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Obiettivo Luna


Dave97

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Obiettivo LUNA

Agli albori dell'astronautica le conoscenze dell' uomo sulla Luna erano estremamente ridotte. Non si sapeva quale consistenza avesse la sua superficie, se fosse coperta da una spessa coltre di polvere oppure se l'esistenza di enormi crepacci potessero mettere in pericolo uomini e mezzi.

L'assalto sovietico verso la Luna iniziò nel 1959 con il Lunik l per concludersi il 9 agosto 1974 con la sonda Luna 24.

L'intero programma, che comprese più di 50 sonde, consentì ai russi di acquisire informazioni importanti sul nostro satellite raggiungendo nel contempo numerosi primati: fra questi il primo oggetto costruito dall'uomo a essere inviato verso la Luna; il primo a colpirla; la prima foto della sua "faccia" nascosta, il primo atterraggio morbido; il primo satellite artificiale in orbita intorno a essa; il primo capace di raccogliere campioni del suolo e riportarli a terra; e, per concludere, i primi veicoli automatici semoventi, i Lunakod, i quali teleguidati da terra esplorarono la superficie lunare coprendo una distanza di oltre 40 km.

 

Il programma Sovietico

Il maggiore artefice dei successi spaziali sovietici fu Sergej Korolev.

A lui il governo affidò, negli anni 50, tre compiti di estrema importanza: verificare le reali possibilità dell'uomo ad operare nello spazio; studiare la Luna con l' ausilio di satelliti automatici; progettare un nuovo supervettore per l’ esplorazione del sistema solare.

Grazie al genio creativo di Korolev e del suo staff, l'URSS ebbe presto l'R7 (codice NATO SL-1 o A-1), un vettore le cui potenzialità furono ampiamente dimostrate con il lancio dello Sputnik 1, primo satellite della storia, e del primo satellite verso la Luna, il Lunik.

Con la crescita del programma spaziale aumentò l'esigenza per i sovietici di maggiori potenze e l'OKB-1, l'ufficio tecnico diretto da Korolev, riuscì a incrementare le capacità iniziali del vettore ottenendo nuove versioni migliorate e denominate di volta in volta col nome delle astronavi da lanciare quali le Vostok, le Voshkod e le Soyuz, ma era evidente che una missione lunare con uomini a bordo avrebbe richiesto potenze di gran lunga maggiori.

Per questo Korolev pensò a un vettore completamente nuovo, capace di portare in orbita carichi di 40-50 t denominato N1 (codice NATO G-le).

Egli ne prevedeva il primo lancio entro il 1965 e nelle sue intenzioni doveva costituire un primo passo verso una seconda versione denominata N2, con capacità di carico pari a 60-80 t.

Pur senza l'appoggio ufficiale del governo, il progettista iniziò uno studio di fattibilità del vettore.

Per i motori si affidò inizialmente a Valentin P. Glushko che aveva già al suo attivo i motori dell'R7 e stava progettando anche quelli per il Proton, che come propellenti avrebbero usato tetrossido di azoto e dimetilidrazina.

Glushko insistette energicamente nel voler usare per l'N1 gli stessi propellenti, in netto contrasto con Korolev, che era assolutamente contrario all'uso di propellenti ipergolici per via della loro estrema tossicità e aveva ragione di preoccuparsi se si considerano le enormi quantità di propellente richiesto per lanciare l'N1.

Il conflitto fra i due progettisti obbligò Korolev ad affidare la progettazione dei motori a un altro progettista, Nikolaj D. Kuznetsov.

Questa scelta però costrinse Korolev a rinunciare definitivamente alle speranze di poter usare ossigeno e idrogeno liquidi, in quanto Kuznetsov non aveva un' esperienza rilevante nel campo dei motori a razzo criogenici.

Di comune accordo i due scelsero come propellenti l'ossigeno e il cherosene, stessa scelta che fecero gli americani per il primo stadio del Saturno 5, che pur essendo meno energetici avevano però il pregio di richiedere motori meno complessi.

Sempre allo scopo di semplificare il progetto e ridurre i tempi di costruzione, si decise di impiegare più motori di spinta modesta invece che pochi ma potenti, una soluzione questa opposta a quella presa dagli americani.

Finalmente nel gennaio del 1962 cominciarono ad apparire sui tavoli dei progettisti i primi disegni dell’ N1, un gigantesco vettore dal profilo fortemente conico a causa della forma sferica dei serbatoi carburante e del peso oltre 3.200 t.

Il primo stadio avrebbe impiegato ben 24 NK-33, i nuovi motori progettati da Kuznetsov.

Con un carico utile di 75 t se ne prevedeva il primo lancio entro il 1965.

Di pari passo Korolev partendo dalla Soyuz, la nuova astronave che stava sviluppando in sostituzione della Vostok e della Voshkod, mise a punto il modulo orbitale lunare Zond.

Forte del vantaggio accumulato in campo spaziale, l'Unione Sovietica non prese in considerazione ufficialmente la conquista della Luna fino a quando il presidente J.F. Kennedy dichiarò al mondo l'intenzione degli Stati Uniti di conquistare il nostro satellite prima della fine degli anni 60.

Questa dichiarazione indusse il premier sovietico Khrushchev a prendere in considerazione una missione lunare affidando a Vladimir N. Chelomei, che era a capo dell' ufficio progetti dell' OKB-52, il compito di costruire nel più breve tempo possibile un nuovo vettore capace di portare un veicolo con un cosmonauta a bordo in una missione di circumnavigazione lunare. Ciò pose le basi per la nascita del Proton (UK 500 K), ancora oggi il più celebre dei vettori sovietici, ma di fatto portò via tempo e investimenti all'N1 rivelandosi fatale per il prosieguo dello sviluppo, che in pratica era già in fase avanzata di progettazione.

Una volta costruito, il vettore avrebbe permesso non solo di circumnavigare la Luna ma addirittura di sbarcare su di essa.

In attesa di momenti migliori Korolev continuò a migliorare le prestazioni dell'N1 al quale aggiunse altri sei motori portando il carico utile a oltre 92 t.

Mentre il programma Proton procedeva, nell'agosto del 1965 Korolev presentò alla commissione governativa chiamata a decidere sullo spazio un nuovo progetto chiamato ufficialmente "Un lavoro coinvolgente lo studio della Luna e dello spazio esterno" che prevedeva l'uso dell'N1 e lo sbarco di un russo sul nostro satellite per il 1968.

La commissione, incalzata dai successi degli americani nello spazio, approvò il progetto di Korolev rivedendo l'intero programma di circumnavigazione lunare col Proton e dando al progettista stesso pieni poteri su entrambi i programmi.

Purtroppo Korolev non fece in tempo a portare a termine il proprio lavoro.

Pochi mesi dopo, nel gennaio del 1966, morì improvvisamente privando l'Unione Sovietica e il mondo intero di uno dei più grandi progettisti di missili mai esistiti, le cui capacità avevano permesso all'URSS di dominare nello spazio.

A capo del progetto Luna fu messo Vasilij P. Mishin, il suo più stretto collaboratore, ma la mancanza di un genio creativo come Korolev si fece sentire e tutto il programma spaziale subì un forte rallentamento.

Quando nel novembre del 1966, il governo approvò i piani per la costruzione del supervettore N1 e dell'astronave lunare L-3, comprendente il razzo di trasferimento, il modulo orbitale e il modulo lunare, l'Unione Sovietica si trovò ad avere due programmi lunari distinti, uno di circumnavigazione, da effettuarsi con il vettore Proton e uno di sbarco in predicato col missile N1.

Nel frattempo un primo gruppo di venti cosmonauti, del quale facevano parte Aleksej Leonov e Valerij Bykovsky, iniziò ad allenarsi per una missione di circumnavigazione e, sempre lo stesso anno, iniziarono i primi test orbitali delle cosmonavi Zond e dei moduli lunari.

Nonostante le difficoltà i sovietici erano ancora ottimisti sulle loro possibilità di raggiungere la Luna prima degli americani almeno con un volo orbitale, con la previsione di sbarcare sul nostro satellite entro la fine degli anni 60.

Per questo motivo moltiplicarono gli sforzi per completare al più presto le necessarie infrastrutture presso la base spaziale di Baikonur, la grandezza delle quali non poteva certamente passare inosservata ai servizi segreti statunitensi.

 

Il Gigante di Webb

 

L'Occidente venne per la prima volta a conoscenza del supervettore russo nei primi mesi del 1967 per voce dell' allora direttore della NASA James Webb, il quale durante una riunione della commissione della Casa Bianca per lo spazio dichiarò che l'Unione Sovietica era in procinto di costruire un gigantesco vettore con una spinta di 5 milioni di kg.

La pressione emotiva di questa notizia contribuì a cancellare ogni residua perplessità nel governo americano che concesse alla NASA tutti i fondi richiesti per il programma lunare.

Un anno dopo la missione americana Apollo 8, con a bordo gli astronauti Bormann, Lovell e Anders, raggiunse il nostro satellite compiendo per la prima volta 10 orbite intorno a esso. Nonostante la sconfitta i russi non si persero d'animo e, tralasciando il programma di circumnavigazione lunare, si orientarono completamente nella realizzazione e nel collaudo del nuovo vettore, programmandone il primo lancio agli inizi del 1969.

Si mirava così solo allo sbarco diretto sul nostro satellite, un obiettivo teoricamente ancora alla loro portata.

Pressati dal governo ad anticipare i tempi, i responsabili del programma furono costretti a ridurre al minimo tutte le procedure di controllo e collaudo del vettore, per cui passarono direttamente al montaggio dei propulsori nei vari stadi senza prima effettuare delle prove vincolate a terra per verificare se fossero in grado di funzionare insieme senza problemi.

Una decisione avventata che non teneva conto delle preoccupazioni esternate dai tecnici incaricati del progetto e che si basava sul fatto che se i motori erano già stati collaudati separatamente in fabbrica questi avrebbero funzionato bene anche insieme.

Ne conseguì che i sovietici costruÌrono un vettore le cui vere capacità erano ipotetiche e sulla cui messa a punto ci si doveva affidare ai soli lanci di collaudo cosa che, in caso di malfunzionamenti, avrebbe potuto mettere a repentaglio, oltre all'integrità del vettore, le vite dei tecnici adibiti al lancio.

Mentre la costruzione del vettore procedeva velocemente, ai sovietici restava ancora da mettere a punto la questione del trasferimento dell' equipaggio dal modulo di comando Zond al modulo lunare (LK), problema che gli americani avevano risolto brillantemente con l'adozione di un tunnel di collegamento interno che si apriva quando il modulo di comando Apollo era unito al modulo lunare.

Per lo stesso scopo i sovietici decisero invece di adottare il trasferimento da un modulo all'altro grazie ad una passeggiata spaziale.

Il 14 gennaio del 1969 essi lanciarono nello spazio la Soyuz 4 con a bordo un solo cosmonauta (Vladimir Shatalov) seguita pochi giorni dopo dalla Soyuz 5, con a bordo tre membri d'equipaggio (Boris Volynov, Aleksej Yeliseyev e Yevgenj Khrunov).

Il 16 gennaio le due cosmonavi effettuarono un perfetto aggancio in orbita e i cosmonauti si prepararono a compiere il pericoloso esperimento.

A bordo della Soyuz 5 Yeliseyev e Khrunov indossarono le loro tute spaziali e una volta depressurizzata la cabina ne uscirono, uno alla volta, per raggiungere la Soyuz 4 dove era ad attenderli Shatalov.

In questo modo essi simularono quella che doveva essere la modalità di trasferimento dalla Zond all'LK.

Dopo 37 minuti di alta tensione , era la prima volta che si tentava nello spazio un esperimento del genere , i due si sistemarono definitivamente all'interno della Soyuz 4, ripressurizzarono il veicolo e rientrarono con esso a terra il giorno dopo.

L'esperimento era riuscito felicemente e non restava che metterlo in pratica in una missione lunare.

Giusto un mese più tardi i frutti dei lunghi lavori effettuati presso la base di lancio di Baikonur cominciarono a vedersi: dalla nuova area di lancio, pronta e già collegata da una quadrupla linea ferrata, all'immenso capannone dove il vettore, alto 103 metri e pesante oltre 2.700 t, veniva montato orizzontalmente su di un grande carrello ferroviario munito di enormi attuatori idraulici che avrebbero poi avuto il compito, una volta trasportato il vettore nell'area di lancio, di porlo verticalmente, con una tecnica in uso ancora oggi.

 

Il Vettore Lunare

 

Nato come risposta al Saturno 5, in realtà il vettore sovietico poteva essere comparato a quello americano solo per l'altezza in quanto la sua forma era molto più conica e usava quattro stadi rispetto ai tre del Saturno.

Il complesso era composto da due sezioni che si distinguevano nettamente fra di loro: una alta 60 m e fortemente conica era composta dall' unione di tre stadi e costituiva il vettore vero e proprio (N1), l'altra, alta 43 m e cilindrica, costituiva il sistema L3 destinato a raggiungere la Luna e composto a sua volta da due stadi translunari, dal modulo orbitale e dal modulo lunare, il tutto protetto per il lancio da un' ogiva conica del diametro massimo di 6 m.

I sistemi orbitali e di allunaggio poi erano completamente diversi con caratteristiche tali da permettere l'invio verso la Luna di due cosmonauti, uno solo dei quali sarebbe sceso sulla sua superficie.

Il primo stadio del vettore, o blocco A, era di forma conica con un diametro alla base di 17 m e alla sommità di Il. I 28 m della struttura contenevano il serbatoio del cherosene, dal diametro di 10,5 m, e quello dell'ossigeno liquido da 12,8 m; la metà superiore del serbatoio più piccolo era sostenuta da una struttura reticolare che la univa al secondo stadio.

In tutto pesava al lancio 2.000 t.

Cuore del sistema erano i 30 motori NK 33 della Trud/Samara progettati da Kuznetsov, capaci di una spinta di 154 t con un impulso specifico di 331 sec; in confronto il primo stadio del Saturno 5, l'SIC costruito dalla Boeing, usava solo cinque giganteschi motori F-1 della Rocketdyne che provvedevano da soli a una spinta totale di 3.401.900 kg per 150 sec usando gli stessi propellenti dell'N1.

I 24 motori erano sistemati nel perimetro esterno del vettore, mentre i restanti sei erano disposti al centro.

La spinta totale calcolata per un impiego di due minuti era di 4.620.000 kg.

Durante il volo il beccheggio doveva essere controllato da variazioni di potenza dei motori agli opposti; il controllo del rollio era assicurato da 4 motori indipendenti dalla spinta di 7.000 kg ciascuno.

Il secondo stadio, o blocco B, era alto 20 m e sostanzialmente simile al primo.

Il diametro si riduceva dagli 11 m della base ai 7,5 della cima.

Anche qui c'erano due serbatoi sferici, uno per l' ossigeno e uno per il cherosene, rispettivamente di 8,5 e 7 m di diametro; similmente al primo stadio le linee di alimentazione ai motori, provenienti dal serbatoio superiore, correvano in parte all'esterno della struttura stessa.

Di eguale fattura era l'anello reticolare di collegamento al terzo stadio.

Il peso totale al decollo era di 540 t, i motori NK 33 modificati dallo stesso Kuznetsov al fine di sfruttare al meglio le differenti condizioni d'impiego, poi ribattezzati NK 43, avevano una spinta di 179 t ciascuno con un impulso specifico di 346 sec, per una spinta totale di 1.432.000 kg per 130 sec.

Il controllo del vettore era identico a quello adottato per il primo stadio, mentre il rollio era controllato da tre motori da 6.000 kg di spinta ciascuno.

Il confronto col secondo stadio S-II, costruito dalla North Americani Rockwell, del Saturno 5 è a questo punto impossibile in quanto i cinque motori J-2 della Rocketdyne che lo equipaggiavano erano criogenici funzionando con ossigeno e idrogeno liquido e garantendo una spinta totale di 453.590 kg per 390 sec.

Il terzo e ultimo stadio del vettore, o blocco V, era alto 12 m con un diametro inferiore di 7,5 m e uno superiore di 6.

Due serbatoi sferici di 5,9 e 4,9 m contenevano gli stessi propellenti dei primi due stadi.

Solo quattro motori NK 39 della Trud/Samara erano impiegati in questo vettore che con una spinta di 41 t ciascuno per un impulso specifico di 353 sec garantivano una spinta totale di 164.000 kg per 400 sec.

Il terzo stadio aveva il compito di collocare, in un' orbita di 220 km, l'intero complesso L3, il rollio era controllato da quattro razzi ognuno con una spinta di 200 kg.

Nel Saturno 5 il terzo stadio S-IVB della McDonnell-Douglas Corporation aveva un solo motore J-2 da 90.720 kg e due compiti essenziali: il primo di collocare in orbita il complesso modulo lunare e di comando Apollo più servizi; il secondo di riaccendersi per spingere il trenino spaziale verso la Luna, compito questo che nel progetto sovietico era affidato a un quarto stadio facente parte del complesso L3.

I gruppi propulsori erano controllati da un sistema operativo automatico (KORD) in grado di riconoscere qualsiasi malfunzionamento.

In pratica, se un motore falliva il sistema lo isolava e per mantenere il missile in equilibrio spegneva il motore diametralmente opposto, aumentando contemporaneamente la durata di accensione degli altri.

L'idea era buona ma la tecnica russa degli anni 60 non permetteva al sistema di avere tempi di reazione brevi, cosa che impedì di intervenire efficacemente nel corso delle avarie che si manifestarono durante i quattro tentativi di lancio dell'N1/L3 effettuati.

 

Il Modulo Lunare LK

 

Con un peso di 5,5 t e un' altezza di poco meno di 5 m il modulo lunare sovietico era composto da una piattaforma di atterraggio e da una cabina che poteva contenere al suo interno un cosmonauta.

Un solo motore dalla spinta di 2,5 t e funzionante a tetrossido d'azoto e dimetilidrazina aveva il duplice compito di rallentare il modulo nelle fasi di avvicinamento e atterraggio nonché di consentirne il decollo, lasciando sulla superficie lunare le gambe in funzione di rampa.

Pur apparendo più semplice, il complesso incorporava una importante innovazione rispetto all'LM americano, e cioè la presenza di due motori, uno dei quali di riserva che avrebbe assicurato, in caso di malfunzionamento dell' altro, il decollo dell’LK dalla Luna.

La procedura prevedeva che al decollo tutti e due i motori si dovessero accendere e, una volta constatato che tutto funzionava a dovere, il sistema di bordo avrebbe provveduto a spegnere quello di riserva.

I sovietici avevano studiato la possibilità di utilizzare un modulo più grande per sbarcare sulla Luna con tre astronauti, cosa che avrebbe richiesto il lancio di due vettori N1, ma la cancellazione del programma lunare impedì l'ulteriore sviluppo del progetto.

I primi occidentali a poter vedere un modulo lunare sovietico furono un gruppo di ingegneri aerospaziali ame¬icani del MIT.

Condotti dal prof. Jack L. Kerrebrock, alla fine degli anni 80, nel corso di una visita ai loro colleghi dell'Istituto moscovita per l'aviazione essi videro un modulo lunare LK perfettamente conservato all'interno di un magazzino dell'istituto.

 

I Lanci

 

Il primo lancio del complesso N1/L3 fu effettuato il 21 febbraio 1969 ma, 70 sec dopo il decollo, la rottura di un condotto dell'ossigeno liquido provocò l'esplosione del missile.

Il 3 luglio 1969 un secondo vettore esplose subito dopo l'accensione dei motori distruggendo la rampa di lancio e provocando numerose vittime.

L'inchiesta attribuì la sciagura a un oggetto metallico estraneo finito dentro la pompa dell'ossidante.

L'esplosione fu così terrificante che i sistemi di sorveglianza americani ne registrarono l'enorme ondata di calore.

I giornali diedero al fatto grande risalto.

La noti¬ia del fallimento sovietico, a pochi giorni dalla missione americana di Apollo 11, fu estremamente imbarazzante per i sovietici che si vedevano così costretti ad ammettere pubblicamente la loro sconfitta nella corsa alla Luna.

La ricostruzione della zona di lancio e delle sue infrastrutture richiese due anni che servirono anche a completare la seconda rampa.

Nello stesso periodo il vettore fu sottoposto a numerose modifiche.

Il 27 giugno 1971 il terzo tentativo: 53 secondi dopo il decollo il vettore andò improvvisamente fuori controllo costringendo i sovietici a premere il bottone dell' autodistruzione.

Il quarto e ultimo lancio si ebbe il 23 novembre 1972.

Il conto alla rovescia procedette in modo regolare e i 30 motori del primo stadio si accesero contemporaneamente in un fragore cupo e assordante tanto forte da far tremare la terra intorno.

Lentamente, avvolto in una enorme nuvola di fumo e vapore, il vettore iniziò a salire seguendo la traiettoria stabilita.

Dopo 90 secondi, sei dei trenta motori si spensero come da programma, ma la brusca interruzione produsse una sovrapressione nelle linee di alimentazione dei motori tanto forte da provocare la rottura di alcuni condotti del carburante.

Il pericoloso liquido fuoriuscì incendiandosi e dopo 17 secondi il primo stadio esplose in un'immane nuvola di fiamme distruggendo, oltre a se stesso, le ultime ambizioni sovietiche di raggiungere la Luna.

 

Quello che resta

Dopo la sospensione dei lanci il programma lunare fu abbandonato ufficialmente nel 1976 e i due vettori N1 rimasti furono demoliti.

Oggi a circa vent' anni di distanza, molti pezzi si trovano sparsi per la base di Baikonur trasformati in magazzini, serbatoi per l'acqua, gazebo, garage o semplicemente abbandonati alla ruggine.

Le due basi di lancio sono state riconvertite per lanciare il nuovo vettore pesante Energia, così pure il gigantesco trattore per il trasporto è stato riconvertito.

I motori del missile, dopo anni passati in magazzino, sono stati recentemente messi in vendita a prezzi stracciati sul mercato statunitense e potrebbero finire seriamente su qualche nuovo vettore della NASA.

 

Rivista Aeronautica Marzo 1997

 

PS: Ohps: c'è un errore nel titolo del topic!!

Qualcuno, gentilmente, può correggere lo svarione :o

Modificato da Dave97
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  • 2 settimane dopo...

belissimo e veramente interesante!

(come vedi mi sono adattato con le doppie...per non farti sentire a disagio :rolleyes: )

 

l'altra sera su rai due, mi pare, hanno fatto una bellissima trasmissione sull'apollo 8. e mi chiedo..ma perchè fare queste trasmissioni alle 23.30?

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  • 1 mese dopo...
  • 1 mese dopo...

Sulla Luna nel ’68 ?

 

L'uomo ha appena varcato le soglie dello spazio, la più recente e grande frontiera davanti alla quale si sia trovato.

Ben poche sono per ora le cognizioni sui viaggi umani in questo ambiente; per sino per quanto riguarda la Luna, le nostre cognizioni sono scarse.

La struttura della superficie della Luna è probabilmente la più grande incognita del progetto APOLLO, il programma della N A:SA che tende a far scendere un uomo sulla Luna.

Osservazioni dalla Terra, da 385.000 km., hanno prospettato varie e contrastanti ipotesi: secondo alcune la superficie lunare, sopra uno strato roccioso, è ricoperto da pochi centimetri di polvere cosmica, mentre secondo altre il veicolo spaziale sprofonderà completamente nella sabbia.

Contiamo di raccogliere informazioni definitive grazie alle fotografie del RANGER VII prima che gli astronauti vi discendano con il loro LEM, il Modulo per Escursione Lunare.

Problemi da risolvere

Il viaggio verso la Luna è difficile e pericoloso per il gran numero e la varia natura dei problemi che occorre risolvere.

Oltre che ai problemi di ordine tecnico, è di essenziale importanza riuscire a mantenere sani tre uomini durante il viaggio attraverso un ambiente per il quale essi non sono stati creati.

Le radiazioni, i meteoriti e le eruzioni solari rappresentano per loro altrettanti pericoli.

I sovietici, disponendo di vettori di lancio più potenti, sono riusciti a lanciare carichi utili molto superiori di quelli degli Stati Uniti. Nonostante i progressi compiuti nel campo dei vettori, abbiamo dovuto eseguire un numero di lanci quattro volte superiore di quello dei sovietici per raggiungerli.

L'esigenza della NASA di un vettore di gran lunga più potente di quelli finora impiegati, verrà soddisfatta dalla famiglia dei razzi SATURN, attualmente in fase di messa a punto presso il George Marshall Space Flight Centre di Huntsville.

Il Centro Marshall ha una triplice missione: sviluppo di vettori di lancio, lo svolgimento delle relative ricerche e l'effettuazione degli studi preliminari per il perfezionamento dei principi d'ingegneria dei trasporti spaziali del futuro.

Anche se il personale del nostro centro conta anni di esperienza nei razzi, dipendiamo in modo massiccio dall'industria privata per l'assistenza.

Infatti,per l'esercizio finanziario 1964, il 92% delle somme ricevute verranno passate agli appaltatori.

La missione principale affidata al Marshall Centre per i prossimi anni è di fornire vettori SATURN per il Progetto APOLLO.

In questo programma della NASA sono direttamente impegnati tre centri sperimentali: il nostro che fornisce il vettore di lancio; il Centro Veicoli Pilotati di Houston, che addestra gli astronauti e fornisce il veicolo spaziale; e il Centro Operazioni di Lancio John F. Kennedy di Cape Kennedy, che assicura gli impianti per il lancio e provvede al funzionamento del « Porto Lunare » della NASA.

I vettori « Saturn »

I tre membri della famiglia SATURN sono:

il SATURN I, il SATURN I-B, e il SATURN V.

Questi razzi saranno i « Cavalli da tiro» per missioni pesanti, nell'ambito del programma NASA di esplorazione spaziale per il prossimo decennio.

Per dare un'idea della loro capacità di « sollevamento pesi », mi si consenta di confrontarli con gli attuali vettori di lancio.

Il più potente razzo attualmente impiegato è l'ATLAS-AGENA B, che può portare in orbita terrestre 2.200 kg.

Il veicolo spaziale MERCURY di John Glenn, che pesava circa 1.360 kg., fu lanciato con un vettore modificato ATLAS D.

Il SATURN I è in grado di piazzare in orbita terrestre un peso corrispondente a sette capsule di John Glenn; il SATURN I-B solleverà un peso corrispondente ad 11 capsule di Glenn, mentre il SATURN V, il più grande vettore di lancio della NASA in fase di realizzazione, sarà in grado di sollevare un carico utile equivalente al peso di 80 veicoli spaziali MERCURY.

Fra i tre tipi di SATURN quello più avanzato per quanto riguarda la sua realizzazione è il SATURN I.

A Cape Kennedy sono gia stati effettuati i primi cinque lanci, nell'ambito della fase di studi ed esperienze.

Il veicolo spaziale "Apollo"

Il carico utile dei vettori SATURN sarà costituito dal veicolo spaziale APOLLO, fornito dal Centro Veicoli Pilotati di Houston.

Questo veicolo spaziale comprende tre moduli distinti ad ognuno dei quali sarà assegnata una funzione specifica.

Il « Modulo di Comando », che trasporta l'equipaggio di tre uomini, seguirà come centro di controllo per le operazioni del veicolo spaziale. E' la sola parte del veicolo spaziale che rientrerà sulla Terra dopo avere varcato l'atmosfera ad una velocità di 40.000 km/h., di ritorno dalla Luna.

Il «Modulo di Servizio » conterrà parecchi dei sistemi biologici del veicolo spaziale ed un sistema principale di propulsione per interrompere il volo, le correzioni a meta rotta e l'iniezione dentro e fuori dall'orbita lunare.

Il « Modulo di Escursione Lunare» (LEM) o « cimice» è una specie di « micro-bus» per i due uomini che effettueranno l'atterraggio lunare.

Il primo collaudo in volo della conformazione provvisoria del veicolo spaziale APOLLO è stato fatto in settembre da Capo Kennedy, per mezzo del vettore SATURN I.

I primi voli orbitali terrestri con uomini a bordo, realizzati anch'essi con l'impiego del SATURN I, sono previsti per il 1965.

In occasione dei primi voli con uomini a bordo, il SATURN potrà trasportare i moduli di comando e di servizio.

A bordo di quest'ultimo sarà posto un modesto quantitativo di combustibile per consentire agli astronauti di esercitarsi. sulle manovre.

Si potrà inoltre collaudare il rientro del Modulo di Comando da un'orbita terrestre ravvicinata.

L'intero veicolo spaziale APOLLO, compreso il « Modulo di Escursione Lunare », sarà collocato in orbita terrestre per mezzo di un vettore di lancio intermedio realizzato appositamente: il SATURN I-B.

Il SATURN I-B consta di un primo stadio del SATURN I e del terzo stadio del SATURN V.

Questo conta un unico motore J-2, che sviluppa 90.700 kg. sp. mediante la combustione di idrogeno ed ossigeno liquidi.

Ad esso si deve se il vettore potrà piazzare in orbita circa 16 tonn., invece delle 10 tonn. del SATURN I.

Saturn V: Il razzo lunare

Per missioni verso la Luna, il veicolo spaziale APOLLO dovrà raggiungere la velocità di 40.000 km/h. per superare la forza gravitazionale della Terra.

Nel 1958, uno JUNO II, il cui primo stadio aveva una spinta di 72.575 kg., riuscì a scagliare un « carico utile» oltre la Luna.

Tuttavia, il nostro PIONEER IV pesava appena 6 kg., mentre il veicolo spaziale APOLLO peserà quasi 41.000 kg.

E' facile concludere perchè occorrano razzi più grandi e dotati di motori così eccezionalmente potenti.

Il SATURN V, vale a dire il vettore di lancio in corso di realizzazione per l'atterraggio sulla Luna, sarà azionato da motori F-1 e J-2.

Il razzo lunare SATURN V APOLLO a tre stadi, con i suoi 159 m. di altezza, potrà scagliare 45 tonnellate in vicinanza della Luna.

Contiamo di lanciare il primo SATURN V entro 5 anni dal giorno in cui si otterrà l’approvazione per la sua realizzazione.

Il primo volo riguarderà un vettore con il primo stadio funzionante, due stadi superiori inerti, ed un veicolo spaziale sperimentale privo di equipaggio.

Nel secondo volo si utilizzeranno il primo e il secondo stadio attivo e si effettuerà la separazione degli stadi.

Tutti e tre gli stadi saranno funzionanti a partire dal terzo lancio.

Con il quarto lancio, avranno inizio gli esperimenti sul veicolo spaziale, come il rientro ad alta velocità.

Il primo volo con uomini a bordo del SATURN V avrà luogo in occasione del settimo lancio, di cui attualmente è prevista l’effettuazione nel 1967.

Destinazione: Luna

Un ascensore portera i tre astronauti in tuta spaziale al piano dove è disposto il « Modulo di Comando », a circa 100 m. al disopra della base del vettore di lancio SATURN V.

Essi entreranno nel veicolo per disporsi ai loro posti, mentre trascorrono gli ultimi minuti e secondi del conteggio alla rovescia.

Con l'accensione, i cinque motori F-1 del primo stadio daranno fiammeggianti segni di vita, sviluppando 3.400.000 kg. sp ..

Il vettore si innalza secondo una traiettoria ad arco al disopra dell'Oceano.

Un'accelerazione crescente inchioderà gli astronauti sulle rispettive cuccette con una gravità apparente circa quattro volte e mezza superiore a quella che avvertivano sulla Terra.

Subito dopo l'arresto dei motori, il primo e secondo stadio si staccano, mentre il terzo stadio con il veicolo spaziale montato in cima entrerà in un'orbita terrestre inclinata.

Il vettore effettuerà intorno alla Terra un giro e mezzo lungo l'orbita di sosta, mentre gli astronauti ed il personale a terra, questi mediante i circuiti telemetrici, provvederanno ad un controllo del veicolo spaziale e del terzo stadio.

Se tutti gli apparati risulteranno in perfetta efficienza, il terzo stadio entrerà nuovamente in funzione in un istante stabilito al millesimo dal sistema di guida.

Bruciando per circa 5 minuti il propellente, esso riuscirà a raggiungere la velocità di fuga.

Gli astronauti risentiranno, a questo punto, la gravita zero.

Viene sganciato l'adattatore che avvolge il « Modulo di Escursione Lunare» o « cimice».

Quindi, verranno distaccati i moduli di comando e di servizio, lasciando la « cimice» attaccata al terzo stadio.

Servendosi del sistema propulsivo del « Modulo di Servizio» gli astronauti faranno capovolgere « Moduli di Comando e di Servizio », saldandoli prua contro prua alla « cimice».

Infine, completata la saldatura delle strutture, il terzo stadio verrà sganciato.

Circa 72 ore dopo aver lasciato la Terra, entrerà in funzione sul « Modulo di Servizio » il motore da 10.000 kg. sp. per circa sei minuti.

Il motore ridurrà la velocità del veicolo spaziale in maniera da consentirgli di entrare in un'orbita ad un centinaio di chilometri dalla superficie della Luna.

Dopo un altro controllo, se tutti gli elementi del veicolo spaziale saranno trovati in perfetta efficienza, due astronauti passeranno attraverso un boccaporto dal « Modulo di comando» al « Modulo di Escursione Lunare ».

Questo si staccherà infine dal « Moduli di Comando e di Servizio».

L' atterraggio sulla Luna

Si porrà in funzione per circa mezzo minuto il motore delle stadio per l'atterraggio della « cimice » in modo da piazzare la « cimice» in un'orbita che la portera a 16 km. dal terreno prescelto per l'atterraggio, in corrispondenza del punto più basso dell'orbita.

Da questa altitudine inferiore, gli esploratori potranno osservare la località di atterraggio.

Se, per una ragione qualsiasi, essi decideranno di non tentare l'atterraggio l'orbita che seguono gli garantirà la possibilità di un « rendez-vous» con il veicolo spaziale-madre ogni due ore.

Nel raggiungere l'altitudine minima di 16 km. della sua orbita di avvicinamento, la « cimice » si troverà a viaggiare ad una velocità di circa 6.400 km/h. rispetto alla superficie della Luna.

Se, in base alle osservazioni, non risulterà nessun elemento sfavorevole per l'atterraggio, verrà riacceso il motore per rallentare il « Modulo di Escursione Lunare» e farlo scendere sulla superficie del satellite naturale della Terra.

Il motore del razzo, potrà essere regolato in maniera da sviluppare una spinta compresa tra 4.000 kg. e 500 kg., permettendo così al veicolo di volteggiare sulla località di atterraggio per un breve tempo. Esso è in grado di spostarsi in senso orizzontale entro un raggio di circa 300 m., sino a trovarsi direttamente al disopra del punto previsto per l'atterraggio.

A questo punto, il veicolo discenderà lentamente sulla superficie e vi atterrerà ad una velocità inferiore ad 11 km/h

Durante la manovra di atterraggio il « Modulo di Comando», in orbita intorno alla Luna con il terzo astronauta ai controlli, si troverà sempre a portata d'occhio della « cimice».

Quando il primo astronauta uscirà dal « Modulo di escursione Lunare» e porrà piede sulla Luna, l'avvenimento superera per importanza la scoperta di qualsiasi oceano o continente sulla Terra.

Portate a termine le indagini e dopo essersi ristorati con un buon sonno, i due esploratori inizieranno il conteggio alla rovescia per il lancio dalla Luna, che verrà effettuato quando il « Modulo di Comando » verrà a trovarsi sulla linea di mira al disopra dell'orizzonte.

Lo stadio di ritorno del « Modulo di Escursione Lunare» si separerà e decollerà dallo stadio utilizzato per l'atterraggio che verrà abbandonato sulla Luna.

Con sei minuti di funzionamento del motore da 1.360 kg. sp., il veicolo spaziale potrà essere spinto sino alla quota di 16 km.

I radar a bordo del « Modulo di Comando» e della « cimice» si terranno costantemente in contatto per il reciproco rilevamento.

Il motore della « cimice » effettuerà eventuali correzioni di rotta che si rendessero necessarie per garantire l'appuntamento in orbità.

Il Ritorno sulla terra

Dopo circa un'ora dal decollo, quando entrambi i veicoli avranno coperto per inerzia mezzo giro intorno alla Luna, si troveranno abbastanza vicini, mentre la differenza nelle rispettive velocità sarà di circa 113 km/h ..

Quando entrambi verranno a trovarsi a circa 8 km. di distanza, il sistema di guida della « cimice» ordinerà al motore del veicolo di accostare maggiormente al veicolo madre.

Quando la distanza sarà stata ridotta ad un centinaio di metri i due astronauti a bordo della « cimice» riprenderanno i comandi direttamente e completeranno la manovra di attracco.

Una volta rientrati a bordo del « Modulo di Comando » gli astronauti, la « cimice » verrà sganciata e abbandonata in orbita lunare.

Quindi, il motore del « Modulo di Servizio» verrà acceso per circa due minuti e mezzo al fine di acquisire una velocità addizionale di circa 3.200 km/h., che porterà il veicolo spaziale fuori dell'orbita lunare e sulla strada del ritorno.

Nel ritorno sulla Terra, si dovrà seguire una traiettoria molto precisa, in maniera che il veicolo spaziale si porti nella posizione giusta per un rientro a 40.000 chilometri orari.

Basta che l'avvicinamento sia troppo piatto perchè la Terra venga mancata completamente.

Un avvicinamento troppo ripido e il veicolo spaziale piomberà direttamente nell'atmosfera.

Una volta completate le correzioni a meta rotta e le variazioni della traiettoria finale di volo allo scopo di rendere sicuro l'ingresso nel « corridoio di rientro» di 65 chilometri, il « Modulo di servizio» sarà sganciato e quello di comando verrà orientato per il rientro.

L'angolo di attacco al rientro sarà di circa 30 gradi.

Si potranno incontrare tassi di riscaldamento diverse volte superiori a quelli sperimentati durante il Progetto MERCURY.

Conseguito la decelerazione aerodinamica, nonchè il rallentamento del « Modulo di Comando» , saranno aperti tre paracadute da 26 metri di diametro.

Ad essi verrà demandato il compito di riportare lentamente sulla superficie della Terra il « Modulo di Cornando ».

Durante il rientro, il rapporto tra potenza e resistenza del « Modulo di Comando » si aggirerà sul valore di 0,5.

Questo consentirà di manovrare il modulo di comando durante una parte della discesa attraverso l'atmosfera.

Ben presto accorreranno le squadre di recupero per prelevare i tre eroici esploratori.

A questo punto, si avvicinerà il momento di uno dei più formidabili pericoli del viaggio: la conferenza stampa.

 

Mr. Wernher von Braun

INTERCONAIR Aviazione e Marina

Ottobre 1964

Modificato da Dave97
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