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Questione Alitalia


julian

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Lo sputtanamento ha raggiunto l'apice :asd:

 

 

MILANO - Ha provato con il Grande fratello, ma le è andata male. Poi ci ha ritentato con La Fattoria, idem come sopra. Per Daniela Martani, balzata all’onore delle cronache come l’hostess-pasionaria della vecchia Alitalia, sembrava proprio che il mondo della tv fosse sbarrato. Off limits. E invece è arrivato Emilio Fede a salvarla: l’ha assunta per condurre Sipario, il rotocalco del Tg4 dedicato a tutto quello che fa spettacolo, costume e gossip. «Sì, è vero — conferma lei felicissima—ho trovato finalmente lavoro!». Dal tono della voce si sente tutta, questa sua felicità. «Non vedo l’ora di cominciare, debutterò il 6 aprile, probabilmente alternandomi con Raffaella Zardo. Non so come ringraziare Fede per l’opportunità, che è arrivata davvero all’improvviso.

 

Farò la conduttrice, lancerò i servizi: altro che reality, qua si giocherà sul serio». Beh, insomma, Sipario si interessa (molto) di vip dello show business e pettegolezzi... «Ma io la conosco bene, l’ho sempre vista. Mi piacciono i programmi che hanno a che fare con il mondo dello spettacolo. E, perché no?, del gossip». E poi, sempre meglio che aspettare le calende greche della sua causa contro l’Alitalia, no? «Quella è una cosa che va avanti, la seguono i miei avvocati, ha comunque un iter lungo. Vedremo...». Ma come è nata l’idea? Lo ha spiegato Emilio Fede al settimanale Tv Sorrisi e canzoni, in edicola da oggi. «Ho voluto risarcire, e non è la prima volta che lo faccio, una persona che ha avuto un passato difficile, fatto di sconfitte pesanti come macigni. Su Daniela si sono dette tante cose. Io non voglio giudicare se lei abbia ragione o meno. Voglio darle un’opportunità».

 

Maurizio Pluda

30 marzo 2009

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  • 2 settimane dopo...

Prima De Magistris, poi questa Maruska. Ma perchè Di Pietro vuole cadermi così in basso? Anche lui si mette a fare il populista, il bue che dice cornuto all'asino!

 

Comunque, per tornare a parlare di Alitalia, vorrei chiedere a chi ne sappia qualcosa chiarimenti in merito ad una questione: come mai, con un solo Certificato di Operatore Aereo, Alitalia CAI può usare due numerazioni diverse per i voli? A tutti gli effetti i velivoli ex-AirOne ora sono di proprietà di CAI, eppure continuano a volare con numero di volo AP/ADH.

 

Questo crea non pochi problemi a chi debba fare accordi con il vettore. Uno a caso, che mi riguarda direttamente, riguarda per esempio i CFS (Crew Fuori Servizio) per muovere gli equipaggi con voli di altre compagnie. In precedenza avevamo accordi con AirOne per accettare reciprocamente loro crew sui nostri voli e viceversa.

 

Ora, con Alitalia CAI, un volo può essere venduto come Alitalia ed essere operato con numero di volo ADH o, al contrario, magari per ragioni operative, un volo originariamente allocato ad aerei con brand AirOne viene operato con velivolo e numero di volo AZ/AZA... E capita che il crew rimane a terra perchè su voli operati come ADH li accettano e su voli operati AZA no, indipendentemente da come si è acquistato il biglietto e da quale livrea sfoggi l'aereo... E a noi facevano casino quando prestavamo gli aerei ad AirBee...

 

Al di la di quelli che sono gli aspetti e le conseguenze prettamente commerciali ed operative, come mai si è permesso ad un vettore di fare una roba del genere quando è prassi (e norma) che su un COA venga indicato uno ed un solo numero di volo con il quale operare i propri voli?

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Tuccio la questione è molto dibattuta.

 

Al momento pare certo che almeno per un anno i due vettori manterranno una certa autonomia (livrea, identificativo, protocolli), ma è probabile che nel futuro prossimo l'integrazione piena fra i due occuperà l'agenda dei dirigenti CAI.

 

Ad Ancona ho già preso un paio di volte l'aereo per Roma: biglietto AZ, orari AZ, aereo ed equipaggio Air One!!!!

 

EDIT: d'altra parte tu sai bene che esistono rotte operate da un determinato vettore ma vendute in virtù di accordi di Co-sharing da altro o altri vettori con il proprio codice e numero di volo.

Modificato da paperinik
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EDIT: d'altra parte tu sai bene che esistono rotte operate da un determinato vettore ma vendute in virtù di accordi di Co-sharing da altro o altri vettori con il proprio codice e numero di volo.

Sì ma da che mi risulti AirOne ed Alitalia, in nome della fusione in CAI, hanno completamente rinegoziato i vari accordi con vettori stranieri, soprattutto all'interno di Sky Team. AirOne, per esempio, ha totalmente cassato la partnership con Lufthansa...

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Sì ma da che mi risulti AirOne ed Alitalia, in nome della fusione in CAI, hanno completamente rinegoziato i vari accordi con vettori stranieri, soprattutto all'interno di Sky Team. AirOne, per esempio, ha totalmente cassato la partnership con Lufthansa...

Beh era normale che l'accordo con Lufthansa (e quindi indirettamente l'alleanza Star Alliance) venisse chiuso. Air One ora esiste non più come autonoma compagnia aerea ma come brand diverso di Alitalia, che come tu ben sai è pilastro dell'alleanza Sky Team impedendo ciò di stringere accordi con altre alleanze (tipo appunto Star Alliance o One World).

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Beh era normale che l'accordo con Lufthansa (e quindi indirettamente l'alleanza Star Alliance) venisse chiuso. Air One ora esiste non più come autonoma compagnia aerea ma come brand diverso di Alitalia, che come tu ben sai è pilastro dell'alleanza Sky Team impedendo ciò di stringere accordi con altre alleanze (tipo appunto Star Alliance o One World).

Speriamo che solo di brand si tratti, o qua sirischia di incasinare ulteriorimente il servizio offerto ai pax e gli aspetti contrattuali tra scali e compagnie, in cui per ovvie ragioni AZA la fa da padrone.

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MILANO - Aerei più vuoti del previsto (malgrado la "ripresina" di aprile). Sindacati in fibrillazione. Ritardi e cancellazioni in aumento. E ora il fuoco amico degli ex-sponsor del governo - dal leghista Castelli al presidente della Sicilia Lombardo - che sparano ad alzo zero sui disservizi.

 

La nuova Alitalia - a 100 giorni esatti del suo tormentato battesimo del volo - fatica ancora a decollare. Ma grazie ai risparmi garantiti dal crollo del greggio, 150 milioni l'anno se il barile resterà a 50 euro, potrebbe riuscire - sostengono fonti vicine ai vertici - a contenere il passivo 2009 attorno ai 200 milioni del budget. Allontanando il rischio che i soci siano costretti a metter mano al portafoglio per riprendere a tappare i buchi (come si faceva con la vecchia Alitalia) a suon di ricapitalizzazioni.

 

La performance. La notizia più positiva per Alitalia è quella della lenta ma costante ripresa dei passeggeri. Lo scenario, va detto, è nero. Il mercato italiano, maglia nera in Europa, è crollato nei primi tre mesi dell'anno del 9%. Quello mondiale è sceso del 5,6%. Ma sullo sfondo di questo quadro da incubo - Lufthansa ha messo a terra 20 aerei, Air France ha varato 3mila tagli e la Iata vaticina 4,7 miliardi di perdite per il settore - la Magliana si muove in controtendenza. Il 13 gennaio, 100 giorni fa, viaggiava con 30 posti occupati su 100 su un network ridotto del 32% rispetto all'offerta della vecchia compagnia. Poi gli aerei - a colpi di sconti che erodono i margini - hanno ripreso a riempirsi. A fine gennaio il load factor è salito al 43 per cento, a metà marzo al 55 per cento e oggi sarebbe vicino al 60 per cento. Meno del 65 per cento previsto per aprile-maggio dall'ad Rocco Sabelli ma non lontanissimo dal 67 per cento fissato per arrivare al pareggio.

 

I disservizi. I numeri confermano il deterioramento del servizio. Un mese fa la compagnia stimava nell'80 per cento i voli in orario (entro i 15 minuti dall'orario) poco meno della media Ue. Ora per Enac siamo al 73 per cento - la vecchia Alitalia un anno fa era all'85% - con un aumento delle cancellazioni. Le cause? Diverse. C'è l'ovvio rodaggio per un management nuovo in un mondo complesso. Ci sono le difficoltà d'integrazione tra Alitalia ed Air One. C'è un'organizzazione da mettere a punto: i servizi di pulizia, esternalizzati da poco, sono tra le principali cause di ritardo (e di lamentele qualitative) di queste settimane. Gli scioperi bianchi dei dipendenti - specie della manutenzione - hanno generato altri disagi, ritardando la consegna di aerei in revisione. Poi c'è il nodo degli equipaggi ridotti all'osso: quando i passeggeri sono più del previsto è necessario rafforzare in extremis l'equipe di assistenti di volo, con inevitabili attese. Ognuno di questi problemi ha un effetto domino sull'intero operativo: un singolo aereo non pronto, un pilota in ritardo o persino una cabina sporca bastano a mandare in tilt tutto il sistema Alitalia creando i disservizi di questi giorni.

 

Più difficile è trovare una spiegazione per le cancellazioni. Quella ufficiale (quando c'è) è quasi sempre la "mancanza d'equipaggio". Ma il tam tam del settore fa notare come gli aerei "saltati" coincidano quasi sempre con quelli destinati a partire semivuoti. "Noi vigiliamo sulla situazione e se troveremo irregolarità partiranno le sanzioni - assicura Riggio - . Nel mirino si sono pure le cancellazioni. Ma per ora mi pare che il numero dei voli eliminati o in ritardo sia nella norma".

 

La cassa. I soldi, al momento, non paiono un problema. I soci hanno versato 1,1 miliardi di capitale. Se la crisi non peggiorerà, tutto il piano Cai dovrebbe essere autofinanziato, smentendo i "gufi" - come dice Roberto Colaninno - che volteggiano attorno alla compagnia. I disagi di questa prima fase avrebbero però lo stesso aperto qualche crepa tra i 16 soci della cordata italiana. Qualcuno sarebbe perplesso dall'eccesso di deleghe in mano a Sabelli. Altri temono, malgrado tutto, di essere costretti a tirar fuori altri soldi. Alla finestra, sorniona, resta Air France. In caso di corti circuiti, Parigi (pur in rosso di 200 milioni di euro) potrebbe mettere le mani prima del previsto sull'ex-compagnia di bandiera italiana.

(24 aprile 2009)

 

http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/e...disservizi.html

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Allora posso confermare che i ritardi sui voli sono reali...specialmente per destinazioni estere. Per i voli nazionali la situazione è invece molto più regolare.

Gli aerei sono decisamente pieni ma è tutto da vedere se ciò dipende dalle offerte particolarmente allettanti proposte da Alitalia nei primi 4 mesi dell'anno o se effettivamente ciò dipende da una fiducia ritrovata da parte del cliente.

 

Il dato del riempimento in crescita è cmq interessante perchè in questo momento di crisi internazionale gli altri vettori denunciano un trend opposto.

 

Ah, piacevole novità...sia a bordo che a terra si rileva una diffusa gentilezza e cortesia, prima sconosciuta.

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Il dato del riempimento in crescita è cmq interessante perchè in questo momento di crisi internazionale gli altri vettori denunciano un trend opposto.

 

Ah, piacevole novità...sia a bordo che a terra si rileva una diffusa gentilezza e cortesia, prima sconosciuta.

Ecco: questi due credo che siano i dati da tenere realmente in considerazione.

 

Poi c'è il nodo degli equipaggi ridotti all'osso: quando i passeggeri sono più del previsto è necessario rafforzare in extremis l'equipe di assistenti di volo, con inevitabili attese. Ognuno di questi problemi ha un effetto domino sull'intero operativo: un singolo aereo non pronto, un pilota in ritardo o persino una cabina sporca bastano a mandare in tilt tutto il sistema Alitalia creando i disservizi di questi giorni.

Ora non mi metto a fare un saggio sulle operazioni di una compagnia aerea, ma è meglio che la stampa non entri nel dettaglio perchè solo nel passaggio riportato ci sono 4 castronerie:

  1. l'equipe di A/V deve essere di norma adeguata alla configurazione dell'aereo, non si assegnano A/V in base ai passeggeri previsti;
  2. i piloti non fanno ritardo, al massimo, dato che gli avvicendamenti sono ritagliati all'osso, devono presentarsi in ritardo per rispettare il crew rest obbligatorio, senza addentrarci troppo nelle FTL (Flight Time Limitations);
  3. una cabina non basta pulirla, ma a seconda della tipologia del volo da fare va allestita, che è tutto un altro paio di maniche;
  4. una tratta operata in ritardo non pregiudica il sistema, al massimo la rotazione di quella macchina.

Ripeto, non mi addentro nei numeri e nelle norme, ma passare dall'avere 20 crew di riserva e 5 macchine di back-up su ogni base (spreco) all'incastrare avvicendamenti di crew, macchine e servizi (normale amministrazione) è critico, soprattutto se nel frattempo si sono appaltati servizi che prima si facevano in casa a società esterne che, non so se purtroppo o per fortuna, stanno registrando disservizi e ritardi nelle operazioni ground proprio per il troppo lavoro arrivato all'improvviso.

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Che vergogna....

mi viene da ripensare (e non so se riderci o piangerci su) a mio padre che non voleva che prendessi le scatoline di graffette o le matite dal suo ufficio "perchè erano della Compagnia".

 

L’ex Alitalia degli sprechi:

60 sedi all’estero da chiudere

Il commissario Fantozzi trova depositi sconosciuti per 50 milioni

 

ROMA - Immagina se stesso, Augusto Fantozzi, nei panni di Fausto Coppi sullo Stelvio. Ma a differenza del Campionissimo il commissa­rio di quella che fu l’Alitalia non alza mai la testa dal ma­nubrio. «Condannato a peda­lare e basta», ripete tutti i giorni ai suoi collaboratori. La salita è ripida e a ogni tor­nante c’è una sorpresa. Un nuovo creditore, o una rogna che nessuno poteva prevede­re. Per esempio quella, pazze­sca, con cui Fantozzi è alle prese adesso: le sedi dell’ex Alitalia all’estero. Sapete quante? Sessanta.

 

Tante era­no ai tempi d’oro, per inten­derci quando (fino a poco tempo fa) all’aeroporto londi­nese di Heathrow la compa­gnia di bandiera italiana sti­pendiava 300 (trecento) per­sone, e tante sono rimaste do­po, quando le destinazioni in­ternazionali dell’Alitalia si erano ridotte a una sparuta quindicina. Magari ci sarà una spiega­zione. Ma che questo possa essere considerato accettabi­le, no davvero. Soprattutto considerando i costi assurdi che ancora adesso gravano sulla liquidazione della com­pagnia di bandiera. C’era una sede in Libia, chiusa giovedì scorso. Una in Senegal. Addi­rittura due in India: a Mum­bai e Nuova Delhi. E via così. Abbassare la serranda di quegli uffici è complicatissi­mo, come sta sperimentando Fantozzi. Si deve liquidare il personale, battagliare con i sindacati, risolvere le grane con il fisco locale. Ma non è soltanto per questo che l’Ali­talia ha continuato a far corre­re per anni gli stipendi, i con­ti dell’albergo, i bonifici ai for­nitori. Talvolta si è giustifica­to il mantenimento in vita di quelle costose strutture con la necessità di conservare gli slot, cioè i diritti di decollo e atterraggio: per una rotta abo­lita! In altri casi è stata solo inerzia. Costosissima inerzia. Prendiamo la sede di Hong Kong, dove l’Alitalia non vola più da tempo, e dal 2008 ha soppresso anche i collega­menti cargo. Quindici dipen­denti e un conto di 1.200 dol­lari al giorno per il lussuoso hotel Hyatt. Per ironia della sorte, la filiale di Hong Kong dell’Alitalia, cioè una compa­gnia aerea fallita, aveva 7 mi­lioni e mezzo di euro, liquidi. Erano depositati in una ban­ca locale.

 

Un tesoretto che a quanto pare c’è anche in Bra­sile, Argentina, Venezuela e chissà in quanti altri posti. Fantozzi e i suoi hanno calco­lato che nelle banche in giro per il mondo l’Alitalia abbia depositi per molti milioni di euro. Quanti? Decine. Forse una cinquantina. Non saran­no la soluzione, ma perché la­sciarli lì? Soprattutto, perché non fermare al più presto l’emorragia degli uffici este­ri? Tanto più che ogni euro speso per mandare avanti quelle baracche è un euro sot­tratto ai creditori. Nessuno è in grado di dire quale sia esattamente il loro numero. Ma non sono meno di 23 mila, compresi i dipen­denti che devono avere circa 205 milioni di liquidazioni. Di conseguenza, non si può sapere con precisione quanti soldi servano per pagarli. Uni­ca certezza: i debiti con mi­gliaia di fornitori accumulati dall’Alitalia prima del com­missariamento, il 29 agosto 2008, saranno gli ultimi a es­sere onorati. Se ci saranno an­cora soldi. È la dura legge del­le liquidazioni. Prima si paga la «prededuzione», cioè i co­sti della liquidazione e gli im­pegni contratti dai liquidato­ri dopo il commissariamento. Poi i dipendenti. Quindi gli enti di previdenza, gli avvoca­ti e i consulenti. In fondo, gli altri. Cioè i fornitori «ante» 29 agosto. E lo Stato, verso cui l’Alitalia in liquidazione ha un debito di 300 milioni: il «prestito ponte» concesso per evitare il fallimento dopo che era saltata la trattativa con Air France. Che a questo punto sarebbe forse meglio chiamare «regalo ponte». A complicare ulteriormen­te le cose c’è la prospettiva di un contenzioso immane.

 

Dal­le piccole cause di lavoro dei dipendenti (molti anche ob­bligazionisti) alle controver­sie internazionali. Un assag­gio? L’Alitalia si era coperta dal rischio di cambio sul prez­zo del petrolio con derivati del Credit Suisse. Al commis­sariamento, la banca ha eser­citato il diritto di recesso inca­merando 50 milioni. Almeno 7, sostiene Fantozzi, non do­vuti. Così inevitabilmente si è arrivati alle carte bollate. La fotografia degli sfortuna­ti creditori scattata il 29 ago­sto 2008 è la sconcertante pre­messa di una liquidazione de­stinata a battere ogni record di durata. Roba da far impalli­dire la procedura dell’Itavia, compagnia del Dc9 abbattuto nel 1980 sui cieli di Ustica: ini­ziata nel 1981, ventotto anni dopo è ancora aperta. Per la gioia di avvocati e consulen­ti. I pochi che in queste situa­zioni guadagnano davvero. La lista dei vecchi fornitori che vantano soldi è tanto ster­minata quanto (pare) incom­pleta. Al punto che balla pure la cifra totale: 320 milioni? 350? O 400? Boh. Ci sono so­cietà aeroportuali (gli Aero­porti di Roma hanno penden­ze per una quarantina di mi­lioni), compagnie petrolifere, albergatori. Autonoleggi, ri­storanti, bar degli aeroporti, editori: dal Financial times (39.091 euro) al gruppo l’Espresso (667.567), alla Rcs quotidiani che edita il Corrie­re (293.333), al Messaggero (15.069). Poi Telecom Italia, con 3,5 milioni di bollette ar­retrate. Ma anche le autorità aeroportuali di mezzo mon­do. La Coca Cola (574.505 eu­ro). Il profumiere Yves Saint Laurent (14.605 euro). Non manca nemmeno Peccati di Capri, la piccola ditta napole­tana che forniva i cioccolatini di benvenuto ai passeggeri (3.852 euro). E neppure la In­ce 2002 srl, società alla quale venne affidato durante la ge­stione di Giancarlo Cimoli il restyling della rivista di bor­do, Ulisse 2000, e che era pos­seduta al 50% dall’attore Pino Insegno. Credito: 77.259 eu­ro. E 60 centesimi.

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Non che mi piaccia dirlo ma l'avevo detto. Sulla Repubblica di oggi c'è una bella intervista doppia a Colaninno e Sabelli, rispettivamente Presidente e AD della nuova Alitalia.

Riporto le parole di Colaninno.

 

"In Italia non esiste nessun aeroporto con la densità di passeggeri necessaria per essere un vero hub. Si volerà sempre più punto a punto e noi dovremo essere capaci di vendere bene all'estero i tesori del nostro paese, come Venezia e le città d'arte. Malpensa poi non potrà mai essere ciò per cui è stata disegnata, un hub. E' mal collegata con il resto del nord. Ormai è uno scalo che per salvarsi punta sulle low cost. A Milano sperano, o fanno finta di sperare, in Lufthansa. Ma i tedeschi per ora hanno messo solo rotte a breve raggio. Noi abbiamo deciso di riposizionarsi su Linate, tanto i milanesi non rinunceranno mai al loro city airport."

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Non che mi piaccia dirlo ma l'avevo detto. Sulla Repubblica di oggi c'è una bella intervista doppia a Colaninno e Sabelli, rispettivamente Presidente e AD della nuova Alitalia.

Riporto le parole di Colaninno.

 

"In Italia non esiste nessun aeroporto con la densità di passeggeri necessaria per essere un vero hub. Si volerà sempre più punto a punto e noi dovremo essere capaci di vendere bene all'estero i tesori del nostro paese, come Venezia e le città d'arte. Malpensa poi non potrà mai essere ciò per cui è stata disegnata, un hub. E' mal collegata con il resto del nord. Ormai è uno scalo che per salvarsi punta sulle low cost. A Milano sperano, o fanno finta di sperare, in Lufthansa. Ma i tedeschi per ora hanno messo solo rotte a breve raggio. Noi abbiamo deciso di riposizionarsi su Linate, tanto i milanesi non rinunceranno mai al loro city airport."

 

Bene....una buona notizia!

 

Era ora che l'Azienda prendesse una posizione chiara e cristallina, in un senso (MXP) o nell'altro (LIN).

 

MXP non potrà mai essere salvato da Lufthansa ITALIA....non si è salvato Monaco, figuriamoci Malpensa. I tedeschi non raddoppieranno mai il loro Hub primario di Francoforte.

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Finalmente si scoprono le carte, Linate! Tanto mica hanno problemi loro con gli slots... Mi fa piacere, sul serio, anche se patteggiavo per un Malpensa meglio collegato alla città, ma sono curioso di sapere quanta fatica dovranno fare loro per ottenere degli slot su LIN, a fronte di quella che fanno tutte le altre compagnie. Bisogna prostituirsi con Assoclearance, AZA controlla praticamente tutti gli slot su quell'aeroporto, per far atterrare una zanzara configurata 19Y (ma limitata a 13 sulla PSR LIN) abbiamo dovuto barattare uno slot storico con Alitalia!!! Certe cose non si possono sentire...

 

Comunque, anche se sicuramente LIN è un aeroporto più appetibile di MXP in quanto a passeggeri (una decina di fermate di 73 e sei in centro), sono curioso di sapere se hanno in mente almeno un piano per ampliare l'aerostazione. Con tutto che ormai quello scalo è monopolizzato, arriverà prima o poi a saturarsi... Anzi, c'è già arrivato!

 

E comunque, se veramente Colaninno crede che il futuro di Alitalia sia il punto-punto, ma cosa diavolo li fai a fare i code-sharing con AirFrance e KLM, praticamente gli inventori dell'hub and spoke?

 

MAH...

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