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Umberto Nobile


Dave97

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Non vi è giudice più giusto e imparziale del tempo, anche se il suo verdetto non viene quasi mai pronunciato in vita di chi merita di essere rivalutato e ricordato per le opere che ha realizzato, o di essere definitivamente condannato per le colpe finalmente acclarate.

Oggi, sentendo nominare Umberto Nobile e le sue spedizioni polari con i dirigibili, si è più portati a riflettere sul loro valore scientifico e aeronautico che non sulle polemiche suscitate a causa della sciagura che segnò il viaggio di ritorno dal Polo Nord durante la spedizione del 1928, e le travagliate operazioni di soccorso che ne seguirono.

Il dirigibile volava ormai verso il definitivo tramonto; ma non tutti gli esperti di aviazione avevano negato un possibile futuro alle aeronavi più leggere dell'aria, che rispetto agli aeroplani dell'epoca vantavano grandi capacità di carico e un'autonomia intercontinentale.

Tra i sostenitori vi era Umberto Nobile, che da vent'anni costruiva e perfezionava i dirigibili con i quali egli stesso volava, brevettando nuove soluzioni e riscuotendo successi anche all'estero, dove le sue conoscenze nel campo erano molto apprezzate.

Nobile era già stato al Polo Nord nel 1926, comandante del dirigibile Norge acquistato dall'Aero Club di Norvegia e affidato a Roald Amundsen e al finanziatore della spedizione, l'americano Lincoln Ellsworth.

Al ritorno, sostenne l'idea di un'impresa completamente italiana, organizzata e diretta da lui: una vera spedizione scientifica, volta a esplorare zone dell'Oceano Artico mai raggiunte prima, con rilievi meteorologici, oceanografici e numerosi altri esperimenti, come quelli per lo studio del magnetismo terrestre.

Il dirigibile Italia era praticamente gemello del Norge: lungo 104 metri, largo 18,5 e alto 26.

Il volume era 18.500 metri cubi; il peso "morto equipaggiato" 10.500 chilogrammi, e 7.000 quello del carburante, sufficiente per 5.500 chilometri di autonomia alla velocità di crociera di 85 chilometri all'ora, con punte massime di 115.

La quota massima raggiungibile era di 4.000 metri.

E difficile stabilire il grado di preparazione e di efficienza dei mezzi e degli uomini che Nobile scelse per l'impresa.

Viene spontaneo il paragone con l'avveniristica (all'epoca) organizzazione del generale Italo Balbo, che solo cinque anni più tardi porterà la "Centuria Alata" a volare sul continente americano, in confronto alla quale ogni precedente impresa rischia di apparire qualcosa di simile a un'avventura improvvisata.

Resta il fatto che l'Italia partì da Ciampino la mattina del 19 marzo 1928 con tutti i più moderni strumenti di navigazione e di comunicazione radiotelegrafica disponibili a quel tempo, nonché il miglior vestiario e le migliori scorte alimentari, frutto di valutazioni e consigli degli esploratori polari.

La validità di quell'organizzazione è provata dalla possibilità che ebbero i naufraghi di resistere al freddo e alla fame, riuscendo addirittura a cacciare un orso e a comunicare via radio per ben 48 giorni sul deserto di ghiaccio.

 

Un inizio difficile

 

La spedizione ha inizio a Milano, dov'erano stati reperiti i finanziamenti per organizzare l'impresa.

La partenza avviene il 15 aprile, al termine di laboriosi preparativi.

I guai arrivano subito: sulla Slovenia il dirigibile viene investito da raffiche di vento che danneggiano la struttura.

Spesse nubi impediscono di controllare la rotta.

Poi pioggia, temporali, e infine la nebbia insidiano l'aeronave fino a Stolp, sul Mar Baltico, dove il volo si conclude dopo trenta ore con un difficile ormeggio.

Occorrono 17 giorni per riparare i piani di coda e per avere condizioni meteorologiche favorevoli.

Il 3 maggio 1928 l'Italia riparte alla volta di Vadso, sulla costa norvegese del Mare di Barents, dove c'è il pilone di ormeggio disposto per il Norge.

Anche questa tappa è avversata dal maltempo e da un incidente all'ormeggio, con danneggiamento della struttura della prua, prontamente riparata dal capotecnico Natale Cecioni.

Il 5 maggio si parte per l'ultima tappa, destinazione Kongsfjord (Baia del Re) nell'arcipelago delle Spitsbergen (oggi Svalbard).

Una tempesta è segnalata in rotta, ma si decide comunque di affrontare l'ennesimo calvario. Neve, nebbia e vento producono nuovi danni alla struttura e a uno dei tre motori Maybach da 245 cavalli.

Finalmente, nella tarda mattinata del 6 maggio, la meta è in vista, e con una laboriosissima manovra di aggancio nel vento il dirigibile viene assicurato al pilone e messo nel ricovero che era stato costruito per il Norge: due alte pareti che lo proteggono dal vento, ma non dalla neve, che si accumula al ritmo di una tonnellata all'ora.

L'11 maggio il tempo sembra migliorare, ma è un'illusione.

L'Italia parte per il primo volo esplorativo, ma dopo poco più di otto ore sull'Oceano Artico, già con un'avaria al timone, Nobile ordina il rientro.

Quattro giorni dopo si riparte per la missione più importante sotto l'aspetto scientifico.

Con un volo di 69 ore, rotta Est, si passa a nord dell'arcipelago Francesco Giuseppe, e proseguendo viene smentita l'esistenza di una "Terra del Nord".

Si rientra dopo aver sorvolato la Novaja Zemlja russa fra i 150 e i 1.100 metri e, per la prima volta in assoluto, la Grande Svalbard.

 

La sciagura fra i ghiacci

 

Sono sedici gli uomini a bordo del dirigibile in partenza, il 23 maggio, con destinazione Polo Nord, che viene raggiunto alle 02:20 del 24 maggio.

Dopo i programmati esperimenti scientifici e i lanci di una croce, affidata da Papa Pio XI, e della bandiera italiana, l'Italia rimette prua verso Kingsbay, ma i violentissimi venti contrari e l'appesantimento per l'accumulo di ghiaccio (tale, forse, da causare un cedimento strutturale) provocano il naufragio sul pack a poco più di 100 chilometri dalla meta.

Dei sedicì a bordo, dieci vengono scagliati al suolo dalla violenza dell'urto; gli altri non verranno trovati mai più: Ettore Arduino, Attilio Caratti, Ugo Lago, Aldo Pontremoli, Renato Alessandrini e Calisto Ciocca sono portati via dal vento con il dirigibile, alleggeritosi di colpo dopo l'urto, che schianta la navicella e scaraventa sul ghiaccio rottami e materiali, alcuni dei quali si rivelano poi fondamentali per la sopravvivenza dei nove sopravvissuti.

Oltre a Nobile, con la sua inseparabile cagnetta Titina, cercano un riparo sulla banchisa gli ufficiali di Marina Alfredo Viglieri, Adalberto Mariano e Filippo Zappi, l'ingegner Felice Troiani, il motorista Cecioni, il marconista Giuseppe Biagi e i due scienziati Francizek Behounek e Finn Malmgren, il primo cecoslovacco e il secondo svedese.

Il motorista Vincenzo Pomella, rimasto ucciso durante il naufragio, viene sepolto in mare.

Fra i rottami viene ritrovata la tenda che, tinta di rosso con l'anilina per renderla più visibile ai soccorritori, diviene il simbolo dell'odissea.

Biagi riesce a riparare la radio con la quale invia segnali di soccorso nella speranza che siano captati dalla nave appoggio Città di Milano, sulla quale si crede che la sorte dei sopravvissuti si sia compiuta.

Nessuno resta all'ascolto di possibili SOS (da qui la prima polemica) e i radiotelegrafisti sono impegnati a trasmettere lunghi dispacci giornalistici e di servizio.

Passano dieci giorni prima che un radioamatore di Arcangelsk capti l'appello e dia l'allarme. Subito dopo il naufragio, Mariano e Zappi manifestano l'intenzione di raggiungere a piedi le isole Foynoy per sfuggire alla deriva della banchisa, che rende impossibile individuare l'esatta posizione da comunicare, e per precedere la bella stagione, che a breve avrebbe provocato lo scioglimento dei ghiacci.

Malmgren, esperto di soprawivenza in zone polari, si offre di accompagnarli: troverà la morte per assideramento a un passo dalla salvezza.

 

Il soccorso dal cielo

 

È una gara di solidarietà quella che si scatena prima e dopo la notizia che i naufraghi dell' Italia sono vivi e attendono i soccorsi.

Molti Paesi , Svezia, Norvegia, Francia, e naturalmente l'Italia , organizzano missioni aeree per la ricerca, il rifomimento e il recupero dei sei soprawissuti.

E’ un aereo svedese a sorvolarli per pr¬mo, pur senza vederli, risollevando lo stato d'animo dei naufraghi.

Li avvisterà Umberto Maddalena dal suo SIAI S 55, facendosi guidare con la radio dai naufraghi.

Lo "spettro bianco" non smette di rapire vite umane: scompaiono un Latham 47 francese con cinque uomini di equipaggio e Roald Amundsen, anch'egli partito alla ricerca dell'amico Nobile. Il tempo rimane buono e vicino all'accampamento si forma una spianata sufficiente a consentire l'atterraggio di un aereo munito di sci.

Ci riesce lo svedese Einar Lundborg con un biplano biposto Fokker C V munito di pattini.

Lundborg lascia il motore acceso per timore di non poterlo riavviare.

Chiede del generale Nobile, scatta qualche fotografia e lo invita a salire sull'aereo.

Nobile rifiuta:

sostiene che un comandante non deve essere il primo ad abbandonare la posizione; vuole che parta per primo Cecioni, che ha bisogno di cure alla gamba rotta.

L'aviatore svedese insiste: Cecioni è troppo pesante per questo volo; lo trasporterà con il prossimo.

Gli altri gli danno ragione, perché sulla Città di Milano c'è bisogno di qualcuno che diriga le operazioni di soccorso; inoltre anche lui è ferito e bisognoso di cure.

A convincerlo ci pensa Lundborg, che afferma di aver ricevuto l'ordine di portare via lui per primo, altrimenti ritornerà indietro da solo.

Se il tempo rimane bello, in poche ore porterà in salvo tutti quanti.

Nobile accetta.

Ciò darà modo ai suoi nemici a Roma di alimentare le violente polemiche che si spegneranno solo con la caduta del Fascismo.

Lundborg ritorna, ma nel suo secondo difficile atterraggio l’aereo cappotta.

Ne esce illeso, ma resta anch'egli imprigionato fra i ghiacci.

L'azione decisiva viene svolta dal rompighiaccio sovietico Krassin, che sotto la guida del geografo esploratore Rudolf Samoilovic il 12 luglio riesce a trarre in salvo prima Mariano e Zappi e infine gli ultimi occupariti della tenda rossa.

 

Gli avversari di Nobile

 

E’ necessario innanzi tutto focalizzare il periodo politico, culturale e tecnologico in cui questi fatti si svolsero e gli uomini che ne furono interpreti.

Tra le figure di spicco troviamo ltalo Balbo, il potente quadrumviro che all'epoca era sottosegretario all'Aeronautica.

Detentore di un indiscusso potere politico e militare, accentuato da un'indole decisa e schietta, ben presto, dopo le Crociere Atlantiche, diventerà così popolare da superare lo stesso capo del governo Benito Mussolini.

Che tra Balbo e Nobile non corresse buon sangue era noto già ai tempi del Norge, ma l'esito positivo di quella spedizione non diede adito al quadrunviro di criticare.

Balbo non accettava che l'immagine dell'Aeronautica fascista fosse ancora rappresentata dai vecchi, lenti e vulnerabili dirigibili, teso com'era a creare , citando le sue stesse parole ,”un'aviazione prima sportiva, poi disciplinata, quindi militarmente efficiente".

Inoltre Italo Balbo non accettava dispersioni di risorse per compiere imprese al di fuori dal proprio controllo e direzione, cosa che lo metterà ben presto in duro contrasto anche con il trasvolatore Francesco De Pinedo.

Sono poi da considerare i rapporti intercorrenti tra il Ministero dell'Aeronautica e le industrie costruttrici di aeroplani, segnati spesso da poco limpidi episodi di favori e clientelismi.

I dirigibili rimanevano fuori da quelle manovre, in quanto progettati e costruiti dalla stessa Amministrazione aeronautica sotto la direzione del generale Nobile nello stabilimento militare di Roma.

Ma Nobile non ebbe bisogno del consenso di Balbo: l'impresa fu finanziata dalla Reale Società Geografica Italiana, che acquistò l'Italia.

Non ebbe neppure la "benedizione" del Duce, anche se la Regia Marina inviò la Città di Milano. L'ultimo saluto di Mussolini a Nobile, poco prima della partenza, suonava più come un anatema che come un augurio: “Si ricordi, generale: non bisogna mai andare per due volte contro lo stesso destino!", riferendosi al buon esito della precedente missione, che gli era valsa la concessione dell'Ordine Militare di Savoia “

 

Volare Marzo 1999

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La tecnica del semirigido

 

La serie "N", alla quale appartenevano, seppur leggermente diversi, il Norge (N1) e l'Italia (N4), fu il culmine dell'evoluzione della tecnica dirigibilistica di Umberto Nobile a partire dal 1916.

Sviluppata nel 1924, essa riuniva tutte le soluzioni (alcune brevettate) per irrobustire la struttura e migliorare affidabilità e prestazioni.

La vera "rivoluzione di Nobile" fu l'adozione della formula “semirigida", così chiamata in quanto non vi era una vera e propria "ossatura", come sui grandi dirigibili tedeschi, bensì una struttura molto leggera che consisteva in una trave a traliccio curvo di sezione triangolare che, correndo inferiormente all'involucro dalla prua ai piani di coda, sosteneva la cabina e le navicelle motrici; rendendo l'aeronave più robusta del tipo "floscio", e allo stesso tempo molto più leggera del tipo "rigido".

I dirigibili della serie "N" non erano molto grandi: avevano una cubatura di circa 19.000 metri cubi (gli Zeppelin arrivavano a 100.000, e gli R100 ed R101 inglesi a 140.000).

Le dimensioni ridotte rendevano gli "N" molto maneggevoli e con buone doti di autonomia e velocità, suscitando l'interesse di molti paesi stranieri.

I dirigibili erano macchine assai complesse che richiedevano equipaggi numerosi e qualificati.

Un cambio di quota di un migliaio di piedi, per esempio, non si effettuava solo dinamicamente, cioè con i timoni di quota, ma anche variando la spinta ascensionale, che andava costantemente ristabilita a causa dei continui cambiamenti di assetto dovuti al consumo di carburante, del variare della temperatura e dell'umidità dell'aria, nonché della pressione barometrica.

Tali correzioni, specialmente in aria perturbata, dovevano essere effettuate con estrema precisione allo scopo di evitare fenomeni di overcontrol, e tempestive, a causa della notevole massa che ne ritardava le risposte.

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«Lo vede » disse Nobile a Trojani «che si va due volte contro il destino?».

Queste parole furono pronunciate nella cabina di comando del dirigibile "Italia" alla 1.30 dopo la mezzanotte del 24 maggio 1928; l'aeronave si trovava sulla verticale del Polo Nord e Nobile, che aveva appena fatto lanciare la bandiera tricolore e la croce affidatagli dal Papa, si sentiva vincitore.

Quand'era andato da Mussolini a esporgli il suo progetto di tornare al Polo Nord a soli due anni dal volo del "Norge" fatto con Amundsen ed Ellsworth, il capo del governo, nel dargli, a malincuore, il suo assenso, aveva aggiunto:

«Forse sarebbe meglio non andare una seconda volta contro il destino».

Quelle parole erano rimaste impresse a fuoco nella memoria di Nobile, che le aveva sentite come un sinistro presagio.

Giunto sul Polo gli piaceva ricordarle, come per liberarsi di un incubo.

Gli sembrava che l'impresa fosse ormai compiuta, l' euforia gli aveva fatto dimenticare quant'era stata difficile la seconda parte del volo del "Norge", dal Polo al fortunoso atterraggio in Alaska.

La sua euforia però non era condivisa da Trojani, che ricorda:

«Quelle parole superbe pronunciate in quel momento mi fecero rabbrividire».

E c'era di che.

Il tempo cominciava a guastarsi, la nebbia si infittiva, cominciò a soffiare un vento contrario, il ghiaccio che si formava sull'involucro appesantiva l'aeronave.

Un vento contrario di 50 km l'ora, quando l'aeronave ne fa appena 100, dimezza la velocità al suolo e di conseguenza raddoppia i tempi di percorrenza.

«Alle 9.25 del mattino del 25 maggio siamo in aria da 52 ore e 57 minuti, l'equipaggio è stanco e avvilito, non conosciamo la nostra posizione», nota Trojani.

Meno di un'ora più tardi Cecioni, timoniere di quota, grida:

«Siamo pesanti!».

Nobile ha messo i motori a tutta forza per tentare di tenere il dirigibile in aria grazie alla spinta dinamica, ma non riesce.

Allora, per non cadere con i motori accesi e con grave pericolo d'incendio, dà ordine di fermarli.

L'aeronave urta la banchisa.

Racconta Viglieri:

«Prima uno schianto a prora prodotto dalla fune della catena che aveva stroncato qualcosa; poi l'urto della navicella del motore di poppa.

Il dirigibile, con la parte anteriore della navicella, si lanciò contro un blocco di ghiaccio alto due metri.

Un attimo! caduti, sbalzati come Dio volle.

Attimo indescrivibile»

La cabina di comando si sfascia lasciando cadere nove uomini e una quantità di materiali; alleggerito, il dirigibile si risolleva portando con sé gli altri sette uomini e scompare nelle nuvole.

Per i nove inizia l' odissea della Tenda Rossa.

E' una storia che è stata raccontata più volte e la cosa non meraviglia perché si tratta di una delle più incredibili avventure a lieto fine di tutti i tempi.

Protagonista la radio, ancora primitiva, soggetta ai disturbi, alle evanescenze, vorace consumatrice di energia elettrica non rinnovabile, fornita da accumulatori la cui carica diminuiva inesorabilmente ogni giorno come le provviste dei naufraghi.

Fatta funzionare da un abile sottufficiale di Marina, Biagi, la stazione radio campale, portata per consiglio di Marconi, trasmetteva gli SOS che dopo giorni di angoscia furono finalmente ricevuti, il 3 giugno, dal radioamatore sovietico Schmidt, nei pressi di Arcangelo.

Da lì prese le mosse uno sforzo molteplice e a volte scoordinato di soccorsi, guidati e diretti anch' essi dalla radio.

In una di quelle spedizioni perse la vita l' esploratore norvegese Roald Amundsen, che aveva capeggiato con Nobile la spedizione polare del 1926, quella del "Norge", e il cui litigio con Nobile fu uno dei motivi che spinsero il nostro a ritentare l'impresa.

Facciamo un passo indietro: dopo il fortunoso atterraggio a Teller, in Alaska, il 14 maggio 1926, Amundsen ebbe parole di vivissimo elogio per Nobile, poi però fra i due protagonisti del primo volo polare scese una cortina di ghiaccio.

Perche?

Lasciamo parlare Trojani:

«Nella sua rapida carriera (Nobile) era stato praticamente sempre indipendente.

Non aveva avuto superiori.

Certamente Amundsen, che non era una gentile donzella, aveva i suoi torti; ma il torto maggiore che aveva Amundsen era quello di schiacciarlo con la sua fama (e di privarlo) della gloria di un impresa alla quale aveva dato tutto se stesso e della quale, anche se altri vi avevano validamente collaborato, era stato il factotum».

La frase «non aveva avuto superiori» va chiarita.

Nobile era un ingegnere del Ministero dei Lavori Pubblici, divenuto poi progettista e pilota di dirigibili.

Quando fu costituita la Regia Aeronautica, Nobile in seguito a concorso, fu ammesso nel Genio Aeronautico col grado di tenente colonnello senza, aver fatto mai prima servizio militare.

Trojani dice poi:

«Credo che avere dei nemici, o almeno degli avversari, fosse per lui una necessità psichica».

 

Il ritorno al Polo

 

La vera ragione per cui Nobile volle tornare al Polo Nord a soli due anni dall'impresa del "Norge" non è stata mai completamente chiarita, e vale la pena di fermarcisi un momento, perché serve a capire meglio il protagonista, i tempi e i motivi della grande avventura che, settant' anni dopo, stiamo cercando di rievocare.

«La prima idea di una nuova spedizione» racconta lo stesso Nobile

«sorse a Teller tre giorni dopo che vi avevamo atterrato col "Norge "».

«Parlando con l'esploratore norvegese Riiser-Larsen, primo ufficiale del "Norge" a un certo punto io dissi: "Penso che dobbiamo fare una nuova spedizione. In fondo col nostro viaggio abbiamo dimostrato praticamente che il dirigibile e il mezzo aereo più adatto per esplorare regioni sconosciute. Ma c'è ancora tanto da fare»

«È vero» mi rispose Riiser-Larsen

«Ma Amundsen con questa impresa ha chiuso la sua carriera di esploratore.

Egli ha finito. Si ritira. »

«Bene. Continueremo noi. Potremo utilizzare l'hangar costruito alla Baia del Re e il pilone d'ormeggio a Vadso».

Gli esposi allora la mia idea.

Fra due anni, nel 1928, avremmo potuto fare la nuova spedizione.

Avremmo raccolto in Italia il denaro occorrente.

L'aeronave c'era: una sorella del "Norge", allora in costruzione.

La spedizione si sarebbe chiamata Nobile-Riiser-Larsen, ma l'aeronave avrebbe battuto bandiera italiana.

Ci ripromettemmo di tornare sull' argomento.

Ma successivamente sorsero dei malintesi a turbare i rapporti amichevoli fra me e Riiser-Larsen, sicché non parlammo più di quel progetto.

Ciò nonostante la mia mente, durante quel mese di soggiorno in Alaska, continuò senza posa a lavorarvi intorno.

Conclusa la trasvolata del "Norge", i protagonisti fecero un giro trionfale dell'America con cerimonie, banchetti, discorsi, ecc..

Poi tornarono in Italia col Conte Biancamano e il 2 agosto 1926, all'ingresso nel porto di Napoli, furono accolti dal suono delle sirene di tutte le navi alla fonda.

Nobile, cui era giunta la promozione a maggior generale del gari, parlò a Napoli dal balcone del Municipio, ove gli fu concessa la cittadinanza onoraria.

Tre giorni dopo Mussolini gli appuntava sul petto la Croce dell'Ordine Militare di Savoia; fu poi ricevuto dal Re a Racconigi e fece un giro trionfale delle più importanti città d'Italia.

Era il momento di attuare quello che in termini militari si chiama "lo sfruttamento del successo".

Rotto il fronte nemico si lanciano gli squadroni alla carica per rendere la vittoria definitiva.

Nobile non fece questo e, pur e sapendo di avere degli avversari «non approfittava dell'eccezionale momento né per amicarseli né per abbatterli.

Se ne disinteressava semplicemente»

«Il suo interesse era rivolto unicamente al Polo Nord e giorno dopo giorno l'idea di una nuova spedizione polare s'era talmente rinsaldata in lui sì da giungere a proporla a d Mussolini», scrive Ferrante nella sua bella e documentata biografia di Nobile.

Bisogna anche dire che Nobile era un uomo abituato a vincere; primo in tutte le scuole, dalle elementari al Politecnico, primo nei concorsi, progettista eccezionale, dotato di grande intelligenza e consapevole del suo a valore.

Forse il desiderio di ripetere l'impresa senza doverne dividere la gloria e con altri, forse il sentimento nazionalista, rinfocolato dalle accoglienze degli italiani d'America, ed espresso simbolicamente nel nome "Italia" dato al dirigibile, e forse l'idea di aver imparato dalla prima esperienza come si fa un viaggio al Polo Nord e ritorno,gli avevano fatto sottovalutare i rischi di quell'avventura in tempi di navigazione a vista e di previsioni meteo poco attendibili.

Gli anni Venti e Trenta furono un'epoca di trasvolate eroiche, ma a nessuno dei trasvolatori venne mai in mente di ripetere un volo da primato; non lo fecero Lindbergh, Chamberlin e Levin, Costes e Bellonte, Amelia Earhart.

Non avrebbe avuto alcun senso.

Se ne accorse anche Nobile, che per giustificare la ripetizione del volo polare accentuò il carattere scientifico dell'impresa, chiamando a far parte dell'equipaggio i professori Aldo Pontremoli dell'Università di Milano (magnetismo terrestre), Frantisek Behouek dell'Università di Praga (elettricità atmosferica) e Finn Malmgreen dell'Università di Uppsala (ricerche oceanografiche).

L'impresa prese il nome ufficiale di "Spedizione aerea milanese per l'esplorazione delle regioni artiche".

Perché "milanese"?

Perché i fondi per la spedizione erano stati forniti da Milano per sottoscrizione privata, anche grazie all' interessamento di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce.

La spedizione si svolgeva sotto l' egida della Reale Società Geografica. L'Aeronautica forniva soltanto il dirigibile.

C'è anche un'altra ragione che può chiarire il perché di questa seconda sfida al destino. Nobile era, per sua natura, un perfezionista.

La spedizione del "Norge" era andata bene ma si era conclusa maluccio, con un atterraggio di fortuna e la perdita del dirigibile.

Nobile era sicuro di poter far meglio, sorvolando il Polo e atterrando poi nel punto previsto, con l'aeronave intatta.

La preparazione fu meticolosa e accuratissima: «Nessuna fatica venne risparmiata »- scrive Nobile .

«Si tennero presenti tutte le spedizioni anteriori, e non si esitò a chiedere il consiglio di personalità conosciute per la loro speciale competenza ed esperienza in materia di esplorazioni polari: slitte, barche pneumatiche, sci, pellicce, scarpe, tende, sacchi per dormire, armi per la caccia, radio di emergenza, tutto fu minuziosamente studiato con pazienti e coscienziose cure».

Una sola cosa non era forse all'altezza della situazione: il dirigibile.

Doveva essere un'aeronave nuova, l'N5 da 55.000 mc, aeronave di grande autonomia, che avrebbe consentito di ampliare il programma di esplorazione, portare un equipaggio più completo, operare con maggiori margini di sicurezza.

Ma Balbo aveva fatto terminare il progetto, malgrado la costruzione fosse a buon punto. «Vidi così tramontare - nota Nobile - ogni speranza di effettuare la spedizione polare con un' aeronave che avrebbe consentito di compiere viaggi di esplorazione sulla calotta polare al cui confronto, per importanza di risultati, l'audace viaggio del "Norge" sarebbe passato in seconda linea».

La decisione di Balbo parve a Nobile una pugnalata nella schiena, ma col senno di poi non possiamo condannare un fautore del "più pesante" che considerava vincente la carta dell'aeroplano; del resto la validità bellica dei grandi dirigibili era già pressoché nulla e la recente tragedia del grande rigido americano "Shenandoah" (settembre 1925) aveva un inconfondibile suono di campana a morto per i giganti del cielo.

Uguale avversità provava Balbo per l'elicottero e ne fece le spese D'Ascanio nonostante i primati conquistati dalla sua originale macchina a due rotori controrotanti nel 1930.

Nobile non si dette per vinto: «Tornai così al mio progetto di adoperare per la nuova spedizione l'aeronave gemella del "Norge ", l 'N-4, che sarebbe stata collaudata nell'estate del 1927».

All'ing. Trojani l'N-4 non piaceva. «Era di disegno parzialmente nuovo rispetto al "Norge" e il disegno nuovo non era stato fatto bene, tanto che durante una normale operazione di rifornimento del gas il diaframma si era squarciato ; il castello di poppa non mi piaceva, e la leggerezza dell'involucro non mi persuadeva».

Giunta alla Baia del Re dopo una difficile trasvolata dell'Europa, l'aeronave fece due voli di esplorazione prima di quello polare: il primo fu accorciato notevolmente per le cattive e condizioni atmosferiche, il secondo fu veramente importante dal punto di vista scientifico e anche aeronautico.

Durò tre giornate intere, furono percorsi 4.000 km, la maggior parte su zone inesplorate; fu dimostrata l'inesistenza della Terra di Gillis, fino allora riportata sulle carte geografiche, fu rettificata la posizione geografica dell'Isola Grossa, furono fatte interessanti osservazioni sulla terra di nord-est.

Poi venne il volo polare, iniziato il la 23 maggio alle 4.28; il Polo fu raggiunto nella notte fra il 23 e il 24 maggio.

Quando si dice notte non si intende l'oscurità, perché d'estate al Polo Nord il sole non tramonta, tanto che i tre ufficiali di Marina (Mariano, Zappi e Viglieri) poterono determinare il punto col sestante.

Che era, ricordiamolo, l'unico modo che quegli aviatori avevano allora per determinare la posizione in una zona senza riferimenti.

Due anni prima, in volo col "Norge" sulla Russia diretto a Gatcina, Nobile aveva "fatto il punto" abbassandosi sulla stazione ferroviaria di Valga e leggendone il nome.

Trucchetto che era molto in voga fra gli aviatori del tempo, che non sognavano neppure il GPS, e le altre diavolerie che oggi abbiamo a bordo per sapere continuamente dove ci troviamo.

 

La caduta

 

L'urto fatale del dirigibile contro la banchisa avvenne alle ore 10.33 del 25 maggio.

Poco dopo la caduta, la radio di Biagi cominciò a ricevere i messaggi della nave appoggio Città di Milano, che però non riceveva quelli di Biagi.

Pare che sulla nave ascoltassero poco e male.

Quando il radio amatore Schmidt comunicò di aver captato il primo messaggio dalla Tenda Rossa, sulla Città di Milano venne installata una potente stazione campale a terra e da quel momento le comunicazioni radio furono continue e regolari.

Se non ci fosse stato due anni prima il volo del "Norge", quello dell’ Italia sarebbe stato considerato un successo: il Polo era stato raggiunto, la calotta artica esplorata, sulla via del ritorno la sfortuna aveva colpito i valorosi trasvolatori, che però tornavano con una preda nel carniere: il sorvolo di quel Polo fino allora inviolato.

Nel 1928 il mondo intero trepidò per i naufraghi della Tenda Rossa, il giudizio su Nobile rimase controverso.

Un punto importante a suo sfavore fu il suo fortunoso salvataggio.

 

Salvataggio e polemiche

 

Scaraventato sul pack con gli altri naufraghi, Nobile ebbe la sfortuna di essere salvato per primo; la storia è nota ma dobbiamo brevemente riepilogarla: il 23 giugno un Fokker munito di pattini, pilotato dallo svedese tenente Lundborg, atterrava sulla banchisa e ne ripartiva poco dopo portando via Nobile, che aveva in braccio la fida cagnetta Titina.

Nobile aveva già preparato un piano di salvataggio in cui si metteva al terzultimo posto, lasciando dietro di sé soltanto Viglieri perché era capace di fare il punto (la deriva dei ghiacci ne causava il continuo movimento e bisognava aggiornare continuamente la posizione) e Biagi perché radiotelegrafista e quindi in grado di orientare i soccorsi verso di lui.

Primo doveva essere Cecioni, fratturato come Nobile, secondo Behouek, di vista corta,pesante più di Cecioni (108 kg) inadatto a una marcia sul pack.

Ma il pilota scartò Cecioni e Behouek perché troppo pesanti, insisté per salvare Nobile, la cui presenza sarebbe stata utile - diceva - per coordinare i soccorsi.

Nobile accettò.

Gli fecero una colpa di essersi salvato per primo.

E fu una grave ingiustizia.

La Tenda Rossa non era una nave che stava affondando.

Nobile, infortunato, costituiva un peso e un legame per gli altri rimasti.

La sua presenza sulla Città di Milano fu utile in effetti per le operazioni di soccorso.

Ma la sua stella non brillava più, rimase offuscata a lungo.

I motivi sono tanti, oltre quelli che abbiamo già accennato.

Uno è da ricercarsi nel sentimento di antipatia che serpeggiava nei confronti del fascismo; la massa degli italiani non aveva ancora aderito al regime come invece avvenne poi nel breve periodo che va dalla vittoriosa conclusione dell'avventura in Africa Orientale fino alle prime disillusioni della guerra.

I più erano portati a osannare alle vittorie del regime, ma erano anche pronti a criticarlo per le sue sconfitte.

E il volo polare dell’ ltalia fu visto come una sconfitta, la gente non sapeva nulla dei risultati scientifici e comunque non se ne interessava.

Delle imprese aeronautiche valutava solo il valore aeronautico: sorvolare gli oceani, i deserti, il Polo.

E arrivare a destinazione con la macchina volante intatta e non scalfita.

Dal punto di vista aeronautico quell'impresa era un insuccesso, e l'eroe esaltato da Mussolini, cioè Nobile, era un vanitoso pasticcione che non si era accontentato del primo trionfo, ma aveva lasciato tutta la vincita sul tavolo per tentare ancora la sorte, che lo aveva beffato, e mezzo mondo aveva dovuto andare a soccorrerlo, con perdite di vite umane, sofferenze e spese. Alla fine i naufraghi erano stati raccolti dal rompighiaccio sovietico Krassin, su cui sventolava quella bandiera rossa che era la negazione vivente del fascismo.

 

La condanna

 

a Tornato in Italia, Nobile sentiva a montare il temporale sulla sua testa, ma era ben lontano dall'immaginarne a le dimensioni.

La Commissione nominata per indagare sulle cause che avevano portato alla perdita dell' aeronave era composta prevalentemente da ufficiali di Marina e si riuniva al Ministero della Marina.

Presieduta dall'ammiraglio Cagni, che era stato esploratore polare col Duca degli Abbruzzi, era, per dirla con Trojani «un congresso di ammiragli, generali, senatori, superdecorati e superincaricati».

Le conclusioni, pubblicate il 3 marzo 1929, equivalevano a una severa condanna di Nobile: «...la perdita dell'aeronave fu provocata da una manovra errata, dovuta anche alla composizione e all 'impiego dell' equipaggio; di tale manovra la responsabilità spetta al comandante».

Quindi bocciatura completa di Nobile, prima come organizzatore (l'equipaggio l'aveva scelto lui) e poi come comandante.

Quanto al suo salvataggio: «il suo atto non aveva giustificazione plausibile e solo può essere spiegato, non giustificato, per le condizioni di depressione fisica e morale in cui egli si trovava, condizioni che non gli hanno permesso di vagliare nel suo giusto valore e nelle sue conseguenze il suo passo, sia pur determinato dal pressante invito di Lundborg».

Condanna infamante, quale si darebbe al comandante di una nave che mette in salvo se stesso prima di tutti gli altri.

Ma il caso, l'abbiamo già detto, è sostanzialmente diverso.

Perché fu tanto severa la Commissione?

Secondo noi, tre furono i motivi principali:

il primo va ricercato non nel fallimento della seconda impresa, ma nel successo della prima: quel trionfo aveva scatenato invidie velenose, in un ambiente in cui la competizione era molto spinta. Si veda anche la guerra che fecero a De Pinedo (che faceva parte della Commissione d'inchiesta) dopo il semifallimento della sua seconda crociera, quella americana.

Poi ci sono i cattivi rapporti di Nobile con la Marina, ch'egli aveva criticato per l'insufficiente appoggio datogli dalla nave appoggio Città di Milano.

Infine lo spirito di casta delle gerarchie militari, allora molto vivo.

Nobile era un civile che di punto in bianco si era cuciti addosso i gradi di colonnello e subito dopo di generale.

Per i suoi gallonatissimi giudici, Nobile era "un borghese vestito da militare", e forse non erano neppure consapevoli dell' antipatia che questa sua condizione generava in loro, ma che si legge chiaramente nelle dure parole della sentenza.

Spontaneamente o costretto, Nobile presentò le dimissioni dal grado e dall'impiego.

Gli rimase il ruolo di professore ordinario all'Università di Napoli.

Dopo un periodo dedicato alla stesura dei suoi libri, in cui rivela un' eccellente capacità di scrittore, Nobile accettò quindi le offerte sovietiche e, debitamente autorizzato, nel 1931 si recò in Russia, dove svolse attività di progettista di dirigibili con molto successo.

Rientrato in Italia nel 1936, ebbe un'offerta di lavoro da Gianni Caproni; iniziò con lui una collaborazione, ben retribuita ma svolta nell'anonimato, senza la possibilità di comparire ufficialmente in qualsiasi studio o progetto.

Grazie anche alle sue ottime aderenze in Vaticano, nel giugno 1939 Nobile poté recarsi in America, dove ebbe un posto di insegnante nella scuola di aviazione di Lockport, nei pressi di Chicago.

Rientrò dall' America dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Dopo l'armistizio accettò un seggio all'Assemblea Costituente nelle file del Partito Comunista, conservando piena libertà di azione e di espressione.

Ma quel fatto lo costrinse a dimettersi da Accademico Pontificio e gli costò numerose critiche, tanto ch'egli uscì dalla vita politica subito dopo e rifiutò un seggio nel nuovo Parlamento.

Reintegrato nella carriera, colmato di onori fra cui una sezione a lui dedicata al Museo Storico dell' Aeronautica a Vigna di Valle, passò in modo gradevole gli ultimi anni della sua vita, scrivendo altri libri e comparendo più volte in televisione.

A settant'anni di distanza dall'impresa dell’ ltalia e a settantadue da quella del Norge possiamo dire che entrambe onorarono il nostro paese, e riconoscere al loro protagonista un degno posto nella storia come grande ingegnere aeronautico e progettista, come comandante e come esploratore polare.

 

Rivista Aeronautica marzo 1998

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ho visto su discovey channel di umberto nobile...gia gia...storia interessante... e ke(se non ricordo male lo incolparono x niente) non ho voglia di leggere cio...

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titinaaaa??? qualunco ha visto la mia cagnetta titina??? :lol: auhauhauahauhauahuaha (il secondo tragico fantozzi)

 

 

E' rimasta nella tenda rossa generale.....

(galboni)

 

(ahahah anke io ho pensato a quel film appena letto questo racconto)

(PAolo Villaggio è un grande per me...sopratutto per come ha ritratto la società nei primi film.E ora che lavoro lo apprezzo ankora di più perché' c'e' molto di vero nei suoi film)

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  • 1 anno dopo...
Ospite iscandar
...(PAolo Villaggio è un grande per me...sopratutto per come ha ritratto la società nei primi film.E ora che lavoro lo apprezzo ankora di più perché' c'e' molto di vero nei suoi film)

 

infatti lui ha "romanzato" quello che vedeva nell'ufficio dove lavorava

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Ospite caposkaw

alcune immagini:

nobile_norge1_big.jpg

nobile_italia1_big.jpg

nobile_italia3_big.jpg

index_clip_image006.jpg

nave città di milano

la nave citta di milano era una nave posacavi tedesca ceduta per riparazioni di guerra (la Grossherzog von Oldenburg) poi diventata nave oceanografica della marina.

filmato della città di milano che posa il cavo telefonico anzio-palermo.

rompighiaccio krasim

museo

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