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HILLARY CLINTON TROPPO FRANCA FA DISCUTERE WASHINGTON

di Marco Bardazzi

 

WASHINGTON - Ha dichiarato praticamente morto il dialogo con la Corea del Nord, criticato il Pakistan perché troppo morbido con i talebani, e paragonato la Cina all' Iran. La franchezza che Hillary Clinton sembra aver messo al centro della propria attività di segretario di Stato contrasta con le abitudine dei predecessori e crea agitazione tra i diplomatici del Dipartimento di Stato.

 

La Clinton si sta rivelando più aggressiva di quanto non siano stati altri recenti responsabili della diplomazia americana, e a Washington la circostanza solleva interrogativi. Anche perché, come sottolinea il Los Angeles Times, la Casa Bianca sembra aver messo in qualche modo il freno all'ex First Lady. C'é chi ha notato per esempio come non abbia ancora mai partecipato alle interviste Tv domenicali che di solito servono all'amministrazione in carica per mandare il proprio messaggio. David Axelrod, il consigliere politico del presidente Barack Obama, al contrario è stato inviato più volte negli show domenicali a discutere di politica estera.

 

Il segretario di Stato ha sorpreso gli osservatori di recente definendo "implausibile, se non impossibile" il dialogo con la Corea del Nord, dopo che gli Usa per anni hanno ritenuto la collaborazione internazionale l'unica strada per controllare il programma nucleare di Pyongyang. Il governo del Pakistan non ha nascosto da parte sua l'irritazione per le critiche della Clinton alle modalità con cui ha reagito alle offensive dei talebani (il segretario di Stato ha poi lodato Islamabad quando ha alzato il livello dell'impegno militare). Di recente, poi, la Clinton ha definito "molto preoccupante" l'attivismo della Cina in America Latina, e ha paragonato le iniziative del governo di Pechino a quelle dell' Iran. Vari consiglieri del segretario di Stato, secondo le indiscrezioni, le avrebbero raccomandato più cautela, ma sarebbero stati respinti.

 

I sostenitori di Hillary lodano la scelta della franchezza. "Quello che lei dice sono cose sulle quale il 99% delle persone a Washington sono d'accordo, ma non lo direbbero mai", afferma Gordon Flake, un analista specializzato sulla Corea del Nord. E fonti anonime del Dipartimento di Stato, citate dal Los Angeles Times, hanno sottolineato che i metodi della Clinton stanno dando risultati, come ha dimostrato il cambio di atteggiamento del Pakistan. Ma c'é chi legge l'attivismo clintoniano in un'altra ottica: come un tentativo dell'ex First Lady ed ex avversaria elettorale di Obama di far sentire la propria voce e non lasciarsi schiacciare sulla politica estera.

 

La Clinton deve contendere in questo campo lo spazio a un team di personaggi esperti e ricchi di iniziativa: il capo del Pentagono Robert Gates, il vicepresidente Joe Biden, il consigliere per la sicurezza nazionale Jim Jones, e i due inviati speciali George Mitchell e Richard Holbrooke. "Vale la pena ingaggiare gli altri paesi direttamente sulla base di quella che è la realtà delle cose", ha detto di recente la Clinton, confermando il proprio approccio. "E' quello che penso ed è la modalità con cui intendo operare". Lo staff della Clinton insiste nel sottolineare che l'ex senatrice e il presidente Obama sono in piena sintonia sui temi di politica estera, e che da parte della Casa Bianca non c'é stata alcuna indicazione di abbassare i toni. Ma c'é chi prevede che l'approccio 'muscolare' di Hillary al suo ruolo al Dipartimento di Stato finisca con il creare tensioni che potrebbero diventare pubbliche all'interno dell'amministrazione.

 

marco.bardazzi@ansa.it

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Dal sito di "Analisi Difesa", http://www.analisidifesa.it/anno10/numero9.../ita/indice.htm ,

 

riporto l'articolo al link seguente: http://cca.analisidifesa.it/it/magazine_80...772136123_0.jsp

 

 

Analisi Difesa anno 10 numero 98

 

013 - COMMENTI

 

E SE LO STRONZO AVESSE RAGIONE?

 

 

di Christian Rocca da Il Foglio del 15 maggio 2009

 

E se Dick Cheney avesse ragione?”, l’imbarazzante domanda se l’è posta, sul Washington Post, l’editorialista liberal e di sinistra Richard Cohen. L’ex vicepresidente di George W. Bush, noto per l’estrema riservatezza quando stava al governo, ora è il più loquace difensore dell’Amministrazione Bush in particolare sulle questioni di sicurezza nazionale, ma non solo. Cheney è la faccia feroce del mondo repubblicano, l’unico politico conservatore capace di contrastare autorevolmente le scelte del superpresidente Barack Obama. Il portavoce della Casa Bianca più di una volta ha tentato di liquidare con sufficienza l’influenza dell’ex vicepresidente, uno dei politici meno popolari d’America, e i democratici sembrano essere felici che il volto pubblico dei repubblicani continui a essere quello del vicepresidente di Bush, ma in realtà Cheney sta dominando il dibattito politico di Washington sulla difesa nazionale, perché non perde occasione di ricordare agli americani che le iniziative prese dall’Amministrazione Bush dopo gli attacchi dell’11 settembre, a cominciare dalle tecniche “intensificate” di interrogatorio per i terroristi, hanno salvato migliaia di vite e garantito la sicurezza degli Stati Uniti.

 

Cheney spiega senza concessioni al perbenismo, in tv e in giro per il paese, che alcune decisioni di Obama, come la pubblicazione dei pareri legali sugli interrogatori della Cia, hanno indebolito le difese dell’America e che se ne seguiranno altre di questo tipo un secondo attacco all’America sarà più probabile. La reazione del mondo politico ed editoriale di sinistra, ma anche di parecchi a destra, è di sgomento: con che coraggio Cheney parla ancora? Dovrebbe tornarsene in Wyoming, è un criminale di guerra, un torturatore, un violatore della Costituzione. Cose così. “E’ uno straordinario stronzo”, ha scritto Joe Klein di Time, sintetizzando l’umore prevalente sui giornali. Cheney però affronta un punto vero, capace di far traballare l’Amministrazione Obama e con l’autorevolezza non solo di chi sa di che cosa sta parlando, ma anche quella di uno che non ha mire politiche. Obama lo sa molto bene. Preoccupato dalla mezza rivoluzione dentro la Cia e dentro l’apparato militare e dalle crescenti critiche di Cheney, il presidente ha cambiato idea su uno dei punti centrali della sua piattaforma politica: secondo le indiscrezioni dei grandi giornali ha deciso di riaffidarsi al sistema delle corti speciali militari di Guantanamo, ideate da Bush, corrette dalla Corte Suprema e approvate dal Congresso, per processare i terroristi, malgrado fino a poche settimane fa avesse sostenuto la loro incostituzionalità. Pochi giorni prima, l’Amministrazione aveva ribadito davanti a un tribunale federale che i detenuti nel carcere militare di Bagram, in Afghanistan, non hanno diritto all’habeas corpus. Il Wall Street Journal di ieri ha svelato che la Casa Bianca sta valutando l’idea di detenere alcuni terroristi sul suolo americano, “a tempo indeterminato e senza processo”. Non solo. Le polemiche sulla pubblicazione dei pareri legali sugli interrogatori della Cia hanno convinto Obama, martedì, a opporsi alla pubblicazione già annunciata delle 44 fotografie sui presunti abusi commessi dalla Cia durante gli interrogatori dei prigionieri di al Qaida. Obama ha spiegato che la loro pubblicazione avrebbe messo a repentaglio gli americani impegnati nella guerra al terrorismo e reso più insicuri gli Stati Uniti, un’argomentazione alla Cheney e una giravolta da 360 gradi rispetto a quanto aveva detto un paio di settimane fa, quando aveva respinto le critiche di Cheney sulla pubblicazione dei pareri che autorizzavano le tecniche di interrogatorio richieste dalla Cia. L’Amministrazione Obama, inoltre, ha minacciato la Gran Bretagna di interrompere lo scambio di informazioni di intelligence, e addirittura di limitare i rapporti tra i due paesi, se una corte inglese renderà pubbliche sette pagine di un rapporto riservato che racconterebbe gli abusi subiti da un presunto terrorista residente in Inghilterra.

 

“Obama sta coprendo Cheney?”, si è chiesto il giornalista e blogger superobamiano Andrew Sullivan. I conservatori hanno applaudito queste scelte di Obama e credono, o almeno sperano, che il presidente possa cambiare idea anche sulla chiusura di Guantanamo, uno dei pilastri dell’architettura giuridica antiterrorismo elaborata da Bush e Cheney, ora che la Casa Bianca s’è resa conto che almeno un centinaio di quei detenuti non potrà essere processato nelle corti ordinarie e deve affrontare l’opposizione dei deputati del Partito democratico, contrarissimi a che i detenuti di al Qaida vengano trasferiti in carceri dentro le loro circoscrizioni elettorali.

 

A tutto ciò va aggiunto che Obama ha licenziato David McKiernan, il generale che guidava le truppe americane nella guerra in Afghanistan, per sostituirlo con Stanley McChrystal, un generale tosto, determinato e noto per aver usato in Iraq tecniche e modi – abusi sui prigionieri e divieti alla Croce Rossa di mettere il naso nelle sue attività – che secondo Andrew Sullivan e molti altri costituiscono “crimini di guerra”. Il leggendario giornalista del caso Watergate, Bob Woodward, nel suo bel libro “The war within” scrive che i colleghi del generale appena scelto da Obama per guidare le operazioni militari in Afghanistan ammirano l’efficacia delle sue azioni antiterrorismo al punto da provare ogni volta un “orgasmo”. Un ritratto più da Tenente Colonnello Bill Kilgore di “Apocalypse Now” (“amo l’odore del napalm al mattino”) che da tipico esponente obamiano, o almeno della caricatura perbenista che ne fanno i giornali. E, infatti, Cheney si è complimentato con Obama per la scelta del nuovo generale.

 

L’offensiva di Cheney ha messo nei guai anche Nancy Pelosi, la speaker della Camera dei deputati nonché leader dell’ala più liberal del Partito democratico americano, oggi durissima contro le “torture” dell’Amministrazione Bush. Un paio di settimane fa qualcuno ha ricordato che la Pelosi era stata avvertita in tempo, nel 2002, durante vari incontri riservati tra i vertici della Cia e i leader politici del Congresso a proposito delle tecniche “intensificate” di interrogatorio, compreso il waterboarding (l’annegamento simulato applicato soltanto su tre detenuti e mai dopo il 2003). Dopo qualche giorno di imbarazzo, la Pelosi ha negato che le avessero detto che queste tecniche sarebbero state usate. Sono passati un paio di giorni e qualcuno della Cia ha passato ai giornali una minuta di un incontro del 2003 che prova come la Pelosi fosse perfettamente a conoscenza di tutto. La leader democratica non s’era lamentata, allora, anzi si è scoperto che rifiutò di firmare una lettera di una sua collega democratica, Jane Harman, la quale invece aveva avanzato riservatamente alla Cia qualche dubbio sull’uso di queste tecniche. Un portavoce della Pelosi ha detto che in quel momento, nel 2003, l’allora leader dell’opposizione alla Camera non aveva ritenuto “appropriato” protestare, perché il ricordo dell’11 settembre era ancora vivo. “Non voglio trovare giustificazioni a nessuno – ha detto la presidente della Commissione del Senato sui servizi segreti Dianne Feinstein – ma il 2002 non è il 2006 o il 2007 o il 2008.

 

E’ stato subito dopo l’undici settembre e si parlava davvero di una seconda ondata di attacchi”. Questa frase è una specie di trionfo per la tesi di Dick Cheney e di chi teme che la nuova Amministrazione Obama e i media talvolta mostrino un atteggiamento pre 11 settembre. Ieri, in una conferenza stampa molto movimentata, la Pelosi ha accusato la Cia di aver mentito al Congresso ed è probabile che nei prossimi giorni i servizi facciano uscire qualcos’altro contro la Speaker, come succedeva ai tempi delle critiche dei bushiani alla comunità di intelligence. Ma il punto è che la questione “torture”, grazie anche all’intervento di Cheney, sta facendo danni anche e soprattutto nel fronte obamiano.

 

Qualche altra falla si comincia ad aprire tra gli editorialisti e gli esperti liberal. Richard Cohen, senza perdonare nulla all’ex vicepresidente, nota sul Washington Post che “la sinistra politica sembra pensare che la Cia abbia torturato i sospetti terroristi solo per il piacere di farlo” e comincia a chiedersi “se ciò che dice Cheney sia la verità, cioè che la tortura funziona”. Cheney ovviamente sostiene che le tecniche “intensificate” di interrogatorio non siano tortura, ma è certo che abbiano funzionato, al punto da chiedere insistentemente a Obama di pubblicare i due memo che lo confermerebbero in pieno. “L’Amministrazione Obama – ha scritto Cohen – deve svelare il bluff di Cheney, se di questo si tratta, e pubblicare i memo. Se anche un orologio fermo segna l’ora giusta due volte al giorno, questa potrebbe essere la volta di Cheney”. Gli oppositori di Cheney citano le parole di Obama al momento della firma del decreto che ha cancellato le tecniche della Cia e spiegano che la questione non è se la tortura sia efficace, ma la sua immoralità che minaccia di corrompere l’anima dell’intera nazione. In realtà, Obama ha aggiunto che le tecniche adottate dalla Cia “non hanno reso il paese più sicuro”. Cheney non soltanto contesta questa affermazione, ma si chiede se sia più immorale interrogare duramente un terrorista, o “torturarlo” come sostengono i suoi avversari, o non riuscire a prevenire una strage di migliaia di innocenti. Richard Cohen era intervenuto sul tema già tre settimane fa, sempre sul Washington Post per spiegare che, sì, grazie a Obama l’America si sta comportando decisamente meglio dal punto di vista morale, ma non si può dire che sia più sicura: “L’autorità morale è una cosa troppo sottile per costruirci una politica estera. Io, di mio, sono felice che non torturiamo più nessuno, ma aver smesso l’oscena pratica non rende in nessun modo l’America più sicura”. Cohen ricopre di improperi Bush e Cheney e le loro politiche, fino a definirle simili a quelle naziste, ma riconosce che “ai terroristi non frega niente della nostra moralità, della nostra autorità morale o di quella che un editorialista ha definito nostra ‘bussola morale’. Bush non piaceva a molti nel mondo, ma gli attacchi dell’11 settembre sono stati pianificati quando c’era Bill Clinton, uno che non aveva offeso nessuno, se non la destra cristiana. Anzi è andato in giro per il mondo a scusarsi dei misfatti compiuti dall’America, della schiavitù in particolare. Ma nessun terrorista ha cambiato idea. Se Obama pensa che il mondo risponderà alla sua nuova politica sulla tortura, è seriamente fuori strada. Anzi ha reso le cose un po’ più facili per i terroristi, che ora sanno che cosa non succederà se saranno catturati. E con tutte le sue esitazioni sui processi agli avvocati del dipartimento della Giustizia di Bush (e magari anche agli agenti Cia) ha mostrato agli agenti sul campo che sta con loro, oh, circa il 62 per cento delle volte”.

 

Michael Scheuer, l’ex analista della Cia diventato grande accusatore di Bush e Cheney, in un discusso articolo sul Washington Post di due domeniche fa ha scritto che “con una dimostrazione mozzafiato di ipocrisia e arroganza intellettuale, il presidente ha detto agli americani che le sue convinzioni morali sono più importanti rispetto alla protezione del loro paese, delle loro case e delle loro famiglie. (...) Il mondo non sarà più sicuro per gli americani perché il presidente abbandona le tecniche di interrogatorio per piacere all’ala sinistra del suo partito e ai pacifisti europei che ammira così tanto. Sono entrambi incorreggibili antiamericani che si oppongono all’uso della forza a difesa dell’America e, come Obama, credono ingenuamente che i nemici islamisti dell’occidente possano essere addolciti facendo un bel girotondo”. Se dovesse capitare una strage, ha chiuso Scheuer, gli americani dovranno sapere che il loro presidente crede che “le eventuali perdite sono un piccolo prezzo da pagare per poter fermare gli interrogatori e piacere di più ai popoli stranieri”.

 

Anche un solido commentatore liberal come Thomas Friedman, sul New York Times del 29 aprile sembra aver mutato leggermente posizione. Obama, ha scritto Friedman, ha fatto bene a pubblicare i memo, fermare l’uso della tortura e non processare gli esponenti della precedente amministrazione e gli agenti della Cia che hanno convalidato e applicato le tecniche di interrogatorio: “Ma non c’è nulla di cui essere felici, per tutto questo”, perché gli abusi, sono stati terribili, specie in Afghanistan, ma anche perché “al Qaida non è stata fermata con i mezzi normali. La sua arma era il suicidio. I suoi militanti erano pronti a uccidersi – come hanno fatto l’11 settembre, e prima contro obiettivi americani in Arabia Saudita, Kenya, Tanzania e Yemen – ben prima che noi potessimo anche minacciare di ucciderli. Abbiamo potuto fermare i russi perché loro amavano i loro bambini più di quanto odiassero noi, non volevano morire. Gli uomini di al Qaida ci odiano più di quanto amano i loro figli”. Friedman ha ricordato ai lettori del New York Times, sulle pagine più ferocemente anticheneyane degli Stati Uniti, che Bin Laden avrebbe voluto compiere un attacco devastante all’America, che al Qaida pensa che sia suo dovere religioso uccidere tutti, compresi i musulmani, e che le loro tattiche sono studiate per minare alle fondamenta la società aperta occidentale: “Il mondo post 11 settembre – ha scritto Friedman riecheggiando indirettamente Cheney – resta pericoloso. Un altro 11 settembre chiuderebbe ancora di più la nostra società aperta. Un altro 11 settembre e non ci dovremo togliere soltanto le scarpe in aeroporto. Abbiamo il lusso di poter fare questo dibattito sulla tortura perché non c’è stato un secondo 11 settembre, non perché non ci abbiano provato. Ci fosse stato, una grande maggioranza di americani avrebbe detto al governo (e lo farebbe ancora oggi): fate tutto ciò che è necessario”. Friedman, infine, sostiene anche un’altra tesi di Cheney: “Credo che il motivo per cui non c’è stato un altro 11 settembre, a parte il miglioramento della sicurezza e dell’intelligence, è il fatto che al Qaida sia concentrata principalmente a sconfiggere l’America nel cuore del mondo arabo e islamico, in particolare in Iraq”. Sembra quasi di vedere il ghigno di Cheney nel leggere sul New York Times che l’obiettivo dovrebbe essere quello di sconfiggere al Qaida, assieme agli iracheni, “costruendo una rispettabile società pluralista nel cuore del loro mondo”.

 

Certo, sul Times c’è anche Maureen Dowd, che l’altro giorno è riuscita a trovare parole gentili per George W. Bush pur di devastare riga dopo riga il neopresenzialismo di Cheney. Bush ha scelto di non criticare il suo successore e quasi tutti gli altri big della sua squadra non parlano. Come mai, allora, Cheney non sta facendo la stessa cosa? “Penso sia molto, molto importante – ha detto Cheney – che si capisca bene che cosa è successo e che ciò che abbiamo avuto è un approccio dignitoso per difendere la nostra nazione, niente di tortuoso, falso, disonesto o illegale”. Ma Cheney riconosce che il vero motivo per cui non è andato in pensione è il vuoto di leadership a destra: “Se non sono io a parlare, i critici hanno la via spianata, dall’altra parte non c’è nessuno che dice la verità”

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Sondaggi: Obama leader piu' popolare

 

Diciannove nomi proposti: Berlusconi 12/0, in forte calo il Papa

(ANSA) - PARIGI, 29 MAG - Barack Obama, Angela Merkel e il Dalai Lama: sono le tre personalita' mondiali sul podio assoluto per popolarita' secondo 'World leaders'. Seguono Blair, Sarkozy, Brown, Zapatero e Ban Ki-moon. Il sondaggio e' realizzato in sei Paesi su 19 personaggi politici e spirituali selezionati dall'istituto Harris Interactive per tv France 24 e per l'Herald Tribune. Silvio Berlusconi e' al 12/o posto e forte e' il calo di Benedetto XVI, dal 6/o al 9/o.

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Dopo il vertice con Mubarak, Barack interviene all'Università de Il Cairo: "Stop sospetti e odio. Superare anni di tensioni e combattere stereotipi"

 

IL CAIRO

Barack Obama offre «un nuovo inizio» nei rapporti tra Stati Uniti e mondo musulmano per spezzare il circolo vizioso di «sospetti e contrasti» seguito all’11 settembre. Nello storico discorso pronunciato all’Università del Cairo, il presidente americano ha chiesto di superare gli stereotipi e di garantire la libertà religiosa.

 

«Sono venuto qui», ha dichiarato Obama, accolto da una standing ovation, «per chiedere un nuovo inizio tra gli Stati Uniti e i musulmani nel mondo basato sugli interessi e sul rispetto reciproci e sulla verità che America e Islam non devono essere in competizione. L’impegno è a combattere gli stereotipi negativi sull’Islam, ovunque affiorino nella consapevolezza che l’Islam è parte dell’America».

 

«L’America non è in guerra con l’Islam», ha assicurato il presidente, ma «le novità portate dalla globalizzazione hanno portato molti musulmani a percepire l’Occidente come ostile alle tradizioni dell’Islam». Il capo della Casa Bianca ha parlato di diritti delle donne («rispetto le donne che scelgono di vivere le loro vite nei ruoli tradizionali, ma deve essere una loro scelta») e della libertà religiosa che è «centrale per la possibilità dei popoli di vivere insieme».

 

Poi Obama ha rivolto lo sguardo al conflitto israelo-palestinese, per il quale ha ribadito che due Stati per due popoli è «l’unica soluzione». «Mi impegnerò personalmente per questo risultato», ha promesso, «e con tutta la pazienza che questo compito richiede». Il presidente americano ha assicurato che «l’America non tornerà indietro sulla legittima aspirazione dei palestinesi alla dignità, alle opportunità e a uno Stato». Quanto a Israele, legato all’America da «un rapporto incrollabile», Obama ha riaffermato che «gli Stati Uniti non accettano la legittimità degli insediamenti in costruzione» che «devono essere fermati».

 

Poi l’autocritica sulle degenerazioni nella lotta al terrorismo: «la paura e la rabbia» per l’11 settembre, ha osservato, «ci hanno portato ad agire in modo contrario ai nostri ideali». Il presidente americano ha avvertito che la crisi nucleare con l’Iran è arrivata «a un punto decisivo». «A nessuna nazione - ha affermato il presidente americano - deve essere concesso di avere armi nucleari e ogni nazione, come l’Iran, dovrebbe avere il diritto di accesso al nucleare per scopi pacifici». Obama ha assicurato che gli Usa non mirano a una presenza a lungo termine in Afghanistan. «Non vi sbagliate, noi non vogliamo mantenere le nostre truppe in Afghanistan, non puntiamo ad avere basi lì», ha affermato.

 

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...44322girata.asp

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Oddio Dominus, no: Bush cose cosi' non le ha mai dette, forse neanche pensate:

 

rispetto reciproci e sulla verità che America e Islam non devono essere in competizione. L’impegno è a combattere gli stereotipi negativi sull’Islam, ovunque affiorino nella consapevolezza che l’Islam è parte dell’America».

 

«l’America non tornerà indietro sulla legittima aspirazione dei palestinesi alla dignità, alle opportunità e a uno Stato»

 

«la paura e la rabbia» per l’11 settembre, ha osservato, «ci hanno portato ad agire in modo contrario ai nostri ideali»

 

«A nessuna nazione - ha affermato il presidente americano - deve essere concesso di avere armi nucleari e ogni nazione, come l’Iran, dovrebbe avere il diritto di accesso al nucleare per scopi pacifici

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La Clinton, forse, non vuole passare per soprammobile e cerca di far vedere che c'è e che non è inferiore ad Obama- di lei più giovane, ma almeno questa franchezza, che però non è gratuitamente offensiva, ha avuto qualche risultato. Ora. Magari se sarà reiterata finirà per irritare inutilmente allrati ed opinioni pubbliche avversarie, ma secondo me l franchezza serve per "smuovere" delle acque un pò troppo impaludatesi nel non-detto e nel politicamente corretto.

Modificato da Simone
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Oddio Dominus, no: Bush cose cosi' non le ha mai dette, forse neanche pensate:

 

rispetto reciproci e sulla verità che America e Islam non devono essere in competizione. L’impegno è a combattere gli stereotipi negativi sull’Islam, ovunque affiorino nella consapevolezza che l’Islam è parte dell’America».

 

«l’America non tornerà indietro sulla legittima aspirazione dei palestinesi alla dignità, alle opportunità e a uno Stato»

 

«la paura e la rabbia» per l’11 settembre, ha osservato, «ci hanno portato ad agire in modo contrario ai nostri ideali»

 

«A nessuna nazione - ha affermato il presidente americano - deve essere concesso di avere armi nucleari e ogni nazione, come l’Iran, dovrebbe avere il diritto di accesso al nucleare per scopi pacifici

 

Come no? Bush ha sempre dichiarato che l'islam non era nemico degli stati uniti e ha promosso un sacco di iniziative per riconciliare gli americani con i loro concittadini di religione musulmana con l'aiuto di personaggi certamente di diverso orientamento politico, uno su tutto Mohammed Alì, che hanno collaborato per il bene della nazione.

 

Quanto allo stato palestinese anche bush ha sempre dichiarato di voler due stati per due popoli, poi perchè pensate che è stata fatta la cazzata di lasciar partecipare hamas alle elezioni? Decisione israeliana? Ma dai!

Lo sanno tutti che è stata un' imposizione dell'amministrazione americana che, in quanto neocon, ha fatto dell'eccessivo idealismo il suo limite (mentre vogliono farli tutti passare per illiberali).

 

Riguardo al nucleare a scopo pacifico anche la precedente amministrazione lo affermava, infatti appoggiava la mediazione russa che prevedeva l'arricchimento con centrifughe e tecnici Iraniani su suolo Russo e sotto controllo internazionale.

Se avessero accettato le ispezioni o comprato il combustibile all'estero, cosa più logica e convenienteper chi vuole davvero produrre elettricità, adesso non avrebbero problemi, ma mi sembra che sia chiaro a chiunque non abbia paraocchi o malizia a cosa puntano i tizi col turbante.

 

Ovviamente stasera i media italiani dicevano che grazie a questo discorso gli Iraniani potrebbero ripensare la loro decisione, come se un presidente di diverso colore che parla in maniera ispirata possa muovere davvero la politica estera...

 

La realtà mi sembra che questa poltica non sia decisa e non punti su misure certe ed efficaci, e se non si ha polso in quell'area del mondo tutti se ne approfittano, e questo è stato un grande errore di George W. con la sua balzana idea di esportare la democrazia.

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  • 2 settimane dopo...
Ridicolo lo speciale tg3, ne ho visto solo l'ultima parte, sul discorso di Obama al Cairo.

Sembra che ogni volta apra la bocca faccia qualcosa di storico, bah.

Stasera ho per errore visto il TG3 edizione delle 19:00 ed ho pensato a quello che avevi scritto.Ecco il link finché sarà disponibile

http://www.tg3.rai.it/dl/tg3/tg3_home.html#

Al minuto 26:58 fanno un servizio di ben un minuto sul fatto che Obama ha avuto la prontezza di riflessi di ammazzare una mosca durante un intervista.Di seguito un intervista a John Grisham in cui lo stesso lo santifica,lo idolatra e vaticina 4 anni + 4 splendidi per l'umanità.Sinceramente non sopporto la tendenza di questa testata(ma non è l'unica)a farne il messia;dimenticano che Obama il "pacifista" ci ha chiesto più impegno in Afghanistan (e che per vedere ciò che i nostri soldati rischiano bisogna aspettare i servizi di El Mundo,mentre loro dedicano 1 minuto del loro Tg al moschicidio di Barak) ed ignorano tutte le cosette che sono scritte nell'articolo di Analisi Difesa postato da Picpus,che a prescindere dalle conclusioni si basa sulle scelte reali dell'amministrazione(la nomina del Gen. Stanley McChrystal per esempio) .Dimenticano che in Iran c'è una repressione in atto ma il presidente non la condanna con la stessa decisione con cui ha prontamente ucciso il fastidioso insetto ed è diventato il nuovo eroe nazionale.Sembra quasi lo vogliano candidare contro Berlusconi..

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Non oso immaginare se al posto di Obama ci fosse stato Bush a chiederci ulteriori uomini in Afghanistan, in concomitanza del video di El Mundo, sai che titoli sui giornali? Vauro si scatenerebbe con quella piccola e "simpatica" mosca.

 

Peccato che Obama non abbia chiesto a Berlusconi di cambiare le regole d'ingaggio, ritengo che pochi si sarebbero opposti.

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  • 2 mesi dopo...

Obama si impone per cambiare la sanità americana, da privata a pubblica, e tira fuori una lettera scritta da Ted Kennedy prima di morire.

 

Che il savoir affair di Mr. President si stia riaccendendo?

 

Ecco l'articolo di repubblica.

 

http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/e...sidenza-11.html

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dall'articolo citato:

 

"L'America è l'unica democrazia avanzata, è l'unica nazione ricca, che si trova in condizioni così penose. Dove le assicurazioni ti possono revocare ogni assistenza col pretesto di una malattia pre-esistente; o perché hai perso il lavoro". Racconta storie tragiche, come quella di una donna abbandonata dall'assicurazione nel bel mezzo della chemioterapia per il tumore al seno.

 

"Dobbiamo offrire un'assistenza sanitaria alla portata dei 46 milioni di americani che non ce l'hanno. Nessuno dovrebbe finire in bancarotta solo perché si è ammalato. Siamo a un punto di rottura, il tempo dei giochi politici è finito"

parole sacrosante quella è la sanità privata, di racconti ne è pieno il web

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Daltronde devono divinizzare un altro incapace che ha solo portato un cognome importante utilizzandolo il più possibile finchè il cadavere è ancora caldo, ma non credo che bastino le parole di un politico ampiamente sputtanato come Ted per far cambiare idea allo zoccolo duro degli americani che questa riforma non la vuole.

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Voi questo sistema sanitario lo state "mitizzando" senza averlo testato, ma la rete è piena di articoli di fonti autorevoli come il "Journal of the American Medical Association" o "l'Istituto di Nutrizione Americano" che spiegano in modo abbastanza chiaro come tale sistema abbia fallito. Molto probabilmente uno dei migliori sistemi sanitari nazionali del mondo è quello pubblico Svedese

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Voi questo sistema sanitario lo state "mitizzando" senza averlo testato, ma la rete è piena di articoli di fonti autorevoli come il "Journal of the American Medical Association" o "l'Istituto di Nutrizione Americano" che spiegano in modo abbastanza chiaro come tale sistema abbia fallito. Molto probabilmente uno dei migliori sistemi sanitari nazionali del mondo è quello pubblico Svedese

 

 

A me basta vedere che i medici americani in europa si schifano esattamente quanto i medici del nord andando negli ospedali Italiani del sud, e i medici europei si difendono esattamente come si difendono i medici "borbonici" incompetenti.

 

Quanto alla qualità del servizio non credo che quello svedese possa tenere testa agli investimenti che fanno oltreoceano e alla cura del paziente in ogni suo aspetto che garantiscono, ovviamente servizi del genere non sono gratuiti ma se vuoi il meglio lo devi pagare.

Modificato da Dominus
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vai Obama... non ti curar di loro...

il giorno della elezione di Obama una carissima amica statunitense mi ha telefonato: <Finalmente questa grande Nazione. questo mio grande Paese, ha voltato pagina. Dopo Kennedy avevamo avuto una serie di presidenti tra i più deficienti della storia, l'ultimo dei quali - Cheney - era semplicemente il capo di una inc. Finalmente siamo tornati un Grande Paese. Gob bless America".

Vai Obama

Modificato da walter
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secondo la stragrande maggioranza dei democratici il vero presidente era cheney.. sì proprio lui non l'altro.. cheney della Cheney Inc,,,,quello che quando è partito dalla Casa Bianca ha fatto dire a Spike Lee: "Finalmente se ne sono andati!".... si Cheney quello che era convinto di dominare il mondo con l'uso della forza: una bomba atomica qui, un'altra lì...sì proprio quello... :unsure:

 

non ci credi? pensi che sia un'idiozia? se non sei convinto prova andare su un forum dei democratici e chiedere:

"Ma secondo voi alla Casa Bianca comandava Bush o Cheney?... e vedrai che risposte... :blink::blink::blink:

oppure se vuoi anche divertirti leggendo le news sulla Casa Bianca della Cheney & Co. Ltd puoi andare sul sito di Michael Moore...

:rolleyes::rolleyes:

 

DETTO QUESTO, al di là delle tua battuta (che non commento) SE NE SONO ANDATI A CASA TUTTI QUANTI E PER ALMENO I PROSSIMI QUATTRO ANNI NON LI VEDREMO PIù (E MAGARI ANCHE PER OTTO ANNI)... AH AH AH :adorazione::adorazione::adorazione::adorazione:

Modificato da walter
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secondo la stragrande maggioranza dei democratici il vero presidente era cheney.. sì proprio lui non l'altro.. cheney della Cheney Inc,,,,quello che quando è partito dalla Casa Bianca ha fatto dire a Spike Lee: "Finalmente se ne sono andati!".... si Cheney quello che era convinto di dominare il mondo con l'uso della forza: una bomba atomica qui, un'altra lì...sì proprio quello... :unsure:

 

non ci credi? pensi che sia un'idiozia? se non sei convinto prova andare su un forum dei democratici e chiedere:

"Ma secondo voi alla Casa Bianca comandava Bush o Cheney?... e vedrai che risposte... :blink::blink::blink:

oppure se vuoi anche divertirti leggendo le news sulla Casa Bianca della Cheney & Co. Ltd puoi andare sul sito di Michael Moore...

:rolleyes::rolleyes:

 

DETTO QUESTO, al di là delle tua battuta (che non commento) SE NE SONO ANDATI A CASA TUTTI QUANTI E PER ALMENO I PROSSIMI QUATTRO ANNI NON LI VEDREMO PIù (E MAGARI ANCHE PER OTTO ANNI)... AH AH AH :adorazione::adorazione::adorazione::adorazione:

 

 

Un bel discorso che dimostra solo ignoranza e pressapochismo.

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un conto è dire che Cheney fosse una figura importante, un conto è dire che fosse lui al comando del paese. mi sembra un analisi piuttosto fantasiosa. è più probabile che tali dichiarazioni si riferiscono all'etica del personaggio e non al suo ruolo di potere.

Modificato da vorthex
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L'unica democrazia al mondo che non garantisce la copertura medica ai suoi cittadini

 

Discorso a sessione congiunte della Camera dei Rappresentanti e del Senato

 

Obama: «Via alla riforma sanitaria. Costa meno delle guerre di Bush»

 

«Siamo l'unica democrazia al mondo che non garantisce la copertura medica universale ai suoi cittadini»

 

WASHINGTON - Con un discorso a sessione congiunte della Camera dei Rappresentanti e del Senato, Barack Obama ha lanciato un appassionato appello ai congressisti perché approvino subito una riforma che trasformerà in maniera sostanziale il sistema sanitario statunitense e il mercato delle assicurazioni. «Siamo l'unica democrazia al mondo che non garantisce la copertura medica universale ai suoi cittadini» ha detto Obama nel suo atteso intervento, trasmesso anche in diretta televisiva, accolto a tratti da grandi applausi; e se non si agisce subito sulla riforma sanitaria, molti americani potrebbero pagare con la vita.

 

COSTERA' MENO DELLE GUERRE IN IRAQ E AFGHANISTAN - La riforma della sanità pubblica americana proposta dalla Casa Bianca «costa meno di quanto abbiamo speso per le guerre in Iraq e in Afghanistan» ha poi indicato al Congresso il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, quantificando i costi della riforma in «circa 900 miliardi di dollari in 10 anni». L'inquilino della Casa Bianca ha ricordato che anche gli sgravi fiscali offerti ai più ricchi dal suo predecessore George W. Bush e approvati dal Congresso all'inizio della legislatura in questione sono costati molto di più. Sulla riforma proposta, Obama ha detto che «molti dei costi prospettati verranno pagati con denaro già speso, ma speso male, nel sistema previdenziale attuale. Il piano non aumenterà il nostro deficit». La riforma costerà 900 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi dieci anni. Obama ha chiarito che il piano non aumenterà di un solo dollaro il deficit pubblico. "Il motivo per cui ho trovato un debito da mille miliardi di dollari entrando alla Casa Bianca è che troppe delle iniziative prese nell’ultimo decennio non avevano copertura finanziaria e io non farò lo stesso errore per il sistema sanitario".

 

«FINITO IL TEMPO DEI BISTICCI» - Obama ha aggiunto che «è ora di mettere da parte i litigi» e chiesto azioni rapide perché si è più vicini che mai all'obiettivo della riforma: al traguardo, ha detto, ci sarà un sistema che migliorerà la stabilità di coloro che sono già assicurati e allargherà le opzioni per quelli che oggi non possono contare su una copertura sanitaria. «Credo che ci sia un ampio consenso su questi aspetti del piano», sebbene «persistano divergenze su dettagli significativi». Quanto ai critici della sua proposta, li ha accusati di usare tecniche dilatorie invece di un onesto e concreto dibattito: «Non perderò tempo, con coloro che sono giunti alla conclusione che è meglio cancellare questo piano che tentare di migliorarlo». «Non manterrò le braccia incrociate mentre gli interessi particolare usano le stesse tecniche trite per mantenere le cose esattamente come stanno. Se confonderanno il contenuto del piano, gli chiederemo le prove». «Non sono il primo presidente che prende a cuore questa causa, ma sono determinato a essere l'ultimo» Nel suo discorso, Obama ha ripetuto sostanzialmente quello che aveva già detto a più riprese; ma ha tentato di vincere le resistenze di un Congresso spaccato tra quelli che appoggiano con entusiasmo un maggiore intervento dello Stato nel settore sanitario, ovvero la maggior parte dei democratici, e quelli che si oppongono a qualsiasi intervento dello Stato nel settore. «Il tempo dei bisticci» è l'avvertimento del presidente, «è finito. E così il tempo dei giochetti. È il momento di agire».

 

http://www.corriere.it/esteri/09_settembre...44f02aabc.shtml

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