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BETASOM


Graziani

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La Battaglia dell'Atlantico descrive il prolungato confronto tra l'Impero britannico, ed in seguito le forze statunitensi, e le forze dell’Asse per il mantenimento delle vie d’approvvigionamento alla Gran Bretagna ed i suoi possedimenti. Al contrario, l’Italia combattette una simile battaglia nel Mediterraneo dove si trovò sul lato opposto, costretta a difendere piroscafi e petroliere dagli attacchi britannici. Questo confronto epico che incluse migliaia di navi e sommergibili, cominciò sin dal 1939 e terminò nei primi mesi del 1945. Molti storici hanno diviso questa battaglia in fasi distinte. L'autore Clay Blair, nel suo libro diviso in due volume e più di 1.800-pagine “Hitler’s U-Boat War”, definisce due fasi maggiori: “I cacciatori”, da 1939 a 1942, e “Le prede”, da 1942 alla fine del conflitto nel 1945.

Il Grande Ammiraglio Karl Doenitz, comandante delle forze sottomarine tedesche durante la guerra ed autore di “Monografie, dieci anni e venti giorni”, usò una cronologia più particolareggiata in qui il confronto tra tattiche, tecnologia e strategie divengono più chiare. Una copiosa bibliografia, sia lavoro di autori che parteciparono direttamente al conflitto e di quelli che ne hanno fatto dello studio una carriera, ha creato molta informazione, ma allo stesso tempo ha offuscato l'accuratezza storica. In questa cacofonia di voci, spesso erronee come l’autore Clay Blair, il lavoro di Jurgen Rohwer rimane una delle fondazioni per la ricerca storica accurata. Lui è, oltre ad alcuni storici americani ed italiani, uno del poco che ha citato la partecipazione italiana, anche se minore, quale un importante aspetto della Battaglia dell'Atlantico.

 

 

Il ruolo predominante delle U-boot tedesche è incontestabile. Ciononostante, alla fine dell’estate 1940, quando il numero delle U-boot operanti nell'Atlantico stava scendendo rapidamente alla singola cifra, l'arrivo dei più grandi, più lenti e meno manovrabili sommergibili italiani aiutò a risollevare il morale dei tedeschi nell’arma sottomarina e consentì la costruzione di nuovi battelli e la formazione di nuovi equipaggi. Mentre gli italiani avevano iniziato il conflitto con ufficiali più anziani, ma con maggiore esperienza, anche se non completamente capaci di resistere alla fatica di lunghe missioni nel confino di queste piccole unità, i tedeschi avevano un gran numero di giovani ed estremamente motivati ufficiali di relativamente poca esperienza. Eventualmente, i più giovani ufficiali italiani, avendo acquisito da ufficiali più anziani l'esperienza necessaria, condussero i pochi rimanenti sommergibili italiani ad ottimi successi, mentre gli U-boot tedeschi dovettero essere equipaggiati con ufficiali ed equipaggi di poca esperienza causando un numero sbalorditivo di perdite durante le loro prime missioni di guerra.

 

Considerato che l’Italia entrò in guerra circa un anno dopo i tedeschi, e ne uscì nel 1943 a seguendo la capitolazione, l'analisi di operazioni militari si concentrerà soprattutto su questo periodo. In pratica, le forze sottomarine italiane conobbero molte fasi distinte:

 

Il trasferimento dal Mediterraneo all'Atlantico (da giugno a dicembre 1940);

Le prime operazioni wolf-pack (da ottobre a dicembre 1940); la collaborazione con le forze tedesche (da ottobre 1940 a maggio 1941);

La cessazione di operazioni comuni ed il trasferimento del teatro di operazione dal all'Atlantico settentrionale al centrale (da dicembre 1940 a gennaio 1942);

Operazioni lungo la costa americana (da febbraio ad agosto 1942);

Operazioni nell'Atlantico meridionale (da settembre 1942 a maggio 1943);

La trasformazione dei sommergibili italiani per missioni di trasporto in Giappone (dalla metà del 1943 in poi); e delle operazioni speciali.

 

Il trasferimento di sommergibili italiani dal Mediterraneo all'Atlantico

 

Nonostante la Marina avesse costruito una flotta oceanica di considerevoli dimensioni, il comando italiano era andato ad analizzare propriamente le implicazioni che circondano l'attraversare dello Stretto di Gibilterra, parte questa del Mediterraneo occidentale molto protetta dalla Marina britannica. I primi tre sommergibili mandati in Atlantico, il Malaspina, Barbarigo e Dandolo, attraversarono lo stretto nell’agosto del 1940 senza incidenti, affondando un totale di 13,593 tonnellate, e poiché la base sottomarina di Betasom era divenuta operativa, invece di ritornare in Italia, furono dirottati su Bordeaux. Nelle settimane susseguenti, un totale di 27 sommergibili italiani attraversarono lo stretto con solamente un’unità, il Bianchi, danneggiata dai britannici.

Prima di giungere a Bordeaux, questi sommergibili furono schierati dell'ovest dello Stretto di Gibilterra, realizzando dei risultati trascurabili. Indicativo fu che nel primo gruppo inviato in Atlantico ci fossero anche il Tazzoli, Cappellini, e Glauco, ma nessuna di questi battelli fu in grado di arrivare allo Stretto di Gibilterra a causa di problemi meccanici. Avarie afflissero i sommergibili italiani per tutto il conflitto, ma mentre i motori diesel, le pompe, e l'altro equipaggiamento spesso si rompevano, i cannoni ed i siluri erano in generale piuttosto affidabili. Poco dopo, un gruppo nuovo di sommergibili che includeva l'Emo, il Faà di Bruno, Giuliani, Tarantini, Torelli, e Baracca lasciarono le basi nazionali per l'Atlantico. Un terzo gruppo, che includeva il Marconi, Finzi e Bagnolini parì all’inizio di Settembre, un quarto gruppo col il Da Vinci ed l’Otaria attraversò lo Stretto di Gibilterra alla fine di settembre, ed un quinto gruppo col il Glauco, Veniero, Nani, Cappellini, Calvi, Tazzoli, e l'Argo durante il novilunio seguente. Per evitare la scoperta, dopo che il primo sommergibile aveva attraversato sulla superficie ed aveva riportato sull'esperienza, fu deciso di procedere in immersione e durante un periodo di novilunio.

 

Dei nuovi sommergibili, il Cappellini fece protagonista di un evento insolito. Dopo essere affondato il piroscafo Kabalo, il capitano ne portò l'equipaggio in salvo in un’operazione di carattere epico, ma la Battaglia dell'Atlantico non aveva spazio per le cavallerie. Il 30 settembre, Dönitz visitò Bordeaux per coordinare le operazioni militari. Perché Hitler non aveva voluto avere forze tedesche nel procinto di essere schierate in Africa Settentrionale sotto il comando di italiano, i sommergibili italiani in Bordeaux furono dislocati ufficialmente sotto il comando italiano. In sostanza, Dönitz intese di avere il pieno controllo di questi preziosi sommergibili, e l'ufficiale in comando Contrammiraglio Parona, era ben disposto ad accontentarlo. Fluente in tedesco, Parona aveva tradotto della letteratura militare tedesca nell'area di tattiche sottomarine ed era un sommergibilista estremamente rispettato.

 

La collaborazione iniziale con le forze tedesche ed i primi successi

 

All’inizio d’ottobre i primi quattro sommergibili italiani lasciarono Bordeaux per partecipare in un'operazione con le U-boot. Il Malspina, Dandolo, Otaria e Barbarigo in concomitanza con 11 sommergibili tedeschi intrapresero un'operazione contro convogli britannici. Altre missioni che involsero sommergibili italiani ebbero luogo fino all’inizio di dicembre. In tutto, 42 U-boot tedesche ed il 8 sommergibili italiani affondarono 74 navi. Sfortunatamente, alle 310,565 tonnellate affondate dai tedeschi ci furono solo un corrispettivo di 25,600 tonnellate affondate dagli italiani. Così, l’esultanza tedesca andò scemando e affiorò della recriminazione, nonostante gli italiani avessero perso gli equipaggi del Faà di Bruno e del Tarantini. Poco dopo, i tedeschi informarono gli italiani che operazioni congiunte sarebbero state riconsiderate. La colpa non era e non poteva essere messo pienamente accollata ai capitani italiani purtroppo inesperti. In vari casi, mancanza di propria comunicazione fu causata dalla indifferenza del Comando Alto tedesco a mettere personale di comunicazione tedesco a bordo dei battelli italiani. Dopo un avvistamento, un battello italiano avrebbe dovuto informare Bordeaux e questa base avrebbe più tardi informato Parigi. Nel migliore dei casi, la diramazione richiedeva un'ora, a meno che i Teletype che connettevano i due comandi non fossero in avaria. Inoltre, si riconobbe che i sommergibili italiani erano mal equipaggiati per le aspre condizioni dell’Atlantico Settentrionale. I motori, non avendo una tromba d’aspirazione, richiedevano che il portellone della torretta fosse mantenuto aperto causando così infiltrazioni d’acqua. I batteli italiani erano anche più lenti di quelli tedeschi, più grande di stazza, più facile da scoprire e non avevano il “computer” per calcolare il lancio dei siluri. La maggior parte di queste deficienze furono rimediate con l'assistenza dei tedeschi, alterando la struttura dei battelli. Il Contrammiraglio (E) Fenu, con l’aiuto del Comandante Hans Rösing e più tardi del Comandante Franz Becker, permise ai sommergibili italiani di acquisire un più grande livello di efficienza. Era, sotto tutti gli aspetti, un compito che richiese le fatiche di Ercole.In termini di approvvigionamenti, incluso il combustibile diesel, tutto l'equipaggiamento, l’ordinanza e l’approvvigionando furono inviati a mezzo vagoni ferroviari dall’Italia. Anche se ai capitani italiani in generale non fu permesso di condurre esercitazioni a bordo di sommergibili tedeschi, al Comandante Primo Longobardo fu permesso di completare una perlustrazione a bordo dell'U 99 di Otto Kretschmer. L'esperienza acquisita durante questa perlustrazione permise a Longobardo, come capitano del Torelli, di affondare quattro navi per un totale di 17.409 tonnellate in una sola perlustrazione. Ciononostante, la partecipazione delle forze italiane fu considerata marginale, e i battelli nazionali furono dirottati verso l’Atlantico centrale dove le condizioni climatiche erano considerate più adattate agli equipaggi e ai sommergibili. In questo periodo cruciale, i tedeschi furono avevano solamente 16 U-boot; 4 che operano nel nord Atlantico, 2 in viaggio di ritorni, e 10 in cantiere a Lorient.

 

Secondo tentativo di collaborazione con le forze tedesche

 

Il Gennaio 1941 fu il periodo più basso dell'attività tedesca nell'Atlantico. Come detto, c'erano solamente 16 U-boot disponibili. Questo costrinse Dönitz a riconsiderare operazioni in coordinazione con gli italiani, nonostante i fallimenti iniziali. Dopo le modifiche apportate ad alcuni dei sommergibili italiani, i tedeschi considerarono un secondo tentativo di operazioni congiunte. Tra il 19 febbraio ed il 23 marzo 1941 un totale di 47 U-boot e 16 sommergibili attaccarono 9 convogli britannici. I tedeschi persero 4 U-boot, gli italiani persero il Marcello. Alle 154.743 tonnellate affondate dai tedeschi ancora una volta non furono equiparabili i successi italiani con solamente 12.292 tonnellate affondate. Tutte le tre navi affondate dagli italiani erano unità disperse da un convoglio. Ci si rese conto così, che fra molte altre ragioni, la velocità e tonnellaggio dei sommergibili italiani li rendesse più adatti at operazioni indipendenti invece degli attacchi del tipo “branco di lupi”. Marzo 1941 fu un mese terribile per le forze tedesche. Dopo la perdita dell'U 47 di Gunther Prien, i due capitani con maggiori successi, Kretschtner e Schepke, scomparsero. La fiducia dei tedeschi fu scossa, ed allo stesso tempo gli italiani fallirono di dare molto appoggio, eccetto l'assistenza del Cappellini proposta ad U 97 durante la caccia dei piroscafi Camito e Sangro.

Fine delle operazioni congiunte

Con l'arrivo di nuovi sommergibili ed equipaggi dalla Germania, l’Ammiraglio Dönitz era pronto cessare operazioni congiunte con gli italiani. Nel frattempo, il crescendo di successi ottenuti dai britannici non era puro caso. Questi avevano riorganizzato le loro difese, mentre preparando una centrale operativa, e cominciarono ad integrare i “Liberatori, i grandi bombardieri quadrimotori che la Gran Bretagna stava ricevendo dagli Stati Uniti per le difese litoranee. Cinquanta vecchi cacciatorpediniere furono acquisiti dagli Stati Uniti tramite un accordo alquanto controverso orchestrato dal Presidente Roosevelt, equipaggiandoli con apparecchiature antisommergibile di nuova costruzione. Il 14 maggio, l’Ammiraglio Parona si rincontrò con Dönitz e si fu deciso che operazioni congiunte sarebbero state sospese e che i battelli italiani si sarebbero trasferiti ad occidente, perlustrando lo Stretto di Gibilterra e possibilmente la rotta per Freetown. Nel frattempo, il sommergibile Giuliani fu trasferito a Gotenhafen, nel Baltic0 alla scuola sommergibili tedesca dove ufficiali ed equipaggi italiani furono addestrati sulle tecniche d'attacco e le metodologie usate dai tedeschi. L'esperienza acquisita durante l’addestramento coi tedeschi fu molto prezioso e dimostrò che, se la collaborazione avesse cominciato ancor prima, avrebbe potuto produrre risultati molti migliori. In maggio i sommergibili italiani cominciarono a pattugliare l'Atlantico centrale ed i successi cominciarono coronare queste lunghe perlustrazioni. Operazioni continuarono fino a settembre con il Marconi, Da Vinci, Morosini Malaspina, Torelli e Barbarigo tutti battelli questi che realizzano buoni risultati. I successi italiani vennero ad un prezzo; il Baracca ed i Malaspina furono persi, seguì ad ottobre dal Marconi. Il 25 ottobre, il Ferraris fu autoaffondato dopo che bombardamento aereo a seguì da un attacco da parte del cacciatorpediniere britannico H.M.S. Lamerton ad est delle Isole di Azzorre.

 

 

Operazioni speciali e missioni a largo di Freetown

 

Il 30 settembre, 1940 Dönitz e Parona discussero la possibilità di mandare i più grandi sommergibili italiani nell'area a largo di Freetown. Queste missioni non ebbero luogo fino a marzo 1941, e due dei battelli ritornarono senza successi, mentre il Comandante Carlo Fecia di Cossato del Tazzoli affondò varie navi. nel frattempo l’Afdrica Orientale italiana stava cadendo ed i sommergibili ancora operativi furono mandati a Bordeaux. Durante il viaggio trasferimento, il Guglielmotti, Archimede e Ferraris navigarono senza fermarsi, rifornendosi di carburante solamente una volta a mare, mentre il piccolo Perla, un sommergibile costiero, si rifornì di carburante due volte. La missione richiese 64 giorni per i battelli più grandi, e 80 per il piccolo Perla e questa missione dovrebbe essere considerato un grande successo nautico per i comandanti italiani ed un segnale che la collaborazione coi tedeschi era ancora buona, dato che furono loro a provvedere ad rifornimento di carburante in mare aperto. Un'altra operazione speciale ebbe luogo nel tardo 1941 facendo seguire all'affondamento dell’Atlantis, il razziatore tedesco. Intercettato dall'incrociatore britannico Devonshire, dopo che la posizione della nave tedesca era stata scoperta da “l'Enigma”, l'equipaggio fu salvato dal Piton la nave appoggio che fu più tardi intercettata ed affondata dall'incrociatore Dorsetshire. Due sommergibili tedeschi presero 414 sopravvissuti a bordo e Dönitz immediatamente richiese assistenza agli italiani. I capienti Torelli, Tazzoli, Calvi e Finzi furono spediti a sud per incontrare le U-boot tedesche a piena velocità ed eventualmente presero a bordo 254 sopravvissuti. I quattro batteli arrivarono nel porto francese di Sant-Nazaire intorno a Natale, completando uno delle operazioni di soccorso più spettacolari della guerra ed allo stesso tempo guadagnandosi la gratitudine più profonda dell’alleato tedesco.

Crisi nel Mediterraneo

L' avventurosa entrata in guerra dell’Italia a fianco dei tedeschi cominciò ad avere i suoi effetti catastrofici e, agli inizi del 1941, la situazione nel Mediterraneo era quasi disperata. Il Comando Supremo, a seguito dell'intervento personale di Benito Mussolini informò i tedeschi che la base in Bordeaux sarebbe chiusa e tutti battelli sarebbero ritornati in Italia. Discussioni ebbero luogo a livelli molto alti ed eventualmente Dönitz fu in grado di convincere gli italiani a mantenere la loro presenza facendo ritornare in Mediterraneo un numero di sommergibili più piccolo. Il trasferimento ebbe luogo tra giugno ed ottobre 1941, ed uno dopo l'altro Argo, Brin, Dandolo, Emo, Guglielmotti, Torelli, Mocenigo, Otaria, Perla, Velella e Veniero furono rimpatriati meno il Glaucocce andò perduto durante il viaggio di ritorno. Nel frattempo, sei U-boot tedesche furono trasferite in Mediterraneo dove avrebbero realizzato successi straordinari, incluso l'affondamento di una nave da battaglia ed una portaerei.

 

 

 

 

Operazioni lungo la costa americana

 

Dopo il bombardamento di Perl Harbor del 7 dicembre 1941 e la susseguente dichiarazione di guerra della Germania e dell'Italia agli Stati Uniti, gli U-boot cominciarono l'operazione “Paukenschlag”, la guerra sottomarina senza restrizioni lungo la costa orientale degli Stati Uniti. Sin dal gennaio 1942, il Da Vinci, Torelli, Morosini e Finzi furono mandati nelle Antille, seguì a marzo il Calvi. Come hanno documentato il Comandante Mario Rossetto e Rohwer Jurgen, durante questo periodo i risultati ottenuti dal sommergibili italiano furono uguali a quelli degli U-boot tedeschi. Il divario era stato chiuso, ma mentre la Germania stava producendo un nuovo U-boot ogni giorno, la produzione della cantieristica Italiana era molto limitata e si concentrò più sulle piccole unità costiere che operavano nel Mediterraneo. Ancora una volta, poichè i battelli italiani avevano un raggio d’azione superiore ed inoltre Dönitz non avevano abbastanza sommergibili a lungo raggio del nuovo tipo IX, agli italiani fu chiesto di pattugliare la costa brasiliana. Cominciando ad aprile ed attraverso maggio, il Cappellini, Barbarigo, Bagnolini, Archimede e Da Vinci lasciarono Bordeaux per il lungo viaggio fino al Brasile. I successi furono buoni, nonostante la marina militare americana avesse cominciato a dare ai convogli scorte migliori ed avesse migliorato la ricognizione aerea.

 

 

 

Il 19 maggio, il comandante del Barbarigo, Enzo Grossi, informò Betasom dell'affondamento di una nave da guerra americana, possibilmente una nave da battaglia del tipo Maryland o California. Poco dopo, nonostante dei dubbi già presenti a Bordeaux, il Comando Supremo pubblicò la notizia in un bollettino ufficiale di guerra; gli americani ne denunciarono la veridicità prontamente. Alcuni sostengono che lo stesso Mussolini, un giornalista di professione, ne abbia redatto l'annuncio. Questo sarebbe il primo di due affondamenti di navi da guerra fittizie dichiarati dal comandante Grossi. Questi episodi purtroppo screditarono la reputazione della forza sommergibili e dell’Italia. Un secondo gruppo di sommergibili fu inviato in Brasile e includeva il Torelli, Morosini, Giuliani e Tazzoli. Nonostante l’aumento delle scorte, questi sommergibili affondarono numerose navi, ma durante il rientro in francia, il Morosini andò perduto probabilmente vittima di una mina poco prima dell’arrivo a Bordeaux. Il Calvi dovette essere autoaffondato dopo un attacco da parte del cacciatorpediniere britannico H.M.S Lulworth avvenuto il 15 settembre a largo delle Azzorre.

Operazioni a largo di Freetown e nell'Atlantico Meridionale

Mentre le operazioni a largo del continente americano stavano procedendo, Betasom organizzò alcune perlustrazioni a largo di Freetown e più tardi nell'Atlantico Meridionale. Il Cappellini, a seguito dell’affondamento della nave di linea Laconia da parte del U 156, intervenne per salvare alcune della migliaia di prigionieri di guerra in parte salvati dal U-boot. L'affondamento del Laconia fu un evento triste e deplorevole ed una delle pagine più scure della seconda guerra mondiale. Nel frattempo, l'Archimede, al comando del T.V. Saccardo affondò il trasporto truppe Oronsay e di poco mancò il Nea Hellas ugualmente di grande stazza. Il 6 ottobre, Grossi come già menzionato dichiarò l’affondamento di un'altra nave da guerra immaginaria, questa volta una nave da battaglia della classe Mississippi. Per questo affondamento, Grossi ricevette onorificenze tedesche e la Medaglia d’Oro al valore, ricompense queste che più tardi dovrà riconsegnare. In ottobre, ancora una volta i battelli italiani si spinsero a largo della costa brasiliana. Questa volta il Da Vinci e Tazzoli fecero un buon bottino, mentre il Finzi ritornò senza alcun successo. Un quarto battello, il sommergibile Cagni, fu inviato fino a Città del Capo, ma dopo una lunga missione di 137 giorni a mare, ebbe solamente 5.840 tonnellate al suo credito. Un altro di gruppo di sei sommergibili seguì. Il Barbarigo, ora sotto nuovo comando affondò tre navi per un totale di 15.584 tonnellate; il Da Vinci affondò sei navi per una nota 58.973 tonnellate, incluso la grande nave di linea “Empress of Canada”. Questi furono risultati assoluti per una singola missione solamente ecceduti dal Comandante Henke del U 513. Anche il Finzi affondò navi, ma i successi della flotta sottomarina italiana vennero ad un prezzo molto alto. L'Archimede fu affondato in un aereo americano vicino l'isola del di Fernando di Noronha, a largo della costa brasiliana ed il Da Vinci non ritornò alla base, probabilmente affondato il 23 maggio 1943 dalle fregate Active e Ness 300 miglia a largo di Vigo, Spagna. Altri due battelli, il Torelli ed il Cagnolini ritornarono senza successi. Dopo tre anni di operazioni continue, i pochi battelli rimasti non furono più ritenuti adatti per le missioni di guerra e furono ritirati.

 

Le Missioni di Trasporto in Giappone

 

L’otto febbraio 1943 Dönitz propose agli italiani di trasformare i rimanenti sommergibili per il servizio di trasporto dalla Francia al Giappone. I tedeschi avrebbero trasferito in cambio all’Italia 10 U-boot del tipo VII-C e gli equipaggi e comandanti italiani cominciarono l’addestramento in Germania. Sotto la soprintendenza del Contrammiraglio (E) Fenu, i rimanenti battelli cominciarono il lavoro di ristrutturazione. I cannoni furono rimossi, i pozzetti delle munizioni trasformati in depositi del combustibile supplementari, il periscopio d'attacco fu rimosso, ed una gran parte della spazio fu adattato al carico, inclusa la rimozione di una delle latrine. I tubi lanciasiluri furono tagliati. Con la trasformazione di questi pochi battelli rimasti, la partecipazione italiana alla Battaglia dell'Atlantico in pratica si concluse. Il sacrificio era stato grande; i risultati realizzati alimenteranno un dibattito che ancora è in corso. Alle missioni di trasporto in Giappone furono assegnati 10 sommergibili, ma solamente sette erano ancora in servizio quando la trasformazione cominciò. Dopo l'armistizio italiano del 8 settembre 1943 solamente il Cappellini, Torelli e Giuliani lasciarono Bordeaux e, dopo un lungo e pericoloso viaggio, arrivarono a Singapore. Qui i battelli furono catturati dai giapponesi e trasferiti alla Marina militare tedesca. Dei vari battelli, la storia del Cappellini è probabilmente la più sorprendente. L’otto settembre, (in realtà la mattina dei 9), avendo ricevuto notizie dell'armistizio firmate dal governo italiano, i giapponesi immediatamente presero controllo del battello. L'equipaggio fu catturato ed internato in un campo di prigionia giapponese. In seguito, buon parte dell'equipaggio (non gli ufficiali) decise di continuare a lottare a fianco dei tedeschi, ed il sommergibile ricevette un equipaggio misto tedesco e italiano. Alla resa della Germania, il 10 maggio 1945, il battello fu incorporato nella marina militare giapponese col nominativo Io-503 dove continuò ad operare fino a la fine del conflitto con un equipaggio italiano, tedesco, giapponese. Il Cappellini, fu eventualmente catturato dagli Stati Uniti ed affondato a largo di Kobe il 16 aprile 1946.

Conclusioni

La base di Betasom rimase pienamente operativa fino al 8 settembre 1943 quando, dopo l'armistizio, fu occupata dai tedeschi. Da allora in poi parte del personale italiano optò di continuare a combattere a fianco dei tedeschi, ma il comando italiano non fu mai riattivato. I sommergibili del tipo VII assegnati all’Italia furono rapidamente reintegrati nella Kriesgmarine, ed i pochi sommergibili italiani rimasti a Bordeaux erano troppo logori per ogni uso pratico. Andrebbe essere notato che mentre i tedeschi costruirono bunker in cemento armato per proteggere i loro sommergibili a Bordeaux, i sommergibili italiani furono sempre alla mercé degli attacchi aerei. Nonostante questa debolezza, non un solo battello andò perduto in porto o lungo la Gironde a causa d’attacchi aerei. Così, anche se limitato nel numero di sommergibili schierati ed il tonnellaggio totale affondato, il contributo italiano alla Battaglia dell'Atlantico dovrebbe essere considerato non insignificante. Al contrario, nella prospettiva di questo confronto gigantesco che eventualmente vide l'ingegnosità britannica e il potere industriale americano prevalere sulle forse dell’Asse, si dovrebbe riconoscere che nonostante si sia combattuto per una causa ingiusta, i sommergibilisti italiani in Atlantico hanno scritto alcune delle pagine più epiche della guerra navale.

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Sommergibile "TAZZOLI" (1°)

 

Il Smg. TAZZOLI apparteneva alla classe “CALVI”, composta da tre battelli (CALVI, FINZI e TAZZOLI) costruiti negli anni trenta presso i Cantieri del Muggiano (La Spezia).

 

Il TAZZOLI era stato impostato il 16 settembre 1932, varato il 13 ottobre 1935 ed era entrato in servizio il 18 aprile 1936.

 

 

 

 

 

 

 

Le sue caratteristiche tecniche erano:

 

- costruzione a doppio scafo completo

- dislocamento: 1.530 t (in superficie) - 2.032 t (in immersione)

- dimensioni: 84,3 m (lungh.) - 7,71 m (largh.) – (5,14 m (pescaggio medio)

- profondità di collaudo: 100 m (con coefficiente di sicurezza 3)

- potenza app. motore: 4.400 HP (in sup.) - 1.800 HP (in imm.)

- velocità max.: 17,1 nd (in sup.) - 7,9 nd (in imm.)

- autonomia: 11.400 mg a 8 nd - 5.600 mg a 14 nd (in sup.); 7 mg a 7,9 nd - 120 mg a 3 nd (in imm.)

- armamento: 8 TT.LL.SS. da 533 mm (4 a prora e 4 a poppa); 12 siluri in dotazione; 2 cannoni da 120/45 (uno a proravia e uno a poppavia della falsa torre); 4 mitragliere binate da 13.2 mm (in plancia, a poppavia); 2 lanciamine nell’intercapedine a poppa, con 14 mine (solo il TAZZOLI)

- equipaggio: 7 Ufficiali, 14 S/Ufficiali, 46 Sottocapi e Comuni

 

Ecco, di seguito, una sintesi della sua storia.

 

Durante la guerra di Spagna (1936-39), al comando del C.C. Mario LEONI, compie tre missioni: una di nove giorni, a dicembre del ’36, nelle acque di Cartagena, dove ha modo di effettuare tre attacchi, ma senza esito; una seconda di 15 giorni, nel gennaio successivo, sempre nelle stesse acque, con un solo lancio contro unità militari, ancora senza esito (nell’ultimo giorno di missione si ha la perdita di un uomo in mare); una terza, di soli 5 giorni perché subito interrotta.

 

Allo scoppio della II GM, dopo una missione infruttuosa in Mediterraneo, viene assegnato a BETASOM (Bordeaux). Parte dalla Spezia il 2.10.40, al comando del C.C. Vittore RACCANELLI, e giunge a Bordeaux il 24 dello stesso mese. Durante la traversata, il giorno 12, al largo di Capo San Vincenzo, affonda il P.fo jugoslavo ORAO di 5.135 t.

 

Fra dicembre ’40 e gennaio ‘41 il TAZZOLI compie una missione di trentadue giorni a ponente della Scozia, dove il 27 dicembre affonda il piroscafo inglese ARDHABAN di 4.980 t.

 

Il 5 aprile ’41 assume il comando il C.C. Carlo FECIA di COSSATO. In pari data imbarca, quale Uff. in 2^, il T.V. Gianfranco GAZZANA PRIAROGGIA, che più tardi si distinguerà al comando del Smg. ARCHIMEDE e, soprattutto, del Smg. DA VINCI.

 

 

 

 

 

 

Sotto il comando di FECIA di COSSATO (apr.‘41- feb.’43) il TAZZOLI compie ben sei lunghe missioni in Atlantico, spingendosi fin sotto le coste americane e affondando altre 16 navi mercantili:

 

- P.fo AURILLAC di 4.733 t, inglese (15.4.41)

- M/n FERNLANE di 4.310 t, norvegese (7.5.41)

- Petr. ALFRED OLSEN di 8.817 t, norvegese (9.5.41)

- Petr. SILDRA di 7.313 t, norvegese (19.8.41)

- P.fo ASTREA di 1.406 t, olandese (6.3.42)

- M/n TÖNSBERGFJORD di 3.156 t, norvegese (7.3.42)

- P.fo MONTEVIDEO di 5.785 t, uruguaiano (9.3.42)

- P.fo CYGNET di 3.628 t, panamense (11.3.42)

- P.fo DAYTONIAN di 6.434 t, inglese (13.3.42)

- Petr. ATHELQUEEN di 8.780 t, inglese (15.3.42)

- P.fo CASTOR di 1.830 t, olandese (1.8.42)

- Petr. HAVSTEN di 6.161 t, norvegese (6.8.42)

- P.fo EMPIRE HAWK di 5.032 t, inglese (12.12.42)

- P.fo OMBILIN di 5.658 t, olandese (12.12.42)

- P.fo QUEEN CITY di 4.814 t, inglese (21.12.42)

- P.fo DONA AURORA di 5.011 t, statunitense (25.12.42)

 

per un totale di quasi 83.000 t., un primato personale superato più tardi (per tonnellaggio, ma non per numero di navi) soltanto da quello di GAZZANA PRIAROGGIA (11 navi per oltre 90.000 t).

 

Dal 7 al 29 dicembre ’41 partecipa, partendo da Bordeaux con altri tre battelli italiani, al salvataggio dei naufraghi (oltre 400) delle navi tedesche ATLANTIS e PYTHON, affondate sotto le Isole del Capo Verde. Un’impresa eccezionale, caso unico nella storia della marineria, di salvataggio a circa 1500 miglia di distanza; impresa che fece guadagnare a FECIA di COSSATO (e agli altri Comandanti) un’importante decorazione tedesca da parte dell’Amm. Dönitz.

 

 

 

 

 

 

Alla fine del ’42 viene deciso di adibire il TAZZOLI a trasporto speciale con l’Estremo Oriente, e viene pertanto modificato all’uopo anche togliendo parte dell’armamento.

 

Ai primi di marzo ’43 il Com.te FECIA di COSSATO passa il comando del TAZZOLI al C.C. Giuseppe CAITO e va ad assumere il comando della Torp. ALISEO con la quale, il 9 settembre ’43, affonderà sette piccole unità tedesche nelle acque di Aiaccio.

 

Il TAZZOLI, al comando del C.C. CAITO, il 16 maggio ’43 parte da Bordeuax per la sua prima missione di trasporto, diretto a Singapore. Avrebbe dovuto mettersi in comunicazione con la base il giorno 24, ma invece non se ne hanno più notizie.

 

 

 

 

 

 

Il battello, quindi, è andato perduto fra il 17 e il 24 maggio, probabilmente nel Golfo di Biscaglia, forse incappando in una mina lanciata da aerei oppure per problemi derivati dal sovraccarico del sommergibile, che aveva ridotto la riserva di spinta a circa il 3%. Secondo fonti inglesi, esso potrebbe essere incappato su una mina lo stesso giorno della partenza, al largo della foce della Gironda, dove gli Alleati stavano effettuando massicci minamenti.

 

Con il TAZZOLI si sono perduti:

 

- Cap.Corv. Giuseppe GAITO, Comandante

- Cap.GN Giuseppe D’OTTONE, Direttore di Macchina

- S.Ten.Vasc. Giovanni SALOMONE, Ufficiale in 2^

- S.Ten.Vasc. Giuseppe TACCANI

- Ten.GN Giuseppe CENTELLI

- Asp. Guardiamarina Augusto PALOMMARI

- C°1^cl. Giuseppe PIGNATELLI

- C°1^cl. Emilio ZITO

- C°2^cl. Tommaso MOLINARI

- C°2^cl. Bernardo PESA

- C°3^cl. Arnaldo GALLO

- C°3^cl. Alberto GIACHERO

- C°3^cl. Mario POLLINI

- 2°C° Giovanni BOERO

- 2°C° Guerrino FORNASARI

- 2°C° Angelo GUTTILLA

- 2°C° Mario LEONI

- 2°C° Antonio SCHIROSI

- Sgt. Giuseppe BIANCUCCI

- Sgt. Antonino BUSCEMI

- Sgt. Costantino CECCONI

- Sgt. Italo COVINI

- Sgt. Mario DE ANGELI

- Sgt. Salvatore ENEA

- Sgt. Giovanni RUGOLON

- Sgt. Luigi TONIOLO

- Sc. Ettore BRIOSCHI

- Sc. Antonio CASTIELLO

- Sc. Giovanni GIANNI

- Sc. Antonino GUARDO

- Sc. Stanislao LEMUT

- Sc. Eliseo LIUT

- Sc. Giovanni MARCHESE

- Sc. Mario MAREGA

- Sc. Antonio MARGARITO

- Sc. Luigi MARTINO

- Sc. Pietro MOGAVERO

- Sc. Carmelo MOSICO

- Sc. Santo MUSICO

- Sc. Giuseppe NACCARI

- Sc. Giovanni SLAVICH

- Sc. Antonio VISICARO

- Sc. Michele ZINGARELLO

- Com. Giulio BARATTELLI

- Com. Gino BIGNAMI

- Com. Celestino FUSETTI

- Com. Antonio PERINI

- Com. Olivio PEZZA

- Com. Bruno SANTARELLI

- Com. Olindo SCURIN

- Com. Mario SENNA

- Com. Ermes VANGO

 

Onore a Loro!

 

La MMI potrebbe però pensare ad una missione alla ricerca del TAZZOLI!!!!!

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SULLA STORIA DEI NOSTRI SOMMERGIBILI

 

Ettore Bravetta: “Sottomarini, Sommergibili e Torpedini” - Treves, Milano, 1917

Enzo Campagna:

“La nave subacquea – Sottomarini e Sommergibili” – Hoepli, Milano, 1915

 

Ettore Bravetta:

“L’insidia sottomarina” – Treves, Milano, 1919

 

P.(?) Berardi:

“Sommergibili moderni” – Livorno, 1931

 

Ubaldo degli Uberti:

“La Marina da guerra” – Salani, Firenze, 1941

 

Junio Valerio Borghese:

“Decima Flottiglia MAS” – Garzanti, Milano, 1950

 

Antonio De Giacomo:

“Sommergibili italiani nell’Atlantico” – l’Arnia, Roma, 1950

 

Antonio Maronari:

“Un sommergibile non è rientrato alla base” – Milieri , Milano, 1951 – RCS, Milano, 1999

 

L. (?) Vainigli:

“Il sommergibile” – Tipografia Moderna, La Spezia, 1952

 

Mario Leoni:

“Sangue di marinai” – Edizioni Europee, Milano, 1954

 

Aldo Cocchia:

“Sommergibili all’attacco” – Rizzoli – Milano, 1955

 

Giuseppe Fioravanzo:

“Sommergibili in guerra” – Ufficio Storico della Mar. Mil., Roma, 1956

 

Enzo Grossi:

“Dal Barbarigo a Dongo” – Due Delfini, Roma, 1959

 

I.Battigelli-L.Raffo:

“Sottomarini e Sommergibili” – Università di Genova, Genova, 1965

 

Giulio Raiola:

“Quelli di BETASOM” – Volpe, Roma, 1965

 

Alberto Donato:

“I sommergibili emersero all’alba” – Baldini & Castoldi, Milano 1966

 

Antonio Trizzino:

“Sopra di noi l’oceano” – Longanesi, Milano, 1967

 

Marcello Bertini:

“I Sommergibili in Mediterraneo” – U.S.M.M., Roma, 1967/68

 

Armando Boscolo:

“Il Comandante Salvatore TODARO” – Volpe, Roma, 1970

 

Paolo M.Pollina:

“I Sommergibili Italiani 1895-1971” – U. S. M. M., Roma, 1971

 

Riccardo Nassigh:

“Guerra negli abissi” – Milano, 1971

 

Giulio Raiola:

“Uomini dell’Atlantico” – Longanesi, Milano, 1973

 

Erminio Bagnasco:

“I Sommergibili della 2^ G.M.” – Albertelli, Parma, 1973

 

Walter Ghetti:

“Storia mondiale del sommergibile” – De Vecchi, Milano, 1975

 

Ubaldino Mori Ubaldini:

“I Sommergibili negli oceani” – U.S.M.M. – Roma, 1976

 

Giulio Raiola:

“Timoni a salire” – Mursia, Milano, 1978

 

Teucle Meneghini:

“Cento sommergibili non sono tornati” – C.E.N., Roma, 1980

 

Sergio Bernacconi:

“Da testimone” – SATE – Ferrara, 1984

 

Tomasso Tommaso Facchini:

“Sempre Dandolo, mai prendendolo…!” – edito in proprio, Bologna, 1985

 

Gino Galuppini:

“Guida ai sommergibili dalle origini a oggi” – Mondadori, Milano, 1985

 

Gino Galuppini:

“Lo snorkel italiano” – U.S.M.M., Roma, 1986

 

Sergio Nesi:

“Decima Flottiglia Nostra…” – Mursia, Milano, 1987

 

Aurelio Scardaccione:

“Il delfino dorato” – Schena, Fasano, 1988

 

G.(?) Maioli:

“Squali d’acciaio” – F.lli Melita, La Spezia, 1989

 

Antonio Flamigni-Tullio Marcon-AlessandroTurrini:

“Sommergibili Italiani – Cento anni tra storia e leggenda” – Riv. Mar., Roma, 1990

 

Carlo De Risio:

“Quota periscopio” – S.M.M./UDAP – Roma, 1990

 

Nino Bixio Lomartire:

“Taranto e i suoi sommergibili” – Schena, Fasano, 1990

 

Antonio Casali-Marina Cattaruzza:

“Sotto i mari del mondo” – Laterza, Bari-Roma, 1990

 

Alessandro Turrini:

“Sommergibili italiani fra le due guerre” – S.M.M./UDAP, Roma, 1990

 

Carlo De Risio:

“I mezzi d’assalto” – U.S.M.M., Roma, 1992

 

Mario Frandi:

“Le avventure di un marinaio di BETASOM” – Erga, Genova, 1992

 

Franco Bargoni:

“L’impegno navale italiano durante la guerra civile spagnola (1936-39)”U.S.M.M., Roma, 1992

 

Raffaele De Courten “Le Memorie dell’Amm. De Courten ” U.S.M.M., Roma, 1993

Pier Filippo Lupinacci:

“Attività in Mar Nero e Lago Ladoga” – U.S.M.M., Roma, 1993

 

Giuseppe Fioravanzo:

“La Marina dall’8.9.43 alla fine del conflitto” – U.S.M.M., Roma, 1993

 

Francesco Mattesini:

“BETASOM – La guerra negli oceani” – U.S.M.M., Roma 1993

 

Erminio Bagnasco-AchilleRastelli:

“Sommergibili in guerra” – Albertelli, Parma, 1994

 

Giorgio Giorgerini:

“Uomini sul fondo” – Mondadori, Milano, 1994

 

Corrado Capone:

“Siamo fieri di voi!” – Ist. Grafico Editoriale Italiano – Napoli, 1996

 

Giancarlo Fagioli:

“Un sommergibile per giocattolo” – Marzocchi, Forlì, 1996

 

Alessandro Turrini:

“La conquista degli abissi” – Vittorelli, Gorizia, 1996

 

Elio Andò:

“BETASOM – I sommergibili italiani negli oceani” – Italia Ed., Campobasso, 1997

 

Renato Cépparo: “Fuori Uno!” - CInehollywood, Milano, 1998

Pietro Caporilli:

“Guerra negli abissi” – Settimo Sigillo, Roma, 1998

 

Alessandro Turrini:

“Gli squali dell’Adriatico” – Vittorelli, Gorizia, 1999

 

Enrico Cernuschi:

“Il sottomarino italiano” – Rivista Marittima, Roma, 1999

 

Achille Rastelli:

“Caproni e il Mare” - Museo Aeronautico Caproni & G. Apostolo Ed., Milano, 1999

 

L.(?) Ridolfi:

“Lo SCIRÉ - Un sommergibile … un uomo …” - Ed. Copy Express, 1999

 

Alessandro Turrini – Ottorino Miozzi:

“Sommergibili Italiani” - U.S.M.M., Roma, 1999

 

Alessandro Turrini:

“K-141 - La tragedia del KURSK” – Vittorelli, Gorizia, 2000

 

Nicolò Genovese – A. Turrini (a cura di):

“Nell’oceano immenso – Diario del Rt. Enrico Galli, Smg. DA VINCI, 2^GM” – Vittorelli, Gorizia 2001

 

Achille Rastelli:

“Carlo Fecia di Cossato – L’uomo, il mito e il marinaio” – Mursia, Milano, 2001

 

Luciano Barca:

“Buscando per mare con la Decima Mas” – Editori Riuniti, Roma, 2001

 

Mario Rossetto :

“Missione - NON ATTACCARE -” – Vittorelli, Gorizia, 2002

Modificato da Graziani
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Il Comandante Carlo Fecia dei Conti di Cossato, alla cui memoria dal 1966 è dedicata una via della nostra città, nacque a Roma il 25 settembre 1908 e, rispettando la tradizione familiare, intraprese la carriera militare nella Marina, in quanto già il padre era stato Capitano di Vascello. Carlo Fecia frequenta l'Accademia Navale con pieno merito ed allo scoppio del secondo conflitto mondiale, il 10 giugno 1940, lo troviamo al comando del sommergibile atlantico Enrico Tazzoli di 1550 tonnellate, di base a Bordeaux, comandato dal C.C. Vittore Raccanelli. Quest'ultimo capisce subito che Carlo Fecia è un uomo fuori dal comune, con una spiccata tempra di cacciatore, dote indispensabile nella tremenda partita iniziata in atlantico dai sommergibili italiani a fianco degli U-Boote tedeschi. Il 5 aprile 1941 il Comandante Raccanelli è trasferito sull'incrociatore Bande Nere ed il comando del Tazzoli è assunto dal neo capitano di Corvetta Carlo Fecia. Già in quei giorni però, questo irrequieto ufficiale è forse l'unico ad avere perso ogni illusione di vittoria. Confida ad uno dei suoi intimi amici:"La nostra sconfitta è certa ed inevitabile, ma tutto questo non può avere conseguenza sull'impegno d'onore che abbiamo. Il mio dovere di ufficiale è di battermi fino a che avrò gli ordini e i mezzi per farlo". Dal 15 aprile al 9 maggio 1941 affonda due piroscafi ed una cisterna per un totale di 17.850 tonnellate, a conferma delle sue innate doti di cacciatore. Nella sua seconda crociera atlantica, svoltasi nel marzo 1942 nel Mar dei Caraibi, i siluri del Tazzoli fanno altre sei vittime per un totale di 29.200 tonnellate. Nell'estate del 1942 la "mattanza" dei mercantili alleati ad opera dei sommergibili italiani e tedeschi registra una delle punte più alte. Carlo Fecia vi contribuisce con 15.000 tonn. affondate nel corso della sua terza missione durata ben 71 giorni, con 10.300 miglia percorse. L'ultima missione in Atlantico di Fecia si svolge dal 5 novembre 1942 al 1 febbraio 1943, durante la quale coglie altri quattro brillanti successi per un totale di 20.600 tonnellate affondate. Al rientro dalla missione, mentre naviga nel canale della Gironda, i mitraglieri del Tazzoli abbattono un quadrimotore inglese che attacca il sommergibile. Per quest'ultima missione oceanica gli sarà in seguito conferita la medaglia d'oro al valor militare con la seguente motivazione: " Valente ed ardito Comandante di Sommergibile, animato,fin dall'inizio delle ostilità,da decisa volontà di successo,durante la sua quinta missione di guerra in Atlantico affondava quattro navi mercantili per complessive 20.516 tonnellate ed abbatteva,dopo dura lotta,un quadrimotore avversario. Raggiungeva così un totale di 100.000 tonnellate di naviglio avversario affondato stabilendo un primato di assoluta eccezione nel campo degli affondamenti effettuati da unità subacquee. Successivamente Comandante di Torpediniera,alla data dell'armistizio dava nuova prova di superbo spirito combattivo,attaccando con la sola unità,sette unità germaniche con armamento prevalente che affondava a cannonate dopo aspro combattimento,condotto con grande bravura ed estrema determinazione. Esempio fulgidissimo ai posteri di eccezionali virtù di Comandante e di combattente,e di assoluta dedizione al dovere". Inoltre durante la sua permanenza a Betasom (base dei sommergibili atlantici italiani a Bordeaux) viene decorato da parte della Kriegsmarine Tedesca della Croce di ferro di Prima e di Seconda Classe; della Croce di Cavaliere della Croce di Ferro. Altre tre medaglie d'argento e tre di bronzo gli vengono conferite da parte italiana. Il 23 febbraio 1943 il Comandante annuncia mestamente all'equipaggio il suo rientro in Patria,dove assume il comando della torpediniera Aliseo. Le lunghe fatiche sopportate in molti mesi di missione hanno intaccato la sua salute,nonostante la forte fibra. Il Tazzoli,trasformato in sommergibile da trasporto per collegare Bordeaux a Singapore,si perdette nell'oceano Indiano tra il 18 e il 24 maggio 1943. Fecia di Cossato condusse brillantemente l'Aliseo nei mesi successivi come scorta ai convogli nel Mediterraneo. Strano destino il suo,visto che le navi da scorta le aveva combattute per quasi due anni nell'Atlantico. L'8 settembre lo coglie nel porto di Bastia in Corsica. Fedelissimo al Re obbedisce al suo ordine di consegnare la nave al nemico,convinto di non dovere ammainare la bandiera. Ingaggia anche un conflitto a fuoco contro un cacciasommergibile ed alcune motozattere armate tedesche,che sono affondate. Carlo Fecia era convinto che il Re avesse dato questo assurdo ordine nel pieno rispetto dell'onore militare e per il "bene inseparabile" che doveva unire il Re alla Patria. Ma, una volta giunto a Malta,prese conoscenza della triste realtà:le nostre navi da battaglia alla fonda,completamente disarmate trasformate in campo di concentramento per l'equipaggio. Da puro idealista qual era capì subito che il suo amato Re,nel quale aveva sempre creduto,se n'era infischiato dei valori dell'onore e della Patria e aveva solo pensato a salvare la pelle. Nonostante ciò gli rimase ancora fedele. Ne è prova un episodio in cui Carlo Fecia fu protagonista a fine di maggio 1944 quando,sempre al comando dell'Aliseo, si trovava a Taranto. In quei giorni si formò nel provvisorio "Regno del Sud" un nuovo governo, i cui ministri si rifiutarono di prestare giuramento nelle mani del Re. La regia marina era intransigente su ciò e, quando questa notizia giunse a Taranto,moltissimi ufficiali,che già si erano rassegnati alla resa di Malta solo per tener fede al loro giuramento, minacciarono di lasciare la marina. Intervenne l'Ammiraglio Nomis di Pollone e chiamò a rapporto gli ufficiali esortandoli ad obbedire,sostenendo che la marina era ancora l'unica forza compatta della nazione ed era loro compito mantenerla tale. Fecia di Cossato si alzò e di fronte all'Ammiraglio disse: "No,signor Ammiraglio, il nostro dovere è un altro. Io non riconosco come legittimo un governo che non ha prestato giuramento al re. Pertanto non eseguirò gli ordini che mi vengono da questo governo. L'ordine è di uscire in mare domattina al comando della torpediniera Aliseo. Ebbene l'Aliseo non uscirà". E su questa decisione fu irremovibile. Nella serata l'Ammiraglio si mise a rapporto dal Ministro della marina De Courten. Durante la notte Fecia fu fatto sbarcare dall'Aliseo e messo agli arresti in fortezza. Ma la mattina successiva sui muri ell'arsenale comparvero molte scritte "Abbasso De Courten", "Viva Di Cossato", "Viva il Re". Gli equipaggi si rifiutarono di prendere il mare. De Courten si arrese e Carlo Fecia fu rimesso in libertà,ma venne rimosso dal comando dell'Aliseo. Se ne andò in licenza a Napoli dove venne ospitato da un amico. I suoi sentimenti, la sua coscienza di uomo d'onore erano completamente sconvolti. Il pur forte animo, ormai sfiduciato e angustiato non resse più al dramma iniziato l'8 settembre dell'anno precedente ed il 27 agosto 1944, a Napoli, si sparò un colpo di pistola alla tempia. Ma prima scrisse alla madre una lettera-testamento, che pubblichiamo di seguito. Essa rappresenta il più spietato atto di accusa contro chi consegnò la flotta nelle mani del nemico. " Napoli, 21 agosto 1944 Mamma carissima, quando riceverai questa mia lettera saranno successi dei fatti gravissimi che ti addoloreranno molto e di cui sarò il diretto responsabile. Non pensare che io abbia commesso quello che ho commesso in un momento di pazzia,senza pensare al dolore che ti procuravo. Da nove mesi ho molto pensato alla tristissima posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa della Marina, a cui mi sono rassegnato solo perchè ci è stata presentata come un ordine del Re, che ci chiedeva di fare l'enorme sacrificio del nostro onore militare per poter rimanere baluardo della Monarchia al momento della pace. Tu conosci che cosa succede ora in Italia e capisci come siamo stati indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobile senza alcun risultato. Da questa constatazione me ne è venuta una profonda amarezza, un disgusto per chi ci circonda e, quello che più conta ora,un profondo disprezzo per me stesso. Da mesi, Mamma, rimugino su questi fatti e non riesco a trovare una via d'uscita, uno scopo alla mia vita. Da mesi penso ai miei marinai del Tazzoli che sono onorevolmente in fondo al mare e penso che il mio posto è con loro. Spero, Mamma, che mi capirai e che nell'immenso dolore che ti darà la notizia della mia fine ingloriosa, saprai capire la nobiltà dei motivi che mi hanno guidato. Tu credi in Dio, ma se c'è un Dio, non è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la mia rivolta contro la bassezza dell'ora. per questo, Mamma, credo che ci rivedremo un giorno. Abbraccia papà e le sorelle e a te, Mamma, tutto il mio affetto profondo e immutato. In questo momento mi sento molto vicino a tutti voi e sono sicuro che non mi condannerete.

 

Carlo "

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Dati riepilogativi realtivi ai sommergibili italiani nel corso della Seconda Guerra Mondiale

 

Missioni svolte 1750

 

Miglia compiute 2.500.000

 

Giorni in mare 24.000

 

Attachi svolti 173

 

Siluri lanciati 427

 

Naviglio Mercantile affondato 132 (665.317 tons)

Naviglio Militare affondato 18 (28.950 tons)

 

Sommergibili italiani affondati

 

Mare Mediterraneo 88

Altri settori 40

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