabilmente sconfitto sul campo, rinuncio a candidarmi». Clemente Mastella amareggiato fa dietrofront. E cinque giorni dopo l'annuncio della propria candidatura a premier alla testa di un partito in corsa solitaria alle elezioni di aprile, ci ripensa e si ritira del tutto dalla corsa. Lui che, in seguito all'arresto della moglie e all'apertura di un'indagine nei suoi confronti, ha di fatto provocato la caduta del governo Prodi, innescando il processo politico che ha portato al voto.

 

continua----> fonte corriere della sera

 

meno uno....

 

e per par condicio

 

 

Ambulanza come taxi, sei mesi a Selva

L'ex senatore di An (poi FI), condannato dal gup, rinuncia alla candidatura

 

 

 

ROMA -Si fece portare da un'ambulanza per raggiungere gli studi televisivi de La7 e partecipare a un dibattito sulla manifestazione anti Bush a Roma evitando i blocchi stradali: per questa vicenda che risale al 9 giugno 2007, il senatore Gustavo Selva , eletto con An e poi passato a Forza Italia, è stato condannato a sei mesi di reclusione, più 200 euro di multa, dal gup Maria Giulia De Marco, al termine del giudizio con rito abbreviato chiesto dagli avvocati Paola Rizzo e Alfredo Biondi.

 

 

 

EVVAI

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Chi è causa del suo mal pianga se stesso... :rotfl::rotfl:

Modificato da Paladin
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Rimanendo all'Udeur perderò la mia poltrona, corriamo ad iscriverci ad un altro partito che me ne garantisca una!

 

:pianto: Ma perchè in Italia l'unica cosa che conta è stare in politica e non fare politica? :pianto:

 

Questo a dimostrare la quantità e la qualità dei valori di un partito come l'Udeur, tirato su per dare lavoro statale ad un po'di gente, nella zona di Ceppaloni in particolare... Che schifo di partoto mamma mia... :wip41:

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il sig . Grillo gli dedica una poesia a mo' di epitaffio politico : «Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo di partito in partito, me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior dè tuoi gentil anni caduto. La Madre or sol suo dì tardo traendo parla di me col tuo cenere muto, ma io deluse a voi le palme tendo e sol da lunge i tetti di Ceppaloni saluto. Sento gli avversi numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch'io nel tuo porto quiete. Questo di tanti voti oggi ti resta! Gentil Clemente, almen le ossa rendi allora al petto degli italiani mesti.>>

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